Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

La vox populi dell'articolo precedente mi sembra complessivamente la più feroce mai letta.

Su tutte, per il momento spicca questa, che è un dubbio generale di sempre:

unbaronetto nat_brodsky • un'ora fa −
peccato che l'inferno non esiste altrimenti per quelli della chiesa solo posti in piedi
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nat_brodsky unbaronetto • un'ora fa −
Ha ragione. Non esiste nessun Inferno e i primo a esserne a conoscenza è il clero. Se solo avessero il minimo dubbio della sua esistenza, la loro vita sarebbe molto diversa!
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e poi ancora:

Koan • un'ora fa
in vaticano son tutti casta & chiesa
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cosp 54 • un'ora fa −
Se come dice il vangelo(?)...non accumulate le ricchezze terrene ecc.ecc.penso che tanti in vaticano MA NON SOLO!, non credono in Dio, lo evocano solo per loro interessi
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erding
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

M5S contro il Pd, Sorial: “Ecco il nome del lobbista che vi controlla”

Nuova bagarre nell’aula di Montecitorio dopo che i deputati del Movimento 5 Stelle hanno mostrato alcuni cartelli con su scritto “Caro Pd decido io” e la foto di Luigi Tivelli, consigliere parlamentare della Camera che i grillini definiscono “lobbista mandato per controllare l’azione del Pd”. “A decidere in Parlamento non sono i ministri, né i segretari di partito. Sono i lobbisti“, ha attaccato il deputato del M5S Giorgio Sorial intervenendo durante le dichiarazioni di voto sul disegno di legge sul bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016. “Noi oggi denunciamo questi fatti in aula e come furono cacciati i mercanti dal Tempio saranno cacciati i lobbisti”, ha aggiunto leggendo poi in aula quella che ha definito “la registrazione della telefonata di un lobbista”. “Il lobbista – ha spiegato – è Luigi Tivelli e se questo Parlamento avesse dignità lo caccerebbe”

21 dicembre 2013

(commenti 3652)

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/12/ ... la/259175/

Giorgio Sorial (M5S): "Vi svelo il nome del lobbista misterioso: è Luigi Tivelli"

http://www.youtube.com/watch?v=PfPQ-JrV51U
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Ho ascoltato l’intervento di Giorgio Sorial che mi spinge a queste considerazioni:

1) Già questa mattina ascoltando Omnibus, la convinzione che non ci fosse più niente da fare è diventata fortissima. La presenza di Formigoni e della Lanzillotta ha cementato questa convinzione.
Questa classe politica non ha più niente a che spartire con la realtà italiana. Sono ombre di morti che camminano. Le giornaliste Calessi e Fusani hanno dimostrato di caldeggiare i campi contrapposti.
Un giornalismo che non fa il suo mestiere e si schiera, senza avere un rigurgito d’orgoglio, è anch’esso un giornalismo morto che non serve al Paese.

2) Ascoltando Sorial, mi è sembrato di fare un salto indietro di almeno 57 anni. Mi sembrava di sentire una versione “moderata” di Giancarlo Pajetta. Ai tempi in cui il Pci, pur collaborando istituzionalmente con la Dc non faceva sconti a nessuno.
Questo in effetti è il ruolo dell’opposizione.
Invece ad un certo punto della storia repubblicana, maggioranza e opposizione anziché svolgere la loro funzione istituzionale si sono accordate per spartirsi la torta.
In pubblico continuiamo a scannarci mettendo in piedi un efficace teatrino per ingannare i merli.
Mentre nel retrobottega ci accordiamo per spartirci la torta.
Un boccone a me,…..un boccone a te,…..un boccone al cane,…… un boccone a me,…..un boccone a te,…..un boccone al cane,…… un boccone a me,…..un boccone a te,…..un boccone al cane,……

In questo modo prima è caduta la prima Repubblica, adesso è caduta la seconda. E per la terza non c’è più trippa per gatti.

3) L’aria della piazza non è delle migliori. Il movimento 9 dicembre è solo all’inizio.

4) La legge di stabilità di Letta licenziata oggi dalla Camera, sembra fatta apposta per far crollare definitivamente il Paese e portare in piazza migliaia e migliaia di italiani.

5) Neppure un ragazzo al primo anno di economia, e pure ciuccio, non avrebbe mai fatto quegli aumenti ad aziende e commercio, per quanto riguarda la spazzatura ed altro.
Ci sarà un’ondata di chiusure nei prossimi mesi delle aziende altamente incerte. Lavorare per pagare le tasse a questo livello non rientra nelle funzioni di un’azienda.
Alle elementari ci raccontavano di Menenio Agrippa.
Le parti attive non possono essere addette al mantenimento delle parti parassitarie. In questo caso i politici.

6) In Tv nei Tg, hanno mostrato una parte dell’intervento di Sorial, ma hanno fatto vedere anche la reazione piccata di Speranza, nei panni di un vecchio Dc dell’epoca quando veniva attaccato da Pajetta.

