quo vadis PD ????

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camillobenso
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Fonzie? La stampa estera su Renzi
Il Ft: "Porta un dinamismo e una popolarità che sono mancate a Letta, ma non ha delineato una strategia economica". Guardian: "Un giovane che ha fretta". Faz: "Ultima chance per l'Italia"


Domenico Ferrara - Sab, 15/02/2014 - 12:45

Scetticismo, incredulità, ma anche stupore, appoggio e fiducia. La bilancia dei giudizi della stampa estera nei confronti di Matteo Renzi si muove a corrente alternata. In Gran Bretagna il Financial Times dà un colpo al cerchio e uno alla botte.


"Le imprese vedono Renzi come la migliore speranza per un’azione veloce verso un impulso essenziale”, scrive il quotidiano della City, che giorni fa aveva definito il sindaco di Firenze “demolition man”. Il FT da un lato definisce Renzi un “politico relativamente novizio”, che “non è nemmeno membro del Parlamento”, la cui esperienza di governo è “limitata alla guida della sola città di Firenze” e "manca della legittimazione popolare". Tuttavia poi aggiunge: "Porta un dinamismo e una popolarità che sono mancate a Letta. Bruxelles diede il benvenuto all’europeista Letta, un poliglotta e difensore del rigore fiscale, ma troverà in Renzi un politico più combattivo, che parla un inglese stentato. Forte nella retorica, con un’agenda politica chiara - una nuova legge elettorale, la cancellazione dell’attuale Senato, il rafforzamento del governo centrale - Renzi non però ha ancora delineato una strategia economica, al di là di annunci di politiche business-friendly e di tagli alla spesa pubblica”.

Scettico The Guardian, che ripropone il paragone con Fonzie e che parla del rottamatore come di “un giovane uomo che ha fretta, tanta fretta da rinnegare i suoi precedenti impegni di sostenere il collega del Partito democratico, Enrico Letta, come Primo ministro e di puntare a sfilargli la poltrona. Anche in un Paese dove il sopracciglio alzato è una condizione permanente per chi segue lo svolgersi degli eventi politici, questo è uno sviluppo curioso”. Per il Daily Telegraph Renzi è “il giovane politico che viene visto, come Monti prima di lui, come un cavaliere sul cavallo bianco, un salvatore che ripulirà la politica italiana. Tuttavia il sindaco di Firenze non ha mai corso in elezioni nazionali, cosa che potenzialmente è una debolezza per un uomo che deve imporre la sua autorità in un parlamento diviso e senza maggioranza”.

Negli Usa, le opinioni sono più positive. Per il New York Times Renzi è “una star politica in ascesa con la promessa di porre fine al vecchio ordine italiano, si è fatto largo come un razzo nella politica italiana, conquistando l’establishment, specialmente nel suo partito” e viene paragonato a Tony Blair per “le sue accorte relazioni con la stampa”. Il segretario del Pd “ha abilmente fatto breccia sul forte desiderio nazionale di un cambiamento combinando il suo dinamitardo modo di fare politica con l’appeal dell’uomo della strada”. Il Times titola "The Fonz", un Matteo Renzi che promette all’Italia giorni felici (Happy Days) dopo essersi spianato la strada fino al top. Nell’articolo poi si torna su un altro paragone, quello con Tony Blair: “Una volta al potere tuttavia Matteo Renzi potrebbe finire per comportarsi più come la baronessa Thatcher”. Per il Wall Streett Journal "il giovane leader di centrosinistra ha elettrizzato la politica italiana con la promessa di scuotere lo sclerotico sistema politico ed invertire un preoccupante declino della terza maggiore economia dell’eurozona". Diverso il parere di Bloomberg: “Renzi ha idee, energia, ma una brutta tempistica”.

Passando in Germania, la Faz scrive che “Matteo Renzi è l’ultima chance dell’Italia, l’ultima speranza dell’economia italiana” anche se sottolinea la vaghezza del modo in cui vuole riformare il paese e l’economia". Per l'Handelsblatt invece "industriali e uomini d’affari lo amano". “Il rischio è grande. L’ultimo esempio di avvicendamento tra membri dello stesso partito o della stessa coalizione a capo del governo fu nel 1998 quando Massimo D’Alema, lanciato come un leader del futuro per la sinistra, ha scalzato Romano Prodi. Ma nessuno ne ha beneficiato. Non pochi hanno consigliato a Renzi di non ripetere lo stesso errore. Ma lui non ha ascoltato”, scrive Le Monde che quando Renzi fu eletto segretario Pd titolava: "Matteo Renzi, un estraneo nella casa del Partito Democratico". La Tribune descrive un politico "che cura la sua immagine di leader all'americana, e non esita ad andare in giro in maniche di camicia come Barack Obama o in giacca di cuoio. Le sue battute, la sua franchezza seducono le folle".

