TANGENTOPOLI - 2
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Re: TANGENTOPOLI - 2
TOMBOLA!!!
Expo, Frigerio: “Andai al Viminale dalla Cancellieri e mi parlò bene di Maltauro”
L'ex ministro Cancellieri "mi disse che la Maltauro era un'ottima impresa". Lo ha raccontato ai pm Gianstefano Frigerio, arrestato nell'inchiesta sulla presunta cupola degli appalti dell'Expo. Lo scrive "La Repubblica". Una nuova ombra che si allunga sull'ex ministro dell'Interno, già finita nell'occhio del ciclone nei mesi scorsi per l'imbarazzante amicizia con la famiglia Ligresti
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 7 giugno 2014Commenti (64)
Nella primavera del 2012 “andai a trovare Annamaria Cancellieri al ministero e le chiesi se conosceva questa grande impresa veneta”. La Maltauro. “E lei mi disse che era un’ottima impresa, che era un’ottima famiglia”. Lo racconta il 12 maggio ai pm che indagano sul caso Expo Gianstefano Frigerio, ex parlamentare Dc e Fi, tra gli arrestati lo scorso 8 maggio nell’inchiesta milanese sulla presunta “cupola degli appalti”. Lo scrive oggi il quotidiano “La Repubblica”. Una nuova ombra che si allunga sull’ex ministro dell’Interno, già finita nell’occhio del ciclone nei mesi scorsi per l’imbarazzante amicizia con la famiglia Ligresti.
Il 12 maggio, nel carcere milanese di Opera, Frigerio ha cominciato a ricostruire la sua versione di fronte al Gip di Milano, Fabio Antezza: “Nel 2012 – ha raccontato l’ex forzista secondo Repubblica – mi telefonò Annamaria Cancellieri, che allora era ministro dell’Interno del governo Monti, e che io conoscevo bene perché quarant’anni, o forse trent’anni p’rima, io ero segretario Dc a Milano e lei vice prefetto. Mi telefonò lei per dirmi che avevo scritto un libro molto bello. Non ricordo più quale fosse”. Poi Frigerio racconta del Viminale. “Tornato dalle vacanze, era la primavera del 2012, andai a trovarla al ministero e lì chiesi alla Cancellieri se conosceva questa grande impresa veneta, perché sapevo che era stata prefetto anche a Vicenza. E lei mi disse che era un’ottima impresa, che era un’ottima famiglia”. Parlava dei Maltauro, il cui esponente di maggior spicco, il costruttore Enrico, che davanti agli inquirenti ha confermato l’esistenza del sistema tangentizio e quantificato le richieste della “cupola” in un milione 200 mila euro, di cui 600 mila euro versati e gli altri 600 mila promessi.
Ma l’ex segretario regionale della Dc lombarda traccia uno scenario a tinte fosche anche della politica attuale. Solo poche settimane fa, durante il passaggio di una bustarella dalle mani di Maltauro “con 20 mila euro all’interno di un giornale” all’albergo Palace di Milano, Frigerio ricorda che “lì di fianco” c’era anche Roberto Maroni, governato della Lombardia, che lo avrebbe trattato con molta confidenza: “Vienimi a trovare”, avrebbe detto l’esponente leghista. Frase, tuttavia, che sarebbe stata “solo di circostanza”. Ma i rapporti di Frigerio con la classe dirigente sono trasversali, non conoscono colore politico. “Ho fatto un incontro l’altra settimana con il sottosegretario del governo Renzi, Reggi”, continua ancora l’ex Fi al quale il sottosegretario alla Pubblica Istruzione voleva “sollecitargli un problema grave”.
Ottimi i rapporti anche con il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. “Un politico”, secondo Frigerio “che io conoscevo bene, eravamo parlamentari fino al 2006″. Di pochi mesi fa l’ultimo incontro tra i due: nel 2013 i due si sono visti “tre o quattro volte. Poi magari quando c’erano i convegni a Roma, che c’è il ministro, solitamente si fa la claque per i ministri giovani”.
Expo, Frigerio: “Andai al Viminale dalla Cancellieri e mi parlò bene di Maltauro”
L'ex ministro Cancellieri "mi disse che la Maltauro era un'ottima impresa". Lo ha raccontato ai pm Gianstefano Frigerio, arrestato nell'inchiesta sulla presunta cupola degli appalti dell'Expo. Lo scrive "La Repubblica". Una nuova ombra che si allunga sull'ex ministro dell'Interno, già finita nell'occhio del ciclone nei mesi scorsi per l'imbarazzante amicizia con la famiglia Ligresti
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 7 giugno 2014Commenti (64)
Nella primavera del 2012 “andai a trovare Annamaria Cancellieri al ministero e le chiesi se conosceva questa grande impresa veneta”. La Maltauro. “E lei mi disse che era un’ottima impresa, che era un’ottima famiglia”. Lo racconta il 12 maggio ai pm che indagano sul caso Expo Gianstefano Frigerio, ex parlamentare Dc e Fi, tra gli arrestati lo scorso 8 maggio nell’inchiesta milanese sulla presunta “cupola degli appalti”. Lo scrive oggi il quotidiano “La Repubblica”. Una nuova ombra che si allunga sull’ex ministro dell’Interno, già finita nell’occhio del ciclone nei mesi scorsi per l’imbarazzante amicizia con la famiglia Ligresti.
Il 12 maggio, nel carcere milanese di Opera, Frigerio ha cominciato a ricostruire la sua versione di fronte al Gip di Milano, Fabio Antezza: “Nel 2012 – ha raccontato l’ex forzista secondo Repubblica – mi telefonò Annamaria Cancellieri, che allora era ministro dell’Interno del governo Monti, e che io conoscevo bene perché quarant’anni, o forse trent’anni p’rima, io ero segretario Dc a Milano e lei vice prefetto. Mi telefonò lei per dirmi che avevo scritto un libro molto bello. Non ricordo più quale fosse”. Poi Frigerio racconta del Viminale. “Tornato dalle vacanze, era la primavera del 2012, andai a trovarla al ministero e lì chiesi alla Cancellieri se conosceva questa grande impresa veneta, perché sapevo che era stata prefetto anche a Vicenza. E lei mi disse che era un’ottima impresa, che era un’ottima famiglia”. Parlava dei Maltauro, il cui esponente di maggior spicco, il costruttore Enrico, che davanti agli inquirenti ha confermato l’esistenza del sistema tangentizio e quantificato le richieste della “cupola” in un milione 200 mila euro, di cui 600 mila euro versati e gli altri 600 mila promessi.
Ma l’ex segretario regionale della Dc lombarda traccia uno scenario a tinte fosche anche della politica attuale. Solo poche settimane fa, durante il passaggio di una bustarella dalle mani di Maltauro “con 20 mila euro all’interno di un giornale” all’albergo Palace di Milano, Frigerio ricorda che “lì di fianco” c’era anche Roberto Maroni, governato della Lombardia, che lo avrebbe trattato con molta confidenza: “Vienimi a trovare”, avrebbe detto l’esponente leghista. Frase, tuttavia, che sarebbe stata “solo di circostanza”. Ma i rapporti di Frigerio con la classe dirigente sono trasversali, non conoscono colore politico. “Ho fatto un incontro l’altra settimana con il sottosegretario del governo Renzi, Reggi”, continua ancora l’ex Fi al quale il sottosegretario alla Pubblica Istruzione voleva “sollecitargli un problema grave”.
Ottimi i rapporti anche con il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. “Un politico”, secondo Frigerio “che io conoscevo bene, eravamo parlamentari fino al 2006″. Di pochi mesi fa l’ultimo incontro tra i due: nel 2013 i due si sono visti “tre o quattro volte. Poi magari quando c’erano i convegni a Roma, che c’è il ministro, solitamente si fa la claque per i ministri giovani”.
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Commento in evidenza
Luigi Fiori • un'ora fa
Bella raccomandazione, la cancellieri, sinonimo di sicurezza è una sicurezza ligreste. Tutti avrebbero avuto dubbi, anche dopo, voi no sicuri imperterriti avete continuato sullo stesso piano. Mi sembra che l'incapacita' sia tanta, noi populisti non abbiamo la benché minima fiducia in questa classe di furbi, bla bla bla bla intasca' intasca'. Siete la vergogna imperutera, spero che siate sempre più vicini alla fine, come farete a cavarvela non lo so proprio. Mancate di dignità, amor proprio, mancate di tutto, la gente non ha lavoro, non ha soldi e Voi dico ,Voi rubate da sempre. I grandi, i piccoli lavori sono fatti per rimpinguare le vostre tasche, quello che è più deludente che la gente continua a votarvi, forse sono come voi, non c'è niente da sperare.
Luigi Fiori • un'ora fa
Bella raccomandazione, la cancellieri, sinonimo di sicurezza è una sicurezza ligreste. Tutti avrebbero avuto dubbi, anche dopo, voi no sicuri imperterriti avete continuato sullo stesso piano. Mi sembra che l'incapacita' sia tanta, noi populisti non abbiamo la benché minima fiducia in questa classe di furbi, bla bla bla bla intasca' intasca'. Siete la vergogna imperutera, spero che siate sempre più vicini alla fine, come farete a cavarvela non lo so proprio. Mancate di dignità, amor proprio, mancate di tutto, la gente non ha lavoro, non ha soldi e Voi dico ,Voi rubate da sempre. I grandi, i piccoli lavori sono fatti per rimpinguare le vostre tasche, quello che è più deludente che la gente continua a votarvi, forse sono come voi, non c'è niente da sperare.
