Il figlio della Balena Bianca
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Re: Il figlio della Balena Bianca
La nuova Dc - 1
ANALISI
La storica notte del terremoto Matteo Renzi
Un uomo solo al comando
Con la destra sparita e la vecchia sinistra in disarmo, Renzi sfonda al centro, nel ceto medio impoverito e impaurito. In un Paese in bilico tra protesta rabbiosa e pallida speranza, coagula il voto di lavoratori e disoccupati, vecchi e giovani, imprenditori e operai, al Nord e al Sud. Un plebiscito che potrebbe spingerlo all'incasso con il voto anticipato
DI MARCO DAMILANO
26 maggio 2014
La storica notte del terremoto Matteo Renzi
Un uomo solo al comando
L'ultimo a toccare quota quaranta era stato un altro infaticabile motorino toscano, accumulatore di consensi e invettive, Amintore Fanfani. Ma era il 1958, un secolo fa, c'era la grande diga anti-comunista democristiana. Mentre la storica notte di Matteo Renzi è tutta figlia dell'Italia di oggi, del grande terremoto di questi anni, la crisi economica più lunga degli ultimi decenni, un sistema politico allo sbando, una classe dirigente sclerotizzata e fallimentare.
Matteo fa 40 o quasi, polverizza il record del Pd di Walter Veltroni del 2008, surclassa perfino il massimo del Pci di Enrico Berlinguer, il 34,4 del 1976, ma sarebbe un'operazione arbitraria perché non sono quelli i termini di paragone. Renzi con questo voto del 25 maggio ha ottenuto il suo 18 aprile, lo sfondamento al centro, non inteso come un ceto politico sempre più asfittico ma nel cuore della società, nel ceto medio impoverito e impaurito, in un Paese in bilico tra la protesta rabbiosa e una pallida speranza. Un voto interclassista, si sarebbe detto in altri tempi, di lavoratori e disoccupati, vecchi e giovani, imprenditori e operai, al Nord e al Sud. Un voto pigliatutto, ottenuto non da un partito, questa è la grande differenza con il passato, perché il Pd anche in questa campagna elettorale si è dimostrato drammaticamente inadeguato sul piano organizzativo e comunicativo.
Ci si aspettava l'arrivo del premier Renzi per commentare lo straordinario risultato del Pd alle elezioni Europee, invece a sorpresa davanti alla stampa nella sede del partito si è presentato tutto il gruppo dirigente (dai ministri ai membri della segreteria, dai capogruppo a esponenti della cosiddetta minoranza del partito come Orfini e D'Attorre). Unico a rimanere dietro le quinte proprio il presidente del Consiglio che terrà una conferenza stampa a palazzo Chigi.
A vincere è Renzi, in totale solitudine. Il Pd è sempre più un PdR, il partito di Renzi (se ne è accorto anche Damilano -ndt), il governo è un monocolore Renzi. Renzi è insieme l'area di governo e l'ariete del cambiamento, il risultato europeo del tutto insperato forse anche per lui lo fotografa così, come al momento della conquista del potere tre mesi fa. Un uomo che balla nel vuoto, che avanza senza incontrare ostacoli perché la destra è sparita, la vecchia sinistra è in disarmo, il vento di Grillo intercetta la rabbia e il dolore di una parte dell'elettorato e la sensazione di partecipare a una grande impresa in tanti giovani ma non riesce a trasformarsi in un'alternativa.
Resta Renzi in mezzo a un'Europa devastata, in un sistema politico dove non esistono più i punti di riferimento degli ultimi due decenni. Il premier è a un bivio: fare leva sul risultato che lo legittima come leader più votato per spingere sulle riforme, con più forza e magari con maggiore lucidità strategica. Cambiare davvero lo Stato in profondità, o limitarsi a qualche riforma superficiale come quella del Senato, provare a forzare i limiti europei, ora che ne ha la forza e la possibilità.
"Le proiezioni sembrano dare un segnale chiaro di fiducia verso questo governo e verso l'azione di riforma che ha saputo incarnare". Così il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi commentando i primi risultati delle elezioni europee che vedono il Pd vicino alla soglia del 40%.
