TANGENTOPOLI - 2
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Re: TANGENTOPOLI - 2
l’Unità 18.5.14
Expo, spunta un contratto Greganti-coop
La presunta «cupola degli appalti» sarebbe riuscita ad inserirsi anche nei lavori per la cosiddetta «Piastra»
E tra le carte compare anche una lista di imprese per la «Città della salute» a Sesto San Giovanni
MILANO. C’è un contratto con provvigione che collega Primo Greganti, il «Compagno G» che secondo i magistrati faceva par- te della presunta «cupola degli appal- ti», con una delle più grandi cooperati- ve del mondo delle costruzioni la Cmc di Ravenna. Greganti, secondo i magistrati, si sarebbe interessato all’appalto nei lavori per la cosiddetta «Piastra» dell’Expo, l'appalto più rilevante ag- giudicato per 149 milioni di euro e giunto ormai ad oltre il 50% di realizzazione. Quell’infrastruttura è la piattaforma di base su cui si sviluppa il sito espositivo.
Greganti in base a una intercettazione era definito come l’uomo che governava «le coop rosse» come un «martello» e che, proprio per questo, avrebbe stipulato addirittura un contratto, con tanto di «provvigioni», con la Cmc di Ravenna.
Un altro appalto dell'Expo, dunque, diverso da quelli delineati nell’inchiesta potrebbe aver subito i condizionamenti delle presunta associazione per delinquere che vedeva in prima linea, oltre a Greganti, anche l’ex parlamentare Dc Gianstefano Frigerio e l'ex se- natore di FI, Luigi Grillo. Grillo che, secondo quanto diceva in una telefonata Sergio Cattozzo, ex esponente Udc e presunto corriere delle tangenti, avrebbe avuto «consolidate aderenze» e «rapporti diretti» anche «con Lupi», ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
«Il malaffare dell’Expo è cresciuto all’ombra della debolezza della politica di questi anni. Quello che sta accadendo mostra che c’è una politica inca- pace di regolare la vita del Paese. In parte questo è stato voluto, altrimenti non saremmo un’Europa a rischio di cadere nel populismo ha detto il presidente della Commissione antimafia, Rosi Bindi. «Come si può chiedere a un commerciante di Palermo - ha aggiunto - di non pagare il pizzo, se in questo Paese continua la cupola di affari che si accaparra miliardi di fondi pubblici? È possibile chiedere che chi sia stato coinvolto sia interdetto a vita dall'uso del denaro pubblico?». «Penso che Frigerio e Greganti abbiano poco a che fare con la politica e più con le tangenti», ha concluso Bindi.
Gli inquirenti però sanno che non tutte le intercettazioni nelle quali la «squadra» fa nomi di politici possono ritenersi buone per l’inchiesta. Si sta valutando anche l’ipotesi che una par- te di queste siano delle vere e proprie millanterie. È in un'informativa della sezione polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, invece, che compaiono una serie di intercettazioni nelle quali il «Compagno G» parla con Fernando Turri, rappresentante legale di Viri- dia, coop di Settimo Torinese attiva dal '92 e che opera in vari settori, delle costruzioni alla produzione di energia.
I finanzieri scrivono che Viridia «assume rilevanza con riferimento a buona parte delle vicende attenzionate» dai pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio: la società, infatti, era interessata anche «alla realizzazione della Città della Salute» e «agli appalti» di Sogin. E soprattutto, pur «non essendo pale- semente ricompresa nel raggruppa- mento di imprese», capeggiato dalla Mantovani Spa, che vinse l'appalto per la «Piastra» (appalto citato anche nelle carte dell'inchiesta che a marzo ha portato in carcere l'ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni), Viridia ha «svolto dei lavori nel sito di Expo 2015, verosimilmente in qualità di consorziata del Consorzio Veneto Cooperativo».
Ma c’è un altro capitolo che sta emergendo dalle carte. Una decina di imprese, che avrebbero avuto «collega- menti con il sodalizio Frigerio-Cattozzo-Greganti-Grillo», si sarebbero mosse per aggiudicarsi il maxi-appalto da 323 milioni di euro per il progetto «Città della Salute», un grande polo sanita- rio, ancora da realizzare, che dovrebbe sorgere a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. È quanto emerge da un'informativa della Gdf milanese nel- la quale spunta anche una e-mail indirizzata all'ex funzionario del Pci Pri- mo Greganti con un «accordo preliminare» tra le società interessate alla ga- ra. L’11 aprile del 2013, in particolare, Lorenzo Beretta, un responsabile di Olicar, gruppo che si occupa di servizi per l'energia, avrebbe inviato una e-mail, poi «acquisita» dalla sezione pg della Gdf, a Greganti. E-mail in cui era indicato come oggetto «Città della Salute e della Ricerca - Sesto San Giovanni» e che conteneva «un file» con la «la bozza e l’indicazione della «costituzione di un raggruppamento temporaneo di imprese» per partecipare alla gara.
Expo, spunta un contratto Greganti-coop
La presunta «cupola degli appalti» sarebbe riuscita ad inserirsi anche nei lavori per la cosiddetta «Piastra»
E tra le carte compare anche una lista di imprese per la «Città della salute» a Sesto San Giovanni
MILANO. C’è un contratto con provvigione che collega Primo Greganti, il «Compagno G» che secondo i magistrati faceva par- te della presunta «cupola degli appal- ti», con una delle più grandi cooperati- ve del mondo delle costruzioni la Cmc di Ravenna. Greganti, secondo i magistrati, si sarebbe interessato all’appalto nei lavori per la cosiddetta «Piastra» dell’Expo, l'appalto più rilevante ag- giudicato per 149 milioni di euro e giunto ormai ad oltre il 50% di realizzazione. Quell’infrastruttura è la piattaforma di base su cui si sviluppa il sito espositivo.
Greganti in base a una intercettazione era definito come l’uomo che governava «le coop rosse» come un «martello» e che, proprio per questo, avrebbe stipulato addirittura un contratto, con tanto di «provvigioni», con la Cmc di Ravenna.
Un altro appalto dell'Expo, dunque, diverso da quelli delineati nell’inchiesta potrebbe aver subito i condizionamenti delle presunta associazione per delinquere che vedeva in prima linea, oltre a Greganti, anche l’ex parlamentare Dc Gianstefano Frigerio e l'ex se- natore di FI, Luigi Grillo. Grillo che, secondo quanto diceva in una telefonata Sergio Cattozzo, ex esponente Udc e presunto corriere delle tangenti, avrebbe avuto «consolidate aderenze» e «rapporti diretti» anche «con Lupi», ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
«Il malaffare dell’Expo è cresciuto all’ombra della debolezza della politica di questi anni. Quello che sta accadendo mostra che c’è una politica inca- pace di regolare la vita del Paese. In parte questo è stato voluto, altrimenti non saremmo un’Europa a rischio di cadere nel populismo ha detto il presidente della Commissione antimafia, Rosi Bindi. «Come si può chiedere a un commerciante di Palermo - ha aggiunto - di non pagare il pizzo, se in questo Paese continua la cupola di affari che si accaparra miliardi di fondi pubblici? È possibile chiedere che chi sia stato coinvolto sia interdetto a vita dall'uso del denaro pubblico?». «Penso che Frigerio e Greganti abbiano poco a che fare con la politica e più con le tangenti», ha concluso Bindi.
Gli inquirenti però sanno che non tutte le intercettazioni nelle quali la «squadra» fa nomi di politici possono ritenersi buone per l’inchiesta. Si sta valutando anche l’ipotesi che una par- te di queste siano delle vere e proprie millanterie. È in un'informativa della sezione polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, invece, che compaiono una serie di intercettazioni nelle quali il «Compagno G» parla con Fernando Turri, rappresentante legale di Viri- dia, coop di Settimo Torinese attiva dal '92 e che opera in vari settori, delle costruzioni alla produzione di energia.
I finanzieri scrivono che Viridia «assume rilevanza con riferimento a buona parte delle vicende attenzionate» dai pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio: la società, infatti, era interessata anche «alla realizzazione della Città della Salute» e «agli appalti» di Sogin. E soprattutto, pur «non essendo pale- semente ricompresa nel raggruppa- mento di imprese», capeggiato dalla Mantovani Spa, che vinse l'appalto per la «Piastra» (appalto citato anche nelle carte dell'inchiesta che a marzo ha portato in carcere l'ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni), Viridia ha «svolto dei lavori nel sito di Expo 2015, verosimilmente in qualità di consorziata del Consorzio Veneto Cooperativo».
Ma c’è un altro capitolo che sta emergendo dalle carte. Una decina di imprese, che avrebbero avuto «collega- menti con il sodalizio Frigerio-Cattozzo-Greganti-Grillo», si sarebbero mosse per aggiudicarsi il maxi-appalto da 323 milioni di euro per il progetto «Città della Salute», un grande polo sanita- rio, ancora da realizzare, che dovrebbe sorgere a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. È quanto emerge da un'informativa della Gdf milanese nel- la quale spunta anche una e-mail indirizzata all'ex funzionario del Pci Pri- mo Greganti con un «accordo preliminare» tra le società interessate alla ga- ra. L’11 aprile del 2013, in particolare, Lorenzo Beretta, un responsabile di Olicar, gruppo che si occupa di servizi per l'energia, avrebbe inviato una e-mail, poi «acquisita» dalla sezione pg della Gdf, a Greganti. E-mail in cui era indicato come oggetto «Città della Salute e della Ricerca - Sesto San Giovanni» e che conteneva «un file» con la «la bozza e l’indicazione della «costituzione di un raggruppamento temporaneo di imprese» per partecipare alla gara.
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Re: TANGENTOPOLI - 2
La Stampa 18.5.14
Tra coop rosse e fiduciarie
La seconda vita nell’ombra del “Compagno G.”
Affari in vari settori e società intestate alle figlie
di Gianluca Paolucci
«Un vulcano di idee», racconta un imprenditore che ci ha avuto a che fare. Non tutte portate a buon fine, va detto. Ma con un gran lavorìo di contatti a tutti i livelli. Sempre restando lontano dai riflettori, protetto da intrecci di quote societarie e schermi di fiduciarie. Il gruppo Seinco, a lui riferibile, era prima intestato a una fiduciaria e poi passato alle figlie Barbara e Luna, che si dividono il 50% ciascuna del capitale. Gli uffici sono nel cuore di Torino e alla Seinco fanno capo una serie di partecipazioni. Come quella nella Seinco En.Ri. alla quale Greganti fa avere un «contratto di partnership» con la Cmc di Ravenna, colosso del mondo cooperativo. Altra coop che intreccia gli affari di Greganti e gli appalti nelle carte dell’inchiesta milanese è la Viridia di Settimo Torinese. I finanzieri scrivono che Viridia «assume rilevanza con riferimento a buona parte delle vicende attenzionate» dai pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio.