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Re: TANGENTOPOLI - 2.0
INCHIESTE
Confessate a Milano tangenti per tre milioni
Primo bilancio delle accuse a un mese dagli arresti: per Expo, appalti nucleari e affari sanitari, la "banda" di Frigerio, Greganti, Grillo e Cattozzo ha intascato almeno un milione e 200 mila euro. Altri 300 mila euro versati a una misteriosa cordata di corrotti, chiamati "i ragazzi". E ora nel mirino dei pm c'è il super-appalto per la Città della Salute
DI PAOLO BIONDANI
09 giugno 2014
Confessate a Milano tangenti per tre milioni
I faccendieri politici della banda dell'Expo, degli appalti nucleari e della sanità lombarda hanno intascato tangenti per almeno un milione e mezzo di euro. E quando sono stati arrestati, nel maggio scorso, erano pronti a incassarne almeno altrettanti: soldi già promessi e stanziati dai privati corruttori, che portano a oltre tre milioni la cifra totale prevista dagli accordi corruttivi già confermati dalle confessioni dei primi arrestati. E al conto vanno aggiunte le trattative, interrotte proprio dagli arresti, per imporre una tangente multi-milionaria anche sul maxi-appalto della Città della Salute. E' questo il bilancio, ancora provvisorio, delle prime ammissioni di sei tra i principali indagati della nuova Tangentopoli scoperta dai pm di Milano. Dove l'inchiesta ora punta a smascherare un misterioso personaggio, coperto dalla sigla in codice “rag.”, che ha intascato almeno 300 mila euro per interferire negli appalti nucleari della Sogin.
Come primo beneficiario di queste corruzioni, tutte le accuse convergono su Gianstefano Frigerio, ex tesoriere della Dc lombarda, già arrestato e condannato nel 1992-94 dai magistrati di Mani Pulite per i reati di concussione, corruzione, finanziamenti illeciti e ricettazione, eletto parlamentare di Forza Italia nel 2001 nonostante quelle sentenze definitive, tanto da scontare la pena ai servizi sociali nell'inedita veste di deputato rieducabile alla Camera, e infine ammesso addirittura nella segreteria del Partito popolare europeo, carica che ha dovuto lasciare l'8 maggio scorso per entrare in carcere. Il secondo posto, nella graduatoria delle presunte corruzioni, se lo aggiudicano a pari merito Luigi Grillo, parlamentare di Forza Italia fino al marzo 2013, che nega tutto come Frigerio, e il suo portaborse Sergio Cattozzo, ex dirigente dell'Udc in Liguria, che invece ha firmato le prime confessioni, giudicate però parziali. La terza via punta invece su Primo Greganti, altro grande pregiudicato della Tangentopoli storica, condannato con più sentenze definitive come tesoriere delle tangenti destinate al vecchio Pci, quindi riciclatosi come lobbista delle cooperative rosse, anche lui tornato in carcere ormai da 33 giorni.
Dopo aver raccolto le confessioni-fiume del grande distributore delle tangenti milanesi, l'industriale vicentino Enrico Maltauro, ora i magistrati sono orientati a chiedere il giudizio immediato, che provocherebbe tra l'altro il raddoppio dei termini di custodia cautelare: per Frigerio e Greganti, in particolare, un processo accelerato aumenterebbe il rischio di dover restare in galera per molti altri mesi. Il tesoriere Cattozzo, invece, ha confermato tutta la contabilità delle tangenti da lui stesso annotata nei foglietti che aveva tentato di nascondere nelle mutande nel giorno dell'arresto. Ma non ha ancora svelato chi si nasconda dietro la sigla “rag.”,: probabilmente si tratta di un gruppo di dirigenti pubblici corrotti, gli stessi che i faccendieri, nelle intercettazioni, chiamavano «i nostri ragazzi».
Per truccare gli appalti della Sogin, cioè della società statale incaricata del pericolosissimo compito di smaltire tutte le scorie nucleari prodotte in Italia, l'associazione per delinquere capeggiata da Frigerio si è fatta promettere, secondo l'accusa, almeno un milione e mezzo di euro, di cui 700 mila risultano effettivamente intascati prima degli arresti. L'imprenditore Maltauro ha confessato, in particolare, di aver dovuto sborsare tre blocchi di tangenti: 490 mila euro in contanti versati tra il 2012 e il 2013; altri 155 mila, nello stesso periodo, coperti con fatture false; gli ultimi 55 mila consegnati “cash” nei primi mesi di quest'anno. Il portaborse Cattozzo ha confermato lo stesso quadro accusatorio, rifiutandosi però di rilevare i nomi dei “ragazzi” (o del misterioso “rag.”) che nella sua contabilità segreta erano indicati come beneficiari di 300 mila euro, che risultano effettivamente versati in varie rate tra il 2 agosto 2012 e il 3 luglio 2013.
Sulle restanti mazzette concordate per gli affari nucleari, cioè un milione e 200 mila euro, Cattozzo dice che per metà erano stati solo promessi, perché gli arresti hanno bloccato tutto. Mentre per gli altri 600 mila euro, in gran parte già distribuiti, la banda avrebbe deciso una divisione in tre parti uguali: 200 mila euro per Frigerio, 200 per Grillo e gli altri 200 allo stesso Cattozzo. L'allora senatore Grillo, indicato nei foglietti sequestrati come “Gigi”, avrebbe intascato una mazzetta perfino nel giorno delle elezioni del 2013.
Le tangenti del troncone Sogin sarebbero servite, tra l'altro, a favorire la cordata di imprese guidata da Maltauro (qui alleata della Saipem del gruppo Eni), che il 21 dicembre 2012 si è aggiudicata l'appalto da 96 milioni di euro per costruire il “sarcofago” in cemento destinato a mettere in sicurezza per l'eternità la discarica di scorie nucleari del sito piemontese di Saluggia.
Per l'Expo di Milano, l'industriale Maltauro ha ammesso di aver promesso tangenti per un milione e 200 mila euro, di cui 600 mila effettivamente pagati fino all'ottobre 2013. Anche questi soldi risultano divisi in tre parti, ma questa volta tra Frigerio, Cattozzo e l'ex comunista Primo Greganti. L'appalto incriminato è quello da circa 60 milioni di euro per le cosiddette “Architetture di servizio”, vinto dall'impresa di Maltauro in cordata con la cooperativa rossa Cefla, sponsorizzata proprio da Greganti. La banda dei faccendieri, che nel 2014 aveva agganciato l'ex manager dell'Expo Angelo Paris, puntava a truccare anche gli appalti per le “vie d'acqua” e altri due contratti, uno da 28 e l'altro da 18 milioni di euro.
Frigerio e i suoi complici, secondo l'accusa, erano in grado di interferire anche negli appalti della sanità lombarda. In questo caso, due imprenditori, Bruno Greco (Colocoop) ed Enzo Costa (Ferco), si sono presentati in procura confessando di aver versato almeno 120 mila euro a Frigerio. Presunto obiettivo: spingere i dirigenti di nomina politica dell'ospedale di Melegnano a prorogare, senza fare nuove gare d'appalto, un contratto da 14 milioni e mezzo di euro. I magistrati indagano su molte altre tangenti. Il sospetto è che siano state distribuite a una dozzina di dirigenti ancora in carica di Asl e ospedali lombardi, tutti legatissimi a Frigerio.
L'imprenditore Maltauro ha confessato anche di aver chiesto l'intervento di Frigerio e Greganti per aggiudicarsi il maxi-appalto da 323 milioni di euro per la “Città della salute e della ricerca”, in cantiere a Sesto San Giovanni sulle aree ex Falck. Proprio questo è il troncone d'indagine più caldo (e ancora in gran parte segreto): un capitolo dell'incheista che coinvolge tra gli altri Antonio Rognoni, ex manager ciellino della società regionale Infrastrutture Lombarde, la centrale di tutte le grandi opere varate dal Pirellone, già arrestato in marzo per altri appalti truccati nei settori delle consulenze legali e della sicurezza privata.
In cordata con Maltauro, per la Città della Salute, compare la cooperativa rossa Manutencoop, guidata dal manager Claudio Levorato, che ha evitato le manette solo per mancanza di esigenze cautelari. I pm però hanno impugnato la decisione e insistono per arrestare altri dodici indagati. Il che spiega, tra l'altro, le presentazioni «spontanee» in procura dei primi imprenditori pronti a confessare tutto ai magistrati, come ai tempi di Mani Pulite.
http://espresso.repubblica.it/inchieste ... i-1.168631
Confessate a Milano tangenti per tre milioni
Primo bilancio delle accuse a un mese dagli arresti: per Expo, appalti nucleari e affari sanitari, la "banda" di Frigerio, Greganti, Grillo e Cattozzo ha intascato almeno un milione e 200 mila euro. Altri 300 mila euro versati a una misteriosa cordata di corrotti, chiamati "i ragazzi". E ora nel mirino dei pm c'è il super-appalto per la Città della Salute
DI PAOLO BIONDANI
09 giugno 2014
Confessate a Milano tangenti per tre milioni
I faccendieri politici della banda dell'Expo, degli appalti nucleari e della sanità lombarda hanno intascato tangenti per almeno un milione e mezzo di euro. E quando sono stati arrestati, nel maggio scorso, erano pronti a incassarne almeno altrettanti: soldi già promessi e stanziati dai privati corruttori, che portano a oltre tre milioni la cifra totale prevista dagli accordi corruttivi già confermati dalle confessioni dei primi arrestati. E al conto vanno aggiunte le trattative, interrotte proprio dagli arresti, per imporre una tangente multi-milionaria anche sul maxi-appalto della Città della Salute. E' questo il bilancio, ancora provvisorio, delle prime ammissioni di sei tra i principali indagati della nuova Tangentopoli scoperta dai pm di Milano. Dove l'inchiesta ora punta a smascherare un misterioso personaggio, coperto dalla sigla in codice “rag.”, che ha intascato almeno 300 mila euro per interferire negli appalti nucleari della Sogin.
Come primo beneficiario di queste corruzioni, tutte le accuse convergono su Gianstefano Frigerio, ex tesoriere della Dc lombarda, già arrestato e condannato nel 1992-94 dai magistrati di Mani Pulite per i reati di concussione, corruzione, finanziamenti illeciti e ricettazione, eletto parlamentare di Forza Italia nel 2001 nonostante quelle sentenze definitive, tanto da scontare la pena ai servizi sociali nell'inedita veste di deputato rieducabile alla Camera, e infine ammesso addirittura nella segreteria del Partito popolare europeo, carica che ha dovuto lasciare l'8 maggio scorso per entrare in carcere. Il secondo posto, nella graduatoria delle presunte corruzioni, se lo aggiudicano a pari merito Luigi Grillo, parlamentare di Forza Italia fino al marzo 2013, che nega tutto come Frigerio, e il suo portaborse Sergio Cattozzo, ex dirigente dell'Udc in Liguria, che invece ha firmato le prime confessioni, giudicate però parziali. La terza via punta invece su Primo Greganti, altro grande pregiudicato della Tangentopoli storica, condannato con più sentenze definitive come tesoriere delle tangenti destinate al vecchio Pci, quindi riciclatosi come lobbista delle cooperative rosse, anche lui tornato in carcere ormai da 33 giorni.
