Il "nuovo" governo Renzi
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
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Lezzi: "Debiti PA alle imprese e cassa depositi e prestiti. Il Governo dica la verità! "
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Paolo11
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
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Rifinanziamento missioni militari all'estero, l'intervento di Marton
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Paolo11
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Draghi premier al posto di Renzi
Tra stretta giudiziaria e mediatica: il countdown per la sostituzione di Renzi con Draghi è partito
Pubblicato il 25/09/2014 da La Fucina
Tra stretta giudiziaria e mediatica: il countdown per la sostituzione di Renzi con Draghi è partito. E’ questo il titolo col quale l’Antidiplomatico, con un articolo firmato da Cesare Sacchetti, rilancia un’ipotesi suggestiva: Draghi premier al posto di Renzi. Ma leggiamo nel dettaglio il pezzo:
Il cammino che era stato spianato dal coro unico dei media attorno a Matteo Renzi comincia a restringersi. E’ di questi giorni la notizia che il padre del premier è indagato per bancarotta fraudolenta a Genova nell’ambito di un’inchiesta relativa al fallimento della società di distribuzione Chill Post. Seconda tegola giudiziaria per la famiglia Renzi che si aggiunge a quella che vede lo stesso premier rinviato a giudizio dalla Corte dei Conti per danno erariale quando il premier era ancora Presidente della Provincia di Firenze.
Alla stretta giudiziaria si accompagnano le prime crepe in quel blocco mediatico compatto che rassicurava sull’imminente ripresa che sarebbe dovuta scaturire da riforme di carattere amministrativo e non di stimolo della domanda aggregata, della quale ci sarebbe disperatamente bisogno, con il secondo auspicio in poco più di un mese da parte di Eugenio Scalfari di un controllo esterno e sovranazionale dell’economia italiana, ricordando a Renzi il consiglio, che assomigliava più a un fosco presagio, venuto da Draghi di “prepararsi a una cessione di sovranità”. Lo stesso Draghi che lo scorso agosto ha incontrato segretamente Renzi a Città della Pieve, dove forse il Presidente della BCE ha dato un avvertimento al Premier sull’imminente cambio di gestione che lo vedrà suo malgrado protagonista, per lasciare spazio al famigerato triumvirato che avrà il compito di attuare quel massacro sociale ancora più imponente che solamente poteri sovranazionali e stranieri hanno il pelo sullo stomaco per fare, di nuovo appoggiati dall’ennesima giravolta dei media italiani già pronti ad adeguarsi alle direttive piovute dall’alto.
Un Renzi che aveva promesso riforme strutturali nei primi 100 giorni, come la riforma elettorale ancora chiusa nel cassetto, per poi annunciare un deciso cambio di passo anche nell’economia facendo registrare un risultato peggiore del Governo Letta con un calo dello 0,4 di PIL, fino ad arrivare a chiedere 1000 giorni per poter dare l’impronta definitiva del cambiamento. Quindi siamo passati da un’annunciata riforma al mese, ad un traguardo spostato di ben 3 anni, con il Premier che dimostra una smodata passione per i multipli di 10 e la sua stessa maggioranza che comincia a scricchiolare con l’ex premier Bersani che evidentemente non ha mai digerito lo sgambetto fatto da Renzi per l’elezione di Marini a Presidente della Repubblica, e aspetta pazientemente sul greto del fiume per una resa dei conti tra le frange in lotta nel PD che vedrà vittima ancora una volta il Paese, con una democrazia sospesa ad libitum da Napolitano che mostra di odiare questa forma di governo, impedendo quell’appuntamento elettorale che restituirebbe al popolo la facoltà di scegliere liberamente il proprio destino.
Perciò Renzi forse ha compreso che sarà accantonato in malo modo dagli stessi apparati di potere che lo hanno catapultato sulla poltrona di Palazzo Chigi e deve compiere una corsa contro il tempo affrettandosi ad eseguire al più presto quella riforma del lavoro che le forze mercantilistiche reclamano perentorie per partorire l’abrogazione dell’art.18 in modo da abbattere l’ultima protezione rimasta al mercato del lavoro, già da tempo precarizzato e indebolito dalle precedenti Leggi Treu e Biagi.
