Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Barbara Spinelli: “Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità”
In un’intervista pubblicata su un giornale greco, l’editorialista di "Repubblica" si schiera a favore della candidatura del leader di Syriza a presidente della Commissione europea e si augura la nascita di una lista di sostegno in Italia: “Non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale ma qualcosa per scuotere la coscienza della società con l’obiettivo di unire tutte le forze colpite dalla crisi”. Per un’altra Europa, contro l’austerity e i nuovi nazionalismi.
Intervista a Barbara Spinelli di Argiris Panagopoulos, da www.avgi.gr, 22 dicembre 2013
L'Europa dà l'impressione negli ultimi anni e soprattutto dopo l'inizio della crisi di essersi allontanata dai suoi cittadini.
Si è molto allontanata fino a quasi spezzare la corda tra le istituzioni europee e la cittadinanza. Ci sono due responsabili: le Istituzioni europee e gli Stati membri.
Se le Istituzioni europee hanno la responsabilità di non pensare alla crisi in maniera solidale, la responsabilità maggiore spetta agli Stati membri perché nel trattato di Lisbona e nell’Unione, così com’è oggi, il potere degli Stati nazionali è preponderante. Perché ora gli stati contano di più, in particolare per il meccanismo del voto all'unanimità. E il più forte vince sul più debole, perché può mettere un veto contro i paesi più piccoli.
In questo senso la responsabilità è in primo luogo dei governi nazionali, in particolare quelli dei paesi del sud Europa che si trovano nel bel mezzo della crisi?
L'Europa doveva essere una unione solidale di tipo federale. In una struttura federale solidale la solidarietà viene per forza. Faccio un esempio: se lo stato della California si trova ad affrontare i problemi della crisi del debito non si parla di cacciarla subito dagli Stati Uniti. Con la creazione dell'euro non siamo andati in questa direzione.
Non doveva esserci l'unione politica?
Non c'è l'unione politica. Oggi non la chiamerei nemmeno unione questa area europea che è basata sul vecchio sistema di "equilibrio tra potenze", che è stato mantenuto fino alla fine dell'ultima guerra.
Un sistema di relazioni interstatali che hanno portato ai conflitti delle due guerre mondiali.
La Comunità Europea e poi l'Unione Europea sono state create proprio per superare “l’equilibrio tra potenze”. Purtroppo oggi l'Europa agisce direttamente contro i propri stessi ideali.
Ci sono prospettive per invertire questo processo, che probabilmente porta a disastri più grandi aumentando la disuguaglianza , la povertà e la disoccupazione?
Moltissime cose dipenderanno da noi cittadini. Per questo motivo ritengo molto importanti le elezioni per il Parlamento Europeo. Perché anche se in Europa è tornato un sistema di "equilibrio tra potenze" esistono istituzioni con forti caratteristiche democratiche e fra queste c'è certamente il Parlamento europeo, che dovrebbe aumentare i propri poteri, molti di più di quelli previsti dal Trattato di Lisbona.
In queste elezioni europee i cittadini possono esprimersi con molta forza su quale sia la direzione in cui vogliono andare. In molti paesi questo desiderio dei cittadini di riappropriarsi dell'Europa si manifesta in modi diversi.
Mi sembra che oggi nell’opinione pubblica e tra i cittadini emergano tre tendenze principali.
La prima è di sostegno alla posizione dei “poteri forti”: la troika e gli stati più forti. Questa linea sostiene che l'Europa, così com’è oggi, va bene e che le terapie di austerità hanno successo. Perché questo si dice oggi, da Barroso alla Merkel. La terapia mortifera che è stata attuata ha avuto successo, perché la Grecia, la Spagna, il Portogallo, l'Italia e l'Irlanda hanno ormai il bilancio dei pagamenti in pareggio. Ma come diceva Keynes l'intervento è riuscito ma il paziente è morto.
Una seconda linea di pensiero dice basta all’Europa, usciamo, perché l'euro è un disastro e un cappio al collo. La scelta è “si” o “no” all’euro. Noi diciamo “no”.
La terza scelta è quella che ha fatto Alexis Tsipras. Io spero molto in una lista italiana per Tsipras per le elezioni europee, una lista che sostenga che dobbiamo imparare la lezione da quello che è successo: noi vogliamo l’Europa, ma la vogliamo radicalmente cambiata.
Vogliamo un’unione vera, come i padri fondatori l’hanno pensata. Un’Europa della solidarietà, con una Banca Centrale prestatrice di ultima istanza, una vera federazione.
Tsipras sostiene l'unione politica dell'Europa e la pone come perno della sua ampia proposta per l'Europa, i popoli e i suoi cittadini. E sostenendo l’unione politica si conduce in pratica al federalismo in Europa.
In Europa riemergono fantasmi del passato, grazie ad una specie di euroscetticismo, come si è visto nella sua polemica con Scalfari, sostenendo giustamente che Grillo non è la stessa cosa del Fronte Nazionale o di Alba Dorata.
In un certo senso penso che l'euroscetticismo sia una cosa benefica in questo momento. Lo scetticismo viene dalla Grecia, è una delle più antiche e più straordinarie correnti filosofiche, perché mette in questione una realtà che viene considerata apparente. Interroga la realtà, la mette in questione. Ci sono due tipi di scetticismo. Lo scetticismo che torna al passato e ai vecchi stati sovrani, portando la questione della vecchia sovranità assoluta degli stati. Se questa è una possibile soluzione significa che ci muoviamo in direzione di una regressione, verso un nuovo/vecchio “equilibrio tra potenze”.
Alimentando anche i nazionalismi ...
Alimentando il nazionalismo in tutti i paesi. I paesi più deboli come la Grecia e l'Italia, se tornano alla sovranità nazionale, riducendo l'Europa ad una zona di mercato saranno sempre più deboli. I paesi più forti ci detteranno legge comunque. Quando abbiamo avuto le monete nazionali dipendevamo dal marco. Questo euroscetticismo è pericoloso. Io sono a favore di un'Europa unita, ma io sono scettica, nel senso filosofico antico.
Con la rielezione di Merkel alla cancelleria abbiamo visto due grandi famiglie politiche in Europa, i cristiano-democratici e i socialdemocratici, formare una "grande coalizione" per applicare l’austerità. Che tipo di alleanze possono essere create in Europa tra quelle che una volta si chiamavano le forze progressiste? In Grecia, per esempio l'alleanza della Merkel con i socialdemocratici fa paura.
Sono perfettamente d'accordo con le vostre preoccupazioni.
I socialdemocratici avrebbero potuto obbligare Merkel a inserire punti di programma più coraggiosi, come quelli del sindacato tedesco DGB per un "Piano Marshall per l'Europa". I socialdemocratici sono stati assolutamente rinunciatari sul negoziato con la Merkel. Non hanno messo niente di nuovo. Anzi hanno ribadito di essere contrari a qualsiasi europeizzazione del debito. Questo è pericoloso. Il problema è che in tanti paesi d'Europa siamo purtroppo di fronte a "grandi coalizioni" di questo tipo, perché nessuno dei partiti può avere la maggioranza, cominciando dall’Italia, dove siamo in uno stato di immobilità a causa della "grande coalizione".
La speranza è di rendere più difficile questa condizione nel Parlamento europeo, creando forti gruppi che contesteranno questa linea.
Dovrebbe quindi esserci uno scontro politico alle prossime elezioni europee?
Sicuramente. Non possiamo fasciarci la testa prima di romperla.
In Italia vede la prospettiva di una convergenza di forze per la ricostruzione dell'Europa, a cui si riferiva prima?
E ' molto difficile perché mi sembra che la tendenza ad immobilizzarsi sulle “grandi coalizioni” sia molto forte e la situazione in Italia è molto fluida. Mi piacerebbe vedere un’alleanza tra i paesi che soffrono maggiormente per la crisi e l’austerità. Vorrei vedere l'alleanza dei paesi dell'Europa del sud all'interno dell'Unione Europea per affrontare gli stati che impongono austerità. Si potrebbe mettere in minoranza la linea di Merkel. Una volta è stata messa in minoranza la linea Thatcher, quando è stato fatto l’euro. Ora può essere messa in minoranza la linea Merkel. Nel Parlamento Europeo si dovrebbe cercare l’alleanza con altri, come i Verdi tedeschi, che pongono la questione di un "Piano Marshall" per l'Europa.
La candidatura di Alexis Tsipras può contribuire a creare una coalizione di tali forze in Italia, al Sud e in Europa? Una coalizione che superi lo spazio classico dei partiti della sinistra radicale radunando forze sociali più ampie?
Questa è la speranza che abbiamo in Italia in un piccolo gruppo di persone. Vorremmo che in Italia ci fosse una lista civica, di cittadini attivi, una lista di persone della società civile che scelgono Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea. Non è semplice, perché abbiamo pochissimo tempo per creare qualcosa. Per farlo ci vorrà tutta l’intelligenza di Alexis Tsipras, come quella che gli ha permesso di formare una coalizione tra le anime della sinistra radicale greca.
E' chiaro che non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale, perché non avrebbe alcuna possibilità di successo. Abbiamo bisogno di qualcosa di più grande, qualcosa per scuotere la coscienza della società, superando i margini molto stretti delle formazioni politiche della sinistra radicale. Con l’obiettivo di unire le forze della società colpite dalla crisi.
Il confronto con l'Europa dell'austerità e della barbarie necessita di una maggiore convergenza delle forze sociali rispetto a quelle espresse dai partiti della tradizionale sinistra radicale.
Sicuramente. Abbiamo visto in questi giorni le reazioni e le proteste di alcuni gruppi in Italia e abbiamo visto in precedenza le proteste in Grecia, Spagna, Portogallo. Il confronto con l'Europa dell’austerità è oltre la portata della vecchia sinistra radicale.
Una grande parte di cittadini ha perso la speranza nell'Europa, a questi cittadini bisogna fare un discorso diverso: non dentro o fuori l'Europa, ma come vogliamo cambiare l’Europa e che tipo di Europa vogliamo costruire.
In Grecia si usa il concetto di ricostruzione e rifondazione dell'Europa.
Questo è esattamente l'obiettivo che abbiamo di fronte per presentare una candidatura di Alexis Tsipras in Italia e nell'Europa del Sud. Questa è la sfida. E' come lasciare alle spalle una guerra, perché gli anni di austerità equivalgono ad una guerra. Soprattutto in Grecia. Dopo la guerra l’Europa è uscita con una voglia di ricostruzione, con un enorme entusiasmo, che dobbiamo ritrovare.