Dopo aver raccolto le confessioni-fiume del grande distributore delle tangenti milanesi, l'industriale vicentino Enrico Maltauro, ora i magistrati sono orientati a chiedere il giudizio immediato, che provocherebbe tra l'altro il raddoppio dei termini di custodia cautelare: per Frigerio e Greganti, in particolare, un processo accelerato aumenterebbe il rischio di dover restare in galera per molti altri mesi. Il tesoriere Cattozzo, invece, ha confermato tutta la contabilità delle tangenti da lui stesso annotata nei foglietti che aveva tentato di nascondere nelle mutande nel giorno dell'arresto. Ma non ha ancora svelato chi si nasconda dietro la sigla “rag.”,: probabilmente si tratta di un gruppo di dirigenti pubblici corrotti, gli stessi che i faccendieri, nelle intercettazioni, chiamavano «i nostri ragazzi».
Per truccare gli appalti della Sogin, cioè della società statale incaricata del pericolosissimo compito di smaltire tutte le scorie nucleari prodotte in Italia, l'associazione per delinquere capeggiata da Frigerio si è fatta promettere, secondo l'accusa, almeno un milione e mezzo di euro, di cui 700 mila risultano effettivamente intascati prima degli arresti. L'imprenditore Maltauro ha confessato, in particolare, di aver dovuto sborsare tre blocchi di tangenti: 490 mila euro in contanti versati tra il 2012 e il 2013; altri 155 mila, nello stesso periodo, coperti con fatture false; gli ultimi 55 mila consegnati “cash” nei primi mesi di quest'anno. Il portaborse Cattozzo ha confermato lo stesso quadro accusatorio, rifiutandosi però di rilevare i nomi dei “ragazzi” (o del misterioso “rag.”) che nella sua contabilità segreta erano indicati come beneficiari di 300 mila euro, che risultano effettivamente versati in varie rate tra il 2 agosto 2012 e il 3 luglio 2013.
Sulle restanti mazzette concordate per gli affari nucleari, cioè un milione e 200 mila euro, Cattozzo dice che per metà erano stati solo promessi, perché gli arresti hanno bloccato tutto. Mentre per gli altri 600 mila euro, in gran parte già distribuiti, la banda avrebbe deciso una divisione in tre parti uguali: 200 mila euro per Frigerio, 200 per Grillo e gli altri 200 allo stesso Cattozzo. L'allora senatore Grillo, indicato nei foglietti sequestrati come “Gigi”, avrebbe intascato una mazzetta perfino nel giorno delle elezioni del 2013.
Le tangenti del troncone Sogin sarebbero servite, tra l'altro, a favorire la cordata di imprese guidata da Maltauro (qui alleata della Saipem del gruppo Eni), che il 21 dicembre 2012 si è aggiudicata l'appalto da 96 milioni di euro per costruire il “sarcofago” in cemento destinato a mettere in sicurezza per l'eternità la discarica di scorie nucleari del sito piemontese di Saluggia.
Per l'Expo di Milano, l'industriale Maltauro ha ammesso di aver promesso tangenti per un milione e 200 mila euro, di cui 600 mila effettivamente pagati fino all'ottobre 2013. Anche questi soldi risultano divisi in tre parti, ma questa volta tra Frigerio, Cattozzo e l'ex comunista Primo Greganti. L'appalto incriminato è quello da circa 60 milioni di euro per le cosiddette “Architetture di servizio”, vinto dall'impresa di Maltauro in cordata con la cooperativa rossa Cefla, sponsorizzata proprio da Greganti. La banda dei faccendieri, che nel 2014 aveva agganciato l'ex manager dell'Expo Angelo Paris, puntava a truccare anche gli appalti per le “vie d'acqua” e altri due contratti, uno da 28 e l'altro da 18 milioni di euro.
Frigerio e i suoi complici, secondo l'accusa, erano in grado di interferire anche negli appalti della sanità lombarda. In questo caso, due imprenditori, Bruno Greco (Colocoop) ed Enzo Costa (Ferco), si sono presentati in procura confessando di aver versato almeno 120 mila euro a Frigerio. Presunto obiettivo: spingere i dirigenti di nomina politica dell'ospedale di Melegnano a prorogare, senza fare nuove gare d'appalto, un contratto da 14 milioni e mezzo di euro. I magistrati indagano su molte altre tangenti. Il sospetto è che siano state distribuite a una dozzina di dirigenti ancora in carica di Asl e ospedali lombardi, tutti legatissimi a Frigerio.
L'imprenditore Maltauro ha confessato anche di aver chiesto l'intervento di Frigerio e Greganti per aggiudicarsi il maxi-appalto da 323 milioni di euro per la “Città della salute e della ricerca”, in cantiere a Sesto San Giovanni sulle aree ex Falck. Proprio questo è il troncone d'indagine più caldo (e ancora in gran parte segreto): un capitolo dell'incheista che coinvolge tra gli altri Antonio Rognoni, ex manager ciellino della società regionale Infrastrutture Lombarde, la centrale di tutte le grandi opere varate dal Pirellone, già arrestato in marzo per altri appalti truccati nei settori delle consulenze legali e della sicurezza privata.
In cordata con Maltauro, per la Città della Salute, compare la cooperativa rossa Manutencoop, guidata dal manager Claudio Levorato, che ha evitato le manette solo per mancanza di esigenze cautelari. I pm però hanno impugnato la decisione e insistono per arrestare altri dodici indagati. Il che spiega, tra l'altro, le presentazioni «spontanee» in procura dei primi imprenditori pronti a confessare tutto ai magistrati, come ai tempi di Mani Pulite.
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Re: TANGENTOPOLI - 2
La coppia di giornalisti del Corriere della Sera, Sergio Rizzo e Gianantonio Stella si sta confermando nel panorama dell'informazione italiana, tra la più seria ed attendibile.
Corriere 10.6.14
La solitudine del commissario
Raffaele Cantone ha buone ragioni per essere preoccupato
di Gian Antonio Stella
«Raffaele stai sereno», continua a rassicurarlo Matteo Renzi. Ma Raffaele Cantone ha buone ragioni per essere preoccupato. Molto preoccupato. I giorni passano. Inesorabili. Ne sono trascorsi già trentatré, dalla retata che vide l’arresto di Frigerio, Greganti, Maltauro e degli altri figuri coinvolti nell’inchiesta sull’Expo 2015. E già trenta dalla scelta del premier di spedire a Milano il giudice campano (già messo a marzo alla testa dell’Autorità anti corruzione da anni abbandonata al ruolo di guscio vuoto) perché ficchi il naso nei cantieri e nelle imprese dell’Esposizione, dove l’angoscia per i ritardi e il tempo che scorre velocissimo s’impasta col timore delle tangenti, dei lavori fatti male, dell’esplosione dei costi.
Sono tanti, 30 giorni. Bastarono ai californiani per riparare l’arcata del Bay Bridge, il ponte che unisce San Francisco a Oakland, crollata per il terremoto del 1989. Non sono bastati a un capo del governo che va di fretta per definire quali poteri avrà quello che dovrebbe essere il suo plenipotenziario sul fronte anti mazzetta.
Lo stesso Cantone, intendiamoci, spiega a tutti che se c’è uno di cui si fida è Renzi. Ma la ragnatela di quello che Charles Dickens chiamava il «Ministero delle Circonlocuzioni» dedito a «immischiarsi di tutto» perché nulla si muova, si è andata via via tessendo fino ad avvolgere con morbide tenaglie ogni svolta riformatrice. Ma chi è, il ragno? Meglio: quanti sono, dove sono, che volto hanno i ragni che con sottile e pignola pazienza sembrano voler infiacchire gli sforzi contro i corrotti?
È questo che Cantone non capisce. Questo che lo intimorisce. Fino al punto di fargli confidare agli amici di avere quasi più paura di questi oscuri tessitori che dei camorristi. Dei Casalesi, dopo anni di sfida frontale, sa tutto. Sa come ragionano, come si muovono, come puntano i nemici. Dei ragni annidati negli interstizi della cattiva politica, della cattiva amministrazione, della cattiva burocrazia, non sa niente. O quasi niente. Ed è difficile combattere un nemico invisibile. Anche se si sa di avere il consenso di tantissime persone perbene.
Per questo lo slittamento, sia pure di pochi giorni, delle regole più dure sulla corruzione e della definizione dei poteri del «supervisore» sull’Expo («urgentissime» ma evidentemente non troppo), non è un bel segnale. Perché mostra incertezze, divisioni e ambiguità sulle competenze che la dicono lunga su come manchi, in questa trincea, il cemento che fa vincere le guerre: la compattezza.
Vale per l’Expo, vale per tutte le grandi opere, vale per il Mose. È stupefacente il silenzio con cui si dà per scontato che il Consorzio Venezia Nuova, benedetto da tre decenni di deroghe e di proroghe e di mancati controlli, debba finire ormai il lavoro iniziato a dispetto del coinvolgimento in un vorticoso sistema di tangenti. Non c’è padrone di casa al mondo che, accortosi che l’idraulico ha fatto il furbo, ha speso una tombola in bustarelle e non ha ancora finito il lavoro, gli confermi la fiducia e gli dia altri soldi. Non ce n’è uno che non cercherebbe subito altri professionisti, con una gara internazionale e non casereccia, per capire se, come, dove, quanto si è sbagliato. E come eventualmente si possa rimediare. Venezia viene prima degli interessi di un cartello di potentati che, si è visto, purtroppo, non meritava tanta fiducia.
Corriere 10.6.14
La corsa dei burocrati a caccia di un posto nel pool di Cantone
La lista dei 213 candidati
di Sergio Rizzo
La legge parla chiaro. I componenti dell’autorità anticorruzione devono essere scelti «tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all’amministrazione, con comprovate competenze in Italia e all’estero, sia nel settore pubblico che in quello privato, di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione». A far riflettere, semmai, è la procedura: i candidati vengono indicati dal governo ma le nomine sono subordinate al «parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti». Il che potrebbe inevitabilmente aprire spazio ad accordi sottobanco fra i partiti. Secondo il ben noto meccanismo: «Due scelti da me, uno da te e uno da lui».