Non basteranno le maschere cambiate dal premier costantemente per darsi un’aria di simpatia e umanità e che lo hanno reso innocuo agli occhi del grande pubblico, forse ammaliato e stordito da un’incessante fuoco visivo che ha descritto l’uomo della Leopolda come l’homo novus della politica italiana, un’immagine che sta pian piano scemando per rivelare l’effettiva pericolosità di un personaggio creato in vitro per costruire un emulo di Berlusconi e poter conquistare così l’elettorato moderato indispensabile ai fini del consenso elettorale che la sinistra non riusciva a catturare.
Se Renzi vorrà effettivamente farcela dovrà prima andare contro il suo stesso partito, non in termini ideologici o di contenuti, perché è bene ricordare che non c’è un conflitto di posizioni tra schieramenti per affermare un programma politico rispetto ad un altro, ma un mero corpo a corpo opportunistico tra la vecchia nomenclatura del Nazareno che non ha mai digerito l’imposizione di un “esterno” non appartenente ai suoi ranghi e l’iniezione di renzismo imposta a fondo nel partito e nelle sue fila che cinicamente come hanno fatto in passato salgono su quello che sembra essere il carro vincente, e se questo non poi non dovesse arrivare a destinazione sono pronte ad abbandonarlo in corsa.
Dove termini la sete di potere e dove inizi l’incoscienza temeraria di voler a tutti i costi ricoprire cariche di governo con il solo scopo di eliminare “il grasso che cola della spesa pubblica” che in realtà rappresenta il midollo e la struttura portante di un paese all’avanguardia nei diritti sociali , lo lasciamo giudicare ad altri più profondi conoscitori della natura umana. Noi possiamo solamente limitarci a constatare come l’informazione abbia avuto e tuttora ricopra un ruolo centrale nella fabbricazione di personaggi nulli e inconsistenti con il solo scopo di eseguire quel piano sconosciuto ai più di erezione degli Stati Uniti d’Europa fondati sul culto del libero mercato che ha permeato ogni aspetto della vita quotidiana alterando gli equilibri economici che la nostra economia basata su un modello misto, forse il più virtuoso tra le varie scuole economiche, e con frontiere liquide che non consentono più da tempo il controllo del territorio. Tutto questo forse Renzi non lo sa e non gli importa granché di quello che la sua presenza e il suo ruolo significhino in questa partita per la conservazione dei valori e della dignità costituzionale, ma perlomeno si sarà guadagnato poche righe nei libri di storia venendo ricordato come l’uomo che ha spalancato le porte alla Troika.
http://www.lafucina.it/2014/09/25/dragh ... sto-renzi/
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Paolo11
Tra stretta giudiziaria e mediatica: il countdown per la sostituzione di Renzi con Draghi è partito
Pubblicato il 25/09/2014 da La Fucina
Tra stretta giudiziaria e mediatica: il countdown per la sostituzione di Renzi con Draghi è partito. E’ questo il titolo col quale l’Antidiplomatico, con un articolo firmato da Cesare Sacchetti, rilancia un’ipotesi suggestiva: Draghi premier al posto di Renzi. Ma leggiamo nel dettaglio il pezzo:
Il cammino che era stato spianato dal coro unico dei media attorno a Matteo Renzi comincia a restringersi. E’ di questi giorni la notizia che il padre del premier è indagato per bancarotta fraudolenta a Genova nell’ambito di un’inchiesta relativa al fallimento della società di distribuzione Chill Post. Seconda tegola giudiziaria per la famiglia Renzi che si aggiunge a quella che vede lo stesso premier rinviato a giudizio dalla Corte dei Conti per danno erariale quando il premier era ancora Presidente della Provincia di Firenze.
