Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
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Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
http://www.youtube.com/watch?v=Mly-ZtyhAAo&hd=1
La politica mediatica del Cicciobello fiorentino è quella di creare un polverone della madonna. In questo modo l’italiano medio, crede che si stia facendo qualcosa.
Spararne una dopo l’altra in tempi ravvicinati affinché l’elettore entri nel pallone, questa è la sua tattica.
Ha fatto così anche suo “nonno”, la buonanima Adrea, Amilcare, Benito Mussolini da Predappio.
Questa sera i media Tv se ne sono occupati annunciando la riforma della Giustizia.
Ma hanno capito i tricolori di cosa si tratta????
La politica mediatica del Cicciobello fiorentino è quella di creare un polverone della madonna. In questo modo l’italiano medio, crede che si stia facendo qualcosa.
Spararne una dopo l’altra in tempi ravvicinati affinché l’elettore entri nel pallone, questa è la sua tattica.
Ha fatto così anche suo “nonno”, la buonanima Adrea, Amilcare, Benito Mussolini da Predappio.
Questa sera i media Tv se ne sono occupati annunciando la riforma della Giustizia.
Ma hanno capito i tricolori di cosa si tratta????
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
Corriere 29.6.14
Il piano per la giustizia rischia di slittare Per ora solo linee guida
di Giovanni Bianconi
Sorpresa: al Consiglio dei ministri di domani non c’è alcun provvedimento in materia di giustizia da esaminare. Niente processo civile, né autoriciclaggio o nuove norme antimafia; niente prescrizione o falso in bilancio rivisto, tantomeno modifiche del Csm, responsabilità dei giudici o regole più stringenti sulle intercettazioni. Nonostante la nota perentorietà di Renzi sui tempi, domani il ministro Orlando si limiterà a enunciare linee guida.
Dopo i molti e ripetuti annunci, dall’ordine del giorno del Consiglio dei ministri convocato a Palazzo Chigi le per 17 di domani, è arrivata la sorpresa: non c’è alcun provvedimento da esaminare in materia di giustizia. Nessuna traccia dei decreti e disegni di legge di cui tanto s’è parlato in questi giorni, suscitando persino qualche prematura polemica. Niente processo civile, né autoriciclaggio o nuove norme antimafia; niente prescrizione o falso in bilancio rivisto e corretto, e tantomeno modifiche del Csm, responsabilità dei giudici o regole più stringenti sulle intercettazioni. Eppure Matteo Renzi, col suo pallino per le scadenze prefissate, era parso perentorio: «Credo sia arrivato il momento di mettere nel mese di giugno all’attenzione di questo Parlamento un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente», disse in febbraio presentando il suo governo.
Domani è l’ultimo giorno utile per non andare fuori tempo, e allora che succederà? Probabilmente quello che è accaduto su altri capitoli, come la riforma della Pubblica amministrazione prima del decreto appena varato: una discussione generale interna all’esecutivo, avviata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, che snocciolerà le «linee guida» di provvedimenti già pronti, quasi pronti, o ancora allo studio su aspetti complessi che contemplano diverse opzioni. Dopodiché il presidente del Consiglio dirà la sua, al pari di altri ministri; forse verranno indicate delle priorità e, a seguire, nelle prossime riunioni governative cominceranno a essere presentati i singoli decreti o disegni di legge. Con il conforto di un programma di massima già dibattuto e condiviso.
Determinanti — o comunque importanti per capire che piega potrà prendere l’attesa Grande riforma — saranno le indicazioni che verranno da Renzi, dopo aver ascoltato Orlando. Quando illustrò il suo programma mescolò insieme tante cose, dai giudici amministrativi troppo invadenti alle pene «da furto di serie B» per chi uccide un passante guidando il motorino ubriaco e drogato; ora sarebbe il momento di affrontare il tema giustizia in maniera organica e concreta, ma anche Renzi dev’essersi reso conto che non basta il generico auspicio a superare i «derby ideologici» che si combattono da vent’anni. Gli argomenti vanno affrontati e ponderati seriamente, e forse non sarà semplice come si poteva immaginare dopo il ridimensionamento del ruolo di Berlusconi. Perché sul tappeto ci sono questioni tuttora politicamente «sensibili», sulle quali nel Partito democratico non tutti la pensano allo stresso modo, e il Nuovo centrodestra dell’ex Guardasigilli berlusconiano Alfano vorrà dire la sua.
Per esempio la responsabilità civile dei magistrati per dolo o colpa grave: gli uffici tecnici di Orlando hanno predisposto un testo che prevede la possibilità del cittadino di chiedere i danni allo Stato e l’obbligo per lo Stato di rivalersi sui giudici fino a metà del loro stipendio. Responsabilità «indiretta» delle toghe, dunque, al contrario di quanto previsto dall’emendamento leghista approvato alla Camera con i voti nascosti di non pochi deputati della maggioranza. Passerà senza traumi la riforma immaginata dal ministro? E sulle intercettazioni, basterà la proposta — peraltro ancora da definire dei dettagli, e non sarà semplice — di provare a limitarne la divulgazione allargando l’area della segretezza,lasciando intatta l’attuale utilizzabilità in indagini e processi? E le formulazioni più severe di falso in bilancio e prescrizione troveranno tutti d’accordo nella coalizione che vede insieme il Pd e un pezzo di centrodestra?
C’è poi il capitolo delle riforme che riguardano l’autogoverno dei giudici: dal meccanismo elettorale del Csm (che comunque sarà rinnovato fra pochi giorni per i prossimi quattro anni con la legge vigente), al sistema disciplinare unico per le diverse magistrature da spostare presso un’Alta corte di nuova composizione. Quest’ultima riforma sarebbe di tipo costituzionale, e sono tutti i temi in cui il dibattito politico viene inevitabilmente influenzato dalle prese di posizione della magistratura. Che ha fatto intendere di non gradire, su questo terreno, le soluzioni ipotizzate dal governo. Inoltre si tratta di progetti che coinvolgono il ruolo del presidente della Repubblica, e quindi avrà un peso anche il parere del Quirinale.
La strada, insomma, è tutt’altro che in discesa. E pure ciò che sembrava una soluzione raggiunta e condivisa — il decreto per smaltire l’arretrato civile e velocizzare la composizione delle controversie senza ricorrere al giudice — rischia di diventare complicato. Un provvedimento d’urgenza approvato ora andrebbe tramutato in legge entro la fine di agosto; col Parlamento già gravato da altri lavori in corso e con la pausa estiva (per quanto breve) alle viste, si rischierebbe di fallire l’obiettivo. Così si sta meditando di ritardare la presentazione di qualche settimana, nel tentativo di andare più veloci dopo.
il Fatto 29.6.14
Giustizia canaglia Falso in bilancio slitta, l’immunità rimane
Nonostante gli annunci, domani in Consiglio dei ministri si discuteranno solo “linee guida”. Per i provvedimenti ci si affiderà a disegni di legge ancora in calendario
di Wanda Marra
Alla fine l’immunità resterà così come è prevista nel testo emendato dai relatori, Finocchiaro e Calderoli”, ragionava qualche giorno fa un senatore democratico che sta seguendo molto da vicino le riforme costituzionali. Prevedendo che nessuna cancellazione dello “scudo” ci sarebbe stata. Guardando ai fatti, sembra proprio che abbia ragione. Non solo il governo ha dato il suo assenso alla norma sull’immunità durante il vertice a Palazzo Chigi del 17 giugno, non solo il premier si è assunto in proprio la responsabilità di averla approvata. Ma c’è un altro dato di fatto: venerdì è scaduto il termine in commissione Affari costituzionali per i sub emendamenti al testo consegnato da Finocchiaro & Calderoli. E non ce n’è uno di iniziativa governativa e neanche degli stessi relatori che cancelli la norma in questione. Domani inizia il voto in commissione Affari Costituzionali e i sub emendamenti che vogliono l’abrogazione dell’immunità sono firmati dai Cinque Stelle o dai “ribelli” Pd, in testa Vannino Chiti. Anna Finocchiaro aveva annunciato che avrebbe presentato lei stessa una modifica per affidare alla Consulta la decisione (soluzione questa che ha fatto registrare perplessità sia dal Quirinale, che dalla stessa Consulta). Ma, a conti fatti, ha preferito non fare niente e lasciare il cerino nelle mani del governo. Che per ora ha lasciato tutto com’era. I renziani meglio informati sono certi che lo scudo non verrà tolto: potrebbe essere riformulato, prevedendo che valga per i membri della nuova Camera delle autonomie solo nell’esercizio delle loro funzioni da senatori e non da amministratori. Ma tutto sta a vedere come andrà il dibattito in Aula.
PERCHÉ poi le riforme si accavallano, le esigenze si incrociano. E quando si parla di giustizia il tema diventa incandescente. Domani in Consiglio dei ministri non ci sarà la riforma annunciata dal premier, già durante il discorso per la fiducia, per giugno, termine ribadito più volte nei mesi. Alla fine dell’ultimo Cdm era stato il ministro Boschi ad annunciare che nel prossimo (quello di domani appunto) si sarebbe discussa la riforma. Ma il dibattito si limiterà alle linee guida, che verranno illustrate ai ministri dal Guardasigilli, Andrea Orlando. Da via Arenula la raccontano così: il ministro e il premier si sono sentiti giovedì mattina, prima della partenza di Renzi per il Consiglio Ue, e non avendo di fatto mai avuto il tempo di discutere a fondo hanno deciso che sarebbe stato necessario un ulteriore approfondimento, prima di entrare nel merito di provvedimenti molto delicati, magari rischiando dissensi dai titolari degli altri dicasteri. Fino a quando? Non è chiaro. Ci sarà, di certo, un decreto che affronterà il sistema della giustizia civile per fare fronte all’arretrato pesantissimo rappresentato da milioni di cause. I tecnici di Palazzo Chigi stanno decidendo quando vararlo: stanno valutando bene le questioni legate all’iter parlamentare. Tradotto: se si fa a inizio luglio si rischia di non riuscire a convertirlo entro i tempi a disposizione, ovvero fine agosto. Quindi si potrebbe spostare in là, magari alla fine del mese. E il resto? Sarà tutto affidato a disegni di legge, che saranno presentati in momenti successivi, anche qui difficilmente prevedibili. Se si prende il caso Pa, il Cdm con “le linee guida” si è fatto il 30 aprile, quello con i provvedimenti (in bozza) il 13 giugno, e i decreti effettivi sono stati scritti solo dopo e firmati dal Quirinale martedì 24. Se è per la riforma del Senato, il ddl costituzionale è stato approvato il 31 marzo, il voto in Commissione inizia domani, con un testo che è stato quasi riscritto.
A proposito di ddl, a Palazzo Chigi ne esiste già uno sull’autoriclaggio, predisposto dal ministero della Giustizia, e consegnato oltre un mese fa, al quale lo stesso dicastero ha ipotizzato di aggiungere alcune norme sul falso in bilancio. Ma, a meno di sorprese dell’ultimo secondo, domani non verrà tirato fuori. I tempi si dilatano. E a occhio e croce l’iter parlamentare dei provvedimenti in questione non comincerà che dopo l’estate. Il metodo Renzi - ormai s’è capito - è quello di spingere l’annuncio oltre l’ostacolo. Però trattandosi di materia incandescente come la giustizia ogni sospetto è lecito. Anche perché il governo ha chiesto in Senato un rinvio della legge sull’anticorruzione proprio in attesa dei provvedimenti di fine giugno. Che non ci saranno. Tra le voci che si rincorrono a Palazzo Madama ce n’è una insistente secondo la quale Forza Italia starebbe facendo pressione perché l’accertamento del falso in bilancio abbia il via solo su querela di parte (come adesso), e non diventi automatico.
RENZI ha bisogno dei voti di Forza Italia per portare a casa le riforme costituzionali, tanto più la fronda di Palazzo Madama si allarga. E l’“ombra” dello scambio si allunga soprattutto quando trattativa su alcuni temi e temporeggiamento su altri vanno di pari passo. Ieri il presidente del Consiglio ha annunciato che questa settimana è “decisiva” e quindi vedrà tutti: Pd, Forza Italia e Cinque Stelle. “Le polemiche non devono frenarci, neanche quelle interne”, ha detto ai fedelissimi. I suoi lavorano ad allargare la maggioranza, ma le falle restano.
Il piano per la giustizia rischia di slittare Per ora solo linee guida
di Giovanni Bianconi
Sorpresa: al Consiglio dei ministri di domani non c’è alcun provvedimento in materia di giustizia da esaminare. Niente processo civile, né autoriciclaggio o nuove norme antimafia; niente prescrizione o falso in bilancio rivisto, tantomeno modifiche del Csm, responsabilità dei giudici o regole più stringenti sulle intercettazioni. Nonostante la nota perentorietà di Renzi sui tempi, domani il ministro Orlando si limiterà a enunciare linee guida.
Dopo i molti e ripetuti annunci, dall’ordine del giorno del Consiglio dei ministri convocato a Palazzo Chigi le per 17 di domani, è arrivata la sorpresa: non c’è alcun provvedimento da esaminare in materia di giustizia. Nessuna traccia dei decreti e disegni di legge di cui tanto s’è parlato in questi giorni, suscitando persino qualche prematura polemica. Niente processo civile, né autoriciclaggio o nuove norme antimafia; niente prescrizione o falso in bilancio rivisto e corretto, e tantomeno modifiche del Csm, responsabilità dei giudici o regole più stringenti sulle intercettazioni. Eppure Matteo Renzi, col suo pallino per le scadenze prefissate, era parso perentorio: «Credo sia arrivato il momento di mettere nel mese di giugno all’attenzione di questo Parlamento un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente», disse in febbraio presentando il suo governo.
Domani è l’ultimo giorno utile per non andare fuori tempo, e allora che succederà? Probabilmente quello che è accaduto su altri capitoli, come la riforma della Pubblica amministrazione prima del decreto appena varato: una discussione generale interna all’esecutivo, avviata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, che snocciolerà le «linee guida» di provvedimenti già pronti, quasi pronti, o ancora allo studio su aspetti complessi che contemplano diverse opzioni. Dopodiché il presidente del Consiglio dirà la sua, al pari di altri ministri; forse verranno indicate delle priorità e, a seguire, nelle prossime riunioni governative cominceranno a essere presentati i singoli decreti o disegni di legge. Con il conforto di un programma di massima già dibattuto e condiviso.
Determinanti — o comunque importanti per capire che piega potrà prendere l’attesa Grande riforma — saranno le indicazioni che verranno da Renzi, dopo aver ascoltato Orlando. Quando illustrò il suo programma mescolò insieme tante cose, dai giudici amministrativi troppo invadenti alle pene «da furto di serie B» per chi uccide un passante guidando il motorino ubriaco e drogato; ora sarebbe il momento di affrontare il tema giustizia in maniera organica e concreta, ma anche Renzi dev’essersi reso conto che non basta il generico auspicio a superare i «derby ideologici» che si combattono da vent’anni. Gli argomenti vanno affrontati e ponderati seriamente, e forse non sarà semplice come si poteva immaginare dopo il ridimensionamento del ruolo di Berlusconi. Perché sul tappeto ci sono questioni tuttora politicamente «sensibili», sulle quali nel Partito democratico non tutti la pensano allo stresso modo, e il Nuovo centrodestra dell’ex Guardasigilli berlusconiano Alfano vorrà dire la sua.