Inutile dire che per la piega che hanno preso le cose, con le inchieste sull’Expo e sul Mose che stanno squarciando il velo su un cancro dalle metastasi diffuse in profondità nel mondo degli affari, della politica e anche dell’alta burocrazia, la faccenda è delicatissima. Così delicata da richiedere tempi di reazione rapidi. Forse più di quelli a cui stiamo assistendo. I termini per la presentazione delle candidature da parte degli interessati sono scaduti il 14 aprile, due mesi fa. In un paese nel quale abbiamo subito il proliferare di authority di ogni tipo, questa è quella che ha avuto la vita più travagliata. E dopo lo spettacolo sconcertante che ci hanno offerto in questi giorni le cronache non è molto difficile capire perché.
L’autorità anticorruzione viene istituita con poche risorse umane e pochissimi soldi sette anni fa, soltanto perché c’è lo impongono gli accordi internazionali. A capo ci mettono il prefetto Achille Serra, che l’anno seguente sceglierà di candidarsi alle elezioni con il Partito democratico passando poi all’Udc. È il 2008, Silvio Berlusconi ritorna a palazzo Chigi, e una delle prime iniziative del nuovo governo è quella di sopprimere l’authority, bollata come inutile. Ma siccome i trattati ne prevedono comunque l’esistenza, le funzioni vengono assegnate alla Civit, meglio nota come autorità anti fannulloni. Si tratta di un organismo che dovrebbe vigilare sulla trasparenza e l’efficienza della pubblica amministrazione, ma lo stato in cui versa la nostra burocrazia dice tutto sulla sua efficacia. Lo capisce immediatamente uno dei suoi componenti, Pietro Micheli, che se la dà a gambe appena può. Nel frattempo l’unica cosa che marcia sono le assunzioni. Si arriva così a oggi. La Civit diventa Anac, che sta per Autorità nazionale anticorruzione, e alla sua testa viene nominato il magistrato Raffaele Cantone. A cui viene affidato un compito da far tremare le vene ai polsi, in un clima non proprio confortevole per chi vuole stroncare la corruzione.
E qui torniamo alle decisioni che governo e parlamento sono chiamati a prendere in questi giorni. Scelte cruciali, visti i precedenti. Le autorità indipendenti, che dovevano rappresentare il baluardo dei cittadini contro i soprusi dei poteri economici e in qualche caso anche del malaffare, hanno in gran parte fallito la propria missione. Un caso per tutti, quello dell’authority per la vigilanza sugli appalti. Organismi che dovevano essere rigorosamente separati dal politica e dai partiti non sono rimasti estranei alle pratiche della lottizzazione, risultando talvolta un comodo approdo per alti burocrati pubblici a fine carriera, spesso esponenti di quella magistratura amministrativa competente a giudicare sui ricorsi avverso le stesse authority, in un conclamato conflitto d’interessi.
Al governo sono arrivate 213 candidature regolarmente pubblicate sul sito. Ma senza i curriculum e i riferimenti anagrafici, così da rendere difficilmente identificabili persone dai nomi piuttosto comuni come il candidato Ciro Esposito. Nella lista non mancano tuttavia numerosi esponenti riconoscibili della burocrazia pubblica. Come il magistrato del Tar Alfredo Allegretta. E il consigliere di Stato Michele Corradino, già capo di gabinetto di Giulio Santagata (governo Prodi), Stefania Prestigiacomo (governo Berlusconi) e Mario Catania (governo Monti). E Carlo D’Orta, già consigliere dei ministri Maurizio Sacconi, Sabino Cassese, Franco Frattini e Franco Bassanini. E Manin Carabba, classe 1937, presidente onorario della Corte dei conti, già capo di gabinetto di vari ministri per un decennio consecutivo ai tempi della Prima repubblica. E Caterina Cittadino, capo dipartimento di Palazzo Chigi. E Stefano Passigli, ex sottosegretario alla presidenza nei governi D’Alema e Amato. E Livio Zoffoli, ex presidente del Cnipa, già authority per l’informatica pubblica. E Costanza Pera, direttore generale del ministero delle Infrastrutture. E Sergio Basile, già capo di gabinetto dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. E il consigliere della Corte dei conti Ermanno Ranelli. E Diana Agosti, capo del dipartimento delle politiche europee di palazzo Chigi, consorte dell’ex presidente dell’Antitrust ed ex viceministro Antonio Catricalà. E Salvatore Sfrecola, magistrato della Corte dei conti che dirige il giornale online http://www.unsognoitaliano.it sulla cui home page campeggia il motto di Marco Porcio Catone: «I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori». Nell’elenco dei candidati c’è anche un certo Francesco Merloni. Che sia lo stesso Merloni, 89 anni a settembre, autore da ministro dei Lavori pubblici della famosa legge per stroncare Tangentopoli, subito tradita?
Corriere 10.6.14
La solitudine del commissario
Raffaele Cantone ha buone ragioni per essere preoccupato
di Gian Antonio Stella
«Raffaele stai sereno», continua a rassicurarlo Matteo Renzi. Ma Raffaele Cantone ha buone ragioni per essere preoccupato. Molto preoccupato. I giorni passano. Inesorabili. Ne sono trascorsi già trentatré, dalla retata che vide l’arresto di Frigerio, Greganti, Maltauro e degli altri figuri coinvolti nell’inchiesta sull’Expo 2015. E già trenta dalla scelta del premier di spedire a Milano il giudice campano (già messo a marzo alla testa dell’Autorità anti corruzione da anni abbandonata al ruolo di guscio vuoto) perché ficchi il naso nei cantieri e nelle imprese dell’Esposizione, dove l’angoscia per i ritardi e il tempo che scorre velocissimo s’impasta col timore delle tangenti, dei lavori fatti male, dell’esplosione dei costi.
Sono tanti, 30 giorni. Bastarono ai californiani per riparare l’arcata del Bay Bridge, il ponte che unisce San Francisco a Oakland, crollata per il terremoto del 1989. Non sono bastati a un capo del governo che va di fretta per definire quali poteri avrà quello che dovrebbe essere il suo plenipotenziario sul fronte anti mazzetta.
Lo stesso Cantone, intendiamoci, spiega a tutti che se c’è uno di cui si fida è Renzi. Ma la ragnatela di quello che Charles Dickens chiamava il «Ministero delle Circonlocuzioni» dedito a «immischiarsi di tutto» perché nulla si muova, si è andata via via tessendo fino ad avvolgere con morbide tenaglie ogni svolta riformatrice. Ma chi è, il ragno? Meglio: quanti sono, dove sono, che volto hanno i ragni che con sottile e pignola pazienza sembrano voler infiacchire gli sforzi contro i corrotti?
È questo che Cantone non capisce. Questo che lo intimorisce. Fino al punto di fargli confidare agli amici di avere quasi più paura di questi oscuri tessitori che dei camorristi. Dei Casalesi, dopo anni di sfida frontale, sa tutto. Sa come ragionano, come si muovono, come puntano i nemici. Dei ragni annidati negli interstizi della cattiva politica, della cattiva amministrazione, della cattiva burocrazia, non sa niente. O quasi niente. Ed è difficile combattere un nemico invisibile. Anche se si sa di avere il consenso di tantissime persone perbene.
Per questo lo slittamento, sia pure di pochi giorni, delle regole più dure sulla corruzione e della definizione dei poteri del «supervisore» sull’Expo («urgentissime» ma evidentemente non troppo), non è un bel segnale. Perché mostra incertezze, divisioni e ambiguità sulle competenze che la dicono lunga su come manchi, in questa trincea, il cemento che fa vincere le guerre: la compattezza.
Vale per l’Expo, vale per tutte le grandi opere, vale per il Mose. È stupefacente il silenzio con cui si dà per scontato che il Consorzio Venezia Nuova, benedetto da tre decenni di deroghe e di proroghe e di mancati controlli, debba finire ormai il lavoro iniziato a dispetto del coinvolgimento in un vorticoso sistema di tangenti. Non c’è padrone di casa al mondo che, accortosi che l’idraulico ha fatto il furbo, ha speso una tombola in bustarelle e non ha ancora finito il lavoro, gli confermi la fiducia e gli dia altri soldi. Non ce n’è uno che non cercherebbe subito altri professionisti, con una gara internazionale e non casereccia, per capire se, come, dove, quanto si è sbagliato. E come eventualmente si possa rimediare. Venezia viene prima degli interessi di un cartello di potentati che, si è visto, purtroppo, non meritava tanta fiducia.
Corriere 10.6.14
La corsa dei burocrati a caccia di un posto nel pool di Cantone
La lista dei 213 candidati
di Sergio Rizzo
La legge parla chiaro. I componenti dell’autorità anticorruzione devono essere scelti «tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all’amministrazione, con comprovate competenze in Italia e all’estero, sia nel settore pubblico che in quello privato, di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione». A far riflettere, semmai, è la procedura: i candidati vengono indicati dal governo ma le nomine sono subordinate al «parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti». Il che potrebbe inevitabilmente aprire spazio ad accordi sottobanco fra i partiti. Secondo il ben noto meccanismo: «Due scelti da me, uno da te e uno da lui».
Inutile dire che per la piega che hanno preso le cose, con le inchieste sull’Expo e sul Mose che stanno squarciando il velo su un cancro dalle metastasi diffuse in profondità nel mondo degli affari, della politica e anche dell’alta burocrazia, la faccenda è delicatissima. Così delicata da richiedere tempi di reazione rapidi. Forse più di quelli a cui stiamo assistendo. I termini per la presentazione delle candidature da parte degli interessati sono scaduti il 14 aprile, due mesi fa. In un paese nel quale abbiamo subito il proliferare di authority di ogni tipo, questa è quella che ha avuto la vita più travagliata. E dopo lo spettacolo sconcertante che ci hanno offerto in questi giorni le cronache non è molto difficile capire perché.