In Spagna El Pais titola: "Renzi, la zampata dell’ambizione" e spiega: "Il sindaco di Firenze ha pilotato una strategia pericolosa per prendere il potere dopo aver braccato un presidente del consiglio già indebolito". “Il "lupo" Matteo Renzi "detronizza" l’"agnello" Enrico Letta con un "tradimento degno di Machiavelli", ma un nuovo governo che arrivi sino al 2018 "sembra una chimera". È l’opinione dei due principali quotidiani francofoni del Belgio, Le Soir e la Libre Belgique. In Tunisia Renzi sembra aver incassato il pieno sostegno della stampa, che lo definisce "Il vento nuovo della sinistra italiana". "È riuscito a promuovere con grande successo la sua immagine politica e la sua giovane età gli permette di avere idee innovative sui vari dossier", dice il giornalista Loutfi al-Makini, che scrive per al-Bayan, il quotidiano della Confindustria tunisina. Sulla stessa lunghezza d'onda "As-Sahwa". Per il giornalista Munthir Charit, "l'ascesa di Renzi nella politica italiana è un fenomeno positivo ed entusiasmante. Il leader del Pd è come un vulcano in grado con la sua freschezza di pompare nuova linfa nella vita dei partiti e della politica in un Paese come l'Italia che ha sempre sofferto il dominio di una classe dirigente anziana".
camillobenso
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Il Sole 15.2.14
Governo di legislatura? C'è molto scetticismo

di Stefano Folli

Nel suo inarrestabile incedere verso Palazzo Chigi Renzi è giunto ormai a pochi passi dal traguardo, ma finora non è riuscito a unire il Paese dietro di sé. È riuscito a unire, più o meno, la Direzione del Pd ma non l'opinione pubblica che ha bisogno di capire meglio cosa succede. Si avverte in giro una sottile diffidenza, tipica di quando c'è nell'aria l'odore dell'operazione di palazzo. Viceversa, il sindaco ha unito i mercati: Borsa gagliarda e operatori finanziari contenti del cambio, da cui si aspettano vigore, "sprint" e soprattutto tempi fulminei quando ci sarà da prendere decisioni.
Questo doppio registro (dubbi a livello popolare, soddisfazione fra gli investitori) è la fotografia dell'ambiguità in cui nasce il nuovo governo. Ma su questo, e del colpo di pugnale inferto a Enrico Letta, si è già scritto tutto. La solitudine del presidente del Consiglio, mentre saliva ieri al Quirinale per dimettersi, non ha bisogno di commenti. Il caso vuole che Letta esca di scena proprio quando torna il segno "più", sia pure assai risicato, accanto alle cifre della produzione industriale; e addirittura l'agenzia Moody's decide di migliorare la prospettiva dell'Italia. Pura coincidenza, certo.
Ma l'amarezza dell'uscente è giustificata. Del resto, Napoleone diceva di volere al suo fianco generali che fossero non solo bravi, ma soprattutto fortunati. E Renzi sta dimostrando di essere un generale fortunato, come dimostra l'esempio di Moody's. Un generale fortunato che spera di guadagnarsi i galloni del nuovo Napoleone, visto che l'ambizione non manca.
Per il momento sappiamo che il sindaco non perde un secondo né lo fa perdere all'Italia. Quando Napolitano avrà concluso le rapide consultazioni cominciate ieri e gli darà l'incarico (forse già stasera oppure domattina), c'è da scommettere che Renzi vorrà battere tutti i record nella presentazione dei ministri. Su quel terreno sarà giudicato per la prima volta: cioè sul valore e il profilo della squadra ministeriale. Subito dopo sarà valutato per la qualità del programma e degli impegni riformatori che esporrà davanti al Parlamento: perché non si è ancora capito con chiarezza se il premier che viene da Firenze sarà l'uomo della grande concretezza ovvero il re delle promesse generiche.
Questo aspetto va chiarito al più presto perché di giudici ce ne sono anche e soprattutto al di là dei confini. L'Unione europea guarda con simpatia all'uomo nuovo, benché rimpianga la competenza e la serietà di Letta. Ma il dinamismo renziano, un po' ruspante, incuriosisce e l'idea che l'Italia esca dal suo torpore è stimolante per tutti. In fondo anche Angela Merkel si è limitata ad auspicare che Roma chiuda in fretta la sua crisi di governo. Non proprio un'interferenza, come qualcuno ha voluto subito vedere.
In sostanza, c'è solo da attendere, ben sapendo che i tempi saranno brevi. Il clima politico in cui nasce il governo Renzi non è disteso né tanto meno sereno, come si è capito quando la Lega (dopo il M5S) ha deciso di non salire al Quirinale e ha mancato di rispetto al capo dello Stato. Peraltro un minimo di negoziato con i soci della coalizione, a cominciare dal gruppo di Alfano, il premier incaricato dovrà svolgerlo. E poi dovrà fare del suo meglio per dissipare la sottile e diffusa patina di diffidenza di cui si è detto.
La verità è che pochi, nel palazzo e nell'opinione pubblica, credono alla super-promessa fatta dal leader alla direzione del Pd e destinata a essere reiterata in Parlamento: l'impegno cioè a concludere la legislatura allargando l'orizzonte dell'esecutivo fino al 2018. È quello che tanti vogliono sentirsi dire e Renzi li ha accontentati. Ma queste promesse richiedono tali e tante circostanze favorevoli da non essere molto credibili. In fondo Renzi non è riuscito a essere coerente con quello che egli stesso diceva del governo Letta appena dieci giorni fa. Difficile credergli a scatola chiusa quando garantisce un governo di quattro anni.

