TANGENTI
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TANGENTI
Il Tg7 delle 20,00 conferma le notizie della rassegna stampa della 7 di stamani.
Il problema non sono le tangenti, perché nel pianeta non esiste nazione che non chieda tangenti per ricevere servizi altrui.
Fare i moralisti serve a ben poco sul Pianeta Terra.
Quello che non quadra è che la tangente di un miliardo erogata ai nigeriani che contemplava un ritorno italiano per 200 milioni.
E qui non ci siamo.
Il problema non sono le tangenti, perché nel pianeta non esiste nazione che non chieda tangenti per ricevere servizi altrui.
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Re: TANGENTI
Eni, Descalzi indagato per corruzione. Pm: “Mega tangente in Nigeria”
Il nuovo amministratore delegato sotto inchiesta a Milano, insieme all'ex ad Paolo Scaroni, al nuovo capo della Divisione esplorazioni Roberto Casula e al faccendiere Luigi Bisignani. Nel 2011, secondo i pm, il Cane a sei zampe pagò una mazzetta da oltre 200 milioni di dollari per una concessione petrolifera al largo della Nigeria
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 11 settembre 2014Commenti (532)
Il nuovo amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi è indagato dalla Procura di Milano per corruzione internazionale. E insieme a lui, scrive il Corriere della Sera, sono sotto inchiesta l’ex ad Paolo Scaroni, il capo della Divisione esplorazioni Roberto Casula e il faccendiere Luigi Bisignani. La vicenda è quella di cui Il Fatto Quotidiano ha scritto lo scorso luglio: corruzione internazionale per l’acquisizione, nel 2011, di un giacimento petrolifero al largo della Nigeria. All’epoca dei fatti Scaroni era numero uno del gruppo petrolifero, mentre Descalzi, scelto come suo successore dall’azionista ministero dell’Economia in aprile, guidava la divisione Oil & gas e Casula presiedeva la controllata locale Nigerian Agip Exploration Ltd. Per la concessione del campo di esplorazione petrolifera Opl 245 da parte della società Malabu il Cane a sei zampe pagò, secondo gli inquirenti, una mega tangente da oltre 200 milioni di dollari, un quinto degli 1,09 miliardi versati al governo di Lagos. Le autorità londinesi, su richiesta dei pm milanesi, hanno sequestrato in via preventiva 190 milioni all’intermediario nigeriano Emeka Obi, residente in Inghilterra, bloccando un conto inglese e uno svizzero da 110 e 80 milioni a lui intestati. Il sequestro si basa sull’assunto che Eni abbia corrotto pubblici ufficiali africani come l’ex ministro del petrolio Dan Etete e il figlio dell’ex dittatore Sani Abacha con l’intercessione di Obi, Di Nardo, Bisignani e altri intermediari.
Il titolo del Cane a Sei Zampe, dopo la notizia, cede l’1,5% a Piazza Affari. Come raccontato dal Fatto Quotidiano in luglio, anche Eni risulta indagata: già l’11 giugno i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Milano hanno notificato un avviso di garanzia per corruzione internazionale in base al decreto legislativo 231 sulla responsabilità amministrativa delle società. Indagato da allora anche Gianluca Di Nardo, procacciatore d’affari amico di Bisignani e di Obi. In luglio Il Fatto aveva scritto, riprendendo l’agenzia Reuters, che anche Scaroni e Bisignani erano indagati. In seguito la notizia era stata smentita dalla compagnia. La tegola giudiziaria arriva proprio mentre il ministro Pier Carlo Padoan si appresta ad accelerare sulla cessione del 5% del gruppo per fare cassa nell’ambito del piano di privatizzazioni. Ma una settimana fa, intervistato da IlSole24Ore, il premier Matteo Renzi ha frenato dicendo che “non si deve partire da Eni ed Enel”.
Le intercettazioni e il ruolo di Bisignani – Il filone di indagine milanese è partito dopo l’acquisizione da parte dei pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro delle intercettazioni dell’indagine del 2010 dei colleghi di Napoli Henry John Woodcock e Francesco Curcio sulla cosiddetta P4, in cui era coinvolto anche Bisignani, che ha patteggiato un anno e 7 mesi. Dalle intercettazioni dell’indagine napoletana era emerso l’intervento di Bisignani sui vertici dell’Eni di allora. Bisignani, intercettato, parlava al telefono con l’ex numero uno Scaroni e anche con Descalzi. Dalle conversazioni emergeva come nel 2010 l’ex ministro nigeriano Etete avesse contattato Di Nardo per trattare, con l’intercessione di Bisignani, la vendita a Eni della concessione Opl 245, un immenso campo con riserve stimate in 500 milioni di barili equivalenti di petrolio. “L’uomo che sussurrava ai potenti”, stando alle indagini, ha presentato Di Nardo a Scaroni, che a sua volta lo ha messo in contatto con Descalzi, allora a capo della divisione Oil. Etete infatti nel 1999, ancora ministro, aveva assegnato l’immenso giacimento alla società Malabu, che attraverso prestanome era controllata da lui stesso e dal generale Abacha, allora capo del governo.
Le trattative con l’ex ministro e la maxi percentuale per il mediatore – La trattativa del 2010 tra Etete e il Cane a sei Zampe non è andata a buon fine, ma pochi mesi dopo, nell’aprile 2011, Eni ha chiuso l’affare direttamente con il governo nigeriano, che accusava l’ex ministro (condannato per riciclaggio in Francia nel 2007) di essersi appropriato indebitamente della concessione. La cifra, però, è rimasta la stessa concordata in precedenza tra Obi, Bisignani e Di Nardo: 1,09 miliardi di dollari. Contestualmente il governo nigeriano ha incassato 200 milioni di dollari da Shell. E ha girato una somma identica alla Malabu. I particolari sull’affare sono emersi quando, lo scorso anno, Obi e un altro mediatore, il russo Ednan Agaev, hanno citato in giudizio Malabu davanti alla High Court di Londra reclamando il pagamento del 19% della somma. Cioè la maxi percentuale promessa per la mediazione. Obi è uscito vincitore e si è visto riconoscere 110,5 milioni.
Le carte di Londra e il ruolo di Descalzi – Le carte londinesi, finite poi nel fascicolo dei pm di Milano, contengono molto materiale sul ruolo di Descalzi, che nel febbraio 2010, durante le trattative con Malabu, ha per esempio partecipato a un incontro all’hotel Principe di Savoia con Etete, Obi e Agaev. Dagli atti della causa, come riportato dal Fatto in luglio, emerge che secondo il giudice la cena “dimostrava precisamente a Etete cosa le entrature in Eni di Obi erano in grado di ottenere per Malabu”. E anche nel periodo agosto-ottobre 2010 “Obi si è incontrato frequentemente con Eni e in particolare con Descalzi”.
