Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Sfascisti - 9


23 NOV 2013 19:00
UN CRAC NAZIONALE CHIAMATO “TRASPORTO PUBBLICO LOCALE”: SU 1140 AZIENDE PUBBLICHE E PRIVATE IL 40% È TECNICAMENTE FALLITO
Esuberi e disservizi, il trasporto locale al tracollo - A Napoli ci sono debiti per 500 milioni, Bologna diminuisce le corse, a Genova il Comune cerca di risanare un’azienda decotta - L’Atac di Roma ha un miliardo e 200 milioni di debiti -Il Fondo unico nazionale è di 4,9 miliardi rispetto al fabbisogno di 6,4…




Valentina Santarpia per "Corriere.it"


Ieri era Napoli, con gli autobus costretti a rimanere in deposito senza benzina. Oggi è Genova, dove il Comune sta cercando di risanare un'azienda che fa acqua da tutte le parti. Ma la protesta dei lavoratori dell'Amt, che sta paralizzando la città, scoperchia un vaso enorme: è la crisi del trasporto pubblico locale (Tpl), che tra bilanci dissestati, personale in esubero, disservizi, evasori, e troppe deroghe, rischiano il collasso. In Campania sono fallite già tre società: l'Ente autonomo Volturno, il Cstp salernitano, l'Acsm a Caserta. Molte altre hanno sfiorato il tracollo: come l'Atac di Roma, travolta da un miliardo e 200 milioni di debiti, dove un supermanager sta cercando di rimettere a posto i conti e far dimenticare gli scandali delle assunzioni pilotate e dei biglietti duplicati.

FALLITI - Ma su un esercito di 1.140 aziende, pubbliche e private, «il 43-44% è tecnicamente fallito», denuncia il sottosegretario ai Trasporti Erasmo De Angelis. Pesano i pesanti tagli ai finanziamenti statali: il Fondo unico nazionale è di 4,9 miliardi rispetto al fabbisogno di 6,4. È vero che le Regioni sono riuscite, presentando entro ottobre il piano di riprogrammazione dei trasporti, a evitare le penalità.

Ed è vero che una sentenza della Corte costituzionale ha respinto il ricorso del Veneto contro il Fondo unico nazionale: «La mobilità è finalmente riconosciuta servizio pubblico essenziale la cui garanzia deve essere lasciata allo Stato centrale», spiega Marcello Panettoni, dell'Asstra, che raccoglie le società pubbliche di Tpl.

Ma il ripristino dopo sette anni del fondo di 500 milioni per la manutenzione dei mezzi - vecchi 12 anni contro una media Ue di 7- è una goccia nel mare per le aziende di trasporto e per i Comuni, che dovendo raggiungere il pareggio di bilancio non riescono più a coprire i buchi. E così guardano ai privati: una necessità dettata anche dall'obbligo, fissato dall'Europa, di assegnare con gara la gestione dei trasporti pubblici locali entro il 2019.

GARA NEL 2015 - È proprio questo che sta accadendo a Genova, come già successo a Firenze: l'Amt, ha assicurato il sindaco, resterà una società in house del Comune fino al 31 dicembre 2014. Ma nel 2015, come prevede la legge regionale appena approvata, verrà indetta una gara per il trasporto unico regionale.

Il Comune punta a far partecipare anche l'Amt, purché sia in buone condizioni economiche: secondo le stime, nonostante i contratti di solidarietà per i 2.300 lavoratori, anche quest'anno si chiuderà con un bilancio in passivo di 8,3 milioni, e il capitale sociale è ancora troppo esiguo, 7-8 milioni.

La parola d'ordine è: risanamento. Basta guardarsi intorno, per capire che grandi alternative non ci sono. L'Eav napoletana, per essere risollevata da debiti per 500 milioni, è stata sottoposta ad un piano ministeriale di ristrutturazione, e i 2.300 lavoratori hanno accettato grossi sacrifici per conservare il posto. L'Actv veneziana quest'anno è riuscita a dimezzare i 17 milioni di debito solo con 200 pensionamenti e 130 spostamenti interni.

PARCHEGGI - A Torino il Comune ha messo in vendita la gestione dei parcheggi di Gtt, perché non è ancora riuscito a risolvere il nodo politico per cedere il 49% della società di Tpl ai privati. A Napoli l'Anm si sta rialzando grazie alla fusione con Metro Napoli, e a una iniezione di 200 milioni dal decreto salva imprese. A Bologna il Comune è riuscito a far passare l'aumento del biglietto e un taglio alle corse per puntare all'utile nel 2014. E a Milano, dove la virtuosa Atm chiuderà l'anno con un utile di 3 milioni, il Comune, che incamera l'utile dei biglietti, ha deciso l'aumento degli abbonamenti mensili e annuali.
camillobenso
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Sfascisti - 10

ACCERCHIAMENTO GIUDIZIARIO
SILVIO SCATENATO
"Quello contro di me
è un colpo di stato

Ho le carte che provano
che sono innocente"
APPROFONDIMENTO. Berlusconi: "Mai ai servizi sociali, io a pulire i cessi non vado"


Immagine


http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... acco-.html
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Sfascisti - 10

Banditi, certo,….criminali a volte spesso - 1


Il banditismo è certamente assodato. Lo abbiamo visto ieri e anche questa mattina a Omnibus.

Ieri mattina a spararla grossa è stato Mario Sechi, che discettando sul caso Genova ha tirato in ballo niente popò dimeno che è il fallimento del socialismo municipale.

Replicano questa mattina gli economisti per caso Nicola Rossi, consigliere a suo tempo di D’Alema quando stava a Palazzo Chigi, e Yoram Gutgeld, attuale consigliere economico di Renzi. Entrambi sostenitori delle privatizzazioni.

La laurea l’hanno presa di certo, ma a dire che sono economisti ce ne passa.

Da sempre si confrontano due idee sulle aziende di Stato, quella socialista e quella liberale, ma entrambe fanno acqua da tutte le parti anche se quella liberale molto di più.

Dal punto di vista aziendale un’impresa deve produrre profitti, perché la sua funzione è quella, punto.

Quindi non hanno nessun senso gli scontri planetari che avvengono da almeno cent’anni in materia.

Solo i banditi continuano a trastullarsi su questo tema.

Non deve esistere nessuna differenza sugli scopi della ragione di essere sia un’azienda privata che di una pubblica. Devono produrre entrambi utili.

La differenza consiste solo nella proprietà. Nel caso dell’azienda privata gli utili se li dividono il titolare, o i titolari oppure gli azionisti. Nell’azienda pubblica gli utili vanno allo Stato.

Solo che per quanto riguarda lo Stato, sino dall’Unità d’Italia, i banditi, manager e politici che li nominano per interesse bidirezionale, che spesso sforano nel campo criminale, hanno una concezione delle imprese dello Stato come se lo Stato fosse il gestore di un grande allevamento di mucche.

L’idea dominante fino dalla sua costituzione, 1861 è che lo Stato debba essere munto e spolpato a volontà.

Lo hanno fatto alla grande prima del fascismo, sotto il fascismo, e dopo il fascismo.

Il caso più eclatante del dopo guerra è quello dell’Iri. I democristiani in primis, ma non solo, lo hanno letteralmente spolpato perché quella era la concezione dello Stato mucca Carolina.

Il Grande Fratello in Wikipedia dell’Iri fornisce questi dati.

L’IRI - acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale - è stato un ente pubblico italiano, istituito nel 1933 e liquidato nel 2002.
Nacque per iniziativa dell’allora capo del Governo Benito Mussolini al fine di evitare il fallimento delle principali banche italiane (Commerciale,Credito Italiano e Banco di Roma) e con esse il crollo dell’economia, già provata dalla crisi economica mondiale iniziata nel 1929.
Nel dopoguerra allargò progressivamente i suoi settori di intervento e fu l'ente che modernizzò e rilanciò l'economia italiana durante soprattutto gli anni '50 e '60; nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa 1.000 società con più di 500.000 dipendenti. Per molti anni l'IRI fu la più grande azienda industriale al di fuori degli Stati Uniti d'America; nel 1992 chiudeva l'anno con 75.912 miliardi di lire di fatturato ma con 5.182 miliardi di perdite.[1] Ancora nel 1993 l'IRI si trovava al settimo posto nella classifica delle maggiori società del mondo per fatturato, con 67.5 miliardi di dollari di vendite.[2] Trasformato in società per azioni nel1992, cessò di esistere dieci anni dopo.