Oppure passare rapidamente all'incasso, approfittare del primo voto contrario del Parlamento per far saltare il tavolo e tornare a votare per ottenere un nuovo plebiscito. Il Renzi visto fino a qui, che ha sempre bisogno di nuove sfide, non avrebbe dubbi e per questo stanotte le elezioni anticipate tornano a essere uno scenario possibile. Il nuovo Renzi, quello che in sei mesi ha stravinto primarie, europee e che ha conquistato Palazzo Chigi, potrebbe decidere che la prossima sfida si gioca sui tempi lunghi. Una strategia, un progetto, per non lasciare che questa notte resti una meteora, o peggio, si trasformi in una nuova paralisi.
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... o-1.166673
ANALISI
La storica notte del terremoto Matteo Renzi
Un uomo solo al comando
Con la destra sparita e la vecchia sinistra in disarmo, Renzi sfonda al centro, nel ceto medio impoverito e impaurito. In un Paese in bilico tra protesta rabbiosa e pallida speranza, coagula il voto di lavoratori e disoccupati, vecchi e giovani, imprenditori e operai, al Nord e al Sud. Un plebiscito che potrebbe spingerlo all'incasso con il voto anticipato
DI MARCO DAMILANO
26 maggio 2014
La storica notte del terremoto Matteo Renzi
Un uomo solo al comando
L'ultimo a toccare quota quaranta era stato un altro infaticabile motorino toscano, accumulatore di consensi e invettive, Amintore Fanfani. Ma era il 1958, un secolo fa, c'era la grande diga anti-comunista democristiana. Mentre la storica notte di Matteo Renzi è tutta figlia dell'Italia di oggi, del grande terremoto di questi anni, la crisi economica più lunga degli ultimi decenni, un sistema politico allo sbando, una classe dirigente sclerotizzata e fallimentare.
Matteo fa 40 o quasi, polverizza il record del Pd di Walter Veltroni del 2008, surclassa perfino il massimo del Pci di Enrico Berlinguer, il 34,4 del 1976, ma sarebbe un'operazione arbitraria perché non sono quelli i termini di paragone. Renzi con questo voto del 25 maggio ha ottenuto il suo 18 aprile, lo sfondamento al centro, non inteso come un ceto politico sempre più asfittico ma nel cuore della società, nel ceto medio impoverito e impaurito, in un Paese in bilico tra la protesta rabbiosa e una pallida speranza. Un voto interclassista, si sarebbe detto in altri tempi, di lavoratori e disoccupati, vecchi e giovani, imprenditori e operai, al Nord e al Sud. Un voto pigliatutto, ottenuto non da un partito, questa è la grande differenza con il passato, perché il Pd anche in questa campagna elettorale si è dimostrato drammaticamente inadeguato sul piano organizzativo e comunicativo.
Ci si aspettava l'arrivo del premier Renzi per commentare lo straordinario risultato del Pd alle elezioni Europee, invece a sorpresa davanti alla stampa nella sede del partito si è presentato tutto il gruppo dirigente (dai ministri ai membri della segreteria, dai capogruppo a esponenti della cosiddetta minoranza del partito come Orfini e D'Attorre). Unico a rimanere dietro le quinte proprio il presidente del Consiglio che terrà una conferenza stampa a palazzo Chigi.
A vincere è Renzi, in totale solitudine. Il Pd è sempre più un PdR, il partito di Renzi (se ne è accorto anche Damilano -ndt), il governo è un monocolore Renzi. Renzi è insieme l'area di governo e l'ariete del cambiamento, il risultato europeo del tutto insperato forse anche per lui lo fotografa così, come al momento della conquista del potere tre mesi fa. Un uomo che balla nel vuoto, che avanza senza incontrare ostacoli perché la destra è sparita, la vecchia sinistra è in disarmo, il vento di Grillo intercetta la rabbia e il dolore di una parte dell'elettorato e la sensazione di partecipare a una grande impresa in tanti giovani ma non riesce a trasformarsi in un'alternativa.
Resta Renzi in mezzo a un'Europa devastata, in un sistema politico dove non esistono più i punti di riferimento degli ultimi due decenni. Il premier è a un bivio: fare leva sul risultato che lo legittima come leader più votato per spingere sulle riforme, con più forza e magari con maggiore lucidità strategica. Cambiare davvero lo Stato in profondità, o limitarsi a qualche riforma superficiale come quella del Senato, provare a forzare i limiti europei, ora che ne ha la forza e la possibilità.
"Le proiezioni sembrano dare un segnale chiaro di fiducia verso questo governo e verso l'azione di riforma che ha saputo incarnare". Così il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi commentando i primi risultati delle elezioni europee che vedono il Pd vicino alla soglia del 40%.