L’autorità anticorruzione viene istituita con poche risorse umane e pochissimi soldi sette anni fa, soltanto perché c’è lo impongono gli accordi internazionali. A capo ci mettono il prefetto Achille Serra, che l’anno seguente sceglierà di candidarsi alle elezioni con il Partito democratico passando poi all’Udc. È il 2008, Silvio Berlusconi ritorna a palazzo Chigi, e una delle prime iniziative del nuovo governo è quella di sopprimere l’authority, bollata come inutile. Ma siccome i trattati ne prevedono comunque l’esistenza, le funzioni vengono assegnate alla Civit, meglio nota come autorità anti fannulloni. Si tratta di un organismo che dovrebbe vigilare sulla trasparenza e l’efficienza della pubblica amministrazione, ma lo stato in cui versa la nostra burocrazia dice tutto sulla sua efficacia. Lo capisce immediatamente uno dei suoi componenti, Pietro Micheli, che se la dà a gambe appena può. Nel frattempo l’unica cosa che marcia sono le assunzioni. Si arriva così a oggi. La Civit diventa Anac, che sta per Autorità nazionale anticorruzione, e alla sua testa viene nominato il magistrato Raffaele Cantone. A cui viene affidato un compito da far tremare le vene ai polsi, in un clima non proprio confortevole per chi vuole stroncare la corruzione.
E qui torniamo alle decisioni che governo e parlamento sono chiamati a prendere in questi giorni. Scelte cruciali, visti i precedenti. Le autorità indipendenti, che dovevano rappresentare il baluardo dei cittadini contro i soprusi dei poteri economici e in qualche caso anche del malaffare, hanno in gran parte fallito la propria missione. Un caso per tutti, quello dell’authority per la vigilanza sugli appalti. Organismi che dovevano essere rigorosamente separati dal politica e dai partiti non sono rimasti estranei alle pratiche della lottizzazione, risultando talvolta un comodo approdo per alti burocrati pubblici a fine carriera, spesso esponenti di quella magistratura amministrativa competente a giudicare sui ricorsi avverso le stesse authority, in un conclamato conflitto d’interessi.
Al governo sono arrivate 213 candidature regolarmente pubblicate sul sito. Ma senza i curriculum e i riferimenti anagrafici, così da rendere difficilmente identificabili persone dai nomi piuttosto comuni come il candidato Ciro Esposito. Nella lista non mancano tuttavia numerosi esponenti riconoscibili della burocrazia pubblica. Come il magistrato del Tar Alfredo Allegretta. E il consigliere di Stato Michele Corradino, già capo di gabinetto di Giulio Santagata (governo Prodi), Stefania Prestigiacomo (governo Berlusconi) e Mario Catania (governo Monti). E Carlo D’Orta, già consigliere dei ministri Maurizio Sacconi, Sabino Cassese, Franco Frattini e Franco Bassanini. E Manin Carabba, classe 1937, presidente onorario della Corte dei conti, già capo di gabinetto di vari ministri per un decennio consecutivo ai tempi della Prima repubblica. E Caterina Cittadino, capo dipartimento di Palazzo Chigi. E Stefano Passigli, ex sottosegretario alla presidenza nei governi D’Alema e Amato. E Livio Zoffoli, ex presidente del Cnipa, già authority per l’informatica pubblica. E Costanza Pera, direttore generale del ministero delle Infrastrutture. E Sergio Basile, già capo di gabinetto dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. E il consigliere della Corte dei conti Ermanno Ranelli. E Diana Agosti, capo del dipartimento delle politiche europee di palazzo Chigi, consorte dell’ex presidente dell’Antitrust ed ex viceministro Antonio Catricalà. E Salvatore Sfrecola, magistrato della Corte dei conti che dirige il giornale online http://www.unsognoitaliano.it sulla cui home page campeggia il motto di Marco Porcio Catone: «I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori». Nell’elenco dei candidati c’è anche un certo Francesco Merloni. Che sia lo stesso Merloni, 89 anni a settembre, autore da ministro dei Lavori pubblici della famosa legge per stroncare Tangentopoli, subito tradita?
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Ricavo + guadagno = Ci smeno
Sui terreni di Rho che ospiteranno l’evento, le imprese guidate da Perregrini hanno già a diposizione “un cantiere con mezzi, maestranze, permessi accordati ed organizzazione per l’esecuzione di altro appalto nell’area dell’Expo”. Nel caso il subentro nei cantieri non venga accolto, il raggruppamento sconfitto si prepara a chiedere danni all’erario per circa 6 milioni di euro.
Expo, le imprese escluse vogliono l’appalto di Maltauro: “Frutto di corruzione”
Il gruppo di aziende arrivato secondo nella gara da 55 milioni sulle architetture di servizio presenta ricorso al Tar: "Il protocollo di legalità prevede la risoluzione del contratto per chi paga tangenti". Alla base, le confessioni del costruttore vicentino. La denuncia contro la società organizzatrice: "Nessuna risposta alle nostra lettera". Ma secondo il commissario unico Sala sarebbe necessario "un decreto legge"
di Mario Portanova | 11 giugno 2014Commenti (11)
E adesso le aziende rimaste escluse chiedono di rientrare negli appalti di Expo 2015. Viziati dalle mazzette, a quanto emerge dalla recente inchiesta della procura della Repubblica di Milano e dalle ampie confessioni di diversi indagati. Il gruppo di imprese arrivato secondo nella gara per le architetture di servizio del sito Expo, un affare da 55 milioni di euro, ha presentato un ricorso al Tar contro Expo 2015 e il commissario Giuseppe Sala. L’obiettivo è subentrare nei lavori al posto della Maltauro, azienda al centro dell’indagine. Motivazione: da quello che è emerso finora, “l’aggiudicazione all’Ati (Associazione temporanea d’imprese, ndr) Maltauro sarebbe frutto di atti corruttivi tra l’allora legale rappresentante Enrico Maltauro e il direttore generale di Expo 2015 spa Angelo Paris, anche tramite altri soggetti (G. Frigerio, L. Grillo, S. Cattozzo, P. Greganti, ecc.), che avrebbero influenzato la commissione giudicatrice”.
I personaggi citati sono tutti indagati nell’inchiesta su Infrastrutture lombarde – la società di Regione Lombardia che è stazione appaltante di Expo 2015 – che ha portato a otto arresti il 20 marzo scorso. “Le circostanze della dazione di denaro a fini di corruzione sarebbero altresì palesi da confessione resa dagli interessati, in particolare Enrico Maltauro e Angelo Paris”, scrivono i legali milanesi Sergio Colombo ed Elvira Poscio.
Le archietture di servizio di Expo consistono in bar, ristoranti, servizi igienici, spazi commerciali, assistenza, servizi per la sicurezza e così via. Le imprese che chiedono di prendere possesso dei cantieri al posto di Maltauro sono Costruzioni Perregrini srl di Milano (capofila), Panzeri spa, Milani Giovanni & C. srl. Alla gara indetta il 20 febbraio 2013 da Expo 2015 spa, questa Associazione temporanea d’imprese è arrivata seconda dopo il duo Maltauro-Cefla, con solo “lo 0,40% di sconto” in meno rispetto ai concorrenti, si legge nel ricorso, e un tempo di realizzazione inferiore di 31 giorni.
La chiave per rientrare nel business sta, secondo i legali, nel Protocollo di legalità siglato tra Expo 2015 e la Prefettura di Milano il 13 febbraio 2013, diventato parte integrante di tutti i contratti, proprio per – lo dice la parola stessa – evitare che gli appalti multimilionari dell’Esposizione universale finissero a ingrassare tangentisti e mafiosi. Anche Maltauro, per poter dare il via ai lavori, ci ha messo la firma. Il protocollo, sottolinea il ricorso al Tar, obbliga a “dare notizia al Prefetto e a Expo di ogni tentativo di condizionamento di natura criminale in qualunque forma esso si manifesti (richiesta di tangenti ecc.); di denunciare all’Autorità Giudiziaria ogni illecita richiesta di denaro (…) e ogni illecita interferenza nelle procedure di aggiudicazione, informandone la Prefettura ed Expo”.
Stando all’inchiesta, Enrico Maltauro (o chi per esso) non ha fatto nulla di tutto questo, salvo riempire verbali di ammissioni dopo l’arresto. I suoi interrogatori sono secretati, ma a quanto è trapelato il costruttore vicentino ha descritto la “cupola delle tangenti” e ha quantificato in 1,2 milioni di euro le elargizioni pattuite, facendo riferimento proprio alla gara per le architetture di servizio. Maltauro, si legge nel ricorso, ha compiuto “atti corruttivi (o comunque dazioni di danaro) verso i soggetti in grado di influenzare in proprio favore l’esito della procedura concorsuale, ovviamente non denunciandoli come gli era imposto, ma, ancor più gravemente, compiendoli esso stesso”. Qui sta il punto. Il “sistema sanzionatorio” del Protocollo di legalità, osservano gli avvocati Colombo e Poscio, prevede “la risoluzione automatica del contratto“. Poi l’appalto può essere aggiudicato “al concorrente che immediatamate segue nella graduatoria finale”.
Il ricorso contiene anche un attacco frontale a Expo 2015. Il 22 maggio 2014 le imprese arrivate seconde hanno scritto una nota alla società per chiedere appunto la risoluzione del contratto con Maltauro e il subentro nei cantieri. Ma Expo 2015 “nulla ha risposto, né ha convocato l’incontro per approfondimenti richiesti e non risulta abbia posto in essere alcuna attività volta a ripristinare la legalità palesemente violata”.
Chi ha ragione? Le visioni divergono profondamente, dato che il 29 maggio il Commissario unico Giuseppe Sala dichiarava ai giornalisti che per escludere Maltauro dagli appalti Expo sarebbe servito addirittura “un decreto legge”, cioè un intervento del governo. E la Prefettura di Milano, sotto la cui egida il Protocollo di legalità ha preso vita? Il 6 giugno la Maltauro ha diffuso un comunicato in cui affermava: “Expo 2015 con note trasmesse il 5 giugno ha comunicato che in seguito a compiuta istruttoria e alla riunione tenutasi lo scorso 3 giugno presso la prefettura di Milano, non sono stati rilevati elementi sufficienti a motivare la risoluzione dei contratti. Pertanto l’impresa porterà avanti l’esecuzione dei contratti aggiudicati”. “Prendo atto”, è stato il commento del governatore lombardo Roberto Maroni, mentre il sindaco di Milano Giuliano Pisapia si è inalberato: “Solo se sarà commissariata”.
