LA LUNGA AGONIA ITALIANA
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LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Sui quotidiani di stamani venivano commentate le parole di Pier Luigi Bersani:
Vedo che Verdini e Berlusconi vengono trattati da Renzi con educazione e rispetto anche se sono della vecchia guardia
Nel primo pomeriggio, compare sul sito del Corriere.it la notizia sotto riportata.
Le amicizie e le alleanze di Pinocchio, Benito, Matteo Renzi sono queste.
La malattia più grave e profonda che registrano i tricolori nei confronti della casta è la totale mancanza di credibilità.
Da molti mesi nei sondaggi di fiducia nelle istituzioni, i politici politicanti figurano permanentemente all'ultimo posto.
Due giorni fa, Pinocchio, Benito, Matteo, ha dichiarato Urbi & Orbi, più Orbi che Urbi:
«Siamo qui per cambiare l’Italia, non accetteremo mai di fare le foglie di fico alla vecchia guardia»
Sì cambiare tutto per non cambiare nulla. Eppure, nello Stivalone, secondo i dati Ixè di venerdì scorso, metà del popolo tricolore sostiene Pinocchio, Benito, Matteo.
Valli a capire questi merli fascisti. La realtà è questa:
IN VIA DELLA STAMPERIA
Verdini rinviato a giudizio per l’acquisto di un palazzo a Roma
La vicenda legata a plusvalenza di 18 milioni di euro. L’accusa è di finanziamento illecito, con lui a processo anche un altro senatore di Forza Italia, Riccardo Conti
di Redazione Online
Il senatore di Fi Denis Verdini è stato rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Roma Nicola Di Grazia per la vicenda legata ad una plusvalenza di 18 milioni di euro nella compravendita di un immobile in via della Stamperia, nel centro della Capitale. Con lui, che è accusato di finanziamento illecito, a processo anche Riccardo Conti, anch’egli senatore di Forza Italia.
La vicenda in breve
Secondo la Procura di Roma, Verdini non ebbe alcun ruolo nella compravendita ma pochi giorni dopo avrebbe ricevuto da Conti un milione di euro. Il processo è stato fissato per il 9 gennaio 2015 davanti alla ottava Sezione penale. A processo anche l’ex presidente di Enpap Angelo Arcicasa. Nel 2011 l’ente di previdenza degli psicologi acquistò l’immobile per 44,5 milioni di euro dalla società Estatedue srl, amministrata da Conti che poche ore prima l’aveva comprata per 26 milioni di euro. Ad Arcicasa e Conti è contestato il reato di concorso in truffa aggravata.
Le accuse specifiche
Secondo la procura, l’ex presidente dell’istituto di previdenza e assistenza degli psicologi Arcicasa e Conti, «mediante artifici e raggiri», avrebbero indotto «in errore l’Enpap» procurando all’ente «un danno patrimoniale rilevante di almeno 18 milioni di euro costituito dalla maggiorazione abnorme del prezzo di vendita, sia in relazione al valore dell’immobile che al costo dei lavori». Verdini, invece, avrebbe ricevuto da Conti la somma di un milione di euro pochi giorni dopo quella operazione immobiliare. Conti, poi, era accusato dal pm Erminio Amelio di omesso versamento dell’Iva, nel 2011, per oltre 8,6 milioni di euro, tanto che mesi fa il gip ordinò il sequestro per equivalente di alcuni suoi beni (appartamenti, titoli, conti correnti bancari, automobili e quote societarie). Arcicasa, infine, doveva rispondere anche di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, perché come presidente del cda di Enpap, non avrebbe fornito alla Covip, commissione di vigilanza sui fondi pensione, tutti i dettagli dell’affare immobiliare.
22 settembre 2014 | 13:40
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/14_sett ... 83c6.shtml
Vedo che Verdini e Berlusconi vengono trattati da Renzi con educazione e rispetto anche se sono della vecchia guardia
Nel primo pomeriggio, compare sul sito del Corriere.it la notizia sotto riportata.
Le amicizie e le alleanze di Pinocchio, Benito, Matteo Renzi sono queste.
La malattia più grave e profonda che registrano i tricolori nei confronti della casta è la totale mancanza di credibilità.
Da molti mesi nei sondaggi di fiducia nelle istituzioni, i politici politicanti figurano permanentemente all'ultimo posto.
Due giorni fa, Pinocchio, Benito, Matteo, ha dichiarato Urbi & Orbi, più Orbi che Urbi:
«Siamo qui per cambiare l’Italia, non accetteremo mai di fare le foglie di fico alla vecchia guardia»
Sì cambiare tutto per non cambiare nulla. Eppure, nello Stivalone, secondo i dati Ixè di venerdì scorso, metà del popolo tricolore sostiene Pinocchio, Benito, Matteo.
Valli a capire questi merli fascisti. La realtà è questa:
IN VIA DELLA STAMPERIA
Verdini rinviato a giudizio per l’acquisto di un palazzo a Roma
La vicenda legata a plusvalenza di 18 milioni di euro. L’accusa è di finanziamento illecito, con lui a processo anche un altro senatore di Forza Italia, Riccardo Conti
di Redazione Online
Il senatore di Fi Denis Verdini è stato rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Roma Nicola Di Grazia per la vicenda legata ad una plusvalenza di 18 milioni di euro nella compravendita di un immobile in via della Stamperia, nel centro della Capitale. Con lui, che è accusato di finanziamento illecito, a processo anche Riccardo Conti, anch’egli senatore di Forza Italia.
La vicenda in breve
Secondo la Procura di Roma, Verdini non ebbe alcun ruolo nella compravendita ma pochi giorni dopo avrebbe ricevuto da Conti un milione di euro. Il processo è stato fissato per il 9 gennaio 2015 davanti alla ottava Sezione penale. A processo anche l’ex presidente di Enpap Angelo Arcicasa. Nel 2011 l’ente di previdenza degli psicologi acquistò l’immobile per 44,5 milioni di euro dalla società Estatedue srl, amministrata da Conti che poche ore prima l’aveva comprata per 26 milioni di euro. Ad Arcicasa e Conti è contestato il reato di concorso in truffa aggravata.