In perdita nel 1982, la ricostruzione venne affidata a Romano Prodi. Che la riportò in attivo nel 1987.

A quel punto un bel calcetto nel di dietro e via di nuovo nella corsa folle allo spolpamento da parte dei soliti noti. Partiti, politici manager.

Poi di nuovo, come nel 2005 con Romano alla presidenza della Commissione europea, le cavallette spolpatrici andarono a Canossa chiedendo di nuovo a Romano di risollevare di nuovo l’Iri.

Questa concezione dello Stato da spolpare è fortissima ancora oggi.

Ecco quindi che le candide animelle liberali e liberiste propongono sempre la privatizzazione, non nell’interesse dello Stato ma nell’interesse di privati che fanno “lo bono mercato”.

Da 15 anni, da quando siamo in guerra commerciale con i Paesi emergenti soprattutto i colossi di Cina e India, il problema diventa ancora più evidente ed eclatante.

Già cinque anni fa sia Prodi che Rampini, due esperti in materia, ci avevano avvisati di approntarci ad affrontare questa guerra, altrimenti si sarebbe verificata “La notte dell’Europa”.

Ma come sempre la premiata ditta “Cazzoni & Cazzoni”, ha fatto orecchio da mercante, perché preferisce continuare spolpare lo Stato e i cittadini italiani fino a quando ci sarà qualcosa da spolpare.

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camillobenso
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Sfascisti - 12

Banditi, certo,….criminali a volte spesso - 2


Per capire certe cose elementari non ci vuole una laurea conseguita alla Bocconi, o alla LUISS Guido Carli, né ad Harvard, Stanford, Berkeley, Princeton oppure Oxford.

Basta la terza media della casalinga di Voghera. La mitica Maria della cittadina in provincia di Pavia (Lombardia) che continua a resistere con il bilancio familiare a cui occorrerebbe assegnarli il Nobel in “Economia domestica”.

Se i cinesi praticano una paga di 80 dollari al mese all’interno della Cina e di 174 dollari/mese sulla costa (fonte La Repubblica, maggio 2012), diventa evidente anche alla casalinga di Voghera che noi alla lunga non possiamo competere e resistere all’attacco delle aziende del Dragone rosso.

La convenienza ad impiegare mano d’opera cinese è tale che in certi casi ci sono anche degli utili significativi mandando in Cina dei semilavorati prodotti dalle nostre aziende (evidentemente perché i figli del Celeste impero “rosso” non sono ancora in grado di produrre a certi livelli), facendo poi assemblare il tutto dagli onolevoli mandalini, accollandosi pure il costo dei due viaggi di andata e ritorno delle merci, tra il Bel Paese e i distretti industriali di Shenzhen, Shantou, Zhuhai, nella provincia del Guandong.

Anche in questo caso, il Grande Fratello interpellato in merito ha dato i seguenti risultati:

venerdì 15 ottobre 2010
La paga oraria in uno stabilimento cinese della Piaggio è di 40 centesimi!!
Poche settimane fa l’amministratore delegato della Piaggio presentava il piano triennale annunciando, in prospettiva, l’apertura di stabilimenti in Africa e, in tempi assai più ravvicinati, il potenziamento della presenza del gruppo in India e Cina da dove partire per vendere i prodotti in tutto il continente asiatico
La Cina si appresta a diventare il maggior mercato oltre che il primo centro finanziario del pianeta dice Roberto Colaninno ad “Affari&Finanza” di Repubblica, annunciando che il gruppo si espanderà in tutta l’area, basti pensare che in Vietnam vengono venduti 3 milioni di scooter e moto, 8,4 in India e 17 milioni in Cina…………………..omissis
…………………Nei mesi scorsi ci sono stati scioperi e rivolte in molti stabilimenti della Cina e per questa ragione in diverse città il salario minimo è stato portato a 110 euro (vige il sistema delle gabbie salariali). Lo stipendio medio mensile nella fabbrica Zongshen arriva a 160 euro con paga oraria di circa 40 centesimi di euro.E poi vengono a parlare di etica, responsabilità e marketing per occultare uno sfruttamento selvaggio e condizioni di semischiavitù. Questa è la gobalizzazione capitalistica.

(Articolo completo in : http://manifestino.blogspot.it/2010/10/ ... mento.html)

*

1. La rabbia operaia in Cina - fisica/mente
http://www.fisicamente.net/VARIA/index-1274.htm‎
La città di Dongguan nel sud della Cina è stata teatro ancora una volta di una ... e mezzo la paga oraria normale come prescrive la stessa legislazione cinese.

*

1. fabbriche lager cinesi
http://www.liceoberchet.it/ricerche/geo ... inesi.htm‎
Alla Kingmaker che produce per la Timberland , gli operai dicono di non sapere ... La maggioranza della produzione è destinata a un solo cliente, Timberland. ... due pause per pranzo e cena, ma oltre l'orario ufficiale gli straordinari sono obbligatori. ... La paga mensile è di 757 yuan (75 euro), ma il 44% viene dedotto per ...

*

1. Lo stipendio in Cina è di 82 euro - Cronaca - il Tirreno
iltirreno.gelocal.it/.../08/.../lo-stipendio-in-cina-e-di-82-euro-1.2037693‎
o 31/ago/2010 - In fabbrica gli operai ci vivono: l-azienda fornisce vitto e alloggio. E al momento dell-assunzione devono persino pagarsi le tute di lavoro (6 euro) ... però, dividere il salario percepito per le ore lavorate: la paga oraria alla ...

*


La pace è l'intervallo fra due guerre” è quanto ha sostenuto nella prima metà del ‘900 -- Jean Giraudoux, scrittore e commediografo francese.

Mentre Carl Phillip Gottlieb von Clausewitz ,( Burg bei Magdeburg, 1º giugno 1780 – Breslavia, 16 novembre 1831) generale, scrittore e teorico militare prussiano. Maggior generale nell'esercito prussiano, ha sostenuto a suo tempo:

« La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi. »

Solo che von Clausewitz , figlio del suo tempo, non aveva ancora avuto modo di vedere gli effetti degli sviluppi della società industriale sull’economia e di conseguenza sulla guerra.

Effetti che spingono il capitalismo verso la fine del XX secolo ad aprire alla globalizzazione.

La globalizzazione offre al mondo capitalista, ….ma non solo, perché obbliga alla fine anche i beneficiari del Partito comunista cinese, diventati miliardari a loro volta, a cercare altri spazi ed emigrare in Paesi dove la mano d’opera costa ancora meno di quella cinese, come la Cambogia ed il Vietnam,…due possibilità.
(Nota dal Grande Fratello:
1. Arrivederci Pechino, le aziende fuggono. Gli imprenditori puntano ...

http://www.infonodo.org/node/34780‎
12/nov/2012 - Gli imprenditori puntano tutto sul Vietnam e la Cambogia dove un operaio ... In Cina, da qualche mese si assiste a un'accelerazione della ... al quadrato: gli stranieri spostano la produzione dal proprio Paese, o ne ... cinese, uscito dal diciottesimo congresso del Partito comunista più capitalista del pianeta.)

La prima possibilità offerta dalla globalizzazione è quella di moltiplicare all’infinito i propri guadagni, nella corsa folle dell’uomo bestia, come se dovesse vivere per l’eternità.

La seconda possibilità è quella dovuta a strette ragioni di sopravvivenza.

Le malattie del capitalismo spinto sono queste, e non sono di certo evidenziate in questa sede solo per confrontare l’annosa ed inutile disputa tra capitalismo e comunismo, perché si tratta solo di un’emerita bufala di vecchi nostalgici.

