Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Sfascisti - 163


2014 a schede

Scheda – 1 – La priorità assoluta del 2014 è la ripresa economica e il lavoro, lavoro, lavoro.

1 -2 - 26 dicembre 2013


Ghe pensi mi 2.0

Un, due, tre pronti via.


Immagino che per Renzi sia un grandissima soddisfazione essere eletto grazie ai voti della sinistra per fare politiche di destra.

Immagino che lo sarebbero anche i sinistri quel giorno che ottenessero una grande maggioranza alle urne con i voti della destra, per fare una politica di sinistra.

Trombare gli avversari da sempre grande soddisfazione in questo contesto.





Vi piace il Renzi che asfalta l’articolo 18?
di Pierfranco Pellizzetti | 24 dicembre 2013Commenti (831)


Vi è piaciuto il Renzitriciclo? E adesso godetevelo mentre pedala.

Siamo ormai così mitridizzati da vent’anni di fanfaluche reazionarie che abbiamo smarrito perfino l’energia per reazioni minime.

Sicché quando Renzi-nuovo-che-avanza collega l’occupabilità alla precarizzazione (la cervellotica equazione per cui i giovani non sarebbero assunti vigente l’ombrellino malandato dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori), non abbiamo neppure voglia di stare lì a ripetere quanto già si disse a Mario Monti e prima ancora a Silvio Berlusconi in coppia con l’allora presidente di Confindustria Antonio pazzariello D’Amato: mettere in alternativa diritto al lavoro e diritti del lavoro è quanto di più bieco si possa immaginare (nel lessico a tormentone del neo segretario PD, “fare”).

Ma è anche una mossa al tempo furba e stupida. Furba perché manda un segnale alle categorie di cui si cerca il consenso: io sono dalla vostra parte. Dalla parte di questi ceti imprenditorial-manageriali cui si assicura la tutela dell’unico modo di fare impresa alla loro portata: la tecnica bastone/carota.

Stupida perché non inverte la caduta libera nel declino del nostro sistema d’impresa che non riesce da decenni a immettere sul mercato prodotti che suscitino interesse e relative richieste, limitandosi a ricicciare sempre la stessa gamma di beni (del resto copiabilissimi e stracopiati), limitata ai prodotti per la persona e per la casa.

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Tanto che lo stesso attuale presidente di Confindustria Giorgio Squinzi a suo tempo aveva dichiarato che «la licenziabilità dei dipendenti è l’ultimo dei nostri problemi».
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Ma ora il leader della categoria e di Mapei annusa lo spirito dei tempi e si imbarca sullo stracolmo risciò renziano, dichiarando esattamente il contrario.

Lo spirito dei tempi di perdurante clima reazionario, per cui il solito finanziere di fede renziana spiega dalla Gruber che il male oscuro italiano è rappresentato da quei nababbi di colletti blu ipergarantiti (con il loro migliaio di euro nella busta paga) che vampirizzano i non garantiti. L’ennesima variazione sul tema della mistificazione terroristica della guerra degli ultimi contro i penultimi. Così nessuno si accorge che i primi stanno espropriando il resto del Paese.

In passato ci avevano provato con la mascalzonata di mettere i padri (occupati) contro i figli (inoccupati); ma poi i diretti interessati si accorsero di essere entrambi nell’identica condizione di precarizzati.

Ci mette del suo l’imprenditore all’orecchio di Renzi, l’Oscar Farinetti esperto di ricette gastronomiche che si cimenta in quelle economiche: «il lavoro garantito per chi non ha voglia di lavorare è un delitto».

Insomma, come scriveva Norma Rangeri su il Manifesto, «secondo lui la tutela dal licenziamento illegittimo andrebbe abolita perché in realtà l’articolo 18 è solo un grande scudo dietro il quale si ammassa l’esercito dei fannulloni».

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Questo è il grande esperto del lavoro, su cui il quotidiano comunista adombra il sospetto di perquisizioni corporali ai dipendenti per verificare che non abbiano in tasca una fetta di prosciutto… Queste sono le idee, questo il nuovo: roba scaduta da almeno vent’anni, quando Tony Blair svendette gli operai inglesi e la Sinistra tutta ai circoli finanziari (traendone non pochi vantaggi, politici e non).
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Ci sarebbe un’alternativa? Certo che si. Fermo restando che la tragedia sociale in atto richiede misure tampone per bloccare temporaneamente la catastrofe. Per poi partire – però – con azioni che rimuovano le ragioni intrinseche di tale catastrofe, non rimosse dalle manovre congiunturali: avviare – come nei Paesi dell’Occidente avanzato – politiche industriali che riqualifichino le nostre specializzazioni riposizionandole in settori a maggiore tasso di competitività e compatibili con i livelli remunerativi/occupazionali di una grande democrazia. Su due piani: un collegamento organico pianificato tra comunità della ricerca e comunità d’impresa per valorizzare antiche e nuove competenze (ad esempio dalla meccatronica cara a Sylos Labini alla robotica e all’infomobilità); un’accompagnamento all’imprenditorializzazione per settori attualmente afflitti da logiche di rendita parassitaria, in primis il turismo.


