CATTIVI PENSIERI
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Re: CATTIVI PENSIERI
Il punto - Una campagna avvelenata - Si annuncia una campagna avvelenata contro l'Europa e le istituzioni
Folli Stefano
Una campagna elettorale avvelenata – 20
La guerra di potere – 19
Funziona così - 8
Le riforme con i padrini della Patria - 1
Mafia, Dell’Utri condannato: estradizione o latitanza? Le 72 ore decisive
E' il tempo necessario per capire se l'ex senatore di Forza Italia sconterà sette anni di detenzione in un carcere italiano o se invece potrà rimanere a piede libero in Libano. L'avvocato: "Il reato di cui è accusato è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”
di Giuseppe Pipitone | 10 maggio 2014Commenti (40)
Condannato in via definitiva per concorso esterno a Cosa Nostra, ma ancora oggi lontano dall’Italia. Passeranno settantadue ore prima che Marcello Dell’Utri possa conoscere il suo destino: sette anni di detenzione in un carcere italiano o la remota possibilità di tornare a piede libero in Libano. L’ex senatore è detenuto dal 13 aprile scorso in un ospedale di Beirut, guardato a vista dagli agenti della polizia locale. È proprio in ospedale che Dell’Utri è venuto a conoscenza della sentenza della Cassazione, che ha messo il bollo sulla sua condanna, informato in diretta dai familiari che a loro volta erano stati avvisati dai legali.
L’amico fidato di Silvio Berlusconi era stato arrestato dall’intelligence libanese in una suite dell’hotel Phoenicia, come ordinato dall’Interpol, dopo che si era reso irreperibile a pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione. “Sono dimostrati i rapporti mai interrotti che Dell’Utri ha avuto con le famiglie mafiose palermitane in favore delle quali ha svolto un ruolo di mediatore del patto di protezione personale e delle sue attività, siglato nel 1974 da Silvio Berlusconi”, ha detto nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Aurelio Galasso, chiedendo la conferma della condanna emessa dalla corte d’appello di Palermo il 25 marzo 2013. Richiesta avallata dalla prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Maria Cristina Saitto, dopo quattro ore di camera di consiglio. Immediatamente dopo è arrivato l’ordine di carcerazione del sostituto pg di Palermo Luigi Patronaggio, trasmesso al Ministero della Giustizia, che ora dovrebbe allegarlo alla richiesta di estradizione spedita in Libano.
Al momento dell’arresto a Beirut sul capo di Dell’Utri non pendeva alcuna condanna definitiva: secondo il Trattato bilaterale che disciplina i rapporti giuridici tra Italia e Libano, l’ex senatore era quindi da considerarsi soltanto un indagato. Ecco perché il procuratore generale di Beirut Samir Hammoud ha fatto appello all’articolo 21 della stessa convenzione Italia – Libano, chiedendo a via Arenula di avere a disposizione non solo ordine d’arresto e le motivazioni della condanna d’appello, ma anche gli atti relativi alle altre sentenze emesse a carico di Dell’Utri. Documenti che il Ministero della Giustizia italiano ha dovuto tradurre in francese, riuscendo a spedirli in Libano soltanto il 5 maggio scorso, 23 giorno dopo l’arresto di Dell’Utri. “Per quanto riguarda l’estradizione non cambia nulla: semplicemente la richiesta di custodia cautelare sarà sostituita dall’ordine di carcerazione”, ha detto l’avvocato Giuseppe Di Peri, storico legale di Dell’Utri, specificando che “l’ex senatore è assistito a Beirut da un legale libanese”, l’avvocato Akram Azoury,“esperto del diritto locale”.
L’avvocato Azoury conoscerà sicuramente molto bene il Trattato che disciplina i rapporti tra Libano – Italia. Soprattutto l’articolo 23, quello che sancisce come si possa “porre fine all’arresto provvisorio se, nel termine di trenta giorni dall’arresto, il governo richiesto non avrà ricevuto uno dei documenti menzionati al secondo comma dello articolo 21. La liberazione esclude l’arresto e l’estradizione se la domanda di estradizione perviene successivamente”. In pratica le autorità libanesi dovranno decidere il destino di Dell’Utri entro i prossimi tre giorni: e poco importa se nel frattempo l’ordine di custodia cautelare si sia trasformato in un ordine di carcerazione per scontare la pena definitiva.