Oppure passare rapidamente all'incasso, approfittare del primo voto contrario del Parlamento per far saltare il tavolo e tornare a votare per ottenere un nuovo plebiscito. Il Renzi visto fino a qui, che ha sempre bisogno di nuove sfide, non avrebbe dubbi e per questo stanotte le elezioni anticipate tornano a essere uno scenario possibile. Il nuovo Renzi, quello che in sei mesi ha stravinto primarie, europee e che ha conquistato Palazzo Chigi, potrebbe decidere che la prossima sfida si gioca sui tempi lunghi. Una strategia, un progetto, per non lasciare che questa notte resti una meteora, o peggio, si trasformi in una nuova paralisi.
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Re: Il figlio della Balena Bianca
Chiamiamolo col suo nome, nuovissimo centrodestracamillobenso ha scritto:Caro Paolino, da ieri non si chiama più PD, ma PdR (Partito di Renzi) Ovvero la nuova Dc di stampo peronista.paolo11 ha scritto:SE il PD con tutti gli scandali che escono fuori prendono il 40% vuol dite che gli va bene tutto a certa popolazione.
Forse hanno preso paura del M5S di cui parlava di portare le pensioni a 5.000 .Poi una revisione di quei politici, industriali, Coop ecc....che si sono arricchiti in modo non trasparente.
Ciao
Paolo11
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Il figlio della Balena Bianca
Chiamiamolo col suo nome, nuovissimo centrodestra
peanuts
****
Da queste parti continuano a chiamarlo "La sinistra" , il Centrosinistra".
Fanno fatica a capire.
peanuts
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Re: Il figlio della Balena Bianca
Europee 2014, moriremo democristiani?
di Luisella Costamagna | 26 maggio 2014Commenti (279)
Renzi stravince. Il suo risultato è al di sopra di ogni aspettativa. Storico. Ma insieme a lui c’è un altro vincitore: la paura. Una paura che ha nome e cognome: Beppe Grillo.
Fermo restando che nessuno è infallibile e di errori ne ha fatti pure lui, c’è però una domanda cruciale: è Grillo ad aver spaventato gli elettori o tutti i partiti – per la prima volta compatti (insieme a buona parte dell’informazione) contro uno solo – ad averli terrorizzati con scenari nefasti se avesse vinto il Movimento 5 Stelle?
“Un referendum tra paura e speranza”, ha detto Renzi in campagna elettorale. La speranza era lui, la paura Grillo. E così Berlusconi, che è arrivato addirittura ad evocare “disordini” se avessero prevalso i grillini. E pure i sondaggi sbagliati, che davano Pd e 5 Stelle a un’incollatura, hanno magari spinto – per paura – molti indecisi a votare Pd.
A Grillo si è data la colpa di tutto: dei dati economici negativi (anche se non mi risulta sia stato al governo nell’ultimo anno e mezzo), del crollo delle borse, dell’aumento dello spread. E poi dei toni accesi, degli insulti (anche se le parole “buffone”, “assassino”, “serial killer squilibrato”, “stalinista” le hanno pronunciate rispettivamente Renzi, Berlusconi, Crosetto e Schulz, diciamo che perlomeno sono pari). Del non aver parlato dell’Europa (perché gli 80 euro in busta paga erano un tema europeo?)
Ripeto: è Grillo ad aver spaventato gli elettori o tutti i partiti – e buona parte dell’informazione – compatti contro di lui?
Io questa paura di Grillo non la capisco. Non la capisco a maggior ragione in un partito che dovrebbe essere in sintonia con molte battaglie dei 5 Stelle. Dovrebbe. Bastava seguire un suo comizio, invece di leggere le sue parole falsate da tre quarti di stampa e tv, per capire che da una folla che urla “Onestà” non c’è nulla da temere. Anzi, c’è molto da imparare (sempre, ovviamente, che non si abbia nulla da nascondere).
Ma è dura combattere contro il mondo. Soprattutto quando il mondo è l’Italia, in cui da sempre si preferisce “non rischiare”, in cui il motto è “Se lasci la strada vecchia per la nuova…”. E in cui Berlusconi è ancora, dopo tutto quello che è successo, al 16,8%! Altro che sconfitta.
Vince Renzi. Stravince Renzi. W Renzi.
Il nostro destino è morire democristiani.
PS: si comunica che il carro del vincitore è ormai un tir. Non spingete per salire. C’è posto per tutti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... i/1001341/
di Luisella Costamagna | 26 maggio 2014Commenti (279)
Renzi stravince. Il suo risultato è al di sopra di ogni aspettativa. Storico. Ma insieme a lui c’è un altro vincitore: la paura. Una paura che ha nome e cognome: Beppe Grillo.
