Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Ilva, Nichi Vendola si deve dimettere?

di Pierluigi Giordano Cardone | 15 novembre 2013Commenti (116)


Chi scrive è stato un elettore convinto di Nichi Vendola. Lo è stato, non lo è più.

L’ho votato alle ultime due tornate regionali e alle penultime politiche, poi ho smesso.

Perché – a mio avviso – di quel post-comunista scapigliato in grado di incendiare la pancia e le idee dei pugliesi era rimasta solo la sua ‘narrazione’.

L’uovo Kinder senza sorpresa all’interno.

Ma prima di oggi, prima di quelle risate al telefono con Girolamo Archinà, la mia era solo una considerazione politica basata sull’interpretazione di alcune dinamiche.

Una su tutte: governava la Puglia, ma voleva Roma.

Giustificata ambizione personale di un leader di partito: nulla di male, per carità, ma molti – e io fra loro – lo hanno visto come un tradimento di quella primavera pugliese capace di spazzar via l’era di Raffaele Fitto non solo alle urne, ma anche e soprattutto nella realtà, con un’azione governativa (politiche giovanili su tutto) illuminata e illuminante.

Ora, però, il discorso non può essere lo stesso.

Da oggi la sua dimensione pubblica è cambiata per sempre perché abbiamo conosciuto il suo metodo privato.

Nichi Vendola da Terlizzi non esiste più, ci sarà solo Nicola Vendola, politico italiano.

Che si deve dimettere da Sel.

E sì, perché l’intercettazione della telefonata con il pr dei Riva dice tante, troppe cose.

Che il siderurgico di Taranto uccidesse, in Puglia, si sapeva da un pezzo: quel tono confidenziale da ‘vecchi amici al bar’ con la gamba mediatica dei padroni dell’acciaio è un montante nella faccia dei tarantini e di tutti quelli che hanno creduto nelle sue politiche ambientali.

Si dirà: lui è presidente di Regione e non poteva non proteggere la realtà produttiva più grande di Puglia e tutto quello che comporta in termini di occupazione.

Certo. Ma lo doveva fare nel rispetto del ruolo istituzionale che gli elettori gli ha assegnato.

Questo la gente si aspettava da Vendola.

Lo ha fatto? Evidentemente no (come tanti altri), e infatti la magistratura (che lo indaga per concussione) è stata costretta a supplire alle mancanze dei politici.

E la vita di Taranto?

Bastava il San Raffaele del Mediterraneo da costruire con Don Verzè (su cui nulla dirò perché la questione è un’altra) per fare bella figura nel baratto atroce tra cancro e lavoro? Ecco: su questo tema ora sappiamo anche altro.


Sappiamo che Vendola ha guardato su YouTube il filmato in cui Archinà impedisce (con la forza) a un cronista di fare l’unica domanda da fare a Emilio Riva.

Sappiamo che si è divertito. Sappiamo che ha telefonato ad Archinà e gli ha fatto i complimenti per “lo scatto felino”. Sappiamo che ha riso. Lui e il suo capo di gabinetto.


Ma ai Riva, quelle domande sui tumori e i morti, non doveva farle il governatore pugliese? Non doveva esigere spiegazioni e prendere provvedimenti? Di sicuro ha riso, di una censura grossolana e in barba alla libertà di stampa. E con chi poi? Con il braccio armato dei Riva…

Non solo. Sappiamo anche (anzi, lo sapevamo già) che ha organizzato un incontro con Archinà dopo il polverone seguito alla diffusione dei dati Arpa sul benzo(a)pirene.
Sappiamo che Vendola, dopo complimenti e risate per il bavaglio plastico, ha detto:Può riferire ai Riva che il presidente non si è defilato”. E’ vero.

Non si è defilato dalla protezione del lavoro (con mezzi e metodi tutti da discutere…).