“Stiamo anche ragionando sull’ipotesi di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo”, aggiunge l’avvocato Di Peri a ilfattoquotidiano.it. “Non bisogna dimenticare – spiega – che oltre ad una vicenda lunga vent’anni, il reato di cui è accusato Dell’Utri è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”. Un reato che anche in Libano dovranno studiare prima di concedere l’estradizione. “Credo che questa vicenda non si possa considerare ancora conclusa”, conclude l’avvocato Di Peri. La stessa speranza del suo assistito: Marcello Dell’Utri, uomo cerniera tra Berlusconi e Cosa Nostra e fondatore del primo partito italiano degli ultimi vent’anni.
Twitter: @pipitone87
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... ve/979980/
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E' il tempo necessario per capire se l'ex senatore di Forza Italia sconterà sette anni di detenzione in un carcere italiano o se invece potrà rimanere a piede libero in Libano. L'avvocato: "Il reato di cui è accusato è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”
di Giuseppe Pipitone | 10 maggio 2014Commenti (40)
Condannato in via definitiva per concorso esterno a Cosa Nostra, ma ancora oggi lontano dall’Italia. Passeranno settantadue ore prima che Marcello Dell’Utri possa conoscere il suo destino: sette anni di detenzione in un carcere italiano o la remota possibilità di tornare a piede libero in Libano. L’ex senatore è detenuto dal 13 aprile scorso in un ospedale di Beirut, guardato a vista dagli agenti della polizia locale. È proprio in ospedale che Dell’Utri è venuto a conoscenza della sentenza della Cassazione, che ha messo il bollo sulla sua condanna, informato in diretta dai familiari che a loro volta erano stati avvisati dai legali.
L’amico fidato di Silvio Berlusconi era stato arrestato dall’intelligence libanese in una suite dell’hotel Phoenicia, come ordinato dall’Interpol, dopo che si era reso irreperibile a pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione. “Sono dimostrati i rapporti mai interrotti che Dell’Utri ha avuto con le famiglie mafiose palermitane in favore delle quali ha svolto un ruolo di mediatore del patto di protezione personale e delle sue attività, siglato nel 1974 da Silvio Berlusconi”, ha detto nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Aurelio Galasso, chiedendo la conferma della condanna emessa dalla corte d’appello di Palermo il 25 marzo 2013. Richiesta avallata dalla prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Maria Cristina Saitto, dopo quattro ore di camera di consiglio. Immediatamente dopo è arrivato l’ordine di carcerazione del sostituto pg di Palermo Luigi Patronaggio, trasmesso al Ministero della Giustizia, che ora dovrebbe allegarlo alla richiesta di estradizione spedita in Libano.
Al momento dell’arresto a Beirut sul capo di Dell’Utri non pendeva alcuna condanna definitiva: secondo il Trattato bilaterale che disciplina i rapporti giuridici tra Italia e Libano, l’ex senatore era quindi da considerarsi soltanto un indagato. Ecco perché il procuratore generale di Beirut Samir Hammoud ha fatto appello all’articolo 21 della stessa convenzione Italia – Libano, chiedendo a via Arenula di avere a disposizione non solo ordine d’arresto e le motivazioni della condanna d’appello, ma anche gli atti relativi alle altre sentenze emesse a carico di Dell’Utri. Documenti che il Ministero della Giustizia italiano ha dovuto tradurre in francese, riuscendo a spedirli in Libano soltanto il 5 maggio scorso, 23 giorno dopo l’arresto di Dell’Utri. “Per quanto riguarda l’estradizione non cambia nulla: semplicemente la richiesta di custodia cautelare sarà sostituita dall’ordine di carcerazione”, ha detto l’avvocato Giuseppe Di Peri, storico legale di Dell’Utri, specificando che “l’ex senatore è assistito a Beirut da un legale libanese”, l’avvocato Akram Azoury,“esperto del diritto locale”.