Il Sole 15.2.14
La matassa sul tavolo di Renzi

Guido Gentili

Assieme ad un giudizio migliore, in termini di stabilità finanziaria, del l'agenzia di rating Moody's sull'Italia collocatrice di debito sui mercati, a Matteo Renzi il premier dimissionario Enrico Letta lascia un segno "+" davanti al numero relativo al Prodotto interno lordo (Pil) nel quarto trimestre 2013. Vuol dire che l'economia italiana è tornata per la prima volta a crescere dal giugno 2011, un dato positivo.
Ma bisogna fermarsi qui. Perché non sono le famose «luci in fondo al tunnel» a squarciare un buio fitto ma piuttosto un fiammifero appena acceso a testimoniare una speranza. Più 0,1%, ecco il numero. Al quale se ne accompagna un altro, inatteso e di segno opposto, che cifra a -1,9% (il governo prevedeva -1,7%) la decrescita finale del Pil per l'intero 2013 dopo il -2,5% del 2012.
Si certifica così che l'Italia ha chiuso un altro anno all'insegna della recessione e che è entrata nel 2014 con un effetto di trascinamento pari a zero: «ripresa acquisita nulla», sono le tre parole dell'Istat. Risultato (se si escludono Grecia, Finlandia e Norvegia) che è il peggiore nell'eurozona e in Europa. E con le prospettive di crescita per l'anno in corso sempre intorno al «più-zerovirgola-qualcosa» e sempre inferiori alle previsioni degli altri paesi europei più forti, a cominciare da Germania, Francia e Regno Unito.
Sono i numeri dello stallo (frutto di difficoltà oggettive ma anche, e soprattutto, di un pernicioso attendismo infiorettato da effetti-annuncio), che ha condotto in un vicolo cieco il Governo Letta. Il vicolo nel quale non vuole ora rimanere incastrato il presidente del Consiglio in pectore Renzi.
A Letta, che di Romano Prodi fu braccio destro a Palazzo Chigi nel 2006-2008, l'ex presidente della Commissione europea aveva suggerito una "sortita", ritenendo che avesse giocato troppo in difesa. Renzi in questo senso non ha bisogno di consigli, essendo un attaccante nato,rapido come pochi, e avendo spiegato alla direzione del Pd che ha in cantiere cambiamenti "radicali", alcuni dei quali da spendere subito (sui terreni della semplificazione, della revisione della spesa, della tassazione, del Jobs Act).
Da quel vicolo il "Rottamatore", atteso alla prova massima del decisionismo istituzionale nella "stanza dei bottoni", per stare ad un'immagine del 1962 del vecchio capo socialista Pietro Nenni, vuole insomma uscire a tutto gas e sfondando gli ostacoli in barba alla retorica del "cambio di passo", spesso rivelatosi un'astuta variante lessicale dell'immobilismo di fatto.
Che di una ricetta shock abbia bisogno la seconda potenza manifatturiera d'Europa, la cui base industriale si è ridotta dal 2007 di oltre il 20% in una crisi dove sono andati perduti 9 nove punti di Pil, non è una novità. E che l'economia reale, quella dove non tornano sul campo i conti di famiglie e imprese, continui ad essere un blocco ghiacciato dove non gira il credito, scendono consumi e investimenti, salgono le tasse e crescono solo disoccupazione e sfiducia è un dato acquisito. Che infine, sul fronte dell'export, il successo di molte aziende contribuisca a tenere alta la bandiera e a non far precipitare il sistema nel baratro ma non possa da solo tagliare il cappio della recessione è un'altra realtà.
Così stanno le cose. E bisogna essere chiari sul fatto che le grandi riforme attese portano a risultati di crescita nel tempo e che per riattivare la domanda interna, l'unica che può a breve far ripartire il Pil, serve tagliare in modo molto forte il cuneo fiscale che grava su lavoro e imprese e far ripartire anche gli investimenti pubblici. Viceversa, è altrettanto chiaro che se il Pil scende o sale in misura insufficiente, la tenuta dei saldi della finanza pubblica salterà o risulterà comunque sempre a rischio.
Il problema è come trovare risorse per finanziare la crescita. Giunto nella "stanza dei bottoni" e con una squadra di governo sperabilmente snella e innovativa, per cominciare Renzi dovrà sciogliere non un solo nodo, ma trovare il bandolo di una matassa aggrovigliatasi nel tempo. Avendo davanti un calendario europeo non in discesa: il riconoscimento della Commissione della "clausola degli investimenti" (vale circa lo 0,3% del deficit in rapporto al Pil) non appare realizzabile.
La Commissione aveva chiesto dettagli sulla spending review del governo Letta entro metà febbraio, ma il lavoro del Commissario Cottarelli sarà pronto alla fine del mese e necessita del via libera del governo (che nel frattempo sarà cambiato).
Ma non solo Renzi si troverà a fare i conti con quello che considera - non a torto- "l'anacronistico" tetto del 3% del deficit in rapporto al Pil e con la necessità di aprirsi un varco politico nuovo in Europa, atteso che la politica dell'austerità per l'austerità ha aggravato le già precarie condizioni dell'Italia. Si troverà sul tavolo anche 478 decreti da attuare frutto delle manovre Monti-Letta e le solite resistenze di una multitudine di apparati politico-amministrativi, centrali e periferici, che tanti bottoni spingono anche loro. Sarà una grande lotta.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