7) A mio parere prima o poi qualcosa deve succedere perché la vecchia casta non intende mollare nei confronti delle lobby, e nei confronti dei Poteri forti che stanno al piano superiore.

8) Le persone avvedute comprendono quando è venuto il momento di lasciare il campo. Ma essendoci in ballo interessi giganteschi la vecchia casta non intende affatto mollare.

9) La vecchia casta ha completamente tagliato i ponti con i cittadini italiani. Di conseguenza sono rapporti non più conciliabili.

10) Lo scontro sociale paventato dal Centro studi di Confindustria mi sembra inevitabile.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 145


……..Salutame a soreta - 13




Quando il discorso scivola sul futuro, gli anziani over 70 di queste parti, hanno la piena consapevolezza che la loro vita prima o poi volga al termine.

E successo anche stamani.

E allora, tutte le preoccupazioni per il futuro si concentrano sulla vita di figli e nipoti. Si preoccupano della qualità futura della loro vita. Desiderano, come fanno tutti i genitori, che sia qualitativamente una vita migliore della propria.

Alcuni di loro sono stati costretti ad abbandonare la loro terra al Sud da ragazzi per emigrare al Nord in cerca di lavoro. Hanno lavorato duramente nelle fabbriche padane per affermarsi. Ce l’hanno fatta ed è per questo che aspirano affinché la vita dei loro figli sia meno dura. E’ una legge della natura.

Però si accorgono che molto probabilmente non sarà così, sentono che forse sarà peggiore.

Si attaccano di conseguenza a tutte le speranze possibili ed immaginabili.

L’8 di dicembre in molti sono andati a votare alle primarie del Pd, e numerosi hanno votato Renzi con la recondita speranza che il sindaco di Firenze cambi lo stato delle cose.

Diventa quindi piuttosto sgradevole vedere quella speranza malriposta anche davanti all’evidenza. Non è piacevole per nessuno porre l’ultima speranza in qualcuno e poi vedere che è stato inutile.

Le delusioni in questi casi sono cocenti.

Matteo Renzi ha considerato tutto sin dall’inizio come un gioco, senza pensare alle migliaia di persone che hanno riposto l’ultima speranza in lui.

Giovanni Sartori da fiorentino si è espresso così sul sindaco:

La Zanzara su Radio 24
Un fiorentino contro un fiorentino. Il politologo Giovanni Sartori a La Zanzara su Radio 24 attacca duramente il segretario del Pd Matteo Renzi. "Non lo voterei mai - dice Sartori - perché è disposto a barattare tutto, punta a vincere e basta. Non è né di sinistra né di destra, ha solo l'ansia di arrivare al potere".

L’ansia di arrivare al potere era subito evidente al suo esordio quando si è fatto conoscere alla Leopolda I.

Nessuno senza esperienza dell’ambiente si avventurerebbe mai chiedendo subito di sedere sulla poltrona di comando della presidenza del Consiglio.

Giulio Andreotti, che dopo De Gasperi è stato senz’altro il numero uno della Democrazia cristiana, uomo di grande intelligenza politica, anche se impiegata male, molto male, ha fatto tantissima gavetta prima di diventare primo ministro. E' passato attraverso la direzione di parecchi dicasteri. Si è fatto le ossa e molta esperienza.

Poi è arrivata la nuova generazione dei superuomini, quelli che senza esperienza ministeriale hanno puntato direttamente su Palazzo Chigi.

Prima Bettino, che pur avendo alle spalle trent’anni di carriera politica si è insediato a Palazzo Chigi senza la minima esperienza ministeriale.

Continua
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

Appelli ineccepibili. Sono i destinatari sbagliati.


Un dittatore è una sciagura, un vero leader è una fortuna

di EUGENIO SCALFARI

Oppressa dai sacrifici e dalla disperazione, la gente ha perso ogni fiducia nel futuro ed è dominata dalla rabbia o schiacciata dall'indifferenza. Nel 2012 questi sentimenti erano appena avvertiti ma quest'anno e specie dall'inizio dell'autunno sono esplosi con un'intensità che aumenta ogni giorno. Siamo ancora lontani dal culmine ma indifferenza, disperazione e rabbia non sono più sentimenti individuali; sono diventati fenomeni sociali, atteggiamenti collettivi che sboccano nel bisogno di un Capo. Un Capo carismatico, un uomo della Provvidenza capace di capire, di imporsi, di guidare verso la salvezza di ciascuno e di tutti. Ha bisogno di fiducia? Sono pronti a dargliela. Chiede obbedienza? L'avrà, piena e assoluta.

L'uomo della Provvidenza non ha bisogno di conquistare il potere poiché nel momento stesso in cui viene individuato, il potere è già nelle sue mani.

Carisma e potere, fiducia e potere, obbedienza e potere: questo è lo sbocco naturale che non solo domina la gente orientando le sue emozioni, ma sta diventando anche l'obiettivo che molti intellettuali vagheggiano come la sola soluzione razionale da perseguire.

