Venezia Il Mose
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Re: Venezia Il Mose
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca ... -1.9366945
IDEOFORUM / Tangenti Mose, Casson: "Serve svolta etica"
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Paolo11
IDEOFORUM / Tangenti Mose, Casson: "Serve svolta etica"
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Paolo11
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Re: Venezia Il Mose
http://www.youtube.com/watch?v=3pkgCUL25O4&hd=1
Tg7 - ore 20,00
Nordio: L'inchiesta non finisce qui, ci sono altri filoni.
Qui c'è un sistema peggiore di tangentopoli,....
Ti saluto bambina.................
***
Qualche illuminato pompiere, dopo la buriana di Expò si affrettò a dire che questa non era Tangentopoli.
Alla faccia del bicarbonato di sodio......
Tg7 - ore 20,00
Nordio: L'inchiesta non finisce qui, ci sono altri filoni.
Qui c'è un sistema peggiore di tangentopoli,....
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Qualche illuminato pompiere, dopo la buriana di Expò si affrettò a dire che questa non era Tangentopoli.
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Re: Venezia Il Mose
Cacciari sul Mose: «Quando Prodi non volle neanche ricevermi»
L’ex sindaco di Venezia ritorna sulla riunione del “comitatone” che decise il via libera alle dighe mobili: «Il Professore avocò a sé tutti i poteri di voto»
di Alberto Vitucci
VENEZIA. Prodi non mi ha nemmeno ricevuto. Ho consegnato a Enrico Letta gli studi critici sul Mose e i progetti alternativi. Ma non li hanno neanche guardati». Il giorno dopo lo tsunami che ha portato in carcere 35 imputati eccellenti Massimo Cacciari, sindaco della città dal 1992 al 1999 e dal 2005 al 2010 si toglie qualche sassolino dalla scarpa. In Consiglio comunale dal 1988, Cacciari è sempre stato contrario al Mose. «Al di là dei commenti moralistici e politici», dice, «forse è il momento di fare un quadro storico e sistematico. Dei personaggi coinvolti, e di come si sono comportati nei momenti topici».
L’inizio. «Tutto comincia nel 1986», racconta Cacciari, «quando prende forma il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per la salvaguardia presieduto da Luigi Zanda. Un sistema che il sottoscritto e pochi altri contestano, insieme a personalità del mondo della politica e della cultura veneziana».
1990. L’anno di svolta. «L’affare Mose è diventato così importante che nella sfida a sindaco scende in campo Gianni De Michelis, il numero due del Psi. Il centrosinistra di allora contro una diversa «Idea di Venezia». La sfida elettorale si combatte intorno al mega affare delle dighe mobili. Preceduta da una sfilata trionfale del primo prototipo di Mose che attraversa il Bacino San Marco. Tutti ad applaudire, a parte il sottoscritto, Bettin e pochi altri».
Il consenso. «In quegli anni il consenso intorno all’opera è largo e trasversale. I giornalisti delle testate nazionali parlano sempre bene del Mose, le critiche sono circoscritte a poche coraggiose persone a livello locale. Si combattono due idee, quelle che vedono il futuro di Venezia fondato sulla manutenzione di una città unica e delicatissima. E quella che punta tutto sulla grande opera. Con quel meccanismo centralizzato e blindato non ci voleva molto a capire che la grande opera poteva essere pericolosa».
Il 2006. «L’ultimo atto è del 2006. Le criticità del Mose sono evidenti, i costi, gli impatti ambientali, la complessità tecnica del sistema tutto sott’acqua. Il Comune presenta le sue conclusioni con fior di documenti scientifici, Ma tutto cade nel vuoto: presentiamo i documenti e nessuno ci bada. Il ministro Di Pietro nomina una commissione di dieci tecnici del Consiglio superiore dei Lavori pubblici presieduto da Balducci che promuove il Mose. Procedure sballate e pericolosissime».
La Corte dei Conti. «Una delle esperienze più allucinanti», racconta Cacciari, «è stata quella della mia audizione alla Corte dei Conti. Proiezione del solito filmato apologetico del Consorzio che ci eravamo sorbiti altre 10 volte almeno, tutti ad applaudire senza alcuna discussione nel merito. Per i nostri progetti alternativi sono bastati tre minuti e nessuno li ha guardati. Il governo Prodi, ma anche il governo Berlusconi applaudivano, senza ascoltare chi rappresentava la città».
Prodi. «Non mi ha nemmeno ricevuto. L’ho rivisto al Comitatone quando ha avocato a sé tutti i poteri di voto, esautorando i suoi ministri che avevano studi e critiche sul Mose. Io faccio mettere a verbale e voto contro. Non ci vengano a raccontare che non sapevano, Prodi, la Margherita, gli ex Ds. È tutto scritto».
Galan. «Una posizione davvero incredibile quella di Giancarlo Galan. Invece di fare il presidente della Regione faceva sempre il tifoso, veniva con le magliette con su scritto Viva il Mose. Non sapeva neanche di cosa parlava ma era sdraiato sempre a favore della grande opera. Lo era anche Paolo Costa, il massimo sostenitore del Mose nel centrosinistra. Ma almeno lui motivava la sua posizione. E i tecnici che esprimevano critiche venivano definiti in modo sprezzante come dilettanti, «infermieri» rispetto ai professori che avevano deciso. Con loro non siamo mai riusciti a discutere nel merito»
Magistrato alle Acque. «Per anni abbiamo chiesto al Magistrato alle Acque di avere documenti, di partecipare alle riunioni del Ctm che approvava i progetti. La polemica era quotidiana, durante la presidenza di Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta. Guarda caso, i due arrestati perché in busta paga del Consorzio. Dopo Felice Setaro il clima era quello, nessuno indagava sulla correttezza delle procedure».
Mazzacurati. «L’unica persona per cui mantengo una certa stima è l’ingegner Giovanni Mazzacurati. Lui era innamorato della sua opera e per poterla realizzare ogni mezzo era lecito. Con me non ha mai tentato altre strade, è chiaro. Era amareggiato perché non capiva la mia opposizione al progetto».
Orsoni. «Il suo arresto mi ha sorpreso. Quando lui fa il sindaco la questione Mose è già risolta, non c’era alcun bisogno di pagarlo. Può aver commesso un’ingenuità, spero dimostri presto la sua estraneità. Ma questo non c’entra niente con la grande centrale della corruzione. E nessuno poteva dire di non sapere, i governi, la Corte dei Conti, i Tar, Prodi e Berlusconi, i ministri. La storia giudicherà».
06 giugno 2014
http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/ ... fsp=2.2568
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Non vorrei che anche per la TAV ci sia stata la stessa "procedura" il cui fiume di denaro abbia fatto si che si passasse sopra a tutto.
Anziché appellarci a far resuscitare Nerone come spesso si sente nelle zone leghiste non sarebbe piu' opportuno far riprendere la vita a Robespierre?
un salutone da Juan
L’ex sindaco di Venezia ritorna sulla riunione del “comitatone” che decise il via libera alle dighe mobili: «Il Professore avocò a sé tutti i poteri di voto»
di Alberto Vitucci
VENEZIA. Prodi non mi ha nemmeno ricevuto. Ho consegnato a Enrico Letta gli studi critici sul Mose e i progetti alternativi. Ma non li hanno neanche guardati». Il giorno dopo lo tsunami che ha portato in carcere 35 imputati eccellenti Massimo Cacciari, sindaco della città dal 1992 al 1999 e dal 2005 al 2010 si toglie qualche sassolino dalla scarpa. In Consiglio comunale dal 1988, Cacciari è sempre stato contrario al Mose. «Al di là dei commenti moralistici e politici», dice, «forse è il momento di fare un quadro storico e sistematico. Dei personaggi coinvolti, e di come si sono comportati nei momenti topici».
L’inizio. «Tutto comincia nel 1986», racconta Cacciari, «quando prende forma il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per la salvaguardia presieduto da Luigi Zanda. Un sistema che il sottoscritto e pochi altri contestano, insieme a personalità del mondo della politica e della cultura veneziana».