Le accuse specifiche
Secondo la procura, l’ex presidente dell’istituto di previdenza e assistenza degli psicologi Arcicasa e Conti, «mediante artifici e raggiri», avrebbero indotto «in errore l’Enpap» procurando all’ente «un danno patrimoniale rilevante di almeno 18 milioni di euro costituito dalla maggiorazione abnorme del prezzo di vendita, sia in relazione al valore dell’immobile che al costo dei lavori». Verdini, invece, avrebbe ricevuto da Conti la somma di un milione di euro pochi giorni dopo quella operazione immobiliare. Conti, poi, era accusato dal pm Erminio Amelio di omesso versamento dell’Iva, nel 2011, per oltre 8,6 milioni di euro, tanto che mesi fa il gip ordinò il sequestro per equivalente di alcuni suoi beni (appartamenti, titoli, conti correnti bancari, automobili e quote societarie). Arcicasa, infine, doveva rispondere anche di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, perché come presidente del cda di Enpap, non avrebbe fornito alla Covip, commissione di vigilanza sui fondi pensione, tutti i dettagli dell’affare immobiliare.
22 settembre 2014 | 13:40
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
La prima puntata della nuova stagione de La Gabbia
Le imprese di Matteo Renzi
Ci sono all'interno più elementi di riflessione.
1) La nuova povertà toccata con mano. Si torna a vivere nelle cantine. Un ricordo di piccoli amici costretti a vivere in quel modo nel lontano 1948-49.
Siamo tornati indietro.
E' una bella soddisfazione........
2) Lavorare a 1 euro all'ora come schiavi. Altra bella conquista di quel capitalismo predatore.
3) Le imprese del babbo di Renzi.
4) Ichino che si prende del cretino alla fine da Paolo Barnard.
Le imprese di Matteo Renzi
Ci sono all'interno più elementi di riflessione.
1) La nuova povertà toccata con mano. Si torna a vivere nelle cantine. Un ricordo di piccoli amici costretti a vivere in quel modo nel lontano 1948-49.
Siamo tornati indietro.
E' una bella soddisfazione........
2) Lavorare a 1 euro all'ora come schiavi. Altra bella conquista di quel capitalismo predatore.
3) Le imprese del babbo di Renzi.
4) Ichino che si prende del cretino alla fine da Paolo Barnard.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Ma quanti sono a sapere che tra il 28 settembre e il 12 ottobre si votano consiglieri e presidenti di 64 province e 8 consigli metropolitani?
Province “abolite”, campagne elettorali e corsa alle poltrone all’insaputa dei cittadini
Tra il 28 e il 12 ottobre si eleggono consiglieri e presidenti di 64 province e 8 città metropolitane: per la prima volta votano solo gli amministratori locali. Da nord a sud le trattative per spartirsi i posti in consiglio (dai 10 ai 16 seggi) tra larghe intese e ritorno di politici "impresentabili"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 22 settembre 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... s.facebook
Province “abolite”, campagne elettorali e corsa alle poltrone all’insaputa dei cittadini
Tra il 28 e il 12 ottobre si eleggono consiglieri e presidenti di 64 province e 8 città metropolitane: per la prima volta votano solo gli amministratori locali. Da nord a sud le trattative per spartirsi i posti in consiglio (dai 10 ai 16 seggi) tra larghe intese e ritorno di politici "impresentabili"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 22 settembre 2014
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Qualcuno lo chiama il PUN (Partito Unico Nazionale). E' un po' difficile dargli torto.
- Già la sinistra del centro sinistra, è solo un fax simile di sinistra da quando è nato il Pd.
- Con la presa del potere di Pinocchio, Benito, Matteo quella ex sinistra è stata messa fuori gioco.
- Governa con NCD e rimasugli centristi.
- Ma dato che i voti non bastano, Pittibimbo vive per il sostegno del Patto del Nazareno tenendo i piede in due scarpe.
La vita del governo Renzi è fondata sul compromesso continuo. Questo ci ricorda la vecchia Dc , perennemente obbligata a mediare tra le correnti.
In questo clima il caos aumenta come pure aumenta la disaffezione dalla politica.
^^^
Berlusconi: “Votiamo il lavoro non deve cadere il governo” e spunta un sondaggio shock
(CARMELO LOPAPA).
23/09/2014 di triskel182
Strasburgo smentisce l’ammissibilità del ricorso contro la decadenza il partito inchiodato a una percentuale inferiore a quella delle Europee.
ROMA – Il timore improvviso che Renzi possa precipitare, il sondaggio choc, la doccia gelata da Strasburgo. Il lunedì nero per Silvio Berlusconi si materializza nel giro di poche ore in un’imprevista escalation che segna la giornata trascorsa ad Arcore tra dirigenti d’azienda, figli e avvocati.
Il leader di Forza Italia è disposto a tutto, pur di evitare un tracollo eventuale del governo guidato dal segretario Pd
«Non se lo può permettere l’Italia, le aziende, non ce lo possiamo permettere noi» ha confidato nelle ultime ore a chi lo ha sentito. La decisione di sostenere la riforma del lavoro annunciata da Renzi diventa quasi una mossa obbligata, nella strategia dell’ex Cavaliere.
«C’è un corto circuito che rischia di paralizzarli, non me l’aspettavo che avvenisse così presto» è la considerazione preoccupata alla quale si è lasciato andare in privato.
La paralisi sui membri laici di Csm e Consulta, i veti interni alla maggioranza sull’Italicum e soprattutto la battaglia della sinistra pd sulla riforma del lavoro sarebbero le tre trappole che, a suo dire, rischiano di imprigionare il presidente del Consiglio.