Il comunismo in Russia abbiamo visto cosa ha prodotto, come stiamo osservando cosa sta succedendo all’interno del Partito comunista cinese. I rumori notturni che si odono tutte le notti a Pechino sono dovuti al vecchio Mao costretto a rivoltarsi e rivoltarsi nella tomba, nel vedere la degenerazione (naturale) dei vecchi mandarini del Pcc.

In questo clima di degenerazione spinta verso accumuli di denaro che rimangono oltre la vita dei famelici e devoti del Dio denaro, e a cause di sopravvivenza obbligata, ..capita che le nostre imprese adesso siano messe di fronte alla amarissima realtà dei fatti, come hanno raccontato i dipendenti e il titolare di una maglieria italiana che ha insistito in questi anni a rimanere sul mercato producendo prodotti di maglieria di qualità, ma che alla fine hanno dovuto cedere all’invasione dei prodotti cinesi.

- ADDIO AL MADE IN ITALY
http://www.serviziopubblico.it/2013/11/ ... ?cat_id=43

Da Servizio Pubblico del 21/11/2013


E’ da stupidi non capire che siamo di fronte ad una guerra, una guerra commerciale che si combatte nell’intervallo di due guerre guerreggiate. Ma sempre di guerra si tratta.

Questo lo aveva capito a suo tempo anche la casalinga di Voghera e non gli scienziati economici e governativi tricolori?????

Cose da chiodi.


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camillobenso
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Sfascisti - 13

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Se in tempi di vacche grasse come quelle post belliche in cui si registra una notevole crescita, come è stato riportato sopra per quanto riguarda la ricostruzione degli anni ’50 e ’60, promossa e guidata dall’IRI, ha senso che siano le imprese di Stato a fare la parte del leone, (Nel dopoguerra allargò progressivamente i suoi settori di intervento e fu l'ente che modernizzò e rilanciò l'economia italiana durante soprattutto gli anni '50 e '60; nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa 1.000 società con più di 500.000 dipendenti. Per molti anni l'IRI fu la più grande azienda industriale al di fuori degli Stati Uniti d'America)

a maggior ragione, in tempi di vacche magre, ma soprattutto in tempi critici di guerra, una guerra per il momento è solo commerciale, le aziende di Stato rappresentano un tentativo di salvaguardia agli attacchi che vengono dall’esterno.

Oltre al fatto che siamo di fronte alla più grave crisi economico finanziaria di tutti i tempi, che se non risolta in tempi brevi rappresenta il preludio ad una nuova guerra mondiale.

La privatizzazione delle aziende di Stato in questa fase rappresenta una follia in senso generale, una follia in senso economico, e una follia in senso militare se si vuole tentare di arginare l’invasione commerciale dei Paesi emergenti.

Le aziende di Stato garantiscono in pieno il rientro dell’Iva.

In caso di difficoltà dei costi commerciali con l’estero, lo Stato si può permettere la riduzione dei costi dei suoi prodotti fino al 22 % dovuti all’Iva.

Le aziende di Stato garantiscono l’occupazione, che di conseguenza sostiene il mercato interno quando il privato è in palese difficoltà.

L’azienda di Stato, gli utili, tolto il dovuto per investimenti e rinnovamenti dell’impresa, vengono versati alle casse dello Stato.

Questi utili consentono di tenere ferma o abbassare la tassazione a secondo dell’andamento del mercato.

Più alto è il numero delle aziende di Stato, più alta è la possibilità di abbassare la tassazione generale.

Oggi avviene l’esatto contrario.

Le aziende private chiudono. Centomila hanno chiuso per fallimento quest’anno fino ad oggi, oltre a quelle che chiudono prima fermandosi alla soglia del fallimento. Un’autentica strage.

Se chiudono le aziende cala il gettito verso lo Stato delle stesse imprese e dei loro dipendenti.

In questo caso lo Stato deve fare fronte sempre di più al sostegno dei lavoratori. Oltre al fatto che diminuisce il gettito per le pensioni.

Questa è una spirale che porta al suicidio una nazione.

Credevo che Prof. Monti l’avesse capito, visto che era il presidente della più prestigiosa università di economia del Paese.

Invece così non è Stato e tutto continua con Enry balls of stell.

La spirale perversa andava interrotta subito all’inizio del 2012.

E’ chiaro che occorre una manovra shock, che arresti, stabilizzi e cerchi di rilanciare l’economia.

Ma questo si fa partendo dal basso mettendo i soldi in tasca ai cittadini, non continuare viceversa a dissanguarli come stanno facendo adesso.

Oltre a mettere soldi in tasca alle imprese. (per il momento è preferibile la maggiore aliquota vada in tasca ai cittadini perché spendendo fanno ripartire i consumi. Giusto darli anche alle aziende per rimanere in piedi, ma non eccessivamente. A 38mila euro di un pieno di carburante del yacht si può anche rinunciare in questo momento)

Un’operazione contraria ai concetti di ripartenza è quella che stanno facendo i governi dal 2008.

Ovvio poi che con questo livello di tassazione le imprese private non ce la facciano più e decidono di chiudere la serranda o di andare a produrre altrove dove la tassazione è inferiore.

L’obiettivo è quello di ridurre fortemente le tasse, e questo avviene anche con il concorso di un massiccio intervento del numero delle aziende pubbliche.

Ma c’è un problema, la presenza massiccia e totale degli sfascisti predatori e spolpatori delle Casse dello Stato, che di fronte al collasso generale evidentemente non intendono mollare la presa.

Cercano di accaparrarsi tutto quello che possono in attesa del crack finale.

Di come finirà il Paese se ne fregano altamente, perché loro hanno messo e continuano a mettere al riparo nei paradisi fiscali i frutti delle loro scorrerie.

Di conseguenza non abbassando le tasse si esce progressivamente dai mercati internazionali, e i Paesi emergenti hanno maggiori possibilità di penetrazione sia nei mercati internazionali facendoci concorrenza, che in quello italiano.

Privatizzare in un momento di guerra economica significa avvantaggiare il nemico.

Lo possono solo pensare gli anti italiani e coloro che sperano che il Paese vada allo sfascio e diventi una colonia di qualcuno.
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Sfascisti - 14


Sfascisti totali.

Continuo a sentirmi dire tutti i santi giorni : “Noi vecchi dobbiamo metterci da parte. Largo ai giovani. Noi dobbiamo sostenerli dandogli appoggi e consigli


La situazione invece è altamente tragica.

Il Tg 3 delle 19,00 apre con un servizio sul Congresso del PPE-Pd.

La suorina Cuperlo rivendica che il PPE è la sinistra.

Provi ad andare a raccontarlo agli operai e ai lavoratori.

Per loro voluta negligenza, nel 1994 una parte consistente di operai passa con Berlusconi e con la Lega.

Mirafiori, un presidio Pci per 50 anni, diventa a maggioranza berlusconiano.

In uno dei tanti talk ascoltati questa settimana, forse quello in cui ci stava quella nullità di Fassina, qualcuno ha affermato che oggi come oggi gli operai votano Grillo. Sai che roba.

Ma di che caXXo di sinistra parla la suorina triestina?

Ora et semper BUNGA – BUNGA??????????????????????


Civati si spende nel voler andare a chiedere a Prodi di riprendere la tessera del Pd e ritirare di nuovo le fila con la sua presenza.

Non ha capito che fin quando saranno presenti i brutti ceffi ex Pci ed ex Margherita che lo hanno fatto fuori tre volte dal 1998, non gli passerà mai per l’anticamera del cervello di farsi fottere per la quarta volta.

Sarebbe un degenerato totale.

Se non si capiscono queste cose e si fa solo della demagogia per acchiappare voti è meglio cambiar mestiere finché si è in tempo.

Poi parla Gianburrasca che continua ad avvalorare la tesi di Pansa. “Sotto la lingua niente”.

Parla, parla, parla, ma di politica adeguata ai tempi non dice mai nulla.

Fa solo delle grandi promesse alla Berlusconi in prevalenza non realizzabili. Tanto in fondo i merli che abboccano anche a sinistra e nel PPE sono parecchi.