Ma con quella telefonata e con quel tono si è defilato da ciò che rimaneva del “Nichi Vendola da Terlizzi, post-comunista scapigliato” ed è diventato un politico come altri: che sussurra all’orecchio dei potenti, che considera le domande dei giornalisti inutili fastidi (ieri per una giornata intera non ha risposto alle telefonate e agli sms del Fatto Quotidiano, ma questa è un’altra storia), che vede la Fiom come il miglior alleato dell’Ilva.

Francamente insopportabile, specie per chi guida un partito che si chiama Sinistra Ecologia e Libertà. L’ecologia se l’è giocata, la sinistra chissà. Resta la libertà. Di far cosa? Di decidere se dimettersi.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... re/778780/
peanuts
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Direi che è il caso che Vendola si dimetta, a questo punto

Oh, scendiletta manco una parola sugli studenti manganellati in tutta Italia. Ce ne ricorderemo
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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mariok

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ma qui non c'è rimasto proprio nessuno! :cry:
peanuts
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Re: Come se ne viene fuori ?

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In che senso?
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

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Se deve dimettersi anche Vendola, a sinistra chi ci rimane?
peanuts
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Mah, dunque, io, te, camillobenso e qualcun altro

No, scherzi a parte, la telefonata è grossa. Quello là strappò il microfono per non far parlare di cose compromettenti. Vendola gli telefona e ci ride assieme. Non può passare una cosa così.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Mi sembra che non ci sia alcun dubbio che ci si trovi davanti al cedimento strutturale della società italiana.

Domani sera a quest’ora avremo il responso definitivo sulla spaccatura del Pdl. Il Tg3 delle 19,00, ha dato per certa la spaccatura, malgrado nelle prossime ore si tenti l’ultima possibilità d’intesa.

A Otto e mezzo Forchettoni conferma: <<E’ scissione>>

Berlu è in piena confusione. Tra le sparate ha fatto sapere che se avesse a disposizione il passaporto fuggirebbe ad Antigua. Per la verità, Littorio Feltri dopo la sentenza ai primi di agosto gli aveva già suggerito questa soluzione. Non si comprende perché l’abbia scartata.

Avrebbe lasciato libero il campo con grande anticipo con un gran sollievo per i cinque sesti degli italiani.

Prodi ha preso la decisione di chiudere definitivamente con l’esperimento del raggruppamento tra progressisti ex comunisti e i cattolici democratici, un esperimento completamente fallito, non certo per colpa sua.

Sono mesi e mesi che il Pd è defunto. Bastava accorgersene anche solo il 26 febbraio scorso quando ha perso di colpo 3,5 milioni di elettori. Il resto era solo la notte dei morti viventi. Ombre trapassate che vogliono rimanere ancorate alla vita e alle poltrone.

Il congresso e le primarie per l’elezione di un nuovo segretario hanno maggiormente messo in risalto l’inconsistenza di un partito esclusivamente parolaio.

Chi rappresenta il Pd, oltre agli interessi della sua classe dirigente non lo si è mai capito.

D’Alema ancora al Tg3 ha ventilato l’ipotesi che una vittoria di Renzi comporti l’abbandono di molti. Questo però non è solo il parere interessato del duca conte, ma anche quello completamente disinteressato di un’avversario storico come Cirino Pomicino. Ma non solo.

Una cosa è certa, che la coesistenza del vecchio apparato con Renzi non è minimamente ipotizzabile.

Chi della vecchia guardia non intende lottare è già saltato sul carro del vincitore. La vecchia guardia cerca comunque di far fallire il tentativo di Renzi o in subordine di limitare la portata del successo. Questo gli consentirebbe di combattere meglio la fase successiva.

Se Renzi dovesse vincere le primarie comincerà subito il regolamento dei conti, ed in quel caso nel Pd succederà quello che oggi sta succedendo al Pdl.

Anche Scelta civica si è divisa.

Il governo Letta è la peggiore riedizione di un governo democristiano dopo la caduta della Dc ai primi anni ‘90, sta in piedi solo con lo sputo.

Letta è andato in giro per l’Europa raccontando che ce l’abbiamo fatta da soli, ma poi oggi l’Ue boccia la legge di stabilità.