Pochi giorni fa ha avuto una polemica con il fondatore di "La Repubblica" per l'eredità politica del suo padre e il suo uso. Che direbbero i padri dell'Europa vedendo crescere la disuguaglianza, la disoccupazione, la povertà e l'esclusione sociale in un continente immaginato non solo senza guerre, ma anche come una società solidale? Dal antifascismo fino all’Europa unita c’è stata la percezione per un'Europa più giusta.
L'Europa è nata dopo la guerra per finire le guerre e per lottare insieme contro la povertà. ll ragionamento dei fondatori dell'Europa, che per l'Italia sono Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, ha sostenuto che la povertà in Italia e nella Repubblica di Weimar ci ha portati al fascismo e al nazismo. Non è solo la questione di avere la pace invece della guerra, ma di avere lo stato sociale invece della povertà. Lo stato sociale è una protezione dalle guerre, così come la giustizia sociale. Ci possono essere periodi di crisi economiche, ma bisogna affrontarle tutti insieme e non con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Per questo dobbiamo cambiare anche il nostro concetto di sviluppo.
Ha vissuto insieme a Tommaso Padoa Schioppa, che è stato consigliere di Giorgos Papandreou. Ha avuto una visione personale della crisi greca?
L'Europa e gli stati europei hanno completamente fallito nella loro politica sulla Grecia. In un certo modo hanno fatto un esperimento con la Grecia. L’hanno trattato come una cavia. Hanno cercato di vedere se funzionava la ricetta facendola pagare ai greci. Molto spesso hanno provato delle politiche ancora più dure, ma hanno fatto marcia indietro. Hanno aspettato per dare soldi e poi ritirali. Hanno giocato con la crisi. Questo è il grande scandalo.
L’idea che aveva Padoa Schioppa era che bisognava fare molta attenzione a preservare la democrazia e la giustizia sociale in Grecia. Per questo motivo ha sostenuto che quando gli stati più deboli hanno grandi difficoltà e non potevano crescere in maniera adeguata, l’Europa doveva prenderli in carico e fare programmi di investimento, aumentando le risorse a disposizione all'interno dell'Unione europea, adottando il concetto di un "Piano Marshall", come quello del sindacato tedesco.
Papandreou l’ha proposto, ma quando non era più primo ministro. Solo allora ha fatto la proposta che aveva discusso a lungo con Padoa Schioppa. Come i socialdemocratici in Germania anche Papandreou non ha fatto la proposta al momento giusto.
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... austerita/
In un’intervista pubblicata su un giornale greco, l’editorialista di "Repubblica" si schiera a favore della candidatura del leader di Syriza a presidente della Commissione europea e si augura la nascita di una lista di sostegno in Italia: “Non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale ma qualcosa per scuotere la coscienza della società con l’obiettivo di unire tutte le forze colpite dalla crisi”. Per un’altra Europa, contro l’austerity e i nuovi nazionalismi.
Intervista a Barbara Spinelli di Argiris Panagopoulos, da www.avgi.gr, 22 dicembre 2013
L'Europa dà l'impressione negli ultimi anni e soprattutto dopo l'inizio della crisi di essersi allontanata dai suoi cittadini.
Si è molto allontanata fino a quasi spezzare la corda tra le istituzioni europee e la cittadinanza. Ci sono due responsabili: le Istituzioni europee e gli Stati membri.
Se le Istituzioni europee hanno la responsabilità di non pensare alla crisi in maniera solidale, la responsabilità maggiore spetta agli Stati membri perché nel trattato di Lisbona e nell’Unione, così com’è oggi, il potere degli Stati nazionali è preponderante. Perché ora gli stati contano di più, in particolare per il meccanismo del voto all'unanimità. E il più forte vince sul più debole, perché può mettere un veto contro i paesi più piccoli.
In questo senso la responsabilità è in primo luogo dei governi nazionali, in particolare quelli dei paesi del sud Europa che si trovano nel bel mezzo della crisi?
L'Europa doveva essere una unione solidale di tipo federale. In una struttura federale solidale la solidarietà viene per forza. Faccio un esempio: se lo stato della California si trova ad affrontare i problemi della crisi del debito non si parla di cacciarla subito dagli Stati Uniti. Con la creazione dell'euro non siamo andati in questa direzione.
Non doveva esserci l'unione politica?
Non c'è l'unione politica. Oggi non la chiamerei nemmeno unione questa area europea che è basata sul vecchio sistema di "equilibrio tra potenze", che è stato mantenuto fino alla fine dell'ultima guerra.
Un sistema di relazioni interstatali che hanno portato ai conflitti delle due guerre mondiali.
La Comunità Europea e poi l'Unione Europea sono state create proprio per superare “l’equilibrio tra potenze”. Purtroppo oggi l'Europa agisce direttamente contro i propri stessi ideali.
Ci sono prospettive per invertire questo processo, che probabilmente porta a disastri più grandi aumentando la disuguaglianza , la povertà e la disoccupazione?
Moltissime cose dipenderanno da noi cittadini. Per questo motivo ritengo molto importanti le elezioni per il Parlamento Europeo. Perché anche se in Europa è tornato un sistema di "equilibrio tra potenze" esistono istituzioni con forti caratteristiche democratiche e fra queste c'è certamente il Parlamento europeo, che dovrebbe aumentare i propri poteri, molti di più di quelli previsti dal Trattato di Lisbona.
In queste elezioni europee i cittadini possono esprimersi con molta forza su quale sia la direzione in cui vogliono andare. In molti paesi questo desiderio dei cittadini di riappropriarsi dell'Europa si manifesta in modi diversi.
Mi sembra che oggi nell’opinione pubblica e tra i cittadini emergano tre tendenze principali.
La prima è di sostegno alla posizione dei “poteri forti”: la troika e gli stati più forti. Questa linea sostiene che l'Europa, così com’è oggi, va bene e che le terapie di austerità hanno successo. Perché questo si dice oggi, da Barroso alla Merkel. La terapia mortifera che è stata attuata ha avuto successo, perché la Grecia, la Spagna, il Portogallo, l'Italia e l'Irlanda hanno ormai il bilancio dei pagamenti in pareggio. Ma come diceva Keynes l'intervento è riuscito ma il paziente è morto.
Una seconda linea di pensiero dice basta all’Europa, usciamo, perché l'euro è un disastro e un cappio al collo. La scelta è “si” o “no” all’euro. Noi diciamo “no”.
La terza scelta è quella che ha fatto Alexis Tsipras. Io spero molto in una lista italiana per Tsipras per le elezioni europee, una lista che sostenga che dobbiamo imparare la lezione da quello che è successo: noi vogliamo l’Europa, ma la vogliamo radicalmente cambiata.
Vogliamo un’unione vera, come i padri fondatori l’hanno pensata. Un’Europa della solidarietà, con una Banca Centrale prestatrice di ultima istanza, una vera federazione.
Tsipras sostiene l'unione politica dell'Europa e la pone come perno della sua ampia proposta per l'Europa, i popoli e i suoi cittadini. E sostenendo l’unione politica si conduce in pratica al federalismo in Europa.
In Europa riemergono fantasmi del passato, grazie ad una specie di euroscetticismo, come si è visto nella sua polemica con Scalfari, sostenendo giustamente che Grillo non è la stessa cosa del Fronte Nazionale o di Alba Dorata.
In un certo senso penso che l'euroscetticismo sia una cosa benefica in questo momento. Lo scetticismo viene dalla Grecia, è una delle più antiche e più straordinarie correnti filosofiche, perché mette in questione una realtà che viene considerata apparente. Interroga la realtà, la mette in questione. Ci sono due tipi di scetticismo. Lo scetticismo che torna al passato e ai vecchi stati sovrani, portando la questione della vecchia sovranità assoluta degli stati. Se questa è una possibile soluzione significa che ci muoviamo in direzione di una regressione, verso un nuovo/vecchio “equilibrio tra potenze”.
Alimentando anche i nazionalismi ...
Alimentando il nazionalismo in tutti i paesi. I paesi più deboli come la Grecia e l'Italia, se tornano alla sovranità nazionale, riducendo l'Europa ad una zona di mercato saranno sempre più deboli. I paesi più forti ci detteranno legge comunque. Quando abbiamo avuto le monete nazionali dipendevamo dal marco. Questo euroscetticismo è pericoloso. Io sono a favore di un'Europa unita, ma io sono scettica, nel senso filosofico antico.
Con la rielezione di Merkel alla cancelleria abbiamo visto due grandi famiglie politiche in Europa, i cristiano-democratici e i socialdemocratici, formare una "grande coalizione" per applicare l’austerità. Che tipo di alleanze possono essere create in Europa tra quelle che una volta si chiamavano le forze progressiste? In Grecia, per esempio l'alleanza della Merkel con i socialdemocratici fa paura.
Sono perfettamente d'accordo con le vostre preoccupazioni.
I socialdemocratici avrebbero potuto obbligare Merkel a inserire punti di programma più coraggiosi, come quelli del sindacato tedesco DGB per un "Piano Marshall per l'Europa". I socialdemocratici sono stati assolutamente rinunciatari sul negoziato con la Merkel. Non hanno messo niente di nuovo. Anzi hanno ribadito di essere contrari a qualsiasi europeizzazione del debito. Questo è pericoloso. Il problema è che in tanti paesi d'Europa siamo purtroppo di fronte a "grandi coalizioni" di questo tipo, perché nessuno dei partiti può avere la maggioranza, cominciando dall’Italia, dove siamo in uno stato di immobilità a causa della "grande coalizione".
La speranza è di rendere più difficile questa condizione nel Parlamento europeo, creando forti gruppi che contesteranno questa linea.
Dovrebbe quindi esserci uno scontro politico alle prossime elezioni europee?
Sicuramente. Non possiamo fasciarci la testa prima di romperla.
In Italia vede la prospettiva di una convergenza di forze per la ricostruzione dell'Europa, a cui si riferiva prima?
E ' molto difficile perché mi sembra che la tendenza ad immobilizzarsi sulle “grandi coalizioni” sia molto forte e la situazione in Italia è molto fluida. Mi piacerebbe vedere un’alleanza tra i paesi che soffrono maggiormente per la crisi e l’austerità. Vorrei vedere l'alleanza dei paesi dell'Europa del sud all'interno dell'Unione Europea per affrontare gli stati che impongono austerità. Si potrebbe mettere in minoranza la linea di Merkel. Una volta è stata messa in minoranza la linea Thatcher, quando è stato fatto l’euro. Ora può essere messa in minoranza la linea Merkel. Nel Parlamento Europeo si dovrebbe cercare l’alleanza con altri, come i Verdi tedeschi, che pongono la questione di un "Piano Marshall" per l'Europa.