«Se porta avanti quella riforma del lavoro, noi non possiamo voltarci dall’altra parte, è la nostra — ragiona l’ex premier — Se invece farà retromarcia, ci farà comunque un regalo enorme, per loro saranno guai».
La tesi insomma è che, in ogni caso, su questa partita Forza Italia ne esce vincitrice.
Con la prospettiva — sulla quale molto spinge Brunetta, per la verità, tra lo scetticismo di altri — di un ingresso carpiato in maggioranza qualora i loro voti sulla riforma risultassero determinanti.
Sta di fatto che nel partito (con l’eccezione degli oppositori interni, da Fitto a Capezzone) ormai nessuno si scandalizza a sentir parlare perfino di fiducia sul lavoro.
«Il soccorso azzurro è in realtà un soccorso al Paese — spiega al Tg5 a sera il consigliere politico Giovanni Toti — a differenza della sinistra noi pensiamo noi pensiamo al bene degli italiani, non certo del Pd, perciò se la riforma del lavoro non verrà snaturata siamo pronti a dare un contributo ad approvarla».
(Questa gliel'hanno insegnata all'Actor studio. Sono 20 anni che raccontano la balla che loro pensano al bene degli italiani. Bisogna essere deficienti per credere a questa macroscopica scemenza-ndt)
Berlusconi rientra oggi a Roma, incupito, raccontano, anche dai numeri di un sondaggio molto riservato e piuttosto disastroso che gli sarebbe stato consegnato nelle ultime ore.
l responso inchioda il partito a una percentuale inferiore perfino a quella delle Europee (era il 17). Un 15-16 che ha fatto strabuzzare gli occhi, ma che deve restare nei cassetti per evitare di alimentare il coro dell’opposizione interna anti Renzi.
Se i numeri fossero quelli, sarebbe la conferma che la linea pro-governo non paga. Ma allo stesso tempo, ragiona il leader, un argomento altrettanto valido per dare una mano ed evitare il tracollo dell’esecutivo e le urne a breve. Ecco perché il capo di Forza Italia è intenzionato più che mai a portare avanti l’operazione azzeramento e rinnovamento interno, stanco dei vecchi dirigenti.
Incontrerà nel pomeriggio i coordinatori regionali dei club “Forza Silvio” coordinati da Marcello Fiori, coinvolti a pieno nel nuovo progetto.
Con Strasburgo e la Corte europea dei diritti dell’Uomo l’entourage berlusconiana ha confezionato invece un pasticcio. Il ricorso sulla sentenza Mediaset deve ancora cominciare il suo esame, non è stato mai dichiarato ammissibile. La precisazione arriva direttamente dalla Corte europea, che ha smentito (all’ Ansa e poi con un comunicato ufficiale) l’annuncio fatto pochi giorni fa dal legale di Berlusconi Piero Longo. L’avvocato aveva dato notizia del primo sì di Strasburgo all’ammissibilità del ricorso per violazione delle norme sul giusto processo. Forza Italia in serata costretta a correre ai ripari a sua volta, «apprezzabili le dichiarazioni della Corte, aiutano a fare chiarezza» si legge.
A consolare Berlusconi, raccontano, solo la notizia che la procura di Trani ha chiesto il rinvio a giudizio di sei manager ed analisti di Standard&Poor’s per il declassamento dell’Italia nel 2011. L’accusa è quella di «intenzionale manipolazione del mercato finanziario». Per il leader forzista la conferma del «complotto» ai suoi danni: «Piano piano tutto sta venendo alla luce e si capiscono tante cose».
Da La Repubblica del 23/09/2014.
- Già la sinistra del centro sinistra, è solo un fax simile di sinistra da quando è nato il Pd.
- Con la presa del potere di Pinocchio, Benito, Matteo quella ex sinistra è stata messa fuori gioco.
- Governa con NCD e rimasugli centristi.
- Ma dato che i voti non bastano, Pittibimbo vive per il sostegno del Patto del Nazareno tenendo i piede in due scarpe.
La vita del governo Renzi è fondata sul compromesso continuo. Questo ci ricorda la vecchia Dc , perennemente obbligata a mediare tra le correnti.
In questo clima il caos aumenta come pure aumenta la disaffezione dalla politica.
^^^
Berlusconi: “Votiamo il lavoro non deve cadere il governo” e spunta un sondaggio shock
(CARMELO LOPAPA).
23/09/2014 di triskel182
Strasburgo smentisce l’ammissibilità del ricorso contro la decadenza il partito inchiodato a una percentuale inferiore a quella delle Europee.
ROMA – Il timore improvviso che Renzi possa precipitare, il sondaggio choc, la doccia gelata da Strasburgo. Il lunedì nero per Silvio Berlusconi si materializza nel giro di poche ore in un’imprevista escalation che segna la giornata trascorsa ad Arcore tra dirigenti d’azienda, figli e avvocati.
Il leader di Forza Italia è disposto a tutto, pur di evitare un tracollo eventuale del governo guidato dal segretario Pd
«Non se lo può permettere l’Italia, le aziende, non ce lo possiamo permettere noi» ha confidato nelle ultime ore a chi lo ha sentito. La decisione di sostenere la riforma del lavoro annunciata da Renzi diventa quasi una mossa obbligata, nella strategia dell’ex Cavaliere.
«C’è un corto circuito che rischia di paralizzarli, non me l’aspettavo che avvenisse così presto» è la considerazione preoccupata alla quale si è lasciato andare in privato.
La paralisi sui membri laici di Csm e Consulta, i veti interni alla maggioranza sull’Italicum e soprattutto la battaglia della sinistra pd sulla riforma del lavoro sarebbero le tre trappole che, a suo dire, rischiano di imprigionare il presidente del Consiglio.
«Se porta avanti quella riforma del lavoro, noi non possiamo voltarci dall’altra parte, è la nostra — ragiona l’ex premier — Se invece farà retromarcia, ci farà comunque un regalo enorme, per loro saranno guai».