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«Quasi quasi fondo il Nuovo Centro Sinistra»
L’ex candidato alle primarie lancia l’idea della scissione sul suo blog. È una provocazione, ma Vendola risponde subito


«Quasi quasi fondo il Nuovo Centro Sinistra». E’ il titolo del post pubblicato da Giuseppe Civati sul suo blog. All’indomani delle dimissioni di Enrico Letta, l’ex candidato alle primarie pd non ci sta. E, dopo il suo no al governo Renzi giovedì in Direzione, alza i torni e dice: «Recupero una dozzina di senatori. Poi vado da Renzi e gli dico il contrario di quello che propongono Formigoni e Sacconi, oggi sui giornali. Nuovo Centro Destra contro Nuovo Centro Sinistra (anche Sinistra e basta, che il Centro è dappertutto)».


Civati e i perplessi del Pd: tutti contro Renzi
http://video.corriere.it/civati-perples ... 9e59440d59

OBIETTIVI - La linea di Civati è chiara: «Chiedo matrimoni egualitari, stop agli F-35, stop al consumo di suolo (magari anche NoTav), reddito minimo, progressività fiscale, conflitto d’interessi, ius soli, legalizzazione delle droghe leggere». E aggiunge: «Saranno contenti rispettivamente Formigoni, Lupi, Mauro, Sacconi, Alfano e Giovanardi (sono proposte ad personam, tanto loro di solito le votano). E vediamo come va a finire».

L’APPOGGIO DI VENDOLA - Sembra una provocazione. Nichi Vendola però è già dalla sua parte. «Ha usato espressioni forti per descrivere una situazione a metà tra Shining e il peggio della Prima Repubblica», ha detto il leader di Sel in un’intervista ad Affari Italiani. «Per ora le prime carte che ha mostrato Renzi fanno schifo. Ma forse sono io che sono inattuale».

15 febbraio 2014
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cielo 70
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da cielo 70 »

Civati a suo tempo avevo detto che non pareva apertamente migliore degli altri partecipanti alle primarie per il fatto che nelle sue risposte parlava più che altro delle tematiche radical-libertarie (v. la droga) o si spingeva su altre cose dove ritengo che non ci sia la priorità (ius soli generalizzato), lasciando il dubbio su che voleva fare su alcuni temi più legati al lavoro (art. 18 dove un suo consigliere proponeva il contratto unico). L'indennità di disoccupazione potrebbe andare ma non ci sono le risorse e comunque dovrebbe essere valida per tutti quelli che non lavorano e non solo per chi è licenziato, e subordinata alla volontà di cercare un lavoro, vera priorità (invece i 5 stelle vogliono un reddito di cittadinanza purchessia). Sugli altri temi condivido, ma comunque anche se non si fa il Tav va rivoluzionato il sistema dei trasporti investendo nelle ferrovie, come non hanno fatto dalla fine dell'800.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

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Primarie a sganassoni.E l’ira della base Dem
(Luca De Carolis).
16/02/2014 di triskel182


DAVANTI ALLA SEDE PD I MILITANTI CONTRO LE NUOVE LARGHE INTESE: “FATECI VOTARE”. CALCI E PUGNI PER LA SCELTA DEI CANDIDATI. DUBBI SULLA STAFFETTA.


I militanti protestano con le tessere tra le mani, gli elettori hanno cattivi pensieri, i sondaggi virano al nuvoloso. E le primarie per le segreterie regionali, tra risse e ricorsi, assomigliano già a un bel guaio.

Il Renzi che corre verso palazzo Chigi ha lasciato molto dietro il suo partito, quel Pd che in larga parte non ha capito il suo strappo.

Il segretario che picchiava sul governo Letta e rispondeva a muso duro a Fassina e a Cuperlo “perché ho preso tre milioni di voti nelle primarie” sarà premier senza passare per le urne.

E nel segno sempre delle larghe intese, con gli Alfano e gli Schifani. Contraddizione da gastrite, per la pancia (e non) dei Democratici.