Si offendono da queste parti quando gli racconti la realtà di Renzi.

Sono come San Tommaso. Devono toccare con mano per capire.


E’ chiaro che i volponi alla D’Alema non gli hanno insegnato a questi giovani come fare politica per non essere cacciati come ha fatto lui e il resto della banda con Occhetto.

Ma questi giovani non sanno di nulla.

Meno ancora delle amebe che hanno dominato l’ultimo ventennio.

Con quella ciofeca dall’altra parte di Angelino, e con il ritorno dei morti viventi alla Casini, questo Paese è senza via di scampo.

Altro che fantasma della Grecia citato ieri da Gad Lerner.


PS.

Chi ha mostrato un briciolo d'intelligenza dalle parti del PPE, è Fabrizio Barca.

Qualcuno se lo ricorda ancora che sta nel PPE????

E' completamente sparito.

Eppure qualche mese fa quando si era iscritto sembrava che dovesse rovesciare il mondo.

Aveva prodotto anche un suo manifesto in cui spiegava come cambiare il PPE.

Sembrava che dovesse candidarsi alla segreteria.

Poi da esterno ha fatto la cosa più semplice ed intelligente che si doveva fare.

In due tempi, per due mesi ha girato per tutta l'Italia tastando il polso alle sedi e ai circoli del PPE.

Ne è venuto fuori un quadro desolante e disarmante, e da persona intelligente che ha capito la situazione, si è lentamente eclissato fino a sparire del tutto.

Questo è segno di intelligenza politica, al contrario dei tre giovani candidati che blaterano, blaterano, senza conoscere la realtà.

Una realtà che informa che gli iscritti PPE si è dimezzata.
camillobenso
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Sfascisti - 15

I giorni della confusione - 1

Le parole di ieri del Caimano si prestano ad interpretazioni diverse. Il Colle risponde dopo più di 24 ore gelando Silviolo e annichilendo la banda. La provocazione non è passata.

C'è da credere che i prossimi giorni saranno bollenti malgrado l'ondata di freddo annunciata.

*


Grazia, dal Colle l’ultimo no a Berlusconi. “I suoi giudizi sono di estrema gravità”
Napolitano: "Non solo non ci sono condizioni per clemenza, ma ha usato anche toni senza misura"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 24 novembre 2013Commenti (683)


Quello di Silvio Berlusconi era stato l’ultimo appello, un po’ nervoso e un po’ disperato: “Il Quirinale mi deve dare la grazia senza neanche che io la chieda” aveva detto. Come risposta riceve l’ennesima porta in faccia. Ed è l’ultima perché mercoledì prossimo, il 27 novembre, il Senato voterà la sua decadenza da parlamentare. Non è solo una risposta formale a una richiesta di grazia che peraltro neanche i legali dell’ex presidente del Consiglio si sono sentiti di presentare. C’è di più: nella vicenda del Cavaliere, spiega la nota del Colle, non solo non si sono mai create “le condizioni per un eventuale intervento del capo dello Stato sulla base della Costituzione”, ma si sono “ora manifestati giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni”. A questo si aggiunge un appello (“pacato” precisa il Quirinale) in vista delle manifestazioni previste per il 27 novembre, quando è in calendario – nell’Aula del Senato – il voto sulla decadenza. Manifestazioni in programma davanti a Palazzo Grazioli, ma che non è escluso - si diceva negli ambienti berlusconiani fino a 24 ore fa – si possano spostare davanti allo stesso Palazzo Madama. E quindi il Colle invita “a non dar luogo a comportamenti di protesta che fuoriescano dai limiti del rispetto delle istituzioni e di una normale, doverosa legalità”. Per l’ennesima volta Napolitano ricorda la sua nota del 13 agosto su tutti i problemi legati alla sentenza definitiva della Corte di Cassazione per frode fiscale alla pena di 4 anni. “Il presidente della Repubblica si è in questi mesi sempre espresso e comportato in coerenza con la sua ampia dichiarazione pubblica del 13 agosto – continua l’ufficio stampa del Quirinale – Nulla è risultato però più lontano del discorso tenuto sabato dal senatore Berlusconi dalle indicazioni e dagli intenti che in quella dichiarazione erano stati formulati”.

Le richieste di Berlusconi, sempre più solo
Cos’aveva detto Silvio Berlusconi dal palco della Giovine Italia? Più o meno tre cose. La prima: il voto sulla decadenza è un “colpo di Stato“. La seconda: i servizi sociali (cioè la modalità con cui sconterà la sua pena) sono “umilianti, ridicoli e inaccettabili”. La terza, conclusione del sillogismo: Napolitano mi deve dare la grazia senza che io la chieda (perché ho la dignità di non chiederla). Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - con una risposta ponderata per oltre 24 ore - rispedisce tutte le richieste al mittente e apparentemente una volta per tutte. Berlusconi sembra così sempre più solo perché prima del no del Colle anche il suo ex delfino, Angelino Alfano, aveva sì confermato il no alla decadenza da parlamentare del leader del centrodestra, ma annunciando che il Nuovo Centrodestra non parteciperà alle manifestazioni organizzate in piazza da Forza Italia il 27 novembre.

Brunetta: “Napolitano? Se la politica è così è tutta colpa sua”
E Forza Italia non fa altro che scaldare i motori in vista del voto di mercoledì prossimo. Aveva già deciso di passare all’opposizione del governo Letta, ma ora – con il garante del governo di grande coalizione, Napolitano, che risponde picche – è arrivato il momento di dare fuoco alle polveri. Per qualcuno è forse una liberazione. “Napolitano – dice il capogruppo alla Camera Renato Brunetta – è stato ed è il responsabile dell’attuale situazione in cui versa la politica italiana. Ha usato largamente dei suoi poteri. Lui, figlio di una legge elettorale che tanto disprezza e che grazie al dubbio successo di 24mila voti della sinistra gli ha consentito di ascendere per la prima volta al Colle, poi è stato rieletto in funzione della fine di una guerra civile che, purtroppo anche a causa delle sue omissioni, si è rinfocolata”. Fin qui l’attacco personale. Poi Brunetta entra nel merito: “La nota del Capo dello Stato di queste ore, proprio nel momento in cui Silvio Berlusconi è vittima designata di un assassinio politico – aggiunge il forzista – lo ripropone purtroppo come uomo di parte. Non è affatto vero che non esistessero in passato e non esistano ora margini per un intervento di autentica pacificazione da parte del presidente della Repubblica. Lo dico con rispetto, e con la speranza, ahimè ormai flebile, che mantenga le promesse di essere garante non di una ingiustizia conclamata, ma delle istituzioni repubblicane che sono oggi messe in questione non da chi denuncia le ferite alla giustizia e alla democrazia ma da chi queste ferite”.

L’assalto di Forza Italia: “Napolitano uomo di parte”, “Sbigottisce”, “Irrituale”
Di presidente “di parte” parla anche il senatore Lucio Malan. Quale parte? “Quella che vorrebbe cancellare per via giudiziaria chi rappresenta un terzo degli elettori e che da vent’anni è perseguitato dalla magistratura politicizzata sulla quale persino il capo dello Stato in passato ha espresso preoccupazione. Oggi però il suo equilibrio sembra essere venuto meno”. Quello che infastidisce di più i berlusconiani è quell’appello alla moderazione nelle manifestazioni che verranno: “Napolitano ci avverte che non possiamo nemmeno esprimere pacificamente il nostro dissenso per l’aggressione a Berlusconi? – si chiede Maurizio Gasparri - In un’Italia in cui si assiste con sempre più frequenza a manifestazioni violente su cui non ricordo note preventive delle massime istituzioni? In un’Italia in cui su altre vicende il Quirinale fa note di plauso per una tutela preventiva ad altre personalità dello Stato? Non partecipo ai cori anti Quirinale ma sono davvero sbigottito”. Raffaele Fitto ricorda a Napolitano cosa dice la Costituzione: “In tempi in cui troppi dimenticano il contenuto dell’art. 25 della Costituzione, spero di non dover giungere al punto di ricordare gli articoli 17, sulla libertà di manifestazione, e 21, sulla libertà di espressione.