La tesi insomma è che, in ogni caso, su questa partita Forza Italia ne esce vincitrice.
Con la prospettiva — sulla quale molto spinge Brunetta, per la verità, tra lo scetticismo di altri — di un ingresso carpiato in maggioranza qualora i loro voti sulla riforma risultassero determinanti.
Sta di fatto che nel partito (con l’eccezione degli oppositori interni, da Fitto a Capezzone) ormai nessuno si scandalizza a sentir parlare perfino di fiducia sul lavoro.
«Il soccorso azzurro è in realtà un soccorso al Paese — spiega al Tg5 a sera il consigliere politico Giovanni Toti — a differenza della sinistra noi pensiamo noi pensiamo al bene degli italiani, non certo del Pd, perciò se la riforma del lavoro non verrà snaturata siamo pronti a dare un contributo ad approvarla».
(Questa gliel'hanno insegnata all'Actor studio. Sono 20 anni che raccontano la balla che loro pensano al bene degli italiani. Bisogna essere deficienti per credere a questa macroscopica scemenza-ndt)
Berlusconi rientra oggi a Roma, incupito, raccontano, anche dai numeri di un sondaggio molto riservato e piuttosto disastroso che gli sarebbe stato consegnato nelle ultime ore.
l responso inchioda il partito a una percentuale inferiore perfino a quella delle Europee (era il 17). Un 15-16 che ha fatto strabuzzare gli occhi, ma che deve restare nei cassetti per evitare di alimentare il coro dell’opposizione interna anti Renzi.
Se i numeri fossero quelli, sarebbe la conferma che la linea pro-governo non paga. Ma allo stesso tempo, ragiona il leader, un argomento altrettanto valido per dare una mano ed evitare il tracollo dell’esecutivo e le urne a breve. Ecco perché il capo di Forza Italia è intenzionato più che mai a portare avanti l’operazione azzeramento e rinnovamento interno, stanco dei vecchi dirigenti.
Incontrerà nel pomeriggio i coordinatori regionali dei club “Forza Silvio” coordinati da Marcello Fiori, coinvolti a pieno nel nuovo progetto.
Con Strasburgo e la Corte europea dei diritti dell’Uomo l’entourage berlusconiana ha confezionato invece un pasticcio. Il ricorso sulla sentenza Mediaset deve ancora cominciare il suo esame, non è stato mai dichiarato ammissibile. La precisazione arriva direttamente dalla Corte europea, che ha smentito (all’ Ansa e poi con un comunicato ufficiale) l’annuncio fatto pochi giorni fa dal legale di Berlusconi Piero Longo. L’avvocato aveva dato notizia del primo sì di Strasburgo all’ammissibilità del ricorso per violazione delle norme sul giusto processo. Forza Italia in serata costretta a correre ai ripari a sua volta, «apprezzabili le dichiarazioni della Corte, aiutano a fare chiarezza» si legge.
A consolare Berlusconi, raccontano, solo la notizia che la procura di Trani ha chiesto il rinvio a giudizio di sei manager ed analisti di Standard&Poor’s per il declassamento dell’Italia nel 2011. L’accusa è quella di «intenzionale manipolazione del mercato finanziario». Per il leader forzista la conferma del «complotto» ai suoi danni: «Piano piano tutto sta venendo alla luce e si capiscono tante cose».
Da La Repubblica del 23/09/2014.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Mentre Renzie accompagnato dalla moglie fa il "coast to coast" negli Stati Uniti come un adolescente qualsiasi (qualcuno sa cosa sta facendo oltre oceano?), l'Italia raggiunge il record dei fallimenti, registrando un +14,3% rispetto allo scorso anno. Fallimento dopo fallimento l'Italia muore.
Fallimenti record in Italia: aumentano del 14%
"Prosegue la corsa dei fallimenti aziendali. Nel secondo trimestre dell'anno sono stati 4.241, in aumento del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2013. Sono dati del Cerved analizzati dall'ANSA. Nell'intero primo semestre i default hanno raggiunto quota 8.120 (+10,5%), record assoluto dall'inizio della serie storica risalente al 2001. L'analisi condotta dal Cerved, società quotata specializzata nell'analisi del rischio di credito, mostra come i fallimenti riguardano indistintamente tutta la penisola: i tassi di crescita sono ovunque a doppia cifra ad eccezione del Nord Est, in cui si registra un incremento del 5,5%, il livello più basso di tutto il territorio. In crescita del 14% rispetto al primo semestre 2013 sono invece i fallimenti nel Mezzogiorno e nelle Isole, del 10,7% nel Nord Ovest e del 10,4% nel Centro. I recenti correttivi legislativi hanno fatto crollare le domande di concordato in bianco (-52%) e diminuire i concordati comprensivi di piano (-12,3%). In riduzione anche le liquidazioni che, con un calo del 10,3% tra gennaio e giugno, segnano un'inversione di tendenza a livello semestrale dopo un lungo periodo di incremento. "Stiamo vivendo - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved - una fase molto delicata per il sistema delle Pmi italiane: la nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e che stanno pagando il conto sia al credit crunch sia a una domanda da troppo tempo stagnante"." Ansa.it
http://www.beppegrillo.it/
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http://www.corriere.it/politica/14_sett ... 83c6.shtml
Ciao
paolo11
Fallimenti record in Italia: aumentano del 14%
"Prosegue la corsa dei fallimenti aziendali. Nel secondo trimestre dell'anno sono stati 4.241, in aumento del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2013. Sono dati del Cerved analizzati dall'ANSA. Nell'intero primo semestre i default hanno raggiunto quota 8.120 (+10,5%), record assoluto dall'inizio della serie storica risalente al 2001. L'analisi condotta dal Cerved, società quotata specializzata nell'analisi del rischio di credito, mostra come i fallimenti riguardano indistintamente tutta la penisola: i tassi di crescita sono ovunque a doppia cifra ad eccezione del Nord Est, in cui si registra un incremento del 5,5%, il livello più basso di tutto il territorio. In crescita del 14% rispetto al primo semestre 2013 sono invece i fallimenti nel Mezzogiorno e nelle Isole, del 10,7% nel Nord Ovest e del 10,4% nel Centro. I recenti correttivi legislativi hanno fatto crollare le domande di concordato in bianco (-52%) e diminuire i concordati comprensivi di piano (-12,3%). In riduzione anche le liquidazioni che, con un calo del 10,3% tra gennaio e giugno, segnano un'inversione di tendenza a livello semestrale dopo un lungo periodo di incremento. "Stiamo vivendo - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved - una fase molto delicata per il sistema delle Pmi italiane: la nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e che stanno pagando il conto sia al credit crunch sia a una domanda da troppo tempo stagnante"." Ansa.it
http://www.beppegrillo.it/
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paolo11
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Non conoscono decenza
(Massimo Gramellini).