In una nota Eni “ribadisce la sua estraneità da qualsiasi condotta illecita” in relazione all’indagine della Procura di Milano, assicura “massima collaborazione alla magistratura e confida che la correttezza del proprio operato emergerà nel corso delle indagini”. Il gruppo “prende atto che “risultano indagati presso la Procura di Milano l’amministratore delegato e il direttore operazioni e tecnologie” ma “sottolinea di aver stipulato gli accordi per l’acquisizione del blocco unicamente con il governo nigeriano e la società Shell. L’intero pagamento per il rilascio a Eni e Shell della relativa licenza è stato eseguito unicamente al governo nigeriano”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1117294/
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Re: TANGENTI
Eni indagata per corruzione internazionale. Inchiesta sul grande giacimento in Nigeria
Il gruppo petrolifero pubblico accusato per la concessione del più grande deposito petrolifero del paese africano, un affare da un miliardo di euro. Indagato Scaroni, nelle carte il nome del faccendiere Bisignani. Il pm milanese De Pasquale chiama in causa l’uomo d’affari Di Nardo che avrebbe agito da intermediario
di Marco Lillo | 4 luglio 2014Commenti (397)
L’Eni è indagata per corruzione internazionale per l’acquisizione nel 2011 di un giacimento petrolifero al largo della Nigeria del valore di un miliardo e 300 milioni di dollari. Mercoledì 11 giugno i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Milano su mandato dei pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, della Procura di Milano, sono entrati nella sede della società energetica quotata in borsa e controllata dal ministero dell’economia per notificare due atti. Il primo era un avviso di garanzia per responsabilità di tipo amministrativo secondo il decreto legislativo 231 del 2001 nei confronti della società. L’ipotesi contestata è la corruzione internazionale e l’Eni è stata iscritta nel registro degli indagati perché la legge del 2001 estende alle persone giuridiche la responsabilità per reati commessi in Italia e all’estero da persone fisiche che operano per la società.
Il secondo atto notificato all’Eni è una richiesta di acquisizione di una lunga serie di documenti riguardanti l’accordo stipulato nell’aprile del 2011 con il governo nigeriano e anche le trattative intervenute nel 2009-2010 con la società Malabu. Risulta indagato Gianluca Di Nardo, l’imprenditore legato da un lato all’uomo di affari che faceva da interfaccia con i nigeriani, Ebeka Obi e dall’altro a Luigi Bisignani, che garantiva un canale preferenziale grazie al suo amico: l’allora amministratore dell’Eni, Paolo Scaroni. L’indagine dei pm De Pasquale e Spadaro coinvolge anche l’ex amministratore dell’Eni e Bisignani, che è stato già sentito dai pm a Milano nei mesi scorsi. Nel doppio avviso all’Eni la Procura non scopre le sue carte. Tutto parte dai numerosi esposti dell’associazione Re:common. L’indagine ha però preso vigore quando sono state acquisite dai pm milanesi le intercettazioni dell’indagine del 2010 sulla cosiddetta P4 di Henry John Woodcock e Francesco Curcio.
In quelle intercettazioni emerge chiaramente l’intervento di Bisignani, attivato dal suo amico Di Nardo, su vertici dell’Eni di allora. Bisignani, che poi ha patteggiato nell’indagine P4 una pena di 19 mesi per associazione a delinquere e rivelazione di segreto, parlava al telefono con il suo compagno di partite a tennis Scaroni e anche con Claudio Descalzi. L’attuale amministratore delegato dell’Eni agiva su indicazione del suo capo di allora ma ha partecipato a numerosi incontri con il mediatore Obi e anche a una cena all’hotel Principe Savoia di Milano con l’ex ministro nigeriano Dan Etete, personaggio chiave del caso. Etete deteneva la concessione OPL 245 dal 1998 quando, poco prima di lasciare il posto di ministro dell’energia nel Governo nigeriano del generale Abacha, la assegnò alla società Malabu, riferibile tramite prestanomi, a lui stesso e al generale Abacha. La posta in gioco è enorme. OPL 245 è un giacimento immenso così descritto dal bilancio dell’Eni: “L’area comprende il maggiore potenziale minerario non sviluppato dell’offshore profondo del Paese. Le riserve scoperte sono stimate in circa 500 milioni di boe”, cioè barili di petrolio equivalente.
Scaroni l’8 marzo 2011 dichiarava al pm Woodcock: “Tale trattativa (con Malabu di Etete, ndr) non è andata a buon fine”. Invece con uno schema diverso rispetto a quello descritto nelle telefonate Scaroni-Bisignani del novembre 2010, l’affare da 1,3 miliardi è andato in porto con il Governo ma sempre a beneficio di Etete, che alla fine ha incassato un miliardo e 92 milioni di dollari, due mesi dopo, alla fine di aprile 2011. La concessione è stata per anni contesa e quando Etete nel 2009 ha deciso di venderla è entrato in campo il mediatore Obi e il suo referente italiano, Gianluca Di Nardo. Questi ha messo in pista Luigi Bisignani che ha contattato Paolo Scaroni. Per un lungo periodo fino al novembre del 2010 le trattative sono andate avanti tra Etete e l’Eni atraverso i due mediatori: il russo Ednan Agaev e il nigeriano Obi. L’affare alla fine però si è concluso con un altro schema. La concessione è stata ceduta a Eni non da Etete, che era accusato di averla ‘rubata’ al suo Governo, ma dal Governo Nigeriano stesso. Prima la Nigeria ha firmato una transazione con Etete per riprendersi la concessione e contestualmente l’ha girata all’ENI. La società italiana ha pagato esattamente la stessa cifra pattuita con la Malabu di Etete, a seguito delle trattative con la cordata Obi-Di Nardo-Bisignani: un miliardo e 92 milioni di dollari.
Il Governo nigeriano in più ha avuto dall’altra società petrolifera interessata all’affare con ENI, l’olandese Shell, un bonus di circa 200 milioni di dollari. Tutti questi particolari sull’affare sono divenuti di dominio pubblico grazie a una causa civile a Londra tra Malabu e le società dei suoi mediatori. Obi e Agaev hanno trascinato Malabu in giudizio rispettivamente a New York e Londra perché sono stati fatti fuori dall’affare. L’ex ministro Etete, ceduta la concessione e incassato il miliardo, non ha pagato i 200 milioni di dollari promessi ai due mediatori. Obi ha vinto la causa a luglio del 2013 davanti alla High Court londinese ottenendo il riconoscimento del diritto ad avere il 7,5 per cento dell’affare: 110,5 milioni. Le carte londinesi sono finite nel fascicolo dei pm De Pasquale e Spadaro. La sentenza descrive la trattativa Etete-Eni e il ruolo dell’allora direttore generale Eni Claudio Descalzi. In particolare il 4 febbraio 2010 all’hotel Principe di Savoia di Milano Descalzi partecipa a un incontro con Etete, Obi e Agaev, nella fase in cui Eni trattava ancora con Malabu.