Parla di posizione “irrituale” Saverio Romano. Non solo, dice, “si vuole espellere a tutti i costi il leader del centrodestra Berlusconi dalla vita politica del Paese”, ma “ci vogliono pure impedire di dirlo”. A difesa del Quirinale si mettono i democratici Anna Finocchiaro e Roberto Speranza. La prima risponde con ironia a Gasparri: “Noi purtroppo non siamo più”sbigottiti dalle esternazioni di Berlusconi” e definisce il comportamento di Napolitano “ineccepibile”. Ma Renata Polverini insiste e scaraventa in faccia al presidente della Repubblica perché si è ritrovato a fare il bis al Quirinale: “Napolitano e Alfano sono in singolare e significativa sintonia nel temere che si manifesti affetto a Silvio Berlusconi: tutti e due sono stati eletti con i voti del Cavaliere, ma non sembrano ricordarsene”.

Matteoli: “Berlusconi da oggi ha un altro avversario politico”
La sintesi prova a darla Altero Matteoli, altro ex Msi finito in Forza Italia, che lascia per l’occasione i consueti toni diplomatici: “Dopo aver ascoltato quanto affermato, in perfetta sintonia, dal Quirinale e dal segretario del Pd Epifani, ci chiediamo quando sarà emesso un decreto ad hoc per vietare a Berlusconi perfino di difendersi politicamente e giudiziariamente – dice l’ex ministro dei Trasporti - In verità non abbiamo mai nutrito dubbi sulle reali intenzioni del Quirinale, ma stasera la nota dell’Ufficio Stampa del Colle, a meno di improbabili smentite, ha il pregio di far emergere con tutta evidenza che il leader del centrodestra ha un altro avversario politico con cui fare i conti. Ne prendiamo atto ed ovviamente non ci lasciamo intimorire forti del consenso di oltre dieci milioni di italiani che la pensano diversamente”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... no/789276/
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 16

I giorni della confusione - 2


Il clima si fa sempre più cupo di giorno in giorno. I fatti danno sempre più ragione a Tito Boeri.

La polveriera su cui stiamo camminando potrebbe esplodere da un momento all’altro.

Enry balls of steel, guida il governo come se dovesse guidare la Pro Loco.

Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere. Questa sera nei Tg è stata presentata la nuova tassa sulla casa.

Nei sette mesi di regno di Enry balls of steel, il nome della tassa è cambiata 4 volte. Non era mai successo.

I segni della ribellione diventano sempre più significativi.

Agorà ha segnalato stamani la riunione degli imprenditori a Bovolone, in provincia di Verona.

Scenderanno in piazza il 9 dicembre e sembrano molto molto determinati.

<< Bloccheremo tutto, lo faremo a oltranza fino a che questi cialtroni non se ne vanno via tutti….>>urla un’imprenditrice.

<<Condannati per alto tradimento, tutti>> rispondono gli altri che gli stanno intorno.

Sono fortemente determinati a combattere lo Stato.

Sostengono di aver fatto l’inciucio polentoni, terroni, fascisti, comunisti, milanisti, interisti. <<Abbiamo fatto un’inciucio che li ribalterà>>.

Vale la pena ascoltare il clima, perché qualcuno cita la guerra civile.
Vedi:
Agorà – 25 novembre 2013
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 8fe42.html

Punto
09:18:45

Cliccare direttamente su:
09:18:45
“La Protesta Degli Imprenditori”

Sulla destra nella colonna Highlights


*

Nuova uscita di B. che racconta di avere le prove della sua innocenza: Ma sia il Dott. Gratteri che Peter Gomez, avanzano dubbi sulla possibilità di revisione del processo.

Il Caimano comunque sta caricando i suoi. Sa che tutto quello che produce sono bufale, ma spera che prima o poi i suoi si ribellino sulla pubblica piazza.


La versione di B smentita dal processo
Supertestimone? Sapeva tutto dal 2007

Berlusconi annuncia "dodici nuovi testimoni" e chiede "la revisione del processo Mediaset"
"L'ex ad di Agrama ha appreso dell'inchiesta solo a giugno". Ma 6 anni fa si oppose a una rogatoria
L'ex premier esclude rapporti con il producer. Ma le carte dicono il contrario (da 'Il Cavaliere nero')

Dodici testimoni di cui 7 nuovi per chiedere un nuovo processo (video di M. Lanaro). Una di loro nega il coinvolgimento di Berlusconi nella frode Mediaset che gli è costata la condanna definitiva. E' sempre lei a dire di aver saputo del processo solo a giugno. Ma nel 2007 si era opposta a una rogatoria dei pm di Milano. Il Cavaliere punta ad escludere rapporti con Agrama. Ma un libro di Biondani e Porcedda - appena pubblicato - riporta i documenti che dimostrano il contrario
(leggi)

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... so/790354/

*

Gianburrasca ci mette del suo.

Governo, Renzi: “Se vinciamo e non si fa quello che diciamo…finish”
L'ultimatum al governo delle larghe intese arriva dal sindaco di Firenze impegnato a Prato in un comizio in vista delle primarie dell'8 dicembre: "Mi hanno detto fai il bravo su troppe cose. Adesso basta"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 25 novembre 2013
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“Se vinciamo noi e il governo non fa quello che diciamo… finish”. L’ultimatum all’esecutivo delle larghe intese lo lancia Matteo Renzi, intervenuto con un comizio per la campagna elettorale in vista delle primarie dell’8 dicembre a Prato. “Il Pd”, ha detto, “porterà il governo ad ottenere risultati per le riforme istituzionali e la legge elettorale perché ha la maggioranza assoluta della maggioranza delle larghe intese. In questi mesi hanno detto ‘fai il bravo sulla Cancellieri, sull’Imu, su Alfano’. La pazienza è finita, dopo che loro hanno abusato della nostra pazienza ora usino un po’ delle nostre idee”.

Sul palco il sindaco di Firenze detta l’agenda politica di quello che vorrebbe che fosse il suo partito. “Ci sono poche cose chiare da fare subito. La prima è la legge elettorale. La regola deve essere che chi arriva prima vince davvero e governa per 5 anni. La legge più semplice del mondo esiste già, è quella dei sindaci”. Se il rottamatore vincerà “il Pd dice con forza al governo che sulle riforme elettorali e istituzionali si smette di prendere in giro i cittadini e in tempo limitato si portano i risultati a casa”.
Ormai mancano solo due settimane alla grande sfida e dopo ‘l’auto-rottamazione’ della vecchia guardia, il sindaco di Firenze vede davanti a sé una autostrada, che intende percorrere alla massima velocità. Adesso usino un po’ delle nostre idee. “Dopo l’8 dicembre, nulla sarà più come prima“, ha aggiunto, con esplicite minacce all’attuale Governo: o riforme istituzionali in tempi limitati o fine delle larghe intese”. Si auto-sponsorizza il sindaco che dice: “votate per me e ci saranno più risultato dal fronte governativo perché – è il suo ragionamento – io farò da pungolo e quindi finirà la presa in giro dei cittadini”.