24/09/2014 di triskel182
Due senatrici e altrettanti senatori del partito senza elettori di Anonimo Alfano hanno presentato un ordine del giorno che per la sua sfacciataggine meriterebbe di essere promosso a ordine del secolo.
Con una prosa strepitosamente democristiana, la banda dei quattro chiede di «valutare l’opportunità di consentire, in via eccezionale e straordinaria, con una norma di natura transitoria la possibilità…» vabbè, tagliamo corto: vogliono il vitalizio anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura.
Il Razzi di Crozza (ma persino quello vero) al confronto è un apprendista. Dopo lo smascheramento della furbata a opera dei Cinquestelle, il coordinatore del Ncd (Non conoscono decenza) è stato costretto a cascare dal pero e a ritirarla, con l’aria offesa di chi non ne sapeva niente.
Si tratta del professor Quagliariello, uno dei «saggi» di questa Repubblica di sventati. Pare sia rimasto basito davanti a una simile esibizione di sfrontatezza, così lontana dalle abitudini parche e riservate degli alfanoidi. Deve essergli sfuggito che alla Regione Lombardia un solo partito non ha votato l’abolizione dei vitalizi ai consiglieri: il suo.
Ma torniamo al quartetto delle meraviglie – Esposito, Langella, Chiavaroli e Bianconi – due uomini e due donne, perché anche la faccia tosta ha diritto alle quote rosa. In fondo si battono per il benessere e l’avvenire dei loro seguaci: se stessi. Perché trovare qualcun altro che li voti, la prossima volta, sarà dura.
Da La Stampa del 24/09/2014.
(Massimo Gramellini).
24/09/2014 di triskel182
Due senatrici e altrettanti senatori del partito senza elettori di Anonimo Alfano hanno presentato un ordine del giorno che per la sua sfacciataggine meriterebbe di essere promosso a ordine del secolo.
Con una prosa strepitosamente democristiana, la banda dei quattro chiede di «valutare l’opportunità di consentire, in via eccezionale e straordinaria, con una norma di natura transitoria la possibilità…» vabbè, tagliamo corto: vogliono il vitalizio anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura.
Il Razzi di Crozza (ma persino quello vero) al confronto è un apprendista. Dopo lo smascheramento della furbata a opera dei Cinquestelle, il coordinatore del Ncd (Non conoscono decenza) è stato costretto a cascare dal pero e a ritirarla, con l’aria offesa di chi non ne sapeva niente.
Si tratta del professor Quagliariello, uno dei «saggi» di questa Repubblica di sventati. Pare sia rimasto basito davanti a una simile esibizione di sfrontatezza, così lontana dalle abitudini parche e riservate degli alfanoidi. Deve essergli sfuggito che alla Regione Lombardia un solo partito non ha votato l’abolizione dei vitalizi ai consiglieri: il suo.
Ma torniamo al quartetto delle meraviglie – Esposito, Langella, Chiavaroli e Bianconi – due uomini e due donne, perché anche la faccia tosta ha diritto alle quote rosa. In fondo si battono per il benessere e l’avvenire dei loro seguaci: se stessi. Perché trovare qualcun altro che li voti, la prossima volta, sarà dura.
Da La Stampa del 24/09/2014.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/2014/ ... -petrolio/
La figuraccia di Renzi all’Onu fa il giro del mondo
Ciao
Paolo11
La figuraccia di Renzi all’Onu fa il giro del mondo
Ciao
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Piovono Rane
di Alessandro Gilioli
25 set Peggioristi
Personalmente sarei un migliorista, se di questa parola non si fosse appropriata trent’anni fa una corrente d’affari del Pci.
Essere migliorista per me è prendere le cose e provare a migliorarle, possibilmente all’interno di uno straccio di disegno. Che si sa essere irraggiungibile, ma verso cui indefinitamente tendere.
Per questo ho decisamente in uggia quelli che definirei senz’altro i peggioristi: queli cioè che peggiorano le cose, non ho ancora capito se con un disegno o per improvvisazione e insipienza.
Peggioristi sono, ad esempio, quelli che aboliscono non le province, ma le elezioni delle Province, trasformandole quindi in assemblee di nominati dal ceto politico.
Peggioristi sono quelli che prendono la parte più sbagliata del Porcellum (l’intermediazione del ceto politico nella scelta dei rappresentanti) e la rendono addirittura costituzionale, cioè molto più difficile da cambiare.
Peggioristi sono quelli che cercano di farci credere che la modernità consista nel ritorno alla forbice sociale degli anni Venti e Trenta, risultato al quale peraltro siamo già arrivando buttando a mare l’avvicinamento tra ceti e classi del periodo 1945-1985.
Peggioristi sono quelli che pensano che la democrazia debba andare verso una delega in bianco della massa al leader, anziché verso una partecipazione consapevole dei cittadini (e per tutti questi sarebbe obbligatoria la lettura di un paio di libri di quel gufo e rosicone di Zagrebelsky)
A proposito, peggioristi sono anche quelli che trasformano il confronto sui contenuti in uno zoo di delegittimazione altrui, a suon di battute che purtroppo un po’ richiamano, per sprezzo, il linguaggio e l’approccio diciannovista.