A Seinco o alle sue controllate fanno capo una serie di quote societarie ma anche i telefoni o le auto utilizzate da Greganti. La En.Ri. ad esempio aveva, fino allo scorso anno, il 24% della Agenergia. Tra i soci della stessa società c’era Pierpaolo Maza, ex membro del Toroc ed ex presidente della Fondazione postolimpica. Tramite la Agenergia - e Greganti - il comune di Torino trova gli sponsor per il sistema di lampioni intelligenti di Piazza San Carlo. Tra gli sponsor c’è la Olicar, che si occupa di servizi per l’energia. Che, guarda caso, compare anche lei nell’inchiesta milanese, nel filone Città della salute. In una mail che, scrive la Finanza, sarebbe stata inviata a Greganti l’11 aprile del 2013 da Lorenzo Beretta di Olicar veniva indicato come oggetto «Città della Salute e della Ricerca-Sesto San Giovanni», ed era allegato «un file» chiamato «Sesto San Giovanni Accordo Preliminare», che in precedenza sarebbe stato girato, secondo la Gdf, dall’imprenditore vicentino Enrico Maltauro, ora in carcere, allo stesso Beretta. Il file conteneva «la bozza di una scrittura privata tra i seguenti soggetti: Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro spa; Cons. Naz. Coop di Produzione e Lavoro Ciro Menotti Scpa (che interveniva per la consociata Viridia, ndr); Cefla S.C; Prisma Impianti spa; Gemmo Spa; Manutencoop; Servizi Ospedalieri spa; Olicar; Vivenda spa; Sotraf». Era una bozza con l’indicazione della «costituzione di un raggruppamento temporaneo di imprese» per partecipare alla gara.
Quello dell’energia e delle rinnovabili è un settore che interessa molto al «Compagno G.» nella sua seconda vita di facilitatore d’affari. A cavallo del decennio la Società energetica Vinovo, della quale la Seinco di Greganti è socia, cerca di costruire una centrale elettrica a biomasse alle porte di Torino. Il progetto resta solo sulla carta ma tra i fornitori del combustibile, materiale legnoso, doveva esserci la segheria Mozzone, ex socia - fino al 2013 - dei Greganti anche in un’altra attività: la bioedilizia. Con la Mozzone Building System realizzano case in legno.
La storia più interessante è però forse quella della Finomnia. Viene costituita nel febbraio del 2012 e i soci sono al solito schermati da due fiduciarie, la Simon e la Nomen dello studio Grande Stevens. Il 25% è in realtà della Seinco dei Greganti. Tra gli altri soci, una società del gruppo Marachella. Si tratta di una gruppo che si definisce «multiservizi», che ha sede a Torino e nei cui uffici Greganti è stato visto spesso negli ultimi due anni. Nel periodo di suo massimo splendore, tra il 2012 e il 2013, è attiva praticamente dappertutto. Gestisce ristoranti a Torino, alberghi in provincia di Cuneo, impianti di risalita, servizi di catering, un golf club, cura la ristrutturazione di una residenza di caccia dei Savoia, spazi espositivi, tre call center (a Torino, Livorno e Palermo) che lavorano per grandi clienti. E ancora energie rinnovabili, una lavanderia industriale e di nuovo la bioarchitettura con la Mwb. Mette in piedi anche un allevamento di asini. Di chi sia la Marachella non si sa: il 90% è in mano a una fiduciaria. Tramite la Finomnia, Greganti e la Marachella mettono in piedi la Mr. Facile, sede a Jesi e guidata da Simone Greganti, nipote di Primo. Doveva realizzare kit fotovoltaici «fai da te», ma anche questa attività stenta a decollare. «Ho conosciuto Greganti perché abbiamo lo stesso commercialista», dice Marco Maniezzi, ad del gruppo. Quello dei pannelli è l’unico affare in comune? «Abbiamo parlato di tante cose», dice Maniezzi, «ma nessuna si è concretizzata». Così anche la Finomnia viene venduta. Il 20 gennaio di quest’anno la proprietà passa tutta alla galassia Marachella. Che due settimane dopo, l’11 febbraio, presenta la richiesta di concordato preventivo: il sistema «multiservizi» prevede troppi servizi e non sta più in piedi. Ma Greganti sta già pensando ad altro: il 29 febbraio Greganti è con Paris e un responsabile di Viridia per discutere della realizzazione dei padiglioni Expo. Il 14 febbraio Greganti invia una mail a Dario Foschini, ad di Cmc, contenente il testo di un contratto che riconosceva «sostanzialmente da parte di Cmc un concorso in spese di ufficio per sei mesi e, soprattutto, una provvigione sulle attività e progetti frutto del presente accordo che (...) non potrà essere inferiore all’1% del valore delle operazioni portate a buon fine».
Tra coop rosse e fiduciarie
La seconda vita nell’ombra del “Compagno G.”
Affari in vari settori e società intestate alle figlie
di Gianluca Paolucci
«Un vulcano di idee», racconta un imprenditore che ci ha avuto a che fare. Non tutte portate a buon fine, va detto. Ma con un gran lavorìo di contatti a tutti i livelli. Sempre restando lontano dai riflettori, protetto da intrecci di quote societarie e schermi di fiduciarie. Il gruppo Seinco, a lui riferibile, era prima intestato a una fiduciaria e poi passato alle figlie Barbara e Luna, che si dividono il 50% ciascuna del capitale. Gli uffici sono nel cuore di Torino e alla Seinco fanno capo una serie di partecipazioni. Come quella nella Seinco En.Ri. alla quale Greganti fa avere un «contratto di partnership» con la Cmc di Ravenna, colosso del mondo cooperativo. Altra coop che intreccia gli affari di Greganti e gli appalti nelle carte dell’inchiesta milanese è la Viridia di Settimo Torinese. I finanzieri scrivono che Viridia «assume rilevanza con riferimento a buona parte delle vicende attenzionate» dai pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio.
A Seinco o alle sue controllate fanno capo una serie di quote societarie ma anche i telefoni o le auto utilizzate da Greganti. La En.Ri. ad esempio aveva, fino allo scorso anno, il 24% della Agenergia. Tra i soci della stessa società c’era Pierpaolo Maza, ex membro del Toroc ed ex presidente della Fondazione postolimpica. Tramite la Agenergia - e Greganti - il comune di Torino trova gli sponsor per il sistema di lampioni intelligenti di Piazza San Carlo. Tra gli sponsor c’è la Olicar, che si occupa di servizi per l’energia. Che, guarda caso, compare anche lei nell’inchiesta milanese, nel filone Città della salute. In una mail che, scrive la Finanza, sarebbe stata inviata a Greganti l’11 aprile del 2013 da Lorenzo Beretta di Olicar veniva indicato come oggetto «Città della Salute e della Ricerca-Sesto San Giovanni», ed era allegato «un file» chiamato «Sesto San Giovanni Accordo Preliminare», che in precedenza sarebbe stato girato, secondo la Gdf, dall’imprenditore vicentino Enrico Maltauro, ora in carcere, allo stesso Beretta. Il file conteneva «la bozza di una scrittura privata tra i seguenti soggetti: Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro spa; Cons. Naz. Coop di Produzione e Lavoro Ciro Menotti Scpa (che interveniva per la consociata Viridia, ndr); Cefla S.C; Prisma Impianti spa; Gemmo Spa; Manutencoop; Servizi Ospedalieri spa; Olicar; Vivenda spa; Sotraf». Era una bozza con l’indicazione della «costituzione di un raggruppamento temporaneo di imprese» per partecipare alla gara.
Quello dell’energia e delle rinnovabili è un settore che interessa molto al «Compagno G.» nella sua seconda vita di facilitatore d’affari. A cavallo del decennio la Società energetica Vinovo, della quale la Seinco di Greganti è socia, cerca di costruire una centrale elettrica a biomasse alle porte di Torino. Il progetto resta solo sulla carta ma tra i fornitori del combustibile, materiale legnoso, doveva esserci la segheria Mozzone, ex socia - fino al 2013 - dei Greganti anche in un’altra attività: la bioedilizia. Con la Mozzone Building System realizzano case in legno.
La storia più interessante è però forse quella della Finomnia. Viene costituita nel febbraio del 2012 e i soci sono al solito schermati da due fiduciarie, la Simon e la Nomen dello studio Grande Stevens. Il 25% è in realtà della Seinco dei Greganti. Tra gli altri soci, una società del gruppo Marachella. Si tratta di una gruppo che si definisce «multiservizi», che ha sede a Torino e nei cui uffici Greganti è stato visto spesso negli ultimi due anni. Nel periodo di suo massimo splendore, tra il 2012 e il 2013, è attiva praticamente dappertutto. Gestisce ristoranti a Torino, alberghi in provincia di Cuneo, impianti di risalita, servizi di catering, un golf club, cura la ristrutturazione di una residenza di caccia dei Savoia, spazi espositivi, tre call center (a Torino, Livorno e Palermo) che lavorano per grandi clienti. E ancora energie rinnovabili, una lavanderia industriale e di nuovo la bioarchitettura con la Mwb. Mette in piedi anche un allevamento di asini. Di chi sia la Marachella non si sa: il 90% è in mano a una fiduciaria. Tramite la Finomnia, Greganti e la Marachella mettono in piedi la Mr. Facile, sede a Jesi e guidata da Simone Greganti, nipote di Primo. Doveva realizzare kit fotovoltaici «fai da te», ma anche questa attività stenta a decollare. «Ho conosciuto Greganti perché abbiamo lo stesso commercialista», dice Marco Maniezzi, ad del gruppo. Quello dei pannelli è l’unico affare in comune? «Abbiamo parlato di tante cose», dice Maniezzi, «ma nessuna si è concretizzata». Così anche la Finomnia viene venduta. Il 20 gennaio di quest’anno la proprietà passa tutta alla galassia Marachella. Che due settimane dopo, l’11 febbraio, presenta la richiesta di concordato preventivo: il sistema «multiservizi» prevede troppi servizi e non sta più in piedi. Ma Greganti sta già pensando ad altro: il 29 febbraio Greganti è con Paris e un responsabile di Viridia per discutere della realizzazione dei padiglioni Expo. Il 14 febbraio Greganti invia una mail a Dario Foschini, ad di Cmc, contenente il testo di un contratto che riconosceva «sostanzialmente da parte di Cmc un concorso in spese di ufficio per sei mesi e, soprattutto, una provvigione sulle attività e progetti frutto del presente accordo che (...) non potrà essere inferiore all’1% del valore delle operazioni portate a buon fine».
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Re: TANGENTOPOLI - 2
il Fatto 18.5.14
Il fattore Greganti: “È il martello sulle Coop”
In un sms l’ex manger Expo Angelo Paris: “Le cooperative rosse performano male, lui le fa rigare dritto, è uno che conta in quel mondo”
di Davide Milosa
Se Tangentopoli battezzò Primo Greganti come il “Compagno G”, ora l’inchiesta sulla cupola degli appalti che programmava l’assalto all’Expo gli regala un nuovo soprannome: il martello. Così lo definisce l’ex manager di Expo Angelo Paris in un sms inviato il 12 febbraio scorso. Il particolare emerge da un’annotazione della Finanza di Milano, agli atti dell’indagine dei pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio. La conversazione fotografa l’attività della presunta organizzazione criminale, tesa a intavolare rapporti e contatti per favorire la cerchia delle imprese amiche. Al centro del dialogo ci sono le coop rosse e il grande affare di Expo 2015. Quel 12 febbraio Paris è in contatto con “tale Massimiliano Riva”. Ecco cosa scrive l’ex braccio destro del commissario Giuseppe Sala: “Ne ho parlato ieri con Primo Greganti, il partito si spacca”. L’incipit resta senza un seguito, perché in un altro messaggio Paris chiede: “Sai chi è Primo Greganti? Uno che conta in quel mondo”.