Il Pd potrebbe pagare dazio già oggi, con larghi vuoti nei seggi delle primarie e nei congressi per le segreterie dem di 14 regioni.

E sempre oggi si vota per le Regionali in Sardegna, dove già i Democratici corrono con un candidato dell’ultimo minuto, Francesco Pigliaru, gettato nella mischia dopo il ritiro (forzato, anche da Renzi) di Francesca Barracciu, vincitrice delle primarie e indagata per peculato.

L’aria che tira la racconta la protesta davanti al Nazareno, la sede nazionale del Pd, dove ieri mattina si è materializzato un gruppo di militanti con tanto di bandiere. Nelle mani, la tessera elettorale e quella di partito. Messaggio chiaro: “Fatecele usare”.

Un monito al segretario, spiegato così da un portavoce del gruppo: “Renzi aveva lanciato l’hahstag #Enrico stai sereno; noi invece diciamo ‘Matteo non stare affatto sereno, stai attento’.

Quanto sta accadendo non piace a tanti di quelli che lo hanno votato nelle primarie”. Un chiaro sintomo della febbre del malcontento.

ALTRI SEGNI si trovano sul web, dove traboccano lo stupore e la rabbia di tanti militanti, pure renziani. E, soprattutto, circola un appello: non andate a votare alle primarie regionali.

Un appuntamento rimasto parecchio sotto traccia, visto il trambusto sulla scena nazionale. Ma sul voto di oggi pesa anche una gestione affannosa, sul piano organizzativo e politico. In lode al dogma del “tutti sul carro del vincitore”, le varie correnti in molte regioni hanno lasciato spazio a un candidato unico, ovviamente renziano. Dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, fino alla Puglia, oggi si svolgeranno molti congressi per ratificare un segretario già deciso nella stanze di partito. Dove invece c’è gara, è tutti contro tutti. Per esempio a Cosenza , dove ieri due dirigenti, il segretario del circolo del centro storico Damiano Covelli e il vicecapogruppo del consiglio comunale Marco Ambrogio, se le sono date. Motivo del contendere, la costituzione di un seggio elettorale in contrada Donnici. Sufficiente perché volassero, pare, schiaffi e pugni. Ricorsi e veleni nelle Marche, dove si fronteggiano Francesco Comi e Gianluca Fioretti . Ma Luca Ceriscioli, escluso perché sindaco di Pesaro ancora in carica, invita tutti a non votare. I suoi ricorsi per l’ammissione, o almeno per un rinvio del voto, hanno sbattuto contro il muro del partito nazionale. Dalla sua parte il vicepresidente nazionale del Pd Matteo Ricci, che sibila di “primarie farsa”, e la senatrice Camilla Fabbri: entrambi assenti sicuri ai seggi. Nervi tesi pure in Campania, dove uno dei tre candidati, Michele Grimaldi aveva chiesto l’esclusione degli altri due candidati, Assunta Tartaglione e Guglielmo Vaccaro, accusandoli di aver presentato le liste fuori tempo. L’istanza è stata respinta, (anche) con la motivazione curiosa che “esistono numerosi precedenti in cui un ritardo nella presentazione non è stato considerato ragione di esclusione”. Poi ci sono le regioni con due candidati renziani, Lazio e Liguria: a conferma che il vagone del rottamatore è il più ambito.

A MARGINE, le domande sull’effetto della staffetta Letta-Renzi sui sondaggi. Secondo una rilevazione di Ipr Marketing per Matrix, il 54 per cento degli italiani boccia il cambio in corsa. Dato che sale al 59 per cento tra gli elettori del Pd. Renato Mannheimer (Ispo) conferma la tendenza: “Nei nostri sondaggi la maggioranza degli italiani è contraria al cambio. Il mal di pancia è forte, anche se è difficile . Roberto Weber (Ixè) va oltre: “Renzi aveva un rilevante e trasversale patrimonio di immagine. Ma ora ha un percorso in salita. Se non dà subito segnali forti nei primi mesi di governo, rischia di pagare cara l’accelerazione”.

Da Il Fatto Quotidiano del 16/02/2014.
camillobenso
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Civati verso lo strappo con 6 senatori “Potremmo fondare la nuova sinistra” La sponda di Vendola: “No a Renzi”
(TOMMASO CIRIACO).
16/02/2014 di triskel182



I paletti dei cuperliani: lavoro, unioni civili e stop al rigore Ue
Il centrosinistra.


ALTA tensione alla sinistra di Matteo Renzi. Mentre i leader salgono al Colle per le consultazioni, le minoranze dem fanno a gara per alzare l’asticella del nuovo governo. Mugugnano, fissano condizioni, mettono nero su bianco proposte. Si preparano insomma a sfidare il segretario sul terreno delle riforme.