L’avvocato Azoury conoscerà sicuramente molto bene il Trattato che disciplina i rapporti tra Libano – Italia. Soprattutto l’articolo 23, quello che sancisce come si possa “porre fine all’arresto provvisorio se, nel termine di trenta giorni dall’arresto, il governo richiesto non avrà ricevuto uno dei documenti menzionati al secondo comma dello articolo 21. La liberazione esclude l’arresto e l’estradizione se la domanda di estradizione perviene successivamente”. In pratica le autorità libanesi dovranno decidere il destino di Dell’Utri entro i prossimi tre giorni: e poco importa se nel frattempo l’ordine di custodia cautelare si sia trasformato in un ordine di carcerazione per scontare la pena definitiva.
“Stiamo anche ragionando sull’ipotesi di un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo”, aggiunge l’avvocato Di Peri a ilfattoquotidiano.it. “Non bisogna dimenticare – spiega – che oltre ad una vicenda lunga vent’anni, il reato di cui è accusato Dell’Utri è il concorso esterno in associazione mafiosa: un reato fumoso, non riconosciuto negli altri stati”. Un reato che anche in Libano dovranno studiare prima di concedere l’estradizione. “Credo che questa vicenda non si possa considerare ancora conclusa”, conclude l’avvocato Di Peri. La stessa speranza del suo assistito: Marcello Dell’Utri, uomo cerniera tra Berlusconi e Cosa Nostra e fondatore del primo partito italiano degli ultimi vent’anni.
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Re: CATTIVI PENSIERI
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Sel, fuorionda di Airaudo: ‘Renzi? Un delinquente politico, non gli darei mai portafogli’
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/05/ ... co/279563/
“Renzi è spregiudicatissimo, E’ un delinquente politico, io penso questo di lui. E’ un democristiano digitale, si muove su un frame, ha la capacità di cogliere l’attimo, è velocissimo. Ma è quasi solo quello. Io non gli girerei mai le spalle, non gli darei mai il portafoglio”.
Questo è quanto pronunciato da Giorgio Airaudo nel fuorionda raccolto durante la registrazione di Taxi Populi, il programma condotto da Natascha Lusenti in onda domani sera alle 22.45 su La3 (Sky can 163 – DTT can 134). Il deputato di Sel poi su Nichi Vendola nella vicenda Ilva: ““Nella telefonata Vendola-Archinà c’è un elemento tipico di Nichi e anche tipico della sua omosessualità: la captatio benevolentiae. Pensava che Archinà fosse quello buono, colui che gli consentiva di parlare a Riva. La cosa che mi ha colpito è che Vendola non avesse un contatto diretto con Riva. Il Presidente della Regione Puglia non parla con il sottopancia di Riva, ma chiama direttamente”. E aggiunge: “Vendola non è un politico è un poeta sociale. Che la sinistra abbia bisogno di un poeta sociale perché non ha più dei politici è un problema tutto nostro. Il Cral dell’Ilva” – spiega – è fatto della Tenuta Vaccarella, dove ci sono le barche a vela della Taranto bene ed è dei sindacati dell’Ilva, il palazzetto dello sport di Taranto si chiama Palafiom. Altro che la Fiat di Valletta. L’alterità sindacale è stata totalmente comprata a colpi di denaro di consenso con infiltrazioni malavitosi“
15 maggio 2014
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Sel, fuorionda di Airaudo: ‘Renzi? Un delinquente politico, non gli darei mai portafogli’
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“Renzi è spregiudicatissimo, E’ un delinquente politico, io penso questo di lui. E’ un democristiano digitale, si muove su un frame, ha la capacità di cogliere l’attimo, è velocissimo. Ma è quasi solo quello. Io non gli girerei mai le spalle, non gli darei mai il portafoglio”.