Fermo restando che nessuno è infallibile e di errori ne ha fatti pure lui, c’è però una domanda cruciale: è Grillo ad aver spaventato gli elettori o tutti i partiti – per la prima volta compatti (insieme a buona parte dell’informazione) contro uno solo – ad averli terrorizzati con scenari nefasti se avesse vinto il Movimento 5 Stelle?
“Un referendum tra paura e speranza”, ha detto Renzi in campagna elettorale. La speranza era lui, la paura Grillo. E così Berlusconi, che è arrivato addirittura ad evocare “disordini” se avessero prevalso i grillini. E pure i sondaggi sbagliati, che davano Pd e 5 Stelle a un’incollatura, hanno magari spinto – per paura – molti indecisi a votare Pd.
A Grillo si è data la colpa di tutto: dei dati economici negativi (anche se non mi risulta sia stato al governo nell’ultimo anno e mezzo), del crollo delle borse, dell’aumento dello spread. E poi dei toni accesi, degli insulti (anche se le parole “buffone”, “assassino”, “serial killer squilibrato”, “stalinista” le hanno pronunciate rispettivamente Renzi, Berlusconi, Crosetto e Schulz, diciamo che perlomeno sono pari). Del non aver parlato dell’Europa (perché gli 80 euro in busta paga erano un tema europeo?)
Ripeto: è Grillo ad aver spaventato gli elettori o tutti i partiti – e buona parte dell’informazione – compatti contro di lui?
Io questa paura di Grillo non la capisco. Non la capisco a maggior ragione in un partito che dovrebbe essere in sintonia con molte battaglie dei 5 Stelle. Dovrebbe. Bastava seguire un suo comizio, invece di leggere le sue parole falsate da tre quarti di stampa e tv, per capire che da una folla che urla “Onestà” non c’è nulla da temere. Anzi, c’è molto da imparare (sempre, ovviamente, che non si abbia nulla da nascondere).
Ma è dura combattere contro il mondo. Soprattutto quando il mondo è l’Italia, in cui da sempre si preferisce “non rischiare”, in cui il motto è “Se lasci la strada vecchia per la nuova…”. E in cui Berlusconi è ancora, dopo tutto quello che è successo, al 16,8%! Altro che sconfitta.
Vince Renzi. Stravince Renzi. W Renzi.
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Re: Il figlio della Balena Bianca
camillobenso ha scritto:Chiamiamolo col suo nome, nuovissimo centrodestra
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Re: Il figlio della Balena Bianca
Ciriaco De Mita sindaco a 86 anni, stravince a Nusco con l'80%
L'ex presidente del Consiglio ha raccolto 1.136 preferenze, mentre la sfidante Secchiano 336 voti
Sindaco Nusco.
............................
Hanno tirato fuori dal Sarcofago De Mita.Amicome di Tanzi Parmalat
Ciao
Paolo11
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Sindaco Nusco.
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Paolo11
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Re: Il figlio della Balena Bianca
In un mondo di ciechi, chi è orbo è un'aquila
Personalmente credo che la vittoria di Renzi è dovuto all'assenza di competitor ...
Vediamo:
Berlusconi è ormai cotto e decotto, tristissimo da Vespa e Crozza ne ha colto la sua disperazione con una gag favolosa!
Grillo ormai è al tramonto. Ha perso il treno delle opportunità, dimostrando la sua incapacità a realizzare. Poteva cambiare l'Italia, portare le sue idee a concretizzarsi, ma si è perso a contare gli scontrini e a fare le gag ... ha avuto un atteggiamento più da collettivo studentesco che da forza politica!
Tspiras-Ventola silenziati dai mass media, non capiscono che bisogna vestirsi di umiltà e ricreare da zero il movimento. Bisogna fare tanta, ma tanta strada con personaggi diversi dai soliti Casarini, Moni Ovada e Ventola. Ma l'idea c'è ... bisogna avere la pazienza e la costanza di iniziare questo cammino e iniziare a pensare che la sinistra non è solo dura e pura, ma può essere aperta e disponibile anche a compromessi per una certa real-politik. Essere meno "talebani" e più ecunemici
Personalmente credo che la vittoria di Renzi è dovuto all'assenza di competitor ...
Vediamo:
Berlusconi è ormai cotto e decotto, tristissimo da Vespa e Crozza ne ha colto la sua disperazione con una gag favolosa!