1990. L’anno di svolta. «L’affare Mose è diventato così importante che nella sfida a sindaco scende in campo Gianni De Michelis, il numero due del Psi. Il centrosinistra di allora contro una diversa «Idea di Venezia». La sfida elettorale si combatte intorno al mega affare delle dighe mobili. Preceduta da una sfilata trionfale del primo prototipo di Mose che attraversa il Bacino San Marco. Tutti ad applaudire, a parte il sottoscritto, Bettin e pochi altri».
Il consenso. «In quegli anni il consenso intorno all’opera è largo e trasversale. I giornalisti delle testate nazionali parlano sempre bene del Mose, le critiche sono circoscritte a poche coraggiose persone a livello locale. Si combattono due idee, quelle che vedono il futuro di Venezia fondato sulla manutenzione di una città unica e delicatissima. E quella che punta tutto sulla grande opera. Con quel meccanismo centralizzato e blindato non ci voleva molto a capire che la grande opera poteva essere pericolosa».
Il 2006. «L’ultimo atto è del 2006. Le criticità del Mose sono evidenti, i costi, gli impatti ambientali, la complessità tecnica del sistema tutto sott’acqua. Il Comune presenta le sue conclusioni con fior di documenti scientifici, Ma tutto cade nel vuoto: presentiamo i documenti e nessuno ci bada. Il ministro Di Pietro nomina una commissione di dieci tecnici del Consiglio superiore dei Lavori pubblici presieduto da Balducci che promuove il Mose. Procedure sballate e pericolosissime».
La Corte dei Conti. «Una delle esperienze più allucinanti», racconta Cacciari, «è stata quella della mia audizione alla Corte dei Conti. Proiezione del solito filmato apologetico del Consorzio che ci eravamo sorbiti altre 10 volte almeno, tutti ad applaudire senza alcuna discussione nel merito. Per i nostri progetti alternativi sono bastati tre minuti e nessuno li ha guardati. Il governo Prodi, ma anche il governo Berlusconi applaudivano, senza ascoltare chi rappresentava la città».
Prodi. «Non mi ha nemmeno ricevuto. L’ho rivisto al Comitatone quando ha avocato a sé tutti i poteri di voto, esautorando i suoi ministri che avevano studi e critiche sul Mose. Io faccio mettere a verbale e voto contro. Non ci vengano a raccontare che non sapevano, Prodi, la Margherita, gli ex Ds. È tutto scritto».
Galan. «Una posizione davvero incredibile quella di Giancarlo Galan. Invece di fare il presidente della Regione faceva sempre il tifoso, veniva con le magliette con su scritto Viva il Mose. Non sapeva neanche di cosa parlava ma era sdraiato sempre a favore della grande opera. Lo era anche Paolo Costa, il massimo sostenitore del Mose nel centrosinistra. Ma almeno lui motivava la sua posizione. E i tecnici che esprimevano critiche venivano definiti in modo sprezzante come dilettanti, «infermieri» rispetto ai professori che avevano deciso. Con loro non siamo mai riusciti a discutere nel merito»
Magistrato alle Acque. «Per anni abbiamo chiesto al Magistrato alle Acque di avere documenti, di partecipare alle riunioni del Ctm che approvava i progetti. La polemica era quotidiana, durante la presidenza di Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta. Guarda caso, i due arrestati perché in busta paga del Consorzio. Dopo Felice Setaro il clima era quello, nessuno indagava sulla correttezza delle procedure».
Mazzacurati. «L’unica persona per cui mantengo una certa stima è l’ingegner Giovanni Mazzacurati. Lui era innamorato della sua opera e per poterla realizzare ogni mezzo era lecito. Con me non ha mai tentato altre strade, è chiaro. Era amareggiato perché non capiva la mia opposizione al progetto».
Orsoni. «Il suo arresto mi ha sorpreso. Quando lui fa il sindaco la questione Mose è già risolta, non c’era alcun bisogno di pagarlo. Può aver commesso un’ingenuità, spero dimostri presto la sua estraneità. Ma questo non c’entra niente con la grande centrale della corruzione. E nessuno poteva dire di non sapere, i governi, la Corte dei Conti, i Tar, Prodi e Berlusconi, i ministri. La storia giudicherà».
06 giugno 2014
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Qui qualcuno dovra' pure rispondere se esiste ancora un po' di etica e di morale.Lo faccia il "professore" almeno.Prodi non mi ha nemmeno ricevuto. Ho consegnato a Enrico Letta gli studi critici sul Mose e i progetti alternativi. Ma non li hanno neanche guardati»
Non vorrei che anche per la TAV ci sia stata la stessa "procedura" il cui fiume di denaro abbia fatto si che si passasse sopra a tutto.
Anziché appellarci a far resuscitare Nerone come spesso si sente nelle zone leghiste non sarebbe piu' opportuno far riprendere la vita a Robespierre?
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Venezia Il Mose
Certo è una vergogna.Aveva ragione Grillo nel far controllare quanto posedeva un politico prima e dopo.L'inportante è controllare i pensionati.Mi hanno mandato una lettera la mia banca, per firmare dei documenti che lo chiede la banca D'Italia sia io che mia moglie essendo il contoccorrente intestato a tutti e due.Oggi ho deciso non vato a votare il ballottaggio.
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Venezia Il Mose
paolo11 ha scritto:Certo è una vergogna.Aveva ragione Grillo nel far controllare quanto posedeva un politico prima e dopo.L'inportante è controllare i pensionati.Mi hanno mandato una lettera la mia banca, per firmare dei documenti che lo chiede la banca D'Italia sia io che mia moglie essendo il contoccorrente intestato a tutti e due.Oggi ho deciso non vado a votare il ballottaggio.
Ciao
Paolo11
Evidentemente sono in molti a pensarla come te.
OCCHI PUNTATI SU LIVORNO
Ballottaggio,
si vota nei Comuni:
crolla l’affluenza, alle 12 è al 15,5%
Al primo turno, due settimane fa, aveva votato il 21% degli aventi
diritto.
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Re: Venezia Il Mose
<<Con Berlusconi e FI piena sintonia…….>>
(Matteo Renzi – 17 febbraio 2014 dopo il patto del Nazareno)
La bomba atomica - 1
L’Expo è stato solo l’innesco della bomba atomica. La deflagrazione vera e propria avviene con il Mose.
Una deflagrazione della portata di una bomba atomica.
La deflagrazione colpisce in modo devastante il Partito del Casellario della Questura.
Paolo Rossi - Era meglio morire da piccoli (...che vedere questo schifo da grandi)
http://www.youtube.com/watch?v=Mly-ZtyhAAo&hd=1
Il capo è sempre lui, il Generale, Cavaliere, Silvio, Amstrong, Caster,…Berlusconi, oggi ai servizi sociali (si fa per dire)
Il resto dello schedario però non è da poco:
Dell’Utri (ma non doveva essere spedito in Italia una decina di giorni fa?)
Scajola
Matacena
Abrignani
Fitto
De Gregorio
Cosentino
Scilipoti
Milanese
Verdini
a cui questa settimana si sono aggiunti gli ex ministri:
Galan
Matteoli
Quest’oggi si è aggiunto anche Tremonti.
Non scherzano neppure sul fronte opposto della nuova Dc.
****
Roberto Dagostino è rimasto di sinistra, anche se gli tocca per cause di forza maggiore occuparsi di fac simili della presunta sinistra.
Dagostino non gradisce molto Beppe Grillo. Diciamo che non gliene perdona manco una.
In questi giorni però Dagostino deve essere andato in frantumi, tanto che oggi cita il sito di Beppemao. (Così chiama il guru genovese).
7 GIU 2014 17:55
BEPPEMAO RINFRESCA LA MEMORIA AL PD, CHE NON RICONOSCE PIÙ GIORGIO ORSONI, CON UNA FOTO IN CUI BERSANI E IL SINDACO DI VENEZIA SONO INSIEME SUL PALCO: “CE L'AVEVA O NO LA TESSERA PD?”