Non importa che la loro cultura sia stata finora di destra o di sinistra. L'uomo della Provvidenza supera questa classificazione, la gente che lo segue l'ha già abbandonata da un pezzo e gli intellettuali "à la page" se ne fanno un vanto.

Destra o sinistra sono diventati valori arcaici da mettere in soffitta o nelle cantine, materiale semmai di studio, ammesso che ne valga la pena. L'epoca moderna che ne fece i suoi valori dominanti è finita, il linguaggio è cambiato, il pensiero è cambiato o è del tutto assente.

Questa è al tempo stesso la diagnosi di quanto sta accadendo e la terapia risolutiva. L'ha scritto, ma non è né il solo né il primo, Ernesto Galli Della Loggia sul "Corriere della Sera" dello scorso martedì 17 con il titolo "Puntare tutto su una persona". Ne cito il passo dominante: "Non inganni il mare di discorsi sulla presunta ondata di antipolitica. È vero l'opposto: diviene ancora più forte la richiesta d'una politica nuova, sotto forma di una leadership che sappia indicare soluzioni concrete... La leadership in questione però - ecco il punto - dev'essere garantita solo da una persona, da un individuo, non da una maggioranza parlamentare o da un'anonima organizzazione di partito. Nei momenti critici delle decisioni alternative è unicamente una persona, sono le sue parole, i suoi gesti, il suo volto che hanno il potere di dare sicurezza, slancio, speranza. Nei momenti in cui tutto dipende da una scelta, allora solo la persona conta. Dietro l'ascesa di Matteo Renzi c'è un tale sentimento. Così forte tuttavia che alla più piccola smentita da parte dei fatti essa rischia di tramutarsi in un attimo nella più grande delusione e nel più totale rigetto".

Io non so se Renzi sia e voglia essere il personaggio qui così analizzato ma so con assoluta esattezza e per personale esperienza che Della Loggia ha descritto con estrema precisione Benito Mussolini e il fascismo. Non un leader, ma un dittatore del quale Bettino Craxi fu soltanto una lontana e breve copia fantasmatica e Berlusconi una farsa comica durata tuttavia vent'anni come il suo lontano predecessore.

Io ho conosciuto bene che cosa fu la dittatura mussoliniana. Nacqui che Mussolini era al potere già da due anni, studiai nelle scuole fasciste e fui educato nelle organizzazioni giovanili del Regime, dai Balilla fino ai Fascisti universitari. Il liberalismo e il socialismo risorgimentali ci furono raccontati come una pianta ormai morta per sempre; i comunisti come terroristi che volevano distruggere a suon di bombe lo Stato nazionale. Nel gennaio 1943 fui espulso dal Partito dal segretario nazionale Scorsa per un articolo che avevo scritto su "Roma Fascista", il settimanale universitario. Cominciò così il mio lungo viaggio nella ricerca d'una democrazia che fosse diversa da quella pre-fascista ed ebbi come compagni e guide in quel viaggio i libri di Francesco De Sanctis, Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Omodeo, Chabod, Eugenio Montale. So di che cosa si tratta; so che in Italia molti italiani sono succubi al fascino della demagogia d'ogni risma e pronti a evocare e obbedire all'uomo della Provvidenza. Caro Ernesto, ti conosco bene e apprezzo la tua curiosità politica. Ma questa volta l'errore che hai compiuto evocando l'uomo della Provvidenza è madornale.

Il leader non è l'uomo solo che decide da solo col rischio che i fatti gli diano torto.

Quando questo avvenisse - ed è sempre avvenuto - le rovine avevano già distrutto non solo il dittatore ma il Paese da lui soggiogato.

Il leader non è un dittatore. È un uomo intelligente e carismatico, certamente ambizioso, attorniato da uno stuolo di collaboratori che non sono cortigiani né "clientes" o lobbisti; ma il quadro dirigente con una sua visione del bene comune che si misura ogni giorno con il leader.

Il Pci lo chiamò centralismo democratico e tutti i segretari di quel partito, dal primo all'ultimo, si confrontarono e agirono in quel quadro.

Togliatti era il capo riconosciuto, Enrico Berlinguer altrettanto, ma il confronto con pareri difformi era costante e quasi quotidiano, con Amendola, Ingrao, Secchia, Macaluso, Pajetta, Napolitano, Reichlin, Terracini, Alicata, Tortorella.

La formula nella Dc era diversa ma il quadro analogo, da De Gasperi a Scelba a Fanfani a Moro a Bisaglia a De Mita. E poi c'erano anche i socialisti di Pietro Nenni e c'era Ugo La Malfa che impersonava gli ideali di Giustizia e Libertà, del Partito d'Azione, di Piero Gobetti e dei fratelli Rosselli.