Altri lo hanno già fatto, dalla Finlandia alla Danimarca (per lasciar stare la solita Germania). Soltanto che ci vorrebbe una forte tensione innovativa reale, che i giovani conservatori alla Renzi e Letta non coltivano proprio, inseguendo l’apprezzamento dei ricchi e dell’establishment.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12 ... 18/824616/
camillobenso
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2014 a schede


Scheda – 5 – I conflitti interni al Bel Paese

5 -1 - 26 dicembre 2013



IL CENTRO STUDI DELL’ASSOCIAZIONE «QUASI QUARANTA MILA PARTECIPAZIONI»
Confindustria: stop al «capitalismo pubblico»
Costa alla collettività l’1,4% del Pil: 23 miliardi

L’associazione degli industriali: proliferazione di enti improduttivi, il Paese non può permettersi sprechi


Il «capitalismo pubblico» costa quasi 23 miliardi allo Stato, circa l’1,4% del Pil, un «peso che l’Italia non può piu permettersi». Lo rileva il centro studi di Confindustria, secondo cui sono circa 40 mila le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche in quasi 8 mila organismi esterni. «Gran parte di questi organismi sono nati, a livello locale, per aggirare i vincoli di finanza pubblica - sostiene Confindustria - in particolare il patto di stabilità interno, e come strumento per mantenere il consenso politico attraverso l’elargizione di posti di lavoro». Secondo l’associazione degli industriali «sarebbe prioritario dismettere gli enti o comunque azzerare i costi per le pubbliche amministrazioni di quegli organismi che non producono servizi di interesse generale.

ONERI ASTRONOMICI - Il Centro studi di Confindustria cita la banca dati Consoc, istituita presso il Ministero per la Pubblica Amministrazione, e rileva che «nel 2012, erano 39.997 le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche in 7.712 organismi esterni. L’onere complessivo sostenuto dalle Pubbliche amministrazioni per il mantenimento di questi organismi è stato pari complessivamente a 22,7 miliardi, circa l’1,4% del Pil.
Si tratta di cifre consistenti che meritano attenzione.

PATTO (INFRANTO) DI STABILITÀ- Infatti, gran parte di questi organismi sono nati, a livello locale, per aggirare i vincoli di finanza pubblica, in particolare il patto di stabilità interno, e come strumento per mantenere il consenso politico attraverso l’elargizione di posti di lavoro». «Naturalmente non tutti gli organismi rispondono a queste logiche - aggiunge il rapporto di viale dell’Astronomia - di certo, però, il modo e l’intensità con cui il fenomeno si è sviluppato confermano l’anomalia». (

UN TERZO IN ROSSO - Secondo l’associazione, «In generale, sarebbe prioritario dismettere gli enti o comunque azzerare i costi per le pubbliche amministrazioni di quegli organismi che non producono servizi di interesse generale». Quanto alla produttività di questi enti, il centro studi di Confindustria incrocia una serie di dati e rileva che «oltre la metà degli organismi non sembra svolgere attività di interesse generale, pur assorbendo nel 2012 il 50% degli oneri sostenuti per le partecipate: circa 11 miliardi di euro.
Più in generale, considerando anche gli organismi che producono servizi di interesse generale, oltre un terzo delle partecipate ha registrato perdite nel 2012, e ciò ha comportato per la Pubblica amministrazione un onere stimabile in circa 4 miliardi». «Il 7% degli organismi partecipati ha registrato perdite negli ultimi tre anni consecutivamente con un onere a carico del bilancio pubblico che è stato pari a circa 1,8 miliardi. Sono numeri straordinari che il Paese non può permettersi».

26 dicembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazione Online

http://www.corriere.it/economia/13_dice ... ab1b.shtml
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Scheda – 6 – I rincari

6 -1 - 26 dicembre 2013



La Stampa
23/12/2013
Rincari a Natale per i carburanti

ANSA
Inarrestabile il Gpl la cui “punta” massima sfonda il muro dei 0,915 euro/litro

http://www.lastampa.it/2013/12/23/econo ... agina.html

****

26/12/2013
La manovra colpisce snack e caffè
Da gennaio prezzi aumentati del 6%


Nel 2014 sarà possibile adeguare i listini con l’Iva al 10%. La novità riguarda i distributori collocati in ospedali, caserme, uffici e scuole

http://www.lastampa.it/2013/12/26/econo ... agina.html

****

26/12/2013
Lettere e raccomandate verso il rincaro
C’è il via libera all’aumento dei prezzi


Il costo per la spedizione potrà passare da 70 centesimi a 95 entro il 2016. Per la soluzione tracciata fino a 5,40 euro. L’incremento dovrà essere graduale

http://www.lastampa.it/2013/12/26/econo ... agina.html
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Scheda – 6 – I rincari


6 - 2 - 27 dicembre 2013

Il Fatto Quotidiano – Tg7 ore 20,00
Energia +0,7% nel 2014
per coprire gli incentivi
ad aziende manifattura
http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-conte ... jpg?adf349
L'annuncio della Autorità per l'energia: il rincaro (4 euro l'anno) da una nuova componente in bolletta. Consumatori: in arrivo stangata da 1384 euro a famiglia

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12 ... se/826195/

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6 -1 - 27 dicembre 2013



La Stampa
23/12/2013
Rincari a Natale per i carburanti

ANSA
Inarrestabile il Gpl la cui “punta” massima sfonda il muro dei 0,915 euro/litro

http://www.lastampa.it/2013/12/23/econo ... agina.html

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26/12/2013
La manovra colpisce snack e caffè
Da gennaio prezzi aumentati del 6%


Nel 2014 sarà possibile adeguare i listini con l’Iva al 10%. La novità riguarda i distributori collocati in ospedali, caserme, uffici e scuole

http://www.lastampa.it/2013/12/26/econo ... agina.html

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26/12/2013
Lettere e raccomandate verso il rincaro
C’è il via libera all’aumento dei prezzi


Il costo per la spedizione potrà passare da 70 centesimi a 95 entro il 2016. Per la soluzione tracciata fino a 5,40 euro. L’incremento dovrà essere graduale

http://www.lastampa.it/2013/12/26/econo ... agina.html
Ultima modifica di camillobenso il 27/12/2013, 21:09, modificato 1 volta in totale.
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Scheda –7 - Comédie italienne

7 - 1 - 27 dicembre 2013


Governo-Colle, la ‘Comédie italienne’
di Antonio Padellaro | 27 dicembre 2013
Commenti (165)


La comédie italienne più dignitosa è la protesta del regista Maggiulli contro i cancelli dell’Eliseo, mentre è solo indecorosa la ridicola commedia dei decreti natalizi affondati e resuscitati dal Colle per salvare il patetico governo del Letta nipote.