Ne è seguita una precisazione della Prefettura: “La Sezione specializzata del Comitato di coordinamento per la sorveglianza sulle Grandi opere nel corso della riunione tenutasi in Prefettura nel pomeriggio del 3 giugno, si è limitata a prendere atto delle affermazioni dell’ing. Carlo Chiesa di Expo 2015 spa relative all’istruttoria compiuta in merito al rapporto contrattuale in atto con la Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro spa da parte dalla Società Expo 2015 spa, unico soggetto al quale spettano le conseguenti valutazioni”. Al Protocollo di legalità nessun accenno.
All’inzio di Expo mancano soltanto 324 giorni, e a fronte delle inchieste giudiziarie la politica, con il premier Renzi in testa, ha chiarito che i lavori devono continuare senza intoppi. Le imprese autrici del ricorso assicurano di essere “in grado di subentrare concretamente nelle attività esecutive in non più di una settimana, potendo anche confermare i rapporti contrattuali in essere con i fornitori e i subappaltatori attualmente già operativi”. Sui terreni di Rho che ospiteranno l’evento, le imprese guidate da Perregrini hanno già a diposizione “un cantiere con mezzi, maestranze, permessi accordati ed organizzazione per l’esecuzione di altro appalto nell’area dell’Expo”. Nel caso il subentro nei cantieri non venga accolto, il raggruppamento sconfitto si prepara a chiedere danni all’erario per circa 6 milioni di euro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... e/1023697/
Sui terreni di Rho che ospiteranno l’evento, le imprese guidate da Perregrini hanno già a diposizione “un cantiere con mezzi, maestranze, permessi accordati ed organizzazione per l’esecuzione di altro appalto nell’area dell’Expo”. Nel caso il subentro nei cantieri non venga accolto, il raggruppamento sconfitto si prepara a chiedere danni all’erario per circa 6 milioni di euro.
Expo, le imprese escluse vogliono l’appalto di Maltauro: “Frutto di corruzione”
Il gruppo di aziende arrivato secondo nella gara da 55 milioni sulle architetture di servizio presenta ricorso al Tar: "Il protocollo di legalità prevede la risoluzione del contratto per chi paga tangenti". Alla base, le confessioni del costruttore vicentino. La denuncia contro la società organizzatrice: "Nessuna risposta alle nostra lettera". Ma secondo il commissario unico Sala sarebbe necessario "un decreto legge"
di Mario Portanova | 11 giugno 2014Commenti (11)
E adesso le aziende rimaste escluse chiedono di rientrare negli appalti di Expo 2015. Viziati dalle mazzette, a quanto emerge dalla recente inchiesta della procura della Repubblica di Milano e dalle ampie confessioni di diversi indagati. Il gruppo di imprese arrivato secondo nella gara per le architetture di servizio del sito Expo, un affare da 55 milioni di euro, ha presentato un ricorso al Tar contro Expo 2015 e il commissario Giuseppe Sala. L’obiettivo è subentrare nei lavori al posto della Maltauro, azienda al centro dell’indagine. Motivazione: da quello che è emerso finora, “l’aggiudicazione all’Ati (Associazione temporanea d’imprese, ndr) Maltauro sarebbe frutto di atti corruttivi tra l’allora legale rappresentante Enrico Maltauro e il direttore generale di Expo 2015 spa Angelo Paris, anche tramite altri soggetti (G. Frigerio, L. Grillo, S. Cattozzo, P. Greganti, ecc.), che avrebbero influenzato la commissione giudicatrice”.
I personaggi citati sono tutti indagati nell’inchiesta su Infrastrutture lombarde – la società di Regione Lombardia che è stazione appaltante di Expo 2015 – che ha portato a otto arresti il 20 marzo scorso. “Le circostanze della dazione di denaro a fini di corruzione sarebbero altresì palesi da confessione resa dagli interessati, in particolare Enrico Maltauro e Angelo Paris”, scrivono i legali milanesi Sergio Colombo ed Elvira Poscio.
Le archietture di servizio di Expo consistono in bar, ristoranti, servizi igienici, spazi commerciali, assistenza, servizi per la sicurezza e così via. Le imprese che chiedono di prendere possesso dei cantieri al posto di Maltauro sono Costruzioni Perregrini srl di Milano (capofila), Panzeri spa, Milani Giovanni & C. srl. Alla gara indetta il 20 febbraio 2013 da Expo 2015 spa, questa Associazione temporanea d’imprese è arrivata seconda dopo il duo Maltauro-Cefla, con solo “lo 0,40% di sconto” in meno rispetto ai concorrenti, si legge nel ricorso, e un tempo di realizzazione inferiore di 31 giorni.
La chiave per rientrare nel business sta, secondo i legali, nel Protocollo di legalità siglato tra Expo 2015 e la Prefettura di Milano il 13 febbraio 2013, diventato parte integrante di tutti i contratti, proprio per – lo dice la parola stessa – evitare che gli appalti multimilionari dell’Esposizione universale finissero a ingrassare tangentisti e mafiosi. Anche Maltauro, per poter dare il via ai lavori, ci ha messo la firma. Il protocollo, sottolinea il ricorso al Tar, obbliga a “dare notizia al Prefetto e a Expo di ogni tentativo di condizionamento di natura criminale in qualunque forma esso si manifesti (richiesta di tangenti ecc.); di denunciare all’Autorità Giudiziaria ogni illecita richiesta di denaro (…) e ogni illecita interferenza nelle procedure di aggiudicazione, informandone la Prefettura ed Expo”.
Stando all’inchiesta, Enrico Maltauro (o chi per esso) non ha fatto nulla di tutto questo, salvo riempire verbali di ammissioni dopo l’arresto. I suoi interrogatori sono secretati, ma a quanto è trapelato il costruttore vicentino ha descritto la “cupola delle tangenti” e ha quantificato in 1,2 milioni di euro le elargizioni pattuite, facendo riferimento proprio alla gara per le architetture di servizio. Maltauro, si legge nel ricorso, ha compiuto “atti corruttivi (o comunque dazioni di danaro) verso i soggetti in grado di influenzare in proprio favore l’esito della procedura concorsuale, ovviamente non denunciandoli come gli era imposto, ma, ancor più gravemente, compiendoli esso stesso”. Qui sta il punto. Il “sistema sanzionatorio” del Protocollo di legalità, osservano gli avvocati Colombo e Poscio, prevede “la risoluzione automatica del contratto“. Poi l’appalto può essere aggiudicato “al concorrente che immediatamate segue nella graduatoria finale”.
Il ricorso contiene anche un attacco frontale a Expo 2015. Il 22 maggio 2014 le imprese arrivate seconde hanno scritto una nota alla società per chiedere appunto la risoluzione del contratto con Maltauro e il subentro nei cantieri. Ma Expo 2015 “nulla ha risposto, né ha convocato l’incontro per approfondimenti richiesti e non risulta abbia posto in essere alcuna attività volta a ripristinare la legalità palesemente violata”.
Chi ha ragione? Le visioni divergono profondamente, dato che il 29 maggio il Commissario unico Giuseppe Sala dichiarava ai giornalisti che per escludere Maltauro dagli appalti Expo sarebbe servito addirittura “un decreto legge”, cioè un intervento del governo. E la Prefettura di Milano, sotto la cui egida il Protocollo di legalità ha preso vita? Il 6 giugno la Maltauro ha diffuso un comunicato in cui affermava: “Expo 2015 con note trasmesse il 5 giugno ha comunicato che in seguito a compiuta istruttoria e alla riunione tenutasi lo scorso 3 giugno presso la prefettura di Milano, non sono stati rilevati elementi sufficienti a motivare la risoluzione dei contratti. Pertanto l’impresa porterà avanti l’esecuzione dei contratti aggiudicati”. “Prendo atto”, è stato il commento del governatore lombardo Roberto Maroni, mentre il sindaco di Milano Giuliano Pisapia si è inalberato: “Solo se sarà commissariata”.
Ne è seguita una precisazione della Prefettura: “La Sezione specializzata del Comitato di coordinamento per la sorveglianza sulle Grandi opere nel corso della riunione tenutasi in Prefettura nel pomeriggio del 3 giugno, si è limitata a prendere atto delle affermazioni dell’ing. Carlo Chiesa di Expo 2015 spa relative all’istruttoria compiuta in merito al rapporto contrattuale in atto con la Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro spa da parte dalla Società Expo 2015 spa, unico soggetto al quale spettano le conseguenti valutazioni”. Al Protocollo di legalità nessun accenno.
All’inzio di Expo mancano soltanto 324 giorni, e a fronte delle inchieste giudiziarie la politica, con il premier Renzi in testa, ha chiarito che i lavori devono continuare senza intoppi. Le imprese autrici del ricorso assicurano di essere “in grado di subentrare concretamente nelle attività esecutive in non più di una settimana, potendo anche confermare i rapporti contrattuali in essere con i fornitori e i subappaltatori attualmente già operativi”. Sui terreni di Rho che ospiteranno l’evento, le imprese guidate da Perregrini hanno già a diposizione “un cantiere con mezzi, maestranze, permessi accordati ed organizzazione per l’esecuzione di altro appalto nell’area dell’Expo”. Nel caso il subentro nei cantieri non venga accolto, il raggruppamento sconfitto si prepara a chiedere danni all’erario per circa 6 milioni di euro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... e/1023697/
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Re: TANGENTOPOLI - 2
La vox populi
SnowWhite***** • 4 ore fa
Sentite, è inutile, Non raccontate più, non denunciate più.... non serve a niente. Questo Paese ormai digerisce qualsiasi cosa, si rende complice, connivente e omertoso finchè ognuno potrà curarsi del proprio orticello, il resto non conta.
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Psicopompo • 5 ore fa
Emblematica la foto in alto. Una escavatrice e un campo desolatamente vuoto e con qualche buco.
Testimonianza che finora la 'banda del buco' ha fatto il suo dovere.
E, in meno di un anno quel campo dovrebbe essere pieno di edifici?
Ma a chi vogliono raccontarla...