I leader riassumevano il quadro ed erano loro ad esporlo e ad esporsi, ma prima il confronto era avvenuto e la soluzione non era affatto d'un uomo solo ma di un gruppo dirigente che comprendeva anche personalità rappresentative della società, economisti, operatori della "business community", sindacalisti (ricordate Di Vittorio, Trentin, Lama, Carniti e prima ancora Bruno Buozzi che fu ucciso alle Fosse Ardeatine?).

Questo fu il Paese capace di affrontare gli anni difficili. Caro Ernesto, il tuo ritratto del Paese di oggi è purtroppo esatto, ma la soluzione non è quella che tu indichi e fai propria, anzi è l'opposto e non credo sia necessario che io la ripeta qui, l'ho fatto già troppe volte. Dico soltanto che la rabbia sociale c'è, è motivata, va lenita con tutti i mezzi disponibili, ma va anche affrontata sul campo che le è proprio e questo campo è soprattutto l'Europa. Molti che si fingono esperti e non lo sono affatto sostengono che l'Europa non conta niente e che - soprattutto - l'Italia non conta niente.

Sbagliano.

L'Europa è ancora il continente più ricco del mondo e se quel continente fosse uno Stato federale, il suo peso di ricchezza, di tecnologia, di popolazione, di cultura, avrebbe il peso mondiale che gli compete.

Quanto all'Italia, a parte il fatto che è uno dei sei Paesi fondatori dai quali la Comunità europea cominciò il suo cammino, essa trascina sulle sue (nostre) spalle il debito pubblico più grande del mondo. Questo è il nostro più terribile "handicap" che ci distingue da tutti gli altri ma è, al tempo stesso, un elemento di forza enorme perché se l'Europa non ci consente di adottare una politica di crescita, di lavoro, di equità, l'Italia rischia il fallimento economico e il dilagare della rabbia sociale. Ma se questo dovesse avvenire, salterebbe l'intera economia europea insieme con noi.

L'Italia non è la Grecia né il Portogallo né l'Irlanda né l'Olanda e neppure la Spagna. Italia ed Europa si salvano insieme o insieme cadranno.

Questo Letta deve dire e batta anche il pugno sul tavolo perché questo è il momento di farlo. Lo batta sul tavolo europeo ed anche su quello italiano. E non tralasci nulla, né a Roma né a Bruxelles, che ci dia fin d'ora respiro e speranza. Faccia pagare i ricchi e gli agiati (tra i quali mi metto) e dia sollievo ai poveri, ai deboli, agli esclusi. Non si tratta di aumentare il carico fiscale; si tratta di distribuirlo. Questo è il compito dello Stato.

Ma finora - bisogna dirlo - chi chiede a Letta di alleviare il malcontento, si guarda bene di indicargli le coperture, le risorse immediatamente disponibili.

Ho grande stima di Enrico Letta e gli sono amico, ma è adesso che deve parlare e non dica che non può fare miracoli che solo i malpensanti gli chiedono. I benpensanti - che vuol dire la gente consapevole - gli chiedono di fare subito quel che può essere fatto subito. Tra l'altro, proprio in questi giorni, è stato raggiunto un accordo di grandissima importanza sull'unione bancaria: in buona parte è merito di Letta e soprattutto di Mario Draghi.
Tassare ricchi e agiati si può.

Dare una stretta all'evasione e al sommerso si può.

Votare a maggio non si può. Parlare di legge elettorale con Verdini e Brunetta non si può. Debbo spiegare perché? Ma lo sapete tutti il perché.

Quando Alessandro per vincere contro eserciti cinque volte più potenti del suo, schierava i suoi uomini a falange, c'erano soltanto i macedoni a maneggiare lancia e scudo. Brunetta e Verdini e Grillo non sono arruolabili nella falange. Strano che Renzi non lo sappia o se lo dimentichi. Può essere un buon leader e forse vincente al giusto momento, ma di errori ne fa un po' troppi e sarebbe bene che smettesse di farli. È giovane, si prepari per il futuro e intanto crei uno staff preparato, non di ragazzi che debbono ancora imparare a camminare.

Una parola tanto per concludere al capo di Confindustria, che dice di capire i forconi.

È un fatto positivo che Squinzi capisca i forconi e sono positive le richieste che fa per l'economia italiana.

Ma le imprese che rappresenta che cosa hanno fatto finora e da trent'anni a questa parte?
Il "made in Italy" ha fatto, ma è una piccola parte dell'imprenditoria italiana che comunque merita d'esser segnalata e appoggiata.

Ma il resto?

Non ha fatto nulla. Ha tolto denari alle aziende abbandonando il valore reale per dedicarsi all'economia finanziaria. Ha ristretto le basi occupazionali; ha distratto i dividendi; spesso ha evaso; spesso ha delocalizzato. Non ha inventato nuovi prodotti e ha usato i nuovi processi produttivi per diminuire gli occupati.

A me piacerebbe sapere da Squinzi che cosa ha fatto dagli anni Ottanta il nostro sistema. Poi ha tutte le ragioni per chiedere, ma prima ci documenti su che cosa i suoi associati hanno dato. Così almeno il conto tornerà in pari.