SalvaRoma e Milleproroghe, nomi più che altro da cinepanettone, nascondono il solito marchettificio di Capodanno, pioggia di soldi per le fameliche clientele bianche, rosse, verdi, per dirla con l’affittaCamere Scarpellini che riscuote sontuose pigioni e precisa pignolo di aver “pagato tutti”.

Insomma, una partita di giro o se si preferisce, un nesso di causa ed effetto. SalvaRoma potrebbe essere anche un film pasoliniano, ma più adatto sarebbe Porcile, a osservare le foto con i rosei maialini che grufolano tra i rifiuti di una Capitale che così ridotta non la salva più nessuno.

E cos’è il Milleproroghese non l’autobiografia di una Repubblica fondata sul differire, dilazionare e protrarre? Ma questo è solo colore perché la sostanza è una maggioranza a tal punto sfibrata e spompata che non riesce neppure a farsi gli affari suoi.

C’è la fuga degli onorevoli verso il cenone e poi ci sono quei rompiscatole dei Cinquestelle che ficcano il naso dove non dovrebbero.

È vilipendio se immaginiamo che Letta abbia portato al Quirinale il rischio della bocciatura in extremis del SalvaRoma e che l’augusto suggerimento sia stato di cambiare nome e qualche connotato al decreto (come il finto ambasciatore del Catonga spalmato di lucido nero in Tototruffa ’62) così da rosicchiare altri sessanta giorni di tempo?
http://www.youtube.com/watch?v=Uy_DfxvTwLg

La comédie italienne può continuare all’infinito tra mille imbrogli e sotterfugi se una mano pietosa e consapevole non provvederà a concordare rapidamente con chi ci sta uno straccio di legge elettorale per poi andare subito al voto. È chiaro che la mossa spetta a Matteo Renzi se non vuole finire nella palude stigia delle attese inutili. E se altri moniti si alzeranno, si turi le orecchie e proceda.

Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2013
cielo 70
Messaggi: 522
Iscritto il: 18/03/2012, 10:43

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da cielo 70 »

Mi domando com'è che un regista italiano va a rompere a Hollande solo perché non finanzia un'impresa cinematografica evidentemente delocalizzata. E non credo che risenta così tanto della crisi se può distruggere l'auto.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Sfascisti - 168


2014 a schede


Scheda – 4 – Il secondo governo di Babbo Natale

4 - 2 - 27 dicembre 2013



Ma veramente qualcuno crede ancora alle favole, quelle con la fata turchina od il prence azzurro che arriva all’ultimo minuto e salva la situazione e “vissero tutti felici e contenti?”

Il secondo governo Letta ha ottenuto la fiducia solo l’11 dicembre scorso, dopo otto mesi da incubo mai visti nella storia della Repubblica solo per via dell’Imu, e il 27 dicembre poteva anche cadere se non si fosse reso complice Napolitano.

Ma qualcuno può credere veramente in tutta onestà che questo governo possa impostare le riforme che sbandiera di voler attuare?

Dopo Letta non si vede proprio niente nel panorama politico italiano.

A destra non c’è nessuno che possa prendere in mano la situazione. NCD è allo sbando, non hanno peso e strategia all’interno del governo. Cicchitto urla: “ Sono qui a fare il coglione tra i coglioni”.

E se ne accorge adesso???

Forza Italia è pure allo sbando.

Il Caimano crede di poter risorgere con il giovanilismo cambiando le facce logore del suo decaduto staff.

Ed anche qui bisogna ricorrere a Carlo Marx : “La storia si ripete, la prima volta in tragedia, la seconda in farsa”. Una perenne farsa.

Monti è in partenza per l’Ue, Casini è parcheggiato al museo delle cere di madame Trussauds. Meglio così.

Spero non si pensi a Renzie – Fonzie, Ghe pensi mi 2.0.

Finché gioca a fare il segretario del Piddì, ci può anche stare, sono tutte cose interne al partito democristiano. Giocare allo stesso modo con l’intero Paese è solo una sciagura.

Pensare come ha fregato la sinistra fa venire i brividi. Questa sera è andato in onda al posto della Gruber un replay di Crozza nel Paese delle Meraviglie. Abbiamo rivisto il filmato di Renzie alla tastiera del computer che scrive più veloce di Superman. Un’altra trovata “geniale” dei suoi spin doctor esperti di marketing per conquistare il pubblico sgiovane e quello anziano alle primarie.
Vedete come è bravo al computer, è superveloce,……..è l’uomo giusto che fa per noi….”


L’ultima trovata pubblicitaria mai vista prima. Nessun politico si era mai presentato al pubblico non guardandolo in faccia e nascondendosi dietro una tastiere e un video che non riportava cosa stava scrivendo il furbetto Renzie.

Poi una volta eletto ti tira fuori lo Job act, che piace a Brunetta, ad Alfano, alla Confindustria, a Squinzi che ne approfitta della cancellazione dell’articolo 18, e indispone i pochi globuli rossi rimasti nel Pd, che a differenza del “compagno” Farinetti, non credono che l’articolo 18 serva solo per proteggere i fannulloni.

Maldestramente, con la scusa dei fannulloni, che pure esistono, i diritti li vogliono cancellare a tutti quanti, anche a chi fannullone non è e nei posti di lavoro fa il suo dovere. Se non fosse stato così l’Italia non sarebbe diventata l’ottava potenza economica mondiale e non sarebbe stata invitata ai G8.

Quello di Ghe pensi mi 2.0 è solo un documento pensato per piacere alla classe imprenditoriale. Il solito messaggio camaleontico dei gattopardi che si affacciano al potere.