Grillo ormai è al tramonto. Ha perso il treno delle opportunità, dimostrando la sua incapacità a realizzare. Poteva cambiare l'Italia, portare le sue idee a concretizzarsi, ma si è perso a contare gli scontrini e a fare le gag ... ha avuto un atteggiamento più da collettivo studentesco che da forza politica!
Tspiras-Ventola silenziati dai mass media, non capiscono che bisogna vestirsi di umiltà e ricreare da zero il movimento. Bisogna fare tanta, ma tanta strada con personaggi diversi dai soliti Casarini, Moni Ovada e Ventola. Ma l'idea c'è ... bisogna avere la pazienza e la costanza di iniziare questo cammino e iniziare a pensare che la sinistra non è solo dura e pura, ma può essere aperta e disponibile anche a compromessi per una certa real-politik. Essere meno "talebani" e più ecunemici
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: Il figlio della Balena Bianca
Europee 2014: democrazia renziana
di Marco Travaglio | 27 maggio 2014Commenti (1796)
Mentre prosegue festosa la corsa sul carro del vincitore, anzi è appena cominciata, trovo sul web (copyright Adriano Colafrancesco) una definizione che mi pare azzeccata: “Democrazia Renziana”. Matteo Renzi non è il nuovo Berlusconi: non aveva stallieri mafiosi, non stava nella P2, non ha alle spalle poteri criminali, non è miliardario, non è uomo di azienda, non possiede tv né giornali (che semmai gli si offrono spontaneamente, cioè italianamente). Ma la pancia di una certa Italia lo vede e lo sente come il nuovo Berlusconi, cioè come il nuovo messia, il salvatore della patria, il populista ridens con il sole in tasca e 80 euro in mano, l’uomo solo al comando nelle cui braccia gettarsi e del cui verbo ubriacarsi, un po’ per speranza un po’ per disperazione. Un Berluschino un po’ allergico ai controlli, alle critiche e ai sindacati, con qualche conflitto d’interessi fra gli amici, ma molto più giovane e meno ideologicamente connotato, più sbiadito e gelatinoso, dunque più trasversale. In una parola: democristiano. In senso tecnico, non deteriore.
Bisogna infatti risalire agli anni 50, cioè all’apogeo del centrismo, per trovare un partito – la Dc – sopra il 40%. Anche allora pochi dichiaravano di votarla, ma la votavano in tanti. Un partito-contenitore, un grande sughero galleggiante che ospitava a bordo tutto e il contrario di tutto, e lasciava fare a ciascuno i suoi comodi. Prospettiva molto più comoda e accattivante della quaresimale austerità berlingueriana, incautamente evocata da Grillo e Casaleggio nel paese del Carnevale perpetuo, anche quando non c’è nulla da ridere. La Dc durò 40 anni, Berlusconi 20. Quanto durerà Renzi, o meglio l’innamoramento di una certa Italia per lui, dipende solo da lui (la distanza fra palazzo Venezia e piazzale Loreto è molto più breve di un tempo).
Il suo governo – nato dall’accrocco fra un Pd al 25%, un Centro montiano uscito dalle urne un anno fa col 9 e un Nuovo Centro Destra dato dai sondaggi al 6-7 – ora è un monocolore pidino, anzi renzino, che s’è mangiato gli alleati. Ma che dovrà seguitare a fare i conti con un Parlamento che non rappresenta più le vere forze in campo e con una maggioranza votata domenica da appena il 27 % degli elettori aventi diritto al voto. I partner ufficiali Alfano, Casini e Monti, per non estinguersi alle prossime urne, dovranno marcare le distanze dalle cosiddette “riforme”, Italicum e nuovo Senato, peraltro pessime. Così paradossalmente il Pd al massimo storico dovrà chiedere aiuto a un Berlusconi al minimo storico. E sappiamo bene che il soccorso azzurro non è mai gratis.
In questa crepa potrebbe infilarsi il M5S, se si decidesse a una seria autocritica dopo la batosta (prendersela con i pensionati allergici al cambiamento fa ridere). Non per ammorbidire la sua opposizione intransigente, che è ciò che chiedono i suoi 5,8 milioni di elettori rimasti. Ma per cambiare linguaggio e strategia. Il linguaggio che paga non è quello provocatorio e paradossale di Grillo (che, tradotto sui titoli di tg e giornali, diventa serio e truculento, spaventa la gente e non basta un’ospitata a Porta a Porta per cancellarne gli effetti), ma quello dei suoi parlamentari migliori (più concreto sulle cose fatte e quelle da fare), e anche quello autoironico del video di ieri. Quanto alla strategia, il “mandiamoli tutti a casa” funzionava contro D’Alema, Bersani, Letta jr. e gli altri brontosauri. Contro Renzi no, non basta. Renzi va sfidato e incalzato sui fatti. Anche perché domenica ha risolto tutti i suoi problemi, non certo quelli degli italiani.