Per esempio la responsabilità civile dei magistrati per dolo o colpa grave: gli uffici tecnici di Orlando hanno predisposto un testo che prevede la possibilità del cittadino di chiedere i danni allo Stato e l’obbligo per lo Stato di rivalersi sui giudici fino a metà del loro stipendio. Responsabilità «indiretta» delle toghe, dunque, al contrario di quanto previsto dall’emendamento leghista approvato alla Camera con i voti nascosti di non pochi deputati della maggioranza. Passerà senza traumi la riforma immaginata dal ministro? E sulle intercettazioni, basterà la proposta — peraltro ancora da definire dei dettagli, e non sarà semplice — di provare a limitarne la divulgazione allargando l’area della segretezza,lasciando intatta l’attuale utilizzabilità in indagini e processi? E le formulazioni più severe di falso in bilancio e prescrizione troveranno tutti d’accordo nella coalizione che vede insieme il Pd e un pezzo di centrodestra?
C’è poi il capitolo delle riforme che riguardano l’autogoverno dei giudici: dal meccanismo elettorale del Csm (che comunque sarà rinnovato fra pochi giorni per i prossimi quattro anni con la legge vigente), al sistema disciplinare unico per le diverse magistrature da spostare presso un’Alta corte di nuova composizione. Quest’ultima riforma sarebbe di tipo costituzionale, e sono tutti i temi in cui il dibattito politico viene inevitabilmente influenzato dalle prese di posizione della magistratura. Che ha fatto intendere di non gradire, su questo terreno, le soluzioni ipotizzate dal governo. Inoltre si tratta di progetti che coinvolgono il ruolo del presidente della Repubblica, e quindi avrà un peso anche il parere del Quirinale.
La strada, insomma, è tutt’altro che in discesa. E pure ciò che sembrava una soluzione raggiunta e condivisa — il decreto per smaltire l’arretrato civile e velocizzare la composizione delle controversie senza ricorrere al giudice — rischia di diventare complicato. Un provvedimento d’urgenza approvato ora andrebbe tramutato in legge entro la fine di agosto; col Parlamento già gravato da altri lavori in corso e con la pausa estiva (per quanto breve) alle viste, si rischierebbe di fallire l’obiettivo. Così si sta meditando di ritardare la presentazione di qualche settimana, nel tentativo di andare più veloci dopo.
il Fatto 29.6.14
Giustizia canaglia Falso in bilancio slitta, l’immunità rimane
Nonostante gli annunci, domani in Consiglio dei ministri si discuteranno solo “linee guida”. Per i provvedimenti ci si affiderà a disegni di legge ancora in calendario
di Wanda Marra
Alla fine l’immunità resterà così come è prevista nel testo emendato dai relatori, Finocchiaro e Calderoli”, ragionava qualche giorno fa un senatore democratico che sta seguendo molto da vicino le riforme costituzionali. Prevedendo che nessuna cancellazione dello “scudo” ci sarebbe stata. Guardando ai fatti, sembra proprio che abbia ragione. Non solo il governo ha dato il suo assenso alla norma sull’immunità durante il vertice a Palazzo Chigi del 17 giugno, non solo il premier si è assunto in proprio la responsabilità di averla approvata. Ma c’è un altro dato di fatto: venerdì è scaduto il termine in commissione Affari costituzionali per i sub emendamenti al testo consegnato da Finocchiaro & Calderoli. E non ce n’è uno di iniziativa governativa e neanche degli stessi relatori che cancelli la norma in questione. Domani inizia il voto in commissione Affari Costituzionali e i sub emendamenti che vogliono l’abrogazione dell’immunità sono firmati dai Cinque Stelle o dai “ribelli” Pd, in testa Vannino Chiti. Anna Finocchiaro aveva annunciato che avrebbe presentato lei stessa una modifica per affidare alla Consulta la decisione (soluzione questa che ha fatto registrare perplessità sia dal Quirinale, che dalla stessa Consulta). Ma, a conti fatti, ha preferito non fare niente e lasciare il cerino nelle mani del governo. Che per ora ha lasciato tutto com’era. I renziani meglio informati sono certi che lo scudo non verrà tolto: potrebbe essere riformulato, prevedendo che valga per i membri della nuova Camera delle autonomie solo nell’esercizio delle loro funzioni da senatori e non da amministratori. Ma tutto sta a vedere come andrà il dibattito in Aula.
PERCHÉ poi le riforme si accavallano, le esigenze si incrociano. E quando si parla di giustizia il tema diventa incandescente. Domani in Consiglio dei ministri non ci sarà la riforma annunciata dal premier, già durante il discorso per la fiducia, per giugno, termine ribadito più volte nei mesi. Alla fine dell’ultimo Cdm era stato il ministro Boschi ad annunciare che nel prossimo (quello di domani appunto) si sarebbe discussa la riforma. Ma il dibattito si limiterà alle linee guida, che verranno illustrate ai ministri dal Guardasigilli, Andrea Orlando. Da via Arenula la raccontano così: il ministro e il premier si sono sentiti giovedì mattina, prima della partenza di Renzi per il Consiglio Ue, e non avendo di fatto mai avuto il tempo di discutere a fondo hanno deciso che sarebbe stato necessario un ulteriore approfondimento, prima di entrare nel merito di provvedimenti molto delicati, magari rischiando dissensi dai titolari degli altri dicasteri. Fino a quando? Non è chiaro. Ci sarà, di certo, un decreto che affronterà il sistema della giustizia civile per fare fronte all’arretrato pesantissimo rappresentato da milioni di cause. I tecnici di Palazzo Chigi stanno decidendo quando vararlo: stanno valutando bene le questioni legate all’iter parlamentare. Tradotto: se si fa a inizio luglio si rischia di non riuscire a convertirlo entro i tempi a disposizione, ovvero fine agosto. Quindi si potrebbe spostare in là, magari alla fine del mese. E il resto? Sarà tutto affidato a disegni di legge, che saranno presentati in momenti successivi, anche qui difficilmente prevedibili. Se si prende il caso Pa, il Cdm con “le linee guida” si è fatto il 30 aprile, quello con i provvedimenti (in bozza) il 13 giugno, e i decreti effettivi sono stati scritti solo dopo e firmati dal Quirinale martedì 24. Se è per la riforma del Senato, il ddl costituzionale è stato approvato il 31 marzo, il voto in Commissione inizia domani, con un testo che è stato quasi riscritto.
A proposito di ddl, a Palazzo Chigi ne esiste già uno sull’autoriclaggio, predisposto dal ministero della Giustizia, e consegnato oltre un mese fa, al quale lo stesso dicastero ha ipotizzato di aggiungere alcune norme sul falso in bilancio. Ma, a meno di sorprese dell’ultimo secondo, domani non verrà tirato fuori. I tempi si dilatano. E a occhio e croce l’iter parlamentare dei provvedimenti in questione non comincerà che dopo l’estate. Il metodo Renzi - ormai s’è capito - è quello di spingere l’annuncio oltre l’ostacolo. Però trattandosi di materia incandescente come la giustizia ogni sospetto è lecito. Anche perché il governo ha chiesto in Senato un rinvio della legge sull’anticorruzione proprio in attesa dei provvedimenti di fine giugno. Che non ci saranno. Tra le voci che si rincorrono a Palazzo Madama ce n’è una insistente secondo la quale Forza Italia starebbe facendo pressione perché l’accertamento del falso in bilancio abbia il via solo su querela di parte (come adesso), e non diventi automatico.
RENZI ha bisogno dei voti di Forza Italia per portare a casa le riforme costituzionali, tanto più la fronda di Palazzo Madama si allarga. E l’“ombra” dello scambio si allunga soprattutto quando trattativa su alcuni temi e temporeggiamento su altri vanno di pari passo. Ieri il presidente del Consiglio ha annunciato che questa settimana è “decisiva” e quindi vedrà tutti: Pd, Forza Italia e Cinque Stelle. “Le polemiche non devono frenarci, neanche quelle interne”, ha detto ai fedelissimi. I suoi lavorano ad allargare la maggioranza, ma le falle restano.
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
LA CONSULTAZIONE SULLA GIUSTIZIA
Buone domande cattivi pensieri
di Michele Ainis
Diceva Craxi: quando non è possibile risolvere un problema, si nomina una bella commissione. Oggi invece s’indice una consultazione. È più trendy , e almeno in apparenza trasforma ogni elettore in un legislatore. Sarà per questo che gli ultimi tre governi ne hanno profittato a mani basse. Con la consultazione di Monti, nel 2012, sul valore legale della laurea. Con quella battezzata nel 2013 da Letta su «Destinazione Italia», per attrarre investimenti dall’estero. O dal suo ministro Quagliariello sulle riforme costituzionali (131 mila risposte online). Infine con le consultazioni promosse da Renzi sul Terzo settore (che ha incassato meno di 800 email), nonché sulla riforma della pubblica amministrazione.
Adesso tocca alla giustizia: 12 punti sottoposti al verdetto telematico, che spaziano dal divorzio breve al processo lungo, dalla carriera dei giudici a quella dei cancellieri, e via via intercettazioni, prescrizioni, informatizzazioni, buone intenzioni. E allora, dove sta il problema? Non nel metodo, ci mancherebbe: è sempre cosa santa e giusta testare gli umori del popolo votante. Dopotutto, in Francia la legge Barnier del 1995 stimola il giudizio dei cittadini sulle grandi opere pubbliche, e così succede in varie altre contrade, su varie altre materie. In Italia però non c’è nessuna legge che regoli queste forme di consultazione, sicché ciascun governo fa un po’ come gli pare. E questo sì, è un guaio. Specie se c’è di mezzo la giustizia, che è forse la più grave emergenza nazionale.
Da qui un problema di merito sul metodo, mettiamola così. Perché in primo luogo, se ci chiedete un’opinione, dovete poi tenerne conto. Per esempio: a Bologna, nel maggio 2013, si è celebrato un referendum consultivo sui fondi alle scuole private. Hanno vinto i no, ma il Consiglio comunale ha detto sì. Ovvio che poi ti senti buggerato. Ma in secondo luogo un’opinione pesa quando è libera, ed è libera quando ha di fronte alternative chiare, specifiche, puntuali. Meglio ancora se poste in successione progressiva, come hanno fatto i grillini con il loro progetto di legge elettorale. Lì, semmai, il limite era nel limite d’accesso, consentito a pochi congiurati.
Le domande, quindi. In ogni referendum (elettronico o cartaceo) contano più delle risposte, come osservò a suo tempo Bobbio. Perché le orientano, e spesso le prefigurano. Ma in questo caso, quali domande ci domanda il domandante? Per esempio, se intendiamo premiare i meriti nel cursus honorum dei magistrati. Certo che sì, ma come? Silenzio tombale: più che una domanda, è un quiz. Oppure se siamo o no d’accordo sulla riforma delle intercettazioni; tuttavia l’esecutivo confessa di non avere alcuna idea circa il da farsi. Ancora: le correnti giudiziarie, chi le compra? Probabilmente nessuno; ma il problema, di nuovo, è come venderle, come liberare il Csm dalle loro unghie rapaci. E la separazione delle carriere? Qui manca del tutto il quesito, magari per un eccesso di discrezione, di bon ton.
Diceva Oscar Wilde che le domande non sono mai indiscrete; però lo sono, talvolta, le risposte. Ecco perciò la nostra domanda: qual è la linea del governo in materia di giustizia? Perché il silenzio, si sa, alimenta i cattivi pensieri. Come il sospetto d’una trattativa sottobanco con l’Anm; e sarebbe imbarazzante la concertazione con il sindacato giudiziario, dopo averla bandita con gli altri sindacati sul lavoro. Ma si fa presto a sbarazzarsi dei sospetti. Basta che la prima consultazione il governo la faccia con se stesso. michele.ainis@uniroma3.it
2 luglio 2014 | 07:31
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/opinioni/14_lugl ... c0ad.shtml
Buone domande cattivi pensieri
di Michele Ainis
Diceva Craxi: quando non è possibile risolvere un problema, si nomina una bella commissione. Oggi invece s’indice una consultazione. È più trendy , e almeno in apparenza trasforma ogni elettore in un legislatore. Sarà per questo che gli ultimi tre governi ne hanno profittato a mani basse. Con la consultazione di Monti, nel 2012, sul valore legale della laurea. Con quella battezzata nel 2013 da Letta su «Destinazione Italia», per attrarre investimenti dall’estero. O dal suo ministro Quagliariello sulle riforme costituzionali (131 mila risposte online). Infine con le consultazioni promosse da Renzi sul Terzo settore (che ha incassato meno di 800 email), nonché sulla riforma della pubblica amministrazione.
Adesso tocca alla giustizia: 12 punti sottoposti al verdetto telematico, che spaziano dal divorzio breve al processo lungo, dalla carriera dei giudici a quella dei cancellieri, e via via intercettazioni, prescrizioni, informatizzazioni, buone intenzioni. E allora, dove sta il problema? Non nel metodo, ci mancherebbe: è sempre cosa santa e giusta testare gli umori del popolo votante. Dopotutto, in Francia la legge Barnier del 1995 stimola il giudizio dei cittadini sulle grandi opere pubbliche, e così succede in varie altre contrade, su varie altre materie. In Italia però non c’è nessuna legge che regoli queste forme di consultazione, sicché ciascun governo fa un po’ come gli pare. E questo sì, è un guaio. Specie se c’è di mezzo la giustizia, che è forse la più grave emergenza nazionale.
Da qui un problema di merito sul metodo, mettiamola così. Perché in primo luogo, se ci chiedete un’opinione, dovete poi tenerne conto. Per esempio: a Bologna, nel maggio 2013, si è celebrato un referendum consultivo sui fondi alle scuole private. Hanno vinto i no, ma il Consiglio comunale ha detto sì. Ovvio che poi ti senti buggerato. Ma in secondo luogo un’opinione pesa quando è libera, ed è libera quando ha di fronte alternative chiare, specifiche, puntuali. Meglio ancora se poste in successione progressiva, come hanno fatto i grillini con il loro progetto di legge elettorale. Lì, semmai, il limite era nel limite d’accesso, consentito a pochi congiurati.