Non vi preoccupate, lavorerò per voi. Il mio guardare a sinistra è solo una finzione per i soliti merli.

Finché abboccano è grasso che cola.

In quel documento, o come bozza di documento come dicono i renziani, che ancora una volta si piegano a tutte le vecchie furberie del passato e alle nuove degli spin doctor renziani, facendo uscire una bozza in anticipo, sentire cosa dice la pancia della gente e alla fine stendere un atto finale nei primi giorni di gennaio nella direzione del Pd che si svolgerà a Firenze, adattandolo secondo gli interessi più proficui del sindaco di Firenze.

In quel documento non c’è assolutamente niente che possa far ripartire l’economia da dopo guerra, come l’ha definita di recente l’ufficio studi di Confindustria.

Se conoscesse la storia, Ghe pensi mi 2.0 saprebbe che l’Italia rasa al suolo nel ’45 – ’47, è ripartita anche e soprattutto grazie al Piano Marshall divenuto operativo nel 1948.

Il diritto alla speranza è un sacrosanto diritto individuale, ma il diritto a non essere fatti fessi per l’eternità è un diritto di ordine superiore, solo perché coinvolge 60 milioni di esseri umani.

Rinnovo, quindi, a pochi giorni dalla fine del 2013, la solita domanda:

Da questo grandissimo casino COME SE NE VIENE FUORI?



1. SI POTEVA RISCHIARE UNA CRISI DI GOVERNO IL 27 DICEMBRE, SAPENDO CHE I GRILLINI SAREBBERO STATI TUTTI PRESENTI E CHE I RENZIANI ERANO CONTRARI ALLE MARCHETTE A PIOGGIA INSERITE NEL DECRETO SALVA-ROMA? AL DI LÀ DELLE VERSIONI UFFICIALI (“MOTU PROPRIO” DEL QUIRINALE), MOLTO PROBABILMENTE È STATO LETTANIPOTE STESSO A CHIEDERE AIUTO A RE GIORGIO PERCHÉ GLI EVITASSE, IN CAMBIO DELLA PICCOLA UMILIAZIONE DI FAR SPARIRE UN DECRETO SUL QUALE IL GOVERNINO DI MEZZE INTESE AVEVA GIÀ INCASSATO UN VOTO DI FIDUCIA, LO SMACCO DI UNA CADUTA ROVINOSA TRA NATALE E CAPODANNO –

2. SESSIONE DI BILANCIO CHE, A QUESTO PUNTO, VIENE DI FATTO ALLUNGATA DI ALTRI DUE MESI CON LA SCUSA DEL DECRETO MILLEPROROGHE, RENDENDO SOSTANZIALMENTE IMPOSSIBILE LAVORARE ALLA RIFORMA DELLA LEGGE ELETTORALE PRIMA DI MARZO. CON TANTI SALUTI A RENZIE E ALLA SUA VOGLIA DI DETTARE DA SUBITO L’AGENDA POLITICA -


a cura di colin ward (Special guest: Pippo il Patriota)

1. PALLA LUNGA E VIVACCHIARE
Si poteva rischiare una crisi di governo il 27 dicembre, sapendo che i deputati Cinque stelle sarebbero stati tutti presenti e che i renziani erano contrari alle marchette a pioggia inserite nel decreto Salva-Roma?
Al di là delle versioni ufficiali ("motu proprio" del Quirinale), molto probabilmente è stato Lettanipote stesso a chiedere aiuto a Re Giorgio perché gli evitasse, in cambio della piccola umiliazione di far sparire un decreto sul quale il governino di Mezze Intese aveva già incassato un voto di fiducia, lo smacco di una caduta rovinosa tra Natale e Capodanno al termine della sessione di bilancio.

Sessione di bilancio che, a questo punto, viene di fatto allungata di altri due mesi con la scusa del decreto Milleproroghe, rendendo sostanzialmente impossibile lavorare alla riforma della legge elettorale prima di marzo. Con tanti saluti a Renzie e alla sua voglia di dettare da subito l'agenda politica.

Sta tutto in questo ennesimo slittamento il piccolo capolavoro di un governicchio che si finge uno scolaretto pasticcione e si fa ordinare dal Maestro Bellanapoli di stare seduto sui banchi a rifare i compiti per un intero bimestre, che è quanto dura un decreto legge.

C'è poi un altro particolare bizzarro di questa recita di Natale che i giornalini evitano di sottolineare ma che si coglie a occhio nudo: di fatto, non abbiamo più un ministro dell'Economia. Il Salva-Roma era stato affidato al povero Paccomanni - ed è andata come è andata - ma la preparazione del Milleproroghe toccherà direttamente ai tecnici di Palazzo Chigi, sotto la supervisione di Lettanipote e Alfanayev. Forse nessuno gliel'ha chieste, ma possiamo immaginare che se Er Gelatina offrisse le dimissioni, né Re Giorgio né Aspenio Letta si dannerebbero per fargliele ritirare.

2. LO SCARICABARILE SUL SALVA-ROMA
Dunque oggi il governo ritirerà il Salva-Roma e provvederà a un travaso selettivo di norme urgenti nell'altro decreto di fine anno che il Consiglio dei ministri varerà in giornata. Non ci sarà il pacchetto di norme sulla casa (Tasi e mini-Imu), mentre ci saranno quasi certamente le disposizioni di legge per salvare i bilanci di Roma e Venezia e la proroga di un altro anno del divieto di incrocio tra stampa e tv.

Ma come si è arrivati all'incredibile spettacolo di un governo che si rimangia un decreto già approvato in Senato e sul quale aveva ottenuto la fiducia alla Camera? Su questo, i giornali vanno in ordine sparso e secondo le rispettive simpatie. Repubblica sposta l'attenzione: "Alta tensione tra governo e Senato per il pasticcio sul salva-Roma. Il premier irritato con Grasso: doveva cassare gli emendamenti che non c'entravano niente con lo spirito della legge".