“Il meccanismo con cui questo sistema delinquenziale si regge è semplice per chi vuole capirlo. Grande Opera Inutile, cifre gonfiate, emergenze costruite ad arte per evitare i controlli, appalti agli amici, tangenti a persone "vicine" ai partiti.Di che regole parla Renzie? Della legge anticorruzione che il M5S ha proposto?”…
Da http://www.beppegrillo.it
Va bene abbassare i toni, va bene riconoscere i propri errori, ma quando è troppo, è troppo.
Farsi prendere per il culo come se dovessimo scontare una condanna a vita da cornuti e mazziati è troppo.
Quando, dopo gli scandali, ma ormai più che di scandali che non scandalizzano più nessuno si dovrebbe parlare di cronaca quotidiana, dell'Expo e del Mose, in attesa della Tav, Renzie afferma che "Il problema della corruzione non sono le regole che non ci sono, ma quelle che non si rispettano, il problema sono i ladri, non le regole" è troppo.
Ma i ladri stanno (anche) nel tuo partito, li avete fatti eleggere voi, avete dovuto aspettare la magistratura per fare il lavoro che avreste dovuto fare voi?
Allontanarli a calci.
Sembra che ora nessuno conosca questo Orsoni, il sindaco di Venezia, quindi figlio di padre ignoto, così il suo partito di appartenenza assume il ruolo di meretrice, adescatrice, escort (puttana non si scrive più per non urtare la sensibilità dei giornalisti).
Si discetta con stile bizantiniano, carnevalesco (... dal giudice Carnevale che annullava le sentenze di condanna per i mafiosi in Cassazione per vizi di forma) se Orsoni sia o meno iscritto al Pd.
Le foto con Bersani sul palco con una scenografia in cui le lettere "PD" sono gigantesche non fa testo e neppure che il Pd lo abbia candidato. No.
Ce l'aveva o no la tessera Pd? In caso negativo che c'entrano i segretari di partito che si sono succeduti in questi anni? Che c'entra il Pd? Nulla.
Qui andiamo oltre. Oltre il ridicolo. Oltre la farsa. Oltre la presa per il culo. Oltre l'avanspettacolo.
Il meccanismo con cui questo sistema delinquenziale legalizzato si regge è ormai semplice per chi vuole capirlo.
Grande Opera Inutile, cifre gonfiate, emergenze costruite ad arte per evitare i controlli, appalti agli amici, tangenti a persone "vicine" ai partiti, l'immortale Greganti docet, e via mazzettando per miliardi di euro che finiscono sui conti pubblici tagliando lo sviluppo del Paese.
Di che regole parla Renzie? Di quelle che non ci sono?
Della legge anticorruzione che il M5S ha proposto? Della legge sui conflitti di interesse (presenti a mani piene nel suo governo)?
Di nuovi strumenti da mettere a disposizione della magistratura resa (quasi) innocua da decine di leggi fatte dal partito unico PD/Forza Italia in vent'anni? O forse allude agli inquisiti candidati nel suo partito alle europee?
Quanti voti sposta la corruzione? Tanti. Di tutti quelli che ne godono, anche di poche briciole gettate sotto il tavolo. Dopo l'astensione, la corruzione è il primo partito del voto. Primum vivere, comunque sia, e a culo tutto il resto.
(Matteo Renzi – 17 febbraio 2014 dopo il patto del Nazareno)
La bomba atomica - 1
L’Expo è stato solo l’innesco della bomba atomica. La deflagrazione vera e propria avviene con il Mose.
Una deflagrazione della portata di una bomba atomica.
La deflagrazione colpisce in modo devastante il Partito del Casellario della Questura.
Paolo Rossi - Era meglio morire da piccoli (...che vedere questo schifo da grandi)
http://www.youtube.com/watch?v=Mly-ZtyhAAo&hd=1
Il capo è sempre lui, il Generale, Cavaliere, Silvio, Amstrong, Caster,…Berlusconi, oggi ai servizi sociali (si fa per dire)
Il resto dello schedario però non è da poco:
Dell’Utri (ma non doveva essere spedito in Italia una decina di giorni fa?)
Scajola
Matacena
Abrignani
Fitto
De Gregorio
Cosentino
Scilipoti
Milanese
Verdini
a cui questa settimana si sono aggiunti gli ex ministri:
Galan
Matteoli
Quest’oggi si è aggiunto anche Tremonti.
Non scherzano neppure sul fronte opposto della nuova Dc.
****
Roberto Dagostino è rimasto di sinistra, anche se gli tocca per cause di forza maggiore occuparsi di fac simili della presunta sinistra.
Dagostino non gradisce molto Beppe Grillo. Diciamo che non gliene perdona manco una.
In questi giorni però Dagostino deve essere andato in frantumi, tanto che oggi cita il sito di Beppemao. (Così chiama il guru genovese).
7 GIU 2014 17:55
BEPPEMAO RINFRESCA LA MEMORIA AL PD, CHE NON RICONOSCE PIÙ GIORGIO ORSONI, CON UNA FOTO IN CUI BERSANI E IL SINDACO DI VENEZIA SONO INSIEME SUL PALCO: “CE L'AVEVA O NO LA TESSERA PD?”
“Il meccanismo con cui questo sistema delinquenziale si regge è semplice per chi vuole capirlo. Grande Opera Inutile, cifre gonfiate, emergenze costruite ad arte per evitare i controlli, appalti agli amici, tangenti a persone "vicine" ai partiti.Di che regole parla Renzie? Della legge anticorruzione che il M5S ha proposto?”…
Da http://www.beppegrillo.it
Va bene abbassare i toni, va bene riconoscere i propri errori, ma quando è troppo, è troppo.
Farsi prendere per il culo come se dovessimo scontare una condanna a vita da cornuti e mazziati è troppo.
Quando, dopo gli scandali, ma ormai più che di scandali che non scandalizzano più nessuno si dovrebbe parlare di cronaca quotidiana, dell'Expo e del Mose, in attesa della Tav, Renzie afferma che "Il problema della corruzione non sono le regole che non ci sono, ma quelle che non si rispettano, il problema sono i ladri, non le regole" è troppo.
Ma i ladri stanno (anche) nel tuo partito, li avete fatti eleggere voi, avete dovuto aspettare la magistratura per fare il lavoro che avreste dovuto fare voi?
Allontanarli a calci.
Sembra che ora nessuno conosca questo Orsoni, il sindaco di Venezia, quindi figlio di padre ignoto, così il suo partito di appartenenza assume il ruolo di meretrice, adescatrice, escort (puttana non si scrive più per non urtare la sensibilità dei giornalisti).
Si discetta con stile bizantiniano, carnevalesco (... dal giudice Carnevale che annullava le sentenze di condanna per i mafiosi in Cassazione per vizi di forma) se Orsoni sia o meno iscritto al Pd.
Le foto con Bersani sul palco con una scenografia in cui le lettere "PD" sono gigantesche non fa testo e neppure che il Pd lo abbia candidato. No.
Ce l'aveva o no la tessera Pd? In caso negativo che c'entrano i segretari di partito che si sono succeduti in questi anni? Che c'entra il Pd? Nulla.
Qui andiamo oltre. Oltre il ridicolo. Oltre la farsa. Oltre la presa per il culo. Oltre l'avanspettacolo.
Il meccanismo con cui questo sistema delinquenziale legalizzato si regge è ormai semplice per chi vuole capirlo.
Grande Opera Inutile, cifre gonfiate, emergenze costruite ad arte per evitare i controlli, appalti agli amici, tangenti a persone "vicine" ai partiti, l'immortale Greganti docet, e via mazzettando per miliardi di euro che finiscono sui conti pubblici tagliando lo sviluppo del Paese.
Di che regole parla Renzie? Di quelle che non ci sono?
Della legge anticorruzione che il M5S ha proposto? Della legge sui conflitti di interesse (presenti a mani piene nel suo governo)?
Di nuovi strumenti da mettere a disposizione della magistratura resa (quasi) innocua da decine di leggi fatte dal partito unico PD/Forza Italia in vent'anni? O forse allude agli inquisiti candidati nel suo partito alle europee?