DALL’ALTRA PARTE l’interlocutore risponde preoccupato: “Ma hai a che fare con Primo Greganti? Perché?”. Chiarissima la risposta dell’ex funzionario pubblico: “Perché è uno che governa le coop rosse che, al momento, performano male su Expo, e quindi lui è il martello che le fa rigare. Ma hai capito che dimensione c’è in ballo su Expo?”. Da questa telefonata emerge come la cupola, dopo la gara “Architetture di servizi”, si era infiltrata anche nel ma-xi-appalto della Piastra. Valore, 149 milioni di euro. Di questo appalto si è occupata l’impresa Viridia svolgendo “lavori nel sito di Expo 2015, verosimilmente in qualità di consorziata del Consorzio Veneto Cooperativo”. In una telefonata del settembre 2013 il rappresentante legale Fernando Turri diceva a Greganti che sarebbe servita “una posizione di controllo e per tale scopo aveva proposto un ‘uomo” e poi gli faceva presente, annota la Gdf, di non aver “potuto parlare con ‘l’amico Fritz’ e invitava Greganti a “parlarci lui, quando lo vedrà a Roma”. Greganti, che davanti al giudice Fabio Antezza, oltre ai soliti silenzi, ha detto di occuparsi da anni solo della filiera del legno e non certo di appalti, appare sempre più centrale in questa indagine che ha scoperto un enorme mazzettificio bipartisan, con “il martello” Greganti a garantire il fronte del centrosinistra e Gianstefano Frigerio a tessere la rete di relazioni nel centrodestra. Una rete che giorno dopo giorno si allarga. E che potrebbe tracimare la prossima settimana quando scatterà la fase due dell’operazione. In calendario, infatti, la Procura ha diversi interrogatori. Le nuove informative della Gdf confermano la grande influenza di Greganti sulle coop rosse. Un dato che secondo gli investigatori viene avvalorato da un contratto tra la Seinco, società intestata alle figlie di Greganti, “e la Cooperativa Muratori & Ce-mentisti - Cmc di Ravenna”. L’accordo avrebbe previsto per la Seinco “una provvigione sulle attività e progetti”. Tanto che il 12 febbraio Greganti al telefono con la segretaria Ester dice: “Bisogna mandare bozza del contratto alla Cmc”. Se le coop a lui legate avevano interessi in Expo, la cupola degli appalti stava già lavorando per spartirsi i 323 milioni della Città da salute mettendo in prima fila un cartello di dieci società amiche. L’ex “Compagno G” mette al servizio della presunta cupola la sua agenda politica. Da Milano a Torino, dove ha le porte aperte in Comune.
IL 14 FEBBRAIO al telefono con Paolo Fusaro, Ad di Olicar, gruppo che si occupa di servizi per l’energia, dice: “Sono qui in assessorato”. È uno spezzone di telefonata fatta per confermare a Fusaro un incontro con Paris all’hotel Michelangelo di Milano. La rete di contatti emerge anche da una nuova intercettazione tra Sergio Cattozzo, ex segretario ligure dell’Udc, e Alberto Alatri, all’epoca manager della Sogin. I due parlano dei rapporti tra Luigi Grillo, ex senatore di Fi (arrestato) e il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Quando Alatri chiede a Cattozzo se Grillo abbia incarichi ufficiali al ministero, l’altro “risponde negativamente evidenziando, tuttavia, che lui è responsabile nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti di Ncd e palesando l’esistenza di consolidate aderenze anche con Maurizio Lupi”.
La capacità di tutelare le carriere dei funzionari emerge da un’intercettazione tra Frigerio e Cattozzo del maggio 2013, in cui discutono del destino di Giulio Antonio Rognoni, all’epoca dg di Infrastrutture Lombarde, che la cupola vorrebbe spostare all’Anas. Dopo aver detto di voler mandare un “bigliettino” a Lupi “per suggerirlo come presidente Anas”, Cattozzo dice: “Ne parliamo con Primo, e per quello che io volevo fare una cena o un pranzo a Milano: l’Antonio, Primo, io e te, per battezzare (…) questa è la chiave, perché quelli danno garanzie politiche ad Antonio sul suo futuro a Roma che è la cosa che gli interessa di più”.
Il fattore Greganti: “È il martello sulle Coop”
In un sms l’ex manger Expo Angelo Paris: “Le cooperative rosse performano male, lui le fa rigare dritto, è uno che conta in quel mondo”
di Davide Milosa
Se Tangentopoli battezzò Primo Greganti come il “Compagno G”, ora l’inchiesta sulla cupola degli appalti che programmava l’assalto all’Expo gli regala un nuovo soprannome: il martello. Così lo definisce l’ex manager di Expo Angelo Paris in un sms inviato il 12 febbraio scorso. Il particolare emerge da un’annotazione della Finanza di Milano, agli atti dell’indagine dei pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio. La conversazione fotografa l’attività della presunta organizzazione criminale, tesa a intavolare rapporti e contatti per favorire la cerchia delle imprese amiche. Al centro del dialogo ci sono le coop rosse e il grande affare di Expo 2015. Quel 12 febbraio Paris è in contatto con “tale Massimiliano Riva”. Ecco cosa scrive l’ex braccio destro del commissario Giuseppe Sala: “Ne ho parlato ieri con Primo Greganti, il partito si spacca”. L’incipit resta senza un seguito, perché in un altro messaggio Paris chiede: “Sai chi è Primo Greganti? Uno che conta in quel mondo”.
DALL’ALTRA PARTE l’interlocutore risponde preoccupato: “Ma hai a che fare con Primo Greganti? Perché?”. Chiarissima la risposta dell’ex funzionario pubblico: “Perché è uno che governa le coop rosse che, al momento, performano male su Expo, e quindi lui è il martello che le fa rigare. Ma hai capito che dimensione c’è in ballo su Expo?”. Da questa telefonata emerge come la cupola, dopo la gara “Architetture di servizi”, si era infiltrata anche nel ma-xi-appalto della Piastra. Valore, 149 milioni di euro. Di questo appalto si è occupata l’impresa Viridia svolgendo “lavori nel sito di Expo 2015, verosimilmente in qualità di consorziata del Consorzio Veneto Cooperativo”. In una telefonata del settembre 2013 il rappresentante legale Fernando Turri diceva a Greganti che sarebbe servita “una posizione di controllo e per tale scopo aveva proposto un ‘uomo” e poi gli faceva presente, annota la Gdf, di non aver “potuto parlare con ‘l’amico Fritz’ e invitava Greganti a “parlarci lui, quando lo vedrà a Roma”. Greganti, che davanti al giudice Fabio Antezza, oltre ai soliti silenzi, ha detto di occuparsi da anni solo della filiera del legno e non certo di appalti, appare sempre più centrale in questa indagine che ha scoperto un enorme mazzettificio bipartisan, con “il martello” Greganti a garantire il fronte del centrosinistra e Gianstefano Frigerio a tessere la rete di relazioni nel centrodestra. Una rete che giorno dopo giorno si allarga. E che potrebbe tracimare la prossima settimana quando scatterà la fase due dell’operazione. In calendario, infatti, la Procura ha diversi interrogatori. Le nuove informative della Gdf confermano la grande influenza di Greganti sulle coop rosse. Un dato che secondo gli investigatori viene avvalorato da un contratto tra la Seinco, società intestata alle figlie di Greganti, “e la Cooperativa Muratori & Ce-mentisti - Cmc di Ravenna”. L’accordo avrebbe previsto per la Seinco “una provvigione sulle attività e progetti”. Tanto che il 12 febbraio Greganti al telefono con la segretaria Ester dice: “Bisogna mandare bozza del contratto alla Cmc”. Se le coop a lui legate avevano interessi in Expo, la cupola degli appalti stava già lavorando per spartirsi i 323 milioni della Città da salute mettendo in prima fila un cartello di dieci società amiche. L’ex “Compagno G” mette al servizio della presunta cupola la sua agenda politica. Da Milano a Torino, dove ha le porte aperte in Comune.
IL 14 FEBBRAIO al telefono con Paolo Fusaro, Ad di Olicar, gruppo che si occupa di servizi per l’energia, dice: “Sono qui in assessorato”. È uno spezzone di telefonata fatta per confermare a Fusaro un incontro con Paris all’hotel Michelangelo di Milano. La rete di contatti emerge anche da una nuova intercettazione tra Sergio Cattozzo, ex segretario ligure dell’Udc, e Alberto Alatri, all’epoca manager della Sogin. I due parlano dei rapporti tra Luigi Grillo, ex senatore di Fi (arrestato) e il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Quando Alatri chiede a Cattozzo se Grillo abbia incarichi ufficiali al ministero, l’altro “risponde negativamente evidenziando, tuttavia, che lui è responsabile nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti di Ncd e palesando l’esistenza di consolidate aderenze anche con Maurizio Lupi”.
La capacità di tutelare le carriere dei funzionari emerge da un’intercettazione tra Frigerio e Cattozzo del maggio 2013, in cui discutono del destino di Giulio Antonio Rognoni, all’epoca dg di Infrastrutture Lombarde, che la cupola vorrebbe spostare all’Anas. Dopo aver detto di voler mandare un “bigliettino” a Lupi “per suggerirlo come presidente Anas”, Cattozzo dice: “Ne parliamo con Primo, e per quello che io volevo fare una cena o un pranzo a Milano: l’Antonio, Primo, io e te, per battezzare (…) questa è la chiave, perché quelli danno garanzie politiche ad Antonio sul suo futuro a Roma che è la cosa che gli interessa di più”.
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Re: TANGENTOPOLI - 2
https://www.youtube.com/watch?v=jNlF3XSTzwo
Approposito di Coop rosse caserma Vicenza Dal Molin
Queste cose devono cambiare alla svelta.Non devono lavorare sempre le stesse imprese.E poi ......
Ciao
Paolo11
Approposito di Coop rosse caserma Vicenza Dal Molin
Queste cose devono cambiare alla svelta.Non devono lavorare sempre le stesse imprese.E poi ......