Ecco, per capirci: perché nella contrapposizione tra innovatori e conservatori, cioè tra chi vuole cambiare e chi no, io sono radicalmente tra i primi, e non certo da oggi. Ma poi viene la suddivisione successiva, quella sulla direzione dell’innovazione, sui suoi contenuti. Ed è quella tra miglioristi e peggioristi, appunto.
di Alessandro Gilioli
25 set Peggioristi
Personalmente sarei un migliorista, se di questa parola non si fosse appropriata trent’anni fa una corrente d’affari del Pci.
Essere migliorista per me è prendere le cose e provare a migliorarle, possibilmente all’interno di uno straccio di disegno. Che si sa essere irraggiungibile, ma verso cui indefinitamente tendere.
Per questo ho decisamente in uggia quelli che definirei senz’altro i peggioristi: queli cioè che peggiorano le cose, non ho ancora capito se con un disegno o per improvvisazione e insipienza.
Peggioristi sono, ad esempio, quelli che aboliscono non le province, ma le elezioni delle Province, trasformandole quindi in assemblee di nominati dal ceto politico.
Peggioristi sono quelli che prendono la parte più sbagliata del Porcellum (l’intermediazione del ceto politico nella scelta dei rappresentanti) e la rendono addirittura costituzionale, cioè molto più difficile da cambiare.
Peggioristi sono quelli che cercano di farci credere che la modernità consista nel ritorno alla forbice sociale degli anni Venti e Trenta, risultato al quale peraltro siamo già arrivando buttando a mare l’avvicinamento tra ceti e classi del periodo 1945-1985.
Peggioristi sono quelli che pensano che la democrazia debba andare verso una delega in bianco della massa al leader, anziché verso una partecipazione consapevole dei cittadini (e per tutti questi sarebbe obbligatoria la lettura di un paio di libri di quel gufo e rosicone di Zagrebelsky)
A proposito, peggioristi sono anche quelli che trasformano il confronto sui contenuti in uno zoo di delegittimazione altrui, a suon di battute che purtroppo un po’ richiamano, per sprezzo, il linguaggio e l’approccio diciannovista.
Ecco, per capirci: perché nella contrapposizione tra innovatori e conservatori, cioè tra chi vuole cambiare e chi no, io sono radicalmente tra i primi, e non certo da oggi. Ma poi viene la suddivisione successiva, quella sulla direzione dell’innovazione, sui suoi contenuti. Ed è quella tra miglioristi e peggioristi, appunto.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Senatori fannulloni, settimana corta
Giovedì alle 14 tutti a casa: salta il voto
E' il 'trolley day', dopo pranzo si interrompe un iter praticamente concluso sulle missioni all'estero
e si aggiorna il calendario a martedì. "Così hanno evitato un voto negativo dovuto a Sel e M5S"
Senatori fannulloni, settimana corta Giovedì alle 14 tutti a casa: salta il voto
Il decreto sulle Missioni già approvato alla Camera diventerà legge martedì 30 settembre. Perché nonostante sia un provvedimento “di necessità e urgenza”, i senatori, quando mancavano solo due dichiarazioni e il voto finale, hanno lasciato l'Aula. Forse il "rompete le righe" è stato imposto per evitare la bocciatura del testo del governo, viste le assenze tra i banchi del Pd. Ma intanto il calendario slitta
di Sara Nicoli
hp --http://www.ilfattoquotidiano.it/
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Senato, fuga prima del voto al decreto missioni: il weekend scatta al giovedì
Il dl già approvato alla Camera diventerà legge martedì 30 settembre. Perché nonostante sia un provvedimento “di necessità e urgenza”, i senatori, quando mancavano solo due dichiarazioni e il voto finale, hanno lasciato l'Aula. Forse il "rompete le righe" voluto per evitare la bocciatura del testo del governo, viste le assenze tra i banchi del Pd. Ma intanto il calendario slitta
di Sara Nicoli | 25 settembre 2014Commenti (304)
In gergo si chiama il “trolley day”. Qualche anno fa scattava di venerdì, tardo pomeriggio. Poi si è sensibilmente avvicinato al venerdì mattina fino ad arrivare, ora, al giovedì nel primo pomeriggio. A Palazzo Madama si è avuta oggi un’altra manifestazione di questo importante momento della vita istituzionale del Paese. Quello, cioè, che vede i senatori (ma i deputati si comportano allo stesso modo) mettere mano al loro bagaglio a mano e andare di corsa – tacchi permettendo per le signore – verso l’uscita del Palazzo. E pazienza se stamattina mancavano soltanto appena due dichiarazioni – di Forza Italia e Partito democratico – e il voto da esprimere, quello finale sul decreto missioni. Alle 14, tutti fuori. Delle missioni si riparla martedì mattina e pazienza se questo potrà determinare un inevitabile effetto domino sull’intero calendario dei lavori; il fine settimana degli eletti in Parlamento è sacro.
Qualcuno, in realtà, sospetta che sul quel particolare decreto, la presidenza del Senato abbia deciso il rompete le righe in anticipo, anziché proseguire la seduta nel pomeriggio, non tanto perché fosse scattata l’ora del “trolley day”, quanto perché in Aula erano rimasti compatti solo quei gruppi a cui sarebbe piaciuto discutere, in modo più approfondito, del ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale delle missioni di pace (Sel, per esempio) o chi – come il Movimento 5 Stelle – voleva mettere in difficoltà il governo su un fronte di politica estera su cui ha mostrato, e non da oggi, parecchia fragilità. Quindi, per non correre il rischio di far guadagnare all’esecutivo un sicuro voto negativo su un decreto che scade il 3 ottobre (con Renzi, per giunta, all’estero) e su cui è stata posta, fin dalla prima mattina, la procedura “di necessità e urgenza” (che, in pratica, strozza ogni dibattito, contingentando i tempi della discussione al minimo indispensabile), meglio rinviare alla prossima settimana. Quando, probabilmente, le fila dei senatori – soprattutto quelli del Pd – saranno meno vuote.