Alla stretta giudiziaria si accompagnano le prime crepe in quel blocco mediatico compatto che rassicurava sull’imminente ripresa che sarebbe dovuta scaturire da riforme di carattere amministrativo e non di stimolo della domanda aggregata, della quale ci sarebbe disperatamente bisogno, con il secondo auspicio in poco più di un mese da parte di Eugenio Scalfari di un controllo esterno e sovranazionale dell’economia italiana, ricordando a Renzi il consiglio, che assomigliava più a un fosco presagio, venuto da Draghi di “prepararsi a una cessione di sovranità”. Lo stesso Draghi che lo scorso agosto ha incontrato segretamente Renzi a Città della Pieve, dove forse il Presidente della BCE ha dato un avvertimento al Premier sull’imminente cambio di gestione che lo vedrà suo malgrado protagonista, per lasciare spazio al famigerato triumvirato che avrà il compito di attuare quel massacro sociale ancora più imponente che solamente poteri sovranazionali e stranieri hanno il pelo sullo stomaco per fare, di nuovo appoggiati dall’ennesima giravolta dei media italiani già pronti ad adeguarsi alle direttive piovute dall’alto.
Un Renzi che aveva promesso riforme strutturali nei primi 100 giorni, come la riforma elettorale ancora chiusa nel cassetto, per poi annunciare un deciso cambio di passo anche nell’economia facendo registrare un risultato peggiore del Governo Letta con un calo dello 0,4 di PIL, fino ad arrivare a chiedere 1000 giorni per poter dare l’impronta definitiva del cambiamento. Quindi siamo passati da un’annunciata riforma al mese, ad un traguardo spostato di ben 3 anni, con il Premier che dimostra una smodata passione per i multipli di 10 e la sua stessa maggioranza che comincia a scricchiolare con l’ex premier Bersani che evidentemente non ha mai digerito lo sgambetto fatto da Renzi per l’elezione di Marini a Presidente della Repubblica, e aspetta pazientemente sul greto del fiume per una resa dei conti tra le frange in lotta nel PD che vedrà vittima ancora una volta il Paese, con una democrazia sospesa ad libitum da Napolitano che mostra di odiare questa forma di governo, impedendo quell’appuntamento elettorale che restituirebbe al popolo la facoltà di scegliere liberamente il proprio destino.
Perciò Renzi forse ha compreso che sarà accantonato in malo modo dagli stessi apparati di potere che lo hanno catapultato sulla poltrona di Palazzo Chigi e deve compiere una corsa contro il tempo affrettandosi ad eseguire al più presto quella riforma del lavoro che le forze mercantilistiche reclamano perentorie per partorire l’abrogazione dell’art.18 in modo da abbattere l’ultima protezione rimasta al mercato del lavoro, già da tempo precarizzato e indebolito dalle precedenti Leggi Treu e Biagi.
Non basteranno le maschere cambiate dal premier costantemente per darsi un’aria di simpatia e umanità e che lo hanno reso innocuo agli occhi del grande pubblico, forse ammaliato e stordito da un’incessante fuoco visivo che ha descritto l’uomo della Leopolda come l’homo novus della politica italiana, un’immagine che sta pian piano scemando per rivelare l’effettiva pericolosità di un personaggio creato in vitro per costruire un emulo di Berlusconi e poter conquistare così l’elettorato moderato indispensabile ai fini del consenso elettorale che la sinistra non riusciva a catturare.
Se Renzi vorrà effettivamente farcela dovrà prima andare contro il suo stesso partito, non in termini ideologici o di contenuti, perché è bene ricordare che non c’è un conflitto di posizioni tra schieramenti per affermare un programma politico rispetto ad un altro, ma un mero corpo a corpo opportunistico tra la vecchia nomenclatura del Nazareno che non ha mai digerito l’imposizione di un “esterno” non appartenente ai suoi ranghi e l’iniezione di renzismo imposta a fondo nel partito e nelle sue fila che cinicamente come hanno fatto in passato salgono su quello che sembra essere il carro vincente, e se questo non poi non dovesse arrivare a destinazione sono pronte ad abbandonarlo in corsa.