CON l’obiettivo di far pesare la folta pattuglia parlamentare e condizionare l’esecutivo. Nichi Vendola, invece, sbatte direttamente la porta in faccia al Pd, negando il consenso al sindaco fiorentino.
Il più duro di tutti è Pippo Civati. Il giovane deputato si infuria per le voci di trattative sotterranee fra Renzi e il ras berlusconiano Denis Verdini. Minaccia di non votare la fiducia. Sostiene che una dozzina di senatori sono in bilico – ma al momento ne risultano solo sei – e non esclude neanche la scissione: «Quasi quasi fondo il Nuovo Centro Sinistra». A sera, poi, si sfoga: «Noi non ricattiamo nessuno, io posso anche ritirarmi dalla politica, dal Parlamento, dal Pd. Non è un complotto, né sono io che controllo parlamentari. Pongo solo un problema ». E il problema si riassume così: «È possibile non andare ad elezioni perché c’è il rischio di larghe intese e dare il via libera a larghe intese senza elezioni, fino al 2018?». Insomma, per il parlamentare dem peserà soprattutto cosa riuscirà a proporre il nuovo premier: «Abbiamo buttato fuori Letta in una notte, possiamo perdere dieci giorni per stilare un programma? ».
Ma non è solo la pattuglia civatiana a mostrare malessere. Gianni Cuperlo si appresta a presentare un documento che assomiglia a una sfida al premier. Al testo lavora in queste ore Stefano Fassina. Con un obiettivo chiaro, sottolinea Davide Zoggia: «Non abbiamo firmato cambiali in bianco. E siccome non si conosce il programma che ha in mente Renzi, presenteremo una piattaforma – di matrice riformista e di sinistra – augurandoci che sia raccolta nell’agenda del premier».
Un programma di sinistra, promette la minoranza. A partire dal nodo del lavoro. Il problema – sostiene chi sta limando il documento – non è intervenire sui diritti dei lavoratori, ma sulla condizioni necessarie a creare posti di lavoro. Ma non basta. Al nuovo premier i cuperliani
chiedono anche uno scatto sull’Europa, promettendo battaglia contro le politiche del rigore. E c’è spazio pure per un forte richiamo alla lotta all’evasione.
Di fatto, la sfida è rivolta anche ad Angelino Alfano. Il pilastro destro della coalizione, infatti, sarà costretto a fare i conti con le richieste della minoranza dem. Sul terreno dei diritti civili, a partire dallo ius soli. E scintille si prevedono anche per il riconoscimento dei diritti civili delle coppie omosessuali. Senza dimenticare le riforme, perché i cuperliani reclamano un percorso parallelo per la legge elettorale, la riforma del Senato e del Titolo quinto. Non è ancora chiaro, invece, se nel documento troverà posto anche l’appello per nuove regole sul conflitto d’interesse.
Chi ha già deciso è Sel. Vendola – pure «pronto all’autocritica se Renzi dovesse stupirci» liquida intanto come «pura fantapolitica » l’ipotesi di un sostegno al segretario dem. Anzi, rileva ad Affaritaliani, «la prima carta che una situazione a metà tra Shining e il peggio della Prima Repubblica ». abbiamo visto fa schifo». Il leader di Sel, però, osserva incuriosito lo strappo di Civati, confidando: «Ha usato espressioni forti per descrivere Molto si muove, alla sinistra di Renzi.

Da La Repubblica del 16/02/2014.


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La Stampa 16.2.14
«Gli scissionisti sono loro»
Civati: dieci nostri senatori possono non votare la fiducia
«Gli scissionisti sono i fedelissimi di Matteo, non io che provo disagio»