Ovviamente De Scalzi non risulta indagato anche se è stato intercettato dalla Procura di Napoli mentre parlava di questo affare con Luigi Bisignani il 14 ottobre del 2010. “Eni ha ricevuto notizia – spiega al Fatto la società – dell’apertura di un’indagine da parte della Procura di Milano riguardo all’acquisizione del blocco OPL 245 in Nigeria da parte di Eni e Shell; la Procura ha richiesto la trasmissione di alcuni documenti. Eni dichiara la totale correttezza del proprio operato nella transazione in questione e assicurerà alla magistratura italiana la massima collaborazione. Eni ricorda che la concessione in questione denominata OPL 245 è stata assegnata a Eni e Shell dal Governo Nigeriano nel corso del 2011. I relativi accordi sono stati conclusi da Eni, senza l’ausilio di alcun intermediario ed unicamente con il governo Federale e Shell. Il pagamento del prezzo concordato è stato effettuato all’assegnazione del Blocco su un conto corrente vincolato a nome del Governo Nigeriano presso una banca internazionale. Nessun accordo commerciale è stato raggiunto da Eni con la società Malabu”.
Da Il Fatto Quotidiano del 4 luglio 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... a/1049889/
Il gruppo petrolifero pubblico accusato per la concessione del più grande deposito petrolifero del paese africano, un affare da un miliardo di euro. Indagato Scaroni, nelle carte il nome del faccendiere Bisignani. Il pm milanese De Pasquale chiama in causa l’uomo d’affari Di Nardo che avrebbe agito da intermediario
di Marco Lillo | 4 luglio 2014Commenti (397)
L’Eni è indagata per corruzione internazionale per l’acquisizione nel 2011 di un giacimento petrolifero al largo della Nigeria del valore di un miliardo e 300 milioni di dollari. Mercoledì 11 giugno i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Milano su mandato dei pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, della Procura di Milano, sono entrati nella sede della società energetica quotata in borsa e controllata dal ministero dell’economia per notificare due atti. Il primo era un avviso di garanzia per responsabilità di tipo amministrativo secondo il decreto legislativo 231 del 2001 nei confronti della società. L’ipotesi contestata è la corruzione internazionale e l’Eni è stata iscritta nel registro degli indagati perché la legge del 2001 estende alle persone giuridiche la responsabilità per reati commessi in Italia e all’estero da persone fisiche che operano per la società.
Il secondo atto notificato all’Eni è una richiesta di acquisizione di una lunga serie di documenti riguardanti l’accordo stipulato nell’aprile del 2011 con il governo nigeriano e anche le trattative intervenute nel 2009-2010 con la società Malabu. Risulta indagato Gianluca Di Nardo, l’imprenditore legato da un lato all’uomo di affari che faceva da interfaccia con i nigeriani, Ebeka Obi e dall’altro a Luigi Bisignani, che garantiva un canale preferenziale grazie al suo amico: l’allora amministratore dell’Eni, Paolo Scaroni. L’indagine dei pm De Pasquale e Spadaro coinvolge anche l’ex amministratore dell’Eni e Bisignani, che è stato già sentito dai pm a Milano nei mesi scorsi. Nel doppio avviso all’Eni la Procura non scopre le sue carte. Tutto parte dai numerosi esposti dell’associazione Re:common. L’indagine ha però preso vigore quando sono state acquisite dai pm milanesi le intercettazioni dell’indagine del 2010 sulla cosiddetta P4 di Henry John Woodcock e Francesco Curcio.
In quelle intercettazioni emerge chiaramente l’intervento di Bisignani, attivato dal suo amico Di Nardo, su vertici dell’Eni di allora. Bisignani, che poi ha patteggiato nell’indagine P4 una pena di 19 mesi per associazione a delinquere e rivelazione di segreto, parlava al telefono con il suo compagno di partite a tennis Scaroni e anche con Claudio Descalzi. L’attuale amministratore delegato dell’Eni agiva su indicazione del suo capo di allora ma ha partecipato a numerosi incontri con il mediatore Obi e anche a una cena all’hotel Principe Savoia di Milano con l’ex ministro nigeriano Dan Etete, personaggio chiave del caso. Etete deteneva la concessione OPL 245 dal 1998 quando, poco prima di lasciare il posto di ministro dell’energia nel Governo nigeriano del generale Abacha, la assegnò alla società Malabu, riferibile tramite prestanomi, a lui stesso e al generale Abacha. La posta in gioco è enorme. OPL 245 è un giacimento immenso così descritto dal bilancio dell’Eni: “L’area comprende il maggiore potenziale minerario non sviluppato dell’offshore profondo del Paese. Le riserve scoperte sono stimate in circa 500 milioni di boe”, cioè barili di petrolio equivalente.
Scaroni l’8 marzo 2011 dichiarava al pm Woodcock: “Tale trattativa (con Malabu di Etete, ndr) non è andata a buon fine”. Invece con uno schema diverso rispetto a quello descritto nelle telefonate Scaroni-Bisignani del novembre 2010, l’affare da 1,3 miliardi è andato in porto con il Governo ma sempre a beneficio di Etete, che alla fine ha incassato un miliardo e 92 milioni di dollari, due mesi dopo, alla fine di aprile 2011. La concessione è stata per anni contesa e quando Etete nel 2009 ha deciso di venderla è entrato in campo il mediatore Obi e il suo referente italiano, Gianluca Di Nardo. Questi ha messo in pista Luigi Bisignani che ha contattato Paolo Scaroni. Per un lungo periodo fino al novembre del 2010 le trattative sono andate avanti tra Etete e l’Eni atraverso i due mediatori: il russo Ednan Agaev e il nigeriano Obi. L’affare alla fine però si è concluso con un altro schema. La concessione è stata ceduta a Eni non da Etete, che era accusato di averla ‘rubata’ al suo Governo, ma dal Governo Nigeriano stesso. Prima la Nigeria ha firmato una transazione con Etete per riprendersi la concessione e contestualmente l’ha girata all’ENI. La società italiana ha pagato esattamente la stessa cifra pattuita con la Malabu di Etete, a seguito delle trattative con la cordata Obi-Di Nardo-Bisignani: un miliardo e 92 milioni di dollari.
Il Governo nigeriano in più ha avuto dall’altra società petrolifera interessata all’affare con ENI, l’olandese Shell, un bonus di circa 200 milioni di dollari. Tutti questi particolari sull’affare sono divenuti di dominio pubblico grazie a una causa civile a Londra tra Malabu e le società dei suoi mediatori. Obi e Agaev hanno trascinato Malabu in giudizio rispettivamente a New York e Londra perché sono stati fatti fuori dall’affare. L’ex ministro Etete, ceduta la concessione e incassato il miliardo, non ha pagato i 200 milioni di dollari promessi ai due mediatori. Obi ha vinto la causa a luglio del 2013 davanti alla High Court londinese ottenendo il riconoscimento del diritto ad avere il 7,5 per cento dell’affare: 110,5 milioni. Le carte londinesi sono finite nel fascicolo dei pm De Pasquale e Spadaro. La sentenza descrive la trattativa Etete-Eni e il ruolo dell’allora direttore generale Eni Claudio Descalzi. In particolare il 4 febbraio 2010 all’hotel Principe di Savoia di Milano Descalzi partecipa a un incontro con Etete, Obi e Agaev, nella fase in cui Eni trattava ancora con Malabu.