La candidatura di Alexis Tsipras può contribuire a creare una coalizione di tali forze in Italia, al Sud e in Europa? Una coalizione che superi lo spazio classico dei partiti della sinistra radicale radunando forze sociali più ampie?
Questa è la speranza che abbiamo in Italia in un piccolo gruppo di persone. Vorremmo che in Italia ci fosse una lista civica, di cittadini attivi, una lista di persone della società civile che scelgono Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea. Non è semplice, perché abbiamo pochissimo tempo per creare qualcosa. Per farlo ci vorrà tutta l’intelligenza di Alexis Tsipras, come quella che gli ha permesso di formare una coalizione tra le anime della sinistra radicale greca.
E' chiaro che non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale, perché non avrebbe alcuna possibilità di successo. Abbiamo bisogno di qualcosa di più grande, qualcosa per scuotere la coscienza della società, superando i margini molto stretti delle formazioni politiche della sinistra radicale. Con l’obiettivo di unire le forze della società colpite dalla crisi.
Il confronto con l'Europa dell'austerità e della barbarie necessita di una maggiore convergenza delle forze sociali rispetto a quelle espresse dai partiti della tradizionale sinistra radicale.
Sicuramente. Abbiamo visto in questi giorni le reazioni e le proteste di alcuni gruppi in Italia e abbiamo visto in precedenza le proteste in Grecia, Spagna, Portogallo. Il confronto con l'Europa dell’austerità è oltre la portata della vecchia sinistra radicale.
Una grande parte di cittadini ha perso la speranza nell'Europa, a questi cittadini bisogna fare un discorso diverso: non dentro o fuori l'Europa, ma come vogliamo cambiare l’Europa e che tipo di Europa vogliamo costruire.
In Grecia si usa il concetto di ricostruzione e rifondazione dell'Europa.
Questo è esattamente l'obiettivo che abbiamo di fronte per presentare una candidatura di Alexis Tsipras in Italia e nell'Europa del Sud. Questa è la sfida. E' come lasciare alle spalle una guerra, perché gli anni di austerità equivalgono ad una guerra. Soprattutto in Grecia. Dopo la guerra l’Europa è uscita con una voglia di ricostruzione, con un enorme entusiasmo, che dobbiamo ritrovare.
Pochi giorni fa ha avuto una polemica con il fondatore di "La Repubblica" per l'eredità politica del suo padre e il suo uso. Che direbbero i padri dell'Europa vedendo crescere la disuguaglianza, la disoccupazione, la povertà e l'esclusione sociale in un continente immaginato non solo senza guerre, ma anche come una società solidale? Dal antifascismo fino all’Europa unita c’è stata la percezione per un'Europa più giusta.
L'Europa è nata dopo la guerra per finire le guerre e per lottare insieme contro la povertà. ll ragionamento dei fondatori dell'Europa, che per l'Italia sono Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, ha sostenuto che la povertà in Italia e nella Repubblica di Weimar ci ha portati al fascismo e al nazismo. Non è solo la questione di avere la pace invece della guerra, ma di avere lo stato sociale invece della povertà. Lo stato sociale è una protezione dalle guerre, così come la giustizia sociale. Ci possono essere periodi di crisi economiche, ma bisogna affrontarle tutti insieme e non con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Per questo dobbiamo cambiare anche il nostro concetto di sviluppo.
Ha vissuto insieme a Tommaso Padoa Schioppa, che è stato consigliere di Giorgos Papandreou. Ha avuto una visione personale della crisi greca?
L'Europa e gli stati europei hanno completamente fallito nella loro politica sulla Grecia. In un certo modo hanno fatto un esperimento con la Grecia. L’hanno trattato come una cavia. Hanno cercato di vedere se funzionava la ricetta facendola pagare ai greci. Molto spesso hanno provato delle politiche ancora più dure, ma hanno fatto marcia indietro. Hanno aspettato per dare soldi e poi ritirali. Hanno giocato con la crisi. Questo è il grande scandalo.
L’idea che aveva Padoa Schioppa era che bisognava fare molta attenzione a preservare la democrazia e la giustizia sociale in Grecia. Per questo motivo ha sostenuto che quando gli stati più deboli hanno grandi difficoltà e non potevano crescere in maniera adeguata, l’Europa doveva prenderli in carico e fare programmi di investimento, aumentando le risorse a disposizione all'interno dell'Unione europea, adottando il concetto di un "Piano Marshall", come quello del sindacato tedesco.
Papandreou l’ha proposto, ma quando non era più primo ministro. Solo allora ha fatto la proposta che aveva discusso a lungo con Padoa Schioppa. Come i socialdemocratici in Germania anche Papandreou non ha fatto la proposta al momento giusto.
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Tsipras, un’occasione per la “sinistra che non c’è”
Dopo le interviste di Barbara Spinelli e Paolo Flores d'Arcais, anche il giornalista de L'Espresso a favore di una lista italiana a sostegno del leader di Syriza: "La possibilità che sia il punto di riferimento della galassia ampia ma sfilacciata di persone, movimenti, iniziative e fasce sociali che un anno fa si sono astenute o hanno scelto Grillo passa attraverso la nostra capacità di individuare metodi e rappresentanti che si mettano alle spalle il passato".
di Alessandro Gilioli
Proprio un anno fa in questi giorni si andavano delineando le molte pratiche suicide che nel febbraio del 2013 avrebbero negato rappresentanza parlamentare alla sinistra italiana: con i vertici di Italia dei Valori, Rifondazione e Pdci che tentavano la propria autoperpetuazione attraverso il meccanismo dell'Ingroiellum e si spartivano in anticipo, negli uffici romani di Santa Maria in Via, perfino quei rimborsi elettorali che non avrebbero mai ricevuto.
È tuttavia abbastanza inutile, oggi, stilare la 'classifica delle colpe': decidere se cioè di quelle logiche sia stato più responsabile Di Pietro o Ferrero, Diliberto o lo stesso Ingroia, Orlando o De Magistris, o qualcuno degli altri che partecipavano alle riunioni a porte chiuse con cui ci si avviava verso quella cosa che poi è stata chiamata Rivoluzione Civile.
È inutile, se non in relazione all'opportunità di imparare dai propri errori, quindi di non ripeterli, adesso che si torna a parlare di una possibile lista da presentare alle elezioni europee, in collegamento con Syriza e in appoggio al candidato presidente Ue Alexis Tsipras.
Sicché il primo equivoco da sciogliere, diciamo quasi prepolitico, riguarda proprio il ruolo dei partiti, anzi dei «partitini parodia» come li ha chiamati un po' severamente Paolo Flores d'Arcais.
Organizzazioni che non “hanno la peste” e anzi sono composte da un corpo vivo di militanti, attivisti e simpatizzanti il cui ruolo è prezioso non solo dal punto di vista organizzativo, ma anche per il patrimonio politico di battaglie compiute sul territorio che meritano ogni possibile declinazione elettorale. Ma anche organizzazioni i cui vertici, nell'esperienza di Rivoluzione Civile, prima si sono attribuiti la funzione di decisori-spartitori, poi hanno riproposto pratiche vecchie e perdenti, infine hanno ingombrato con la loro logica mentale novecentesca un'esperienza che poteva e doveva nascere su basi diverse.
Di nuovo: la questione non è che la cosiddetta 'società civile' sia ontologicamente migliore dei partiti, anzi. La questione consiste nelle pratiche da implementare e nel modo di pensare delle persone che le implementano. I vertici dei 'partitini', un anno fa, hanno reiterato tutti quei comportamenti e quelle scelte che avevano già smesso di funzionare da tempo e che erano ormai parte del problema, non della soluzione. Il 'passo indietro' che quei vertici un anno fa non hanno voluto fare non è quindi un fatto di immagine, di marketing: è proprio una precondizione per un mutamento comportamentale e cognitivo nell'approccio alla politica, quindi nello sguardo oltre le asfittiche mura della propria sigla e delle proprie sezioni. Un passo indispensabile per rivolgersi a un'opposizione che in Italia è tanto presente nel Paese quanto assente nella rappresentanza.
La possibilità che una “lista Tsipras” sappia essere il punto di riferimento della galassia ampia ma sfilacciata di persone, movimenti, iniziative e fasce sociali che un anno fa si sono astenute o hanno scelto Grillo passa quindi attraverso la nostra capacità di individuare metodi e rappresentanti che si mettano alle spalle il passato e prendano perfino atto del vuoto negativo che la parola 'sinistra' ha assunto per la gran parte delle nuove generazioni.
Persone che ripartano dai fondamentali: sono i mezzi a qualificare il fine e non è il fine a giustificare i mezzi; nessun reale cambiamento sociale si avvia senza essere noi stessi, ogni giorno, il cambiamento; la nostra felicità non solo dipende da quella degli altri ma consiste sempre più nel contrario dell’estensione del nostro io, nell'opposto perfetto rispetto alla visione centripeta e di destra (sì, di destra) che ci ha portato fino a questo punto.
Persone che sappiano rappresentare non solo le aspirazioni di maggiore uguaglianza sociale ma anche quelle di tipo umanista che si stanno facendo strada nella società post ideologica, basate cioè su una critica esistenzialista più che economicista al modello attuale di capitalismo: a partire dal superamento del Pil come indicatore unico di benessere e della dinamica di produzione-consumo come strumento unico per perseguire il 'diritto alla felicità'.
Persone infine che conoscano nel profondo le dinamiche provocate dalla rivoluzione della Rete e ne sappiano valutare gli effetti in termini di mutazione individuale e collettiva, così come in altri secoli è stato valutato l'impatto della macchina da stampa e del telaio a vapore.
Solo così, forse, si può sperare di superare il paradosso italiano attuale: quello per cui proprio in quest'epoca in cui «non c'è più la sinistra», i temi “di sinistra” godono dell’appoggio di fette di cittadinanza che sfiorano e a volte superano la maggioranza dei consensi: reddito minimo per i precari e disoccupati, acqua pubblica, istruzione e sanità pubbliche e di qualità, tagli decisi alle spese militari, tutela del suolo anziché grandi opere, biotestamento libero, uguali diritti per gli omosessuali, integrazione attiva dei migranti, trasparenza assoluta della politica vista come servizio provvisorio alla società e non come professione, priorità assoluta dell'ambiente e del territorio a ciascuno circostante, investimento sulla ricerca e sulla conoscenza, lotta all’economia speculativa e alle rendite, riduzione degli eccessi sperequativi che sottraggono risorse all'economia reale per indirizzarle verso quella di carta – e così via.