Questo è quanto pronunciato da Giorgio Airaudo nel fuorionda raccolto durante la registrazione di Taxi Populi, il programma condotto da Natascha Lusenti in onda domani sera alle 22.45 su La3 (Sky can 163 – DTT can 134). Il deputato di Sel poi su Nichi Vendola nella vicenda Ilva: ““Nella telefonata Vendola-Archinà c’è un elemento tipico di Nichi e anche tipico della sua omosessualità: la captatio benevolentiae. Pensava che Archinà fosse quello buono, colui che gli consentiva di parlare a Riva. La cosa che mi ha colpito è che Vendola non avesse un contatto diretto con Riva. Il Presidente della Regione Puglia non parla con il sottopancia di Riva, ma chiama direttamente”. E aggiunge: “Vendola non è un politico è un poeta sociale. Che la sinistra abbia bisogno di un poeta sociale perché non ha più dei politici è un problema tutto nostro. Il Cral dell’Ilva” – spiega – è fatto della Tenuta Vaccarella, dove ci sono le barche a vela della Taranto bene ed è dei sindacati dell’Ilva, il palazzetto dello sport di Taranto si chiama Palafiom. Altro che la Fiat di Valletta. L’alterità sindacale è stata totalmente comprata a colpi di denaro di consenso con infiltrazioni malavitosi“
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Re: CATTIVI PENSIERI
Nel passato, assistendo alle vecchie tribune politiche, ero convinto che potessimo crescere come Paese dibattendo frequentemente le varie problematiche della vita comune di tutti i giorni.
Funzionava così nel mondo delle Agorà dell’antica Grecia.
Non è così, malgrado l’overdose di talk quotidiani.
I partiti e i politici hanno trasformato un’occasione di confronto in una campagna elettorale permanente.
Siamo fatti così. Quando ci viene data la possibilità di costruire, distruggiamo.
Da queste parti più nessuno segue i tradizionali talk. Non attraggono più. Anche per via della mediocrità dei politici di oggi.
Io, da buon masochista li seguo quasi tutti, per il semplice motivo di cercare di capire quando si verificherà il punto di rottura del sistema. Però è una vera faticaccia. Soprattutto negli ultimi tempi con il cambio generazionale del Pd. Questi giovani sono più insopportabili delle vecchie Santanché, Biancofiore, Gelmini, e vecchi Brunetta, Gasparri e Napoli. Sono obbligato spesso ad interrompere l’audio per una questione di salute.
Bruno Tinti affronta per la prima volta il tema.
Talk show e l’insopportabile truffa: chi li segue ne esce convinto di sapere
di Bruno Tinti | 16 maggio 2014Commenti (192)
I talk show: letteralmente, lo spettacolo della conversazione.
E tuttavia di conversazione ce n’è pochissima: lo scopo dei cosiddetti ospiti è far fare una figura barbina agli altri, ognuno cercando di dimostrarsi più bravo, più spiritoso, più autorevole.
E siccome, in queste trasmissioni, gli ospiti sono sempre tantissimi, il risultato è una rissa permanente, fatta di persone che si interrompono, si parlano addosso, qualche volta si insultano, sempre si deridono.
Se poi si tratta di politici, il pronome io è quasi sempre sostituito dal pronome noi; quasi che una stupidaggine condivisa da molte persone (il partito, la corrente, il Parlamento, il governo, la giunta, etc. etc.) cessi di essere una stupidaggine.
Tra questa gente, l’intellettuale, la persona colta, colui che sa e ha informazioni da condividere, è messo nell’impossibilità di intervenire.
Non solo perché tutti gli altri lo soverchiano con il loro schiamazzo; ma anche perché lo stesso conduttore mal tollera un’argomentazione che superi i 2, 3 minuti.
Sicché quando non sono gli altri a interrompere, è lui stesso a sollecitare un intervento pur che sia.
E poiché, come ho detto, lo scopo dei partecipanti allo show non è quello di dibattere ma quello di apparire o, quantomeno, oscurare gli altri, il risultato è un cicaleccio assordante, privo di significato e molto irritante.
Queste riflessioni si ripresentano puntuali ogni volta che, per via del mestiere che faccio adesso, mi forzo ad assistere a uno di questi show. E sempre mi chiedo se l’assurdità che mi stanno propinando tale sembri a così poche persone.
Mi chiedo cioè come sia possibile che la cosiddetta audience raggiunga misure tanto elevate; che gli spettatori siano davvero interessati a queste esibizioni di superficialità e aggressività.
La risposta me l’ha fornita un libro fantastico che, molto colpevolmente, non avevo ancora letto: La civiltà dello spettacolo di Mario Vargas Llosa.
Secondo questo premio Nobel (l’attributo infastidirà i molti che non sono disposti a riconoscere le gerarchie intellettuali) il problema sta nel fatto che la cultura è stata mercificata.
Nell’organizzazione sociale odierna (appunto la civiltà dello spettacolo) la cultura è assoggettata all’industria del divertimento: deve intrattenere, distrarre, illudere.