intervista di Antonio Pitoni

La parola più ricorrente è «disagio». Pippo Civati è rimasto fermo sulle sue posizioni: «Ma come, per non fare le larghe intese con le elezioni, finiamo per farle senza votare?». Granitico sul no al nascituro governo Renzi. Su cui «una decina di parlamentari, soprattutto al Senato» potrebbero convergere quando ci sarà da votare la fiducia.
Nel Pd c’è chi l’accusa di voler fare la scissione per interesse personale…
«Gli scissionisti sono loro, non io. Io pongo un problema politico dicendo che stiamo facendo una cosa azzardata. Non ho mai parlato di scissione, ho solo segnalato che c’è qualcuno che la fiducia, magari, non la vota».
Per esempio?
«Per esempio la dichiarazione di Casson (“Diremo no se non ci ritroveremo sui contenuti e i metodi”), che non ho neppure sentito e che è del tutto indipendente da me. C’è un disagio, ma il problema sarebbe Civati che non vota la fiducia?».
Quindi conferma che non la voterà?
«Quando saprò qual è il governo, da chi è composto e quale sarà il programma esprimerò il mio giudizio. Al momento sono solo molto a disagio».
Perché?
«Il problema che sollevo è politico, non personale. Ma continuano ad attribuirmi intenti che non ho: lo sto scrivendo sul mio blog cosa penso, mica sto facendo magheggi sottobanco».
Cosa non la convince?
«La maggioranza è la stessa di prima, con la differenza che durerà quattro anni. E per non fare le larghe intese con le elezioni (per via del proporzionale), le facciamo senza. Assurdo».
E come lei anche altri?
«Il Pd non sta facendo quello che il Pd è stato incaricato di fare, né all’inizio né a metà di questa legislatura. C’è qualcuno quindi che, legittimamente, solleva obiezioni. Siccome sono tutti preoccupati dal sì di Alfano, che è condizionato non si sa bene a cosa, magari, oltre a me, c’è anche qualcun altro che si sente a disagio».
Li potremmo definire sostenitori della «mozione» Civati?
«Non c’è nessuna mozione Civati. C’è una decina di parlamentari, soprattutto al Senato, che sono in difficoltà. E c’è un articolo della Costituzione che esclude il vincolo di mandato».
Dieci al Senato è un numero che pesa per la tenuta della maggioranza, non trova?
«Renzi non deve temere, può sbagliare da solo anche senza i dieci. Non sono decisivi».
Ha chiesto al Pd di smentire trattative in corso tra Renzi e Verdini tese a ridimensionare il peso di Alfano in maggioranza. Alla fine è arrivata…
«Meno male, siamo stati in pena tutto il giorno».
Vendola ha tagliato tutti i ponti col governo Renzi, se lei non fa la scissione del Pd ma, come sostiene sempre lei, la fanno gli altri, può nascere qualcosa di nuovo?
«Siamo in un passaggio di fase micidiale. Vendola ha parlato di nuovo mondo, di una nuova “Repubblica”, in senso ironico ovviamente, e in effetti non ha tutti i torti. Un passaggio che supera quello che c’era stato l’anno scorso, perché adesso lo stiamo facendo a freddo non come conseguenza del tradimento dei 101. Lo facciamo intenzionalmente. Certo che c’è la possibilità che nasca qualcosa di diverso. Anche senza che le colpe siano addebitate a me».



Repubblica 16.2.14
Il senatore della minoranza dem: è la terza volta che tiriamo il Cavaliere fuori dalla fossa
Casson: “La scelta sulla giustizia mette in gioco la credibilità del Pd”

intervista di Liana Miella

ROMA - Giustizia? «No alle trattative sottobanco». Il nuovo ministro? «Senza scheletri nell’armadio, e con tanta voglia di lavorare ». La legge più importante da fare? «Ce ne sono almeno cinque ». Felice Casson è preoccupato e sta alla finestra per vedere che farà Renzi.
Nuovo governo. Alle spalle l’incontro tra Renzi e Berlusconi per la legge elettorale. Teme un inciucio sulla giustizia?
«Più che temere, ho l’impressione che sarà proprio così. Già il punto di partenza è negativo, perché il governo Letta aveva scelto in materia di giustizia e legalità un basso profilo. I casi Shalabayeva e Cancellieri lo stanno a dimostrare».
Letta ormai è alle spalle. Anzi Renzi contesta proprio l’eccessiva prudenza dell’ex premier. Dove starebbe la continuità?
«Già nella scelta della stessa coalizione, che per di più dovrebbe durare fino al 2018. Io però in direzione ho votato contro».
Si appresta forse a votare contro anche al governo Renzi?
«È prematuro parlarne... Certo che quando si è discusso di giustizia, conflitto di interessi e legalità, con il centrodestra di Alfano, Schifani e Giovanardi, ci siamo sempre scontrati di brutto».
Sì, ma ora c’è qualcosa di più, c’è il rapporto diretto tra Renzi e Berlusconi, ci sono contatti riservati. La giustizia, di cui Renzi non parla mai, non rischia di essere il prossimo terreno di scambio?
«È sintomatico che non ne parli mai, perché è materia incandescente. Se il Pd vuol parlare di riforma della giustizia va in direzione opposta alla destra. Esempi chiarissimi ci sono su prescrizione, falso in bilancio, corruzione».
Temi del tutto dimenticati...
«Volutamente dimenticati, proprio per evitare scontri».
Risponda da ex magistrato. Il prezzo che si sta pagando per avere una nuova legge elettorale non è eccessivo?
«Rispondo da politico. Su questa legge si sta facendo una grande manfrina, perché il fatto di non averne una nuova impedisce nuove elezioni. Sia chiaro che io non ho pregiudizi nei confronti di Renzi, tanto che in Veneto lavoro benissimo con i suoi uomini, in trasparenza e con spirito costruttivo».
Scusi, ma il famoso incontro nella sede del Pd non ha di fatto “sdoganato” un condannato definitivo?
«È la terza volta che il Pd tira fuori Berlusconi dalla fossa. Prima è stato D’Alema, poi Veltroni. Adesso Renzi. Ma ora è peggio, perché l’ex premier è un pregiudicato per il grave di frode fiscale».
Per dimostrare che non c’è inciucio quali sarebbero le cinque leggi sulla giustizia che Renzi dovrebbe varare nei suoi primi cento giorni?
«Nuova legge sulla corruzione, prescrizione, falso in bilancio e auto-riciclaggio, conflitto d’interessi, via Bossi-Fini e Fini-Giovanardi».
Nuovo ministro della Giustizia. Qual è il suo identikit?
«Non basta che garantisca dalle porcate e che non ne abbia già fatte, deve essere in grado di agire e di cambiare la macchina dei processi e del carcere».
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Corriere 16.2.14
La rabbia di Asor Rosa
«Aberrazione inenarrabile»


Dalle colonne del manifesto il professor Alberto Asor Rosa è tornato ad attaccare frontalmente Matteo Renzi e il Pd.