Quando, intervistato dal Fatto il 2 gennaio, invitò i 5 Stelle al tavolo delle riforme, offrendo la rinuncia ai rimborsi elettorali, fu demenziale rispondere picche e non andare a vedere le carte, magari per smascherare l’eventuale bluff. E quando il mitico “popolo della Rete” costrinse Grillo ad accettare l’incontro in streaming con lui, non si aspettava certo il rifiuto totale di ascoltare e di rispondere, anche duramente, ma sul merito. Ciò detto, meno male che M5S c’è: altrimenti anche noi, come la Francia e la Gran Bretagna, avremmo gli antieuropei xenofobi e lepenisti oltre il 20%. Pur nella cocente sconfitta, i 5 Stelle si attestano su un 21% di voti d’opinione e non di scambio (non governando da nessuna parte, non hanno soldi né favori da elargire e promettere), che potrà aumentare se riusciranno a entrare in partita, imponendo alcune battaglie giuste a un Pd più che mai in cerca di sponde: com’è già avvenuto nei voti contro B. e Genovese, e contro la responsabilità civile diretta dei magistrati. Se aiutassero Renzi a lasciar perdere riforme assurde come l’Italicum e il Senato delle autonomie e a farne di migliori, sarebbe meglio per loro, per il Pd e per tutti. Questo in fondo chiedono gli elettori: una maggioranza purchessia, che però risolva i problemi. Ed esca finalmente dalla campagna elettorale. Al momento vale il detto di Kierkegaard: “La nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma che cosa mangeremo domani”.
Ps. Alcuni presunti “colleghi”, abituati al giornalismo embedded specializzati nello sport nazionale di osannare i governi e di massacrare le opposizioni, credono che chi prende più voti abbia sempre ragione (la ragione del più forte, quella del duce). Infatti per vent’anni hanno tenuto il sacco a B. e ai suoi finti oppositori. E ora pensano di aver vinto le elezioni, che noi avremmo perso. Spiace deluderli, ma noi del Fatto siamo giornalisti, non politici. Possiamo permetterci il lusso di votare per chi ci pare e poi di esercitare il nostro spirito critico nei confronti di tutti, senza confondere il consenso con la ragione e senza farci prendere dall’horror vacui se ci troviamo in minoranza. Non siamo più bravi, solo più fortunati: non abbiamo nulla da guadagnare dalla vittoria di questo né da perdere dalla sconfitta di quello, perché non abbiamo padroni. E neppure editori costretti a mendicare favori e fondi pubblici dal governo di turno per salvarsi dalla bancarotta. Infatti, diversamente da costoro, non abbiamo mai preteso di insegnare ai nostri lettori per chi devono votare. Noi perderemo le elezioni quando ci candideremo. Cioè mai.
Il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... a/1002840/
di Marco Travaglio | 27 maggio 2014Commenti (1796)
Mentre prosegue festosa la corsa sul carro del vincitore, anzi è appena cominciata, trovo sul web (copyright Adriano Colafrancesco) una definizione che mi pare azzeccata: “Democrazia Renziana”. Matteo Renzi non è il nuovo Berlusconi: non aveva stallieri mafiosi, non stava nella P2, non ha alle spalle poteri criminali, non è miliardario, non è uomo di azienda, non possiede tv né giornali (che semmai gli si offrono spontaneamente, cioè italianamente). Ma la pancia di una certa Italia lo vede e lo sente come il nuovo Berlusconi, cioè come il nuovo messia, il salvatore della patria, il populista ridens con il sole in tasca e 80 euro in mano, l’uomo solo al comando nelle cui braccia gettarsi e del cui verbo ubriacarsi, un po’ per speranza un po’ per disperazione. Un Berluschino un po’ allergico ai controlli, alle critiche e ai sindacati, con qualche conflitto d’interessi fra gli amici, ma molto più giovane e meno ideologicamente connotato, più sbiadito e gelatinoso, dunque più trasversale. In una parola: democristiano. In senso tecnico, non deteriore.