Ciao
Paolo11
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Le mani della Cupola sui padiglioni esteri: “Cose mai viste”
Inserito maggio 18, 2014 Da Fonte: il fatto quotidiano • Commenti
di Gianni Barbacetto e Marco Maroni
La costruzione dei padiglioni nazionali era il grande affare da cui la “Cupola” di Gianstefano Frigerio, Primo Greganti, Angelo Paris e gli altri arrestati per l’inchiesta Expo si aspettavano molto, dopo aver già “conquistato” l’appalto per le Architetture di servizio. Quello dei padiglioni è un business da un miliardo di euro, per edifici ancora tutti da costruire, dove ogni Paese estero partecipante dovrà esibire le proprie eccellenze nazionali. Le intercettazioni della Guardia di finanza spiegano bene il metodo per assicurarsi il controllo degli appalti escogitato dal comitato d’affari: puntare sull’emergenza. L’idea era quella di dare ai Paesi una scadenza quasi impossibile da rispettare per presentare il progetto definitivo e avviare in proprio i lavori. In più, imporre una serie complessa di condizioni per far accettare il progetto. L’alterna – tiva era più facile: affidarsi alle imprese “amiche” già attive nel sito, in prima fila Maltauro, Cmc e altre cooperative “rosse”, già in affari con la “Cupola”. I primi su cui avevano deciso di puntare, dopo la Germania, che sembra determinata a fare le cose da sola, sono Kazakistan, Azerbaijan, Svizzera, Emirati Arabi e Giappone. La tela per “catturare” gli stranieri La lettera con l’ultimatum ai rappresentanti dei Paesi era già pronta il 25 febbraio scorso, ma Stefano Gatti, direttore generale Paesi partecipanti, si era messo di traverso, lamentandosi con Paris: “Mi arrivano in mano cose che sono totalmente diverse da quello che è stato deciso”, dice. “Io continuo a concordare delle cose con Peppe (Giuseppe Sala, il commissario unico di Expo 2015, ndr) e poi quello che ci sta scritto è totalmente diverso. Tu stai entrando in un circuito di una pericolosità pazzesca che finirà a incidenti pazzeschi con i Paesi. Questa cosa degli scavi e fondazioni è una cosa mai vista prima! Angelo, tu vuoi entrare nei cantieri dei Paesi”, sbotta Gatti, che evidentemente aveva annusato la puzza di bruciato. Il giorno seguente, Paris cerca di recuperare. Spiega a Gatti: “La situazione in cui il cantiere si trova è tale per cui dobbiamo dare un’accelerata su quella roba lì; anche i Paesi dovranno prendersi, tra virgolette, rispetto a una condizione ideale di un Expo normale, alcune limitazioni, barra forzature”. Con il trascorrere delle settimane, l’emergenza si fa più stringente e la soluzione architettata dalla “Cupola” diventa più facile da far passare. Se ne accorgono anche gli imprenditori in attesa degli appalti. L’11 marzo, il costruttore Enrico Maltauro dice a Frigerio: “Io vedo davvero un problema importante, per la storia di Expo… non riesco a immaginare come fanno a fare quelle opere che hanno previsto… coi padiglioni… non ce lo fanno assolutamente… se uno va in cantiere a vedere, vede una situazione… fango… cioè, è una roba… e manca un anno”. Frigerio gli ribadisce la sua soluzione: “L’ul – tima volta che ho visto Paris gliel’ho detto: guarda che secondo me voi avete una carta sola per i padiglioni stranieri, prendere sessanta padiglioni e spacchettarli in blocchi da affidare semplicemente alle cinque, sei ditte che avete dentro”. Stando alle ultime conversazioni registrate, quelle del 28 aprile, sembra che il tempo stesse giocando a favore di Frigerio, Greganti & C., che infatti già discutono delle procedure “pub – blicistiche” per gli appalti da assegnare alle ditte “amiche”. Greganti aveva già le mani sul padiglione della Cina. La Cmc, colosso cooperativo del “mon – do” rappresentato dal Compagno G, ha già ricevuto l’incarico di lavorare al padiglione della Francia, dopo che aveva vinto anche il primo appalto Expo di rilievo, cioè quello per la preparazione dell’area. La Lega ticinese vuole un referendum Il caso della Svizzera è quello più esplosivo. La Confederazione è stata la prima a confermare la sua partecipazione, già nel gennaio 2011. Ma ora, dopo gli arresti, alcuni in Svizzera ci stanno ripensando. Pierre Rusconi, parlamentare dell’U n i one di Centro, ha presentato un’interpellanza urgente al Consiglio federale. “I fatti mi stanno dando ragione”, dice al Fatto quotidiano. “Avevo avvisato il responsabile del dossier che stavamo lanciandoci in un’operazione dal ritorno nullo e che ci avrebbe messo a contatto con un contesto criminale. Mi ha risposto che era un’o p erazione che andava fatta e ribadiva che eravamo stati il primo Paese ad aderire. I primi coglioni, aggiungo io”. Dal canto suo la Lega ticinese di Attilio Bignasca sta raccogliendo addirittura le firme per un referendum contro il finanziamento stanziato dal Ticino (3,5 milioni di franchi, circa 2,8 milioni di euro). Del resto, già un mese fa il consolato elvetico scriveva: “L’enorme sagoma del cantiere a forma di pesce oggi assomiglia piuttosto a una balena spiaggiata”. In effetti, sono solo due i lotti nazionali in cui sono già iniziati i lavori: “Gli unici lotti recintati finora sono quelli della Germania e della Svizzera”, spiega Auro Della Verde, sindacalista Fillea Cgil. In questa situazione, non stupisce che il contatore dei Paesi Expo sia fermo a 104, sui 137 previsti. Salvo prossime, ulteriori defezioni.
http://mentiinformatiche.com/2014/05/le ... viste.html
Inserito maggio 18, 2014 Da Fonte: il fatto quotidiano • Commenti
di Gianni Barbacetto e Marco Maroni
La costruzione dei padiglioni nazionali era il grande affare da cui la “Cupola” di Gianstefano Frigerio, Primo Greganti, Angelo Paris e gli altri arrestati per l’inchiesta Expo si aspettavano molto, dopo aver già “conquistato” l’appalto per le Architetture di servizio. Quello dei padiglioni è un business da un miliardo di euro, per edifici ancora tutti da costruire, dove ogni Paese estero partecipante dovrà esibire le proprie eccellenze nazionali. Le intercettazioni della Guardia di finanza spiegano bene il metodo per assicurarsi il controllo degli appalti escogitato dal comitato d’affari: puntare sull’emergenza. L’idea era quella di dare ai Paesi una scadenza quasi impossibile da rispettare per presentare il progetto definitivo e avviare in proprio i lavori. In più, imporre una serie complessa di condizioni per far accettare il progetto. L’alterna – tiva era più facile: affidarsi alle imprese “amiche” già attive nel sito, in prima fila Maltauro, Cmc e altre cooperative “rosse”, già in affari con la “Cupola”. I primi su cui avevano deciso di puntare, dopo la Germania, che sembra determinata a fare le cose da sola, sono Kazakistan, Azerbaijan, Svizzera, Emirati Arabi e Giappone. La tela per “catturare” gli stranieri La lettera con l’ultimatum ai rappresentanti dei Paesi era già pronta il 25 febbraio scorso, ma Stefano Gatti, direttore generale Paesi partecipanti, si era messo di traverso, lamentandosi con Paris: “Mi arrivano in mano cose che sono totalmente diverse da quello che è stato deciso”, dice. “Io continuo a concordare delle cose con Peppe (Giuseppe Sala, il commissario unico di Expo 2015, ndr) e poi quello che ci sta scritto è totalmente diverso. Tu stai entrando in un circuito di una pericolosità pazzesca che finirà a incidenti pazzeschi con i Paesi. Questa cosa degli scavi e fondazioni è una cosa mai vista prima! Angelo, tu vuoi entrare nei cantieri dei Paesi”, sbotta Gatti, che evidentemente aveva annusato la puzza di bruciato. Il giorno seguente, Paris cerca di recuperare. Spiega a Gatti: “La situazione in cui il cantiere si trova è tale per cui dobbiamo dare un’accelerata su quella roba lì; anche i Paesi dovranno prendersi, tra virgolette, rispetto a una condizione ideale di un Expo normale, alcune limitazioni, barra forzature”. Con il trascorrere delle settimane, l’emergenza si fa più stringente e la soluzione architettata dalla “Cupola” diventa più facile da far passare. Se ne accorgono anche gli imprenditori in attesa degli appalti. L’11 marzo, il costruttore Enrico Maltauro dice a Frigerio: “Io vedo davvero un problema importante, per la storia di Expo… non riesco a immaginare come fanno a fare quelle opere che hanno previsto… coi padiglioni… non ce lo fanno assolutamente… se uno va in cantiere a vedere, vede una situazione… fango… cioè, è una roba… e manca un anno”. Frigerio gli ribadisce la sua soluzione: “L’ul – tima volta che ho visto Paris gliel’ho detto: guarda che secondo me voi avete una carta sola per i padiglioni stranieri, prendere sessanta padiglioni e spacchettarli in blocchi da affidare semplicemente alle cinque, sei ditte che avete dentro”. Stando alle ultime conversazioni registrate, quelle del 28 aprile, sembra che il tempo stesse giocando a favore di Frigerio, Greganti & C., che infatti già discutono delle procedure “pub – blicistiche” per gli appalti da assegnare alle ditte “amiche”. Greganti aveva già le mani sul padiglione della Cina. La Cmc, colosso cooperativo del “mon – do” rappresentato dal Compagno G, ha già ricevuto l’incarico di lavorare al padiglione della Francia, dopo che aveva vinto anche il primo appalto Expo di rilievo, cioè quello per la preparazione dell’area. La Lega ticinese vuole un referendum Il caso della Svizzera è quello più esplosivo. La Confederazione è stata la prima a confermare la sua partecipazione, già nel gennaio 2011. Ma ora, dopo gli arresti, alcuni in Svizzera ci stanno ripensando. Pierre Rusconi, parlamentare dell’U n i one di Centro, ha presentato un’interpellanza urgente al Consiglio federale. “I fatti mi stanno dando ragione”, dice al Fatto quotidiano. “Avevo avvisato il responsabile del dossier che stavamo lanciandoci in un’operazione dal ritorno nullo e che ci avrebbe messo a contatto con un contesto criminale. Mi ha risposto che era un’o p erazione che andava fatta e ribadiva che eravamo stati il primo Paese ad aderire. I primi coglioni, aggiungo io”. Dal canto suo la Lega ticinese di Attilio Bignasca sta raccogliendo addirittura le firme per un referendum contro il finanziamento stanziato dal Ticino (3,5 milioni di franchi, circa 2,8 milioni di euro). Del resto, già un mese fa il consolato elvetico scriveva: “L’enorme sagoma del cantiere a forma di pesce oggi assomiglia piuttosto a una balena spiaggiata”. In effetti, sono solo due i lotti nazionali in cui sono già iniziati i lavori: “Gli unici lotti recintati finora sono quelli della Germania e della Svizzera”, spiega Auro Della Verde, sindacalista Fillea Cgil. In questa situazione, non stupisce che il contatore dei Paesi Expo sia fermo a 104, sui 137 previsti. Salvo prossime, ulteriori defezioni.
http://mentiinformatiche.com/2014/05/le ... viste.html
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Ciao camillobenso.Una tua opinione.Dopo Expo, cosa ne faranno di tutta quella area!