Dove termini la sete di potere e dove inizi l’incoscienza temeraria di voler a tutti i costi ricoprire cariche di governo con il solo scopo di eliminare “il grasso che cola della spesa pubblica” che in realtà rappresenta il midollo e la struttura portante di un paese all’avanguardia nei diritti sociali , lo lasciamo giudicare ad altri più profondi conoscitori della natura umana. Noi possiamo solamente limitarci a constatare come l’informazione abbia avuto e tuttora ricopra un ruolo centrale nella fabbricazione di personaggi nulli e inconsistenti con il solo scopo di eseguire quel piano sconosciuto ai più di erezione degli Stati Uniti d’Europa fondati sul culto del libero mercato che ha permeato ogni aspetto della vita quotidiana alterando gli equilibri economici che la nostra economia basata su un modello misto, forse il più virtuoso tra le varie scuole economiche, e con frontiere liquide che non consentono più da tempo il controllo del territorio. Tutto questo forse Renzi non lo sa e non gli importa granché di quello che la sua presenza e il suo ruolo significhino in questa partita per la conservazione dei valori e della dignità costituzionale, ma perlomeno si sarà guadagnato poche righe nei libri di storia venendo ricordato come l’uomo che ha spalancato le porte alla Troika.
http://www.lafucina.it/2014/09/25/dragh ... sto-renzi/
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
I due masnadieri - 1
Repubblica 25.9.14
Canone frequenze, lo Stato perderà 131 milioni
di Aldo Fontanarosa
ROMA . Non sono bastate una severa lettera della Commissione Ue (il 18 luglio) e due altre del sottosegretario Giacomelli (il 19 luglio e il 4 agosto). Il Garante per le Comunicazioni (l’AgCom) sfida il governo e accelera nella riforma del canone delle frequenze tv. L’esecutivo avrebbe voluto regolare la materia con una sua legge, ma il Garante non intende aspettare oltre il 30 settembre, ed ora stringe i tempi. Proprio martedì 30 toccherà così i criteri di calcolo del canone che le emittenti dovranno all’erario. Quindi rimetterà la palla al ministero dello Sviluppo che stabilirà gli importi materiali della “tassa”. E la decisione è spinosa. Già a luglio il sottosegretario Giacomelli ha avvertito il Garante che il provvedimento in esame ha un punto molto debole. Perché ridurrebbe a lungo le entrate per lo Stato mentre riconosce un super sconto a Rai e Mediaset.
Stime ufficiali non ce ne sono. Ma ieri, alla Camera, circolava un appunto tecnicamente attendibile. Calcola che nel 2014, con il nuovo meccanismo, l’erario si ritroverà in cassa 39,52 milioni in meno rispetto al 2013 (effetto dell’abbuono per Rai e Mediaset alleggerite di 23,1 e 17,2 milioni rispetto all’anno scorso). Nei primi 4 anni, l’ammanco per lo Stato lieviterà a 104,8 milioni (mentre il beneficio per Viale Mazzini e il Biscione a 73,1 e 49,5). Le casse pubbliche conteranno ben 131,7 milioni smarriti, infine, tra il 2014 e il 2021.
La norma attualmente in vigore, introdotta dalla Finanziaria del 2000, prevede che ogni azienda televisiva versi allo Stato l’1% del fatturato. Fino ad oggi, dunque, pagavano più soldi le emittenti più ricche. Martedì il Garante tenterà di spostare il peso dalle imprese editoriali a quelle tecnologiche. Per la Rai pagherà RaiWay e per Mediaset, invece, Elettronica Industriale. Come è motivato questo cambio?
Soprattutto il Garante vuole che i grandi contribuenti (Rai e Mediaset, sempre loro) spendano meno e i nuovi protagonisti del mercato, di più. Angelo Cardani, presidente del Garante, non ha mai amato il provvedimento in esame. Quando i tecnici dell’AgCom gli hanno mostrato una prima bozza, l’ha bollata come impresentabile. Poi ha sempre votato contro nelle riunioni preliminari (insieme al commissario Nicita). Martedì però la riforma può ricevere il sì dei commissari Martusciello, Preto e del relatore Posteraro.