Ma poi, il giornale diretto da Eziolo Mauro non può fare a meno di notare che "il Quirinale ha dato una lezione a Palazzo Chigi che, ponendo la fiducia, si è assunto la responsabilità del testo finale" (p. 3)

Il Corriere della Stabilità (bancaria) ne approfitta per riposizionarsi un po' su Renzie e spedisce un preavviso di licenziamento alla corte dei miracoli presieduta da Lettanipote. Lo firma direttamente don Flebuccio de Bortoli, che sottolinea in prima pagina la "pessima figura dell'esecutivo Letta" sul Salva-Roma, figura che "rischia di essere ripetuta con il Milleproroghe".

Per il direttore del giornalone di via Solferino, l'ultima occasione "per un colpo d'ala" è costituito dal contratto di governo caro al Rottam'attore, nel quale ci si dovrebbe occupare di "poche cose, importanti per la funzionalità del processo decisionale del Paese, per il lavoro, le famiglie e le imprese".
Il capolavoro dell'editoriale di don Flebuccio è che riesce nella raffinatezza di non citare Renzie. L'opera di riallineamento è completata con i due pezzi a pagina 5: "Renzi vuole il controllo degli emendamenti. ‘Sul decreto gestione assurda'" e "Letta accetta lo stop del Colle: serviva un segnale di ordine. Palazzo Chigi: ‘Non dovrà più succedere'. Doppio binario su riforme e ‘agenda': incontri informali con leader e capigruppo".

La Stampa dei Lingotti in fuga parla di una "legge obbrobrio" giustamente stoppata da Re Giorgio ("nessuno lo accusi, please, di avere esorbitato dai propri poteri", p. 1) e sostiene che "alcuni ministri erano informati della possibilità di un ripensamento" viste le crescenti perplessità del Quirinale. Insomma, nessuno choc. Tutto più o meno previsto. Sarà. Non si nasconde dietro un dito, invece, il Messaggero, che titola a tutta prima: "Il pasticcio del salva-Roma". E poi ammolla un retroscena tremendo contro l'autostima di Aspenio Letta: "Altolà di Renzi per la ‘porcata'. Letta fa autocritica: ho agito tardi. Sabato 21 il neosegretario aveva invitato a ritirare il testo. Il governo: impossibile. Napolitano non ha accettato di firmare il provvedimento in versione stravolta" (p. 3).

Il Cetriolo Quotidiano fa notare che "per il Quirinale meglio un Letta umiliato che sfiduciato" e ricorda che "prima di Natale più volte la maggioranza stava per finire sotto o trovarsi senza il numero legale su Province e Stabilità" (p. 2). Ancora più esplicito il Giornale: "Il Salva Roma è un salva Letta. Ecco perché è slittato il decreto. Inserire nel mille proroghe il provvedimento per la Capitale consente di congelare i rischi di una finestra elettorale prima del voto europeo. E così le riforme slittano..." (p. 3).




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Scheda – 4 – Il secondo governo di Babbo Natale

4 - 1 - 26 dicembre 2013



24 DIC 2013 19:16
SOTTO L’ALBERO, LETTA HA PERSO LA FACCIA: NAPOLITANO GLI BLOCCA IL DECRETO MILLEPROROGHE, DETTO DELLE “MILLE-MARCHETTE” - TUTTA BENZINA PER LA CORSA DI RENZI VERSO IL VOTO


Liberoquotidiano.it

Stop alle marchette di governo. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, ha fatto sapere nel pomeriggio di martedì 24 dicembre ai presidenti di Camera e Senato che il governo intende rinunciare alla conversione del cosiddetto decreto "salva Roma", in scadenza il 30 dicembre.

Così il decreto milleproroghe che verrà approvato dal Consiglio dei ministri del 27 dicembre, viene precisato in una nota di Palazzo Chigi, inciderà sulle "sole situazioni indifferibili, a cominciare dalle norme sulla base delle quali il Comune di Roma ha approvato il proprio bilancio". Sempre nel milleproroghe, conclude la nota, "sarà contenuta la correzione annunciata in Parlamento, alla norma relativa agli affitti di immobili da parte della pubblica amministrazione".

Lo zampino del Colle - Fuori dal comunicato ufficiale, fonti del governo chiariscono che la marcia indietro sul salva-Roma è maturata dopo un consulto tra il premier Letta e Giorgio Napolitano. Il Capo dello Stato comanda, il presidente del Consiglio esegue (per fortuna, in questo caso).

Nel corso del colloquio tra i due, Re Giorgio ha espresso forti perplessità sul testo e sui troppi emendamenti che in Parlamento avevano mutato il dl che aveva originariamente firmato. Nei giorni scorsi, il decreto era stato al centro di un durissimo scontro parlamentare, al termine del quale l'esecutivo aveva posto la fiducia.

In particolare, il testo era finito nel mirino di Lega Nord e Movimento 5 Stelle che minacciavano ostruzionismo (il passaggio più contestato era quello che impediva alle "amministrazioni dello Stato, le Regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali" di disdire contratti di affitto anche se troppo onerosi per i bilanci).

Anche Forza Italia aveva contestato il salva-Roma, una sorta di calderone zeppo di provvedimento e "marchette" di ogni tipo.
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

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2014 a schede


Scheda – 4 – Il secondo governo di Babbo Natale

4 - 2 - 27 dicembre 2013

Quadro rispondente purtroppo alla realtà.

Manca un componente che lo rende, se possibile, ancora più fosco: l'ex-comico nazionale.