Ciao
Paolo11
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Re: TANGENTOPOLI - 2
paolo11 ha scritto:Ciao camillobenso.Una tua opinione.Dopo Expo, cosa ne faranno di tutta quella area!
Ciao
Paolo11
Me lo sono sempre chiesto anch'io da tempo. Bastava aggiornare le strutture della Fiera Campionaria trasferita qualche anno fa dal centro milanese.
Ma in questo caso le mazzette non potevano essere sostanziose. Quell'area non credo possa servire ad altro.
Le grandi opere da noi si sono sempre fatte per il magna magna.
Basta vedere l'area delle Olimpiadi del '60 a Roma.
Ma agli italiani sta bene così. E li votano pure.
I partiti, finita l'ideologia, si sono trasformati in comitati d'affari.
Allora la domanda sorge spontanea:
"Che interessi ha un cittadino elettore a votare un comitato d'affari piuttosto che un'altro???
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Expo 2015, in Svizzera raccolta firme: “Troppa corruzione non partecipiamo”
Gli ultranazionalisti della Lega Ticinese propongono un referendum per non stanziare i 3 milioni che servono per aderire. Lo slogan: “Non mandiamo i nostri soldi in fumo per finanziare Fallitalia”
di Dario Falcini | 24 maggio 2014Commenti (345)
L’hashtag è in circolazione da un pezzo perché c’è chi questa protesta la conduce da anni. Ora il fronte #noexpo ha passato la dogana ed è approdato in Svizzera, che il 27 ottobre del 2011 fu il primo paese a aderire all’evento del 2015. Qui non sono i centri sociali a contestare l’esposizione universale, ma la Lega dei Ticinesi. Il partito xenofobo, feudo della famiglia Bignasca, ha lanciato attraverso il suo sito una raccolta firme per sottoporre a referendum lo stanziamento di 3 milioni e mezzo di franchi (2 milioni e 800 mila euro) per la partecipazione del Cantone Ticino all’Expo. Nel complesso la confederazione ha messo a bilancio un budget da 32 milioni di euro per l’appuntamento milanese.
Il finanziamento è stato votato negli scorsi mesi da una maggioranza trasversale formata da Plr, popolari e socialisti. Non solo la destra ha contestato la scelta, per una esponente dei Verdi ticinesi “in questo modo si finanzia la mafia italiana”. La Lega sta in prima fila con i suoi toni battaglieri. “Perché sostenere un’idea senza una vera progettualità e benefici tangibili per il mercato e per la gente?” si domandano sul sito noexpo2015.ch. “Non mandiamo i nostri soldi in fumo per finanziare Fallitalia” aggiungono.
Segue un elenco di dieci motivi per cui il Ticino dovrebbe stare alla larga da Rho. “Expo 2015 ha già un bel po’ di gente in galera per vari motivi. Le infiltrazioni della ‘ndrangheta non sono tra le credenziali migliori per avvicinarsi a una manifestazione” scrivono. “Mentre tagliano i sussidi ai cittadini, ci imbarchiamo in una enorme perdita di denaro”.
Il Ticino, assieme ai cantoni del San Gottardo, ha uno spazio all’interno del padiglione elvetico, 4500 metri quadri per promuovere il turismo, gli orologi e il cioccolato locale. Oltre al sentimento anti-italiano che caratterizza formazioni come Lega e Udc, a creare dubbi tra i ticinesi contribuisce lo stato di avanzamento delle opere connesse a Expo. La Svizzera ha sempre guardato con fiducia alla costruzione della Pedemontana, l’autostrada destinata a collegare le province di Milano, Bergamo e Varese con la conseguenza di decongestionare il traffico in direzione Gaggiolo e Chiasso.
Ma i ritardi si sono ormai fatti cronici. Ancora meno certezze dà la ferrovia Arcisate-Stabio, che unisce il varesotto a Mendrisio. Un’opera fondamentale che su territorio italiano procede a singhiozzo tra le proteste elvetiche. E’ tramontato definitivamente il TrenHotel di Chiasso: un albergo provvisorio su rotaia con 324 posti letto da parcheggiare nei pressi del confine per ospitare i visitatori dell’esposizione, ma pochi giorni fa il 70% degli abitanti del comune ha optato per rinunciare all’esborso. Il dossier di candidatura del 2008 esaltava l’esperienza di un ingresso in barca nel cuore della città. Da Locarno, attraverso il Lago Maggiore e i canali navigabili, si sarebbe approdati alla Darsena passando per il sito della Fiera. Un progetto ambizioso man mano ridimensionato, così come gli annunciati chilometri di piste ciclabili.
La campagna della Lega dei Ticinesi non è da sottovalutare perché in Svizzera i referendum sono cosa seria e perché il partito di estrema destra ha dimostrato di avere un nutrito seguito. Furono tra i più accesi promotori della consultazione dello scorso febbraio per porre un tetto alla presenza di lavoratori stranieri nel paese. In quel caso il risultato fu condizionato proprio dal voto di massa dei ticinesi che vollero dare un segnale alle migliaia di italiani che ogni mattina attraversano il confine per andare nelle fabbriche o negli uffici del cantone.
Certo, in questo momento l’affaire ticinese è all’ultimo posto tra le cose da affrontare dalla dirigenza della società Expo. Anzi, la presenza dei paesi che partecipano all’evento milanese è ottima. Sono stati in 144 finora ad aderire, cifre da record. Con l’India, però, la questione marò rende tutto più difficile. Altre possibili defezioni, ben più rumorose di quella di Bellinzona, potrebbero arrivare da Turchia e Ucraina. Ad Ankara considerano uno sgarbo il mancato appoggio italiano alla candidatura della sconfitta Smirne nel 2020, della parola data da Kiev si è persa traccia tra blindati in piazza e venti di secessione.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... mo/998476/
Gli ultranazionalisti della Lega Ticinese propongono un referendum per non stanziare i 3 milioni che servono per aderire. Lo slogan: “Non mandiamo i nostri soldi in fumo per finanziare Fallitalia”
di Dario Falcini | 24 maggio 2014Commenti (345)
L’hashtag è in circolazione da un pezzo perché c’è chi questa protesta la conduce da anni. Ora il fronte #noexpo ha passato la dogana ed è approdato in Svizzera, che il 27 ottobre del 2011 fu il primo paese a aderire all’evento del 2015. Qui non sono i centri sociali a contestare l’esposizione universale, ma la Lega dei Ticinesi. Il partito xenofobo, feudo della famiglia Bignasca, ha lanciato attraverso il suo sito una raccolta firme per sottoporre a referendum lo stanziamento di 3 milioni e mezzo di franchi (2 milioni e 800 mila euro) per la partecipazione del Cantone Ticino all’Expo. Nel complesso la confederazione ha messo a bilancio un budget da 32 milioni di euro per l’appuntamento milanese.
Il finanziamento è stato votato negli scorsi mesi da una maggioranza trasversale formata da Plr, popolari e socialisti. Non solo la destra ha contestato la scelta, per una esponente dei Verdi ticinesi “in questo modo si finanzia la mafia italiana”. La Lega sta in prima fila con i suoi toni battaglieri. “Perché sostenere un’idea senza una vera progettualità e benefici tangibili per il mercato e per la gente?” si domandano sul sito noexpo2015.ch. “Non mandiamo i nostri soldi in fumo per finanziare Fallitalia” aggiungono.
Segue un elenco di dieci motivi per cui il Ticino dovrebbe stare alla larga da Rho. “Expo 2015 ha già un bel po’ di gente in galera per vari motivi. Le infiltrazioni della ‘ndrangheta non sono tra le credenziali migliori per avvicinarsi a una manifestazione” scrivono. “Mentre tagliano i sussidi ai cittadini, ci imbarchiamo in una enorme perdita di denaro”.
Il Ticino, assieme ai cantoni del San Gottardo, ha uno spazio all’interno del padiglione elvetico, 4500 metri quadri per promuovere il turismo, gli orologi e il cioccolato locale. Oltre al sentimento anti-italiano che caratterizza formazioni come Lega e Udc, a creare dubbi tra i ticinesi contribuisce lo stato di avanzamento delle opere connesse a Expo. La Svizzera ha sempre guardato con fiducia alla costruzione della Pedemontana, l’autostrada destinata a collegare le province di Milano, Bergamo e Varese con la conseguenza di decongestionare il traffico in direzione Gaggiolo e Chiasso.
Ma i ritardi si sono ormai fatti cronici. Ancora meno certezze dà la ferrovia Arcisate-Stabio, che unisce il varesotto a Mendrisio. Un’opera fondamentale che su territorio italiano procede a singhiozzo tra le proteste elvetiche. E’ tramontato definitivamente il TrenHotel di Chiasso: un albergo provvisorio su rotaia con 324 posti letto da parcheggiare nei pressi del confine per ospitare i visitatori dell’esposizione, ma pochi giorni fa il 70% degli abitanti del comune ha optato per rinunciare all’esborso. Il dossier di candidatura del 2008 esaltava l’esperienza di un ingresso in barca nel cuore della città. Da Locarno, attraverso il Lago Maggiore e i canali navigabili, si sarebbe approdati alla Darsena passando per il sito della Fiera. Un progetto ambizioso man mano ridimensionato, così come gli annunciati chilometri di piste ciclabili.
La campagna della Lega dei Ticinesi non è da sottovalutare perché in Svizzera i referendum sono cosa seria e perché il partito di estrema destra ha dimostrato di avere un nutrito seguito. Furono tra i più accesi promotori della consultazione dello scorso febbraio per porre un tetto alla presenza di lavoratori stranieri nel paese. In quel caso il risultato fu condizionato proprio dal voto di massa dei ticinesi che vollero dare un segnale alle migliaia di italiani che ogni mattina attraversano il confine per andare nelle fabbriche o negli uffici del cantone.
Certo, in questo momento l’affaire ticinese è all’ultimo posto tra le cose da affrontare dalla dirigenza della società Expo. Anzi, la presenza dei paesi che partecipano all’evento milanese è ottima. Sono stati in 144 finora ad aderire, cifre da record. Con l’India, però, la questione marò rende tutto più difficile. Altre possibili defezioni, ben più rumorose di quella di Bellinzona, potrebbero arrivare da Turchia e Ucraina. Ad Ankara considerano uno sgarbo il mancato appoggio italiano alla candidatura della sconfitta Smirne nel 2020, della parola data da Kiev si è persa traccia tra blindati in piazza e venti di secessione.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... mo/998476/
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Re: TANGENTOPOLI - 2
il Fatto 24.5.14
Questione morale
L’eredità di Berlinguer che nessuno sa raccogliere
Contro la corruzione e l'illegalità: Libertà e Giustizia ha organizzato una manifestazione, il 2 giugno in piazza XX Settembre a Modena. Sul palco Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Marco Travaglio, Elisabetta Rubini, Carlo Smuraglia, Gian Carlo Caselli, Alberto Vannucci, Paul Ginsborg, Gaetano Azzariti e Roberta De Monticelli. Fabrizio Gifuni leggerà e reciterà pagine della storia d’Italia.
di Sandra Bonsanti
Contro la corruzione e l'illegalità: Libertà e Giustizia ha organizzato una manifestazione, il 2 giugno in piazza XX Settembre a Modena. Sul palco Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Marco Travaglio, Elisabetta Rubini, Carlo Smuraglia, Gian Carlo Caselli, Alberto Vannucci, Paul Ginsborg, Gaetano Azzariti e Roberta De Monticelli. Fabrizio Gifuni leggerà e reciterà pagine della storia d’Italia.