Pubblicità
Insomma, il decreto missione diventerà definitivamente legge martedì 30 settembre (è già passato alla Camera). Non è stato possibile, dati i tempi ristretti, presentare proposte di modifica su un fronte su cui sono in ballo un bel po’ di soldi. Diceva, infatti, il senatore Vincenzo D’Anna, vicepresidente del gruppo Grandi Autonomie e Libertà, durante le dichiarazioni di voto: “Il gruppo Gal voterà a favore, ma personalmente sarei portato a votare contro. E non perché io non riconosca il valore delle missioni a cui abbiamo e stiamo partecipando proteggendo i civili e ostacolando le barbarie, ma perché sono soldi che andrebbero spesi per altre esigenze; ci accingiamo a reiterare un decreto stanziando mezzo miliardo di euro che fa il paio con il decreto già approvato per il primo semestre con 550 milioni. Con questo, insomma, non facciamo che prendere oltre un miliardo di euro e destinarlo ad attività militari. Credo però che non ce lo possiamo permettere”.
Per il governo invece sì, a quanto pare. Ma la decisione avrebbe quanto meno preteso un ampio dibattito, nonostante la voglia di Palazzo Chigi di tagliar corto e “non perdersi in chiacchiere, vista l’imminente scadenza”. Camera e Senato, in fondo, esistono ancora proprio per questo. Ma poi, se a questa pressione governativa si aggiungono i senatori che non vedono l’ora di prendere la via di fuga, il gioco è fatto; avanti con il “trolley day”. E poco importa se dopo il decreto missioni ci sarebbero state da discutere diverse interpellanze e interrogazioni; alle 14 erano già tutti in coda per il taxi a Corso Rinascimento.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1133492/
Giovedì alle 14 tutti a casa: salta il voto
E' il 'trolley day', dopo pranzo si interrompe un iter praticamente concluso sulle missioni all'estero
e si aggiorna il calendario a martedì. "Così hanno evitato un voto negativo dovuto a Sel e M5S"
Senatori fannulloni, settimana corta Giovedì alle 14 tutti a casa: salta il voto
Il decreto sulle Missioni già approvato alla Camera diventerà legge martedì 30 settembre. Perché nonostante sia un provvedimento “di necessità e urgenza”, i senatori, quando mancavano solo due dichiarazioni e il voto finale, hanno lasciato l'Aula. Forse il "rompete le righe" è stato imposto per evitare la bocciatura del testo del governo, viste le assenze tra i banchi del Pd. Ma intanto il calendario slitta
di Sara Nicoli
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Senato, fuga prima del voto al decreto missioni: il weekend scatta al giovedì
Il dl già approvato alla Camera diventerà legge martedì 30 settembre. Perché nonostante sia un provvedimento “di necessità e urgenza”, i senatori, quando mancavano solo due dichiarazioni e il voto finale, hanno lasciato l'Aula. Forse il "rompete le righe" voluto per evitare la bocciatura del testo del governo, viste le assenze tra i banchi del Pd. Ma intanto il calendario slitta
di Sara Nicoli | 25 settembre 2014Commenti (304)
In gergo si chiama il “trolley day”. Qualche anno fa scattava di venerdì, tardo pomeriggio. Poi si è sensibilmente avvicinato al venerdì mattina fino ad arrivare, ora, al giovedì nel primo pomeriggio. A Palazzo Madama si è avuta oggi un’altra manifestazione di questo importante momento della vita istituzionale del Paese. Quello, cioè, che vede i senatori (ma i deputati si comportano allo stesso modo) mettere mano al loro bagaglio a mano e andare di corsa – tacchi permettendo per le signore – verso l’uscita del Palazzo. E pazienza se stamattina mancavano soltanto appena due dichiarazioni – di Forza Italia e Partito democratico – e il voto da esprimere, quello finale sul decreto missioni. Alle 14, tutti fuori. Delle missioni si riparla martedì mattina e pazienza se questo potrà determinare un inevitabile effetto domino sull’intero calendario dei lavori; il fine settimana degli eletti in Parlamento è sacro.
Qualcuno, in realtà, sospetta che sul quel particolare decreto, la presidenza del Senato abbia deciso il rompete le righe in anticipo, anziché proseguire la seduta nel pomeriggio, non tanto perché fosse scattata l’ora del “trolley day”, quanto perché in Aula erano rimasti compatti solo quei gruppi a cui sarebbe piaciuto discutere, in modo più approfondito, del ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale delle missioni di pace (Sel, per esempio) o chi – come il Movimento 5 Stelle – voleva mettere in difficoltà il governo su un fronte di politica estera su cui ha mostrato, e non da oggi, parecchia fragilità. Quindi, per non correre il rischio di far guadagnare all’esecutivo un sicuro voto negativo su un decreto che scade il 3 ottobre (con Renzi, per giunta, all’estero) e su cui è stata posta, fin dalla prima mattina, la procedura “di necessità e urgenza” (che, in pratica, strozza ogni dibattito, contingentando i tempi della discussione al minimo indispensabile), meglio rinviare alla prossima settimana. Quando, probabilmente, le fila dei senatori – soprattutto quelli del Pd – saranno meno vuote.
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Insomma, il decreto missione diventerà definitivamente legge martedì 30 settembre (è già passato alla Camera). Non è stato possibile, dati i tempi ristretti, presentare proposte di modifica su un fronte su cui sono in ballo un bel po’ di soldi. Diceva, infatti, il senatore Vincenzo D’Anna, vicepresidente del gruppo Grandi Autonomie e Libertà, durante le dichiarazioni di voto: “Il gruppo Gal voterà a favore, ma personalmente sarei portato a votare contro. E non perché io non riconosca il valore delle missioni a cui abbiamo e stiamo partecipando proteggendo i civili e ostacolando le barbarie, ma perché sono soldi che andrebbero spesi per altre esigenze; ci accingiamo a reiterare un decreto stanziando mezzo miliardo di euro che fa il paio con il decreto già approvato per il primo semestre con 550 milioni. Con questo, insomma, non facciamo che prendere oltre un miliardo di euro e destinarlo ad attività militari. Credo però che non ce lo possiamo permettere”.