Ovviamente De Scalzi non risulta indagato anche se è stato intercettato dalla Procura di Napoli mentre parlava di questo affare con Luigi Bisignani il 14 ottobre del 2010. “Eni ha ricevuto notizia – spiega al Fatto la società – dell’apertura di un’indagine da parte della Procura di Milano riguardo all’acquisizione del blocco OPL 245 in Nigeria da parte di Eni e Shell; la Procura ha richiesto la trasmissione di alcuni documenti. Eni dichiara la totale correttezza del proprio operato nella transazione in questione e assicurerà alla magistratura italiana la massima collaborazione. Eni ricorda che la concessione in questione denominata OPL 245 è stata assegnata a Eni e Shell dal Governo Nigeriano nel corso del 2011. I relativi accordi sono stati conclusi da Eni, senza l’ausilio di alcun intermediario ed unicamente con il governo Federale e Shell. Il pagamento del prezzo concordato è stato effettuato all’assegnazione del Blocco su un conto corrente vincolato a nome del Governo Nigeriano presso una banca internazionale. Nessun accordo commerciale è stato raggiunto da Eni con la società Malabu”.
Da Il Fatto Quotidiano del 4 luglio 2014
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Re: TANGENTI
Bisignani è sempre presente in tutte le porcate italiane.
Eni, la telefonata tra Bisignani e l’ad Descalzi sull’accordo segreto
Nell'intercettazione del 13 ottobre 2010, secondo i magistrati i due discutono di come fare acquisire il giacimento OPL 245 dalla società Malabu tramite mediatori amici del faccendiere
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 settembre 2014Commenti (17)
Il 13 ottobre 2010 gli investigatori registrano questa telefonata tra Luigi Bisignani, amico di Paolo Scaroni allora capo di Eni, e Claudio Descalzi, suo numero due e oggi ad del gruppo. Secondo l’accusa, discutono di come fare acquisire il giacimento OPL 245 dalla società Malabu tramite mediatori amici di Bisignani (che ne avrebbe tratto un utile): il nigeriano Obi e Gianluca Dinardo. Formalmente l’acquisto di Eni passerà attraverso il governo nigeriano ma il negoziato viene condotto dal duo Dinardo-Bisignani, con Obi, per arrivare alla Malabu dell’ex ministro nigeriano Dan Etete. Poco prima Dinardo dice a Bisignani: “Vanno direttamente da lui (Etete, Ndr) ci hanno detto, voi ovviamente non prendete nulla, ci hanno inculato”.
Bisignani: Ho visto i nostri ora. Sto ricevendo un segnale che mi lascia davvero perplesso, che sono stati mandati direttamente a lui e non attraverso i nostri. Se le cose stanno così, è come se noi non avessimo fatto un caXXo.
Descalzi: Perché?
Bisignani: Beh, perché, eh… si sentono completamente, e lo faranno, come se qualcuno, voglio dire, fosse rimasto completamente fuori da tutto.
Descalzi: Il venditore?
Bisignani: Ovvio, voglio dire, deve arrivarci attraverso quello che hai visto oggi, altrimenti…
Descalzi: Io gli ho parlato, in realtà gli ho parlato.
Bisignani: Sì, ma devi dargli la roba, non dargliela direttamente a quell’altro.
Descalzi: No, gliela darò domani perché quello che abbiamo detto loro… no, nessuno ha mai detto a… (incomprensibile) Non abbiamo mai avuto neppure i contatti con l’altro.
Bisignani: Ah, ottimo. Consegna direttamente a lui, per quanto duro possa essere il suo. Poi finirà lui per te.
Descalzi: Assolutamente. Gli ho detto… (incomprensibile) … te lo diamo domani e stava arrivando… (incomprensibile) per finire il… (incomprensibile) e allora ci daremo un’occhiata.
Bisignani: Perfetto. Consegna direttamente a lui. Così vedi che loro non hanno capito un caXXo.
Descalzi: No, abbiamo parlato soltanto con lui e con nessun’altro, quindi è impossibile.
da Il Fatto Quotidiano del 12 settembre 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... o/1118804/
Eni, la telefonata tra Bisignani e l’ad Descalzi sull’accordo segreto
Nell'intercettazione del 13 ottobre 2010, secondo i magistrati i due discutono di come fare acquisire il giacimento OPL 245 dalla società Malabu tramite mediatori amici del faccendiere
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 settembre 2014Commenti (17)
Il 13 ottobre 2010 gli investigatori registrano questa telefonata tra Luigi Bisignani, amico di Paolo Scaroni allora capo di Eni, e Claudio Descalzi, suo numero due e oggi ad del gruppo. Secondo l’accusa, discutono di come fare acquisire il giacimento OPL 245 dalla società Malabu tramite mediatori amici di Bisignani (che ne avrebbe tratto un utile): il nigeriano Obi e Gianluca Dinardo. Formalmente l’acquisto di Eni passerà attraverso il governo nigeriano ma il negoziato viene condotto dal duo Dinardo-Bisignani, con Obi, per arrivare alla Malabu dell’ex ministro nigeriano Dan Etete. Poco prima Dinardo dice a Bisignani: “Vanno direttamente da lui (Etete, Ndr) ci hanno detto, voi ovviamente non prendete nulla, ci hanno inculato”.
Bisignani: Ho visto i nostri ora. Sto ricevendo un segnale che mi lascia davvero perplesso, che sono stati mandati direttamente a lui e non attraverso i nostri. Se le cose stanno così, è come se noi non avessimo fatto un caXXo.
Descalzi: Perché?
Bisignani: Beh, perché, eh… si sentono completamente, e lo faranno, come se qualcuno, voglio dire, fosse rimasto completamente fuori da tutto.
Descalzi: Il venditore?
Bisignani: Ovvio, voglio dire, deve arrivarci attraverso quello che hai visto oggi, altrimenti…
Descalzi: Io gli ho parlato, in realtà gli ho parlato.
Bisignani: Sì, ma devi dargli la roba, non dargliela direttamente a quell’altro.
Descalzi: No, gliela darò domani perché quello che abbiamo detto loro… no, nessuno ha mai detto a… (incomprensibile) Non abbiamo mai avuto neppure i contatti con l’altro.
Bisignani: Ah, ottimo. Consegna direttamente a lui, per quanto duro possa essere il suo. Poi finirà lui per te.
Descalzi: Assolutamente. Gli ho detto… (incomprensibile) … te lo diamo domani e stava arrivando… (incomprensibile) per finire il… (incomprensibile) e allora ci daremo un’occhiata.
Bisignani: Perfetto. Consegna direttamente a lui. Così vedi che loro non hanno capito un caXXo.