E’ rimasto solo Pippo Civati, in splendida solitudine, a dire che «se il premier insiste, la rottura sarà inevitabile». «Nessuno di noi vuole rompere, non ci capirebbe il Paese»
Repubblica 25.9.14
Canone frequenze, lo Stato perderà 131 milioni
di Aldo Fontanarosa
ROMA . Non sono bastate una severa lettera della Commissione Ue (il 18 luglio) e due altre del sottosegretario Giacomelli (il 19 luglio e il 4 agosto). Il Garante per le Comunicazioni (l’AgCom) sfida il governo e accelera nella riforma del canone delle frequenze tv. L’esecutivo avrebbe voluto regolare la materia con una sua legge, ma il Garante non intende aspettare oltre il 30 settembre, ed ora stringe i tempi. Proprio martedì 30 toccherà così i criteri di calcolo del canone che le emittenti dovranno all’erario. Quindi rimetterà la palla al ministero dello Sviluppo che stabilirà gli importi materiali della “tassa”. E la decisione è spinosa. Già a luglio il sottosegretario Giacomelli ha avvertito il Garante che il provvedimento in esame ha un punto molto debole. Perché ridurrebbe a lungo le entrate per lo Stato mentre riconosce un super sconto a Rai e Mediaset.
Stime ufficiali non ce ne sono. Ma ieri, alla Camera, circolava un appunto tecnicamente attendibile. Calcola che nel 2014, con il nuovo meccanismo, l’erario si ritroverà in cassa 39,52 milioni in meno rispetto al 2013 (effetto dell’abbuono per Rai e Mediaset alleggerite di 23,1 e 17,2 milioni rispetto all’anno scorso). Nei primi 4 anni, l’ammanco per lo Stato lieviterà a 104,8 milioni (mentre il beneficio per Viale Mazzini e il Biscione a 73,1 e 49,5). Le casse pubbliche conteranno ben 131,7 milioni smarriti, infine, tra il 2014 e il 2021.
La norma attualmente in vigore, introdotta dalla Finanziaria del 2000, prevede che ogni azienda televisiva versi allo Stato l’1% del fatturato. Fino ad oggi, dunque, pagavano più soldi le emittenti più ricche. Martedì il Garante tenterà di spostare il peso dalle imprese editoriali a quelle tecnologiche. Per la Rai pagherà RaiWay e per Mediaset, invece, Elettronica Industriale. Come è motivato questo cambio?
Soprattutto il Garante vuole che i grandi contribuenti (Rai e Mediaset, sempre loro) spendano meno e i nuovi protagonisti del mercato, di più. Angelo Cardani, presidente del Garante, non ha mai amato il provvedimento in esame. Quando i tecnici dell’AgCom gli hanno mostrato una prima bozza, l’ha bollata come impresentabile. Poi ha sempre votato contro nelle riunioni preliminari (insieme al commissario Nicita). Martedì però la riforma può ricevere il sì dei commissari Martusciello, Preto e del relatore Posteraro.
E’ rimasto solo Pippo Civati, in splendida solitudine, a dire che «se il premier insiste, la rottura sarà inevitabile». «Nessuno di noi vuole rompere, non ci capirebbe il Paese»
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
http://www.youtube.com/watch?v=DlOO-EkdTCM
Renzi, il Corriere e il Salotto dei Cento.
26/09/2014 di triskel182
Ora: è vero che Ferruccio De Bortoli è già stato licenziato (uscita prevista in primavera) quindi potrebbe anche fottersene dei suoi azionisti. Ma in effetti è difficile non vedere che qualcosa è cambiato, negli ultimi due mesi, nei cosiddetti poteri forti. O, se preferite meno complottismo, nei salotti in cui si incrociano grossi imprenditori, banchieri e proprietari dei media. Categorie che peraltro in Italia sono intrecciatissime e complessivamente composte, a star larghi, da un centinaio di persone.