Ha alternato bastone e carota Renzi che vuole tenersi buoni (e se possibile portare dalla sua parte) coloro che sceglieranno gli ‘avversari’: “Quelli che votano Cuperlo e Civati li terremo con noi, non li abbandoneremo”, ha assicurato. Un raffica di colpi all’indirizzo dell’esecutivo che devono aver colto di sorpresa Enrico Letta. Da ambienti governativi è trapelata però una replica soft all’insegna del Fair play, con una punzecchiatura sul narcisismo del candidato alla segreteria Pd: ‘apertura sui contenuti ma niente personalismi’. Meno diplomatico l’eterno nemico, Massimo D’Alema. “Non sono fra chi sospinge il sindaco di Firenze a diventare il segretario del Pd che metterà in crisi il Governo”, del resto “non credo che accadrà, nonostante le sue legittime aspirazioni”, ha detto l’ex premier che ha sarcasticamente aggiunto: “E poi non vedo cosa posso guadagnarci un leader Pd a fare da spalla a un Brunetta o a una Santanché: Renzi è una persona ragionevole’.
peanuts
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da peanuts »

E bravo letta, come si è prodigato nell'ospitare un dittatore oggi
Ci vediamo alle urne, speriamo presto
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 17

I giorni della confusione - 3
Tutto normale in Italia, è solo una lotta di potere - 1




26 NOV 2013 14:50
TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE DA MATTEO RENZI, DALLA SINISTRA (“HA AVUTO LA PUZZA SOTTO IL NASO”) A BERLUSCONI (“HA CAMBIATO L’ITALIA MOLTO DI PIÙ CON LE SUE TV CHE CON LE SUE LEGGI”)
Splendida intervista del tedesco Giovanni Di Lorenzo, direttore di “Die Zeit”, a Matteuccio: ”Berlusconi è entrato nel mondo del calcio e lo ha cambiato, in quello dell’edilizia e lo ha cambiato, in quello della Tv e lo ha cambiato. Poi è entrato in politica e non ha cambiato niente”…




Intervista di Giovanni Di Lorenzo a Matteo Renzi per Vanity Fair

So della sua ammirazione per Obama. Ma Obama si è caricato di troppe speranze, che una dopo l'altra sono state deluse. Non è una cosa che rischia di succedere anche a lei?
«Oggi l'Italia ha il problema opposto. Che, pur avendo tante risorse, è un Paese privo di speranze. Preferisco tenere alto il livello della speranza che vivere di un cinismo rassegnato, come fanno fin troppi politici. La frase più stupida e più emblematica di questo atteggiamento è: "Non facciamo la fine della Grecia". Non faremo la fine della Grecia perché è vero che l'Italia ha vissuto e vive ancora una fase di difficoltà, ma è la manifattura d'Europa. Il guaio è che abbiamo un'ambizione molto bassa e l'incapacità di risolvere i nostri problemi: burocrazia, tasse, evasione fiscale, giustizia. Basterebbe così poco per rimettere in moto il Paese».

Di quei problemi si parla da quando era bambino: pensa davvero che basti poco per cambiare?
«Assolutamente sì. Diventano mali cronici se pensiamo che debba cambiare sempre e soltanto il vicino, non noi. Io non dico che debba cambiare tutto: io dico che dobbiamo cambiare tutti. A partire dai politici. Via le province, via il Senato, via la metà delle poltrone nei consigli regionali, nelle giunte, nelle aziende partecipate. Dimezzare il numero dei politici, raddoppiare il numero delle biblioteche e degli asili nido: su 100 famiglie che fanno richiesta solo 14 trovano posto, si rende conto? Se io a Firenze ho dimezzato gli assessori - e cinque sono donne, più che gli uomini - lo può fare anche il Pd, lo possono fare tutti. A dieta la politica, poi la burocrazia: faccio il sindaco e ci sono giorni in cui sbatterei la testa contro il muro».

Per esempio?
«Se vuoi fare un parcheggio sotterraneo a Firenze, ci metti 38 mesi per avere i permessi, 18 per realizzarlo. E parlo del posto più sfigato di Firenze, perché se invece entrano in ballo le sovrintendenze, che hanno potere di vita e di morte, neppure sai quando inizi. Negli appalti pubblici lavorano più gli avvocati che i muratori».


Mi scusi, ma perché i politici italiani dovrebbero autoridursi?
«Perché non hanno alternativa, altrimenti il Paese va a rotoli. Mi rendo conto, è come se un tacchino in America chiedesse di anticipare la Festa del Ringraziamento. Però siamo a un punto di svolta. La disoccupazione è passata dal 6,7 per cento al 12,4 per cento. I media parlano sempre di spread dei titoli di Stato, ma c'è anche uno spread della disoccupazione: la Germania mi pare sia al 5,2 e l'Austria al 4,9. E c'è uno spread­ sui tempi della giustizia: in Germania in media ci si mette meno di un anno per completare il primo grado, da noi quattro».

Sta dicendo che gli italiani sono talmente esasperati da volere un cambiamento radicale?

«Ora o mai più. So che è un paradosso, ma la crisi è l'ultima occasione che abbiamo».
Ma, guardandovi da fuori, non sono solo i politici a paralizzare l'Italia. Ci sono anche le forti categorie di settore, dai tassisti ai notai.
«Le corporazioni sono forti se la politica è debole. Ero appena stato eletto quando ho annunciato: tra un mese pedonalizziamo piazza del Duomo. Non mi hanno creduto, per loro ero un ragazzino. Erano 45 anni che a Firenze si discuteva, i miei stessi collaboratori hanno detto: un mese? Le corporazioni se ne sono accorte l'ultima settimana: oh ma questo è matto, fa sul serio. Allora sono partite le proteste, ma era troppo tardi. Quel momento lì è stato la rottura dell'incantesimo, come nelle favole, la principessa, la foresta incantata. L'Italia può rompere l'incantesimo. Non parlo solo dei tassisti o dei notai, tutti devono cambiare».

Anche i sindacati?
«Certo. Tanto per cominciare, che senso ha avere tre sindacati più tutti quelli autonomi? E poi i loro bilanci devono essere trasparenti e certificati. Infine: in Germania il sindacato partecipa al consiglio di amministrazione dell'azienda, ma il lavoratore sceglie, vota il suo candidato del sindacato, e chi vince entra in consiglio. Da noi sono scelti dai gruppi dirigenti».

Tasse: uno dei grandi problemi, diceva.
«È imbarazzante questa eterna discussione sulla singola tassa, l'Imu o l'Iva. Abbiamo una pressione fiscale allucinante. Non possiamo più dire: in America essere di sinistra significa alzare le tasse. In Italia essere di sinistra vuol dire abbassarle! I nostri imprenditori sono eroi in confronto a quelli di altri Paesi. L'azienda italiana rispetto a quella tedesca ha il 30 per cento di costo di energia in più, un peso fiscale maggiore e una burocrazia opprimente. Eppure molti imprenditori riescono lo stesso a fare bene il loro mestiere, perché sono bravi».

Le grandi aziende italiane però non hanno fatto una gran bella figura negli ultimi decenni, né dal punto di vista imprenditoriale né da quello morale.
«Ma non c'è dubbio. Infatti le grandi aziende italiane, con tutto il rispetto, non sono le aziende di cui hanno parlato i giornali in questi anni. Anche perché poi sarebbe interessante discutere di come sono i giornali. L'intreccio tra i giornali le banche e le imprese...».

In Germania sarebbe impensabile.
«È folle: se fai l'editore fai l'editore, se fai la banca fai la banca. Quando io propongo una rivoluzione del sistema, intendo il cambiamento radicale della politica ma anche dei comportamenti. La forza dell'Italia, comunque, non è la Fiat, sono le piccole e medie aziende che competono e che riescono, nonostante i politici. E c'è un'altra cosa che in un altro Paese sarebbe impensabile: un fortissimo nero. In Italia c'è un sistema di evasione fiscale che la Banca d'Italia stima in 150 miliardi di euro. Bisogna riportare legalità attraverso il buon esempio, far tornare di moda il fare le cose per bene. Ma chi può andare avanti non assume perché ha paura, le regole di assunzione sono assurde: noi proporremo, se io sarò eletto segretario, una riforma radicale del mercato del lavoro sull'esempio tedesco. La Germania è un modello. Io non capisco la polemica italiana contro la Germania, e talvolta non capisco neanche la polemica tedesca contro l'Italia...».

Guardi che quella non c'è e non c'è mai stata.

«Benissimo! Perché la Germania ha bisogno di un'Italia vera e forte, e l'Italia ha bisogno di vedere la Germania come il punto di riferimento, non come il nemico. Il mercato della formazione professionale va copiato da quello tedesco: l'unica zona d'Italia in cui funziona veramente bene è l'Alto Adige».

Il cosiddetto sistema duale: esperienza pratica in azienda abbinata a un programma scolastico.
«Esatto. E poi abbiamo bisogno di semplificare il mercato del lavoro. Non solo abbiamo tre sindacati confederali e decine di sindacati autonomi: abbiamo 2.146 articoli di diritto del lavoro».