Letta è un conservatore e di conseguenza è la continuità naturale dei governi Berlusconi e Monti.

Se non fosse un governo conservatore democristiano Angelino senza quid avrebbe dovuto dimettersi già per il caso Shalabayeva. Anche di fronte il caso


PS - 1

Lilli interrompe il confronto annunciando un Ansa che annuncia la nascita del "Nuovo centrodestra" di Alfano.

Forchettoni annuncia di saperlo ma aspettava che fosse il segretario ad annunciarlo.


PS - 2

Che il sistema sia marcio fino al midollo lo si comprende dalle falsità altamente ipocrite di Forchettoni, che ha sostenuto che il loro sforzo è per dare un governo per gli italiani.

Degli italiani, Forchettoni, come tutti i suoi colleghi parlamentari degli italiani se ne fregano altamente.

Nel caso specifico il trombone lecchese, sta pensando ai suoi processi pensando di salvarsi come si era salvato in precedenza Berlu.
Ultima modifica di camillobenso il 15/11/2013, 21:09, modificato 1 volta in totale.
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Paolo Pagliaro a Otto e mezzo ha fatto presente la paraculaggine delle notizie uscite stamani su tutti i quotidiani.

"Gli imprenditori hanno un reddito inferiore dei loro dipendenti. Lo ha spiegato Di Vico sul Corriere. Hanno fatto la media dei redditi degli imprenditori calcolando anche tutte le imprese che hanno chiuso nel 2012"

Se qualcuno ha buona memoria lo scorso anno si parlava che chiudevano 1000 imprese al giorno.

Se avessero fatto il calcolo sulle imprese che sono rimaste in piedi - ha precisato Pagliaro - i redditi degli imprenditori sarebbero risultati altri.

E' in pratica i polli di Trilussa.

E' lecito chiedersi: Chi spinge queste cazzate per esaltare il conflitto di "Uomini contro?"
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Scenari a breve - 4


E' fatta!!! E' scissione.


Alfano: "Non aderiremo a Forza Italia"
Berlusconi si chiude nel bunker coi falchi

Salta l'ufficio di presidenza, nascono nuovi gruppi, Schifani si dimette da presidente dei senatori
Il pregiudicato: "Ora abbiamo le mani libere". E il vicepremier pensa a un nuovo centrodestra
Alfano: "Non aderiremo a Forza Italia" Berlusconi si chiude nel bunker coi falchi
Lo strappo è consumato. ”Mi trovo qui per compiere una scelta che non avrei mai pensato di compiere. Non aderire a Forza Italia“. Sono le parole con cui Angelino Alfano, nel corso della riunione dei governativi del Pdl, annuncia la nascita di gruppi autonomi che si chiameranno “Nuovo centrodestra”



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Il Pdl si spacca. Alfano: “Non aderiamo a Forza Italia, pronti nuovi gruppi”
Il vicepremier si scaglia contro le "forze più estreme" all'interno del partito e annuncia la nascita di "Nuovo centrodestra". Schifani si dimette da capogruppo del partito al Senato. Fitto: "Atto gravissimo contro Berlusconi". Prima dello strappo, si era pensato di convocare un ufficio di presidenza per tentare una mediazione, ma i falchi avevano detto no

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 15 novembre 2013Commenti (256)