Le domande, quindi. In ogni referendum (elettronico o cartaceo) contano più delle risposte, come osservò a suo tempo Bobbio. Perché le orientano, e spesso le prefigurano. Ma in questo caso, quali domande ci domanda il domandante? Per esempio, se intendiamo premiare i meriti nel cursus honorum dei magistrati. Certo che sì, ma come? Silenzio tombale: più che una domanda, è un quiz. Oppure se siamo o no d’accordo sulla riforma delle intercettazioni; tuttavia l’esecutivo confessa di non avere alcuna idea circa il da farsi. Ancora: le correnti giudiziarie, chi le compra? Probabilmente nessuno; ma il problema, di nuovo, è come venderle, come liberare il Csm dalle loro unghie rapaci. E la separazione delle carriere? Qui manca del tutto il quesito, magari per un eccesso di discrezione, di bon ton.
Diceva Oscar Wilde che le domande non sono mai indiscrete; però lo sono, talvolta, le risposte. Ecco perciò la nostra domanda: qual è la linea del governo in materia di giustizia? Perché il silenzio, si sa, alimenta i cattivi pensieri. Come il sospetto d’una trattativa sottobanco con l’Anm; e sarebbe imbarazzante la concertazione con il sindacato giudiziario, dopo averla bandita con gli altri sindacati sul lavoro. Ma si fa presto a sbarazzarsi dei sospetti. Basta che la prima consultazione il governo la faccia con se stesso. michele.ainis@uniroma3.it
2 luglio 2014 | 07:31
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http://www.corriere.it/opinioni/14_lugl ... c0ad.shtml
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ
Giustizia, ancora una riforma pro Casta
Pronti un bavaglio sulle intercettazioni e un pasticcio sulla prescrizione. Ma il centrodestra non si accontenta.
A due giorni dal consiglio dei ministri, è corsa al salvataggio dei colletti bianchi
Giustizia, ancora una riforma pro Casta
Si possono toccare le pensioni e le tasse, si possono ammainare le bandiere ideologiche sull’immigrazione e sulla politica estera, ma guai a toccare certi temi sulla giustizia penale: prescrizione, intercettazioni, durata dei processi, responsabilità dei giudici. Qui sì che il gioco si fa duro. Venerdì il consiglio dei ministri che dovrebbe approvare la riforma, ma sui temi caldi l'accordo Pd-Ncd è lontano. Per non parlare di Forza Italia. M5S: "Non incontreremo più Orlando"
http://www.ilfattoquotidiano.it/
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Riforma giustizia, maggioranza divisa: la legge non dev’essere uguale per tutti
A due giorni dal consiglio dei ministri che dovrebbe approvare il testo, il ministro Orlando ammette le "differenze di approccio" tra Pd e Ncd. I nodi sono sempre quelli cari soprattutto ai colletti bianchi: prescrizione e intercettazioni. Forza Italia: "Tra Erode e Ponzio Pilato". M5S sull'Aventino. E la guerra dei vent'anni continua
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 27 agosto 2014Commenti (184)
La legge non dev’essere uguale per tutti. Si possono toccare le pensioni e le tasse, si possono ammainare le bandiere ideologiche sull’immigrazione e sulla politica estera, ma guai a toccare certi temi sulla giustizia penale: prescrizione, intercettazioni, durata dei processi, responsabilità dei giudici. Qui sì che il gioco si fa duro. Mancano due giorni a al consiglio dei ministri del 29 agosto nel quale Matteo Renzi aveva promesso di presentare la riforma complessiva della giustizia, ma l’incontro di oggi al ministero guidato da Andrea Orlando non ha sbloccato due nodi fondamentali: “Su prescrizione e intercettazioni ci sono opinioni e approcci diversi, il Pd ha fatto le sue proposte e Ncd ha fatto le sue sottolineature, sarà il Cdm a trovare la sintesi”, ha spiegato al termine il deputato Pd Walter Verini, della commissione Giustizia. Sul fronte opposto, la conferma del senatore e avvocato Ncd Nico d’Ascola. Che annovera tra i temi che “meritano una riflessione ulteriore” appunto “l’istituto della prescrizione e alcune limitazioni relative alle impugnazioni”, mentre di intercettazioni “se ne parlerà più dettagliatamente” dopo il confronto chiesto da Renzi con i direttori dei giornali.
Poi arriva la bordata del Mattinale di Forza Italia, che grida a una riforma “tra Erode e Ponzio Pilato”. E sempre lì si torna: “Si allunga la tortura dei processi senza fine, con la dilatazione della prescrizione. Si lascia perdere sulle intercettazioni e la loro pubblicazione, che invece di informare deformano e tagliano la testa alla reputazione della gente, che non c’entra o è innocente fino a prova contraria”. Fra i due contendenti, il Movimento 5 Stelle sceglie l’Aventino tra le polemiche, dopo aver incontrato il ministro Orlando tre volte negli ultimi mesi: la decisione di non farlo più “è frutto di un dibattito interno al M5S (compresi, naturalmente, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio)” si legge in una nota. “I giornali dovrebbero concentrarsi sull’indecente patto con cui Renzi ha consegnato la giustizia nelle mani di Berlusconi invece di preoccuparsi di come maturano le decisioni del M5S!”.
Orlando prende atto della frattura della maggioranza: “Sono emerse differenze di approccio anche sulle priorità di cui riferirò al Consiglio dei Ministri, mantenendo però l’obiettivo di portare in quella sede tutto il lavoro elaborato”. L’accordo è stato invece raggiunto, a quanto filtra da via Arenula, sulla responsabilità civile delle toghe, che arriverà nel cdm di venerdì sotto forma di ddl delega. In caso di malagiustizia il cittadino farà ricorso allo Stato che potrà rivalersi sul magistrato fino al 50% dello stipendio. Per il resto, è possibile che nel testo che uscirà dal cdm i punti ancora controversi saranno “sorvolati”. Oppure saranno inserite in extremis soluzione pasticciate inventate ad hoc – senza alcun legame con gli ordinamenti di altri Stati democratici e “di diritto” – dalla vocazione gattopardesca. Oggi Repubblica rilancia l’indiscrezione secondo la quale l’intervento sulla prescrizione – il lasso di tempo in cui un reato decade e non è più perseguibile – sarà così concepito: lo scorrere del tempo si fermerebbe in caso di condanna in primo grado, poi ci sarebbero due anni di tempo per fare il processo d’appello, poi la clessidra riprenderebbe a scorrere. Resterebbe intatta la legge ex Cirielli, che con il meccanismo di un sostanzioso accorciamento dei tempi di prescrizione per i non recidivi, di fatto si traduce in impunità per molti reati dei colletti bianchi (che per la maggior parte arrivano incensurati ai processi), compresi i corrotti, questione per cui l’Unione europea ci ha richiamato ufficialmente più volte. D’altro canto – anticipa ancora Repubblica – saranno limitati i casi in cui si potrà ricorere in appello, tanto per i pm quanto per gli imputati. Altro tema controverso, la “stretta” sulle intercettazioni, cavallo di battaglia del centrodestra ormai da parecchi anni. L’idea di renderle pubbliche negli atti giudiziari (e di conseguenza sui mezzi d’informazione) solo per riassunto non piace neppure agli organismi di rappresentanza degli avvocati.
E’ la Guerra dei vent’anni della giustizia italiana, combattuta da Mani pulite in poi a colpi di leggi ad personam e interventi spot che – come lamentano periodicamente tanto i magistrati quanto gli avvocati – hanno contribuito a creare un sistema penale caotico e inefficiente. E, soprattutto, quasi “di classe“, dato che sono i criminali economici e politici i maggiori beneficiari di questo patchwork giuridico (oltre alla Ciriellli, basta pensare alla depenalizzazione del falso in bilancio, o ai tentativi poi falliti di introdurre l’immunità della alte cariche, il cosiddetto Lodo Alfano). Con il centrodestra perennemente alla carica, e non solo per le esigenze personali dell’imputato Berlusconi, e un centrosinistra spesso diviso tra resistenza e accomodamento al ribasso. Una guerra proseguita persino nell’era delle larghe intese: anche il governo Monti, con la guardasigilli Paola Severino, sperimentò il muro di cemento eretto dall’allora Pdl sull’inasprimento delle pene per i corrottti e sull’allungamento dei tempi di prescrizione. Il risuiltato che ne uscì, nel 2012, fu una nuova legge anticorruzione giudicata dagli esperti del settore un’arma spuntata. Con Renzi le intese sono diventate piccole, con l’Ncd al governo e Forza Italia all’opposizione. Ma quando si tocca la giustizia penale, l’ex centrodestra si ricompatta: marcia diviso e colpisce unito.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... i/1100589/
Giustizia, ancora una riforma pro Casta
Pronti un bavaglio sulle intercettazioni e un pasticcio sulla prescrizione. Ma il centrodestra non si accontenta.
A due giorni dal consiglio dei ministri, è corsa al salvataggio dei colletti bianchi
Giustizia, ancora una riforma pro Casta
Si possono toccare le pensioni e le tasse, si possono ammainare le bandiere ideologiche sull’immigrazione e sulla politica estera, ma guai a toccare certi temi sulla giustizia penale: prescrizione, intercettazioni, durata dei processi, responsabilità dei giudici. Qui sì che il gioco si fa duro. Venerdì il consiglio dei ministri che dovrebbe approvare la riforma, ma sui temi caldi l'accordo Pd-Ncd è lontano. Per non parlare di Forza Italia. M5S: "Non incontreremo più Orlando"
http://www.ilfattoquotidiano.it/
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Riforma giustizia, maggioranza divisa: la legge non dev’essere uguale per tutti
A due giorni dal consiglio dei ministri che dovrebbe approvare il testo, il ministro Orlando ammette le "differenze di approccio" tra Pd e Ncd. I nodi sono sempre quelli cari soprattutto ai colletti bianchi: prescrizione e intercettazioni. Forza Italia: "Tra Erode e Ponzio Pilato". M5S sull'Aventino. E la guerra dei vent'anni continua
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 27 agosto 2014Commenti (184)
La legge non dev’essere uguale per tutti. Si possono toccare le pensioni e le tasse, si possono ammainare le bandiere ideologiche sull’immigrazione e sulla politica estera, ma guai a toccare certi temi sulla giustizia penale: prescrizione, intercettazioni, durata dei processi, responsabilità dei giudici. Qui sì che il gioco si fa duro. Mancano due giorni a al consiglio dei ministri del 29 agosto nel quale Matteo Renzi aveva promesso di presentare la riforma complessiva della giustizia, ma l’incontro di oggi al ministero guidato da Andrea Orlando non ha sbloccato due nodi fondamentali: “Su prescrizione e intercettazioni ci sono opinioni e approcci diversi, il Pd ha fatto le sue proposte e Ncd ha fatto le sue sottolineature, sarà il Cdm a trovare la sintesi”, ha spiegato al termine il deputato Pd Walter Verini, della commissione Giustizia. Sul fronte opposto, la conferma del senatore e avvocato Ncd Nico d’Ascola. Che annovera tra i temi che “meritano una riflessione ulteriore” appunto “l’istituto della prescrizione e alcune limitazioni relative alle impugnazioni”, mentre di intercettazioni “se ne parlerà più dettagliatamente” dopo il confronto chiesto da Renzi con i direttori dei giornali.
Poi arriva la bordata del Mattinale di Forza Italia, che grida a una riforma “tra Erode e Ponzio Pilato”. E sempre lì si torna: “Si allunga la tortura dei processi senza fine, con la dilatazione della prescrizione. Si lascia perdere sulle intercettazioni e la loro pubblicazione, che invece di informare deformano e tagliano la testa alla reputazione della gente, che non c’entra o è innocente fino a prova contraria”. Fra i due contendenti, il Movimento 5 Stelle sceglie l’Aventino tra le polemiche, dopo aver incontrato il ministro Orlando tre volte negli ultimi mesi: la decisione di non farlo più “è frutto di un dibattito interno al M5S (compresi, naturalmente, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio)” si legge in una nota. “I giornali dovrebbero concentrarsi sull’indecente patto con cui Renzi ha consegnato la giustizia nelle mani di Berlusconi invece di preoccuparsi di come maturano le decisioni del M5S!”.
Orlando prende atto della frattura della maggioranza: “Sono emerse differenze di approccio anche sulle priorità di cui riferirò al Consiglio dei Ministri, mantenendo però l’obiettivo di portare in quella sede tutto il lavoro elaborato”. L’accordo è stato invece raggiunto, a quanto filtra da via Arenula, sulla responsabilità civile delle toghe, che arriverà nel cdm di venerdì sotto forma di ddl delega. In caso di malagiustizia il cittadino farà ricorso allo Stato che potrà rivalersi sul magistrato fino al 50% dello stipendio. Per il resto, è possibile che nel testo che uscirà dal cdm i punti ancora controversi saranno “sorvolati”. Oppure saranno inserite in extremis soluzione pasticciate inventate ad hoc – senza alcun legame con gli ordinamenti di altri Stati democratici e “di diritto” – dalla vocazione gattopardesca. Oggi Repubblica rilancia l’indiscrezione secondo la quale l’intervento sulla prescrizione – il lasso di tempo in cui un reato decade e non è più perseguibile – sarà così concepito: lo scorrere del tempo si fermerebbe in caso di condanna in primo grado, poi ci sarebbero due anni di tempo per fare il processo d’appello, poi la clessidra riprenderebbe a scorrere. Resterebbe intatta la legge ex Cirielli, che con il meccanismo di un sostanzioso accorciamento dei tempi di prescrizione per i non recidivi, di fatto si traduce in impunità per molti reati dei colletti bianchi (che per la maggior parte arrivano incensurati ai processi), compresi i corrotti, questione per cui l’Unione europea ci ha richiamato ufficialmente più volte. D’altro canto – anticipa ancora Repubblica – saranno limitati i casi in cui si potrà ricorere in appello, tanto per i pm quanto per gli imputati. Altro tema controverso, la “stretta” sulle intercettazioni, cavallo di battaglia del centrodestra ormai da parecchi anni. L’idea di renderle pubbliche negli atti giudiziari (e di conseguenza sui mezzi d’informazione) solo per riassunto non piace neppure agli organismi di rappresentanza degli avvocati.
E’ la Guerra dei vent’anni della giustizia italiana, combattuta da Mani pulite in poi a colpi di leggi ad personam e interventi spot che – come lamentano periodicamente tanto i magistrati quanto gli avvocati – hanno contribuito a creare un sistema penale caotico e inefficiente. E, soprattutto, quasi “di classe“, dato che sono i criminali economici e politici i maggiori beneficiari di questo patchwork giuridico (oltre alla Ciriellli, basta pensare alla depenalizzazione del falso in bilancio, o ai tentativi poi falliti di introdurre l’immunità della alte cariche, il cosiddetto Lodo Alfano). Con il centrodestra perennemente alla carica, e non solo per le esigenze personali dell’imputato Berlusconi, e un centrosinistra spesso diviso tra resistenza e accomodamento al ribasso. Una guerra proseguita persino nell’era delle larghe intese: anche il governo Monti, con la guardasigilli Paola Severino, sperimentò il muro di cemento eretto dall’allora Pdl sull’inasprimento delle pene per i corrottti e sull’allungamento dei tempi di prescrizione. Il risuiltato che ne uscì, nel 2012, fu una nuova legge anticorruzione giudicata dagli esperti del settore un’arma spuntata. Con Renzi le intese sono diventate piccole, con l’Ncd al governo e Forza Italia all’opposizione. Ma quando si tocca la giustizia penale, l’ex centrodestra si ricompatta: marcia diviso e colpisce unito.