Quanto al sindacato, vale quasi lo stesso discorso. Il sindacato rappresentava una classe che da tempo non c'è più. Adesso rappresenta i pensionati. Va benissimo, i pensionati hanno diritto ad essere rappresentati e tutelati, ma poi ci sono i lavoratori, gli anziani e i giovani, gli stabili e i precari.

A me non sembra che il sindacato se ne dia carico come si deve. Ripete le stesse cose; dovrebbe cercare il nuovo.

Si sforzi, amica Camusso. Questa è l'ora e il treno, questo treno, passa solo una volta.
iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

e nel frattempo ...

L’AMICIZIA DEI RIVA (ILVA) CON I POLITICI PAGA: CASSAZIONE RESTITUISCE 8 MILIARDI SEQUESTRATI PER I LORO INADEMPIMENTI AMBIENTALI CHE STANNO CAUSANDO MIGLIAIA DI MORTI DI CANCRO.

da vecchiatalpa blog

Io non sono di quel partito per cui grida sempre al complotto. O risolve tutto addebitando alla incompetenza, alla stupidità o all'avidità o alla disonestà. Oddio , non è che non vi siano queste categorie del comportamento o dell'essere nel nostro ceto dirigente, politico o imprenditoriale. Ma non è questo la causa di tutti i nostri mali. La cosa è ancora più grave!
Altrimenti cadremmo nell'errore gravissimo del grillismo o nell'illusione che in fondo il sistema è sano , ma sono gli uomini che sbagliano. Non è così, purtroppo non è così. Che centra con la sentenza della Cassazione questo mio ragionamento? Centra in quanto da più parti a commento di questa sentenza vi è stata la reazione nella ricerca dei giudici amici dei Riva, ad eventuali complotti, a corruzione dei giudici etc etc. Vana ricerca, vana illusione. La verità è che quei giudici hanno trovato il giusto cavillo il giusto articolo di legge, hanno fatto il loro lavoro, per cui hanno restituito quel che la legge considera il mal tolto alla società Riva Fire. Perché una cosa è la legalità altro è il lecito. Una cosa è il giusto morale , etico, altro è la giustizia. Più si allontanano i due concetti sul piano pratico meno democratico è il sistema in cui si vive. Ed oggi si vive , viviamo in un sistema che qualcuno aveva definito o previsto di "totalitarismo democratico". Più la società si dirige verso un capitalismo finanziario più occorre che il sistema si indirizza verso la dominanza di un ceto dirigente di elite , di professionisti della finanza, di sovrastrutture non elette, ma nominati di esperti, lasciando però , formalmente, tutto con l'apparenze , con la veste di democraticità , ma svuotandoli di potere decisionale, reale.
La decisione quindi dei giudici della Cassazione non poteva andare nella direzione di una giustizia morale o etica, ma in quella più consona, più "compatibile" con il sistema di potere in essere. Se quei 8 miliardi fossero andati per l'inizio ( badate solo l'inizio) di una riqualificazione ambientale di quella fabbrica di morte, sottraendoli ai "formali" proprietari, avrebbero creato un precedente inaccettabile, incompatibile con le regole e gli equilibri dati. Avrebbe significato dare ragione alla vita e all'ambiente piuttosto che al profitto e alla produzione a scopo di profitto.
Questo è l'ennesimo segnale a tutti coloro che ancora sperano e combattono a Taranto ( ma anche altrove,) sperando di poter attraverso queste istituzioni compatibilizzare produzione , profitto e vita umana e dignitosa .

Finora non ho sentito commenti dei nostri esponenti politici dei vari partiti, non sanno cosa dire?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 146


……..Salutame a soreta - 14




Continua da :
……..Salutame a soreta - 13


Riprendendo Carlo Marx:

La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa

Con Bettino a 35 anni dalla caduta del fascismo è salvo il detto di Marx. Eravamo alla farsa.

Ma qui siamo in Italia, un Paese del tutto speciale rispetto al pianeta, e quindi qui si fanno le cose all’italiana. La farsa della farsa, la manda in onda Silvietto Berlusconi per un ventennio.

Anche lui senza esperienza alcuna di politica, piomba immediatamente sulla poltrona di Palazzo Chigi.

E’ il segno tangibile che gli italiani sono tutt’altro che vaccinati dal virus del fascismo.

Basta rivedersi i filmati Luce della gente che correva in Piazza Venezia dalle vie laterali per ascoltare il Duce per rendersi conto che parlando alla pancia nel Bel Paese si possono dominare le masse.

Poi, noi che siamo speciali in tutto, un ventennio berlusconiano non ci basta.

Se non ci fosse il vizietto di allargare e deviare sempre i discorsi iniziali, stamani all’edicola, avevo iniziato un approfondimento di conoscenza sociologica con un amico di un amico, rosso, rosso, rosso, che si vantava di aver votato Renzi.