Così come se fosse opportunamente sistematizzata e comunicata probabilmente incontrerebbe vasti consensi, in un Paese a tradizione europeista come l'Italia, la visione civile e sociale dell'Europa che propone Barbara Spinelli, lontana tanto dal Golem mercatista-montiano quanto dai demagogismi a tratti xenofobi dei Forconi o di Forza Italia.
È, tutto questo, un percorso che si può fare nella manciata di mesi che mancano alle elezioni europee? Sicuramente no. Ma – anche grazie alla candidatura di Tsipras – le elezioni europee possono essere un'ottima occasione per intraprenderlo, per iniziare a costruirlo. Per far emergere i principi, le idee, le pratiche e le aspirazioni a cui qui si è accennato. E per far emergere, se possibile, anche una nuova prima linea di persone che se ne facciano carico.
Del resto, l'alternativa a questo sforzo comune è refluire nell'astensione, o nel voto 'provocatorio' a leader padronali come Grillo e Casaleggio, o nell'assegno in bianco al nuovismo mediatico di Matteo Renzi. O, peggio, nella reiterazione delle fallimentari esperienze che proprio in questi giorni compiono un anno.
(31 dicembre 2013)
Dopo le interviste di Barbara Spinelli e Paolo Flores d'Arcais, anche il giornalista de L'Espresso a favore di una lista italiana a sostegno del leader di Syriza: "La possibilità che sia il punto di riferimento della galassia ampia ma sfilacciata di persone, movimenti, iniziative e fasce sociali che un anno fa si sono astenute o hanno scelto Grillo passa attraverso la nostra capacità di individuare metodi e rappresentanti che si mettano alle spalle il passato".
di Alessandro Gilioli
Proprio un anno fa in questi giorni si andavano delineando le molte pratiche suicide che nel febbraio del 2013 avrebbero negato rappresentanza parlamentare alla sinistra italiana: con i vertici di Italia dei Valori, Rifondazione e Pdci che tentavano la propria autoperpetuazione attraverso il meccanismo dell'Ingroiellum e si spartivano in anticipo, negli uffici romani di Santa Maria in Via, perfino quei rimborsi elettorali che non avrebbero mai ricevuto.
È tuttavia abbastanza inutile, oggi, stilare la 'classifica delle colpe': decidere se cioè di quelle logiche sia stato più responsabile Di Pietro o Ferrero, Diliberto o lo stesso Ingroia, Orlando o De Magistris, o qualcuno degli altri che partecipavano alle riunioni a porte chiuse con cui ci si avviava verso quella cosa che poi è stata chiamata Rivoluzione Civile.
È inutile, se non in relazione all'opportunità di imparare dai propri errori, quindi di non ripeterli, adesso che si torna a parlare di una possibile lista da presentare alle elezioni europee, in collegamento con Syriza e in appoggio al candidato presidente Ue Alexis Tsipras.
Sicché il primo equivoco da sciogliere, diciamo quasi prepolitico, riguarda proprio il ruolo dei partiti, anzi dei «partitini parodia» come li ha chiamati un po' severamente Paolo Flores d'Arcais.
Organizzazioni che non “hanno la peste” e anzi sono composte da un corpo vivo di militanti, attivisti e simpatizzanti il cui ruolo è prezioso non solo dal punto di vista organizzativo, ma anche per il patrimonio politico di battaglie compiute sul territorio che meritano ogni possibile declinazione elettorale. Ma anche organizzazioni i cui vertici, nell'esperienza di Rivoluzione Civile, prima si sono attribuiti la funzione di decisori-spartitori, poi hanno riproposto pratiche vecchie e perdenti, infine hanno ingombrato con la loro logica mentale novecentesca un'esperienza che poteva e doveva nascere su basi diverse.
Di nuovo: la questione non è che la cosiddetta 'società civile' sia ontologicamente migliore dei partiti, anzi. La questione consiste nelle pratiche da implementare e nel modo di pensare delle persone che le implementano. I vertici dei 'partitini', un anno fa, hanno reiterato tutti quei comportamenti e quelle scelte che avevano già smesso di funzionare da tempo e che erano ormai parte del problema, non della soluzione. Il 'passo indietro' che quei vertici un anno fa non hanno voluto fare non è quindi un fatto di immagine, di marketing: è proprio una precondizione per un mutamento comportamentale e cognitivo nell'approccio alla politica, quindi nello sguardo oltre le asfittiche mura della propria sigla e delle proprie sezioni. Un passo indispensabile per rivolgersi a un'opposizione che in Italia è tanto presente nel Paese quanto assente nella rappresentanza.
La possibilità che una “lista Tsipras” sappia essere il punto di riferimento della galassia ampia ma sfilacciata di persone, movimenti, iniziative e fasce sociali che un anno fa si sono astenute o hanno scelto Grillo passa quindi attraverso la nostra capacità di individuare metodi e rappresentanti che si mettano alle spalle il passato e prendano perfino atto del vuoto negativo che la parola 'sinistra' ha assunto per la gran parte delle nuove generazioni.
Persone che ripartano dai fondamentali: sono i mezzi a qualificare il fine e non è il fine a giustificare i mezzi; nessun reale cambiamento sociale si avvia senza essere noi stessi, ogni giorno, il cambiamento; la nostra felicità non solo dipende da quella degli altri ma consiste sempre più nel contrario dell’estensione del nostro io, nell'opposto perfetto rispetto alla visione centripeta e di destra (sì, di destra) che ci ha portato fino a questo punto.
Persone che sappiano rappresentare non solo le aspirazioni di maggiore uguaglianza sociale ma anche quelle di tipo umanista che si stanno facendo strada nella società post ideologica, basate cioè su una critica esistenzialista più che economicista al modello attuale di capitalismo: a partire dal superamento del Pil come indicatore unico di benessere e della dinamica di produzione-consumo come strumento unico per perseguire il 'diritto alla felicità'.
Persone infine che conoscano nel profondo le dinamiche provocate dalla rivoluzione della Rete e ne sappiano valutare gli effetti in termini di mutazione individuale e collettiva, così come in altri secoli è stato valutato l'impatto della macchina da stampa e del telaio a vapore.
Solo così, forse, si può sperare di superare il paradosso italiano attuale: quello per cui proprio in quest'epoca in cui «non c'è più la sinistra», i temi “di sinistra” godono dell’appoggio di fette di cittadinanza che sfiorano e a volte superano la maggioranza dei consensi: reddito minimo per i precari e disoccupati, acqua pubblica, istruzione e sanità pubbliche e di qualità, tagli decisi alle spese militari, tutela del suolo anziché grandi opere, biotestamento libero, uguali diritti per gli omosessuali, integrazione attiva dei migranti, trasparenza assoluta della politica vista come servizio provvisorio alla società e non come professione, priorità assoluta dell'ambiente e del territorio a ciascuno circostante, investimento sulla ricerca e sulla conoscenza, lotta all’economia speculativa e alle rendite, riduzione degli eccessi sperequativi che sottraggono risorse all'economia reale per indirizzarle verso quella di carta – e così via.
Così come se fosse opportunamente sistematizzata e comunicata probabilmente incontrerebbe vasti consensi, in un Paese a tradizione europeista come l'Italia, la visione civile e sociale dell'Europa che propone Barbara Spinelli, lontana tanto dal Golem mercatista-montiano quanto dai demagogismi a tratti xenofobi dei Forconi o di Forza Italia.
È, tutto questo, un percorso che si può fare nella manciata di mesi che mancano alle elezioni europee? Sicuramente no. Ma – anche grazie alla candidatura di Tsipras – le elezioni europee possono essere un'ottima occasione per intraprenderlo, per iniziare a costruirlo. Per far emergere i principi, le idee, le pratiche e le aspirazioni a cui qui si è accennato. E per far emergere, se possibile, anche una nuova prima linea di persone che se ne facciano carico.
Del resto, l'alternativa a questo sforzo comune è refluire nell'astensione, o nel voto 'provocatorio' a leader padronali come Grillo e Casaleggio, o nell'assegno in bianco al nuovismo mediatico di Matteo Renzi. O, peggio, nella reiterazione delle fallimentari esperienze che proprio in questi giorni compiono un anno.
(31 dicembre 2013)
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Flores d’Arcais: “Alle elezioni europee una lista della società civile con Tsipras”
“Oggi c’è una sola forza politica di sinistra in Europa e si chiama Syriza. Per questo pensiamo che in Italia alle prossime elezioni europee una lista dei movimenti e della società civile, totalmente autonoma (ed estranea alle forze organizzate del "Partito della sinistra europea"), con Tsipras candidato alla presidenza, potrebbe avere un buon risultato”.
Pubblichiamo un’intervista del quotidiano greco “Avgì” (Aurora), molto vicino a Syriza, al direttore di MicroMega.
colloquio con Paolo Flores d’Arcais di Argiris Panagopoulos
In Italia sembra che esista una forte maggioranza a sostegno del governo Letta, al punto che il premier insiste che finirà il suo mandato…
Il governo Letta è debolissimo nel paese perché inviso alla schiacciante maggioranza dei cittadini. È debole anche nelle istituzioni, in parlamento, dal momento che il nuovo segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, eletto attraverso le primarie e personaggio di destra “alla Blair” ma fuori dagli schemi tradizionali dei vecchi apparati del partito (è popolare per questo) non ha nessuna intenzione di appoggiare a lungo questo governo.
Il realtà la forza di questo governo è duplice. In primo luogo, non è il governo Letta ma il governo Napolitano, cioè del Presidente della repubblica, che si comporta come un vero e proprio sovrano attribuendosi poteri che la Costituzione non gli dà. In secondo luogo le forze dell’opposizione sono debolissime: l’unica forza di opposizione oggi presente in parlamento è il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, una grande forza politica di massa (rappresenta grosso modo il 25% dei votanti) ma strutturata in modo debolissimo e soprattutto con un gruppo dirigente fatto di due persone, Beppe Grillo e un personaggio molto inquietante, che si chiama Casaleggio. Il M5S ondeggia perciò a seconda degli umori di questi due capi. Insomma, la vera forza di Letta è la debolezza dell’opposizione.
Il governo Letta, o del Presidente della Repubblica, non trova appoggi anche come “longa manus” di Bruxelles e Berlino?
“Longa manus” può essere fuorviante. Diciamo che c’è una strettissima convergenza di interessi fra l’establishment delle istituzioni europee e l’establishment italiano rappresentato da Napolitano e da Letta.
Ma se la gigantesca opposizione che c’è nel paese trovasse modo di avere anche una sua rappresentanza politica parlamentare la situazione cambierebbe radicalmente.
Manca una sinistra di opposizione? Non ha fatto nessun riferimento a SEL.