Spero non si pensi a lui come possibile alternativa.
erding
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

Democrazia impotente

Gaetano Azzariti, 27.12.2013

Obtorto Colle. Il parlamento preso a schiaffi, la democrazia senza difese



Oggi il Par­la­mento in Ita­lia non conta più nulla e non rie­sce a far nulla, con­ti­nua a pren­dere schiaffi senza che nes­suno se ne lamenti, nep­pure i diretti inte­res­sati. Schiac­ciate dal peso del soste­gno a un governo privo di un coe­rente indi­rizzo poli­tico, tenute in vita arti­fi­cial­mente, in attesa di una pre­si­denza di turno euro­pea, di impro­ba­bili riforme isti­tu­zio­nali e dello sta­bi­liz­zarsi del qua­dro poli­tico ter­re­mo­tato dopo le ultime ele­zioni, la per­dita di auto­no­mia delle camere è totale. Lo ave­vamo già segna­lato su que­ste pagine, ma vale la pena ricor­darlo: da che è ini­ziata que­sta legi­sla­tura le camere non sono riu­scite a eser­ci­tare nes­suno dei loro prin­ci­piali com­piti isti­tu­zio­nali.
Quello costi­tu­zio­nal­mente più deli­cato di ele­zione del capo dello stato s’è con­cluso con un incre­di­bile e diso­no­re­vole nulla di fatto. La scelta di con­fer­mare il vec­chio pre­si­dente, a seguito dell’accertata inca­pa­cità di eleg­gerne uno nuovo (Marini, Rodotà o Prodi che fosse), ha costi­tuito un’esplicita dichia­ra­zione di impo­tenza. Con­di­zione di ina­de­gua­tezza resa ancora più evi­dente dal discorso di re-insediamento di Napo­li­tano dinanzi alle Camere riu­nite, il quale non ha man­cato di richia­mare le debo­lezze dell’attuale sistema politico-parlamentare, men­tre i par­la­men­tari applau­di­vano.
Per non par­lare dell’incapacità mani­fe­sta di for­mare un governo dalle chiare con­no­ta­zioni poli­ti­che e di indi­vi­duare una mag­gio­ranza defi­nita. Fosse stata anche la neces­sità– o più pro­ba­bil­mente le sol­le­ci­ta­zioni pre­si­den­ziali da un lato e la paura di una fine trau­ma­tica della legi­sla­tura dall’altro — a indurre il Par­la­mento a con­fe­rire la fidu­cia prima al governo Letta-Berlusconi, poi a quello Letta-Alfano, ora a quello Letta-Renzi, certo non può negarsi che gli equi­li­bri all’interno del Par­la­mento e con il governo sono stati stra­volti. La stessa atti­vità all’interno delle camere non poteva che risentirne.

La fisio­lo­gica dia­let­tica tra mag­gio­ranza e oppo­si­zioni è stata scon­volta, sosti­tuita dalla con­cen­tra­zione nelle mani dei par­titi delle «lar­ghe intese» dei diversi ruoli politico-parlamentari: tutti (o quasi) a soste­nere il Governo, ma fino ad un certo punto, dovendo tutti riven­di­care la pro­pria diver­sità. Dun­que, svol­gendo tanto il ruolo di mag­gio­ranza quanto quello di oppo­si­zione.
In que­sto clima con­fuso le Camere non pos­sono che ope­rare senza diret­tive sicure, in modo ondi­vago. Non tanto l’inadeguatezza dei rego­la­menti par­la­men­tari, quanto l’impossibilità di una loro appli­ca­zione coe­rente allo spi­rito che deve ani­mare un’efficace atti­vità dell’organo legi­sla­tivo rende sem­pre più evi­dente la para­lisi del Par­la­mento. Non si può cer­ta­mente impu­tare alle regole par­la­men­tari, ad esem­pio, l’inettitudine dimo­strata nei con­fronti della riforma della legge elet­to­rale. È lo stato con­fu­sio­nale in cui versa la poli­tica oggi in Ita­lia che deve essere messa sotto accusa.

È anche vero che non è solo il Par­la­mento a ver­sare in uno stato coma­toso. Anzi esso è un riflesso della con­di­zione in cui versa la poli­tica. Con­cen­trata sui destini per­so­nali e sul ricam­bio gene­ra­zio­nale, attra­ver­sata da lotte fra­tri­cide per il pre­do­mi­nio nei feudi e nei ter­ri­tori tra­di­zio­nali della poli­tica poli­ti­cante, dispo­sta a sca­ri­care sugli altri (sog­getti o isti­tu­zioni che siano) le colpe del vuoto di una poli­tica nazio­nale.
Troppo facile diventa pren­der­sela con l’organo più debole in que­sto momento in Ita­lia. Il Par­la­mento, appunto. Così, il Governo sca­rica le Camere, sot­traendo a esse la deci­sione sul finan­zia­mento dei par­titi: l’emanazione di un decreto legge in mate­ria è dei giorni scorsi. Ora, il Pre­si­dente della Repub­blica bac­chetta il Par­la­mento per avere inse­rito norme ete­ro­ge­nee in sede di con­ver­sione di un decreto legge. Una prassi assai risa­lente e spesso uti­liz­zata, cio­non­di­meno cer­ta­mente da con­dan­nare. Ma siamo sicuri che il Par­la­mento sia l’unico col­pe­vole? Anche l’indicazione di una modi­fica dei rego­la­menti par­la­men­tari appare fran­ca­mente ridut­tiva rispetto alla gra­vità della crisi in atto, che coin­volge il sistema poli­tico nel suo com­plesso e i rap­porti tra i diversi poteri.
Come può, ad esem­pio, non con­si­de­rarsi il ruolo deci­sivo che ha eser­ci­tato il Governo in Par­la­mento, il quale ha con­tri­buito in modo deter­mi­nante a far appro­vare emen­da­menti ete­ro­ge­nei nel corso dell’iter di con­ver­sione del decreto, appo­nendo per­sino la fidu­cia all’ultima vota­zione; per poi fare una rapida mar­cia indie­tro, lasciando solo il Par­la­mento, unico desti­na­ta­rio delle repri­mende del capo dello stato.