Descalzi: No, abbiamo parlato soltanto con lui e con nessun’altro, quindi è impossibile.
da Il Fatto Quotidiano del 12 settembre 2014
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Re: TANGENTI
La vox populi:
override • 3 ore fa
Descalzi ne era al corrente, appoggiava e avallava. In spite of all, cioè nonostante tutto frottolo lo appoggia, lo ri-nominerebbe e gioisce. Leccando un bel gelato. Bimbomin. kia ma come fá a restare ancora in piedi con tutti i ceffoni che ogni giorno prende da Helsinky a La Valletta?
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Gen_Desaix • 4 ore fa
....ma dai ragazzi è il mondo, .....è la vita. La corruzione è come la prostituzione: esiste da sempre e continuerà ad esistere. Va solo "gestita e controllata". Giuda è stato corrotto per trenta denari (si accontentavano a quesi tempi), Giacobbe corruppe il fratello Esaù per un piatto di lenticchie .....ce ne saranno altri di esempi celebri e biblicamente rilevanti.
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Manu_Manu • 5 ore fa
La cosa curiosa è che gli "incomprensibile" appaiono dove sembrerebbero esserci nomi di persona.
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hucco • 5 ore fa
"Io Descalzi lo risceglierei". Io invece questo personaggio spaccone e presuntuoso come pochi, non lo nominerei neanche capoclasse.
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Gino Sasso • 6 ore fa
Purtroppo il Paese vede ogni anno sparire €330 miliardi nelle tasche di chi si occupa di corruzione, di chi opera nel settore in nero e di chi evade al fisco.
Dunque il paese necessità di magistrati seri.
Nei Paesi seri civili UE i magistrati che si lasciano scappare indiscrezioni tipo quelle riportare dal FQ su materiale che loro pensano sia incriminante finiscono a scartabellare dati in uno scantinato di un palazzo di giustizia in una provincia remota del paese.
Da noi no.
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Savoia Marchetti Gino Sasso • 27 minuti fa
AH, ecco.
Il problema sono i magistrati.
Hai capito, il SASSO (di nome e di fatto).
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ararar3 Gino Sasso • 6 ore fa
confermo, al confronto con l'estero in italia è tutto subito sui media.
Come il caso del video nella locale mafiosa a frauenfeld, le autorità straniere si sono irritate per la velocità con cui venivano pubblicate le informazioni, così tutti sapevano tutto subito.
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Gen_Desaix • 6 ore fa
Unico dato certo: la cornetta del telefono è difettosa, troppi rumori di sottofondo e parole "incomprensibili"
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Surak 2.0 • 7 ore fa
E quindi? Valore di prova zero (o mi sono perso qualche passaggio?)
Che poi i mediatori non lavorino gratis, mi pare ovvio.
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Roberto Di Filippo Surak 2.0 • 7 ore fa
Visto che avviene nel paese n. 69 della graduatoria della corruzione e che ci costa probabilmente 60 miliardi annui (1000 euro a testa) io quanto meno mi insospettirei ed indagherei. Se poi ti piace stare in un paese delle banane girati dall'altra parte e fai finta di nulla (come hai appena fatto).
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Lina Roberto Di Filippo • 6 ore fa
Non è che gli piace...gli conviene!
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Surak 2.0 Roberto Di Filippo • 7 ore fa
Veramente qui si parla di corruzione in Nigeria (come fanno tutti) e che arrichisce l'Italia, ma resta il fatto che la trascrizione non dice un bel nulla sul presunto reato.
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massimo piacere Surak 2.0 • 5 ore fa
rdicolo, lo sai quanti soldi saranno spariti dalla tangente principale dirottati su conti offshore dei politici e faccendieri che hanno le mani in pasta??? sono tutti soldi nostri, soldi delle tasse di persone che si alzano alle 5 di mattina per sopravvivere alle ruberie diq uesti ladri di stato e tu li giustifichi???????? svegliati renzino, ILLEGALITA' E' DI MODA SOLO IN ITALIA
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Lina Surak 2.0 • 6 ore fa
"Come fanno tutti" che vuol dire...che va bene?
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papie Lina • 6 ore fa
Vuol dire che surak tifa per i ladri.
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Marco Bechini Surak 2.0 • 6 ore fa
Fai esattamente come renzino che dice "io descalzi lo risceglierei".
Tu e renzi bella gentaglia che siete.
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antocar Surak 2.0 • 6 ore fa
E quel "come fanno tutti" che non sopporto!
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override • 3 ore fa
Descalzi ne era al corrente, appoggiava e avallava. In spite of all, cioè nonostante tutto frottolo lo appoggia, lo ri-nominerebbe e gioisce. Leccando un bel gelato. Bimbomin. kia ma come fá a restare ancora in piedi con tutti i ceffoni che ogni giorno prende da Helsinky a La Valletta?
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Gen_Desaix • 4 ore fa
....ma dai ragazzi è il mondo, .....è la vita. La corruzione è come la prostituzione: esiste da sempre e continuerà ad esistere. Va solo "gestita e controllata". Giuda è stato corrotto per trenta denari (si accontentavano a quesi tempi), Giacobbe corruppe il fratello Esaù per un piatto di lenticchie .....ce ne saranno altri di esempi celebri e biblicamente rilevanti.
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Manu_Manu • 5 ore fa
La cosa curiosa è che gli "incomprensibile" appaiono dove sembrerebbero esserci nomi di persona.
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hucco • 5 ore fa
"Io Descalzi lo risceglierei". Io invece questo personaggio spaccone e presuntuoso come pochi, non lo nominerei neanche capoclasse.
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Gino Sasso • 6 ore fa
Purtroppo il Paese vede ogni anno sparire €330 miliardi nelle tasche di chi si occupa di corruzione, di chi opera nel settore in nero e di chi evade al fisco.
Dunque il paese necessità di magistrati seri.
Nei Paesi seri civili UE i magistrati che si lasciano scappare indiscrezioni tipo quelle riportare dal FQ su materiale che loro pensano sia incriminante finiscono a scartabellare dati in uno scantinato di un palazzo di giustizia in una provincia remota del paese.
Da noi no.
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Savoia Marchetti Gino Sasso • 27 minuti fa
AH, ecco.
Il problema sono i magistrati.
Hai capito, il SASSO (di nome e di fatto).
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ararar3 Gino Sasso • 6 ore fa
confermo, al confronto con l'estero in italia è tutto subito sui media.
Come il caso del video nella locale mafiosa a frauenfeld, le autorità straniere si sono irritate per la velocità con cui venivano pubblicate le informazioni, così tutti sapevano tutto subito.
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Gen_Desaix • 6 ore fa
Unico dato certo: la cornetta del telefono è difettosa, troppi rumori di sottofondo e parole "incomprensibili"
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Surak 2.0 • 7 ore fa
E quindi? Valore di prova zero (o mi sono perso qualche passaggio?)
Che poi i mediatori non lavorino gratis, mi pare ovvio.