Lo strappo è consumato. ”Mi trovo qui per compiere una scelta che non avrei mai pensato di compiere. Non aderire a Forza Italia“. Sono le parole con cui Angelino Alfano, nel corso della riunione dei governativi del Pdl, annuncia la nascita di gruppi autonomi che si chiameranno “Nuovo centrodestra”. Trenta senatori e 26 deputati hanno aderito al momento ai nuovi gruppi parlamentari nati per scissione dal Pdl. L’ex delfino di Berlusconi ha tenuto a largo Chigi una riunione ristretta con i suoi fedelissimi per poi incontrare gli altri parlamentari all’albergo Santa Chiara: i governativi si preparano a disertare la riunione del Consiglio nazionale che sancirà il ritorno a Forza Italia. Primo scossone all’interno del partito, le dimissioni del capogruppo al Senato Renato Schifani: “Dopo aver preso atto della costituzione del nuovo gruppo al Senato, nato da una costola del Pdl, ritengo doveroso rassegnare le mie dimissioni da presidente del gruppo del Popolo della Libertà a Palazzo Madama”. Segue il passo indietro del suo vice, Giuseppe Esposito. Dura la reazione di Raffaele Fitto: “Da Alfano è venuto un atto gravissimo contro la sua stessa storia e contro Silvio Berlusconi, i nostri programmi e i nostri elettori. Il vero popolo di centrodestra giudicherà”. Secondo fonti vicine al Cavaliere, Berlusconi prende atto di avere le mani libere rispetto al governo, ma per adesso non intende fare alcuno strappo nei confronti dell’esecutivo.

“Questa mia scelta – ha spiegato il vicepremier – nasce dal fatto che queste settimane mi hanno dato la riprova di quanto abbiano prevalso le forze più estreme all’interno del nostro movimento politico”. Ma ci tiene a ribadire la vicinanza al cavaliere: “Sento fortissimo il bisogno di ribadire che in questi 20 anni non abbiamo sbagliato speranze, ideali e persona. Siamo amici del presidente Berlusconi a cui ribadiamo amicizia e sostegno. Lo sosterremo all’interno del governo a iniziare da una giustizia più giusta e dall’abbassamento delle tasse”. E ancora: “Saremo attaccati, ma non avremo paura, combatteremo per affermare le nostre idee. Questa sera abbiamo un grande alleato: la nostra buona coscienza, la buona coscienza di chi le ha provate tutte prima di arrivare a questa decisione”. Gli fa eco il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi: “Ci teniamo a confermare la nostra amicizia e stima verso Silvio Berlusconi che continuerà ad essere punto di riferimento e leader dell’area dei moderati”. A fare un ulteriore balzo in avanti è un’altra “colomba”, Roberto Formigoni, che immagina un nuovo partito come una ”una evoluzione naturale della quale però non abbiamo ancora iniziato a parlare”. Tra chi saluta con favore il “Nuovo centrodestra” c’è anche un potenziale futuro alleato, il leader Udc Pierferdinando Casini, secondo il quale a seguire Alfano saranno molti più parlamentari di quanti non siano ora.

L’ultimo spiraglio di un accordo in extremis era sfumato poche ore prima. Secondo le agenzie di stampa, il partito preparava una convocazione urgente dell’ufficio di presidenza del Pdl in serata. All’ordine del giorno, le modifiche al documento da proporre al Consiglio nazionale, in particolare sul nodo della stabilità del governo in caso di decadenza di Silvio Berlusconi. L’indiscrezione, trapelata al termine dell’incontro tra il Cavaliere e i ministri Pdl, era stata poi smentita. La decisione di rinunciare all’ufficio di presidenza, a quanto si è appreso, era stata presa dopo un giro di contatti tenuti da Silvio Berlusconi. Al Cavaliere inoltre sarebbe stato fatto notare che ci sarebbero state numerose assenze di peso per ragioni politiche. I “falchi” avevano così fatto affondare l’ultima scialuppa di salvataggio che poteva evitare lo scontro frontale. Il documento da approvare in Consiglio nazionale poteva essere “ammorbidito” per lasciare uno spiraglio al sostegno al governo in caso di decadenza di Berlusconi. Ma così non è stato.