L’interesse sociologico non gliel’ho nascosto. Ho premesso che ero interessato a capire perché uno che ancora oggi si dichiara komunista, di sinistra, sinistra, faccia un tifo spietato per Renzi.

<<Prima di votare Renzi – mi spiega – sono andato a leggere tutto quello che Renzi ha fatto a Firenze e mi è piaciuto>>.

L’amico, anche lui rosso, invece dichiara che anche lui ha votato Renzi, ma molto più ragionevolmente precisa non per idolatria del capo, ma perché per lui, come tantissimi “rossi” nella cittadella più rossa d’Italia aggiungo io, vedono in Renzi la speranza che cacci la classe politica del Piddì.

PER LORO, RENZI RAPPRESENTA L'ULTIMA SPERANZA.

E questo, sempre dal punto di vista sociologico è comprensibile, perché ad esempio, a febbraio, 3,5 milioni di italiani, prevalentemente di sinistra, hanno perso ogni speranza e si sono orientati altrove. In prevalenza verso Grillo, con la stessa motivazione di coloro che oggi vota Renzi.

Poi con l’arrivo di altre persone tutto è finito in vacca.

E’ un fenomeno abbastanza interessante dal punto di vista sociologico poter capire perché i più acerrimi nemici di Berlusconi e del berlusconismo si comportino allo stesso modo convinti di stare sinistra e di puntare su di un cavallo vincente.

Dal 1994 al 2009, tutti i frequentatori del Bar latteria Wilma di Via Timavo, si ricordano le memorabili litigate del sabato e della domenica tra i sinistri e i berluscones.

Era veramente un’impresa quella di cercare di fare capire chi fosse in realtà il Caimano. Non lo volevano ammettere manco morti.

Con quello che é uscito dal 2009 in avanti fino ad oggi, i devoti di San Tommaso di fronte all’evidenza hanno smesso di prendere posizioni assurde. Infatti, da 4 anni sono cessate completamente le dispute, e si può dire che da allora è un vero mortorio.

Di politica ne parlano solo quelli di sinistra, e nella migliore tradizione riescono a spaccarsi su tutto.

Non c’era bisogno del Prof. Sartori alla Zanzara, per capire cose banalmente elementari su Renzi:

………..perché è disposto a barattare tutto, punta a vincere e basta. Non è né di sinistra né di destra, ha solo l'ansia di arrivare al potere".

Ovviamente, come capita a tutti quanti, i renziani e i rossi diventati renziani per disperazione non amano guardare la realtà.

Che Renzi impersoni il nuovo Berlusconi, il nuovo Ghe pensi mi 2.0, non lo digeriscono.

Meglio non sapere, o far finta di non sapere.

Quando Renzi perde contro Bersani cambia tutto lo staff.

Via Giovanni Da Empoli che se ne è andato a Parigi, via Gori facente funzione di spin doctor, via Zingales consulente di economia, via anche la fedele portavoce, anche se è rimasta renziana.

Il ragazzino non ama perdere, esattamente come Berlusconi, quindi la colpa va allo staff e non si chiede affatto, se una buona dose di responsabilità non sia sua.

Dal profilo individuato da Sartori,ha solo l'ansia di arrivare al potere, questi tipi di personaggi che si credono superuomini (vedi Silvietto) non ammetteranno mai neppure con se stessi di essere la causa prima dell’insuccesso.

Continua in:
……..Salutame a soreta - 17
Ultima modifica di camillobenso il 23/12/2013, 19:09, modificato 2 volte in totale.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 147

Uomini contro - 20


Il Tg3 delle 19,00 inizia con un servizio sulla ribellione degli uomini in gabbia dei CIE.

E’ uno spettacolo simil nazista.

Per fortuna questo viene definito un Paese cattolico, ex komunista e antifascista.

Manca solo che la sorveglianza venga data alle SS della Lega, che li sterminerebbero molto volentieri.

Il governo ha la funzione guida del Paese, secondo il dettato costituzionale, ma gli uomini che lo compongono, da troppo tempo si sono piegati ad altro.

Hanno perso tutto, l’anima, la dignità, oltre a tutto il resto.

I cattolici in politica, come si sono sempre definiti i democristiani, sono un’autentica bufala. Meglio che si vadano a nascondere a partire da Babbo Natale Letta.

Cosa ci fanno gli uomini in gabbia?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 148


……..Salutame a soreta - 15




Immagine



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1)

DA LETTA A RENZI A FI: LA POLITICA TACE E S’INCHINA AI SALOTTI

(Marco Palombi).
21/12/2013 di triskel182
Nardi

TUTTI ZITTI NEL GIORNO IN CUI GLI SPAGNOLI VANNO AVANTI NELLA BATTAGLIA PER LA SOCIETÀ. PARLANO SOLO ZANONATO E IL PREMIER: “IL GOVERNO È NEUTRALE” (CIOÈ LASCIA FARE).