Quanti voti sposta la corruzione? Tanti. Di tutti quelli che ne godono, anche di poche briciole gettate sotto il tavolo. Dopo l'astensione, la corruzione è il primo partito del voto. Primum vivere, comunque sia, e a culo tutto il resto.
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Re: Venezia Il Mose
<<Con Berlusconi e FI piena sintonia…….>>
(Matteo Renzi – 17 febbraio 2014 dopo il patto del Nazareno)
La bomba atomica - 2
Inchiesta Mose. "Era destinata a Tremonti la mazzetta di Milanese". I pm chiamano l'ex ministro
L'ex titolare dell'Economia non è indagato ma l'ex segretaria di Galan lo accusa. "Così il suo dicastero sbloccò i fondi"
di FABIO TONACCI e FRANCESCO VIVIANO
VENEZIA - Cosa sapeva l'ex ministro Giulio Tremonti delle manovre del suo braccio destro Marco Milanese, affaccendato - scoprono i pm veneziani - per far arrivare 400 milioni di euro al Mose? Come faceva Milanese a garantire al presidente del Consorzio Venezia Nuova, "in cambio di 500mila euro", che il parere positivo del dicastero dell'Economia, necessario per sbloccare i fondi del Cipe, sarebbe arrivato?
Sono domande a cui manca ancora una risposta, e i pm veneti stanno pensando di ascoltare Tremonti come persona informata dei fatti. Potrebbe essere chiamato già nelle prossime settimane. Lui, e solo lui, può spiegare.
LA VERITÀ DELLA DOGESSA
C'è in particolare una dichiarazione, messa a verbale nell'interrogatorio del 14 luglio 2013 da Claudia Minutillo, la "Dogessa", l'ex segretaria di Giancarlo Galan, che ha bisogno di un qualche approfondimento. "Tra i destinatari delle somme raccolte da Mazzacurati (Giovanni, il presidente del Consorzio Venezia Nuova che costruisce il Mose, ndr) vi erano... omissis... e Marco Milanese, uomo di fiducia di Tremonti. A quest'ultimo era destinata la somma di 500mila euro che l'ingegner Neri (stretto collaboratore di Mazzacurati, ndr) conservava nel suo ufficio al momento dell'ispezione della Guardia di Finanza".
La Minutillo, dunque, il testimone chiave dell'inchiesta ritenuta attendibile dai pm, è sicura. Quei bigliettoni, dice, erano per Tremonti. A scanso di equivoci lo ripete anche in un altro passaggio: "Neri li aveva nel cassetto, da consegnare a Marco Milanese per Tremonti, e li buttò dietro l'armadio. La Finanza sigillò l'armadio ma la sera andarono a recuperarli e furono poi consegnati a Milanese il 7 giugno del 2010". Non c'è traccia né prova, nelle 700 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare, di un successivo approdo della somma nelle mani dell'ex ministro, che non è indagato.
Milanese, "il nostro amico", come lo definiscono gli uomini della cupola del Mose, "l'uomo con le mani in pasta in questa storia", come lo presenta Mazzacurati ai magistrati, ha la bocca chiusa, non parla. Il suo nome è nell'elenco dei cento indagati dell'inchiesta sulle tangenti veneziane ma una ventina di giorni fa, pochi giorni prima che scattassero gli arresti, la procura ne ha revocato la richiesta di custodia cautelare, non si sa se in carcere o ai domiciliari.
L'INCONTRO DELLA SVOLTA
Tremonti viene tirato in ballo anche da Piergiorgio Baita, l'ex presidente della Mantovani, quando gli viene chiesto di raccontare come avessero fatto a ottenere lo sblocco nel 2010 dei soldi del Comitato interministeriale per la programmazione economica. Gianni Letta aveva consigliato a Mazzacurati di "trovare una strada" per rivolgersi a Tremonti. Quella strada si chiama Roberto Meneguzzo, è il direttore dell'azienda vicentina Palladio. Costui fissa a Milano un appuntamento tra Tremonti e il presidente del Consorzio. "Quando ritorna a Venezia - spiega Baita in un verbale - Mazzacurati fa una convocazione d'emergenza dei soci e dice: "Se volete sbloccare il Cipe ci sono 500 mila euro da consegnare all'onorevole Milanese, almeno una settimana prima della delibera"".
La "pratica Milanese", quindi, pare avviarsi subito dopo l'incontro faccia a faccia con Tremonti. Cosa si sono detti in quell'appuntamento? Perché tanta fretta, da parte di Mazzacurati, nel convocare i sodali che siedono nel Consorzio? Sarà poi Mazzacurati stesso ad ammettere di avere consegnato "in una scatola" il denaro al consigliere politico di Tremonti nella sede della Palladio Finanziaria, a Milano. Quell'incontro, di pochi minuti, lo lascia perplesso. "Mi dice che si adopererà e che pensa di riuscire... poi mi ha detto solo grazie, mi ha sorpreso questa cosa, perché è un po' imbarazzante anche, ma insomma, non importa... lui mi ha detto grazie".
IL VIA LIBERA DA ROMA
L'impegno porta i frutti sperati. Il 13 maggio 2010 il Cipe approva la delibera n. 31 per la "continuità funzionale di opere di difesa idraulica". Tradotto, significa che dopo molti mesi di stallo per le ditte del Mose stanno arrivando 400 milioni di euro dal governo Berlusconi. Scrive il gip veneziano nell'ordinanza di custodia cautelare: "L'intervento di Milanese è stato determinante per l'introduzione di una norma ad hoc", l'ex finanziere è riuscito a contattare e a parlare "con Ercole Incalza e con Claudio Iafolla". Sono persone che contano, sono il capo della struttura tecnica e il capo di gabinetto del ministero delle Infrastrutture. E però - annota il gip - Milanese è stato "efficace" anche sul "fronte interno", su chi cioè reggeva in quel momento il dicastero dell'Economia, Giulio Tremonti, il quale - secondo gli imprenditori veneziani arrestati - non era mai stato troppo favorevole allo sblocco.
Quello stesso 13 maggio, alle 16.15, Paolo Emilio Signorini, il capo dipartimento delle Politiche Economiche della presidenza del Consiglio, chiama Mazzacurati al telefono: "Non abbiamo potuto già oggi dare la destinazione di 400 miloni al Mose, ma il ministero dell'Economia sta predisponendo una norma che dà direttamente l'assegnazione...". E poi, rassicura il presidente del Consorzio: "Mi sentirei abbastanza tranquillo perché l'Economia mi è sembrata decisissima su questo, ora fanno la norma... sarà molto rapido, li ho visti veramente molto molto decisi".
http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... f=HREC1-11
(Matteo Renzi – 17 febbraio 2014 dopo il patto del Nazareno)
La bomba atomica - 2
Inchiesta Mose. "Era destinata a Tremonti la mazzetta di Milanese". I pm chiamano l'ex ministro
L'ex titolare dell'Economia non è indagato ma l'ex segretaria di Galan lo accusa. "Così il suo dicastero sbloccò i fondi"
di FABIO TONACCI e FRANCESCO VIVIANO
VENEZIA - Cosa sapeva l'ex ministro Giulio Tremonti delle manovre del suo braccio destro Marco Milanese, affaccendato - scoprono i pm veneziani - per far arrivare 400 milioni di euro al Mose? Come faceva Milanese a garantire al presidente del Consorzio Venezia Nuova, "in cambio di 500mila euro", che il parere positivo del dicastero dell'Economia, necessario per sbloccare i fondi del Cipe, sarebbe arrivato?
Sono domande a cui manca ancora una risposta, e i pm veneti stanno pensando di ascoltare Tremonti come persona informata dei fatti. Potrebbe essere chiamato già nelle prossime settimane. Lui, e solo lui, può spiegare.