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Roberto Di Filippo Surak 2.0 • 7 ore fa
Visto che avviene nel paese n. 69 della graduatoria della corruzione e che ci costa probabilmente 60 miliardi annui (1000 euro a testa) io quanto meno mi insospettirei ed indagherei. Se poi ti piace stare in un paese delle banane girati dall'altra parte e fai finta di nulla (come hai appena fatto).
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Lina Roberto Di Filippo • 6 ore fa
Non è che gli piace...gli conviene!
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Surak 2.0 Roberto Di Filippo • 7 ore fa
Veramente qui si parla di corruzione in Nigeria (come fanno tutti) e che arrichisce l'Italia, ma resta il fatto che la trascrizione non dice un bel nulla sul presunto reato.
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massimo piacere Surak 2.0 • 5 ore fa
rdicolo, lo sai quanti soldi saranno spariti dalla tangente principale dirottati su conti offshore dei politici e faccendieri che hanno le mani in pasta??? sono tutti soldi nostri, soldi delle tasse di persone che si alzano alle 5 di mattina per sopravvivere alle ruberie diq uesti ladri di stato e tu li giustifichi???????? svegliati renzino, ILLEGALITA' E' DI MODA SOLO IN ITALIA
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Lina Surak 2.0 • 6 ore fa
"Come fanno tutti" che vuol dire...che va bene?
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papie Lina • 6 ore fa
Vuol dire che surak tifa per i ladri.
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Marco Bechini Surak 2.0 • 6 ore fa
Fai esattamente come renzino che dice "io descalzi lo risceglierei".
Tu e renzi bella gentaglia che siete.
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antocar Surak 2.0 • 6 ore fa
E quel "come fanno tutti" che non sopporto!
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Re: TANGENTI
Pittibimbo assomiglia sempre di più a "suo nonno" Benny. Sulla 7 stanno trasmettendo ora "Mussolini ultimo atto". Stessa testardaggine.
Altro che:
#cambiaverso
E' sempre la stessa musica.
Eni, Descalzi indagato? Renzi: “Felice di averlo scelto. Lo rifarei domattina”
La Procura di Milano ritiene che "Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita". Una responsabilità secondo gli inquirenti, quindi soggettiva e non oggettiva. Per il pm di Milano Fabio De Pasquale (lo stesso che ha fatto condannare Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, ndr) i due top manager hanno avuto un ruolo attivo, da protagonisti nell'ultima storia di corruzione che coinvolge il gruppo
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 settembre 2014
Commenti (1194)
Indagato per una maxi tangente da oltre 200 milioni, ma il premier lo difende e lo sceglierebbe nuovamente.
“Si ritiene che Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita”. Paolo Scaroni e Claudio Descalzi, sono l’ex e l’attuale ad di Eni e l’attività illecita e l’ultima storia di corruzione che coinvolge il cane a sei zampe e i suoi vertici. Una storia di corruzione che ritorna, questa volta il luogo è la Nigeria, in cui i due top manager, secondo il pm di Milano Fabio De Pasquale (lo stesso che ha fatto condannare Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, ndr) hanno un ruolo attivo, da protagonisti, una, allo stato, presunta responsabilità soggettiva e non oggettiva. E “la somma di 215 milioni”, se non fosse stata ora bloccata tra Gran Bretagna e Svizzera, sarebbe stata “certamente destinata” non solo “a remunerare pubblici ufficiali” africani ma anche “a pagare kickbacks to Eni managers”, cioè “tangenti a manager Eni e agli intermediari Obi/Agaev e Di Nardo/Bisignani”.
Pubblicità
Eppure questa mattina uno dei cinque tweet del premier è stato di conferma per l’amministratore delegato iscritto nel registro degli indagati per corruzione internazionale: “Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di Eni. Potessi lo rifarei domattina. Io rispetto le indagini e aspetto le sentenze” ha cinguettato il presidente del Consiglio il giorno dopo l’ennesima bufera giudiziaria sul gruppo per una presunta a maxi-tangente su appalto da 1 miliardo e 92 milioni di dollari. Mazzetta versata per l’acquisto della concessione del giacimento petrolifero ‘Opl-245′ in Nigeria e la cui ‘fetta’ più consistente, circa 800 milioni, sarebbe stata ripartita tra politici e intermediari africani, mentre la restante parte sarebbe appunto stata destinata a mediatori e manager italiani e europei.
Da alcuni passaggi delle rogatorie internazionali, ormai diventate pubbliche con il sequestro di parte dei soldi la Procura mette nero su bianco la tesi per cui “Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita. Descalzi era anche in continuo contatto con Obi. Luigi Bisignani era il collegamento tra i vertici dell’Eni e gli intermediari Obi e Gianluca Di Nardo”, imprenditore italiano amico di Bisignani e socio di Obi nella prima fase della negoziazione Eni. Tutti indagati. Descalzi, nominato solo qualche mese dal governo Renzi, è finito sotto inchiesta per il suo ruolo, i fatti risalgono al 2011, quando era a capo della Divisione Exploration&Production.
Agli atti dell’inchiesta, da quanto si è saputo, ci sono, oltre a scambi di e-mail, anche alcune intercettazioni tra Luigi Bisignani – che avrebbe avuto un ruolo da mediatore nell’affare, assieme al procacciatore d’affari Gianluca Di Nardo (indagato) – e Descalzi. “Ho avuto solo modo di segnalare anni fa all’Eni un’opportunità che mi veniva rappresentata – ha spiegato Bisignani – e che è stata peraltro accantonata e sono quindi rimasto assolutamente estraneo ad ogni trattativa e a qualsiasi tipo di accordo e di remunerazione”. Secondo la ricostruzione della Procura, invece, tutta l’operazione di acquisto della concessione del campo di esplorazione petrolifera ha alla base una sorta di “anomalia genetica”: l’ex ministro nigeriano Dan Etete, infatti, alla fine degli anni ’90 si ‘auto-assegnò’ la concessione del giacimento a costo zero, tramite la società Malabu e attraverso prestanome. E ciò diede origine all’epoca anche ad una serie di cause tra Malabu, l’ex ministro e il governo nigeriano che voleva riprendersi l’utilizzo della concessione. Governo che riuscì a revocare quella concessione, ma poi nel 2006 la assegnò nuovamente a Malabu.
Nel 2011, sempre stando a quanto ricostruito dalle indagini, Eni ha acquistato dal governo nigeriano la concessione per 1 miliardo e 92 milioni di dollari, una cifra che, però, gli inquirenti contestano tutta come presunto prezzo della corruzione internazionale. Secondo l’accusa, infatti, il management di Eni ha versato la cifra su conti londinesi del governo nigeriano, sapendo tuttavia che parte di quei soldi, circa 800 milioni di dollari, sono stati poi effettivamente versati a Malabu tra la primavera e l’estate del 2011. Secondo le indagini, proprio Malabu è stata utilizzata, in sostanza, come società ‘schermo’ o ‘paravento’ per il meccanismo corruttivo e, in particolare, per far arrivare le presunte mazzette a politici nigeriani e ad una serie di intermediari e manager, anche in Italia. E quei 190 milioni, rintracciati e bloccati su conti londinesi ed elvetici riconducibili alla società Malabu, sarebbero, dunque, solo una parte della presunta maxi-tangente da oltre un miliardo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1118649/
Altro che:
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E' sempre la stessa musica.