In Italia – a livello politico organizzato – la sinistra non esiste. Ma non esiste da molti anni. Esiste invece nella società civile. E la distanza e lo scarto tra una sinistra sempre meno esistente nella politica ufficiale e una sinistra sempre più forte nella società civile continua ad aumentare.
Non esiste la sinistra come forza politica perché il PD esiste ma non è più di sinistra.
Non aveva più nulla di sinistra con D’Alema e Veltroni, che hanno realizzato una vera mutazione antropologica del partito, rendendolo parte dell’establishment.
Con Renzi non potrà essere peggio, ma sarà solo una sostituzione dentro l’establishment.
SEL e gli altri piccoli partiti non contano più nulla. SEL forse (molto forse) supererà lo sbarramento elettorale. Il suo leader Vendola sempre di più si trova implicato in inchieste che ormai stanno distruggendo la sua reputazione. Rifondazione, i Verdi e gli altri gruppi politici non rappresentano nulla. Se non si capisce questo non si capisce la situazione italiana.
Però la sinistra sociale rimane forte e non da oggi…
Quasi trent’anni fa, quando ho fondato “MicroMega” (1986), la chiamavo “sinistra sommersa”.
Ma questa sinistra sommersa negli ultimi quindici anni è diventata una sinistra di piazza.
In Italia la società civile ha auto-organizzato davvero da sola, senza sindacati e partiti, manifestazioni gigantesche. In quattro persone (ma una era Nanni Moretti, con un peso mediatico molto forte) abbiamo portato a piazza san Giovanni a Roma nel 2002 un milione di persone.
Abbiamo fatto da catalizzatori di una voglia di autoorganizzazione che era gigantesca e che è durata svariati mesi. Abbiamo avuto negli anni successive manifestazioni del “popolo viola” e tante altre.
Avete avuto anche le vittorie dei referendum sul nucleare e sull’acqua.
Certo. In Italia da oltre dieci anni c’è una capacità di autoorganizzazione della società civile attraverso personalità diverse e una miriade di associazioni che è gigantesca.
Allo stesso tempo questa opposizione civile e sociale non ha rappresentanza politica.
I suoi militanti si sentono cittadini orfani di rappresentanza.
Tutto questo si può chiamarlo sinistra in senso tradizionale?
Non esattamente.
Perché credo che sia qualcosa di più e di diverso dalla sinistra tradizionale.
Rifiuta l’idea del partito, e credo con ragione.
Perché ha potuto sperimentare che la struttura di partito inevitabilmente in tempi molto rapidi ripropone (magari in forma soft) le degenerazioni dei partiti di establishment.
Sa che c’è bisogno di una forma nuova di rappresentanza.
Trent’anni fa avevo scritto che dobbiamo passare dalla politica come mestiere alla politica come bricolage. Gli ultimi quindici anni confermano che questa è la vera sfida. Inventare delle forme organizzative anche di rappresentanza che pero facciano meno della politica come professione, che realizzino quasi unicamente la politica come bricolage.
Il Movimento di Beppe Grillo entrerà in crisi, in due o tre anni.
Si devono perciò creare le premesse di una nuova forza politica che abbia le virtù del Movimento Cinque Stelle (la politica bricolage) ma non i suoi gravissimi vizi.
Altrimenti l’Italia si troverà in una situazione rischiosissima, perché a questo punto ci sarà lo spazio per una proposta eversiva di destra.
Ci sono state “zone rosse” che in questi anni hanno visto vittorie elettorali di Berlusconi. Se in Grecia non ci fosse Syriza potrebbe dilagare Alba Dorata.
Che tipo di sinistra o di opposizione dobbiamo costruire?
La parola sinistra rischia di esser equivoca oggi.
Paradossalmente non usarla è meno equivoco che usarla.
Perché a volte sinistra indica anche l’opposto dei due suoi ideali fondamentali, giustizia e libertà.
Noi abbiamo bisogno di una forza politica Giustizia e Libertà (oltretutto era il nome del movimento della Resistenza non comunista, perche antistalianiano).
“Sinistra” per qualcuno richiama a volte ai regimi più antioperai che siano esistiti, quelli stalinisti.
“Sinistra” ricorda in periodi più recenti il PCI e le sue continue trasformazioni, che sono state una non-opposizione al berlusconismo, che hanno permesso al berlusconismo di fiorire. “Sinistra” ricorda ora i partitini che si definiscono neocomunisti e sono una parodia.
Come si crea lo strumento politico “Giustizia e Libertà”?
Le forze politiche non nascono a tavolino.
Nascono se ci sono dei gruppi e delle elite capaci di cogliere le occasioni.
Non servono professionisti e burocrati.
Con i girotondi abbiamo perduto una occasione. Nanni Moretti pensava che l’area dell’attuale PD fosse ancora recuperabile e lo crede anche ora appoggiandolo.
E noi, che non avevamo più questa illusione, non abbiamo avuto il coraggio di dare un seguito organizzato ai girotondi.
Di recente abbiamo perso un’altra occasione con la FIOM, che ha cercato di lanciare con tutti i movimenti della società civile una grande manifestazione.
Ma non ha voluto dare alla iniziativa i contenuti coerenti alla situazione.
Non ha voluto contrapporsi frontalmente al governo Letta, al PD e al presidente Napolitano.
Non si può difendere in modo generico la Costituzione italiana, che in effetti è una delle più avanzate del mondo, ma bisogna indicare chi cerca di distruggerla oggi.
Molti movimenti chiedevano che la FIOM facesse la manifestazione con obiettivi politici molto più espliciti dicendo che i nemici della Costituzione oggi non sono solo le destre ma anche Letta, il PD e il presidente Napolitano.
Se ci fosse stato questo la manifestazione sarebbe stata gigantesca con effetto di mobilitazione straordinario.
E oggi non avremmo moimenti sociali ambigui come il movimento dei Forconi.
Ora abbiamo un’altra occasione con le elezioni europee.
Se a maggio ci fossero le elezioni politiche direi che l’unica cosa da fare è votare Beppe Grillo, perche non ci sarebbe spazio reale per una lista nuova di Giustizia e Libertà.
Ma per le elezioni europee si vota con sistema proporzionale puro. Le posizioni di Grillo sull’Europa sono molto ambigue e non è molto credibile.
Con la nuova legge elettorale si può presentare un candidato alla presidenza europea. Per tutti noi che abbiamo partecipato negli ultimi quindici anni a tutti i movimenti possibili di lotta della società civile c’è oggi una sola forza politica di sinistra in Europa e si chiama Syriza (negli altri paesi o non sono di sinistra o non sono “forze”).
Per questo pensiamo che una lista rigorosamente della società civile con Tsipras potrebbe avere un buon risultato.
Pensiamo che si possa ipotizzare una lista della società civile, esclusivamente della società civile, che avendo Tsipras come candidato possa essere credibile anche solo nei pochi mesi che abbiamo in avanti e anche in una situazione politica italiana in cui ovviamente le condizioni per una lista nuova sono molto difficili, perché dal punto di vista mediatico tutto ciò che non è contro l’establishment è focalizzata sul nuovo segretario del PD e tutto ciò che è opposizione dal punto di vista mediatico è focalizzata su Beppe Grillo e il suo movimento.
E tuttavia, con le europee si può tentare.
Perché questo tentativo abbia un minimo ragionevole di possibilità e non sia destinato già ad una funzione minoritaria ci sono però svariate condizioni.
La prima, che Tsipras sia interessato ad essere il candidato di una forza politica della società civile, totalmente autonoma e estranea alle forze organizzate dei partiti della sinistra europea e specialmente dei suoi partitini in Italia.
Syriza, il Partito della Sinistra Europea e i partiti che vi aderiscono hanno un progetto comune per ricostruire l’Europa…
Syriza è una forza.
Negli altri paesi i partiti della sinistra non sono una forza.
In Italia solo una lista che raccolga esperienze e movimenti della società civile può evitare l’ennesimo fallimento minoritario.
Con molti punti del programma del “Partito della sinistra europea” la consonanza può essere molto grande, ma una questione ancora più cruciale è: con quali strumenti? E dal punto di vista degli strumenti (partito, liste, storie ideologiche, rifiuto dei politici di professione) la differenza è enorme.
In Italia, per essere molto espliciti, una qualsiasi lista che poniamo potenzialmente avesse il 10% dei voti se si allea anche con Rifondazione o i Verdi o i Comunisti Italiani prenderebbe il 5%. Una lista autonoma che avesse potenzialmente il 5% dei voti se si allea con Rifondazioni e gli altri prenderebbe il 2%. Oggi allearsi con qualsiasi di questi partitini invece di produrre una somma produce una sottrazione.
Perché godono di una credibilità negativa.
La seconda condizione è verificare quante delle personalità che in questi anni sono stati punti di riferimento di queste lotte sono convinte della necessità di una lista autonoma e quanti ancora si illudono che si possa trasformare il PD dall’ interno, che si possa trasformare SEL o far rinascere una specie di lista Ingroia.
Bisognerà perciò verificare se almeno un centinaio di persone eminenti nei vari campi, scrittori, filosofi, sociologi, scienziati, personalità del cinema, della musica ecc., condividano la nostra ipotesi.
Se saranno in tanti a pensare che la lista abbia senso e “necessità” dovremmo fare un terzo passo: vedere se tutti i movimenti oggi attivi si riconoscono in un progetto di questo genere. Perché alle volte purtroppo questi movimenti sono molto importanti e molto interessanti ma in taluni loro settori ritengono che la rappresentanza parlamentare non sia una cosa fondamentale.
Se ci sarà una convinzione molto diffusa tra questi movimenti della necessità di questa lista si farà il quarto passo: una grande assemblea di tutti.
Per avere una successo e non rappresentare una forza minoritaria e sfondare sarà comunque decisivo il quinto passo, la nascita spontanea di nuovi club e associazioni.
Ricordo che quando Occhetto sciolse il PCI, la proposta di una “sinistra dei club” vide la nascita di centinaia di gruppi locali in poche settimane.
E con i girotondi stava succedendo lo stesso fenomeno.
Naturalmente, anche così non ci sarebbe certezza di un successo elettorale.
Ma correre il rischio sarebbe ragionevole, se davvero si vedesse che nella società civile c’è un spinta dell’opinione pubblica per organizzarsi in gruppi in vista delle elezioni per il Parlamento Europeo che va oltre i militanti organizzati nelle varie lotte come per l’acqua, per i beni comuni, contro la TAV, ecc., e gli intellettuali di riferimento.
E ovviamente i militanti anche dei piccoli partiti avrebbero tutto lo spazio per dare il loro contributo nell’impegno elettorale in mille modi.