Lo aveva già fatto a metà gennaio, ma questa volta i toni sono ancora più drastici.

A proposito della marcia di Renzi verso Palazzo Chigi, Asor Rosa scrive: «Mai mi sarei aspettato che nel giro di pochi giorni il nuovo che avanza svelasse chiaramente il grumo di ottusa brutalità che nasconde».


Intellettuale molto ascoltato nella sinistra radicale, storico della letteratura e saggista, nel suo editoriale Asor Rosa punta il dito contro la Direzione del Pd che «rovescia a larghissima maggioranza un presidente del Consiglio» senza che della decisione venga data «nessuna spiegazione politica credibile».

Le ragioni dell’avvicendamento alla guida del governo, secondo l’analisi, risiedono esclusivamente nell’«energizzazione vitalistica» che Matteo Renzi e le sue «presunte, molto presunte, capacità spettacolari» dovrebbero imprimere alla politica italiana. Il giudizio nei confronti del Partito democratico è senza appello e si estende allo strumento delle primarie, «l’unica fonte del potere renziano».

«Le primarie — sostiene il docente di letteratura italiana — possono avere un valore orientativo nella scelta di un candidato per le elezioni» ma diventano «un’aberrazione inenarrabile» quando il meccanismo viene trasferito «di peso» alla formazione di un governo «che dovrebbe rappresentarci tutti».

«Che c’entriamo noi — si domanda Asor Rosa — con l’arroganza e la stupidità del gruppo dirigente del Pd?».


Dalle colonne del manifesto l’intellettuale sostiene che di fronte alle ultime mosse di Renzi ci sia «un senso di smarrimento senza pari: questo Paese — conclude — cui si vorrebbe negare tutto, si sta indignando».
pancho
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Iscritto il: 21/02/2012, 19:25

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da pancho »

Concordo pienamente con le analisi di Asor Rosa. Siamo un popolo senza un minimo di cultura politica?
La situazione d'oggi con i vari Renzi e Grillo rispecchio il paese. Un popolo che aspetta il suo condottiero non sarà' mai capace di risolvere i suoi problemi. Risolverà' solo quelli del suo condottiero.

Purtroppo questa situazione c'è la siamo voluta noi sedendoci sulle comodità di un certo periodo e lasciando che fossero gli altri a mandare avanti la baracca.

Dare tutte queste colpe ai veri Berlusca e co mi sembra un po' retorico anche se i manovratori certamente sono loro.

Ma noi dove eravamo? A guardare le partite stando allo stadio u davanti la tivo per non parlare poi dei grandi fratelli.

Fare politica chiusi nel proprio ambito famigliare non e' sufficiente contro la forza dei media e dei loro editori.

Un salutone da pancho
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Maucat
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Iscritto il: 19/04/2012, 12:04

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da Maucat »

pancho ha scritto:Concordo pienamente con le analisi di Asor Rosa. Siamo un popolo senza un minimo di cultura politica?
La situazione d'oggi con i vari Renzi e Grillo rispecchio il paese. Un popolo che aspetta il suo condottiero non sarà' mai capace di risolvere i suoi problemi. Risolverà' solo quelli del suo condottiero.

Purtroppo questa situazione c'è la siamo voluta noi sedendoci sulle comodità di un certo periodo e lasciando che fossero gli altri a mandare avanti la baracca.

Dare tutte queste colpe ai veri Berlusca e co mi sembra un po' retorico anche se i manovratori certamente sono loro.

Ma noi dove eravamo? A guardare le partite stando allo stadio u davanti la tivo per non parlare poi dei grandi fratelli.

Fare politica chiusi nel proprio ambito famigliare non e' sufficiente contro la forza dei media e dei loro editori.

Un salutone da pancho
E' vero anche se forse chi scrive su questo Forum un po' di politica fuori delle mura domestiche l'ha fatta. Purtroppo è la grande massa degli italiani che ha fatto esattamente quello che dice Pancho, adesso dopo 30 anni di oblio, la vecchia generazione se ne è andata, quella nuovo è in gran parte cerebrolesa e chi come noi si ritrova nel mezzo non ha l'energia per fare la rivoluzione ma ha ancora la forza di indignarsi dinanzi a tale sfacelo.
Parlare, parlare, resistere, resistere e cercare di far risvegliare nella mente delle persone quella scintilla di razionalismo che li deve portare a chiedersi: perché siamo a questo punto? Di chi è la colpa? Come facciamo adesso a uscirne fuori? Eliminiamo coloro che vogliono solo il male del loro Popolo...
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