In particolare, si apprende da fonti del partito, era stato il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello a tentare l’ultima mediazione: sembrava avesse convinto Silvio Berlusconi a sottoscrivere un documento comune da portare all’attenzione del’ufficio di presidenza. Un documento che aveva come punto di caduta, tra l’altro, l’ipotesi del doppio coordinatore per la nuova Forza Italia e l’impegno a sostenere il governo da parte dei lealisti. Ma questa iniziativa sarebbe stata bocciata dal “falco” Denis Verdini, dopo un giro di telefonate per verificare la disponibilità degli “oltranzisti” a partecipare all’ufficio di presidenza della conciliazione. Lo ha confermato anche Roberto Formigoni: “La proposta dei ministri era stata accolta da Berlusconi, poi è stata bocciata dai falchi”. Fonti vicine a Berlusconi hanno riferito invece che il Cavaliere non aveva mai pensato a convocare l’ufficio di presidenza. Le agenzie avevano riportato un’ulteriore controproposta di mediazione da parte dei lealisti: la riunione degli organismi del partito per valutare la questione della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore e la creazione di un organismo di garanzia (e non due coordinatori) con persone selezionate dal Cavaliere per Forza Italia.

Il colpo di scena è arrivato dopo che tutti i giornali – di qualsiasi orientamento – avevano parlato di scissione a un tiro di schioppo. Silvio Berlusconi aveva infatti respinto al mittente la piattaforma per un armistizio (sostegno incondizionato al governo e guida del partito a due teste, una governativa e una oltranzista) presentata da Angelino Alfano nell’ennesimo confronto. Ma per Raffaele Fitto, capofila dei cosiddetti lealisti (quelli un po’ meno falchi dei falchi e un po’ meno governativi dei governativi), il consiglio nazionale del Pdl di sabato 16 “sarà una festa della democrazia e non uno strappo”. A La7 l’ex ministro aveva sostenuto di sperare che “ci sarà un dibattito utile a far valutare le proprie posizione e a dare un contributo alla prospettiva del partito”, e aveva aggiunto: “Non posso immaginare che domani ci possa essere un’assenza o un contrasto perché non ne capirei le ragioni”, “persone come Alfano rappresentano la storia di questo partito”. Alfano, spiegava Fitto, “si è impegnato tanto in questi anni, non ci credo a una rottura: è stato collaboratore del presidente di Berlusconi, ministro della giustizia del presidente Berlusconi, è stato segretario del Pdl su indicazione di Berlusconi e oggi è ministro dell’Interno e vicepremier su indicazione di Berlusconi”. Insomma: un avvertimento. Che non è bastato.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... is/778538/

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IN ATTESA DEL CONSIGLIO - IN SERATA ANNULLATO IL VERTICE D’URGENZA
Il gran rifiuto di Alfano: «Non aderiamo
a Forza Italia, pronti i nuovi gruppi»

Si chiameranno «Nuovo Centrodestra». Formigoni: «Siamo in 37 al Senato e 23 alla Camera»


Esplora il significato del termine: Trattativa finita. Nel Pdl è scissione. Domani risorgerà Forza Italia, ma nasceranno anche i gruppi del «Nuovo Centrodestra». In serata l’annuncio arriva direttamente da Angelino Alfano: «Non aderiamo a Forza Italia». Si conclude così la convulsa giornata di trattative tra falchi e colombe del Pdl. «Mi trovo qui per compiere una scelta che non avrei mai pensato di compiere. Non aderire a Forza Italia» ha detto Alfano. «Questa mia scelta nasce dal fatto che queste settimane mi hanno dato la riprova di quanto abbiano prevalso le forze più estreme all’interno del nostro movimento politico». Poi assicura: «Sento fortissimo il bisogno di ribadire che in questi 20 anni non abbiamo sbagliato speranze, ideali e persona. Siamo amici del presidente Berlusconi a cui ribadiamo amicizia e sostegno. Lo sosterremo all’interno del governo a iniziare da una giustizia più giusta e dall’abbassamento delle tasse». Poi Alfano conclude: «Saremo attaccati ma non avremo paura, combatteremo per affermare le nostre idee. Questa sera abbiamo un grande alleato: la nostra buona coscienza, la buona coscienza di chi le ha provate tutte prima di arrivare a questa decisione».

SCHIFANI - Subito dopo l’annuncio di Alfano è toccato a Schifani comunicare le proprio dimissioni da capogruppo: «Dopo aver preso atto della costituzione del nuovo gruppo al Senato, nato da una costola del Pdl, ritengo doveroso rassegnare le mie dimissioni da presidente del gruppo del Popolo della Libertà a Palazzo Madama».