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claude47 • 5 ore fa
E' giusto mettere fuori le aziende che hanno corrotto il sistema expo per avere gli appalti anzi devono pagare i danni causati e risarcire lo stato come i politici coinvolti sequestro di tutti beni di famiglia e conti bancari ,Fate entrare tutte le aziende escluse e portate a termine i lavori per l'apertura del 2015,se no si fa ridere il mondo intero
Però mi chiedo come mai che escono adesso tutti gli scandali della corruzione ? Sarà la caduta del mafioso b e sua banda che non possono più nascondere le malefatte del centro destra ,oppure la politica chiara e veloce del governo Renzi ?
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camillobenso claude47 • alcuni secondi fa
Tieni duro, questo commento deve ancora essere approvato da Il Fatto Quotidiano.
Renzi non c'entra assolutamente niente. Anzi, per lui sono tegole perché deve porvi rimedio. Oltre al fatto che l'immagine e la credibilità all'estero di questa italietta sta a zero.
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Valerio Pastore • 5 ore fa
tra un anno, tutti quanti alla pizzeria di via della scrofa pe' 'na frittura di paranza!
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thepirate • 5 ore fa
l'expo non si farà mai pax
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excaliburprimo • 5 ore fa
Chi rompe paga, dice un vecchio proverbio...E ora , caro Pd, i cocci sono tutti tuoi !
E adesso cosa esporrete ? Qualche suggerimento :
Padiglione 1 : tangenti ;
Padiglione 2 : bustarelle ;
Padiglione 3 : contributi in nero ;
Padiglione 4 : mazzette ;
Anche con questi soli quattro stand, che mal rappresentano l'attuale Italia, andate alla grande !
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patroclo64 • 5 ore fa
Le cose di buon senso han sempre bisogno di decreti leggi fatte da una maggioranza che di buon senso non ne ha neanche l' odore..L 'Italia ormai ha le sembianze di un cane pulcioso che si morde la coda...
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ansimo • 5 ore fa
Tra un anno ci sarà da ridere..........o forse da piangere!
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marione • 5 ore fa
Ora si entra in un vespaio che non finisce piu' e queste imprese hanno tutto il diritto di essere arrabbiate e di fare ricorso, ma oramai l'intero sistema Expo è nato e cresciuto con il metodo tangentizio e mazzettaro, e le pezze piccole o grandi che proveranno a metterci saranno solo fumo negli occhi per gli italiani che non rubano, non corrompono, non evadono e pagano le tasse fino all'ultimo centesimo.
Qui le uniche grandi opere che servirebbero in grandi quantità sarebbero nuove carceri x tutti i politici, faccendieri, imprenditori, banchieri, faccendieri che si rendono colpevoli di questi odiosi reati contro la pubblica amministrazione....
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LadyRybelle84 • 5 ore fa
presto del pd ( o pdl come si vuole si legga) resteranno solo le macerie....
Vinciamopoi e arrestanovoi......
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gnurantinun • 5 ore fa
Posizione legittima, approvo.
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SnowWhite***** • 4 ore fa
Sentite, è inutile, Non raccontate più, non denunciate più.... non serve a niente. Questo Paese ormai digerisce qualsiasi cosa, si rende complice, connivente e omertoso finchè ognuno potrà curarsi del proprio orticello, il resto non conta.
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Psicopompo • 5 ore fa
Emblematica la foto in alto. Una escavatrice e un campo desolatamente vuoto e con qualche buco.
Testimonianza che finora la 'banda del buco' ha fatto il suo dovere.
E, in meno di un anno quel campo dovrebbe essere pieno di edifici?
Ma a chi vogliono raccontarla...
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claude47 • 5 ore fa
E' giusto mettere fuori le aziende che hanno corrotto il sistema expo per avere gli appalti anzi devono pagare i danni causati e risarcire lo stato come i politici coinvolti sequestro di tutti beni di famiglia e conti bancari ,Fate entrare tutte le aziende escluse e portate a termine i lavori per l'apertura del 2015,se no si fa ridere il mondo intero
Però mi chiedo come mai che escono adesso tutti gli scandali della corruzione ? Sarà la caduta del mafioso b e sua banda che non possono più nascondere le malefatte del centro destra ,oppure la politica chiara e veloce del governo Renzi ?
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camillobenso claude47 • alcuni secondi fa
Tieni duro, questo commento deve ancora essere approvato da Il Fatto Quotidiano.
Renzi non c'entra assolutamente niente. Anzi, per lui sono tegole perché deve porvi rimedio. Oltre al fatto che l'immagine e la credibilità all'estero di questa italietta sta a zero.
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Valerio Pastore • 5 ore fa
tra un anno, tutti quanti alla pizzeria di via della scrofa pe' 'na frittura di paranza!
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thepirate • 5 ore fa
l'expo non si farà mai pax
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excaliburprimo • 5 ore fa
Chi rompe paga, dice un vecchio proverbio...E ora , caro Pd, i cocci sono tutti tuoi !
E adesso cosa esporrete ? Qualche suggerimento :
Padiglione 1 : tangenti ;
Padiglione 2 : bustarelle ;
Padiglione 3 : contributi in nero ;
Padiglione 4 : mazzette ;
Anche con questi soli quattro stand, che mal rappresentano l'attuale Italia, andate alla grande !
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patroclo64 • 5 ore fa
Le cose di buon senso han sempre bisogno di decreti leggi fatte da una maggioranza che di buon senso non ne ha neanche l' odore..L 'Italia ormai ha le sembianze di un cane pulcioso che si morde la coda...
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ansimo • 5 ore fa
Tra un anno ci sarà da ridere..........o forse da piangere!
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marione • 5 ore fa
Ora si entra in un vespaio che non finisce piu' e queste imprese hanno tutto il diritto di essere arrabbiate e di fare ricorso, ma oramai l'intero sistema Expo è nato e cresciuto con il metodo tangentizio e mazzettaro, e le pezze piccole o grandi che proveranno a metterci saranno solo fumo negli occhi per gli italiani che non rubano, non corrompono, non evadono e pagano le tasse fino all'ultimo centesimo.
Qui le uniche grandi opere che servirebbero in grandi quantità sarebbero nuove carceri x tutti i politici, faccendieri, imprenditori, banchieri, faccendieri che si rendono colpevoli di questi odiosi reati contro la pubblica amministrazione....
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LadyRybelle84 • 5 ore fa
presto del pd ( o pdl come si vuole si legga) resteranno solo le macerie....
Vinciamopoi e arrestanovoi......
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gnurantinun • 5 ore fa
Posizione legittima, approvo.
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Quante volte ho detto questa Italia bisogna rovesciarla come un calcino.
Avevamo una occasione se la siamo lasciata sfuggire di mano.
Ciao
Paolo11
Avevamo una occasione se la siamo lasciata sfuggire di mano.
Ciao
Paolo11
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Rivolgersi al duo Grillo/Casaleggio per quel pallone buttato fuori da un metro dalla linea di porta e senza portiere...paolo11 ha scritto:Quante volte ho detto questa Italia bisogna rovesciarla come un calcino.
Avevamo una occasione se la siamo lasciata sfuggire di mano.
Ciao
Paolo11
Il treno non ripasserà più...
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Re: TANGENTOPOLI - 2
Ambarabà,..cici, cocò,....tre civette sul comò......................
Fare i moralisti non serve. Ma un vecchio detto italiano recita:
Chi và al mulino s'infarina.......
Sono in molti ad affermare che con la caduta della prima Repubblica cade l'ideologia.
Evvabbè!!!!! Se è finito il comunismo ed il socialismo non è che è finita la sinistra!!
Nella seconda Repubblica con la scusa della caduta dell'ideologia i Partiti si sono trasformati in comitati d'affari.
Perché allora li abbiamo votati?? Perché credevamo che i bambini li portano la cicogna??
Chissà cosa ne pensa l'altro Matteo, quello che voleva dividere le carrozze della metropolitana milanese, per immigrati e indigeni.
*****
PERQUISIZIONE A PALAZZO LOMBARDIA
Maroni indagato per presunte irregolarità nei contratti su Expo
Il governatore, lunedì, ha ricevuto l’avviso di garanzia dalla Procura di Busto Arsizio mentre di trovava nel suo ufficio. Indagato anche il capo della segreteria
di Redazione Milano online
Il governatore lombardo Roberto Maroni, nella giornata di lunedì, ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Busto Arsizio per «induzione indebita a dare o promettere utilità per presunte irregolarità in due contratti di collaborazione a termine su progetti per Expo, stipulati non dalla Regione, ma da società Expo ed Eupolis»: a rendere nota l’iscrizione di Maroni nel registro degli indagati è stato un comunicato di Palazzo Lombardia. Per la stessa ipotesi di reato è indagato anche il capo segreteria di Maroni, Giacomo Ciriello.
Perquisione a Palazzo Lombardia
«Il presidente Maroni - si legge ancora nella nota - è stato nel suo ufficio e ha preso visione dei documenti relativi alla contestazione». Nella mattinata di lunedì, infatti, c’è stata una perquisizione dei carabinieri del Noe a Palazzo Lombardia. Il presidente della Regione ha quindi fatto sapere di essersi «reso immediatamente disponibile agli uffici del procuratore per chiarire la regolarità e correttezza della questione».
14 luglio 2014 | 14:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://milano.corriere.it/notizie/crona ... d8ab.shtml
Fare i moralisti non serve. Ma un vecchio detto italiano recita:
Chi và al mulino s'infarina.......
Sono in molti ad affermare che con la caduta della prima Repubblica cade l'ideologia.
Evvabbè!!!!! Se è finito il comunismo ed il socialismo non è che è finita la sinistra!!
Nella seconda Repubblica con la scusa della caduta dell'ideologia i Partiti si sono trasformati in comitati d'affari.
Perché allora li abbiamo votati?? Perché credevamo che i bambini li portano la cicogna??
Chissà cosa ne pensa l'altro Matteo, quello che voleva dividere le carrozze della metropolitana milanese, per immigrati e indigeni.
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PERQUISIZIONE A PALAZZO LOMBARDIA
Maroni indagato per presunte irregolarità nei contratti su Expo
Il governatore, lunedì, ha ricevuto l’avviso di garanzia dalla Procura di Busto Arsizio mentre di trovava nel suo ufficio. Indagato anche il capo della segreteria
di Redazione Milano online
Il governatore lombardo Roberto Maroni, nella giornata di lunedì, ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Busto Arsizio per «induzione indebita a dare o promettere utilità per presunte irregolarità in due contratti di collaborazione a termine su progetti per Expo, stipulati non dalla Regione, ma da società Expo ed Eupolis»: a rendere nota l’iscrizione di Maroni nel registro degli indagati è stato un comunicato di Palazzo Lombardia. Per la stessa ipotesi di reato è indagato anche il capo segreteria di Maroni, Giacomo Ciriello.