Il problema è che questa lista sia autonoma. Organizzata da questi movimenti della società civile. Si tratta di convincere milioni di persone dell’opinione pubblica. Milioni di persone per le quali Rifondazione Comunista o SEL sono dei marchi negativi e neanche per motivi ideologici.
Forse li considerano come arnesi inutili…
Appartengono ad un’altra era geologica.
Tsipras però è il presidente di un partito politico …
Syriza rappresenta un miracolo.
E’ il frutto di un’impresa eccezionale: partire da realtà ideologiche e decisamente minoritarie, rissose, di piccoli gruppi burocratici e di piccole gelosie e inventare il crogiuolo che le ha trasformate.
Tsipras e Syriza hanno convinto l’opinione pubblica greca di aver realizzato una entità nuova, non come la somma di tante piccole realtà.
Tsipras ha preso dei rottami di ferro e ne ha prodotto acciaio nuovo.
In Grecia si è fatta una trasmutazione che è riuscita molto bene. Invece in Germania Die Linke ha perso il momento giusto, perché sono molto ideologici, molto burocratici e sembrano un vecchio ceto politico che ripropone la forma vecchia del partito.
In Italia non esistono proprio e il problema non c’è.
Naturalmente ci sono alcune migliaia di militanti di questi piccoli partiti, capaci magari di entusiasmo.
Ma non sempre l’entusiasmo supera il settarismo ideologico.
In Italia abbiamo un elettorato mobilissimo.
Il PCI aveva il suo elettorato. Da quando ero bambino quando andava malissimo prendeva dal 23% al 24%. Nel momento massimo della espansione con Berlinguer è arrivato al 34%. C’era un quarto o un terzo dell’Italia che votava PCI.
Poteva cambiare di volta in volta di qualche piccola percentuale. C’era una fedeltà elettorale. In Italia da vent’anni non c’è più la fedeltà elettorale. Due anni fa Grillo prendeva il 3% in varie città. Nel giro di alcuni mesi ha superato il 25%. Ma può tornare al 3% in un momento. E’ questo vale per chiunque.
Il futuro di questa lista dipenderà dal risultato elettorale?
Per andare al parlamento europeo dovremo superare il 4%. Se questa lista prende un risultato intorno al 5% non avrà futuro.
Sarà una manifestazione di testimonianza. Se per caso esplode e arriva a percentuali che superano simbolicamente il 10% avrà un futuro.
Comunque quello che interessa a tutti noi è impegnarsi in un’azione politica non minoritaria, se riusciamo a crearne le condizioni, e non fare i Nostradamus.
“Oggi c’è una sola forza politica di sinistra in Europa e si chiama Syriza. Per questo pensiamo che in Italia alle prossime elezioni europee una lista dei movimenti e della società civile, totalmente autonoma (ed estranea alle forze organizzate del "Partito della sinistra europea"), con Tsipras candidato alla presidenza, potrebbe avere un buon risultato”.
Pubblichiamo un’intervista del quotidiano greco “Avgì” (Aurora), molto vicino a Syriza, al direttore di MicroMega.
colloquio con Paolo Flores d’Arcais di Argiris Panagopoulos
In Italia sembra che esista una forte maggioranza a sostegno del governo Letta, al punto che il premier insiste che finirà il suo mandato…
Il governo Letta è debolissimo nel paese perché inviso alla schiacciante maggioranza dei cittadini. È debole anche nelle istituzioni, in parlamento, dal momento che il nuovo segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, eletto attraverso le primarie e personaggio di destra “alla Blair” ma fuori dagli schemi tradizionali dei vecchi apparati del partito (è popolare per questo) non ha nessuna intenzione di appoggiare a lungo questo governo.
Il realtà la forza di questo governo è duplice. In primo luogo, non è il governo Letta ma il governo Napolitano, cioè del Presidente della repubblica, che si comporta come un vero e proprio sovrano attribuendosi poteri che la Costituzione non gli dà. In secondo luogo le forze dell’opposizione sono debolissime: l’unica forza di opposizione oggi presente in parlamento è il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, una grande forza politica di massa (rappresenta grosso modo il 25% dei votanti) ma strutturata in modo debolissimo e soprattutto con un gruppo dirigente fatto di due persone, Beppe Grillo e un personaggio molto inquietante, che si chiama Casaleggio. Il M5S ondeggia perciò a seconda degli umori di questi due capi. Insomma, la vera forza di Letta è la debolezza dell’opposizione.
Il governo Letta, o del Presidente della Repubblica, non trova appoggi anche come “longa manus” di Bruxelles e Berlino?
“Longa manus” può essere fuorviante. Diciamo che c’è una strettissima convergenza di interessi fra l’establishment delle istituzioni europee e l’establishment italiano rappresentato da Napolitano e da Letta.
Ma se la gigantesca opposizione che c’è nel paese trovasse modo di avere anche una sua rappresentanza politica parlamentare la situazione cambierebbe radicalmente.
Manca una sinistra di opposizione? Non ha fatto nessun riferimento a SEL.
In Italia – a livello politico organizzato – la sinistra non esiste. Ma non esiste da molti anni. Esiste invece nella società civile. E la distanza e lo scarto tra una sinistra sempre meno esistente nella politica ufficiale e una sinistra sempre più forte nella società civile continua ad aumentare.
Non esiste la sinistra come forza politica perché il PD esiste ma non è più di sinistra.
Non aveva più nulla di sinistra con D’Alema e Veltroni, che hanno realizzato una vera mutazione antropologica del partito, rendendolo parte dell’establishment.
Con Renzi non potrà essere peggio, ma sarà solo una sostituzione dentro l’establishment.
SEL e gli altri piccoli partiti non contano più nulla. SEL forse (molto forse) supererà lo sbarramento elettorale. Il suo leader Vendola sempre di più si trova implicato in inchieste che ormai stanno distruggendo la sua reputazione. Rifondazione, i Verdi e gli altri gruppi politici non rappresentano nulla. Se non si capisce questo non si capisce la situazione italiana.
Però la sinistra sociale rimane forte e non da oggi…
Quasi trent’anni fa, quando ho fondato “MicroMega” (1986), la chiamavo “sinistra sommersa”.
Ma questa sinistra sommersa negli ultimi quindici anni è diventata una sinistra di piazza.
In Italia la società civile ha auto-organizzato davvero da sola, senza sindacati e partiti, manifestazioni gigantesche. In quattro persone (ma una era Nanni Moretti, con un peso mediatico molto forte) abbiamo portato a piazza san Giovanni a Roma nel 2002 un milione di persone.
Abbiamo fatto da catalizzatori di una voglia di autoorganizzazione che era gigantesca e che è durata svariati mesi. Abbiamo avuto negli anni successive manifestazioni del “popolo viola” e tante altre.
Avete avuto anche le vittorie dei referendum sul nucleare e sull’acqua.
Certo. In Italia da oltre dieci anni c’è una capacità di autoorganizzazione della società civile attraverso personalità diverse e una miriade di associazioni che è gigantesca.
Allo stesso tempo questa opposizione civile e sociale non ha rappresentanza politica.
I suoi militanti si sentono cittadini orfani di rappresentanza.
Tutto questo si può chiamarlo sinistra in senso tradizionale?
Non esattamente.
Perché credo che sia qualcosa di più e di diverso dalla sinistra tradizionale.
Rifiuta l’idea del partito, e credo con ragione.
Perché ha potuto sperimentare che la struttura di partito inevitabilmente in tempi molto rapidi ripropone (magari in forma soft) le degenerazioni dei partiti di establishment.
Sa che c’è bisogno di una forma nuova di rappresentanza.
Trent’anni fa avevo scritto che dobbiamo passare dalla politica come mestiere alla politica come bricolage. Gli ultimi quindici anni confermano che questa è la vera sfida. Inventare delle forme organizzative anche di rappresentanza che pero facciano meno della politica come professione, che realizzino quasi unicamente la politica come bricolage.
Il Movimento di Beppe Grillo entrerà in crisi, in due o tre anni.
Si devono perciò creare le premesse di una nuova forza politica che abbia le virtù del Movimento Cinque Stelle (la politica bricolage) ma non i suoi gravissimi vizi.
Altrimenti l’Italia si troverà in una situazione rischiosissima, perché a questo punto ci sarà lo spazio per una proposta eversiva di destra.
Ci sono state “zone rosse” che in questi anni hanno visto vittorie elettorali di Berlusconi. Se in Grecia non ci fosse Syriza potrebbe dilagare Alba Dorata.
Che tipo di sinistra o di opposizione dobbiamo costruire?
La parola sinistra rischia di esser equivoca oggi.
Paradossalmente non usarla è meno equivoco che usarla.
Perché a volte sinistra indica anche l’opposto dei due suoi ideali fondamentali, giustizia e libertà.
Noi abbiamo bisogno di una forza politica Giustizia e Libertà (oltretutto era il nome del movimento della Resistenza non comunista, perche antistalianiano).
“Sinistra” per qualcuno richiama a volte ai regimi più antioperai che siano esistiti, quelli stalinisti.
“Sinistra” ricorda in periodi più recenti il PCI e le sue continue trasformazioni, che sono state una non-opposizione al berlusconismo, che hanno permesso al berlusconismo di fiorire. “Sinistra” ricorda ora i partitini che si definiscono neocomunisti e sono una parodia.
Come si crea lo strumento politico “Giustizia e Libertà”?
Le forze politiche non nascono a tavolino.
Nascono se ci sono dei gruppi e delle elite capaci di cogliere le occasioni.
Non servono professionisti e burocrati.
Con i girotondi abbiamo perduto una occasione. Nanni Moretti pensava che l’area dell’attuale PD fosse ancora recuperabile e lo crede anche ora appoggiandolo.
E noi, che non avevamo più questa illusione, non abbiamo avuto il coraggio di dare un seguito organizzato ai girotondi.
Di recente abbiamo perso un’altra occasione con la FIOM, che ha cercato di lanciare con tutti i movimenti della società civile una grande manifestazione.
Ma non ha voluto dare alla iniziativa i contenuti coerenti alla situazione.
Non ha voluto contrapporsi frontalmente al governo Letta, al PD e al presidente Napolitano.
Non si può difendere in modo generico la Costituzione italiana, che in effetti è una delle più avanzate del mondo, ma bisogna indicare chi cerca di distruggerla oggi.
Molti movimenti chiedevano che la FIOM facesse la manifestazione con obiettivi politici molto più espliciti dicendo che i nemici della Costituzione oggi non sono solo le destre ma anche Letta, il PD e il presidente Napolitano.