Semplificare che cosa significa?
«50, 60, 70 articoli scritti con chiarezza in italiano e in inglese. Conosco aziende che potrebbero venire a investire in Italia ma hanno paura del sistema, e a ragione, avrei paura anch'io. Chi però supera la paura e investe vince. Qui a Firenze, Pignone è stato venduto agli americani e in vent'anni ha decuplicato il fatturato. L'italianissima Gucci è stata comprata dai francesi: dieci anni dopo fa quattro volte il fatturato che faceva prima».

C'è differenza tra rivoluzionare e rottamare? E si è pentito di aver usato quella parola che ormai è il suo sinonimo? Matteo Renzi, il rottamatore.
«Mi hanno ridotto a questo, ed è un limite».
Lo dica: quella parola è stata un errore, non la userò più.
«Ci ho pensato, e no, non è stato un errore. Se non l'avessi usata, non avrei avuto visibilità. Se io avessi detto: "Chiedo il ricambio generazionale", sarei sembrato come tutti gli altri. La sintesi è perfetta, inevitabile ma non gradevole. Il punto è rottamare non soltanto le carriere politiche, ma il sistema. Perché in Italia ogni euro che le banche mettono dentro operazioni "di sistema" - per esempio per l'Alitalia, o per salvare determinati imprenditori - è un euro che tolgono all'artigiano di Firenze o alla famiglia di Crotone? Le banche devono fare le banche. Io spero che escano dal controllo del Corriere della Sera e lascino fare a un imprenditore, chiunque sia. Se la giochi chi ha investito».

E se la classe politica non capisce il bisogno di cambiamento? Ci sarà una rivoluzione?
«Non nel senso violento del termine. Ennio Flaiano diceva: "Noi italiani vogliamo fare la rivoluzione con il permesso dei Carabinieri". E qualcosa è già cambiato. Abbiamo il Parlamento più giovane d'Europa. Era il più vecchio, ma la mia battaglia, la battaglia di tanti di noi, ha portato a un rinnovamento generazionale. Adesso servono le idee».

E se non arrivano?
«C'è una cosa che forse fa ancora più paura della rivoluzione: l'allontanamento dei cittadini. Otto milioni di italiani, pur di cambiare, hanno votato Beppe Grillo. Che cosa dovevano fare di più per dire: cambiate?».

Che cosa significa il successo di Grillo?
«La risposta demagogica e populista, che c'è in tutta Europa - è il vostro Partito dei Pirati, è Marine Le Pen in Francia -, a un certo scontento: non vogliamo più le stesse facce che ripetono gli stessi discorsi. Il messaggio è arrivato e comunque l'Italia è sul punto del cambiamento, perché l'esperienza di Berlusconi è sostanzialmente chiusa».

Sicuro? Nei sondaggi piace ancora e questo per un tedesco, di destra o di sinistra, è incomprensibile.
«Non è che i tedeschi non capiscono. Nessuno, fuori dall'Italia, capisce».

Ci spieghi lei.
«Non ho capito neanche io, ma mi sono fatto una mia idea. Berlusconi ha rappresentato per vent'anni un'idea forte di novità. Ed è stato molto bravo, in campagna elettorale, a presentarsi sempre come quello nuovo».

Nuovo in che cosa? Persino in economia, pur essendo un imprenditore, ha fatto lo statalista.
«E questa è la cosa più incredibile. Perché Berlusconi è entrato nel mondo del calcio e lo ha cambiato, in quello dell'edilizia e lo ha cambiato, in quello della Tv e lo ha cambiato. Si può discutere se in meglio o in peggio, però il cambiamento lo ha portato. Poi è entrato in politica e non ha cambiato niente».

Non ha cambiato in peggio?
«Sì, ma è stato agevolato da una sinistra subalterna. La responsabilità è di Berlusconi, però la sinistra non lo ha sfidato sul terreno della concretezza. Io dicevo: facciamo un dibattito televisivo e chiediamo a Berlusconi che cosa ha fatto per riformare la burocrazia. Ha sempre parlato di Imu da togliere, di tasse da abbassare, ma poi non le ha abbassate, anzi la pressione fiscale è aumentata. Ha detto: noi siamo contro lo Stato. Ma poi ha aumentato la spesa pubblica. In questo scenario, la sinistra lo ha contestato più come persona che non come politico. Capisco che venga naturale contestare la persona. Però la verità che bisognerebbe dire è che Berlusconi ha cambiato l'Italia molto di più con le sue Tv che con le sue leggi».

I suoi programmi hanno cambiato o instupidito l'Italia?
«Io sono abituato a non dare un giudizio etico sui miei cittadini, e credo che la sinistra debba uscire dal vizio di considerare stupidi quelli che non la votano. Un atteggiamento speculare a quello di Berlusconi, che diceva (imita il Cavaliere, ndr) "Ci sono quelli che votano per me e poi ci sono i coglioni che votano a sinistra"».

Che per lui poi sono tutti comunisti.
«Tutti. Viceversa, io ho detto: "Dobbiamo andare a prendere il voto di chi per vent'anni ha votato Berlusconi e oggi è deluso", e la sinistra mi ha attaccato: "Sei un infiltrato". Ma il non prendere il voto degli altri, alla fine, che cosa ha portato? Le larghe intese».

Che cosa intende, quando descrive la sinistra italiana come subalterna?
«È stata soprattutto una subalternità culturale. La sinistra ha avuto la puzza sotto il naso, ha pensato di essere superiore, e quindi di non aver bisogno di andarsi a riprendere voto per voto, casa per casa. Invece a me interessa anche il voto di chi ha scelto Lega o Berlusconi per una vita. Così come mi interessano gli ex di sinistra che oggi sono delusi. Diciamo la verità: Berlusconi ha vinto anche perché, quando la sinistra è stata al potere, si è divisa».

E non è neppure riuscita a varare una legge per limitare il suo potere televisivo.
«Perché, anche quando ha perso, Berlusconi ha dettato l'agenda».

Per incapacità della sinistra o per strapotere suo?
«Per incapacità della sinistra. Io sono dell'idea che, se gli altri giocano più forte di te, la colpa è tua».

Un altro mistero, visto da fuori: come fa tanta gente, di fronte all'evidenza del reato e degli scandali, a dire: «È la magistratura che perseguita Berlusconi»?
«Capisco lo stupore: come fa una persona condannata in terzo grado per evasione fiscale a rimanere in Parlamento? Io ho sempre detto: massimo garantismo. Cioè, finché Berlusconi non è condannato, per me è innocente. Ma quando sei condannato, sei condannato. Stop».

Berlusconi ha definitivamente rovinato il tasso etico in Italia?
«Sì, ma sarebbe interessante capire se lo ha abbassato lui o si è inserito in un quadro già compromesso. Berlusconi è stato il perfetto italiano. Andava alla Guardia di Finanza a dire (lo imita di nuovo, ndr): "Se le tasse sono più del 33% è giusto evadere". Attenzione: diceva una cosa che pensano in tanti. Ma se sei politico devi abbassare le tasse, non fare i discorsi. Però...».

Però?
«Però, attenzione: è comodo scaricare tutte le colpe su Berlusconi. A me fanno schifo quelli che per vent'anni gli sono stati dietro, lo hanno riverito, e adesso lo abbandonano. Gli avvoltoi non mi piacciono. E comunque basta parlare sempre di Berlusconi.
Sono vent'anni che parliamo solo di una persona. Vorrei che nei prossimi venti anni parlassimo degli altri 60 milioni di italiani. Mi sono stancato di quelli che dicono: tanto non cambieremo mai. Se pensi che non cambierà mai niente, scegli un altro mestiere. Non puoi fare politica se hai paura di cambiare».

Quando le dicono che è un Berlusconi di sinistra, lo prende come insulto o come complimento?
«Lo prendo come un tentativo di rovinare l'elemento di novità che noi vogliamo essere. Non c'è una persona da cui mi senta più diverso che da Silvio Berlusconi. Ma non giudico chi lo vota».