Dovremmo tutti pre­oc­cu­parci dello stato in cui versa il nostro Par­la­mento, da esso dipen­dono le sorti della nostra demo­cra­zia. Dinanzi a tanta con­fu­sione l’accusa delle disfun­zioni non basta. Sarebbe auspi­ca­bile che qual­cuno si ergesse a difen­sore dell’istituzione par­la­men­tare e richia­masse anche gli altri poteri al rispetto della cen­tra­lità dell’organo della rap­pre­sen­tanza politica.

http://ilmanifesto.it/democrazia-impotente/
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

mariok ha scritto:Sfascisti - 168


2014 a schede


Scheda – 4 – Il secondo governo di Babbo Natale

4 - 2 - 27 dicembre 2013

Quadro rispondente purtroppo alla realtà.

Manca un componente che lo rende, se possibile, ancora più fosco: l'ex-comico nazionale.

Spero non si pensi a lui come possibile alternativa.


Quanto sta accadendo in questi ultimi cinque anni (ma il fenomeno è in atto da molto tempo prima), è la naturale conseguenza dell’agonia di una nazione in coma irreversibile.

E’ più facile che se ne accorgono gli stranieri, soprattutto come Bill Emmot, l’ex direttore dell’Economist da sempre innamorato di questa terra fino al punto di spingersi a realizzare il film documentario: "Girlfriend in a coma" (Fidanzata in coma), che gli italiani che sono parte attiva del coma.

Ha scritto Antonello Caporale per il Fatto nell’aprile scorso:

Crisi, Emmott: “Italia al collasso, Beppe Grillo è un rantolo di fine corsa”
L'ex direttore dell'Economist e autore del docu-film "Girlfriend in a coma" al Fatto
Quotidiano: "Se mi chiedi parole per raccontare questa crisi, la prima che mi viene in mente è la collusione, la connivenza. È come se larga parte del Paese fosse stato socio occulto di questa deriva"
di Antonello Caporale | 10 aprile 2013
Commenti (226)

“Se state annegando in una crisi che definite senza precedenti è perché gli argini della società civile non hanno retto.

In Italia si è verificato un collasso di tutti gli organi vitali della comunità: prima la politica certo.

Ma poi la Chiesa, poi la famiglia, infine l’informazione.

Un birillo caduto sull’altro, un effetto domino disastroso.

Non c’è istituzione salva, integra, degna.

Alla fine, del vostro Paese resta il corpo scheletrito, ridotto alla fame.

Lo scuoti ma non ricevi segnali di vita.

Lo osservi e lo trovi immobile, insensibile a qualunque sollecitazione.

Il voto a Beppe Grillo non è altro che un sussulto, un rantolo di fine corsa, un moto di rabbia e impotenza insieme”.

In coma. Se il termine della vita è la morte, il coma è quell’anticamera, è il momento che lo precede, la malattia che invade ogni cellula e la immobilizza, lo stadio che annuncia la probabile fine corsa.

La parola che viene in mente a Bill Emmott, co-autore del film “Girlfriend in a Coma” scritto insieme ad Annalisa Piras che lo ha diretto e prodotto.

Dal coma si può uscire, ma è una impresa titanica.

Ci aspetteranno anni di dolori e a dircelo è un amico dell’Italia, una persona che si sente fidanzato con l’Italia: la ama ma non la riconosce più.

Emmott è stato il primo osservatore oltre frontiera ad accorgersi di un problema, divenuto poi pericolo, chiamato Silvio Berlusconi, il primo a metterlo in prima pagina catalogandolo come “unfit”: inadatto, inadeguato a governare.

Emmott dirigeva l’Economist a quel tempo e quella copertina sollevò una nube così alta che ancora adesso si scorge dietro la sua sagoma di londinese mite, col pizzetto e il passo del gentlman. Bill torna sempre qui da noi. Due, tre volte l’anno. Dalla Toscana divaga per la penisola: “in treno è facilissimo. Con Frecciarossa raggiungi ogni città quando vuoi.

Da noi non esistono treni così veloci (se si esclude il Londra-Parigi)”.

È il primo encomio in tanta desolazione.

“Potrei risponderti che il treno veloce non è una questione dirimente.

Non cambia la faccia del tuo Paese”. Che conosci così bene da definirlo come una tua girlfrend.

Del resto “Girlfrend in a coma”, è l’ultimo amaro atto d’accusa nel quale riepiloghi vent’anni di storia, la ricomponi attraverso le facce del potere, sfingi spesso immobili, occhi di vetro che assistono all’oltraggio della legalità e della Costituzione.

Ma il tuo film recinta la vicenda berlusconiana dentro l’opera collettiva di una classe dirigente collusa e nel panorama asfissiante di una società che mormora, non parla, ama le mezze verità e le mezze vergogne, si produce in mezzi inchini e mezzi dinieghi.

Bill, non abbiamo altro da fare che morire?

Possibile che non scorga altro, la società italiana è complessa e possiede energie ancora vitali secondo me.


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“Tutto quel che è accaduto non è stato un caso, non un incidente della storia.

La forza pirotecnica del berlusconismo, e le smargiassate, e la grandiosità dei suoi conflitti e anche del suo potere che si è espanso e ha attecchito profondamente nella cultura del Paese, è il risultato di una larga compromissione della borghesia, degli intellettuali.
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Se mi chiedi parole per raccontare questa crisi, la prima che mi viene in mente è la collusione, la connivenza.

È come se larga parte del Paese fosse stato socio occulto di questa deriva.
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Ho detto che la condizione di salute mi sembra peggiore di quel che una veduta meno prossima della mia possa intuire.

Non c’è solo crisi politica e non è questione di recessione economica. C’è di più”.