LA VERITÀ DELLA DOGESSA
C'è in particolare una dichiarazione, messa a verbale nell'interrogatorio del 14 luglio 2013 da Claudia Minutillo, la "Dogessa", l'ex segretaria di Giancarlo Galan, che ha bisogno di un qualche approfondimento. "Tra i destinatari delle somme raccolte da Mazzacurati (Giovanni, il presidente del Consorzio Venezia Nuova che costruisce il Mose, ndr) vi erano... omissis... e Marco Milanese, uomo di fiducia di Tremonti. A quest'ultimo era destinata la somma di 500mila euro che l'ingegner Neri (stretto collaboratore di Mazzacurati, ndr) conservava nel suo ufficio al momento dell'ispezione della Guardia di Finanza".
La Minutillo, dunque, il testimone chiave dell'inchiesta ritenuta attendibile dai pm, è sicura. Quei bigliettoni, dice, erano per Tremonti. A scanso di equivoci lo ripete anche in un altro passaggio: "Neri li aveva nel cassetto, da consegnare a Marco Milanese per Tremonti, e li buttò dietro l'armadio. La Finanza sigillò l'armadio ma la sera andarono a recuperarli e furono poi consegnati a Milanese il 7 giugno del 2010". Non c'è traccia né prova, nelle 700 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare, di un successivo approdo della somma nelle mani dell'ex ministro, che non è indagato.
Milanese, "il nostro amico", come lo definiscono gli uomini della cupola del Mose, "l'uomo con le mani in pasta in questa storia", come lo presenta Mazzacurati ai magistrati, ha la bocca chiusa, non parla. Il suo nome è nell'elenco dei cento indagati dell'inchiesta sulle tangenti veneziane ma una ventina di giorni fa, pochi giorni prima che scattassero gli arresti, la procura ne ha revocato la richiesta di custodia cautelare, non si sa se in carcere o ai domiciliari.
L'INCONTRO DELLA SVOLTA
Tremonti viene tirato in ballo anche da Piergiorgio Baita, l'ex presidente della Mantovani, quando gli viene chiesto di raccontare come avessero fatto a ottenere lo sblocco nel 2010 dei soldi del Comitato interministeriale per la programmazione economica. Gianni Letta aveva consigliato a Mazzacurati di "trovare una strada" per rivolgersi a Tremonti. Quella strada si chiama Roberto Meneguzzo, è il direttore dell'azienda vicentina Palladio. Costui fissa a Milano un appuntamento tra Tremonti e il presidente del Consorzio. "Quando ritorna a Venezia - spiega Baita in un verbale - Mazzacurati fa una convocazione d'emergenza dei soci e dice: "Se volete sbloccare il Cipe ci sono 500 mila euro da consegnare all'onorevole Milanese, almeno una settimana prima della delibera"".
La "pratica Milanese", quindi, pare avviarsi subito dopo l'incontro faccia a faccia con Tremonti. Cosa si sono detti in quell'appuntamento? Perché tanta fretta, da parte di Mazzacurati, nel convocare i sodali che siedono nel Consorzio? Sarà poi Mazzacurati stesso ad ammettere di avere consegnato "in una scatola" il denaro al consigliere politico di Tremonti nella sede della Palladio Finanziaria, a Milano. Quell'incontro, di pochi minuti, lo lascia perplesso. "Mi dice che si adopererà e che pensa di riuscire... poi mi ha detto solo grazie, mi ha sorpreso questa cosa, perché è un po' imbarazzante anche, ma insomma, non importa... lui mi ha detto grazie".
IL VIA LIBERA DA ROMA
L'impegno porta i frutti sperati. Il 13 maggio 2010 il Cipe approva la delibera n. 31 per la "continuità funzionale di opere di difesa idraulica". Tradotto, significa che dopo molti mesi di stallo per le ditte del Mose stanno arrivando 400 milioni di euro dal governo Berlusconi. Scrive il gip veneziano nell'ordinanza di custodia cautelare: "L'intervento di Milanese è stato determinante per l'introduzione di una norma ad hoc", l'ex finanziere è riuscito a contattare e a parlare "con Ercole Incalza e con Claudio Iafolla". Sono persone che contano, sono il capo della struttura tecnica e il capo di gabinetto del ministero delle Infrastrutture. E però - annota il gip - Milanese è stato "efficace" anche sul "fronte interno", su chi cioè reggeva in quel momento il dicastero dell'Economia, Giulio Tremonti, il quale - secondo gli imprenditori veneziani arrestati - non era mai stato troppo favorevole allo sblocco.
Quello stesso 13 maggio, alle 16.15, Paolo Emilio Signorini, il capo dipartimento delle Politiche Economiche della presidenza del Consiglio, chiama Mazzacurati al telefono: "Non abbiamo potuto già oggi dare la destinazione di 400 miloni al Mose, ma il ministero dell'Economia sta predisponendo una norma che dà direttamente l'assegnazione...". E poi, rassicura il presidente del Consorzio: "Mi sentirei abbastanza tranquillo perché l'Economia mi è sembrata decisissima su questo, ora fanno la norma... sarà molto rapido, li ho visti veramente molto molto decisi".
http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... f=HREC1-11
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Re: Venezia Il Mose
<<Con Berlusconi e FI piena sintonia…….>>
(Matteo Renzi – 17 febbraio 2014 dopo il patto del Nazareno)
La bomba atomica - 3
QUEL MORBO CHE TOGLIE IL FUTURO AI GIOVANI
(Furio Colombo).
08/06/2014 di triskel182
Grandi opere, grandi retate
CARO FURIO COLOMBO, perché le “grandi opere” invocate da tutti come la soluzione della crisi, lasciano sempre lavori incompiuti e carceri affollate?
Federica
SE SI TRATTASSE di un fatto medico si parlerebbe di epidemia. E quando gli esperti hanno buone ragioni per sospettare una epidemia, sanno che a ciò che è accaduto nel recente passato potrà corrispondere una serie uguale o peggiore di eventi nell’immediato futuro. Qui non si tratta di dire che sono tutti ladri, perché ovviamente non è vero. Però certe cose, troppe cose, non si capiscono. Quando si parla di “grandi opere” vige una sorta di ingenua e appassionata attesa. Prima, tutto si celebra, tutto si esalta e più grande è l’opera, intorno a cui in tanti si danno da fare (e non sappiamo come) più le celebrazioni si moltiplicano.
Basti pensare alle “grandi opere” in corso, esattamente modellate su Expo e Mose, ma felicemente “in progress” senza disturbi e verifiche. Alcune volte (tante) all’improvviso, dopo decine (centinaia) di arresti con accuse immense, frutto della mancanza di ogni controllo, tutti dicono prontamente due cose: “Fiducia nella magistratura”. E “le grandi opere devono continuare”. Eppure la seconda frase non può essere detta perché le modalità con cui le “grandi opere” in corso non ancora investigate, sono identiche alle modalità che hanno portato alle maxi-retate di Expo e Mose (per parlare solo dei due eventi più recenti, più impressionanti e più strettamente derivati dalla politica). Scrive Corrado Stajano: “Il futuro è incerto, il governo delle larghe intese non è il modello di quella chiarezza di cui il Paese ha necessità (…) Lo Stato si regge su travature tarlate. Aveva ragione Berlinguer, quando sosteneva che la questione morale è questione politica” (ilCorriere della Sera, 5 giugno). Nessuno risponderà a queste parole, salvo parlare di “gufi”, “rosiconi” o “sciacalli” per definire coloro che, anche educatamente, dissentono. C’è stato un solo annuncio: la nomina del magistrato Cantone come verificatore di tutto. Nonostante il prestigio e le qualità di Cantone, è possibile? Per esempio, potrà, quel solo magistrato, andare su e giù per il tracciato dell’autostrada privata detta “Corridoio Tirrenico” che divide e spacca la Toscana dalla Maremma a Livorno (e oltre), che ha ricevuto in dono dallo Stato l’intero percorso della via Aurelia, e si affida a una catena di subappalti ad aziende lontane, piccole e ignote? Per avere detto cose come queste, il prof. Gianni Mattioli (docente di Fisica a La Sapienza di Roma e già ministro di Prodi) deve difendersi a sue spese da una causa per diffamazione dei fautori della grande opera, per centinaia di migliaia di euro. E Nicola Caracciolo, presidente di Italia Nostra, è già stato ammonito a non provare a sollevare dubbi, per avere difeso Mattioli, e al Fatto Quotidiano per avere pubblicato la lettera di Caracciolo. Intanto decine di migliaia di espropri di fertili terreni agricoli, uliveti e costruzioni sono già pronti per poter iniziare il proficuo lavoro di cementificazione vista mare, il tutto senza gare e senza concorrenza. E dovrà, potrà Cantone verificare tutto in tempo? Dovrà, potrà andare ad aprire il suo ufficio presso altre grandi opere in corso (inutilmente contestate dai cittadini dei luoghi purtroppo prescelti), dal costo immenso, e con ignote partecipazioni straordinarie, di cui si verrà a sapere, sia pure con grande stormire di media, solo troppo tardi ?