Per il governo invece sì, a quanto pare. Ma la decisione avrebbe quanto meno preteso un ampio dibattito, nonostante la voglia di Palazzo Chigi di tagliar corto e “non perdersi in chiacchiere, vista l’imminente scadenza”. Camera e Senato, in fondo, esistono ancora proprio per questo. Ma poi, se a questa pressione governativa si aggiungono i senatori che non vedono l’ora di prendere la via di fuga, il gioco è fatto; avanti con il “trolley day”. E poco importa se dopo il decreto missioni ci sarebbero state da discutere diverse interpellanze e interrogazioni; alle 14 erano già tutti in coda per il taxi a Corso Rinascimento.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
http://www.lafucina.it/2014/09/29/bolla-derivati/
Bolla derivati : banche USA esposte per 40 trilioni di $
Secondo Micheal Snyder la bolla scoppierà sicuramente
Pubblicato il 29/09/2014 da La Fucina
Bolla derivati: banche USA esposte per 40 trilioni di $
(Video d’archivio – “La bolla speculativa sugli strumenti derivati” di Eugenio Benetazzo)
“Quando crollerà il sistema bancario americano?“, si chiede Micheal Snyder in un articolo pubblicato sul blog The Economic Colapse e prosegue spiegando che lo “riassume in tre parole”.
Se prima erano solo quattro le banche americane “troppo grandi per fallire”, adesso sono cinque e ciascuna di queste ha un’esposizione in derivati di circa 40 trilioni di dollari. Per rendersi conto di che cifra parliamo, basti pensare che il debito pubblico statunitense ammonta a 17,7 trilioni di dollari. Inoltre, spiega Snyder, i derivati non rappresentano investimenti, ma sono essenzialmente “scommesse su ciò che accadrà in futuro”, un po’ come scommettere su una partita di calcio.
“Trattare derivati – continua Snyder – è praticamente una forma legalizzata di gioco d’azzardo, e le banche “troppo grandi per fallire” hanno trasformato Wall Street nel più grande casinò della storia del pianeta. Quando questa bolla scoppierà (ed è vero quanto è vero che sto scrivendo) il dolore che infliggerà all’economia globale sarà indescrivibile“.
Ma se è un gioco così pericoloso, perché le banche comprano derivati? Secondo Snyder lo fanno per avidità, dato che queste attività fanno guadagnare cifre enormi, ma la crisi del 2008 ah mostrato quanto l’accumulo di questi titoli sia pericoloso. Le banche realizzano modelli al computer che dovrebbero mantenere il sistema stabile, ma sono in realtà basati su supposizioni: un evento come una guerra, una catastrofe naturale, un’epidemia o il crac di una grande istituzione finanziaria possono provocare il collasso di questi modelli.
IL CASO DEUTSCHE BANK
– Non sono solo le banche americane ad essere esposte ai derivati. In Europa abbiamo la Deutsche Bank, che ha un’esposizione a derivati di 54,7 trilioni di euro, circa 20 volte il PIL tedesco e 5 volte il PIL dell’Eurozona. Il grafico sotto può darne un’idea:
...........
Ciao
Paolo11
Bolla derivati : banche USA esposte per 40 trilioni di $
Secondo Micheal Snyder la bolla scoppierà sicuramente
Pubblicato il 29/09/2014 da La Fucina
Bolla derivati: banche USA esposte per 40 trilioni di $
(Video d’archivio – “La bolla speculativa sugli strumenti derivati” di Eugenio Benetazzo)
“Quando crollerà il sistema bancario americano?“, si chiede Micheal Snyder in un articolo pubblicato sul blog The Economic Colapse e prosegue spiegando che lo “riassume in tre parole”.
Se prima erano solo quattro le banche americane “troppo grandi per fallire”, adesso sono cinque e ciascuna di queste ha un’esposizione in derivati di circa 40 trilioni di dollari. Per rendersi conto di che cifra parliamo, basti pensare che il debito pubblico statunitense ammonta a 17,7 trilioni di dollari. Inoltre, spiega Snyder, i derivati non rappresentano investimenti, ma sono essenzialmente “scommesse su ciò che accadrà in futuro”, un po’ come scommettere su una partita di calcio.
“Trattare derivati – continua Snyder – è praticamente una forma legalizzata di gioco d’azzardo, e le banche “troppo grandi per fallire” hanno trasformato Wall Street nel più grande casinò della storia del pianeta. Quando questa bolla scoppierà (ed è vero quanto è vero che sto scrivendo) il dolore che infliggerà all’economia globale sarà indescrivibile“.
Ma se è un gioco così pericoloso, perché le banche comprano derivati? Secondo Snyder lo fanno per avidità, dato che queste attività fanno guadagnare cifre enormi, ma la crisi del 2008 ah mostrato quanto l’accumulo di questi titoli sia pericoloso. Le banche realizzano modelli al computer che dovrebbero mantenere il sistema stabile, ma sono in realtà basati su supposizioni: un evento come una guerra, una catastrofe naturale, un’epidemia o il crac di una grande istituzione finanziaria possono provocare il collasso di questi modelli.
IL CASO DEUTSCHE BANK
– Non sono solo le banche americane ad essere esposte ai derivati. In Europa abbiamo la Deutsche Bank, che ha un’esposizione a derivati di 54,7 trilioni di euro, circa 20 volte il PIL tedesco e 5 volte il PIL dell’Eurozona. Il grafico sotto può darne un’idea:
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Paolo11
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