Se serviva una plastica rappresentazione di quanto la politica sia ormai gregaria rispetto agli assetti del potere economico, gli eventi hanno provveduto a fornirla giusto ieri. Mentre a Milano, infatti, si decideva il futuro della più rilevante azienda di telecomunicazioni del Paese, il mondo politico elegantemente si sfilava e lasciava fare parlando d’altro. Fino al voto dell’assemblea dei soci di Telecom Italia – con l’eccezione di Enrico Letta e Flavio Zanonato, sollecitati a parlarne dai giornalisti – non una parola compariva sulle agenzie. I più pensavano ad altro e non si sono neanche accorti della portata dell’evento, i pochi in grado di capirlo hanno preferito tacere per manifesta incapacità di incidere sulla materia o semplice convenienza. Non si sa ad esempio, nonostante qualche sollecitazione, cosa pensi Matteo Renzi dell’affaire Telecom: se cioè lo convinca il passaggio dell’azienda in mani spagnole – avallato ieri in assemblea dalla bocciatura della mozione di revoca del Cda – senza bisogno di un’offerta pubblica di acquisto che remuneri anche i piccoli azionisti. Pure l’inner circle del neosegretario del Pd, in genere così ciarliero e pieno di posizioni nette al limite della semplificazione, si rifiuta di dire alcunché e osserva la scena in vana attesa che il leader-oracolo indichi la via. Silente pure Forza Italia – che a settembre, dopo l’accordo Telco, si sbracciava chiedendo subito una relazione in Parlamento di Letta – schiacciata dall’ennesimo caso di conflitto di interesse del suo Caro Leader viste le trattative Mediaset-Telefónica sulla pay tv in Spagna (e prossimamente in Italia). Non pervenuto nemmeno il Movimento 5 Stelle, nonostante una nota contro il passaggio in mani straniere arrivata un paio di settimane fa. Questo per non citare che i tre principali partiti in Parlamento.

RESTANO IN CAMPO, dunque, il premier e il suo ministro dello Sviluppo economico, gli unici a intervenire ieri. La prima menzione va a Flavio Zanonato, titolare delle deleghe specifiche e simpaticamente inconsapevole della situazione visto che è riuscito a sostenere in due successivi interventi entrambe le parti in commedia. Prima domanda: si può fare la riforma dell’opa proposta da Massimo Mucchetti (presidente per il Pd della commissione Industria in Senato), che farebbe almeno scucire qualche soldo agli spagnoli per assumere il controllo di Telecom? “Magari – si emoziona il ministro – Sono favorevolissimo”. Passa circa un’ora e Zanonato torna sul luogo del delitto. Intervenire? Macché: “Lo Stato anni fa ha deciso di vendere questa società e adesso si tratta di garantire le cose strategiche che interessano alla sicurezza dell’informazione italiana, ma lasciare ad una società privata la facoltà di svolgere la sua attività”. Tra le due ponderate posizioni del ministro per così dire competente arrivano le parole sul tema del presidente del Consiglio: “Il governo è assolutamente in campo per garantire investimenti sulla rete ma non non per garantire un giocatore: esistono regole di mercato che vanno rispettate”. C’è però il problema della rete, che “è un asset strategico e dunque il governo vuole proteggerlo” anche “imponendo investimenti infrastrutturali” (un commissione tecnica del governo ne deciderà il livello necessario entro gennaio, ma comunque Telefónica non ha i soldi per farli). Conclude Letta: “Ho solo ribadito quanto già detto in questi mesi: Telecom Italia è una società privata ed esistono regole di mercato”.

Il problema è che la neutralità invocata dal premier – oltre a ricordare quella di Massimo D’Alema rispetto alla scalata dei “capitani coraggiosi” – è un sostanziale avallo della procedura grazie alla quale Telefónica si prenderà Telecom pagando solo i suoi soci in Telco (Generali e banche) e aggirando quel 75 per cento e più di capitale in mano agli altri azionisti. Per di più la sua petizione di principio secondo cui non si interviene in una partita in atto non tiene conto di due dati di fatto: da un lato lui e il suo governo avevano promesso più volte, chiedendo di bloccare iniziative parlamentari in tal senso, un decreto di riforma della disciplina dell’Opa (lo ha dichiarato, non smentito, Mucchetti); dall’altro non esiste una data di closing per l’accordo Telco di settembre e, di questa via, non si potrebbe mai legiferare in attesa che finisca quella partita in cui Letta è neutrale ma finisce per avvantaggiare un concorrente.

Da Il Fatto Quotidiano del 21/12/2013.

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2)

Tutto nella Roma della casta è affare e mazzetta.


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IL CASO - SOPPRESSO IN SOLI SEI GIORNI L’EMENDAMENTO DEL DEPUTATO DEL M5S FRACCARO.