Da Il Fatto Quotidiano del 08/06/2014.
(Matteo Renzi – 17 febbraio 2014 dopo il patto del Nazareno)
La bomba atomica - 3
QUEL MORBO CHE TOGLIE IL FUTURO AI GIOVANI
(Furio Colombo).
08/06/2014 di triskel182
Grandi opere, grandi retate
CARO FURIO COLOMBO, perché le “grandi opere” invocate da tutti come la soluzione della crisi, lasciano sempre lavori incompiuti e carceri affollate?
Federica
SE SI TRATTASSE di un fatto medico si parlerebbe di epidemia. E quando gli esperti hanno buone ragioni per sospettare una epidemia, sanno che a ciò che è accaduto nel recente passato potrà corrispondere una serie uguale o peggiore di eventi nell’immediato futuro. Qui non si tratta di dire che sono tutti ladri, perché ovviamente non è vero. Però certe cose, troppe cose, non si capiscono. Quando si parla di “grandi opere” vige una sorta di ingenua e appassionata attesa. Prima, tutto si celebra, tutto si esalta e più grande è l’opera, intorno a cui in tanti si danno da fare (e non sappiamo come) più le celebrazioni si moltiplicano.
Basti pensare alle “grandi opere” in corso, esattamente modellate su Expo e Mose, ma felicemente “in progress” senza disturbi e verifiche. Alcune volte (tante) all’improvviso, dopo decine (centinaia) di arresti con accuse immense, frutto della mancanza di ogni controllo, tutti dicono prontamente due cose: “Fiducia nella magistratura”. E “le grandi opere devono continuare”. Eppure la seconda frase non può essere detta perché le modalità con cui le “grandi opere” in corso non ancora investigate, sono identiche alle modalità che hanno portato alle maxi-retate di Expo e Mose (per parlare solo dei due eventi più recenti, più impressionanti e più strettamente derivati dalla politica). Scrive Corrado Stajano: “Il futuro è incerto, il governo delle larghe intese non è il modello di quella chiarezza di cui il Paese ha necessità (…) Lo Stato si regge su travature tarlate. Aveva ragione Berlinguer, quando sosteneva che la questione morale è questione politica” (ilCorriere della Sera, 5 giugno). Nessuno risponderà a queste parole, salvo parlare di “gufi”, “rosiconi” o “sciacalli” per definire coloro che, anche educatamente, dissentono. C’è stato un solo annuncio: la nomina del magistrato Cantone come verificatore di tutto. Nonostante il prestigio e le qualità di Cantone, è possibile? Per esempio, potrà, quel solo magistrato, andare su e giù per il tracciato dell’autostrada privata detta “Corridoio Tirrenico” che divide e spacca la Toscana dalla Maremma a Livorno (e oltre), che ha ricevuto in dono dallo Stato l’intero percorso della via Aurelia, e si affida a una catena di subappalti ad aziende lontane, piccole e ignote? Per avere detto cose come queste, il prof. Gianni Mattioli (docente di Fisica a La Sapienza di Roma e già ministro di Prodi) deve difendersi a sue spese da una causa per diffamazione dei fautori della grande opera, per centinaia di migliaia di euro. E Nicola Caracciolo, presidente di Italia Nostra, è già stato ammonito a non provare a sollevare dubbi, per avere difeso Mattioli, e al Fatto Quotidiano per avere pubblicato la lettera di Caracciolo. Intanto decine di migliaia di espropri di fertili terreni agricoli, uliveti e costruzioni sono già pronti per poter iniziare il proficuo lavoro di cementificazione vista mare, il tutto senza gare e senza concorrenza. E dovrà, potrà Cantone verificare tutto in tempo? Dovrà, potrà andare ad aprire il suo ufficio presso altre grandi opere in corso (inutilmente contestate dai cittadini dei luoghi purtroppo prescelti), dal costo immenso, e con ignote partecipazioni straordinarie, di cui si verrà a sapere, sia pure con grande stormire di media, solo troppo tardi ?
Da Il Fatto Quotidiano del 08/06/2014.
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Re: Venezia Il Mose
Inchiesta Mose, tocca a Lunardi: “Alla Rocksoil un lavoro a costo gonfiato”
L'ex ministro delle Infrastrutture tirato in ballo in un verbale secretatato da Piergiorgio Baita, citato dal Corriere. Secondo l'ex presidente di Mantovani, la commessa all'azienda di famiglia sarebbe arrivata per interessamento di Gianni Letta come "risarcimento" dopo una condanna milionaria della Corte dei conti. La replica: "Dalle aziende che lavoravano al Mose solo un incarico per l'autostrada A27, tutto regolare"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 giugno 2014
Il nome di un altro ex ministro del governo Berlusconi, versione 2001-2006, spunta dalle carte dell’inchiesta sul Mose di Venezia. Si tratta di Pietro Lunardi, titolare delle Infrastrutture per tutta la durata della legislatura. In un interrogatorio secretato, citato oggi dal Corriere della Sera, l’ex presidente della Matovani Costruzioni, Piergiorgio Baita, racconta che la Rocksoil, azienda di famiglia di Lunardi, avrebbe ottenuto un lavoro con un sovrapprezzo di 500mila euro. E a chiedere il favore per conto di Lunardi sarebbe stato Gianni Letta, allora potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e consigliere politico numero uno del premier Silvio Berlusconi. Nell’inchiesta Mose sono indagati l’ex ministro Altero Matteoli e Marco Milanese, già parlamentare di Forza Italia e consigliere dell’allora superministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Il lavoro per la Rocksoil, azienda specializzata nell’ingegneria di opere sotterranee, sarebbe stato addirittura una sorta di risarcimento per Lunardi, costretto da una sentenza della Corte dei conti a versare all’erario oltre 2 milioni 700 mila euro per aver indotto l’Anas a pagare una sostanziosa liquidazione anticipata al presidente, Giuseppe D’Angiolino, allontanato con quattro anni d’anticipo rispetto alla scadenza del contratto perché sgradito, insieme ai quattro consiglieri d’amministrazione.
Lunardi non è indagato e gli inquirenti stanno cercando riscontri alle dichiarazioni di Baita, che con le sue ampie confessioni è una colonna dell’inchiesta che la settimana scorsa ha portato in carcere 35 persone e svelato un capillare sistema di elargizioni bipartisan da parte delle aziende appartenenti al Consorzio Nuova Venezia, concessionario dell’opera da oltre cinque miliardi di euro studiata per contrastare il fenomeno dell’acqua alta attraverso un sitema di dighe mobili.
“Non ho mai avuto nulla a che fare con il Mose”, replica Lunardi dopo l’uscita delle indiscrezioni. “Non ho mai voluto che il mio studio si occupasse di quell’opera. E come ministro me ne sono interessato solo perché il Mose a suo tempo fu inserito, al pari di altre 250 altre opere pubbliche, nella Legge Obiettivo“. Secondo l’ex titolare delle Infrastrutture, “hanno tirato in ballo un incarico dato dalle imprese che lavoravano anche per il Mose al mio studio, e che riguardava la progettazione preliminare della prosecuzione dell’autostrada A 27 da Ponte delle Alpi a Pieve di Cadore. E’ un contratto limpidissimo, tra privati, perfettamente regolare. Non c’è nulla da nascondere”.