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
La vox populi:
Questo corrente di pensiero è più grande di quando si pensi..............
Giova • 24 minuti fa
RENZIE UNA MARIONETTA NELLE MANI DEL BERLUSCA
.
BERLUSCONI ha spiazzato tutti facendo entrare di forza un suo uomo (RENZI) nel partito avversario e sarà il suo trionfo. E' lui il regista delle riforme costituzionali e della giustizia. E vincerà alla grande
.
E QUESTO GRAZIE AI PDIOTI
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Giova • 24 minuti fa
RENZIE UNA MARIONETTA NELLE MANI DEL BERLUSCA
.
BERLUSCONI ha spiazzato tutti facendo entrare di forza un suo uomo (RENZI) nel partito avversario e sarà il suo trionfo. E' lui il regista delle riforme costituzionali e della giustizia. E vincerà alla grande
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
Prescrizione, in Italia “lo famo strano”. La patata bollente nelle mani di Renzi
La riforma della giustizia dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri il 29 agosto. Il governo lavora su una formula che fermi i tempi di "scadenza" del reato in caso di condanna in primo grado, ma li faccia ripartire in caso di successiva assoluzione. Eppure in altri Stati di diritto, come Francia e Germania, normative semplici e consolidate garantiscono sia il diritto dei cittadini che la punizione dei colpevoli. Compresi colletti bianchi e corrotti, che da noi una volta su dieci se la cavano con un colpo di spugna. E ogni anno più di 100mila procedimenti finiscono in nulla. I richiami dell'Ue rimasti lettera morta
di Mario Portanova | 19 agosto 2014Commenti (812)
La riforma della giustizia di Matteo Renzi dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri il 29 agosto, ma c’è un nodo gigantesco che rischia di restare irrisolto: la prescrizione. La macchina giudiziaria italiana è ingolfata anche perché molti imputati che si sanno colpevoli preferiscono puntare al colpo di spugna finale percorrendo tutti i gradi di giudizio, invece di chiudere subito la partita accettando le pene scontate previste dai riti alternativi. Questo vale soprattutto per i colletti bianchi, tanto che l’Unione europea ha più volte chiesto ufficialmente al nostro Paese di riformare la prescrizione che, per come funziona ora, garantisce l’impunità a un imputato per corruzione su dieci.
L’ultimo richiamo è contenuto nelle raccomandazioni del Consiglio europeo all’Italia del 29 maggio 2013: “Occorre dar seguito alla legge anticorruzione del novembre 2012 e vi è margine per migliorare ulteriormente l’efficacia della repressione della corruzione, in particolare agendo sull’istituto della prescrizione, caratterizzato attualmente da termini brevi”. La richiesta è rimasta lettera morta per più di un anno, ma a quanto è trapelato finora la riforma annunciata da Renzi sarà ben lontana dal soddisfarla.
OGNI ANNO 100MILA PRESCRITTI. In Francia la prescrizione si interrompe appena l’autorità giudiziaria compie qualunque atto d’indagine, così come in Germania, mentre nel Regno Unito neppure esiste. E in Italia? In Italia “lo famo strano”, con un sistema che porta alla morte di oltre 100mila procedimenti penali l’anno. Anche da noi la clessidra riparte da zero ogni volta che la giustizia interviene con un ordine di custodia cautelare, una richiesta di rinvio a giudizio, una sentenza di condanna e simili, ma la legge “ex Cirielli” del 2005 (con Silvio Berlusconi premier) stabilisce che per i non recidivi (quindi la stragrande maggioranza dei politici e dei colletti bianchi coinvolti in inchieste su corruzione e criminalità economica) la prescrizione non possa essere comunque superiore al tempo fissato dalla legge (legato alla pena massima prevista per il reato) aumentato di un quarto. In Germania, tanto per dire, il limite massimo comprese le interruzioni arriva al doppio dei termini originari.
40MILA PROCESSI “SPRECATI”. L’annunciata riforma del governo Renzi, che dovrebbe essere discussa in Consiglio dei ministri il 29 agosto, potrebbe contenere soluzioni ancora più originali, secondo le indiscrezioni riportate da Repubblica: la prescrizione si fermerebbe in caso di condanna di primo grado, ma continuerebbe a correre in caso di successive assoluzioni. Una possibilità prevista anche dalla Commissione Fiorella istituita nel 2012 dall’allora ministro della Giustizia Paola Severino: l’idea, si legge nella relazione del 23 aprile 2013, è che “a ogni riscontro processuale della fondatezza dell’ipotesi accusatoria corrisponda la necessità di bloccare almeno temporaneamente il decorso della prescrizione, così da assegnare alla giurisdizione un tempo ragionevole per compiere la verifica della correttezza della decisione nei gradi di impugnazione”. Rimarrebbe così irrisolto uno dei principali problemi legati alla prescrizione all’italiana: nel 2012, sono stati quasi 39mila i colpi di spugna arrivati mentre erano in corso i processi di primo grado o di appello, con un evidente spreco di uomini e mezzi, entrambi scarsi nella macchina ingolfata della giustizia di casa nostra. Nel 2007 il governo Prodi approntò un ddl che non solo allungava i tempi, ma stabiliva che la prescrizione cessasse di scorrere in caso di condanna in appello. Ma la legislatura finì prima della sua approvazione definitiva.
Come per la legge elettorale, invece di mutuare sistemi che in altri paesi sono consolidati da anni il governo scegli vie impervie e inesplorate. Soprattutto su temi caldi per i quali l’accordo con il centrodestra – Ncd e berlusconiani – è da confezionare con il bilancino. Non a caso la riforma della prescrizione è stata un nodo di scontro durissimo tra i componenti della larghe intese di Monti, all’epoca della discussione della nuova legge anticorruzione poi approvata nel 2012, con Berlusconi pronto a far cadere il governo, nonostante il momento di massima emergenza economica, se i tempi fossero stati allungati. I “12 punti” sulla riforma della giustizia annunciati dal governo il 30 giugno – con rituale conferenza stampa in pompa magna – affrontavano il tema (al punto 9) con la dovuta cautela: “Accelerazione del processo penale e riforma della prescizione”.
I RICHIAMI DELL’EUROPA: “TROPPI CORROTTI IMPUNITI”. Eppure anche questa è una cosa che “ci chiede l’Europa“. Lo ricorda l’Ufficio studi della Camera, che il 26 maggio ha prodotto un corposo dossier sul tema: “Il rilievo dell’eccessiva brevità del termine di prescrizione è emerso in diverse sedi sovranazionali (per esempio, nel Rapporto Ocse del maggio 2013 sulla corruzione) e, in special modo, nel Consiglio d’Europa”. Proprio sul fronte della corruzione, l’ufficio studi della Camera ricorda il Rapporto del Greco (il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione) del 2 luglio 2009, nel quale si sollecita l’Italia “ad adottare misure tali che la pronunzia giudiziale di merito sui reati contro la pubblica amministrazione pervenga in tempi ragionevoli, sottolineando che l’estinzione dei reati per prescrizione, pur in presenza di compendi probatori solidi e affidabili, costituisce motivo di sfiducia della collettività nella giustizia”. Un richiamo rinnovato nel rapporto anticorruzione della Commissione europea del 3 febbraio 2014, che sottolinea l’inadeguatezza della legge “Severino” del 2012 su questo fronte. Il rapporto cita uno studio secondo il quale i procedimenti per corruzione estinti nel nostro Paese per scadenza dei termini di prescrizione sono intorno al 10% ogni anno, contro una media negli altri Stati Ue dallo 0,1 al 2%.
Nel 2012 (ultimo dato ufficiale disponibile) sono stati dichiarati prescritti 113mila procedimenti penali, il 7% di tutti quelli giunti a una conclusione. Un dato in calo (erano 207mila nel 2003), ma pur sempre “un’intollerabile abdicazione” dello Stato, l’ha definita il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014. In Cassazione, sottolinea l’ufficio studi della Camera, il 13,7% delle prescrizioni riguarda i reati contro la pubblica amministrazione. I presunti tangentisti sono tra i principali beneficiati della prescrizione all’italiana. I termini scattano dal momento in cui il reato vine commesso, in genere molto prima che si apra la relativa indagine, e le pene lievi (leggermente inasprite dal nuovo testo anticorruzione del 2012) comportano altrettanto brevi tempi di scadenza. Il resto lo fanno i buoni avvocati che spesso i colletti bianchi possono permettersi. Risultato, ha rivelato l’Espresso nel febbraio scorso, in un Paese sempre punito dalle classifiche internazionali sulla trasparenza, tra i detenuti in carcere “si contano soltanto 11 accusati per corruzione, 26 per concussione, 46 per peculato, 27 per abuso d’ufficio aggravato”.
GERMANIA, PER I POLITICI LA PRESCRIZIONE E’ LUNGA. La prescrizione è una garanzia per il cittadino, e infatti è prevista da molti ordinamenti. Solo che altrove è regolata in modo più lineare. E’ sempre l’Ufficio studi della Camera a informarci che in Francia il termine per perseguire i reati più gravi ( i “crime”, crimini, nel diritto francese) è di dieci anni, ma “possono essere interrotti da qualsiasi atto di istruzione e di azione giudiziaria”. In Germania i tempi sono ancora più lunghi, ma soprattutto: “Nel caso di reati compiuti da membri del Parlamento federale o di un organo legislativo di un Land”, la prescrizione viene computata non da quando è stato commesso il reato, ma “a partire dal momento in cui viene avviato il procdiomento a carico del parlamentare”. Ecco un’altra pratica che difficilmente troverà spazio nella riforma della giustizia targata Renzi-Alfano-Berlusconi. In uno Stato indubbiamente di diritto come il Regno Unito, la prescrizione in sé non esiste, e limiti all’inizio di un’azione penale sono posti solo per i reati più lievi, mentre per i più gravi, le “indictable offence”, “non sussitono limiti temporali”, e comunque è il giudice che valuta caso per caso “la sussistenza del’interesse pubblico nell’esercizio dell’azione penale” anche se è passato molto tempo dal fatto.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... i/1093400/
La riforma della giustizia dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri il 29 agosto. Il governo lavora su una formula che fermi i tempi di "scadenza" del reato in caso di condanna in primo grado, ma li faccia ripartire in caso di successiva assoluzione. Eppure in altri Stati di diritto, come Francia e Germania, normative semplici e consolidate garantiscono sia il diritto dei cittadini che la punizione dei colpevoli. Compresi colletti bianchi e corrotti, che da noi una volta su dieci se la cavano con un colpo di spugna. E ogni anno più di 100mila procedimenti finiscono in nulla. I richiami dell'Ue rimasti lettera morta
di Mario Portanova | 19 agosto 2014Commenti (812)
La riforma della giustizia di Matteo Renzi dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri il 29 agosto, ma c’è un nodo gigantesco che rischia di restare irrisolto: la prescrizione. La macchina giudiziaria italiana è ingolfata anche perché molti imputati che si sanno colpevoli preferiscono puntare al colpo di spugna finale percorrendo tutti i gradi di giudizio, invece di chiudere subito la partita accettando le pene scontate previste dai riti alternativi. Questo vale soprattutto per i colletti bianchi, tanto che l’Unione europea ha più volte chiesto ufficialmente al nostro Paese di riformare la prescrizione che, per come funziona ora, garantisce l’impunità a un imputato per corruzione su dieci.
L’ultimo richiamo è contenuto nelle raccomandazioni del Consiglio europeo all’Italia del 29 maggio 2013: “Occorre dar seguito alla legge anticorruzione del novembre 2012 e vi è margine per migliorare ulteriormente l’efficacia della repressione della corruzione, in particolare agendo sull’istituto della prescrizione, caratterizzato attualmente da termini brevi”. La richiesta è rimasta lettera morta per più di un anno, ma a quanto è trapelato finora la riforma annunciata da Renzi sarà ben lontana dal soddisfarla.
OGNI ANNO 100MILA PRESCRITTI. In Francia la prescrizione si interrompe appena l’autorità giudiziaria compie qualunque atto d’indagine, così come in Germania, mentre nel Regno Unito neppure esiste. E in Italia? In Italia “lo famo strano”, con un sistema che porta alla morte di oltre 100mila procedimenti penali l’anno. Anche da noi la clessidra riparte da zero ogni volta che la giustizia interviene con un ordine di custodia cautelare, una richiesta di rinvio a giudizio, una sentenza di condanna e simili, ma la legge “ex Cirielli” del 2005 (con Silvio Berlusconi premier) stabilisce che per i non recidivi (quindi la stragrande maggioranza dei politici e dei colletti bianchi coinvolti in inchieste su corruzione e criminalità economica) la prescrizione non possa essere comunque superiore al tempo fissato dalla legge (legato alla pena massima prevista per il reato) aumentato di un quarto. In Germania, tanto per dire, il limite massimo comprese le interruzioni arriva al doppio dei termini originari.
40MILA PROCESSI “SPRECATI”. L’annunciata riforma del governo Renzi, che dovrebbe essere discussa in Consiglio dei ministri il 29 agosto, potrebbe contenere soluzioni ancora più originali, secondo le indiscrezioni riportate da Repubblica: la prescrizione si fermerebbe in caso di condanna di primo grado, ma continuerebbe a correre in caso di successive assoluzioni. Una possibilità prevista anche dalla Commissione Fiorella istituita nel 2012 dall’allora ministro della Giustizia Paola Severino: l’idea, si legge nella relazione del 23 aprile 2013, è che “a ogni riscontro processuale della fondatezza dell’ipotesi accusatoria corrisponda la necessità di bloccare almeno temporaneamente il decorso della prescrizione, così da assegnare alla giurisdizione un tempo ragionevole per compiere la verifica della correttezza della decisione nei gradi di impugnazione”. Rimarrebbe così irrisolto uno dei principali problemi legati alla prescrizione all’italiana: nel 2012, sono stati quasi 39mila i colpi di spugna arrivati mentre erano in corso i processi di primo grado o di appello, con un evidente spreco di uomini e mezzi, entrambi scarsi nella macchina ingolfata della giustizia di casa nostra. Nel 2007 il governo Prodi approntò un ddl che non solo allungava i tempi, ma stabiliva che la prescrizione cessasse di scorrere in caso di condanna in appello. Ma la legislatura finì prima della sua approvazione definitiva.