Esattamente il contrario di quanto faceva prima che la maggioranza delle persone cominciasse a detestare di pensare. È per questo che parlare alla pancia della gente è molto più produttivo di consenso che parlare alle loro teste.
Ed è per questo che chi propone banalità ossessivamente ripetute e progetti miracolistici garantisce alla tv commerciale (per tornare da dove sono partito) ascolti assai più alti rispetto a chi illustra realtà spesso poco piacevoli e che possono anche non avere soluzioni positive.
Insomma, i talk-show sono una truffa: promettono un approfondimento che è – in realtà – una mistificazione.
E sono anche pericolosi: perché chi li segue ne esce convinto di sapere.
Vargas Llosa racconta di una persona di questo genere: un tassista peruviano ammiratore del dittatore Fujimori, gran brava persona che “aveva rubato solo il giusto”. Quando i difensori dei molti ladroni che funestano il nostro Paese troveranno impossibile sostenere che questi loro amici non hanno rubato, forse ricorreranno all’argomentazione del tassista. E, nel mezzo di un talk show ben confezionato, la cosa sembrerà plausibile.
Il Fatto Quotidiano, 16 maggio 2014
Funzionava così nel mondo delle Agorà dell’antica Grecia.
Non è così, malgrado l’overdose di talk quotidiani.
I partiti e i politici hanno trasformato un’occasione di confronto in una campagna elettorale permanente.
Siamo fatti così. Quando ci viene data la possibilità di costruire, distruggiamo.
Da queste parti più nessuno segue i tradizionali talk. Non attraggono più. Anche per via della mediocrità dei politici di oggi.
Io, da buon masochista li seguo quasi tutti, per il semplice motivo di cercare di capire quando si verificherà il punto di rottura del sistema. Però è una vera faticaccia. Soprattutto negli ultimi tempi con il cambio generazionale del Pd. Questi giovani sono più insopportabili delle vecchie Santanché, Biancofiore, Gelmini, e vecchi Brunetta, Gasparri e Napoli. Sono obbligato spesso ad interrompere l’audio per una questione di salute.
Bruno Tinti affronta per la prima volta il tema.
Talk show e l’insopportabile truffa: chi li segue ne esce convinto di sapere
di Bruno Tinti | 16 maggio 2014Commenti (192)
I talk show: letteralmente, lo spettacolo della conversazione.
E tuttavia di conversazione ce n’è pochissima: lo scopo dei cosiddetti ospiti è far fare una figura barbina agli altri, ognuno cercando di dimostrarsi più bravo, più spiritoso, più autorevole.
E siccome, in queste trasmissioni, gli ospiti sono sempre tantissimi, il risultato è una rissa permanente, fatta di persone che si interrompono, si parlano addosso, qualche volta si insultano, sempre si deridono.
Se poi si tratta di politici, il pronome io è quasi sempre sostituito dal pronome noi; quasi che una stupidaggine condivisa da molte persone (il partito, la corrente, il Parlamento, il governo, la giunta, etc. etc.) cessi di essere una stupidaggine.
Tra questa gente, l’intellettuale, la persona colta, colui che sa e ha informazioni da condividere, è messo nell’impossibilità di intervenire.
Non solo perché tutti gli altri lo soverchiano con il loro schiamazzo; ma anche perché lo stesso conduttore mal tollera un’argomentazione che superi i 2, 3 minuti.
Sicché quando non sono gli altri a interrompere, è lui stesso a sollecitare un intervento pur che sia.
E poiché, come ho detto, lo scopo dei partecipanti allo show non è quello di dibattere ma quello di apparire o, quantomeno, oscurare gli altri, il risultato è un cicaleccio assordante, privo di significato e molto irritante.
Queste riflessioni si ripresentano puntuali ogni volta che, per via del mestiere che faccio adesso, mi forzo ad assistere a uno di questi show. E sempre mi chiedo se l’assurdità che mi stanno propinando tale sembri a così poche persone.
Mi chiedo cioè come sia possibile che la cosiddetta audience raggiunga misure tanto elevate; che gli spettatori siano davvero interessati a queste esibizioni di superficialità e aggressività.