A fronte del progetto preliminare – spiega Lunardi – “c’è stato un pagamento regolare, il 50% del quale è finito in tasse, e già da due anni la Guardia di Finanza ha tutte le carte in mano. Qui – avverte – bisogna distinguere le cose”. Secondo Lunardi “non c’è stato alcun favoritismo: l’incarico è stato dato allo studio che fa capo alla mia famiglia perché siamo degli specialisti a livello nazionale e internazionale: il progetto di 21 chilometri prevede infatti una galleria doppia lunga appunto 20 chilometri”.
Non è indagato neppure Gianni Letta, ma il suo nome ricorre con frequenza nelle carte come referente politico di massimo livello dl consorzio. E’ Giancarlo Galan, allora presidente della Regione Veneto, che nella seconda metà degli anni Novanta fa incontrare Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, con il consigliere di Berlusconi: “Letta “l’ho conosciuto tra il 1996 e il 1997″, racconta Mazzacurati nell’interrogatorio del 29 luglio 2013 davanti ai pm della Procura di Venezia. In quegli anni, con Forza Italia all’opposizione, Letta non ricopre alcun incarico istituzionale. ”Mi ha portato dal dottor Letta il presidente Galan. Il dottor Letta è stato per i nostri progetti un riferimento molto importante, io mi sono rivolto molte volte a lui per un sacco di problemi”. Il motivo di tanta attenzione, aggiunge Mazzacurati, “credo fosse dovuta all’importanza del progetto, che era un progetto che spiccava anche all’estero: per esempio, alcune volte il dottor Letta mi ha portato da Berlusconi perché voleva sapere a che punto eravamo”. Il presidente del Consorzio però è netto: “II dottor Letta in questi anni non ha mai chiesto nulla”.
Certo, Berlusocni ci tiene a far progredire le “gradi opere” cavallo di battaglia della sua campagna contro la sinistra e i verdi “che sanno dire solo di no”. Agli atti risultano però anche le pressioni su Letta affinché blocchi la nomina di un personaggio sgradito, Ciriaco D’Alessio, al vertice del Magistrato delle Acque di Venezia, ente cruciale per l’operazione Mose, alle dipendenze del ministero delle Infrastrutture. Al telefono con l’ex onorevole Udeur Mauro Fabris, Mazzacurati racconta di aver segnalato la nomina sgradita a Letta, che, a suo dire, “si è preso un attacco di bile che è raro”. D’Alessio otterrà comunque l’incarico.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... u/1020247/
L'ex ministro delle Infrastrutture tirato in ballo in un verbale secretatato da Piergiorgio Baita, citato dal Corriere. Secondo l'ex presidente di Mantovani, la commessa all'azienda di famiglia sarebbe arrivata per interessamento di Gianni Letta come "risarcimento" dopo una condanna milionaria della Corte dei conti. La replica: "Dalle aziende che lavoravano al Mose solo un incarico per l'autostrada A27, tutto regolare"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 giugno 2014
Il nome di un altro ex ministro del governo Berlusconi, versione 2001-2006, spunta dalle carte dell’inchiesta sul Mose di Venezia. Si tratta di Pietro Lunardi, titolare delle Infrastrutture per tutta la durata della legislatura. In un interrogatorio secretato, citato oggi dal Corriere della Sera, l’ex presidente della Matovani Costruzioni, Piergiorgio Baita, racconta che la Rocksoil, azienda di famiglia di Lunardi, avrebbe ottenuto un lavoro con un sovrapprezzo di 500mila euro. E a chiedere il favore per conto di Lunardi sarebbe stato Gianni Letta, allora potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e consigliere politico numero uno del premier Silvio Berlusconi. Nell’inchiesta Mose sono indagati l’ex ministro Altero Matteoli e Marco Milanese, già parlamentare di Forza Italia e consigliere dell’allora superministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Il lavoro per la Rocksoil, azienda specializzata nell’ingegneria di opere sotterranee, sarebbe stato addirittura una sorta di risarcimento per Lunardi, costretto da una sentenza della Corte dei conti a versare all’erario oltre 2 milioni 700 mila euro per aver indotto l’Anas a pagare una sostanziosa liquidazione anticipata al presidente, Giuseppe D’Angiolino, allontanato con quattro anni d’anticipo rispetto alla scadenza del contratto perché sgradito, insieme ai quattro consiglieri d’amministrazione.
Lunardi non è indagato e gli inquirenti stanno cercando riscontri alle dichiarazioni di Baita, che con le sue ampie confessioni è una colonna dell’inchiesta che la settimana scorsa ha portato in carcere 35 persone e svelato un capillare sistema di elargizioni bipartisan da parte delle aziende appartenenti al Consorzio Nuova Venezia, concessionario dell’opera da oltre cinque miliardi di euro studiata per contrastare il fenomeno dell’acqua alta attraverso un sitema di dighe mobili.
“Non ho mai avuto nulla a che fare con il Mose”, replica Lunardi dopo l’uscita delle indiscrezioni. “Non ho mai voluto che il mio studio si occupasse di quell’opera. E come ministro me ne sono interessato solo perché il Mose a suo tempo fu inserito, al pari di altre 250 altre opere pubbliche, nella Legge Obiettivo“. Secondo l’ex titolare delle Infrastrutture, “hanno tirato in ballo un incarico dato dalle imprese che lavoravano anche per il Mose al mio studio, e che riguardava la progettazione preliminare della prosecuzione dell’autostrada A 27 da Ponte delle Alpi a Pieve di Cadore. E’ un contratto limpidissimo, tra privati, perfettamente regolare. Non c’è nulla da nascondere”.
A fronte del progetto preliminare – spiega Lunardi – “c’è stato un pagamento regolare, il 50% del quale è finito in tasse, e già da due anni la Guardia di Finanza ha tutte le carte in mano. Qui – avverte – bisogna distinguere le cose”. Secondo Lunardi “non c’è stato alcun favoritismo: l’incarico è stato dato allo studio che fa capo alla mia famiglia perché siamo degli specialisti a livello nazionale e internazionale: il progetto di 21 chilometri prevede infatti una galleria doppia lunga appunto 20 chilometri”.
Non è indagato neppure Gianni Letta, ma il suo nome ricorre con frequenza nelle carte come referente politico di massimo livello dl consorzio. E’ Giancarlo Galan, allora presidente della Regione Veneto, che nella seconda metà degli anni Novanta fa incontrare Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, con il consigliere di Berlusconi: “Letta “l’ho conosciuto tra il 1996 e il 1997″, racconta Mazzacurati nell’interrogatorio del 29 luglio 2013 davanti ai pm della Procura di Venezia. In quegli anni, con Forza Italia all’opposizione, Letta non ricopre alcun incarico istituzionale. ”Mi ha portato dal dottor Letta il presidente Galan. Il dottor Letta è stato per i nostri progetti un riferimento molto importante, io mi sono rivolto molte volte a lui per un sacco di problemi”. Il motivo di tanta attenzione, aggiunge Mazzacurati, “credo fosse dovuta all’importanza del progetto, che era un progetto che spiccava anche all’estero: per esempio, alcune volte il dottor Letta mi ha portato da Berlusconi perché voleva sapere a che punto eravamo”. Il presidente del Consorzio però è netto: “II dottor Letta in questi anni non ha mai chiesto nulla”.
Certo, Berlusocni ci tiene a far progredire le “gradi opere” cavallo di battaglia della sua campagna contro la sinistra e i verdi “che sanno dire solo di no”. Agli atti risultano però anche le pressioni su Letta affinché blocchi la nomina di un personaggio sgradito, Ciriaco D’Alessio, al vertice del Magistrato delle Acque di Venezia, ente cruciale per l’operazione Mose, alle dipendenze del ministero delle Infrastrutture. Al telefono con l’ex onorevole Udeur Mauro Fabris, Mazzacurati racconta di aver segnalato la nomina sgradita a Letta, che, a suo dire, “si è preso un attacco di bile che è raro”. D’Alessio otterrà comunque l’incarico.