Come si fa oggi a parlare di Europa e di situazione politica italiana senza restare ammutoliti, incantati dalle parole di Enrico Berlinguer, il 6 giugno 1984, ore drammatiche perché precedevano di così poco la sua morte a Padova? Parole semplici, che arrivano dal pensiero di un grande statista e segretario di partito che guardava oltre il suo partito, verso il bene dell’Italia tutta e del suo futuro.
Alla domanda: “C’è un rapporto stretto fra il voto europeo e la situazione politica italiana?”,
Berlinguer risponde: “Certo. Soprattutto nel senso che dobbiamo portare in Europa l’immagine e la realtà di un Paese che non sia caratterizzato dalla P2, dalle tangenti, dall’evasione fiscale e dalla iniquità sociale qual è quella che si è vista col decreto che taglia i salari, per portare invece nella Comunità europea il volto di un Paese più pulito, più democratico, più giusto”.
Un bel programma elettorale, chiaro, trasparente come lo sguardo del politico che lo aveva espresso.
Peccato. Peccato che oggi nessuno lo abbia fatto totalmente suo, quel progetto che il tempo ha soltanto reso più indispensabile, più urgente.
Possiamo chiederci il perché questo sia avvenuto, possiamo infierire più o meno sulla classe politica che ha tradito e si è allontanata da quelle parole. È possibile che oggi i giovani al potere rispondano: di cosa parlate? Io non ero nato... Oppure: io facevo le medie. Oppure: io allora mi occupavo d’altro.
In tanti non provano imbarazzo. Amano il potere e a esso sono devoti assai più di coloro che li hanno preceduti.
Il verbo è uno soltanto: il potere non si divide con nessun altro. Più andreottiani di Giulio Andreotti, più craxiani di Bettino Craxi, più berlusconiani di Silvio Berlusconi.
Dunque, che problema è avere come complice nello smantellamento di tutta la seconda parte della Costituzione e nell’aver imboccato speditamente la via che porta al presidenzialismo l’uomo di Licio Gelli? Che problema è se il governo che dovrebbe combattere la corruzione riceve quasi ogni giorno in Parlamento il soccorso dei grandi maestri in questo campo, di chi non si fermò nemmeno davanti alla tentazione di comprare sentenze della magistratura o il voto di parlamentari? Infine, che problema è se in attesa di varare a giugno una riforma della Giustizia si consentono manovre volte a delegittimare la Procura di Milano?
COSÌ NEL momento in cui oscuri poteri internazionali sollecitano davvero la fine delle costituzioni nate dopo la Liberazione, basta mettersi d’accordo con chi la Costituzione l’ha sempre combattuta e tradita e il gioco è fatto. Il gioco grande del potere che denunciava Giovanni Falcone.
Questa è la posta delle elezioni europee: la possibilità di esportare un altro volto dell’Italia, il volto a cui si riferiva il segretario del Partito comunista nel 1984.
Qualcuno è in grado oggi nel nostro Paese di dirsi erede di quel progetto, di rivendicare in assoluto quelle parole?
A questo dovremmo pensare nel momento del voto: per l’Europa e per le amministrazioni locali. Non sarà facile, non è mai stato facile.
Questione morale
L’eredità di Berlinguer che nessuno sa raccogliere
Contro la corruzione e l'illegalità: Libertà e Giustizia ha organizzato una manifestazione, il 2 giugno in piazza XX Settembre a Modena. Sul palco Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Marco Travaglio, Elisabetta Rubini, Carlo Smuraglia, Gian Carlo Caselli, Alberto Vannucci, Paul Ginsborg, Gaetano Azzariti e Roberta De Monticelli. Fabrizio Gifuni leggerà e reciterà pagine della storia d’Italia.
di Sandra Bonsanti
Contro la corruzione e l'illegalità: Libertà e Giustizia ha organizzato una manifestazione, il 2 giugno in piazza XX Settembre a Modena. Sul palco Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Marco Travaglio, Elisabetta Rubini, Carlo Smuraglia, Gian Carlo Caselli, Alberto Vannucci, Paul Ginsborg, Gaetano Azzariti e Roberta De Monticelli. Fabrizio Gifuni leggerà e reciterà pagine della storia d’Italia.
Come si fa oggi a parlare di Europa e di situazione politica italiana senza restare ammutoliti, incantati dalle parole di Enrico Berlinguer, il 6 giugno 1984, ore drammatiche perché precedevano di così poco la sua morte a Padova? Parole semplici, che arrivano dal pensiero di un grande statista e segretario di partito che guardava oltre il suo partito, verso il bene dell’Italia tutta e del suo futuro.
Alla domanda: “C’è un rapporto stretto fra il voto europeo e la situazione politica italiana?”,
Berlinguer risponde: “Certo. Soprattutto nel senso che dobbiamo portare in Europa l’immagine e la realtà di un Paese che non sia caratterizzato dalla P2, dalle tangenti, dall’evasione fiscale e dalla iniquità sociale qual è quella che si è vista col decreto che taglia i salari, per portare invece nella Comunità europea il volto di un Paese più pulito, più democratico, più giusto”.
Un bel programma elettorale, chiaro, trasparente come lo sguardo del politico che lo aveva espresso.
Peccato. Peccato che oggi nessuno lo abbia fatto totalmente suo, quel progetto che il tempo ha soltanto reso più indispensabile, più urgente.
Possiamo chiederci il perché questo sia avvenuto, possiamo infierire più o meno sulla classe politica che ha tradito e si è allontanata da quelle parole. È possibile che oggi i giovani al potere rispondano: di cosa parlate? Io non ero nato... Oppure: io facevo le medie. Oppure: io allora mi occupavo d’altro.
In tanti non provano imbarazzo. Amano il potere e a esso sono devoti assai più di coloro che li hanno preceduti.
Il verbo è uno soltanto: il potere non si divide con nessun altro. Più andreottiani di Giulio Andreotti, più craxiani di Bettino Craxi, più berlusconiani di Silvio Berlusconi.
Dunque, che problema è avere come complice nello smantellamento di tutta la seconda parte della Costituzione e nell’aver imboccato speditamente la via che porta al presidenzialismo l’uomo di Licio Gelli? Che problema è se il governo che dovrebbe combattere la corruzione riceve quasi ogni giorno in Parlamento il soccorso dei grandi maestri in questo campo, di chi non si fermò nemmeno davanti alla tentazione di comprare sentenze della magistratura o il voto di parlamentari? Infine, che problema è se in attesa di varare a giugno una riforma della Giustizia si consentono manovre volte a delegittimare la Procura di Milano?
COSÌ NEL momento in cui oscuri poteri internazionali sollecitano davvero la fine delle costituzioni nate dopo la Liberazione, basta mettersi d’accordo con chi la Costituzione l’ha sempre combattuta e tradita e il gioco è fatto. Il gioco grande del potere che denunciava Giovanni Falcone.
Questa è la posta delle elezioni europee: la possibilità di esportare un altro volto dell’Italia, il volto a cui si riferiva il segretario del Partito comunista nel 1984.
Qualcuno è in grado oggi nel nostro Paese di dirsi erede di quel progetto, di rivendicare in assoluto quelle parole?
A questo dovremmo pensare nel momento del voto: per l’Europa e per le amministrazioni locali. Non sarà facile, non è mai stato facile.
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Anticorruzione, Cantone resta solo
E l'inquisita Maltauro si riprende l'Expo
Nulla di fatto in cdm su poteri e membri dell'Autorità. Maroni: "Ennesimo rinvio, chi mi dice che
fare con l'azienda accusata per Expo?". Ma la risposta arriva dall'interessata: "Continuiamo i lavori"
Anticorruzione, Cantone resta solo E l'inquisita Maltauro si riprende l'Expo
E Cantone restò solo. Mentre si infiamma il dibattito politico sugli arresti per i Mose e per l’Expo2015, il consiglio dei ministri di oggi non ha scelto i tre componenti dell’Autorità anticorruzione da affiancare al magistrato. Il magistrato: "Questo rallenta l'attività (leggi). Expo, Maroni chiede al governo che fare con Maltauro, ma la risposta arriva dall'azienda protagonista dell'inchiesta: "Abbiamo l'ok della Prefettura". Il governatore: "Prendo atto". Il sindaco Pisapia: "Non mi risulta" (leggi)
http://www.ilfattoquotidiano.it/
*****
Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo > Anticorruzione,...
Anticorruzione, Cantone resta solo. E l’azienda inquisita si riprende i lavori Expo
Nulla di fatto in consiglio dei ministri non solo sui poteri, ma neppure sui nomi dei tre componenti da affiancare al magistrato. Che commenta: "Questo ci rallenta un po', ma meglio aspettare e avere nomi migliori". L'ira di Maroni su Expo: "Ora chi mi dice cosa fare con la Maltauro?". Ma a rispodergli ci pensa l'azienda inquisita: "Continuiamo i lavori". Pisapia: "Solo se commissariati"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 6 giugno 2014Commenti (292)
Anticorruzione, Cantone resta solo. E l’azienda inquisita si riprende i lavori Expo
Più informazioni su: Expo 2015, Governo Renzi, Mose, Raffaele Cantone.
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E Cantone restò solo. Mentre si infiamma il dibattito politico sugli arresti per i Mose e per l’Expo2015, il consiglio dei ministri convocato oggi non ha scelto i tre componenti dell’Autorità anticorruzione da affiancare al magistrato nominato presidente da Renzi in aprile. Se era già nell’aria il rinvio del decreto sui famosi poteri dell’Autorità in fatto di controllo sugli appalti pubblici, la mancata scelta degli altri membri si traduce nell’immobilità di fatto dell’ente, dato che i vecchi componenti hanno presentato le loro dimissioni all’arrivo del nuovo numero uno.
“Le nomine che mancano non so se arriveranno oggi nel Consiglio dei ministri”, aveva profetizzato in mattinata Cantone a Radio24. “Questo obiettivamente un po’ rallenta la nostra attività, su tante cose sto lavorando da solo, un organo collegiale non può essere sostituito da un organo monocratico”. Il presidente dell’Autorità anticorruzione riconosce comunque che “finora queste nomine sono state di tipo politico, fatte dal presidente del Consiglio su richiesta del ministero della Funzione pubblica”. Mentre in questo caso “il ministro ha ritenuto di fare una ‘call’, sono arrivate 230 domande e vanno valutati i titoli. Quindi meglio se aspettiamo una settimana in più e facciamo le nomine migliori”.