Come per la legge elettorale, invece di mutuare sistemi che in altri paesi sono consolidati da anni il governo scegli vie impervie e inesplorate. Soprattutto su temi caldi per i quali l’accordo con il centrodestra – Ncd e berlusconiani – è da confezionare con il bilancino. Non a caso la riforma della prescrizione è stata un nodo di scontro durissimo tra i componenti della larghe intese di Monti, all’epoca della discussione della nuova legge anticorruzione poi approvata nel 2012, con Berlusconi pronto a far cadere il governo, nonostante il momento di massima emergenza economica, se i tempi fossero stati allungati. I “12 punti” sulla riforma della giustizia annunciati dal governo il 30 giugno – con rituale conferenza stampa in pompa magna – affrontavano il tema (al punto 9) con la dovuta cautela: “Accelerazione del processo penale e riforma della prescizione”.
I RICHIAMI DELL’EUROPA: “TROPPI CORROTTI IMPUNITI”. Eppure anche questa è una cosa che “ci chiede l’Europa“. Lo ricorda l’Ufficio studi della Camera, che il 26 maggio ha prodotto un corposo dossier sul tema: “Il rilievo dell’eccessiva brevità del termine di prescrizione è emerso in diverse sedi sovranazionali (per esempio, nel Rapporto Ocse del maggio 2013 sulla corruzione) e, in special modo, nel Consiglio d’Europa”. Proprio sul fronte della corruzione, l’ufficio studi della Camera ricorda il Rapporto del Greco (il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione) del 2 luglio 2009, nel quale si sollecita l’Italia “ad adottare misure tali che la pronunzia giudiziale di merito sui reati contro la pubblica amministrazione pervenga in tempi ragionevoli, sottolineando che l’estinzione dei reati per prescrizione, pur in presenza di compendi probatori solidi e affidabili, costituisce motivo di sfiducia della collettività nella giustizia”. Un richiamo rinnovato nel rapporto anticorruzione della Commissione europea del 3 febbraio 2014, che sottolinea l’inadeguatezza della legge “Severino” del 2012 su questo fronte. Il rapporto cita uno studio secondo il quale i procedimenti per corruzione estinti nel nostro Paese per scadenza dei termini di prescrizione sono intorno al 10% ogni anno, contro una media negli altri Stati Ue dallo 0,1 al 2%.
Nel 2012 (ultimo dato ufficiale disponibile) sono stati dichiarati prescritti 113mila procedimenti penali, il 7% di tutti quelli giunti a una conclusione. Un dato in calo (erano 207mila nel 2003), ma pur sempre “un’intollerabile abdicazione” dello Stato, l’ha definita il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014. In Cassazione, sottolinea l’ufficio studi della Camera, il 13,7% delle prescrizioni riguarda i reati contro la pubblica amministrazione. I presunti tangentisti sono tra i principali beneficiati della prescrizione all’italiana. I termini scattano dal momento in cui il reato vine commesso, in genere molto prima che si apra la relativa indagine, e le pene lievi (leggermente inasprite dal nuovo testo anticorruzione del 2012) comportano altrettanto brevi tempi di scadenza. Il resto lo fanno i buoni avvocati che spesso i colletti bianchi possono permettersi. Risultato, ha rivelato l’Espresso nel febbraio scorso, in un Paese sempre punito dalle classifiche internazionali sulla trasparenza, tra i detenuti in carcere “si contano soltanto 11 accusati per corruzione, 26 per concussione, 46 per peculato, 27 per abuso d’ufficio aggravato”.
GERMANIA, PER I POLITICI LA PRESCRIZIONE E’ LUNGA. La prescrizione è una garanzia per il cittadino, e infatti è prevista da molti ordinamenti. Solo che altrove è regolata in modo più lineare. E’ sempre l’Ufficio studi della Camera a informarci che in Francia il termine per perseguire i reati più gravi ( i “crime”, crimini, nel diritto francese) è di dieci anni, ma “possono essere interrotti da qualsiasi atto di istruzione e di azione giudiziaria”. In Germania i tempi sono ancora più lunghi, ma soprattutto: “Nel caso di reati compiuti da membri del Parlamento federale o di un organo legislativo di un Land”, la prescrizione viene computata non da quando è stato commesso il reato, ma “a partire dal momento in cui viene avviato il procdiomento a carico del parlamentare”. Ecco un’altra pratica che difficilmente troverà spazio nella riforma della giustizia targata Renzi-Alfano-Berlusconi. In uno Stato indubbiamente di diritto come il Regno Unito, la prescrizione in sé non esiste, e limiti all’inizio di un’azione penale sono posti solo per i reati più lievi, mentre per i più gravi, le “indictable offence”, “non sussitono limiti temporali”, e comunque è il giudice che valuta caso per caso “la sussistenza del’interesse pubblico nell’esercizio dell’azione penale” anche se è passato molto tempo dal fatto.
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
La vox populi:
Vincenzo Giancristofaro • 19 minuti fa
La prescrizione in Italia lo "famo strano"..e "continuamo"!
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jasis • 5 giorni fa
Ma che lo famo strano! Lo famo come vuole il pregiudicato.....Repubblica delle banane!
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independent92 jasis • un'ora fa
Ma non centra PEPPE, si è tirato indietro, perchè lo mettete sempre in mezzo?
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Salvadori Carlo • 5 giorni fa
DATI RILEVATI DA INTERNET
Nel Parlamento siedono 152 laureati in giurisprudenza (a cui se ne aggiungeva uno che è stato fatto decadere perché colpito da condanna definitiva) ed altri, imprecisati, che studiano ancora nello specifico.
Sono avvocati ed anche magistrati (12) e costituiscono il 36% dei laureati eletti.
Mi chiedo, come mai non sono ancora riusciti a far approvare una legge (una sola) che debelli, una volta per tutte, il cancro della CORRUZIONE.
Dimenticavo, anche il Presidente del Consiglio è laureato in giurisprudenza.
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gogol Salvadori Carlo • 2 giorni fa
Una laurea in giurisprudenza non si nega a nessuno nel paese di azzeccagarbugli
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izen borg • 6 giorni fa
mi domando come mai i vari democraticonondiretto e compagnia bella, quando ci sono questi articoli, si nascondono come gli struzzi... poveri trollini da 4 soldi..
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Vincenzo Giancristofaro • 19 minuti fa
La prescrizione in Italia lo "famo strano"..e "continuamo"!
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jasis • 5 giorni fa
Ma che lo famo strano! Lo famo come vuole il pregiudicato.....Repubblica delle banane!
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independent92 jasis • un'ora fa
Ma non centra PEPPE, si è tirato indietro, perchè lo mettete sempre in mezzo?
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Salvadori Carlo • 5 giorni fa
DATI RILEVATI DA INTERNET
Nel Parlamento siedono 152 laureati in giurisprudenza (a cui se ne aggiungeva uno che è stato fatto decadere perché colpito da condanna definitiva) ed altri, imprecisati, che studiano ancora nello specifico.
Sono avvocati ed anche magistrati (12) e costituiscono il 36% dei laureati eletti.
Mi chiedo, come mai non sono ancora riusciti a far approvare una legge (una sola) che debelli, una volta per tutte, il cancro della CORRUZIONE.
Dimenticavo, anche il Presidente del Consiglio è laureato in giurisprudenza.
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gogol Salvadori Carlo • 2 giorni fa
Una laurea in giurisprudenza non si nega a nessuno nel paese di azzeccagarbugli
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izen borg • 6 giorni fa
mi domando come mai i vari democraticonondiretto e compagnia bella, quando ci sono questi articoli, si nascondono come gli struzzi... poveri trollini da 4 soldi..
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
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Roberto Grasso • 6 giorni fa
Certo che poi le cose cambieranno, ci lamentiamo ,ci stupiamo e siamo pronti sempre a salire sul carro del vincitore che noi stessi abbiamo votato senza una sana valutazione . Mi viene da dire, chi e causa del suo male.....
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sab • 6 giorni fa
Non avrei mai immaginato che gli elettori del PD fossero uguali a quelli di FI.
Che delusione!
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Hychno • 6 giorni fa
bene così!
Un domani non vorrei svegliarmi vedendo politici onesti o moralmente corretti....
non sia mai che poi mi prenda un colpo per la fiducia e l'allegria riconquistata !
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Guido - Chi se ne frega • 6 giorni fa
E' inutile che vi scagliate contro gli elettori del PD !!!
Non è elegante.......Dobbiamo essere convinti che dopo Renzi rimetteranno tutto a posto, come prima........
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massimo piacere • 6 giorni fa
ha ragione airaudo, renzi e' un delinquente politico
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Salvadori Carlo • 6 giorni fa
Come mai il mio commento precedentemente postato non è ancora stato approvato?
Non supera le 1.500 battute, non offende nessuno e tratta della "CORRUZIONE"; vera e prima piaga della nostra Società.
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andrea bronconi • 6 giorni fa
La moralità nel vocabolario di Renzi non è presente.
Scordatevi una prescrizione degna di un paese civile!
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Mario • 6 giorni fa
Matteo Renzi é stato votato dai votanti del PD é attua il programma di Forza Italia... Che schifo!
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luciano jaka 213 • 6 giorni fa
Renzusconi di peggio non ci poteva capitare, sempre e comunque Movimento 5 stelle.
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Salvadori Carlo • 7 giorni fa
Affinché si affermi, una volta per tutte, la SUPREMAZIA DEL DIRITTO SUL POTERE e si cerchi efficacemente di contrastare la DILAGANTE CORRUZIONE che blocca, da anni, lo sviluppo della nostra Società, ecco l' "uovo di Colombo":
Per i reati di concussione, corruzione, peculato, malversazione, falso in bilancio, riciclaggio, evasione fiscale, pena unica della reclusione da sei mesi a due anni. Con il rinvio a giudizio, sospensione dall' attività svolta, nessuna immunità, nessuna prescrizione. Con la condanna definitiva, espiazione effettiva della pena, interdizione perpetua dai pubblici uffici e confisca dei beni, illecitamente accumulati, con procedure così come contemplate da legge antimafia.Per il corruttore, reclusione da sei mesi ad un anno, interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni otto e divieto di partecipazioni a gare pubblico di appalto per la durata di anni cinque. Con il rinvio a giudizio, nessuna immunità, nessuna prescrizione.Con la condanna definitiva, espiazione effettiva delle pene principali ed accessorie.In caso di collaborazione ed effettivo risarcimento del danno causato allo Stato ed a terzi, si potrà beneficiare di pene alternative alla detenzione in carcere e del dimezzamento delle durate delle pene accessorie inflitte.
Beni e somme confiscati dovranno essere utilizzati esclusivamente per realizzare posti di lavoro anche per detenuti che scontano residui di pena per lievi reati.
A COSTO ZERO, AVREMMO VITA PUBBLICA TRASPARENTE, POSTI DI
LAVORO E TRATTAMENTO CARCERARIO RIABILITATIVO.
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Roberto Grasso • 6 giorni fa
Certo che poi le cose cambieranno, ci lamentiamo ,ci stupiamo e siamo pronti sempre a salire sul carro del vincitore che noi stessi abbiamo votato senza una sana valutazione . Mi viene da dire, chi e causa del suo male.....
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sab • 6 giorni fa
Non avrei mai immaginato che gli elettori del PD fossero uguali a quelli di FI.
Che delusione!
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Hychno • 6 giorni fa
bene così!
Un domani non vorrei svegliarmi vedendo politici onesti o moralmente corretti....
non sia mai che poi mi prenda un colpo per la fiducia e l'allegria riconquistata !
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Guido - Chi se ne frega • 6 giorni fa
E' inutile che vi scagliate contro gli elettori del PD !!!
Non è elegante.......Dobbiamo essere convinti che dopo Renzi rimetteranno tutto a posto, come prima........
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massimo piacere • 6 giorni fa
ha ragione airaudo, renzi e' un delinquente politico
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Salvadori Carlo • 6 giorni fa
Come mai il mio commento precedentemente postato non è ancora stato approvato?
Non supera le 1.500 battute, non offende nessuno e tratta della "CORRUZIONE"; vera e prima piaga della nostra Società.
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andrea bronconi • 6 giorni fa
La moralità nel vocabolario di Renzi non è presente.
Scordatevi una prescrizione degna di un paese civile!
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Mario • 6 giorni fa
Matteo Renzi é stato votato dai votanti del PD é attua il programma di Forza Italia... Che schifo!
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luciano jaka 213 • 6 giorni fa
Renzusconi di peggio non ci poteva capitare, sempre e comunque Movimento 5 stelle.
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Salvadori Carlo • 7 giorni fa
Affinché si affermi, una volta per tutte, la SUPREMAZIA DEL DIRITTO SUL POTERE e si cerchi efficacemente di contrastare la DILAGANTE CORRUZIONE che blocca, da anni, lo sviluppo della nostra Società, ecco l' "uovo di Colombo":
Per i reati di concussione, corruzione, peculato, malversazione, falso in bilancio, riciclaggio, evasione fiscale, pena unica della reclusione da sei mesi a due anni. Con il rinvio a giudizio, sospensione dall' attività svolta, nessuna immunità, nessuna prescrizione. Con la condanna definitiva, espiazione effettiva della pena, interdizione perpetua dai pubblici uffici e confisca dei beni, illecitamente accumulati, con procedure così come contemplate da legge antimafia.Per il corruttore, reclusione da sei mesi ad un anno, interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni otto e divieto di partecipazioni a gare pubblico di appalto per la durata di anni cinque. Con il rinvio a giudizio, nessuna immunità, nessuna prescrizione.Con la condanna definitiva, espiazione effettiva delle pene principali ed accessorie.In caso di collaborazione ed effettivo risarcimento del danno causato allo Stato ed a terzi, si potrà beneficiare di pene alternative alla detenzione in carcere e del dimezzamento delle durate delle pene accessorie inflitte.
Beni e somme confiscati dovranno essere utilizzati esclusivamente per realizzare posti di lavoro anche per detenuti che scontano residui di pena per lievi reati.
A COSTO ZERO, AVREMMO VITA PUBBLICA TRASPARENTE, POSTI DI
LAVORO E TRATTAMENTO CARCERARIO RIABILITATIVO.
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
La stupidera non finisce mai - 1
Per sapere cosa sia la stupidera,..vedere dopo l'articolo di Grignetti
La Stampa 10.9.14
L’Anm: questa riforma è un insulto
La bocciatura dei magistrati: è “inefficace e punitiva” nei confronti dei giudici
di Francesco Grignetti
Umiliati e offesi, i magistrati si scagliano contro il governo Renzi. La riforma della giustizia, così come è stata annunciata, non piace. «I disegni di riforma - scrive l’associazione nazionale magistrati - appaiono il prodotto di un approccio molto superficiale». Ma è soprattutto il sottotitolo che non accettano. «Offendono la magistratura con l’insinuazione che la crisi della giustizia dipenda dalla presunta irresponsabilità e scarsa produttività dei magistrati».