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Re: Venezia Il Mose
Venezia, dopo lo scandalo manifestano i comitati “No Mose” e “No grandi navi”
"Il Mose non serve per lo scopo per cui è stato creato, e cioè fermare l'acqua alta. E in più è anche la madre del sistema corruttivo veneziano. Non è più un problema di singole mele marce, ma è un problema sistemico che va abbattuto"
di Alice D'Este | 7 giugno 2014
Hanno distribuito un “kit di sopravvivenza per la resistenza passiva”. Si sono riferiti a Gandhi e hanno assicurato: “Niente scontri”. Così, a tre giorni dall’esplosione del caso tangenti-Mose, a Venezia scendono in piazza i comitati che in questi anni hanno portato avanti la battaglia contro il Mose, appunto, ma anche contro il passaggio delle grandi navi nel canale (tra assemblea “No grandi navi” e “no grandi opere”, comitati “opzione zero” della riviera del Brenta e Legambiente). Sono arrivati in piazzale Roma in circa un migliaio, poi, mezz’ora dopo hanno cominciato a muoversi verso la marittima. Obiettivo? Bloccare i passeggeri in entrata e in uscita per far sentire in modo deciso il rifiuto della città al passaggio dei grandi “mostri” del mare.
“Abbiamo voluto rilanciare la manifestazione contro le grandi navi con maggiore intensità oggi anche visto quello che è accaduto in città in questi giorni – dice Tommaso Cacciari del movimento no grandi navi – il risultato delle indagini non fa che confermare quello che l’assemblea permanente dice da anni. Ovvero che non solo il Mose non serve per lo scopo per cui è stato creato, e cioè fermare l’acqua alta, ma è anche la madre del sistema corruttivo veneziano. Non importa la differenza tra i capi di imputazione, e nemmeno come finirà. Ora non è più un problema di singole mele marce, ma è un problema sistemico che va abbattuto”.
E nel sistema, fagocitato dalle logiche di scambio, secondo i manifestanti finisce tutto. A partire dalla concessione unica per il Mose fino ad arrivare ai progetti futuri, come quello del passaggio alternativo per le grandi navi, lontano da Bacino San Marco che vede in prima linea l’ipotesi del Contorta. “Ora basta, è il momento giusto per dire con forza che non può passare un progetto di fatto spinto e pensato ancora da uomini del Consorzio Venezia Nuova (il consorzio al centro dell’indagine dei giorni scorsi ndr) – dice Cacciari – un progetto che di fatto è poco lontano da una grande opera. Diciamo no alle grandi opere? Diciamo no anche al Contorta”.
In manifestazione, accanto ai ragazzi del movimento anche alcuni consiglieri comunali: Beppe Caccia e Camilla Seibezzi di «In comune», Sebastiano Bonzio di Rifondazione, passando per Gianluigi Placella del Movimento cinque stelle. “Le grandi navi sono la dimostrazione di come i cittadini vedono in anticipo le cose che non vanno – dice Placella – lo dicevamo per il Mose, lo diciamo per il Contorta. Le grandi opere esistono perché esistono le grandi imprese. Specialmente in casi come questo”.
“Questa è l’ennesima lotta a cui sono chiamati tutti coloro che al di la delle parole nei fatti combattono questa pioggia di abusi che si compie quotidianamente in questa città – dice Camilla Seibezzi di In comune – partendo dal malaffare intorno al Mose e arrivando al dibattito sugli scenari futuri del problema grandi navi. Sono due facce della stessa medaglia, non sono così distanti”. “La manifestazione di oggi è stata indetta ben prima delle situazioni di questi giorni – dice Sebastiano Bonzio di Rifondazione- vogliamo che venga restituito pieno potere della democrazia alle istituzioni anche in un campo come questo. Lo scavo del Contorta per come stanno le cose ora vedrebbe come soggetto principale il Consorzio Venezia Nuova ancora una volta. Non ci stiamo più, vogliamo interrompere la logica delle grandi opere e delle grandi mazzette. E’ il momento di dire basta con questa stagione. Noi siamo per un intervento pubblico in economia che redistribuisca ricchezza nei territori”. Mentre Biennale Architettura inizia la città senza sindaco è sconquassata dalle fondamenta.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... i/1017587/
Ciao
Paolo11
"Il Mose non serve per lo scopo per cui è stato creato, e cioè fermare l'acqua alta. E in più è anche la madre del sistema corruttivo veneziano. Non è più un problema di singole mele marce, ma è un problema sistemico che va abbattuto"
di Alice D'Este | 7 giugno 2014
Hanno distribuito un “kit di sopravvivenza per la resistenza passiva”. Si sono riferiti a Gandhi e hanno assicurato: “Niente scontri”. Così, a tre giorni dall’esplosione del caso tangenti-Mose, a Venezia scendono in piazza i comitati che in questi anni hanno portato avanti la battaglia contro il Mose, appunto, ma anche contro il passaggio delle grandi navi nel canale (tra assemblea “No grandi navi” e “no grandi opere”, comitati “opzione zero” della riviera del Brenta e Legambiente). Sono arrivati in piazzale Roma in circa un migliaio, poi, mezz’ora dopo hanno cominciato a muoversi verso la marittima. Obiettivo? Bloccare i passeggeri in entrata e in uscita per far sentire in modo deciso il rifiuto della città al passaggio dei grandi “mostri” del mare.
“Abbiamo voluto rilanciare la manifestazione contro le grandi navi con maggiore intensità oggi anche visto quello che è accaduto in città in questi giorni – dice Tommaso Cacciari del movimento no grandi navi – il risultato delle indagini non fa che confermare quello che l’assemblea permanente dice da anni. Ovvero che non solo il Mose non serve per lo scopo per cui è stato creato, e cioè fermare l’acqua alta, ma è anche la madre del sistema corruttivo veneziano. Non importa la differenza tra i capi di imputazione, e nemmeno come finirà. Ora non è più un problema di singole mele marce, ma è un problema sistemico che va abbattuto”.
E nel sistema, fagocitato dalle logiche di scambio, secondo i manifestanti finisce tutto. A partire dalla concessione unica per il Mose fino ad arrivare ai progetti futuri, come quello del passaggio alternativo per le grandi navi, lontano da Bacino San Marco che vede in prima linea l’ipotesi del Contorta. “Ora basta, è il momento giusto per dire con forza che non può passare un progetto di fatto spinto e pensato ancora da uomini del Consorzio Venezia Nuova (il consorzio al centro dell’indagine dei giorni scorsi ndr) – dice Cacciari – un progetto che di fatto è poco lontano da una grande opera. Diciamo no alle grandi opere? Diciamo no anche al Contorta”.
In manifestazione, accanto ai ragazzi del movimento anche alcuni consiglieri comunali: Beppe Caccia e Camilla Seibezzi di «In comune», Sebastiano Bonzio di Rifondazione, passando per Gianluigi Placella del Movimento cinque stelle. “Le grandi navi sono la dimostrazione di come i cittadini vedono in anticipo le cose che non vanno – dice Placella – lo dicevamo per il Mose, lo diciamo per il Contorta. Le grandi opere esistono perché esistono le grandi imprese. Specialmente in casi come questo”.
“Questa è l’ennesima lotta a cui sono chiamati tutti coloro che al di la delle parole nei fatti combattono questa pioggia di abusi che si compie quotidianamente in questa città – dice Camilla Seibezzi di In comune – partendo dal malaffare intorno al Mose e arrivando al dibattito sugli scenari futuri del problema grandi navi. Sono due facce della stessa medaglia, non sono così distanti”. “La manifestazione di oggi è stata indetta ben prima delle situazioni di questi giorni – dice Sebastiano Bonzio di Rifondazione- vogliamo che venga restituito pieno potere della democrazia alle istituzioni anche in un campo come questo. Lo scavo del Contorta per come stanno le cose ora vedrebbe come soggetto principale il Consorzio Venezia Nuova ancora una volta. Non ci stiamo più, vogliamo interrompere la logica delle grandi opere e delle grandi mazzette. E’ il momento di dire basta con questa stagione. Noi siamo per un intervento pubblico in economia che redistribuisca ricchezza nei territori”. Mentre Biennale Architettura inizia la città senza sindaco è sconquassata dalle fondamenta.
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Ciao
Paolo11
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