E se l'apprezzamento le viene da un personaggio come Flavio Briatore?
«Se Briatore la prossima volta vota per il Pd invece che per Berlusconi, sono contento. Vale per lui come per chiunque: il Pd vincerà soltanto se prenderà voti anche dagli altri schieramenti politici».

Riceve più attacchi dal suo partito o dagli altri?
«Prima dal mio, adesso mi attacca anche la destra, il Giornale di Berlusconi. Ma come i complimenti finti non aggiungono niente alla mia persona, gli insulti finti non le tolgono niente. Io ho l'ambizione di cambiare l'Italia. Se ce la facciamo bene, se non ce la facciamo almeno abbiamo combattuto una battaglia bella. Almeno non dirò ai miei figli: l'Italia è un Paese dove non è possibile cambiare. Io ci provo».

L'8 dicembre ci sono le primarie: quante chance si dà di vincere?
«Dire che sono ottimista non porta bene, ma io non sono scaramantico. Quindi mi do il 51% di possibilità».

Sarà un'elezione onesta, senza trucchi?
«Questa volta, sì».

Si sentirebbe, a 38 anni, abbastanza maturo per fare il presidente del Consiglio?
«Assolutamente sì. Ho molti difetti e limiti quindi, se la domanda è "Ti tremano le gambe?", la risposta è sì. Ma a 38 anni sei pronto per fare tutto: solo in Italia si pensa che uno alla mia età sia ancora giovane. L'età non è un problema, anzi, spero di avere una vita anche dopo la politica...».

Vuole tornare nell'agenzia di marketing di suo padre?
«Non credo. Ho mille sogni per il dopo, perché sono curioso, affamato di vita. Mi piacerebbe insegnare».

Come sua madre, come sua moglie?
«Sì, magari però all'università. Oppure diventare conduttore televisivo, che so».

Tutti le riconoscono grandi capacità di auto-marketing, soprattutto in Tv. Si è presentato ad Amici, in una delle reti di Berlusconi, con un giubbotto di pelle alla Marlon Brando. Non si è pentito di un'apparizione così piaciona?
«Assolutamente no. Questo sono io, con i miei limiti e i miei difetti. Non ho dietro geni del marketing. Quel giubbotto mi piaceva, ho pensato: o me lo metto lì o non è che me lo posso mettere in consiglio comunale».

L'ha comprato apposta?
«No! Ce l'avevo anche ieri alla partita. Al di là del giubbotto, molti mi hanno contestato la scelta di andare: Amici secondo loro non è una trasmissione da leader di sinistra. Ma la sinistra in Italia è troppo settaria: va aperta, spalancata. La sinistra pensa che comunicazione sia una parolaccia. Per me il marketing, inteso come comunicazione, è una bella parola».

Quanti follower ha su Twitter?
«Aspetti un secondo che glielo dico: 665 mila 900. E i tweet li ho sempre scritti io. Non sono un prodotto di plastica».

Come fa uno di formazione democristiana a guidare una sinistra unita?
«Dovendo scegliere tra sinistra e destra, io sto con Kennedy, Obama e Blair, non con Reagan, Bush e la Thatcher. Ma non ho fatto in tempo a stare nella Dc: non ho mai trovato il simbolo sulle schede elettorali».

Però culturalmente questa sinistra sembra lontanissima da lei, un altro pianeta.
«Che cos'è la sinistra oggi? Per me la sinistra è l'ambiente. Io a Firenze ho lanciato il piano "stop mattoni". Continuavano a costruire, anche quelli di sinistra, ho detto basta. La sinistra è un giardino per le mamme. È un ambiente a misura d'uomo. È l'investimento in cultura, sono gli asili nido. È l'innovazione tecnologica, è la digitalizzazione, è il cambiamento.
Paradossalmente la sinistra, che nel mondo dovrebbe essere futuro e innovazione, da noi è passato e conservatorismo».

Che cos'è oggi una posizione di sinistra sull'immigrazione?
«Trovo ridicola l'idea della Lega, e anche di Berlusconi, di giocare sulla paura. Della tragedia di Lampedusa mi restano in mente i morti numero 288 e 289, una mamma trovata con il neonato che aveva appena fatto, c'era ancora il cordone ombelicale, ha partorito negli ultimi minuti della sua vita. Una donna così, che rischia la vita con il suo bambino, secondo loro non viene in Italia perché c'è la Bossi-Fini? Ma che vergogna».

Ha detto: se qualcuno ha paura di me, fa bene ad aver paura, perché certe cose le cambierò davvero.
«Ma non c'è dubbio! Se gli italiani vorranno cambiare radicalmente, ci sarò io. Se invece non lo vorranno, faranno bene a non votarmi. Lo dico senza spocchia, e con un po' di sano senso dell'umorismo. Non come questi politici italiani, sempre serissimi, sempre arrabbiati...».

...e sempre a Porta a Porta: non va rottamata anche certa Tv?
«Sa qual è il vero problema dell'Italia? Non dove va il politico, ma come ci va. Il politico ci va con la scorta, con l'auto blu, con i lampeggianti. A me piace stare in mezzo alla gente. L'altro giorno dovevo andare a colazione qui vicino e sono andato a piedi, ci vogliono 10 minuti, ma ci ho messo un'ora, perche gli elettori si fermavano, facevano polemiche, critiche, complimenti. I politici devono sapere che non sono in missione per conto di Dio. Che sono persone normali, come tutti, e a un certo punto devono anche lasciare. E quando ci stanno devono dare il massimo, perché ci butti il cuore, perche l'Italia ne ha bisogno, perché tu vuoi bene a questo Paese, a questa città, alla comunità che rappresenti. Invece ci sono politici che dicono: "Lo facciamo perché è un servizio...". Ma dite la verità, per favore! Dite che è bello, che è entusiasmante, che è appassionante. Quando non è più bello, andate a fare un'altra cosa».

Ci racconta del suo incontro con la cancelliera Merkel?
«In Italia è stata accompagnata dalla polemica dei giornali di destra, quelli vicini a Berlusconi, che la vedono come responsabile della crisi italiana. Tutte le volte hanno bisogno di un alibi, di un colpevole. Perché non c'è responsabilità. L'Italia deve mettere a posto il suo debito pubblico non perché ce lo chiede la signora Merkel ma perché ce lo chiedono i nostri figli e i nostri nipoti. Ce la si può fare, e la Merkel è interessata a che l'Italia faccia bene il suo mestiere. Italia e Germania non sono l'una contro l'altra, stanno remando insieme in un mondo che cambia e che rischia di mettere l'Europa ai margini. O remiamo nella stessa direzione, o ci troveremo più deboli».

È quello che dice la Merkel.
«Poi mi piacerebbe discutere - lo fa il presidente del Consiglio, lo fanno alcuni ministri - del fatto che alcune regole dell'Europa vanno cambiate. La regola del 3% è vecchia di vent'anni e sbagliata concettualmente. Però gli italiani questo lo possono dire solo se prima dimostrano di voler cambiare le regole in casa loro. Certi giornali italiani hanno voluto far credere che la Merkel sia la capa incontrastata a cui non si può dire niente. Io invece vorrei dire: "Cara signora Merkel, insieme cambiamo le regole e facciamo dell'Europa un luogo ospitale per le prossime generazioni". Mi ha colpito molto umanamente. La sua sobrietà non c'è in Italia».

In che senso?

«Mi aveva dato appuntamento la mattina alle sei e mezzo a Berlino. Per non fare l'italiano, ero lì alle sei e venti. Sono entrato, c'era solo una segretaria. La cancelliera mi ha ricevuto alle sei e ventinove, è venuta sulla porta a prendermi. Mi ha colpito perché arrivi a Palazzo Chigi e trovi il cerimoniale, i pinguini. E invece lì è stata una cosa molto semplice, però molto di sostanza».

Ricorda la prima cosa che le ha detto?
«Mi ha chiesto come stava Mario Gomez alla Fiorentina. Pensi un po', anche questo sapeva».
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