La risposta me l’ha fornita un libro fantastico che, molto colpevolmente, non avevo ancora letto: La civiltà dello spettacolo di Mario Vargas Llosa.
Secondo questo premio Nobel (l’attributo infastidirà i molti che non sono disposti a riconoscere le gerarchie intellettuali) il problema sta nel fatto che la cultura è stata mercificata.
Nell’organizzazione sociale odierna (appunto la civiltà dello spettacolo) la cultura è assoggettata all’industria del divertimento: deve intrattenere, distrarre, illudere.
Esattamente il contrario di quanto faceva prima che la maggioranza delle persone cominciasse a detestare di pensare. È per questo che parlare alla pancia della gente è molto più produttivo di consenso che parlare alle loro teste.
Ed è per questo che chi propone banalità ossessivamente ripetute e progetti miracolistici garantisce alla tv commerciale (per tornare da dove sono partito) ascolti assai più alti rispetto a chi illustra realtà spesso poco piacevoli e che possono anche non avere soluzioni positive.
Insomma, i talk-show sono una truffa: promettono un approfondimento che è – in realtà – una mistificazione.
E sono anche pericolosi: perché chi li segue ne esce convinto di sapere.
Vargas Llosa racconta di una persona di questo genere: un tassista peruviano ammiratore del dittatore Fujimori, gran brava persona che “aveva rubato solo il giusto”. Quando i difensori dei molti ladroni che funestano il nostro Paese troveranno impossibile sostenere che questi loro amici non hanno rubato, forse ricorreranno all’argomentazione del tassista. E, nel mezzo di un talk show ben confezionato, la cosa sembrerà plausibile.
Il Fatto Quotidiano, 16 maggio 2014
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Re: CATTIVI PENSIERI
La Bonafè è ...basita!
Ieri a "L'Arena" in pochi minuti, circa 6, si è diffuso il panico in studio.
Non appena ho dichiarato che in Sicilia PD, Forza Italia, NCD e UDC avevano bocciato l'emendamento proposto dal M5S
per stoppare l'erogazione del vitalizio ai condannati per reati relativi a fatti di mafia, la Bonafè (PD)
e la Meloni (Fratelli d'Italia) sono entrate nel panico cercando scuse per l'operato dei loro colleghi siciliani.
La prima non ha saputo dire nulla, mentre la seconda ha seccamente dichiarato di non essere rappresentata da nessuno
in Assemblea regionale siciliana altrimenti l'avrebbero sostenuto.
Quando ho visto i loro volti pallidi ho pensato ad una vecchia canzone degli Anarcoma.
"l'imprevisto, questa notte,
quello che non ti aspetti"
http://www.youtube.com/watch?v=ogkxBOg9 ... ture=share
Ieri a "L'Arena" in pochi minuti, circa 6, si è diffuso il panico in studio.
Non appena ho dichiarato che in Sicilia PD, Forza Italia, NCD e UDC avevano bocciato l'emendamento proposto dal M5S
per stoppare l'erogazione del vitalizio ai condannati per reati relativi a fatti di mafia, la Bonafè (PD)
e la Meloni (Fratelli d'Italia) sono entrate nel panico cercando scuse per l'operato dei loro colleghi siciliani.
La prima non ha saputo dire nulla, mentre la seconda ha seccamente dichiarato di non essere rappresentata da nessuno
in Assemblea regionale siciliana altrimenti l'avrebbero sostenuto.
Quando ho visto i loro volti pallidi ho pensato ad una vecchia canzone degli Anarcoma.
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Re: CATTIVI PENSIERI
Ciao erding.lo avevo visto pure io.Almeno quella del PD poteva dire una sua opininione in merito, visto chenel PD c'è molta democrazia.
Ciao
Paolo11
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Re: CATTIVI PENSIERI
erding ha scritto:La Bonafè è ...basita!
Ieri a "L'Arena" in pochi minuti, circa 6, si è diffuso il panico in studio.
Non appena ho dichiarato che in Sicilia PD, Forza Italia, NCD e UDC avevano bocciato l'emendamento proposto dal M5S
per stoppare l'erogazione del vitalizio ai condannati per reati relativi a fatti di mafia, la Bonafè (PD)
e la Meloni (Fratelli d'Italia) sono entrate nel panico cercando scuse per l'operato dei loro colleghi siciliani.