Bisogna infatti risalire agli anni 50, cioè all’apogeo del centrismo, per trovare un partito – la Dc – sopra il 40%. Anche allora pochi dichiaravano di votarla, ma la votavano in tanti. Un partito-contenitore, un grande sughero galleggiante che ospitava a bordo tutto e il contrario di tutto, e lasciava fare a ciascuno i suoi comodi. Prospettiva molto più comoda e accattivante della quaresimale austerità berlingueriana, incautamente evocata da Grillo e Casaleggio nel paese del Carnevale perpetuo, anche quando non c’è nulla da ridere. La Dc durò 40 anni, Berlusconi 20. Quanto durerà Renzi, o meglio l’innamoramento di una certa Italia per lui, dipende solo da lui (la distanza fra palazzo Venezia e piazzale Loreto è molto più breve di un tempo).
Il suo governo – nato dall’accrocco fra un Pd al 25%, un Centro montiano uscito dalle urne un anno fa col 9 e un Nuovo Centro Destra dato dai sondaggi al 6-7 – ora è un monocolore pidino, anzi renzino, che s’è mangiato gli alleati. Ma che dovrà seguitare a fare i conti con un Parlamento che non rappresenta più le vere forze in campo e con una maggioranza votata domenica da appena il 27 % degli elettori aventi diritto al voto. I partner ufficiali Alfano, Casini e Monti, per non estinguersi alle prossime urne, dovranno marcare le distanze dalle cosiddette “riforme”, Italicum e nuovo Senato, peraltro pessime. Così paradossalmente il Pd al massimo storico dovrà chiedere aiuto a un Berlusconi al minimo storico. E sappiamo bene che il soccorso azzurro non è mai gratis.
In questa crepa potrebbe infilarsi il M5S, se si decidesse a una seria autocritica dopo la batosta (prendersela con i pensionati allergici al cambiamento fa ridere). Non per ammorbidire la sua opposizione intransigente, che è ciò che chiedono i suoi 5,8 milioni di elettori rimasti. Ma per cambiare linguaggio e strategia. Il linguaggio che paga non è quello provocatorio e paradossale di Grillo (che, tradotto sui titoli di tg e giornali, diventa serio e truculento, spaventa la gente e non basta un’ospitata a Porta a Porta per cancellarne gli effetti), ma quello dei suoi parlamentari migliori (più concreto sulle cose fatte e quelle da fare), e anche quello autoironico del video di ieri. Quanto alla strategia, il “mandiamoli tutti a casa” funzionava contro D’Alema, Bersani, Letta jr. e gli altri brontosauri. Contro Renzi no, non basta. Renzi va sfidato e incalzato sui fatti. Anche perché domenica ha risolto tutti i suoi problemi, non certo quelli degli italiani.
Quando, intervistato dal Fatto il 2 gennaio, invitò i 5 Stelle al tavolo delle riforme, offrendo la rinuncia ai rimborsi elettorali, fu demenziale rispondere picche e non andare a vedere le carte, magari per smascherare l’eventuale bluff. E quando il mitico “popolo della Rete” costrinse Grillo ad accettare l’incontro in streaming con lui, non si aspettava certo il rifiuto totale di ascoltare e di rispondere, anche duramente, ma sul merito. Ciò detto, meno male che M5S c’è: altrimenti anche noi, come la Francia e la Gran Bretagna, avremmo gli antieuropei xenofobi e lepenisti oltre il 20%. Pur nella cocente sconfitta, i 5 Stelle si attestano su un 21% di voti d’opinione e non di scambio (non governando da nessuna parte, non hanno soldi né favori da elargire e promettere), che potrà aumentare se riusciranno a entrare in partita, imponendo alcune battaglie giuste a un Pd più che mai in cerca di sponde: com’è già avvenuto nei voti contro B. e Genovese, e contro la responsabilità civile diretta dei magistrati. Se aiutassero Renzi a lasciar perdere riforme assurde come l’Italicum e il Senato delle autonomie e a farne di migliori, sarebbe meglio per loro, per il Pd e per tutti. Questo in fondo chiedono gli elettori: una maggioranza purchessia, che però risolva i problemi. Ed esca finalmente dalla campagna elettorale. Al momento vale il detto di Kierkegaard: “La nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma che cosa mangeremo domani”.