Perquisione a Palazzo Lombardia
«Il presidente Maroni - si legge ancora nella nota - è stato nel suo ufficio e ha preso visione dei documenti relativi alla contestazione». Nella mattinata di lunedì, infatti, c’è stata una perquisizione dei carabinieri del Noe a Palazzo Lombardia. Il presidente della Regione ha quindi fatto sapere di essersi «reso immediatamente disponibile agli uffici del procuratore per chiarire la regolarità e correttezza della questione».
14 luglio 2014 | 14:15
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http://milano.corriere.it/notizie/crona ... d8ab.shtml
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Re: TANGENTOPOLI - 2
http://www.youtube.com/watch?v=Mly-ZtyhAAo&hd=1#!
http://www.youtube.com/watch?v=sMFBywCTLM4&hd=1
^^^^^^^^^^^^
MARONI INDAGATO PER CONCUSSIONE
"Pressioni per piazzare due fedelissime"
Il governatore è accusato dalla Procura di Busto di avere indotto le società Eupolis ed Expo
a contrattualizzare due sue ex collaboratrici in modo da evitare i rilievi della Corte dei Conti
Roberto Maroni ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Busto Arsizio per "induzione indebita a dare o promettere utilità per presunte irregolarità in due contratti di collaborazione a termine su progetti per Expo, stipulati non dalla regione ma da società Expo ed Eupolis”. La notizia data dalla stessa Regione Lombardia dopo le perquisizioni effettuate questa mattina dai Carabinieri. Maroni avrebbe fatto pressioni per fare avere due contratti a persone a lui vicine
http://www.ilfattoquotidiano.it/#?refresh_ce
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Roberto Maroni indagato per concussione: “Pressioni per contratti” a due fedelissime
Il governatore leghista risponde di ''induzione indebita a dare o promettere utilità per presunte irregolarità in due contratti di collaborazione a termine su progetti per Expo, stipulati non dalla regione ma da società Expo ed Eupolis". L'indagine nasce da quella su Finmeccanica. Indagando su una presunta e - mai verificata - mazzetta alla Lega gli inquirenti hanno scoperto altro
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 14 luglio 2014Commenti (426)
Sono due donne che hanno fatto finire nei guai Roberto Maroni. Il governatore della Lombardia è stato iscritto nel registro degli indagati perché due signore, Mara Carluccio e Maria Grazia Paturzo, che non erano state inserite nello staff del presidente per timore che la Corte dei conti potesse fare dei controlli e contestare le assunzioni, hanno ottenuto due contratti, uno da Eupolis e l’altro da Expo 2015. Questa l’ipotesi della Procura di Busto Arsizio che ha inviato i carabinieri del nucleo Tutela Ambiente nelle sedi della Regione Lombardia a Milano e Roma.
La Carluccio era stata già in passato collaboratrice del leghista quando era ministro dell’Interno e in passato ha ottenuto incarichi di consulenza. A lei è finito, secondo quando si legge il capo di imputazione, un contratto di Eupolis Lombardia l’Istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione del Pirellone. Un contratto da 29.500 euro annui, somma “fissata” dalla stessa Carluccio “per proprie esigenze fiscali”. Più ricco il secondo contratto: alla Paturzo, già collaboratrice di Isabella Votino già addetta stampa di Maroni, dovevano arrivare 5417 euro mensili per due anni. In questo caso a essere concussi sarebbero stati esponenti di Expo 2015 (ancora da identificare) e esponenti di “Obiettivo lavoro temporary manager”.
L’indagine nasce da quella su Finmeccanica per cui il procuratore di Busto Arsizio Eugenio Fusco ha fatto la requisitoria il 3 luglio. Lorenzo Borgoni, ex manager del gruppo pubblico, a verbale aveva raccontato di una tangente versata alla Lega nell’affaire degli elicotteri destinati all’India. Ma di questa mazzetta gli inquirenti non hanno mai trovato alcun riscontro e quindi il filone della presunta bustarella destinata al Carroccio era stato accantonato. Gli investigatori indagando su una presunta corruzione si sono imbattuti in quella che prima della legge Severino era una concussione.
Questa mattina nella sede del Pirellone sono arrivati i carabinieri per acquisire documenti e per interrogare i testimoni. Ed è stata proprio la Regione a diffondere la notizia. “Maroni – si legge nella nota della Regione – è stato nel suo ufficio e ha preso visione dei documenti relativi alla contestazione si è reso immediatamente disponibile agli Uffici del Procuratore per chiarire la regolarità e correttezza della questione”.
I carabinieri hanno sequestrato molto materiale cartaceo e informatico. nessun altro politico risulta coinvolto nell’indagine e se questa storia porterà ad altri avvisi di garanzia lo si capirà nei prossimi giorni. Allo stato comunque non esiste nessun collegamento con la grande inchiesta sugli appalti Expo che ha portato alla scoperta di una vera e propria cupola degli appalti che ha portato all’arresto di Primo Greganti e Gianstefano Frigerio.
L’avviso di garanzia porta una data recentissima: ovvero il 4 luglio 2014, il giorno dopo che il magistrato nella sua requisitoria su Finmeccanica, escludendo la tangente alla Lega, aveva fatto intendere che però ci potevano essere altri sviluppi. Durante quella requisitoria il pm ha chiesto 6 anni per Giuseppe Orsi, ex numero uno del gruppo.
di Alessandro Madron e Davide Milosa
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... i/1059901/
http://www.youtube.com/watch?v=sMFBywCTLM4&hd=1
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MARONI INDAGATO PER CONCUSSIONE
"Pressioni per piazzare due fedelissime"
Il governatore è accusato dalla Procura di Busto di avere indotto le società Eupolis ed Expo
a contrattualizzare due sue ex collaboratrici in modo da evitare i rilievi della Corte dei Conti
Roberto Maroni ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Busto Arsizio per "induzione indebita a dare o promettere utilità per presunte irregolarità in due contratti di collaborazione a termine su progetti per Expo, stipulati non dalla regione ma da società Expo ed Eupolis”. La notizia data dalla stessa Regione Lombardia dopo le perquisizioni effettuate questa mattina dai Carabinieri. Maroni avrebbe fatto pressioni per fare avere due contratti a persone a lui vicine
http://www.ilfattoquotidiano.it/#?refresh_ce
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Roberto Maroni indagato per concussione: “Pressioni per contratti” a due fedelissime
Il governatore leghista risponde di ''induzione indebita a dare o promettere utilità per presunte irregolarità in due contratti di collaborazione a termine su progetti per Expo, stipulati non dalla regione ma da società Expo ed Eupolis". L'indagine nasce da quella su Finmeccanica. Indagando su una presunta e - mai verificata - mazzetta alla Lega gli inquirenti hanno scoperto altro
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 14 luglio 2014Commenti (426)
Sono due donne che hanno fatto finire nei guai Roberto Maroni. Il governatore della Lombardia è stato iscritto nel registro degli indagati perché due signore, Mara Carluccio e Maria Grazia Paturzo, che non erano state inserite nello staff del presidente per timore che la Corte dei conti potesse fare dei controlli e contestare le assunzioni, hanno ottenuto due contratti, uno da Eupolis e l’altro da Expo 2015. Questa l’ipotesi della Procura di Busto Arsizio che ha inviato i carabinieri del nucleo Tutela Ambiente nelle sedi della Regione Lombardia a Milano e Roma.
La Carluccio era stata già in passato collaboratrice del leghista quando era ministro dell’Interno e in passato ha ottenuto incarichi di consulenza. A lei è finito, secondo quando si legge il capo di imputazione, un contratto di Eupolis Lombardia l’Istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione del Pirellone. Un contratto da 29.500 euro annui, somma “fissata” dalla stessa Carluccio “per proprie esigenze fiscali”. Più ricco il secondo contratto: alla Paturzo, già collaboratrice di Isabella Votino già addetta stampa di Maroni, dovevano arrivare 5417 euro mensili per due anni. In questo caso a essere concussi sarebbero stati esponenti di Expo 2015 (ancora da identificare) e esponenti di “Obiettivo lavoro temporary manager”.
L’indagine nasce da quella su Finmeccanica per cui il procuratore di Busto Arsizio Eugenio Fusco ha fatto la requisitoria il 3 luglio. Lorenzo Borgoni, ex manager del gruppo pubblico, a verbale aveva raccontato di una tangente versata alla Lega nell’affaire degli elicotteri destinati all’India. Ma di questa mazzetta gli inquirenti non hanno mai trovato alcun riscontro e quindi il filone della presunta bustarella destinata al Carroccio era stato accantonato. Gli investigatori indagando su una presunta corruzione si sono imbattuti in quella che prima della legge Severino era una concussione.
Questa mattina nella sede del Pirellone sono arrivati i carabinieri per acquisire documenti e per interrogare i testimoni. Ed è stata proprio la Regione a diffondere la notizia. “Maroni – si legge nella nota della Regione – è stato nel suo ufficio e ha preso visione dei documenti relativi alla contestazione si è reso immediatamente disponibile agli Uffici del Procuratore per chiarire la regolarità e correttezza della questione”.
I carabinieri hanno sequestrato molto materiale cartaceo e informatico. nessun altro politico risulta coinvolto nell’indagine e se questa storia porterà ad altri avvisi di garanzia lo si capirà nei prossimi giorni. Allo stato comunque non esiste nessun collegamento con la grande inchiesta sugli appalti Expo che ha portato alla scoperta di una vera e propria cupola degli appalti che ha portato all’arresto di Primo Greganti e Gianstefano Frigerio.
L’avviso di garanzia porta una data recentissima: ovvero il 4 luglio 2014, il giorno dopo che il magistrato nella sua requisitoria su Finmeccanica, escludendo la tangente alla Lega, aveva fatto intendere che però ci potevano essere altri sviluppi. Durante quella requisitoria il pm ha chiesto 6 anni per Giuseppe Orsi, ex numero uno del gruppo.
di Alessandro Madron e Davide Milosa
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... i/1059901/
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