La prima non ha saputo dire nulla, mentre la seconda ha seccamente dichiarato di non essere rappresentata da nessuno
in Assemblea regionale siciliana altrimenti l'avrebbero sostenuto.
Quando ho visto i loro volti pallidi ho pensato ad una vecchia canzone degli Anarcoma.
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Re: CATTIVI PENSIERI
paolo11 ha scritto:Ciao erding.lo avevo visto pure io.Almeno quella del PD poteva dire una sua opininione in merito, visto chenel PD c'è molta democrazia.
Ciao
Paolo11
........visto che nel PD c'è molta Democrazia Cristiana.
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Re: CATTIVI PENSIERI
La legalità, l’inclusione e la sinistra.
20/05/2014 di triskel182
L'inclusione
Ieri il governo Renzi ha posto e ottenuto la fiducia sul cosiddetto “piano Lupi”, che all’articolo 5 prevede il taglio di acqua, luce e gas per chi occupa abusivamente un immobile. A queste persone verrà tolta anche la residenza: diventeranno ufficialmente dei fantasmi, dei senza fissa dimora.
Ora, possiamo discutere tutta la vita sulle occupazioni abusive, che sono una galassia di situazioni diverse: c’è chi bivacca con la famiglia in una fabbrica dismessa, chi si piazza in una scuola abbandonata o in una ex sede di municipalizzata, chi con l’appoggio della malavita più o meno organizzata passa davanti a quelli che per punteggio avrebbero diritto a un alloggio popolare.
Insomma non è una questione ideologica – sono “buoni” o “cattivi” gli occupanti – ma è invece un dramma molto pragmatico: ci sono migliaia di persone che non hanno un tetto sotto cui vivere e che quindi si arrangiano infrangendo la legalità.
Questo è, questo accade.
E questo a sua volta è il frutto di tante concause economiche e sociali alla cui base c’è però un unico innegabile elemento: il diritto inalienabile di ogni persona di avere una casa in cui vivere non è considerato tale dalle istituzioni, o quanto meno non è da esse garantito nei fatti.
Non succede solo da noi, è ovvio. Ma non ovunque si risponde con il Piano Lupi.
(Tra l'altro cattolico e apostolico rappresentante di Comunione e fatturazione - ndt)
Prendete il Brasile, ad esempio: lì, per cercare di affrontare quei concentrati di miserie e di gang criminali che erano le favelas, il governo Lula ha adottato una politica molto diversa.
Portando in quelle città illegali la luce elettrica, l’acqua, le fogne: gratis. E i nomi delle vie: avere una residenza ufficiale, con un indirizzo, è la precondizione per esistere, per ricevere la posta, per compilare un modulo, per iscrivere i figli a scuola, per lasciare un recapito a un colloquio di lavoro.
Si chiama inclusione sociale: e ha funzionato.
Chiunque sia stato alla Rocinha vent’anni fa e ci sia tornato oggi, ha visto quanto ha funzionato.
Poi molte cose ancora non vanno – è ovvio – e non splende il radioso sole d’avvenire: ma le cose sono cambiate moltissimo, in meglio, tanto per gli abitanti delle favelas quanto per tutti gli altri, quelli della middle class che oggi possono girare per Ipanema senza il terrore di essere rapinati.
Già: l’inclusione conviene a tutti, in una società: cioè tra persone che vivono nella stessa città, nello stesso Paese.
In Italia si è scelta la strada opposta, quella dell’espulsione sociale.
In nome di una visione ideologica della legge – curioso come il potere sia ferreo nella sua applicazione quando si tratta dei deboli e molto più “garantista” quando si tratta di establishment – e scegliendo quindi di peggiorare di fatto le cose: per loro, gli occupanti, e per il resto della società, che da domani avrà 10 mila fantasmi in più a girare per le città, pronti a tutto per tentare di sopravvivere.
Ecco, vedete voi.
Vedete voi, dico, se questa cosa è coerente con un governo il cui premier si dice di sinistra: secondo me no, perché l’inclusione sociale dovrebbe essere il primo obiettivo da perseguire, in un Paese sempre più diviso tra sommersi e salvati.