Già, più dei testi di legge, che peraltro ancora non si vedono, è il messaggio sottinteso di questa riforma che li ha indignati. Il decisionismo di Matteo Renzi sul Csm o sulla responsabilità civile li ha lasciati di sasso. E il taglio alle ferie, ridotte per decreto da 45 a 30 giorni, è come sale sulle ferite. «Un grave insulto non per l’intervento in se stesso ma per il metodo usato e per il significato che esso esprime».
Fannulloni, maneggioni e pure inetti? Certi commenti hanno davvero indispettito l’Anm. E quindi: «La magistratura associata non pone veti ed è pronta a discutere di tutto, ma non potrà tacere di fronte all’inefficacia di una riforma della giustizia definita rivoluzionaria e che invece, se tali linee fossero davvero confermate, si ridurrebbe a interventi di scarso respiro e a norme punitive, ispirate a logiche che credevamo appartenere al passato».
È davvero una bocciatura a tutto tondo, quella dell’Anm. La riforma? «Slogan promozionali». Non si salva nulla: né la formulazione del nuovo reato di falso in bilancio, né il futuro meccanismo sulla prescrizione, né le riforme in materia di processo civile. Ed è assolutamente esplicita la posizione della corrente «Area», quella che teoricamente dovrebbe ritrovarsi di più con la sinistra al governo: «Una rappresentazione propagandistica e mistificatoria che rifiutiamo».
L’intemerata dei magistrati scatena la reazione della controparte, gli avvocati: «La magistratura associata - dichiara il presidente dell’Unione Camere Penali, Valerio Spigarelli - finge di essere pronta a discutere di tutto senza porre veti, ma in realtà lancia alla politica l’ennesimo diktat, puntando l’attenzione o su questioni che riguardano se stessa o su argomenti finalizzati al mantenimento di un processo autoritario».
Figurarsi che secondo i penalisti questa riforma è persino troppo timida. «In realtà, ciò che l’Anm contesta al governo è proprio quel che c’è di buono, a partire dalla responsabilità civile dei giudici».
A fronte delle critiche dell’Am, infine, per una volta la politica reagisce compatta. Il viceministro alla Giustizia, Enrico Costa, Ncd, è ironico: «I toni hanno subito una strana progressione proprio in occasione del provvedimento che riduce le ferie dei magistrati. Convinzioni o convenienze?». Alessia Morani, responsabile Giustizia del Pd, non se l’aspettava e «comunque sia chiaro: l’unico patto che abbiamo fatto è con i cittadini che ci hanno chiesto di cambiare il Paese. Per questo andiamo avanti». Luca D’Alessandro, Forza Italia, le fa eco: «Quando si lotta per mantenere le ferie per un mese e mezzo, cadono le braccia. Dimostrano di non avere la minima percezione del polso del Paese».
^^^^^^
La stupidera (dalla rete)
Stupidera. E’ un termine che usava mia madre, quando ero bambino e venivo colto da crisi di riso irrefrenabili, che non si arrestavano né con la gentilezza né con le minacce.
“Gh’è sciupà la stupidera!” mi diceva.
Mi sembra il termine più adatto a descrivere il clima della seconda.
Non che questa sia una novità in una seconda media.
La seconda è tradizionalmente la classe della stupidera. In prima sono circospetti, intimoriti dall’ambiente nuovo. In terza si sentono grandi e pensano già all’esame e all’anno successivo. In seconda pensano soltanto a come passare l’anno nel modo migliore possibile: divertendosi con i compagni.
La gestualità dei ragazzi di 2 A e, soprattutto, la loro postura sulle sedie è indicativa.
La percentuale di alunni visti di tre quarti o di profilo è altissima.
Quando non si dondolano sulla sedia al limite della caduta si siedono con il corpo girato verso il compagno preferito, spesso dall’altro lato della classe. La testa si orienta verso l’insegnante solo quando l’attenzione è pretesa espressamente.
Altrimenti l’occhiata, il sorriso, le battute vanno ai compagni. Che ricambiano.
Si crea così una rete di messaggi e comunicazioni che, se disegnata, formerebbe un reticolo di relazioni, di linee, tutte interne al gruppo dei banchi. La lavagna, benché multimediale, e il prof sono assolutamente fuori da questo perimetro.
Entrare in relazione con i compagni è l’occupazione continua di ciascuno.
Fare una battuta durante una spiegazione, per un insegnante, è pericolosissimo. Si innesca una reazione a catena difficile da controllare. A risponde con un’altra battuta. B e C ridono. D si inserisce con un’ulteriore battuta. A questo punto ridono E e F che, anche se la battuta non è affatto spiritosa, ridono per amicizia, per far capire a D che non è assolutamente meno di A. La cosa continua a lungo, anche perché nella nostra seconda i ragazzi spiritosi non mancano.
I compagni si possono anche infastidire. Ci sono tecniche raffinatissime. G ha elaborato un modo tutto suo di camminare. Esagerando la lunghezza del passo e spostando il corpo ben oltre il baricentro, riesce a sbattere contro oggetti e compagni ad ogni passo. Spesso la camminata termina abbracciato ad un compagno. Frequentemente cadono entrambi a terra.
Durante la mia ultima lezione H era intensamente interessato al suo compagno di banco. Mentre I cercava di seguire la lezione, H gli manipolava il collo con una tecnica che potrebbe stare a metà fra la caccia ai pidocchi e il massaggio Shiatzu.
Il fastidio può essere anche “ a distanza”. L, che passa le ore a smontare le biro dei compagni dei banchi circostanti con la dedizione di un vero artigiano, di recente ha scoperto che con la cannuccia della biro si possono sparare palline. Ieri è tornato dalla mensa con un panino. Dopo aver sparato palline di mollica per tutta la ricreazione in cortile, voleva portarselo in classe cercando di farmi credere che lo volesse mangiare.
Nonostante la nostra attenzione, la moda dilaga. T. è riuscito a sparare una pallina in un occhio M. Alle proteste di M, T ha risposto stupito, dicendo che non l’aveva lanciata con la cerbottana (la penna) e non l’aveva nemmeno leccata, quindi: “cosa c’è di male?”.
I compagni si possono anche distruggere. K, che per altro è un ragazzo intelligente, durante la ricreazione in cortile gioca a infastidire J, suo carissimo amico, si fa inseguire da lui fino in classe e, mentre entra nell’aula, chiude la porta di modo che l’altro, che sta correndo anche lui, possa andare tranquillamente a sbatterci contro. Richiamato, mi guarda stupito.
Altro atteggiamento tipico dei ragazzi di questa età è il cercare di contrattare con gli insegnanti come con i genitori. La risposta NO a una domanda non è prevista. “Possiamo uscire?”, “No”, “Ma come no?”, “No”, “Possiamo andare fuori?” “No” Per brevità mi interrompo qui.
Allo stesso modo giustificano le proprie negligenze con una pervicacia e una fantasia incredibili.
In prima assumono spesso l’atteggiamento del cucciolo ferito e sono decisamente infastiditi quando la loro mimica non produce i risultati attesi e la negligenza viene comunque stigmatizzata.
In seconda risparmiano fatica: se ne fregano e ti sorridono: “non ce l’ho! “
Il livello di negligenze, dimenticanze, mancanze spesso è così alto da non consentire la lezione programmata e da costringere a un cambio di argomento.
Altre volte rasenta la demenzialità.
“Prof. non ho il flauto.” “ Ma oggi ti devo interrogare” “Posso andare a chiedere alla bidella perché ieri pomeriggio era qui sulla cattedra”. “Vai”. “La bidella non sa niente”. “Peccato” (15 minuti dopo) “Prof. ho trovato il flauto” “Bene, dov’era?” “Nella mia cartella...” (ride e i compagni ridono)”
N non aveva il quaderno di musica. Ha preso un foglio. Ha scritto gli appunti della lezione con il pennarello verde. “Perché in verde?” “Perché non ho la biro”. Dopo aver preso gli appunti (tre righe) ha deciso che la parte rimasta bianca del foglio gli poteva essere utile e l’ha strappata. Quando ho visto che gli appunti della lezione, da inserire nel suo quaderno, consistevano in una striscia di carta 20 x 7 cm, scritta con un pennarello verde, gli ho fatto notare che era un bell’esempio di amore per la scuola. A quel punto ha provato ad aprire il suo astuccio e, incredibile, al suo interno ha trovato una biro. Felice, ha riso; e i compagni con lui.
L’uso del netbook ha un po’ disturbato la rete di relazioni con i compagni, in compenso ha reso più difficile ottenere il loro sguardo, costantemente attratto dallo schermo che gli stava di fronte.
Spesso devo chiedere loro di abbassare lo schermo. “Ma così entra in standby!”, “Allora abbassate lo schermo senza chiuderlo del tutto”. C’è chi si sdraia all’indietro sulla sedia per poter continuare a sbignare lo schermo attraverso la fessura rimasta.
Ma il netbook può essere anche l’occasione per riallacciare relazioni: “Prof ho la batteria scarica, posso andare nel banco vicino alla presa? (e vicino al compagno tanto desiderato). Negli ultimi tempi il numero di batterie scariche stava aumentando in modo esponenziale.
L’uso del netbook fa loro dimenticare di essere all’interno di un gruppo e li mette in un nuovo tipo di relazione “io-il netbook-il prof” che si traduce in un effetto nuovo. Tutti sperimentiamo continuamente piccole difficoltà nell’uso dei computer. Qui qualsiasi problema (un pulsante non trovato, una schermata leggermente spostata, una voce un po’ nascosta in un menu) si traduce in un intervento immediato a voce alta “Il mio non va”, “Non ci riesco”, “Cosa dovevo fare?”, “ Il mio non ce l’ha!” Alla fine, se al prof non saltano i nervi, si riesce a lavorare.
A due giorni dalla consegna del netbook abbiamo avuto il primo guasto. P è arrivato con una cuffia sfasciata. “Mi ci sono seduto sopra”. (Dio mio, come affrontare il problema? E’ evidentemente un incidente. Pretendere comunque il rimborso? Comprarne una nuova?). Ne parliamo per quasi tutta l’ora. Il giorno dopo P mi comunica serenamente che non era la cuffia in dotazione ma quella di suo padre... ( i compagni ridono, io penso che ho perso un’ora di lezione)
E nel lavoro scolastico? Noi insegnanti siamo consapevoli che un buon metodo di lavoro è un obiettivo e non un punto di partenza. Però quando scrivo alla lavagna “Compiti per martedi 16: fare ....” e Y alza la mano chiedendo “Per quando sono?”, faccio un respiro profondo e capisco che la strada è ancora lunga.
Ma ci sono anche i momenti di gioia.
Gioia? Ilarità? Stupidera?
Ascoltiamo Mussorgsky: “Quadri di una esposizione. Il balletto dei pulcini nei loro gusci. “
Dopo aver ascoltato la versione originale ne faccio ascoltare una rielaborazione fatta al sintetizzatore. Tra i suoni, molto sintetici, ce n’è uno un po’ buffo che imita il verso di una gallina.
Scoppia un’ilarità che definire da cartone animato mi sembra riduttivo. Qualcuno stava per cadere dalla sedia. N si divertiva a scaraventarsi a due cm dal viso di Q e sghignazzargli in faccia.... ma a tempo con la musica! Y e Z si abbracciavano ridendo alle lacrime.
Li guardo allibito. Per un attimo ho pensato di filmarli.
Posso far sospendere N perché scrive con il pennarello verde su un formato 20 x 7 cm? Oppure R perché è la terza volta di fila che ha la batteria scarica? Y e Z perché ridono come se fossero due bucanieri ubriachi? No. Non posso nemmeno farne oggetto di note sul registro o sul minibook, perché il risultato sarebbe ancora più comico.
In tutto questo, però, il rendimento scolastico cala di giorno in giorno e la pazienza dei prof, pian piano, si consuma.
Finché siamo arrivati al giorno in cui sono venuti in visita i bambini di quinta elementare, per vedere la loro (possibile) futura scuola media. Avevamo pensato con una punta di orgoglio che sarebbe stato bello far vedere loro una classe di “dopodomani”.
Non ricordo se ci fosse o meno l’insegnante titolare, ma so che i ragazzi di 2 A hanno dato il meglio di sè.
Non solo hanno ignorato i bambini di quinta elementare, ma hanno fatto una tale baraonda tra loro che i piccoli sono rimasti talmente impressionati (e non dai netbook) che lo sono subito andati a raccontare ai compagni e alle insegnanti che gestivano l’incontro.
A quel punto abbiamo perso la pazienza del tutto.
Per sapere cosa sia la stupidera,..vedere dopo l'articolo di Grignetti
La Stampa 10.9.14
L’Anm: questa riforma è un insulto
La bocciatura dei magistrati: è “inefficace e punitiva” nei confronti dei giudici
di Francesco Grignetti
Umiliati e offesi, i magistrati si scagliano contro il governo Renzi. La riforma della giustizia, così come è stata annunciata, non piace. «I disegni di riforma - scrive l’associazione nazionale magistrati - appaiono il prodotto di un approccio molto superficiale». Ma è soprattutto il sottotitolo che non accettano. «Offendono la magistratura con l’insinuazione che la crisi della giustizia dipenda dalla presunta irresponsabilità e scarsa produttività dei magistrati».
Già, più dei testi di legge, che peraltro ancora non si vedono, è il messaggio sottinteso di questa riforma che li ha indignati. Il decisionismo di Matteo Renzi sul Csm o sulla responsabilità civile li ha lasciati di sasso. E il taglio alle ferie, ridotte per decreto da 45 a 30 giorni, è come sale sulle ferite. «Un grave insulto non per l’intervento in se stesso ma per il metodo usato e per il significato che esso esprime».
Fannulloni, maneggioni e pure inetti? Certi commenti hanno davvero indispettito l’Anm. E quindi: «La magistratura associata non pone veti ed è pronta a discutere di tutto, ma non potrà tacere di fronte all’inefficacia di una riforma della giustizia definita rivoluzionaria e che invece, se tali linee fossero davvero confermate, si ridurrebbe a interventi di scarso respiro e a norme punitive, ispirate a logiche che credevamo appartenere al passato».
È davvero una bocciatura a tutto tondo, quella dell’Anm. La riforma? «Slogan promozionali». Non si salva nulla: né la formulazione del nuovo reato di falso in bilancio, né il futuro meccanismo sulla prescrizione, né le riforme in materia di processo civile. Ed è assolutamente esplicita la posizione della corrente «Area», quella che teoricamente dovrebbe ritrovarsi di più con la sinistra al governo: «Una rappresentazione propagandistica e mistificatoria che rifiutiamo».
L’intemerata dei magistrati scatena la reazione della controparte, gli avvocati: «La magistratura associata - dichiara il presidente dell’Unione Camere Penali, Valerio Spigarelli - finge di essere pronta a discutere di tutto senza porre veti, ma in realtà lancia alla politica l’ennesimo diktat, puntando l’attenzione o su questioni che riguardano se stessa o su argomenti finalizzati al mantenimento di un processo autoritario».