Gli affitti intoccabili dei palazzi del potere
Il Senato cancella il recesso a tempo di record

Quindici anni fa la Camera stipulò senza gara una serie di contratti con la società Milano 90, che metteva a disposizione di Montecitorio quattro immobili


ROMA - «L’articolo 2-bis del decreto legge 15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137, è soppresso». Chi ancora ha il coraggio di sostenere che il nostro sistema legislativo è lento e macchinoso si dovrà ricredere davanti a questo capolavoro di Palazzo Madama. Dove è stata cancellata al volo una norma che lo stesso Senato aveva approvato sorprendentemente soltanto sei giorni prima. La cosa era passata nel silenzio generale fra le pieghe di un provvedimento battezzato «manovrina», grazie a un emendamento presentato alla Camera dal deputato del Movimento 5 Stelle Riccardo Fraccaro. Testuale: «Le amministrazioni dello Stato, le Regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali nell’ambito della propria autonomia, hanno facoltà di recedere, entro il 31 dicembre 2014, dai contratti di locazione di immobili in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il termine di preavviso per l’esercizio del diritto di recesso è stabilito in trenta giorni, anche in deroga a eventuali clausole difformi previste dal contratto».


Una bomba. Con un bersaglio preciso, come dimostra il passaggio sugli «organi costituzionali»: i palazzi Marini, quegli stabili che ospitano gli uffici dei deputati, presi in affitto con il meccanismo del «global service» dall’immobiliarista e grande allevatore di cavalli Sergio Scarpellini, munifico elargitore di contributi liberali ai partiti di destra e sinistra. È un’operazione che ha origine alla fine degli anni Novanta quando la Camera, d’accordo centrosinistra e centrodestra, decise di stipulare senza gara una serie di contratti con la società Milano 90, che metteva a disposizione di Montecitorio quattro immobili e relativi servizi. A un prezzo, oltre 500 euro annui al metro quadrato, tale da ripagare abbondantemente i mutui bancari contratti dal privato per acquistare le mura. Fatto sta che la Camera avrebbe speso in 18 anni ben 444 milioni solo per i canoni d’affitto, senza ritrovarsi in tasca un solo mattone. Una vicenda divenuta ben presto l’emblema degli sprechi del Palazzo, contro cui si erano scagliati a ripetizione con interrogazioni e denunce pubbliche i radicali. Ma inutilmente. Come inutili si erano rivelati i mal di pancia avvertiti da molti parlamentari consapevoli dell’abnormità della storia. A tutti era stato risposto che non c’era niente da fare: i contratti andavano rispettati e amen. Dopo molti sforzi si era riusciti a disdettarne almeno uno.

E l’emendamento Fraccaro, divenuto legge il 13 dicembre scorso a Palazzo Madama con l’approvazione senza modifiche della «manovrina» uscita da Montecitorio, avrebbe fatto cadere tutti gli ostacoli per la rescissione degli altri tre, che pesano sulle casse pubbliche 26 milioni per i soli canoni. Se però il giovedì seguente non fosse stato recapitato in Senato nella leggina di conversione di un decreto sulle «misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali», un provvidenziale emendamento che sopprime quella disposizione passata sempre al Senato il venerdì precedente. Modifica prontamente approvata dalla maggioranza senza battere ciglio: con qualche voto in più, sembra, rispetto a quelli prevedibili. La battaglia si sposta adesso alla Camera, dove Fraccaro riproporrà tale e quale la norma bocciata. Ma intanto il segnale arrivato dalle Larghe intese, per paradosso proprio mentre Matteo Renzi, il nuovo segretario del Pd loro principale azionista dichiara pubblicamente guerra ai costi della politica, si può interpretare in modo inequivocabile: gli affitti dei palazzi del potere non si toccano. Altra motivazione non ci sarebbe. E l’impronta digitale della maggioranza, del resto, è facilmente riconoscibile.


L’emendamento porta la firma della relatrice del provvedimento, circostanza che qualifica l’emendamento come iniziativa non personale. Ma essendo la senatrice del Pd Magda Zanoni esperta di contabilità statale, visto che il suo curriculum la qualifica come «consulente di bilanci pubblici», certo non ne può ignorare le conseguenze. E cioè che oltre a mettere in pericolo i contratti blindati e dorati dei palazzi Marini, quella perfida norma grillina consentirebbe a molte amministrazioni di liberarsi di onerosi contratti incautamente sottoscritti senza clausola di recesso: è appena il caso di ricordare che spendiamo circa 12 miliardi l’anno per gli affitti degli uffici pubblici. Chissà perché nessuno ci aveva pensato prima.


21 dicembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sergio Rizzo

http://www.corriere.it/politica/13_dice ... 4e4c.shtml
Ultima modifica di camillobenso il 22/12/2013, 20:21, modificato 3 volte in totale.
iospero
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Iscritto il: 24/02/2012, 18:16

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

Tornando all'Ilva di Ta al disastro ambientale e ai morti accertati di tumore come conseguenza provata
credo che non si possa cavarsela così con una sentenza della Cassazione che assolve i Riva.
A questo punto o sono colpevoli i parlamentari che non sono capaci di fare delle leggi chuare o sbagliano i giudici della Cassazione, il reato c'è , ci saranno i colpevoli.
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