Tra i primi a stigmatizzare “l’ennesimo rinvio” c’è il “padrone di casa” di Expo2015, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni: “E’ incomprensibile, non si capisce perché vista l’urgenza e la necessità di intervenire subito”. Anche il grande evento milanese, infatti, è alle prese con il trauma post arresti: “La Maltauro per esempio rimane o no?”, si è chiesto il governatore, riferendosi a una delle aziende più compromesse nell’inchiesta sulla corruzione nell’affare Expo.
Ma mentre Maroni attende dal governo chiarimenti che non arrivano, è la stessa Maltauro a fornirlo: “Non ci sarà nessuna risoluzione dei contratti su Expo affidati all’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro”, si legge in una nota della stessa impresa di costruzioni. La decisione è stata presa, inforrma la nota, “in seguito a compiuta istruttoria e alla riunione tenutasi lo scorso 3 giugno presso la Prefettura di Milano“, dove “non sono stati rilevati elementi sufficienti a motivare la soluzione dei contratti”. E di conseguenza la società veneta “porterà avanti l’esecuzione dei contratti aggiudicati, a stesso dire della medesima stazione appaltante, in assenza di ‘vizi estrinseci nella procedura di scelta del contraente’”.
A stretto giro, la laconica controreplica di Maroni: “Vuol dire che qualcuno ha deciso che non ci sono gli estremi per revocare il contratto, prendo atto di questo. D’altronde la responsabilità del sito è nelle mani del Governo attraverso il commissario di Governo” Giuseppe Sala. Ma appare grande la confusione sotto il cielo se l’altro padrone di casa, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, non pare intenzionato a “prendere atto”: “A me non risulta. Non so su che basi possa essere permesso alla Maltauro di continuare i lavori a meno che non venga commissariata”. Lo stesso Pisapia si dice “deluso” dal rinvio delle decisioni sui poteri a Cantone: “Ogni giorno perso è un giorno in più di preoccupazione. Invece abbiamo bisogno di fiducia perché Expo sarà un grande successo”.
Una spiegazione a Pisapia e Maroni arriva direttamente dalla società Expo: ”La comunicazione inviata alla Maltauro” a proposito dei contratti relativi ad Expo 2015 “è volta unicamente a garantire il prosieguo dei lavori, per la cui realizzazione ogni giorno è prezioso. Come ricordato più volte dal commissario Sala, è in corso – precisa Expo – la verifica delle condizioni tecnico-giuridiche per la prosecuzione dei contratti in essere alle imprese appaltatrici che stanno lavorando al sito dell’Esposizione Universale”. Expo 2015 sostiene di avere comunque “attivato un severo monitoraggio sull’esecuzione dei lavori, così da poter riesaminare e rivalutare, in ogni momento, la sussistenza di condizioni utili a sostenere la prosecuzione del rapporto contrattuale, ovvero la necessità di attivare azioni di autotutela”. Provvedimenti di segno diverso, continua, “saranno possibili solo in ragione di un mutato quadro normativo o di diverse informazioni provenienti dalle indagini in corso, ovvero a seguito di eventuali provvedimenti delle autorità competenti”.
Intanto il consiglio di amministrazione della Maltauro, nella seduta di oggi, ha deciso di proporre all’assemblea degli azionisti di fare un’azione di responsabilità contro l’ex amministratore delegato Enrico Maltauro, arrestato nell’inchiesta milanese. E questo per la “accertata violazione” da parte dell’ex amministratore delle “misure preventive” previste dalla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società . Quindi a prescindere dai reati che gli possano venire contestati e da un suo eventuale rinvio a giudizio. Ad accertare le violazioni “dopo le opportune verifiche interne” è stato l’organismo di vigilanza della Maltauro di cui fanno parte il legale responsabile dell’azienda, il responsabile del servizio Qhse (quality, health, safety, environment, ndr) in collaborazione con una squadra di legali.
Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo > Anticorruzione,...
Anticorruzione, Cantone resta solo. E l’azienda inquisita si riprende i lavori Expo
Nulla di fatto in consiglio dei ministri non solo sui poteri, ma neppure sui nomi dei tre componenti da affiancare al magistrato. Che commenta: "Questo ci rallenta un po', ma meglio aspettare e avere nomi migliori". L'ira di Maroni su Expo: "Ora chi mi dice cosa fare con la Maltauro?". Ma a rispodergli ci pensa l'azienda inquisita: "Continuiamo i lavori". Pisapia: "Solo se commissariati"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 6 giugno 2014Commenti (292)
E Cantone restò solo. Mentre si infiamma il dibattito politico sugli arresti per i Mose e per l’Expo2015, il consiglio dei ministri convocato oggi non ha scelto i tre componenti dell’Autorità anticorruzione da affiancare al magistrato nominato presidente da Renzi in aprile. Se era già nell’aria il rinvio del decreto sui famosi poteri dell’Autorità in fatto di controllo sugli appalti pubblici, la mancata scelta degli altri membri si traduce nell’immobilità di fatto dell’ente, dato che i vecchi componenti hanno presentato le loro dimissioni all’arrivo del nuovo numero uno.
“Le nomine che mancano non so se arriveranno oggi nel Consiglio dei ministri”, aveva profetizzato in mattinata Cantone a Radio24. “Questo obiettivamente un po’ rallenta la nostra attività, su tante cose sto lavorando da solo, un organo collegiale non può essere sostituito da un organo monocratico”. Il presidente dell’Autorità anticorruzione riconosce comunque che “finora queste nomine sono state di tipo politico, fatte dal presidente del Consiglio su richiesta del ministero della Funzione pubblica”. Mentre in questo caso “il ministro ha ritenuto di fare una ‘call’, sono arrivate 230 domande e vanno valutati i titoli. Quindi meglio se aspettiamo una settimana in più e facciamo le nomine migliori”.
Tra i primi a stigmatizzare “l’ennesimo rinvio” c’è il “padrone di casa” di Expo2015, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni: “E’ incomprensibile, non si capisce perché vista l’urgenza e la necessità di intervenire subito”. Anche il grande evento milanese, infatti, è alle prese con il trauma post arresti: “La Maltauro per esempio rimane o no?”, si è chiesto il governatore, riferendosi a una delle aziende più compromesse nell’inchiesta sulla corruzione nell’affare Expo.
Ma mentre Maroni attende dal governo chiarimenti che non arrivano, è la stessa Maltauro a fornirlo: “Non ci sarà nessuna risoluzione dei contratti su Expo affidati all’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro”, si legge in una nota della stessa impresa di costruzioni. La decisione è stata presa, inforrma la nota, “in seguito a compiuta istruttoria e alla riunione tenutasi lo scorso 3 giugno presso la Prefettura di Milano“, dove “non sono stati rilevati elementi sufficienti a motivare la soluzione dei contratti”. E di conseguenza la società veneta “porterà avanti l’esecuzione dei contratti aggiudicati, a stesso dire della medesima stazione appaltante, in assenza di ‘vizi estrinseci nella procedura di scelta del contraente’”.
A stretto giro, la laconica controreplica di Maroni: “Vuol dire che qualcuno ha deciso che non ci sono gli estremi per revocare il contratto, prendo atto di questo. D’altronde la responsabilità del sito è nelle mani del Governo attraverso il commissario di Governo” Giuseppe Sala. Ma appare grande la confusione sotto il cielo se l’altro padrone di casa, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, non pare intenzionato a “prendere atto”: “A me non risulta. Non so su che basi possa essere permesso alla Maltauro di continuare i lavori a meno che non venga commissariata”. Lo stesso Pisapia si dice “deluso” dal rinvio delle decisioni sui poteri a Cantone: “Ogni giorno perso è un giorno in più di preoccupazione. Invece abbiamo bisogno di fiducia perché Expo sarà un grande successo”.
Una spiegazione a Pisapia e Maroni arriva direttamente dalla società Expo: ”La comunicazione inviata alla Maltauro” a proposito dei contratti relativi ad Expo 2015 “è volta unicamente a garantire il prosieguo dei lavori, per la cui realizzazione ogni giorno è prezioso. Come ricordato più volte dal commissario Sala, è in corso – precisa Expo – la verifica delle condizioni tecnico-giuridiche per la prosecuzione dei contratti in essere alle imprese appaltatrici che stanno lavorando al sito dell’Esposizione Universale”. Expo 2015 sostiene di avere comunque “attivato un severo monitoraggio sull’esecuzione dei lavori, così da poter riesaminare e rivalutare, in ogni momento, la sussistenza di condizioni utili a sostenere la prosecuzione del rapporto contrattuale, ovvero la necessità di attivare azioni di autotutela”. Provvedimenti di segno diverso, continua, “saranno possibili solo in ragione di un mutato quadro normativo o di diverse informazioni provenienti dalle indagini in corso, ovvero a seguito di eventuali provvedimenti delle autorità competenti”.
Intanto il consiglio di amministrazione della Maltauro, nella seduta di oggi, ha deciso di proporre all’assemblea degli azionisti di fare un’azione di responsabilità contro l’ex amministratore delegato Enrico Maltauro, arrestato nell’inchiesta milanese. E questo per la “accertata violazione” da parte dell’ex amministratore delle “misure preventive” previste dalla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società . Quindi a prescindere dai reati che gli possano venire contestati e da un suo eventuale rinvio a giudizio. Ad accertare le violazioni “dopo le opportune verifiche interne” è stato l’organismo di vigilanza della Maltauro di cui fanno parte il legale responsabile dell’azienda, il responsabile del servizio Qhse (quality, health, safety, environment, ndr) in collaborazione con una squadra di legali.
E l'inquisita Maltauro si riprende l'Expo
Nulla di fatto in cdm su poteri e membri dell'Autorità. Maroni: "Ennesimo rinvio, chi mi dice che
fare con l'azienda accusata per Expo?". Ma la risposta arriva dall'interessata: "Continuiamo i lavori"
Anticorruzione, Cantone resta solo E l'inquisita Maltauro si riprende l'Expo
E Cantone restò solo. Mentre si infiamma il dibattito politico sugli arresti per i Mose e per l’Expo2015, il consiglio dei ministri di oggi non ha scelto i tre componenti dell’Autorità anticorruzione da affiancare al magistrato. Il magistrato: "Questo rallenta l'attività (leggi). Expo, Maroni chiede al governo che fare con Maltauro, ma la risposta arriva dall'azienda protagonista dell'inchiesta: "Abbiamo l'ok della Prefettura". Il governatore: "Prendo atto". Il sindaco Pisapia: "Non mi risulta" (leggi)
http://www.ilfattoquotidiano.it/
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Anticorruzione, Cantone resta solo. E l’azienda inquisita si riprende i lavori Expo
Nulla di fatto in consiglio dei ministri non solo sui poteri, ma neppure sui nomi dei tre componenti da affiancare al magistrato. Che commenta: "Questo ci rallenta un po', ma meglio aspettare e avere nomi migliori". L'ira di Maroni su Expo: "Ora chi mi dice cosa fare con la Maltauro?". Ma a rispodergli ci pensa l'azienda inquisita: "Continuiamo i lavori". Pisapia: "Solo se commissariati"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 6 giugno 2014Commenti (292)
Anticorruzione, Cantone resta solo. E l’azienda inquisita si riprende i lavori Expo
Più informazioni su: Expo 2015, Governo Renzi, Mose, Raffaele Cantone.