Figurarsi che secondo i penalisti questa riforma è persino troppo timida. «In realtà, ciò che l’Anm contesta al governo è proprio quel che c’è di buono, a partire dalla responsabilità civile dei giudici».
A fronte delle critiche dell’Am, infine, per una volta la politica reagisce compatta. Il viceministro alla Giustizia, Enrico Costa, Ncd, è ironico: «I toni hanno subito una strana progressione proprio in occasione del provvedimento che riduce le ferie dei magistrati. Convinzioni o convenienze?». Alessia Morani, responsabile Giustizia del Pd, non se l’aspettava e «comunque sia chiaro: l’unico patto che abbiamo fatto è con i cittadini che ci hanno chiesto di cambiare il Paese. Per questo andiamo avanti». Luca D’Alessandro, Forza Italia, le fa eco: «Quando si lotta per mantenere le ferie per un mese e mezzo, cadono le braccia. Dimostrano di non avere la minima percezione del polso del Paese».
^^^^^^
La stupidera (dalla rete)
Stupidera. E’ un termine che usava mia madre, quando ero bambino e venivo colto da crisi di riso irrefrenabili, che non si arrestavano né con la gentilezza né con le minacce.
“Gh’è sciupà la stupidera!” mi diceva.
Mi sembra il termine più adatto a descrivere il clima della seconda.
Non che questa sia una novità in una seconda media.
La seconda è tradizionalmente la classe della stupidera. In prima sono circospetti, intimoriti dall’ambiente nuovo. In terza si sentono grandi e pensano già all’esame e all’anno successivo. In seconda pensano soltanto a come passare l’anno nel modo migliore possibile: divertendosi con i compagni.
La gestualità dei ragazzi di 2 A e, soprattutto, la loro postura sulle sedie è indicativa.
La percentuale di alunni visti di tre quarti o di profilo è altissima.
Quando non si dondolano sulla sedia al limite della caduta si siedono con il corpo girato verso il compagno preferito, spesso dall’altro lato della classe. La testa si orienta verso l’insegnante solo quando l’attenzione è pretesa espressamente.
Altrimenti l’occhiata, il sorriso, le battute vanno ai compagni. Che ricambiano.
Si crea così una rete di messaggi e comunicazioni che, se disegnata, formerebbe un reticolo di relazioni, di linee, tutte interne al gruppo dei banchi. La lavagna, benché multimediale, e il prof sono assolutamente fuori da questo perimetro.
Entrare in relazione con i compagni è l’occupazione continua di ciascuno.
Fare una battuta durante una spiegazione, per un insegnante, è pericolosissimo. Si innesca una reazione a catena difficile da controllare. A risponde con un’altra battuta. B e C ridono. D si inserisce con un’ulteriore battuta. A questo punto ridono E e F che, anche se la battuta non è affatto spiritosa, ridono per amicizia, per far capire a D che non è assolutamente meno di A. La cosa continua a lungo, anche perché nella nostra seconda i ragazzi spiritosi non mancano.
I compagni si possono anche infastidire. Ci sono tecniche raffinatissime. G ha elaborato un modo tutto suo di camminare. Esagerando la lunghezza del passo e spostando il corpo ben oltre il baricentro, riesce a sbattere contro oggetti e compagni ad ogni passo. Spesso la camminata termina abbracciato ad un compagno. Frequentemente cadono entrambi a terra.
Durante la mia ultima lezione H era intensamente interessato al suo compagno di banco. Mentre I cercava di seguire la lezione, H gli manipolava il collo con una tecnica che potrebbe stare a metà fra la caccia ai pidocchi e il massaggio Shiatzu.
Il fastidio può essere anche “ a distanza”. L, che passa le ore a smontare le biro dei compagni dei banchi circostanti con la dedizione di un vero artigiano, di recente ha scoperto che con la cannuccia della biro si possono sparare palline. Ieri è tornato dalla mensa con un panino. Dopo aver sparato palline di mollica per tutta la ricreazione in cortile, voleva portarselo in classe cercando di farmi credere che lo volesse mangiare.
Nonostante la nostra attenzione, la moda dilaga. T. è riuscito a sparare una pallina in un occhio M. Alle proteste di M, T ha risposto stupito, dicendo che non l’aveva lanciata con la cerbottana (la penna) e non l’aveva nemmeno leccata, quindi: “cosa c’è di male?”.
I compagni si possono anche distruggere. K, che per altro è un ragazzo intelligente, durante la ricreazione in cortile gioca a infastidire J, suo carissimo amico, si fa inseguire da lui fino in classe e, mentre entra nell’aula, chiude la porta di modo che l’altro, che sta correndo anche lui, possa andare tranquillamente a sbatterci contro. Richiamato, mi guarda stupito.
Altro atteggiamento tipico dei ragazzi di questa età è il cercare di contrattare con gli insegnanti come con i genitori. La risposta NO a una domanda non è prevista. “Possiamo uscire?”, “No”, “Ma come no?”, “No”, “Possiamo andare fuori?” “No” Per brevità mi interrompo qui.
Allo stesso modo giustificano le proprie negligenze con una pervicacia e una fantasia incredibili.
In prima assumono spesso l’atteggiamento del cucciolo ferito e sono decisamente infastiditi quando la loro mimica non produce i risultati attesi e la negligenza viene comunque stigmatizzata.
In seconda risparmiano fatica: se ne fregano e ti sorridono: “non ce l’ho! “
Il livello di negligenze, dimenticanze, mancanze spesso è così alto da non consentire la lezione programmata e da costringere a un cambio di argomento.
Altre volte rasenta la demenzialità.
“Prof. non ho il flauto.” “ Ma oggi ti devo interrogare” “Posso andare a chiedere alla bidella perché ieri pomeriggio era qui sulla cattedra”. “Vai”. “La bidella non sa niente”. “Peccato” (15 minuti dopo) “Prof. ho trovato il flauto” “Bene, dov’era?” “Nella mia cartella...” (ride e i compagni ridono)”
N non aveva il quaderno di musica. Ha preso un foglio. Ha scritto gli appunti della lezione con il pennarello verde. “Perché in verde?” “Perché non ho la biro”. Dopo aver preso gli appunti (tre righe) ha deciso che la parte rimasta bianca del foglio gli poteva essere utile e l’ha strappata. Quando ho visto che gli appunti della lezione, da inserire nel suo quaderno, consistevano in una striscia di carta 20 x 7 cm, scritta con un pennarello verde, gli ho fatto notare che era un bell’esempio di amore per la scuola. A quel punto ha provato ad aprire il suo astuccio e, incredibile, al suo interno ha trovato una biro. Felice, ha riso; e i compagni con lui.
L’uso del netbook ha un po’ disturbato la rete di relazioni con i compagni, in compenso ha reso più difficile ottenere il loro sguardo, costantemente attratto dallo schermo che gli stava di fronte.
Spesso devo chiedere loro di abbassare lo schermo. “Ma così entra in standby!”, “Allora abbassate lo schermo senza chiuderlo del tutto”. C’è chi si sdraia all’indietro sulla sedia per poter continuare a sbignare lo schermo attraverso la fessura rimasta.
Ma il netbook può essere anche l’occasione per riallacciare relazioni: “Prof ho la batteria scarica, posso andare nel banco vicino alla presa? (e vicino al compagno tanto desiderato). Negli ultimi tempi il numero di batterie scariche stava aumentando in modo esponenziale.
L’uso del netbook fa loro dimenticare di essere all’interno di un gruppo e li mette in un nuovo tipo di relazione “io-il netbook-il prof” che si traduce in un effetto nuovo. Tutti sperimentiamo continuamente piccole difficoltà nell’uso dei computer. Qui qualsiasi problema (un pulsante non trovato, una schermata leggermente spostata, una voce un po’ nascosta in un menu) si traduce in un intervento immediato a voce alta “Il mio non va”, “Non ci riesco”, “Cosa dovevo fare?”, “ Il mio non ce l’ha!” Alla fine, se al prof non saltano i nervi, si riesce a lavorare.
A due giorni dalla consegna del netbook abbiamo avuto il primo guasto. P è arrivato con una cuffia sfasciata. “Mi ci sono seduto sopra”. (Dio mio, come affrontare il problema? E’ evidentemente un incidente. Pretendere comunque il rimborso? Comprarne una nuova?). Ne parliamo per quasi tutta l’ora. Il giorno dopo P mi comunica serenamente che non era la cuffia in dotazione ma quella di suo padre... ( i compagni ridono, io penso che ho perso un’ora di lezione)
E nel lavoro scolastico? Noi insegnanti siamo consapevoli che un buon metodo di lavoro è un obiettivo e non un punto di partenza. Però quando scrivo alla lavagna “Compiti per martedi 16: fare ....” e Y alza la mano chiedendo “Per quando sono?”, faccio un respiro profondo e capisco che la strada è ancora lunga.
Ma ci sono anche i momenti di gioia.
Gioia? Ilarità? Stupidera?
Ascoltiamo Mussorgsky: “Quadri di una esposizione. Il balletto dei pulcini nei loro gusci. “
Dopo aver ascoltato la versione originale ne faccio ascoltare una rielaborazione fatta al sintetizzatore. Tra i suoni, molto sintetici, ce n’è uno un po’ buffo che imita il verso di una gallina.
Scoppia un’ilarità che definire da cartone animato mi sembra riduttivo. Qualcuno stava per cadere dalla sedia. N si divertiva a scaraventarsi a due cm dal viso di Q e sghignazzargli in faccia.... ma a tempo con la musica! Y e Z si abbracciavano ridendo alle lacrime.
Li guardo allibito. Per un attimo ho pensato di filmarli.
Posso far sospendere N perché scrive con il pennarello verde su un formato 20 x 7 cm? Oppure R perché è la terza volta di fila che ha la batteria scarica? Y e Z perché ridono come se fossero due bucanieri ubriachi? No. Non posso nemmeno farne oggetto di note sul registro o sul minibook, perché il risultato sarebbe ancora più comico.
In tutto questo, però, il rendimento scolastico cala di giorno in giorno e la pazienza dei prof, pian piano, si consuma.
Finché siamo arrivati al giorno in cui sono venuti in visita i bambini di quinta elementare, per vedere la loro (possibile) futura scuola media. Avevamo pensato con una punta di orgoglio che sarebbe stato bello far vedere loro una classe di “dopodomani”.
Non ricordo se ci fosse o meno l’insegnante titolare, ma so che i ragazzi di 2 A hanno dato il meglio di sè.
Non solo hanno ignorato i bambini di quinta elementare, ma hanno fatto una tale baraonda tra loro che i piccoli sono rimasti talmente impressionati (e non dai netbook) che lo sono subito andati a raccontare ai compagni e alle insegnanti che gestivano l’incontro.
A quel punto abbiamo perso la pazienza del tutto.
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Re: Le supercazzole: La riforma della Giustizia.
La stupidera non finisce mai - 2
La Stampa 10.9.14
Un nuovo alt ai progetti del premier
di Marcello Sorgi
Dopo lo sciopero delle forze di polizia, contro il blocco degli stipendi degli statali, è in arrivo quello della magistratura, contro il progetto di riforma della giustizia preannunciato dal governo. La bocciatura dell’Anm, il sindacato dei giudici, è completa, sebbene in Parlamento non siano ancora arrivati tutti i testi esaminati dal Consiglio dei ministri e il governo abbia scelto la strada del decreto solo per la giustizia civile, riservando a quella penale lo strumento del disegno di legge, più aperto al confronto. Con un durissimo atto d’accusa, i magistrati definiscono la riforma «inefficace e punitiva», rimproverano a Renzi di averli additati come fannulloni con la scelta di ridurgli le ferie da 45 a 30 giorni e di volerli destabilizzare con l’introduzione della responsabilità civile basata sbrigativamente sul principio del «chi sbaglia paga», senza le necessarie garanzie che dovrebbero proteggerli da azioni pretestuose, intentate dagli imputati al solo scopo di rallentare i processi. Quanto al resto, prescrizione, falso in bilancio, intercettazioni, il sospetto avanzato dall’Anm è che le proposte siano state concordate con Berlusconi, per non eliminare gli effetti delle «leggi ad personam» varate dagli esecutivi di centrodestra. Il governo ha reagito a un attacco di tale pesantezza confermando tutti i suoi obiettivi in materia di giustizia. Ma la nota dell’Anm ha anche il senso di una chiamata alle armi del largo fronte trasversale schierato contro la riforma in Parlamento. Renzi rischia di ritrovarsi così, su un terreno delicato su cui tutti i governi che lo hanno preceduto hanno dovuto arrendersi, nelle stesse condizioni in cui Prodi, Berlusconi, D’Alema e Amato, con progetti non molto dissimili dal suo, videro montare una fortissima opposizione, che a poco a poco rischiava di paralizzare le Camere. Di qui a pochi giorni il premier dovrà anche decidere una linea di priorità per le molte riforme che ha messo in cantiere. La legge di stabilità e la manovra di fine anno hanno un percorso obbligato (in arrivo tagli di spesa del 3 per cento per i ministeri, decisi nell’ultimo vertice a Palazzo Chigi); la riforma del Senato e quella elettorale, già approvate rispettivamente a Palazzo Madama e a Montecitorio, attendono una seconda lettura; la riforma della scuola è alla fase del confronto preliminare, ma s’è già attirata reazioni che non promettono nulla di buono. Inoltre, proprio nel semestre di presidenza italiana dell’Unione, il premier è pressato dall’Europa per dar corso, dopo i numerosi annunci, alla realizzazione delle riforme. Renzi, tuttavia, è sereno: ieri sera a «Porta a porta» s’è detto sicuro di farcela, e alla minoranza del Pd, che lo incalza, ha risposto che non pensa affatto a lasciare la segreteria del partito.