Ps. Alcuni presunti “colleghi”, abituati al giornalismo embedded specializzati nello sport nazionale di osannare i governi e di massacrare le opposizioni, credono che chi prende più voti abbia sempre ragione (la ragione del più forte, quella del duce). Infatti per vent’anni hanno tenuto il sacco a B. e ai suoi finti oppositori. E ora pensano di aver vinto le elezioni, che noi avremmo perso. Spiace deluderli, ma noi del Fatto siamo giornalisti, non politici. Possiamo permetterci il lusso di votare per chi ci pare e poi di esercitare il nostro spirito critico nei confronti di tutti, senza confondere il consenso con la ragione e senza farci prendere dall’horror vacui se ci troviamo in minoranza. Non siamo più bravi, solo più fortunati: non abbiamo nulla da guadagnare dalla vittoria di questo né da perdere dalla sconfitta di quello, perché non abbiamo padroni. E neppure editori costretti a mendicare favori e fondi pubblici dal governo di turno per salvarsi dalla bancarotta. Infatti, diversamente da costoro, non abbiamo mai preteso di insegnare ai nostri lettori per chi devono votare. Noi perderemo le elezioni quando ci candideremo. Cioè mai.
Il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... a/1002840/
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Re: Il figlio della Balena Bianca
L'avventura
Registro che gli italiani ce ne mettono di tempo a capire le cose. Al che, per converso, in automatico passo obbligatoriamente per un presuntuoso "bauscia" milanese.
Cosa sia un "bauscia" nel dialetto meneghino, può essere spiegato semplicemente riferendosi a Silvietto.
Il signor "Ghe pensi mi", che a fine carriera si è ridotto a vendere dentiere, è il tipo classico del bauscia milanese.
Ma......
Già sul forum di Gianni/Arlecchino ebbi modo di segnalare che il Pd era la nuova democrazia cristiana.
Immagino quanti "pirla"!!! sia stati elevati a mio carico ai tempi.
Carlo Freccero lo ha segnalato dalla Gruber un pò di mesi fa.
Piero Ignazi (L'Unità/L'Espresso) ci ha fatto un articolo qualche mese fa sull'Espresso, articolo presente sul forum.
Ignazi dichiarava apertamente che il Pd è. o meglio era la nuova Dc. Renzi non era ancora segretario.
Marco Damilano lo ha scritto lunedì scorso su L'Espresso.it . (Presente sul forum)
Oggi è la volta di Antonio Baraldi, ma che a mio avviso è stato superato da una segnalazione ripresa da Travaglio. Democrazia Renziana.
Anche Il Tempo di stamani va in questa direzione: "Moriremo tutti demorenziani ?"
Baraldi è arrivato in ritardo ma almeno ci è arrivato.
La moltitudine degli ex Pci, Pds, Ds, Pd, indigeni si offendono quando glielo fai notare.
Pazienza, un giorno capiranno.
PDC (Baraldi).
28/05/2014 di triskel182
Registro che gli italiani ce ne mettono di tempo a capire le cose. Al che, per converso, in automatico passo obbligatoriamente per un presuntuoso "bauscia" milanese.
Cosa sia un "bauscia" nel dialetto meneghino, può essere spiegato semplicemente riferendosi a Silvietto.
Il signor "Ghe pensi mi", che a fine carriera si è ridotto a vendere dentiere, è il tipo classico del bauscia milanese.
Ma......
Già sul forum di Gianni/Arlecchino ebbi modo di segnalare che il Pd era la nuova democrazia cristiana.
Immagino quanti "pirla"!!! sia stati elevati a mio carico ai tempi.
Carlo Freccero lo ha segnalato dalla Gruber un pò di mesi fa.
Piero Ignazi (L'Unità/L'Espresso) ci ha fatto un articolo qualche mese fa sull'Espresso, articolo presente sul forum.
Ignazi dichiarava apertamente che il Pd è. o meglio era la nuova Dc. Renzi non era ancora segretario.
Marco Damilano lo ha scritto lunedì scorso su L'Espresso.it . (Presente sul forum)
Oggi è la volta di Antonio Baraldi, ma che a mio avviso è stato superato da una segnalazione ripresa da Travaglio. Democrazia Renziana.
Anche Il Tempo di stamani va in questa direzione: "Moriremo tutti demorenziani ?"
Baraldi è arrivato in ritardo ma almeno ci è arrivato.
La moltitudine degli ex Pci, Pds, Ds, Pd, indigeni si offendono quando glielo fai notare.
Pazienza, un giorno capiranno.
PDC (Baraldi).
28/05/2014 di triskel182
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