Se ci fosse stato questo la manifestazione sarebbe stata gigantesca con effetto di mobilitazione straordinario.
E oggi non avremmo moimenti sociali ambigui come il movimento dei Forconi.
Ora abbiamo un’altra occasione con le elezioni europee.
Se a maggio ci fossero le elezioni politiche direi che l’unica cosa da fare è votare Beppe Grillo, perche non ci sarebbe spazio reale per una lista nuova di Giustizia e Libertà.
Ma per le elezioni europee si vota con sistema proporzionale puro. Le posizioni di Grillo sull’Europa sono molto ambigue e non è molto credibile.
Con la nuova legge elettorale si può presentare un candidato alla presidenza europea. Per tutti noi che abbiamo partecipato negli ultimi quindici anni a tutti i movimenti possibili di lotta della società civile c’è oggi una sola forza politica di sinistra in Europa e si chiama Syriza (negli altri paesi o non sono di sinistra o non sono “forze”).
Per questo pensiamo che una lista rigorosamente della società civile con Tsipras potrebbe avere un buon risultato.
Pensiamo che si possa ipotizzare una lista della società civile, esclusivamente della società civile, che avendo Tsipras come candidato possa essere credibile anche solo nei pochi mesi che abbiamo in avanti e anche in una situazione politica italiana in cui ovviamente le condizioni per una lista nuova sono molto difficili, perché dal punto di vista mediatico tutto ciò che non è contro l’establishment è focalizzata sul nuovo segretario del PD e tutto ciò che è opposizione dal punto di vista mediatico è focalizzata su Beppe Grillo e il suo movimento.
E tuttavia, con le europee si può tentare.
Perché questo tentativo abbia un minimo ragionevole di possibilità e non sia destinato già ad una funzione minoritaria ci sono però svariate condizioni.
La prima, che Tsipras sia interessato ad essere il candidato di una forza politica della società civile, totalmente autonoma e estranea alle forze organizzate dei partiti della sinistra europea e specialmente dei suoi partitini in Italia.
Syriza, il Partito della Sinistra Europea e i partiti che vi aderiscono hanno un progetto comune per ricostruire l’Europa…
Syriza è una forza.
Negli altri paesi i partiti della sinistra non sono una forza.
In Italia solo una lista che raccolga esperienze e movimenti della società civile può evitare l’ennesimo fallimento minoritario.
Con molti punti del programma del “Partito della sinistra europea” la consonanza può essere molto grande, ma una questione ancora più cruciale è: con quali strumenti? E dal punto di vista degli strumenti (partito, liste, storie ideologiche, rifiuto dei politici di professione) la differenza è enorme.
In Italia, per essere molto espliciti, una qualsiasi lista che poniamo potenzialmente avesse il 10% dei voti se si allea anche con Rifondazione o i Verdi o i Comunisti Italiani prenderebbe il 5%. Una lista autonoma che avesse potenzialmente il 5% dei voti se si allea con Rifondazioni e gli altri prenderebbe il 2%. Oggi allearsi con qualsiasi di questi partitini invece di produrre una somma produce una sottrazione.
Perché godono di una credibilità negativa.
La seconda condizione è verificare quante delle personalità che in questi anni sono stati punti di riferimento di queste lotte sono convinte della necessità di una lista autonoma e quanti ancora si illudono che si possa trasformare il PD dall’ interno, che si possa trasformare SEL o far rinascere una specie di lista Ingroia.
Bisognerà perciò verificare se almeno un centinaio di persone eminenti nei vari campi, scrittori, filosofi, sociologi, scienziati, personalità del cinema, della musica ecc., condividano la nostra ipotesi.
Se saranno in tanti a pensare che la lista abbia senso e “necessità” dovremmo fare un terzo passo: vedere se tutti i movimenti oggi attivi si riconoscono in un progetto di questo genere. Perché alle volte purtroppo questi movimenti sono molto importanti e molto interessanti ma in taluni loro settori ritengono che la rappresentanza parlamentare non sia una cosa fondamentale.
Se ci sarà una convinzione molto diffusa tra questi movimenti della necessità di questa lista si farà il quarto passo: una grande assemblea di tutti.
Per avere una successo e non rappresentare una forza minoritaria e sfondare sarà comunque decisivo il quinto passo, la nascita spontanea di nuovi club e associazioni.
Ricordo che quando Occhetto sciolse il PCI, la proposta di una “sinistra dei club” vide la nascita di centinaia di gruppi locali in poche settimane.
E con i girotondi stava succedendo lo stesso fenomeno.
Naturalmente, anche così non ci sarebbe certezza di un successo elettorale.
Ma correre il rischio sarebbe ragionevole, se davvero si vedesse che nella società civile c’è un spinta dell’opinione pubblica per organizzarsi in gruppi in vista delle elezioni per il Parlamento Europeo che va oltre i militanti organizzati nelle varie lotte come per l’acqua, per i beni comuni, contro la TAV, ecc., e gli intellettuali di riferimento.
E ovviamente i militanti anche dei piccoli partiti avrebbero tutto lo spazio per dare il loro contributo nell’impegno elettorale in mille modi.
Il problema è che questa lista sia autonoma. Organizzata da questi movimenti della società civile. Si tratta di convincere milioni di persone dell’opinione pubblica. Milioni di persone per le quali Rifondazione Comunista o SEL sono dei marchi negativi e neanche per motivi ideologici.
Forse li considerano come arnesi inutili…
Appartengono ad un’altra era geologica.
Tsipras però è il presidente di un partito politico …
Syriza rappresenta un miracolo.
E’ il frutto di un’impresa eccezionale: partire da realtà ideologiche e decisamente minoritarie, rissose, di piccoli gruppi burocratici e di piccole gelosie e inventare il crogiuolo che le ha trasformate.
Tsipras e Syriza hanno convinto l’opinione pubblica greca di aver realizzato una entità nuova, non come la somma di tante piccole realtà.
Tsipras ha preso dei rottami di ferro e ne ha prodotto acciaio nuovo.
In Grecia si è fatta una trasmutazione che è riuscita molto bene. Invece in Germania Die Linke ha perso il momento giusto, perché sono molto ideologici, molto burocratici e sembrano un vecchio ceto politico che ripropone la forma vecchia del partito.
In Italia non esistono proprio e il problema non c’è.
Naturalmente ci sono alcune migliaia di militanti di questi piccoli partiti, capaci magari di entusiasmo.
Ma non sempre l’entusiasmo supera il settarismo ideologico.
In Italia abbiamo un elettorato mobilissimo.
Il PCI aveva il suo elettorato. Da quando ero bambino quando andava malissimo prendeva dal 23% al 24%. Nel momento massimo della espansione con Berlinguer è arrivato al 34%. C’era un quarto o un terzo dell’Italia che votava PCI.
Poteva cambiare di volta in volta di qualche piccola percentuale. C’era una fedeltà elettorale. In Italia da vent’anni non c’è più la fedeltà elettorale. Due anni fa Grillo prendeva il 3% in varie città. Nel giro di alcuni mesi ha superato il 25%. Ma può tornare al 3% in un momento. E’ questo vale per chiunque.
Il futuro di questa lista dipenderà dal risultato elettorale?
Per andare al parlamento europeo dovremo superare il 4%. Se questa lista prende un risultato intorno al 5% non avrà futuro.
Sarà una manifestazione di testimonianza. Se per caso esplode e arriva a percentuali che superano simbolicamente il 10% avrà un futuro.
Comunque quello che interessa a tutti noi è impegnarsi in un’azione politica non minoritaria, se riusciamo a crearne le condizioni, e non fare i Nostradamus.
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Le elezioni europee del 2014 si terranno in tutti i 28 stati membri dell'Unione europea tra il 22 e il 25 maggio, come deciso unanimemente dal Consiglio europeo.
Spinelli, Zilioli, D’Arcais, non tengono conto degli sviluppi della società italiana nei prossimi 5 mesi.
Inoltre, le loro riflessioni sono quelle di intellettuali con i piedi caldi e la pancia piena, perché professionalmente quotati e quindi con un lavoro stabile.
Chi vota poi è la massa e la massa ha altre visioni ed altri problemi.
Spinelli, Zilioli, D’Arcais, non tengono conto degli sviluppi della società italiana nei prossimi 5 mesi.
Inoltre, le loro riflessioni sono quelle di intellettuali con i piedi caldi e la pancia piena, perché professionalmente quotati e quindi con un lavoro stabile.
Chi vota poi è la massa e la massa ha altre visioni ed altri problemi.
Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Chiunque scrive su un giornale, propone analisi politiche, porta avanti un'iniziativa o un movimento ha la pancia piena.
Se prenderà corpo e non ci si fionderanno i vecchi personaggi in cerca d'autore, questa intorno a Tsipras è una proposta da tenere d'occhio.
Se prenderà corpo e non ci si fionderanno i vecchi personaggi in cerca d'autore, questa intorno a Tsipras è una proposta da tenere d'occhio.
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
canc
Ultima modifica di aaaa42 il 02/01/2014, 1:41, modificato 1 volta in totale.
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
mariok ha scritto:Chiunque scrive su un giornale, propone analisi politiche, porta avanti un'iniziativa o un movimento ha la pancia piena.
Se prenderà corpo e non ci si fionderanno i vecchi personaggi in cerca d'autore, questa intorno a Tsipras è una proposta da tenere d'occhio.
Ieri mattina ho registrato un mutamento dei toni miracolistici, dati per certi un mese prima dell’8 dicembre, da parte di quell’area ex Pci che ha votato e sostiene Renzi.
Il passaggio dalla facile narrazione a secco, lontano dal pantano della Morta Gora, e la full immersion nella Morta Gora, obbligano Matteo Il Conquistatore a prendere coscienza di una realtà differente da quella della facile narrazione del Ghe pensi mi.
Come riportato dai quotidiani la scorsa settimana, il sostegno a Renzi è arrivato in maggioranza dalla sinistra, anche quella non Pd.
I conti tornano, perché, in modo particolare gli elettori anziani, hanno riversato sul sindaco di Firenze la loro ultima speranza.
Di conseguenza nel brevissimo termine, Renzi è obbligato a portare a casa alcuni successi per non far crollare la fiducia temporanea.
Questo però confligge con l’asse Letta – Alfano – Napolitano.
Letta, Renzi e Re Giorgio Vince chi logora (di più) (Fabrizio d’Esposito).
31/12/2013 di triskel182
È il titolo di un’articolo di ieri comparso sul Fatto.
L’IMMOBILISMO DEL PREMIER, LE AMBIZIONI DEL SEGRETARIO DEMOCRATICO E LA MINACCIA DI DIMISSIONI DEL PRESIDENTE: IL NUOVO ANNO COMINCIA SUL RING.