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E Cantone restò solo. Mentre si infiamma il dibattito politico sugli arresti per i Mose e per l’Expo2015, il consiglio dei ministri convocato oggi non ha scelto i tre componenti dell’Autorità anticorruzione da affiancare al magistrato nominato presidente da Renzi in aprile. Se era già nell’aria il rinvio del decreto sui famosi poteri dell’Autorità in fatto di controllo sugli appalti pubblici, la mancata scelta degli altri membri si traduce nell’immobilità di fatto dell’ente, dato che i vecchi componenti hanno presentato le loro dimissioni all’arrivo del nuovo numero uno.
“Le nomine che mancano non so se arriveranno oggi nel Consiglio dei ministri”, aveva profetizzato in mattinata Cantone a Radio24. “Questo obiettivamente un po’ rallenta la nostra attività, su tante cose sto lavorando da solo, un organo collegiale non può essere sostituito da un organo monocratico”. Il presidente dell’Autorità anticorruzione riconosce comunque che “finora queste nomine sono state di tipo politico, fatte dal presidente del Consiglio su richiesta del ministero della Funzione pubblica”. Mentre in questo caso “il ministro ha ritenuto di fare una ‘call’, sono arrivate 230 domande e vanno valutati i titoli. Quindi meglio se aspettiamo una settimana in più e facciamo le nomine migliori”.
Tra i primi a stigmatizzare “l’ennesimo rinvio” c’è il “padrone di casa” di Expo2015, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni: “E’ incomprensibile, non si capisce perché vista l’urgenza e la necessità di intervenire subito”. Anche il grande evento milanese, infatti, è alle prese con il trauma post arresti: “La Maltauro per esempio rimane o no?”, si è chiesto il governatore, riferendosi a una delle aziende più compromesse nell’inchiesta sulla corruzione nell’affare Expo.
Ma mentre Maroni attende dal governo chiarimenti che non arrivano, è la stessa Maltauro a fornirlo: “Non ci sarà nessuna risoluzione dei contratti su Expo affidati all’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro”, si legge in una nota della stessa impresa di costruzioni. La decisione è stata presa, inforrma la nota, “in seguito a compiuta istruttoria e alla riunione tenutasi lo scorso 3 giugno presso la Prefettura di Milano“, dove “non sono stati rilevati elementi sufficienti a motivare la soluzione dei contratti”. E di conseguenza la società veneta “porterà avanti l’esecuzione dei contratti aggiudicati, a stesso dire della medesima stazione appaltante, in assenza di ‘vizi estrinseci nella procedura di scelta del contraente’”.
A stretto giro, la laconica controreplica di Maroni: “Vuol dire che qualcuno ha deciso che non ci sono gli estremi per revocare il contratto, prendo atto di questo. D’altronde la responsabilità del sito è nelle mani del Governo attraverso il commissario di Governo” Giuseppe Sala. Ma appare grande la confusione sotto il cielo se l’altro padrone di casa, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, non pare intenzionato a “prendere atto”: “A me non risulta. Non so su che basi possa essere permesso alla Maltauro di continuare i lavori a meno che non venga commissariata”. Lo stesso Pisapia si dice “deluso” dal rinvio delle decisioni sui poteri a Cantone: “Ogni giorno perso è un giorno in più di preoccupazione. Invece abbiamo bisogno di fiducia perché Expo sarà un grande successo”.
Una spiegazione a Pisapia e Maroni arriva direttamente dalla società Expo: ”La comunicazione inviata alla Maltauro” a proposito dei contratti relativi ad Expo 2015 “è volta unicamente a garantire il prosieguo dei lavori, per la cui realizzazione ogni giorno è prezioso. Come ricordato più volte dal commissario Sala, è in corso – precisa Expo – la verifica delle condizioni tecnico-giuridiche per la prosecuzione dei contratti in essere alle imprese appaltatrici che stanno lavorando al sito dell’Esposizione Universale”. Expo 2015 sostiene di avere comunque “attivato un severo monitoraggio sull’esecuzione dei lavori, così da poter riesaminare e rivalutare, in ogni momento, la sussistenza di condizioni utili a sostenere la prosecuzione del rapporto contrattuale, ovvero la necessità di attivare azioni di autotutela”. Provvedimenti di segno diverso, continua, “saranno possibili solo in ragione di un mutato quadro normativo o di diverse informazioni provenienti dalle indagini in corso, ovvero a seguito di eventuali provvedimenti delle autorità competenti”.
Intanto il consiglio di amministrazione della Maltauro, nella seduta di oggi, ha deciso di proporre all’assemblea degli azionisti di fare un’azione di responsabilità contro l’ex amministratore delegato Enrico Maltauro, arrestato nell’inchiesta milanese. E questo per la “accertata violazione” da parte dell’ex amministratore delle “misure preventive” previste dalla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società . Quindi a prescindere dai reati che gli possano venire contestati e da un suo eventuale rinvio a giudizio. Ad accertare le violazioni “dopo le opportune verifiche interne” è stato l’organismo di vigilanza della Maltauro di cui fanno parte il legale responsabile dell’azienda, il responsabile del servizio Qhse (quality, health, safety, environment, ndr) in collaborazione con una squadra di legali.
Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo > Anticorruzione,...
Anticorruzione, Cantone resta solo. E l’azienda inquisita si riprende i lavori Expo
Nulla di fatto in consiglio dei ministri non solo sui poteri, ma neppure sui nomi dei tre componenti da affiancare al magistrato. Che commenta: "Questo ci rallenta un po', ma meglio aspettare e avere nomi migliori". L'ira di Maroni su Expo: "Ora chi mi dice cosa fare con la Maltauro?". Ma a rispodergli ci pensa l'azienda inquisita: "Continuiamo i lavori". Pisapia: "Solo se commissariati"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 6 giugno 2014Commenti (292)
E Cantone restò solo. Mentre si infiamma il dibattito politico sugli arresti per i Mose e per l’Expo2015, il consiglio dei ministri convocato oggi non ha scelto i tre componenti dell’Autorità anticorruzione da affiancare al magistrato nominato presidente da Renzi in aprile. Se era già nell’aria il rinvio del decreto sui famosi poteri dell’Autorità in fatto di controllo sugli appalti pubblici, la mancata scelta degli altri membri si traduce nell’immobilità di fatto dell’ente, dato che i vecchi componenti hanno presentato le loro dimissioni all’arrivo del nuovo numero uno.
“Le nomine che mancano non so se arriveranno oggi nel Consiglio dei ministri”, aveva profetizzato in mattinata Cantone a Radio24. “Questo obiettivamente un po’ rallenta la nostra attività, su tante cose sto lavorando da solo, un organo collegiale non può essere sostituito da un organo monocratico”. Il presidente dell’Autorità anticorruzione riconosce comunque che “finora queste nomine sono state di tipo politico, fatte dal presidente del Consiglio su richiesta del ministero della Funzione pubblica”. Mentre in questo caso “il ministro ha ritenuto di fare una ‘call’, sono arrivate 230 domande e vanno valutati i titoli. Quindi meglio se aspettiamo una settimana in più e facciamo le nomine migliori”.
Tra i primi a stigmatizzare “l’ennesimo rinvio” c’è il “padrone di casa” di Expo2015, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni: “E’ incomprensibile, non si capisce perché vista l’urgenza e la necessità di intervenire subito”. Anche il grande evento milanese, infatti, è alle prese con il trauma post arresti: “La Maltauro per esempio rimane o no?”, si è chiesto il governatore, riferendosi a una delle aziende più compromesse nell’inchiesta sulla corruzione nell’affare Expo.
Ma mentre Maroni attende dal governo chiarimenti che non arrivano, è la stessa Maltauro a fornirlo: “Non ci sarà nessuna risoluzione dei contratti su Expo affidati all’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro”, si legge in una nota della stessa impresa di costruzioni. La decisione è stata presa, inforrma la nota, “in seguito a compiuta istruttoria e alla riunione tenutasi lo scorso 3 giugno presso la Prefettura di Milano“, dove “non sono stati rilevati elementi sufficienti a motivare la soluzione dei contratti”. E di conseguenza la società veneta “porterà avanti l’esecuzione dei contratti aggiudicati, a stesso dire della medesima stazione appaltante, in assenza di ‘vizi estrinseci nella procedura di scelta del contraente’”.
A stretto giro, la laconica controreplica di Maroni: “Vuol dire che qualcuno ha deciso che non ci sono gli estremi per revocare il contratto, prendo atto di questo. D’altronde la responsabilità del sito è nelle mani del Governo attraverso il commissario di Governo” Giuseppe Sala. Ma appare grande la confusione sotto il cielo se l’altro padrone di casa, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, non pare intenzionato a “prendere atto”: “A me non risulta. Non so su che basi possa essere permesso alla Maltauro di continuare i lavori a meno che non venga commissariata”. Lo stesso Pisapia si dice “deluso” dal rinvio delle decisioni sui poteri a Cantone: “Ogni giorno perso è un giorno in più di preoccupazione. Invece abbiamo bisogno di fiducia perché Expo sarà un grande successo”.
Una spiegazione a Pisapia e Maroni arriva direttamente dalla società Expo: ”La comunicazione inviata alla Maltauro” a proposito dei contratti relativi ad Expo 2015 “è volta unicamente a garantire il prosieguo dei lavori, per la cui realizzazione ogni giorno è prezioso. Come ricordato più volte dal commissario Sala, è in corso – precisa Expo – la verifica delle condizioni tecnico-giuridiche per la prosecuzione dei contratti in essere alle imprese appaltatrici che stanno lavorando al sito dell’Esposizione Universale”. Expo 2015 sostiene di avere comunque “attivato un severo monitoraggio sull’esecuzione dei lavori, così da poter riesaminare e rivalutare, in ogni momento, la sussistenza di condizioni utili a sostenere la prosecuzione del rapporto contrattuale, ovvero la necessità di attivare azioni di autotutela”. Provvedimenti di segno diverso, continua, “saranno possibili solo in ragione di un mutato quadro normativo o di diverse informazioni provenienti dalle indagini in corso, ovvero a seguito di eventuali provvedimenti delle autorità competenti”.
Intanto il consiglio di amministrazione della Maltauro, nella seduta di oggi, ha deciso di proporre all’assemblea degli azionisti di fare un’azione di responsabilità contro l’ex amministratore delegato Enrico Maltauro, arrestato nell’inchiesta milanese. E questo per la “accertata violazione” da parte dell’ex amministratore delle “misure preventive” previste dalla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società . Quindi a prescindere dai reati che gli possano venire contestati e da un suo eventuale rinvio a giudizio. Ad accertare le violazioni “dopo le opportune verifiche interne” è stato l’organismo di vigilanza della Maltauro di cui fanno parte il legale responsabile dell’azienda, il responsabile del servizio Qhse (quality, health, safety, environment, ndr) in collaborazione con una squadra di legali.
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