Vedete voi, anche, se questa ideologizzazione della legalità ha a che fare con gli effetti collaterali determinati a sinistra dalla lotta al berlusconismo. È un’ipotesi e nel caso forse bisognerebbe concedersi qualche approfondimento in più, in merito: personalmente ho sempre tifato Antigone e non Creonte.
Ma vedete voi più in generale se questo è il modo giusto per affrontare uno degli effetti più devastanti della recessione e della forbice sociale, ecco.
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
20/05/2014 di triskel182
L'inclusione
Ieri il governo Renzi ha posto e ottenuto la fiducia sul cosiddetto “piano Lupi”, che all’articolo 5 prevede il taglio di acqua, luce e gas per chi occupa abusivamente un immobile. A queste persone verrà tolta anche la residenza: diventeranno ufficialmente dei fantasmi, dei senza fissa dimora.
Ora, possiamo discutere tutta la vita sulle occupazioni abusive, che sono una galassia di situazioni diverse: c’è chi bivacca con la famiglia in una fabbrica dismessa, chi si piazza in una scuola abbandonata o in una ex sede di municipalizzata, chi con l’appoggio della malavita più o meno organizzata passa davanti a quelli che per punteggio avrebbero diritto a un alloggio popolare.
Insomma non è una questione ideologica – sono “buoni” o “cattivi” gli occupanti – ma è invece un dramma molto pragmatico: ci sono migliaia di persone che non hanno un tetto sotto cui vivere e che quindi si arrangiano infrangendo la legalità.
Questo è, questo accade.
E questo a sua volta è il frutto di tante concause economiche e sociali alla cui base c’è però un unico innegabile elemento: il diritto inalienabile di ogni persona di avere una casa in cui vivere non è considerato tale dalle istituzioni, o quanto meno non è da esse garantito nei fatti.
Non succede solo da noi, è ovvio. Ma non ovunque si risponde con il Piano Lupi.
(Tra l'altro cattolico e apostolico rappresentante di Comunione e fatturazione - ndt)
Prendete il Brasile, ad esempio: lì, per cercare di affrontare quei concentrati di miserie e di gang criminali che erano le favelas, il governo Lula ha adottato una politica molto diversa.
Portando in quelle città illegali la luce elettrica, l’acqua, le fogne: gratis. E i nomi delle vie: avere una residenza ufficiale, con un indirizzo, è la precondizione per esistere, per ricevere la posta, per compilare un modulo, per iscrivere i figli a scuola, per lasciare un recapito a un colloquio di lavoro.
Si chiama inclusione sociale: e ha funzionato.
Chiunque sia stato alla Rocinha vent’anni fa e ci sia tornato oggi, ha visto quanto ha funzionato.
Poi molte cose ancora non vanno – è ovvio – e non splende il radioso sole d’avvenire: ma le cose sono cambiate moltissimo, in meglio, tanto per gli abitanti delle favelas quanto per tutti gli altri, quelli della middle class che oggi possono girare per Ipanema senza il terrore di essere rapinati.
Già: l’inclusione conviene a tutti, in una società: cioè tra persone che vivono nella stessa città, nello stesso Paese.
In Italia si è scelta la strada opposta, quella dell’espulsione sociale.
In nome di una visione ideologica della legge – curioso come il potere sia ferreo nella sua applicazione quando si tratta dei deboli e molto più “garantista” quando si tratta di establishment – e scegliendo quindi di peggiorare di fatto le cose: per loro, gli occupanti, e per il resto della società, che da domani avrà 10 mila fantasmi in più a girare per le città, pronti a tutto per tentare di sopravvivere.
Ecco, vedete voi.
Vedete voi, dico, se questa cosa è coerente con un governo il cui premier si dice di sinistra: secondo me no, perché l’inclusione sociale dovrebbe essere il primo obiettivo da perseguire, in un Paese sempre più diviso tra sommersi e salvati.
Vedete voi, anche, se questa ideologizzazione della legalità ha a che fare con gli effetti collaterali determinati a sinistra dalla lotta al berlusconismo. È un’ipotesi e nel caso forse bisognerebbe concedersi qualche approfondimento in più, in merito: personalmente ho sempre tifato Antigone e non Creonte.
Ma vedete voi più in generale se questo è il modo giusto per affrontare uno degli effetti più devastanti della recessione e della forbice sociale, ecco.
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
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