Dopo lo sciopero delle forze di polizia, contro il blocco degli stipendi degli statali, è in arrivo quello della magistratura, contro il progetto di riforma della giustizia preannunciato dal governo. La bocciatura dell’Anm, il sindacato dei giudici, è completa, sebbene in Parlamento non siano ancora arrivati tutti i testi esaminati dal Consiglio dei ministri e il governo abbia scelto la strada del decreto solo per la giustizia civile, riservando a quella penale lo strumento del disegno di legge, più aperto al confronto. Con un durissimo atto d’accusa, i magistrati definiscono la riforma «inefficace e punitiva», rimproverano a Renzi di averli additati come fannulloni con la scelta di ridurgli le ferie da 45 a 30 giorni e di volerli destabilizzare con l’introduzione della responsabilità civile basata sbrigativamente sul principio del «chi sbaglia paga», senza le necessarie garanzie che dovrebbero proteggerli da azioni pretestuose, intentate dagli imputati al solo scopo di rallentare i processi. Quanto al resto, prescrizione, falso in bilancio, intercettazioni, il sospetto avanzato dall’Anm è che le proposte siano state concordate con Berlusconi, per non eliminare gli effetti delle «leggi ad personam» varate dagli esecutivi di centrodestra. Il governo ha reagito a un attacco di tale pesantezza confermando tutti i suoi obiettivi in materia di giustizia. Ma la nota dell’Anm ha anche il senso di una chiamata alle armi del largo fronte trasversale schierato contro la riforma in Parlamento. Renzi rischia di ritrovarsi così, su un terreno delicato su cui tutti i governi che lo hanno preceduto hanno dovuto arrendersi, nelle stesse condizioni in cui Prodi, Berlusconi, D’Alema e Amato, con progetti non molto dissimili dal suo, videro montare una fortissima opposizione, che a poco a poco rischiava di paralizzare le Camere. Di qui a pochi giorni il premier dovrà anche decidere una linea di priorità per le molte riforme che ha messo in cantiere. La legge di stabilità e la manovra di fine anno hanno un percorso obbligato (in arrivo tagli di spesa del 3 per cento per i ministeri, decisi nell’ultimo vertice a Palazzo Chigi); la riforma del Senato e quella elettorale, già approvate rispettivamente a Palazzo Madama e a Montecitorio, attendono una seconda lettura; la riforma della scuola è alla fase del confronto preliminare, ma s’è già attirata reazioni che non promettono nulla di buono. Inoltre, proprio nel semestre di presidenza italiana dell’Unione, il premier è pressato dall’Europa per dar corso, dopo i numerosi annunci, alla realizzazione delle riforme. Renzi, tuttavia, è sereno: ieri sera a «Porta a porta» s’è detto sicuro di farcela, e alla minoranza del Pd, che lo incalza, ha risposto che non pensa affatto a lasciare la segreteria del partito.
La Stampa 10.9.14
Riforma e meno ferie, toghe contro il governo
L’Anm: piano punitivo, sui giorni liberi grave insulto
Il premier ironizza: brrr... che paura!
Per la prima volta giudici criticati da Pd e FI insieme
di Massimo Franco
Succede di rado che Pd e Forza Italia usino parole critiche non troppo dissimili nei confronti della magistratura. La giustizia è sempre stato il nucleo rovente di quella «guerra dei vent’anni» che secondo Silvio Berlusconi ha distorto i rapporti tra politica e giudici. Il fatto che ieri l’Anm (Associazione nazionale magistrati) abbia diramato una nota durissima contro la riforma abbozzata dal governo, ha provocato però questo mezzo miracolo. Difficile dire come sarà valutato da tutto il Pd: in questa fase, oltre alle dichiarazioni contano i silenzi. Né è chiaro quanto l’Anm abbia deciso a freddo l’attacco, prevedendone fino in fondo le conseguenze.
Ma l’impressione è che l’Anm abbia voluto fare emergere la maggioranza parlamentare «informale» che sta dietro alla riforma. Quando si esprime per iscritto «delusione» per le misure di Palazzo Chigi, e si parla di una riforma punteggiata da «norme punitive ispirate a logiche del passato», sembra quasi che l’Anm rimproveri a Matteo Renzi di avere seguito una logica berlusconiana. Non solo. Il presidente del Consiglio è accusato di avere seminato «dichiarazioni e slogan che vogliono dissimulare, con esibita enfasi, diversi cedimenti e timidezze». È vero: l’Associazione è una sorta di sindacato, e con i rappresentanti delle categorie Palazzo Chigi non intrattiene buoni rapporti, in tempi di tagli dovuti alla crisi economica.
Forse, però, definire «un grave insulto» la decisione governativa di diminuire le ferie dei magistrati, ridotte nelle intenzioni da 46 a 25 giorni annui, non è il terreno migliore sul quale incontrare il sostegno dell’opinione pubblica. Non a caso, alcuni senatori del Pd hanno definito «incredibile» una rivolta della categoria per l’annuncio di Renzi sulle loro ferie. «I privilegi devono finire per tutti». E a ruota, da FI sono partiti altrettanti strali contro una protesta che, a sentire la portavoce berlusconiana alla Camera, Mara Carfagna, «fa sorgere il dubbio che l’unico obiettivo sia di difendere antichi e anacronistici privilegi».
Si tratta di uno scontro che segue di pochi giorni quello tra il premier ed i sindacati delle forze dell’ordine; e che conferma quanto sarà complicato seguire la strategia teorizzata da Renzi, di governare scontentando il meno possibile. «Non sono ottimista, più o meno balliamo intorno allo zero, non è sufficiente per ripartire. È lo stop alla caduta ma non la ripartenza», ha ammesso ieri sera in tv. E per quanto il suo sogno sia quello di eliminare «la cultura del piagnisteo» e di «mandare a letto gli italiani con fiducia nel futuro dell’Italia», nemmeno lui riesce ad offrire al Paese un antidoto all’incertezza.
Lo iato tra quanto si propone di fare e la realtà economica è piuttosto vistoso, e preoccupante, anche. Le sue ironie sui «professionisti delle tartine» che organizzano convegni solo per criticare il governo, gli servono per polemizzare con quanti a sua avviso non vogliono provare a cambiare. Le frecciate contro i banchieri «ai quali non sto simpatico» rientrano in questa narrativa che contribuisce alla sua popolarità; e che finora ha pagato. Le stesse dimissioni del commissario per i tagli alla spesa, Carlo Cottarelli, confermate ieri da Renzi, sono state frenate. «Gli ho chiesto di aspettare la finanziaria se no dai l’impressione che non si può fare». È una preoccupazione giusta. Ma forse anche il segno di una inconfessabile fragilità.
La Stampa 10.9.14
Un nuovo alt ai progetti del premier
di Marcello Sorgi
Dopo lo sciopero delle forze di polizia, contro il blocco degli stipendi degli statali, è in arrivo quello della magistratura, contro il progetto di riforma della giustizia preannunciato dal governo. La bocciatura dell’Anm, il sindacato dei giudici, è completa, sebbene in Parlamento non siano ancora arrivati tutti i testi esaminati dal Consiglio dei ministri e il governo abbia scelto la strada del decreto solo per la giustizia civile, riservando a quella penale lo strumento del disegno di legge, più aperto al confronto. Con un durissimo atto d’accusa, i magistrati definiscono la riforma «inefficace e punitiva», rimproverano a Renzi di averli additati come fannulloni con la scelta di ridurgli le ferie da 45 a 30 giorni e di volerli destabilizzare con l’introduzione della responsabilità civile basata sbrigativamente sul principio del «chi sbaglia paga», senza le necessarie garanzie che dovrebbero proteggerli da azioni pretestuose, intentate dagli imputati al solo scopo di rallentare i processi. Quanto al resto, prescrizione, falso in bilancio, intercettazioni, il sospetto avanzato dall’Anm è che le proposte siano state concordate con Berlusconi, per non eliminare gli effetti delle «leggi ad personam» varate dagli esecutivi di centrodestra. Il governo ha reagito a un attacco di tale pesantezza confermando tutti i suoi obiettivi in materia di giustizia. Ma la nota dell’Anm ha anche il senso di una chiamata alle armi del largo fronte trasversale schierato contro la riforma in Parlamento. Renzi rischia di ritrovarsi così, su un terreno delicato su cui tutti i governi che lo hanno preceduto hanno dovuto arrendersi, nelle stesse condizioni in cui Prodi, Berlusconi, D’Alema e Amato, con progetti non molto dissimili dal suo, videro montare una fortissima opposizione, che a poco a poco rischiava di paralizzare le Camere. Di qui a pochi giorni il premier dovrà anche decidere una linea di priorità per le molte riforme che ha messo in cantiere. La legge di stabilità e la manovra di fine anno hanno un percorso obbligato (in arrivo tagli di spesa del 3 per cento per i ministeri, decisi nell’ultimo vertice a Palazzo Chigi); la riforma del Senato e quella elettorale, già approvate rispettivamente a Palazzo Madama e a Montecitorio, attendono una seconda lettura; la riforma della scuola è alla fase del confronto preliminare, ma s’è già attirata reazioni che non promettono nulla di buono. Inoltre, proprio nel semestre di presidenza italiana dell’Unione, il premier è pressato dall’Europa per dar corso, dopo i numerosi annunci, alla realizzazione delle riforme. Renzi, tuttavia, è sereno: ieri sera a «Porta a porta» s’è detto sicuro di farcela, e alla minoranza del Pd, che lo incalza, ha risposto che non pensa affatto a lasciare la segreteria del partito.
Dopo lo sciopero delle forze di polizia, contro il blocco degli stipendi degli statali, è in arrivo quello della magistratura, contro il progetto di riforma della giustizia preannunciato dal governo. La bocciatura dell’Anm, il sindacato dei giudici, è completa, sebbene in Parlamento non siano ancora arrivati tutti i testi esaminati dal Consiglio dei ministri e il governo abbia scelto la strada del decreto solo per la giustizia civile, riservando a quella penale lo strumento del disegno di legge, più aperto al confronto. Con un durissimo atto d’accusa, i magistrati definiscono la riforma «inefficace e punitiva», rimproverano a Renzi di averli additati come fannulloni con la scelta di ridurgli le ferie da 45 a 30 giorni e di volerli destabilizzare con l’introduzione della responsabilità civile basata sbrigativamente sul principio del «chi sbaglia paga», senza le necessarie garanzie che dovrebbero proteggerli da azioni pretestuose, intentate dagli imputati al solo scopo di rallentare i processi. Quanto al resto, prescrizione, falso in bilancio, intercettazioni, il sospetto avanzato dall’Anm è che le proposte siano state concordate con Berlusconi, per non eliminare gli effetti delle «leggi ad personam» varate dagli esecutivi di centrodestra. Il governo ha reagito a un attacco di tale pesantezza confermando tutti i suoi obiettivi in materia di giustizia. Ma la nota dell’Anm ha anche il senso di una chiamata alle armi del largo fronte trasversale schierato contro la riforma in Parlamento. Renzi rischia di ritrovarsi così, su un terreno delicato su cui tutti i governi che lo hanno preceduto hanno dovuto arrendersi, nelle stesse condizioni in cui Prodi, Berlusconi, D’Alema e Amato, con progetti non molto dissimili dal suo, videro montare una fortissima opposizione, che a poco a poco rischiava di paralizzare le Camere. Di qui a pochi giorni il premier dovrà anche decidere una linea di priorità per le molte riforme che ha messo in cantiere. La legge di stabilità e la manovra di fine anno hanno un percorso obbligato (in arrivo tagli di spesa del 3 per cento per i ministeri, decisi nell’ultimo vertice a Palazzo Chigi); la riforma del Senato e quella elettorale, già approvate rispettivamente a Palazzo Madama e a Montecitorio, attendono una seconda lettura; la riforma della scuola è alla fase del confronto preliminare, ma s’è già attirata reazioni che non promettono nulla di buono. Inoltre, proprio nel semestre di presidenza italiana dell’Unione, il premier è pressato dall’Europa per dar corso, dopo i numerosi annunci, alla realizzazione delle riforme. Renzi, tuttavia, è sereno: ieri sera a «Porta a porta» s’è detto sicuro di farcela, e alla minoranza del Pd, che lo incalza, ha risposto che non pensa affatto a lasciare la segreteria del partito.
La Stampa 10.9.14
Riforma e meno ferie, toghe contro il governo
L’Anm: piano punitivo, sui giorni liberi grave insulto
Il premier ironizza: brrr... che paura!
Per la prima volta giudici criticati da Pd e FI insieme
di Massimo Franco
Succede di rado che Pd e Forza Italia usino parole critiche non troppo dissimili nei confronti della magistratura. La giustizia è sempre stato il nucleo rovente di quella «guerra dei vent’anni» che secondo Silvio Berlusconi ha distorto i rapporti tra politica e giudici. Il fatto che ieri l’Anm (Associazione nazionale magistrati) abbia diramato una nota durissima contro la riforma abbozzata dal governo, ha provocato però questo mezzo miracolo. Difficile dire come sarà valutato da tutto il Pd: in questa fase, oltre alle dichiarazioni contano i silenzi. Né è chiaro quanto l’Anm abbia deciso a freddo l’attacco, prevedendone fino in fondo le conseguenze.
Ma l’impressione è che l’Anm abbia voluto fare emergere la maggioranza parlamentare «informale» che sta dietro alla riforma. Quando si esprime per iscritto «delusione» per le misure di Palazzo Chigi, e si parla di una riforma punteggiata da «norme punitive ispirate a logiche del passato», sembra quasi che l’Anm rimproveri a Matteo Renzi di avere seguito una logica berlusconiana. Non solo. Il presidente del Consiglio è accusato di avere seminato «dichiarazioni e slogan che vogliono dissimulare, con esibita enfasi, diversi cedimenti e timidezze». È vero: l’Associazione è una sorta di sindacato, e con i rappresentanti delle categorie Palazzo Chigi non intrattiene buoni rapporti, in tempi di tagli dovuti alla crisi economica.
Forse, però, definire «un grave insulto» la decisione governativa di diminuire le ferie dei magistrati, ridotte nelle intenzioni da 46 a 25 giorni annui, non è il terreno migliore sul quale incontrare il sostegno dell’opinione pubblica. Non a caso, alcuni senatori del Pd hanno definito «incredibile» una rivolta della categoria per l’annuncio di Renzi sulle loro ferie. «I privilegi devono finire per tutti». E a ruota, da FI sono partiti altrettanti strali contro una protesta che, a sentire la portavoce berlusconiana alla Camera, Mara Carfagna, «fa sorgere il dubbio che l’unico obiettivo sia di difendere antichi e anacronistici privilegi».
Si tratta di uno scontro che segue di pochi giorni quello tra il premier ed i sindacati delle forze dell’ordine; e che conferma quanto sarà complicato seguire la strategia teorizzata da Renzi, di governare scontentando il meno possibile. «Non sono ottimista, più o meno balliamo intorno allo zero, non è sufficiente per ripartire. È lo stop alla caduta ma non la ripartenza», ha ammesso ieri sera in tv. E per quanto il suo sogno sia quello di eliminare «la cultura del piagnisteo» e di «mandare a letto gli italiani con fiducia nel futuro dell’Italia», nemmeno lui riesce ad offrire al Paese un antidoto all’incertezza.
Lo iato tra quanto si propone di fare e la realtà economica è piuttosto vistoso, e preoccupante, anche. Le sue ironie sui «professionisti delle tartine» che organizzano convegni solo per criticare il governo, gli servono per polemizzare con quanti a sua avviso non vogliono provare a cambiare. Le frecciate contro i banchieri «ai quali non sto simpatico» rientrano in questa narrativa che contribuisce alla sua popolarità; e che finora ha pagato. Le stesse dimissioni del commissario per i tagli alla spesa, Carlo Cottarelli, confermate ieri da Renzi, sono state frenate. «Gli ho chiesto di aspettare la finanziaria se no dai l’impressione che non si può fare». È una preoccupazione giusta. Ma forse anche il segno di una inconfessabile fragilità.
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