In Inghilterra non sarebbe stato possibile, ho capito bene? “Abbiamo avuto leader carismatici, dotati di una forza particolare. Chi può dimenticare il carisma di Churchill? E oggi come non si può rievocare il governo e il pugno della Thatcher? Perfino il mandato di Tony Blair è stato sostenuto da un ampio movimento di opinione favorevole.

Ma questi tre signori hanno sempre avuto di fronte contropoteri eccellenti, una bilancia che distribuiva su diversi pesi gli interessi in campo.

L’informazione britannica è molto più rigorosa e tenta sempre di fare il proprio mestiere.

Puoi dirmi che la Rai è come la Bbc?”. No, la Rai non è affatto la Bbc: “Ci troviano d’accordo, allora. E quale altro potere ha retto in Italia durante questo ventennio? C’è un parallelismo significativo tra la decadenza della politica, l’appannamento del suo senso etico, e l’ondata di malcostume che ha piegato la Chiesa, infiltrando dentro quella comunità l’odore dei soldi e della corruzione.

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Un pilastro della società civile è così venuto a mancare e proprio nel momento in cui c’era più bisogno che restasse in piedi.
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Ecco perchè la crisi da voi è più profonda, più seria e più grave”.
Una società più debole e più incattivita: “Rabbia, sa esprimere solo la rabbia.
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Il voto al Movimento 5 Stelle altro non è che una esplosione legittima ma piuttosto confusa di ribellione”.

Ho visto il tuo film. Eri al Quirinale, mi pare, e la cinepresa ha fatto una panoramica degli invitati a una cerimonia di Stato.

“Quel popolo di potenti radunati al Quirinale è la cornice dentro la quale l’anomalia si è sviluppata .

Non ci sono innocenti, questo mi pare assodato”. Siamo tutti “unfit”? “Di sicuro un gran numero lo è”.

dal Fatto Quotidiano del 9 aprile 2013


http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... sa/558165/



Ci voleva un osservatore straniero, non partigiano per raccontare lo stato dell’arte.

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Il voto al Movimento 5 Stelle altro non è che una esplosione legittima ma piuttosto confusa di ribellione”.
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Che sia una ribellione legittima ma piuttosto confusa, mi sembra più che evidente.

Quando Antonio Padellaro, un mese fa, in un editoriale domenicale, metteva in evidenza le carenze dei quattro principali piazzisti, a Beppe Grillo rimproverava la sua indeterminatezza.

Ogni piazzista aveva la sua merce da proporre.

Grillo, in quel momento vendeva il “Reddito assicurato per tutti”.

Un’offerta che poteva fare gola molti italiani in questa fase. Ma quando Padellaro gli chiede dove va prendere i fondi, il milionario Genovese risponde con il classico: “Vedremo”

“Vedremo” un ca..volo.

E’ una risposta da piazzista. Da Berlusconi o Renzi.

Chi fa il “rivoluzionario” in questo momento deve saper dare quelle risposte che la società marcia che vuole cacciare non vuole minimamente fornire. Altrimenti non è più un rivoluzionario, ma un piazzista del chiodo scaccia chiodo che hanno caratterizzato tutte le rivoluzioni precedenti di questo pianeta.

Vai via da quella sedia perché mi ci devo sedere io. Renzi docet.

E’ innegabile che alcuni ragazzi della banda Grillo, si comportino da cittadini normali di un Paese normale, dove le emerite porcate della casta devono essere troncate.

Lo abbiamo visto con il Salva – Roma. Sono decenni che la casta se ne approffitta dei decreti importanti trasformandoli in decreti omnibus dove ci si mette di tutto per fottere gli italiani ed accontentare le lobbi amiche.

Questo nella totale indifferenza degli elettori italiani che al momento del voto si dimenticano tutto. La responsabilità del coma Italia, dipende certamente dalla casta politica di questi ultimi vent’anni. Ma questa casta non arriva direttamente da Marte, ma è stata eletta ripetutamente in vent’anni da chi oggi si lamenta e mugugna.

Berlusconi non sarebbe stato estromesso dal Parlamento senza la pressione dei ragazzi pentastellati.

I 101/120/150, che hanno premuto per far fuori Prodi e non volere Rodotà ma Napolitano per arrivare di nuovo alla larghe intese, alla fine sarebbero riusciti ancora una volta a salvare il Caimano.

L’aiuto alle piccole imprese, anche se misero rispetto alle dimensioni del problema, arriva da una rinuncia precisa dell’appannaggio da parte del M5S.

In tutta risposta la casta fa approvare il ridicolo emendamento Finocchiaro per finanziare le piccole medie imprese, pur di non rinunciare ai loro stipendi e alla tortona che si spartiscono.

Come sostiene Bill Emmott, in pratica però si tratta di una ribellione confusa.

In questi otto mesi i penta stellati stanno imparando come si sta in Parlamento. In effetti l’opposizione bene o male la fanno.

Andare al governo è però tutt’altra cosa. Saper governare ci vuole capacità ed esperienza.

Con la bocca si possono dire tante cose, tutte quelle che si vogliono. Ma quando si tratta di operare in pratica tutto diventa difficile.

Chi andrebbe a trattare con la Merkel o con Obama?.

E in tutte le altre organizzazioni Ue?

Grillo poi, come Renzi fanno completamente finta che non esiste il piano di sopra. Fanno finta di ignorare il piano soprastante dei poteri forti, che sono coloro che effettivamente comandano in Italia.

Perché tutto questo silenzio da parte dei rivoluzionari della domenica???

Per non parlare poi del silenzio assoluto sulla maggiore impresa italiana per fatturato : Mafie SpA.

Come si rapportano con questa azienda i due piazzisti???

Lunardi nel 2001, da ministro di Berlusconi ha dichiarato:

<<Con la mafia dobbiamo convivere>>

Anche Renzi e Grillo sono dello stesso parere???
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