Eni, Descalzi indagato? Renzi: “Felice di averlo scelto. Lo rifarei domattina”
La Procura di Milano ritiene che "Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita". Una responsabilità secondo gli inquirenti, quindi soggettiva e non oggettiva. Per il pm di Milano Fabio De Pasquale (lo stesso che ha fatto condannare Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, ndr) i due top manager hanno avuto un ruolo attivo, da protagonisti nell'ultima storia di corruzione che coinvolge il gruppo
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 settembre 2014
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Indagato per una maxi tangente da oltre 200 milioni, ma il premier lo difende e lo sceglierebbe nuovamente.
“Si ritiene che Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita”. Paolo Scaroni e Claudio Descalzi, sono l’ex e l’attuale ad di Eni e l’attività illecita e l’ultima storia di corruzione che coinvolge il cane a sei zampe e i suoi vertici. Una storia di corruzione che ritorna, questa volta il luogo è la Nigeria, in cui i due top manager, secondo il pm di Milano Fabio De Pasquale (lo stesso che ha fatto condannare Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, ndr) hanno un ruolo attivo, da protagonisti, una, allo stato, presunta responsabilità soggettiva e non oggettiva. E “la somma di 215 milioni”, se non fosse stata ora bloccata tra Gran Bretagna e Svizzera, sarebbe stata “certamente destinata” non solo “a remunerare pubblici ufficiali” africani ma anche “a pagare kickbacks to Eni managers”, cioè “tangenti a manager Eni e agli intermediari Obi/Agaev e Di Nardo/Bisignani”.
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Eppure questa mattina uno dei cinque tweet del premier è stato di conferma per l’amministratore delegato iscritto nel registro degli indagati per corruzione internazionale: “Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di Eni. Potessi lo rifarei domattina. Io rispetto le indagini e aspetto le sentenze” ha cinguettato il presidente del Consiglio il giorno dopo l’ennesima bufera giudiziaria sul gruppo per una presunta a maxi-tangente su appalto da 1 miliardo e 92 milioni di dollari. Mazzetta versata per l’acquisto della concessione del giacimento petrolifero ‘Opl-245′ in Nigeria e la cui ‘fetta’ più consistente, circa 800 milioni, sarebbe stata ripartita tra politici e intermediari africani, mentre la restante parte sarebbe appunto stata destinata a mediatori e manager italiani e europei.
Da alcuni passaggi delle rogatorie internazionali, ormai diventate pubbliche con il sequestro di parte dei soldi la Procura mette nero su bianco la tesi per cui “Scaroni e Descalzi abbiano organizzato e diretto l’attività illecita. Descalzi era anche in continuo contatto con Obi. Luigi Bisignani era il collegamento tra i vertici dell’Eni e gli intermediari Obi e Gianluca Di Nardo”, imprenditore italiano amico di Bisignani e socio di Obi nella prima fase della negoziazione Eni. Tutti indagati. Descalzi, nominato solo qualche mese dal governo Renzi, è finito sotto inchiesta per il suo ruolo, i fatti risalgono al 2011, quando era a capo della Divisione Exploration&Production.
Agli atti dell’inchiesta, da quanto si è saputo, ci sono, oltre a scambi di e-mail, anche alcune intercettazioni tra Luigi Bisignani – che avrebbe avuto un ruolo da mediatore nell’affare, assieme al procacciatore d’affari Gianluca Di Nardo (indagato) – e Descalzi. “Ho avuto solo modo di segnalare anni fa all’Eni un’opportunità che mi veniva rappresentata – ha spiegato Bisignani – e che è stata peraltro accantonata e sono quindi rimasto assolutamente estraneo ad ogni trattativa e a qualsiasi tipo di accordo e di remunerazione”. Secondo la ricostruzione della Procura, invece, tutta l’operazione di acquisto della concessione del campo di esplorazione petrolifera ha alla base una sorta di “anomalia genetica”: l’ex ministro nigeriano Dan Etete, infatti, alla fine degli anni ’90 si ‘auto-assegnò’ la concessione del giacimento a costo zero, tramite la società Malabu e attraverso prestanome. E ciò diede origine all’epoca anche ad una serie di cause tra Malabu, l’ex ministro e il governo nigeriano che voleva riprendersi l’utilizzo della concessione. Governo che riuscì a revocare quella concessione, ma poi nel 2006 la assegnò nuovamente a Malabu.
Nel 2011, sempre stando a quanto ricostruito dalle indagini, Eni ha acquistato dal governo nigeriano la concessione per 1 miliardo e 92 milioni di dollari, una cifra che, però, gli inquirenti contestano tutta come presunto prezzo della corruzione internazionale. Secondo l’accusa, infatti, il management di Eni ha versato la cifra su conti londinesi del governo nigeriano, sapendo tuttavia che parte di quei soldi, circa 800 milioni di dollari, sono stati poi effettivamente versati a Malabu tra la primavera e l’estate del 2011. Secondo le indagini, proprio Malabu è stata utilizzata, in sostanza, come società ‘schermo’ o ‘paravento’ per il meccanismo corruttivo e, in particolare, per far arrivare le presunte mazzette a politici nigeriani e ad una serie di intermediari e manager, anche in Italia. E quei 190 milioni, rintracciati e bloccati su conti londinesi ed elvetici riconducibili alla società Malabu, sarebbero, dunque, solo una parte della presunta maxi-tangente da oltre un miliardo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1118649/
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Re: TANGENTI
La vox populi:
1Casablanca • 36 minuti fa
Non con tutti , ma con alcuni , Matteo mantiene la parola data
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Enrico Cannizzaro • un'ora fa
Però - diciamocelo- una bella nomina a Totò U Curtu oltre all'orgoglio darebbe anche la felicità! Vuoi mettere quanto sarebbe più deflagrante poter urlare ai gufi: L'ho fatto e lo rifarei. Perché io so' io e voi..."
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1Casablanca • 36 minuti fa
Non con tutti , ma con alcuni , Matteo mantiene la parola data
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Enrico Cannizzaro • un'ora fa
Però - diciamocelo- una bella nomina a Totò U Curtu oltre all'orgoglio darebbe anche la felicità! Vuoi mettere quanto sarebbe più deflagrante poter urlare ai gufi: L'ho fatto e lo rifarei. Perché io so' io e voi..."
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Re: TANGENTI
arunk • un'ora fa
Strutture del tipo dell'ENI non dovrebbero essere pubbliche.
La gestione pubblica va sempre a finire in questo modo.
L'ambiente industriale italiano gestito dal sistema pubblico, nasconde interessi personali attraverso necessarie azioni commerciali (mani con colla a presa rapida).