Al di là quindi del minuetto del democristianesimo imperante di vicinanza fasulla tra i due leader democristiani, sottotraccia si sta combattendo un autentica guerra di potere.
Il vecchio apparato ha tutto l’interesse a logorare lentamente Renzi per metterlo definitivamente fuori gioco, mentre Renzi deve cercare di imporre la propria linea per non essere sfiduciato dal suo elettorato.
La gestione Bersani ha lasciato i conti in rosso per qualche milione. Di conseguenza il finanziamento ai partiti deve essere rivisto, altrimenti il Pd rischia di saltare. A meno che non ci pensi Farinetti.
I dati economici forniti da Letta, sono una favoLetta. Le aziende in crisi hanno bisogno d’altro che la politica dei cerotti. Le tasse sostitutive dell’Imu, mettono in crisi le piccole aziende in bilico.
Il 2014 parte in difficoltà per 120 mila lavoratori.
I renziani chiedono un rimpasto. Il che significa dentro i loro uomini a scapito di quelli del NCD. Ovviamente gli alfaniani non ci sentono.
Napolitano invoca riforme, senza comprendere che questo non è un Parlamento da Riforme.
Chiede poi il condono per i detenuti, senza capire che mancando lavoro, scarcerare un qualsiasi quantativo, di detenuti, comporta a breve il rientro in carcere.
C’è chi si fa arrestare perché almeno mangia, e Re Giorgio li vuole scarcerare.
Berlusconi e Grillo puntano alle elezioni subito, quindi non lasceranno respirare il governo.
Andare a votare ha poco senso perché si tornerebbe ad una situazione come questa.
Anche con la miglior legge elettorale del mondo non cambierebbe nulla, perché il difetto sta ne manico.
Cioè un classe politica scadente che mira a riciclarsi.
In pratica siamo alla paralisi.
I partiti sono senza via d’uscita.
Diventa evidente che di conseguenza di giorno in giorno matura l’idea dell’uomo forte che risolva i problemi che questa classe politica non è in grado di risolvere.
In questo clima si va alle elezioni europee.
La sfiducia verso i partiti va a finire sotto i tacchi.
La sinistra non esiste da tempo, sfiduciata dai politici nostrani.
L’Europa non ha fatto niente per garantire la fiducia in generale. E questo convincimento vale per la destra come per la sinistra.
C’è in giro in Italia qualche Altiero Spinelli che possa condizionare il voto a sinistra?
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
camillobenso ha scritto:mariok ha scritto:Chiunque scrive su un giornale, propone analisi politiche, porta avanti un'iniziativa o un movimento ha la pancia piena.
Se prenderà corpo e non ci si fionderanno i vecchi personaggi in cerca d'autore, questa intorno a Tsipras è una proposta da tenere d'occhio.
Ieri mattina ho registrato un mutamento dei toni miracolistici, dati per certi un mese prima dell’8 dicembre, da parte di quell’area ex Pci che ha votato e sostiene Renzi.
Il passaggio dalla facile narrazione a secco, lontano dal pantano della Morta Gora, e la full immersion nella Morta Gora, obbligano Matteo Il Conquistatore a prendere coscienza di una realtà differente da quella della facile narrazione del Ghe pensi mi.
Come riportato dai quotidiani la scorsa settimana, il sostegno a Renzi è arrivato in maggioranza dalla sinistra, anche quella non Pd.
I conti tornano, perché, in modo particolare gli elettori anziani, hanno riversato sul sindaco di Firenze la loro ultima speranza.
Di conseguenza nel brevissimo termine, Renzi è obbligato a portare a casa alcuni successi per non far crollare la fiducia temporanea.
Questo però confligge con l’asse Letta – Alfano – Napolitano.
Letta, Renzi e Re Giorgio Vince chi logora (di più) (Fabrizio d’Esposito).
31/12/2013 di triskel182
È il titolo di un’articolo di ieri comparso sul Fatto.
L’IMMOBILISMO DEL PREMIER, LE AMBIZIONI DEL SEGRETARIO DEMOCRATICO E LA MINACCIA DI DIMISSIONI DEL PRESIDENTE: IL NUOVO ANNO COMINCIA SUL RING.
Al di là quindi del minuetto del democristianesimo imperante di vicinanza fasulla tra i due leader democristiani, sottotraccia si sta combattendo un autentica guerra di potere.
Il vecchio apparato ha tutto l’interesse a logorare lentamente Renzi per metterlo definitivamente fuori gioco, mentre Renzi deve cercare di imporre la propria linea per non essere sfiduciato dal suo elettorato.
La gestione Bersani ha lasciato i conti in rosso per qualche milione. Di conseguenza il finanziamento ai partiti deve essere rivisto, altrimenti il Pd rischia di saltare. A meno che non ci pensi Farinetti.
I dati economici forniti da Letta, sono una favoLetta. Le aziende in crisi hanno bisogno d’altro che la politica dei cerotti. Le tasse sostitutive dell’Imu, mettono in crisi le piccole aziende in bilico.
Il 2014 parte in difficoltà per 120 mila lavoratori.
I renziani chiedono un rimpasto. Il che significa dentro i loro uomini a scapito di quelli del NCD. Ovviamente gli alfaniani non ci sentono.
Napolitano invoca riforme, senza comprendere che questo non è un Parlamento da Riforme.
Chiede poi il condono per i detenuti, senza capire che mancando lavoro, scarcerare un qualsiasi quantativo, di detenuti, comporta a breve il rientro in carcere.
C’è chi si fa arrestare perché almeno mangia, e Re Giorgio li vuole scarcerare.
Berlusconi e Grillo puntano alle elezioni subito, quindi non lasceranno respirare il governo.
Andare a votare ha poco senso perché si tornerebbe ad una situazione come questa.
Anche con la miglior legge elettorale del mondo non cambierebbe nulla, perché il difetto sta ne manico.
Cioè un classe politica scadente che mira a riciclarsi.
In pratica siamo alla paralisi.
I partiti sono senza via d’uscita.
Diventa evidente che di conseguenza di giorno in giorno matura l’idea dell’uomo forte che risolva i problemi che questa classe politica non è in grado di risolvere.
In questo clima si va alle elezioni europee.
La sfiducia verso i partiti va a finire sotto i tacchi.
La sinistra non esiste da tempo, sfiduciata dai politici nostrani.
L’Europa non ha fatto niente per garantire la fiducia in generale. E questo convincimento vale per la destra come per la sinistra.
C’è in giro in Italia qualche Altiero Spinelli che possa condizionare il voto a sinistra?
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
caro conte
capisco che in piemonte è ora tarda
ma questi tuoi ultimi post ( peraltro uguali) non c entrano nulla con il tema
se non c è un interesse ad un CONFRONTO ANCHE CONFLITTUALE ed ad uno sviluppo POLITICO ed ORGANIZZATIVO del tema perchè inserirlo nel forum ???
buona notte
capisco che in piemonte è ora tarda
ma questi tuoi ultimi post ( peraltro uguali) non c entrano nulla con il tema
se non c è un interesse ad un CONFRONTO ANCHE CONFLITTUALE ed ad uno sviluppo POLITICO ed ORGANIZZATIVO del tema perchè inserirlo nel forum ???
buona notte
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
aaaa42 ha scritto:caro conte
capisco che in piemonte è ora tarda
ma questi tuoi ultimi post ( peraltro uguali) non c entrano nulla con il tema
se non c è un interesse ad un CONFRONTO ANCHE CONFLITTUALE ed ad uno sviluppo POLITICO ed ORGANIZZATIVO del tema perchè inserirlo nel forum ???
buona notte
Vedi, caro aaaa42, deve essere stata proprio l’ora tarda, a non leggere in fondo al post:
In questo clima si va alle elezioni europee.
Capita nelle ore notturne.
Che è solo un tassello del problema complessivo.
Un altro tassello è che qui stiamo parlando di un defunto: LA SINISTRA
Rianimarla in questo clima di massima confusione è un’impresa titanica.
Basta vedere come esempio questo 3D, abbiamo risposto in tre e non c’è accordo su niente.
Un classico della sinistra, appesantito dalle vicende della fase attuale.
Stare in mezzo alla gente non per imporre il proprio punto di vista, ma per comprendere la reattività alle varie tematiche giova per avere il polso di chi poi sintetizza il tutto con un voto.
Quale sinistra quindi, ma anche quale politica europea, non solo di adesso, domani e dopodomani, ma anche tra dieci anni.
Occorre conoscere i motivi del perché la sinistra ha ceduto in Europa?
Forse le teorie del destro Blair che ha venduto la sinistra britannica al potere finanziario solo per interessi di ascesa politica personale come spesso accade?
Come ha fatto il suo omologo italiano, duca conte max?
http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-conte ... jpg?47e3a5
che per la sua ascesa al trono è passato dalla chiesa rossa di Mosca alla più tradizionale e millenaria chiesa dell’Oltretevere, con nonchalance, tanto i merli sono milioni di milioni.
Oppure il suo eterno amico/nemico Bibò – Veltroni?
E il problema organizzativo?
Ma soprattutto con quali danè, in cinque mesi si intende rianimare un defunto che è stato protagonista della storia italiana negli ultimi 130 anni?
Come ha fatto Ingroia?
I movimenti antieuropei, in prevalenza di destra partono avvantaggiati perché ci stanno lavorando da tempo.
La defunta sinistra italiana, in una defunta sinistra europea cosa intende proporre?
se non c è un interesse ad un CONFRONTO ANCHE CONFLITTUALE ed ad uno sviluppo POLITICO ed ORGANIZZATIVO
sono solo tasselli di un puzzle che deve vedere 360 gradi, e non solo settorialmente, come da tradizione.
Che risposte dà questa sinistra alla guerra commerciale con la Cina, l’India, la Corea del Sud, e gli altri Paesi emergenti?
Quale risposta da l’Europa dei banchieri alla disoccupazione e all’avanzare incalzante dell’automazione e dell’informatizzazione che produce disoccupazione in un humus di disoccupazione?
La democristiana signora Merkel starà alla finestra a guardare la rianimazione della sinistra europea?
Le tre nazioni che negli ultimi secoli ha dominato la storia europea trascinandola in aspri conflitti, Francia, Inghilterra, Germania, non hanno rinunciato al loro ruolo predominante all’interno dell’Ue.
La Gran Bretagna continua a tenere un piede dentro e l’altro fuori dall’Ue, guardando con maggiore attenzione ai cugini d’oltre oceano.
Non solo problemi teorici, ma bisogna saper dare risposte pratiche.
Chi c’è in linea
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