LA GIORNATA - In precedenza i governativi raccontavano di essere usciti da palazzo Grazioli con in tasca timide rassicurazioni su governo e partito ma con un particolare non di poco conto, l’apertura ad una convocazione lampo per un ufficio di presidenza da tenersi in notturna, che potesse dare il via libera ad un nuovo documento. Tempo cinque minuti e Silvio Berlusconi ha incontrato in un’altra sala di palazzo Grazioli i lealisti che erano in attesa. «Non ci stiamo neanche ad un altro incontro, condizioni irricevibili»: così il muro dei fedelissimi e il castello è crollato di nuovo. La mediazione, in realtà, è saltata per il solito nodo: quella sulla decadenza. L’idea dei «falchi» e dei mediatori è stata sempre quella di affrontare la questione solo in un secondo momento, ovvero dopo il Consiglio nazionale di domani. Magari con una riunione ad hoc per decidere il da farsi. Berlusconi su questo punto non ha voluto fare passi indietro. Disponibile a concedere il suo sì ad un organismo di garanzia che attribuisse pari poteri a falchi e colombe, con doppie firme sulle candidature, ma non oltre. Io - questa la linea dell’ex premier - non posso legarmi mani e piedi in attesa che il Pd mi faccia fuori, nessuno me lo può chiedere.

Quell’abbraccio tra Silvio e Angelino nel 2011

I NUMERI - Sarà guerra di numeri: perché a palazzo Madama lo scontro è ancora più acceso, Angelino Alfano può contare sull’apporto di Renato Schifani, la convinzione è che oltre ai 31 che già ora apporranno la firma, ne arriveranno altri cinque o sei già la settimana prossima. Il senatore del Pdl Roberto Formigoni a Otto e mezzo, su La7 azzarda i numeri: «Ovviamente non parteciperemo al Consiglio nazionale domani. Non c’è scissione perché il partito non c’è più, siamo 37 al Senato e 23 alla Camera». «La proposta dei ministri era stata accolta da Berlusconi - ha aggiunto - poi è stata bocciata dai falchi».

15 novembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/politica/13_nove ... 7ba4.shtml
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Re: Come se ne viene fuori ?

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La lunga agonia italiana – 145
Un drammatico vuoto di potere - 136
I giorni della follia - 136
Sotto le macerie - 70
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Il cedimento strutturale del sistema è avvenuto con sincronismo nella stessa giornata di ieri.

1) Angelino Alfango, lascia il suo duce e dio.

2) Si spacca Scelta civica

3) Un'intercettazione telefonica della GdF mette nei guai Vendola che toglie credibilità al Sel e all'intera sinistra.

4) Il vicesindaco di Verona da le dimissioni.


Verona, si dimette vicesindaco di Tosi
Vito Giacino, avvocato nella giunta Lega Nord con deleghe all'urbanistica, all'edilizia privata e all'edilizia popolare è nel mirino della Procura scaligera: è accusato di corruzione
di Alessandro Madron

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... ne/779581/

5) CAOS LEGA PIACENZA: "GUERRA CIVILE"

Caos nella Lega Nord Piacenza: Polledri riammesso. E’ “guerra civile” tra dirigenti
Dopo gli scontri interni sfociati nella doppia "festa della zucca", appuntamento tradizionale per il Carroccio, il segretario regionale ha ricevuto uno schiaffo dalla direzione nazionale vedendo annullata la decisione di declassare il consigliere comunale

di Gian Marco Aimi | Piacenza | 15 novembre 2013

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... ti/779542/

6) Nonna Pina tiene duro, non si dimette, anche per il supporto di King George II

Se si dimette una corrente di pensiero afferma che crolla il governo, se rimane lo trascina a fondo.

Nei sondaggi di Roberto Weber per Agorà, il consenso per il governicchio democristiano è sceso al 22%, valore abituale dei governi dimissionari.
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