Si mormora (vox populi) che normalmente, e questo (si mormora) è molto comune per aziende controllate dallo stato, molti dirigenti formano imprese alle quali danno subappalti (incrociati: io dare sub appalto a tua impresa e tu dare sub appalto a mia... quando va bene fare cose assieme). Non sarebbe male un controllo orientato a vedere se quanto si racconta coincide al vero.
Si mormora (vox populi) che esiste un'azienda di ingegneria controllata da xxx, che a sua volta è controllata dalla yyy controllata dal Tesoro, che sistematicamente subappalta le proprie attività ad aziende di dipendenti (coperte da - intestate a - ex-dipendenti), lasciando la struttura a libro paga a farsi gli affari loro, con un conflitto di interessi "pauroso". Anche in questo caso sarebbe interessante metterci il naso... tanto per rassicurare il contribuente, che, quanto viene mormorato, è falso.
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Strutture del tipo dell'ENI non dovrebbero essere pubbliche.
La gestione pubblica va sempre a finire in questo modo.
L'ambiente industriale italiano gestito dal sistema pubblico, nasconde interessi personali attraverso necessarie azioni commerciali (mani con colla a presa rapida).
Si mormora (vox populi) che normalmente, e questo (si mormora) è molto comune per aziende controllate dallo stato, molti dirigenti formano imprese alle quali danno subappalti (incrociati: io dare sub appalto a tua impresa e tu dare sub appalto a mia... quando va bene fare cose assieme). Non sarebbe male un controllo orientato a vedere se quanto si racconta coincide al vero.
Si mormora (vox populi) che esiste un'azienda di ingegneria controllata da xxx, che a sua volta è controllata dalla yyy controllata dal Tesoro, che sistematicamente subappalta le proprie attività ad aziende di dipendenti (coperte da - intestate a - ex-dipendenti), lasciando la struttura a libro paga a farsi gli affari loro, con un conflitto di interessi "pauroso". Anche in questo caso sarebbe interessante metterci il naso... tanto per rassicurare il contribuente, che, quanto viene mormorato, è falso.
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Re: TANGENTI
Piercamillo Davigo: gli italiani dovrebbero temere di più i crimini dei colletti bianchi
11/09/2014
Spesso a far notizia e spaventare di più sono i crimini considerati “normali”, come gli omicidi o i furti per le strade, enfatizzati dal sistema mediatico. Si tratta di un errore di valutazione secondo l’ex membro del pool di Mani Pulite, Piercamillo Davigo. A spaventare molto di più gli italiani dovrebbero essere i crimini dei colletti bianchi come falso in bilancio, reati societari, corruzione e riciclaggio, che invece restano avvolti da un’aura di impunità, perché – almeno inizialmente – sembrano non intaccare le vite dei cittadini.
In Italia “non c’è biasimo della società, non c’è un costo reputazione nel commettere reati finanziari”, ha spiegato il pm nel suo intervento al forum Ambrosetti di Cernobbio, sottolineando come la legislazione ancora carente di cui disponiamo e la giustizia dai tempi biblici hanno finito col vanificare anche quanto di buono è stato fatto in passato.
Cosa ne pensi? Dillo nei commenti
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11/09/2014
Spesso a far notizia e spaventare di più sono i crimini considerati “normali”, come gli omicidi o i furti per le strade, enfatizzati dal sistema mediatico. Si tratta di un errore di valutazione secondo l’ex membro del pool di Mani Pulite, Piercamillo Davigo. A spaventare molto di più gli italiani dovrebbero essere i crimini dei colletti bianchi come falso in bilancio, reati societari, corruzione e riciclaggio, che invece restano avvolti da un’aura di impunità, perché – almeno inizialmente – sembrano non intaccare le vite dei cittadini.
In Italia “non c’è biasimo della società, non c’è un costo reputazione nel commettere reati finanziari”, ha spiegato il pm nel suo intervento al forum Ambrosetti di Cernobbio, sottolineando come la legislazione ancora carente di cui disponiamo e la giustizia dai tempi biblici hanno finito col vanificare anche quanto di buono è stato fatto in passato.
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Re: TANGENTI
Questa mi mancava nella galleria delle tangenti.
IL CASO
Medico incassa la tangente
ma la paziente muore in clinica
Il chirurgo Michele Ragusa rinviato a giudizio per aver preteso una «bustarella» da mille euro per operare una donna poi deceduta dopo l’intervento
di G. D. S.
Una tangente di mille euro per operare una paziente, poi morta pochi giorni dopo proprio a causa dell’intervento chirurgico.
A pretendere la bustarella nel maggio del 2013 sarebbe stato Michele Ragusa, chirurgo della clinica Guarnieri convenzionata con il servizio sanitario regionale, rinviato a giudizio per concussione.
I guai del dottore, tuttavia, non sono terminati ieri con la decisione del gup. Il medico rischia di sedere sul banco degli imputati anche con l’accusa di omicidio colposo poiché Raffaella Silvestro, 65 anni, vittima dell’estorsione, è morta nel maggio dello scorso anno dopo l’operazione.
In questo secondo filone il pm Claudia Alberti ha chiuso l’indagine nei confronti non solo di Ragusa ma anche di altri sette medici: Francesca Priori, Vanessa Licitra, Massimiliano Caranese, Laura Pasquale, Andrea Giovani, Raffaele Gargiulo e Francesco Guarnieri. «E’ difficile commentare questa vicenda sul piano etico» dice l’avvocato Giampaolo Balzarelli, legale dei familiari della vittima.
18 settembre 2014 | 14:44
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca ... 65fe.shtml
IL CASO
Medico incassa la tangente
ma la paziente muore in clinica
Il chirurgo Michele Ragusa rinviato a giudizio per aver preteso una «bustarella» da mille euro per operare una donna poi deceduta dopo l’intervento
di G. D. S.
Una tangente di mille euro per operare una paziente, poi morta pochi giorni dopo proprio a causa dell’intervento chirurgico.
A pretendere la bustarella nel maggio del 2013 sarebbe stato Michele Ragusa, chirurgo della clinica Guarnieri convenzionata con il servizio sanitario regionale, rinviato a giudizio per concussione.
I guai del dottore, tuttavia, non sono terminati ieri con la decisione del gup. Il medico rischia di sedere sul banco degli imputati anche con l’accusa di omicidio colposo poiché Raffaella Silvestro, 65 anni, vittima dell’estorsione, è morta nel maggio dello scorso anno dopo l’operazione.
In questo secondo filone il pm Claudia Alberti ha chiuso l’indagine nei confronti non solo di Ragusa ma anche di altri sette medici: Francesca Priori, Vanessa Licitra, Massimiliano Caranese, Laura Pasquale, Andrea Giovani, Raffaele Gargiulo e Francesco Guarnieri. «E’ difficile commentare questa vicenda sul piano etico» dice l’avvocato Giampaolo Balzarelli, legale dei familiari della vittima.
18 settembre 2014 | 14:44
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http://roma.corriere.it/notizie/cronaca ... 65fe.shtml
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