Un centinaio di persone che, sia chiaro, seppure con interessi simili non sempre hanno un’anima e una voce sola, né hanno sempre strategie chiarissime. Ricordo bene il sospetto e le divisioni con cui accolsero Berlusconi, vent’anni fa, dopo aver puntato tutto su Giorgio La Malfa o almeno Mariotto Segni. Poi quasi tutti si adeguarono, lo abbracciarono, marciarono con lui: fino a mollarlo bruscamente nel 2011, terrorizzati fra l’altro che dal berlusconismo si uscisse bruscamente con Vendola premier – questi erano i sondaggi, allora, e questo dicevano le primarie e le elezioni amministrative di quell’anno – e allora dal cappello spuntò Monti.
Dopo il flop di Monti (non solo elettorale), si sono attaccati a Enrico Letta, «ultima spiaggia», pure lui sgonfiatosi però in pochi mesi.
Poi, si sa, è seguito l’innamoramento per Renzi. Che univa al dinamismo e alla trasversale popolarità anche il vantaggio di provenire da un partito di sinistra, o almeno sedicente tale: e da sempre i nocchieri dell’economia sanno che solo un governo “di sinistra” può fare riforme di destra senza scatenare la piazza.
Di qui la soffocante unanimità con cui i media (quasi tutti ) hanno accolto ed esaltato Renzi nei primi sei mesi di governo. Un coro che ha un solo precedente, almeno nella mia memoria: il periodo della “solidarietà nazionale”, tra la fine dei ‘70 e l’inizio degli ‘80 (oddio, erano stati imbarazzanti anche i peana iniziali per il governo Monti, ma almeno lì, ogni tanto, lo bastonavano i berlusconiani offesi per lo spodestamento).
Negli ultimi due mesi, però, è successo qualcosa: già si annusava prima, l’editoriale del Corrierone ne è solo la conferma.
E’ successo, probabilmente, che il Salotto dei cento – per capirci – ha iniziato a incrinarsi. A dividersi. Tra chi ancora decisamente punta su Renzi: come ad esempio Marchionne; e chi invece pensa che il premier sia una bolla di blabla destinata a scoppiare lasciando ignoto e macerie, ma anche violenti conflitti sociali per loro tutt’altro che auspicabili.
Qui, a occhio, siamo.
Per questo credo che sia un po’ naif, con permesso, considerare oggi Renzi un eroe su cavallo bianco che sfida i poteri forti: semplicemente, una parte di questi ultimi teme, dopo aver puntato tanto su di lui, che non riesca a mettere in atto i loro propositi, che sia solo chiacchiere e distintivo, che produca solo disastri; quindi questa parte sogna la Troika, o qualcosa di simile. Mentre un’altra parte continua a “endorsarlo”, sperando che porti a termine senza troppe bizze ciò a cui loro puntano.
E tifare per l’una o per l’altra curva di questo salotto, credo, sarebbe ugualmente sciocco, per chi ha invece il dovere e l’urgenza di costruire progetti e possibilità diverse tanto da Renzi quanto dalla Troika. Perché, sia chiaro, il Salotto dei cento è certo influente ma non è una Spectre onnipotente né è il motore immobile dell’universo: come invece piace pensare a chi con questo alibi giustifica la propria rassegnazione.
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
Renzi, il Corriere e il Salotto dei Cento.
26/09/2014 di triskel182
Ora: è vero che Ferruccio De Bortoli è già stato licenziato (uscita prevista in primavera) quindi potrebbe anche fottersene dei suoi azionisti. Ma in effetti è difficile non vedere che qualcosa è cambiato, negli ultimi due mesi, nei cosiddetti poteri forti. O, se preferite meno complottismo, nei salotti in cui si incrociano grossi imprenditori, banchieri e proprietari dei media. Categorie che peraltro in Italia sono intrecciatissime e complessivamente composte, a star larghi, da un centinaio di persone.
Un centinaio di persone che, sia chiaro, seppure con interessi simili non sempre hanno un’anima e una voce sola, né hanno sempre strategie chiarissime. Ricordo bene il sospetto e le divisioni con cui accolsero Berlusconi, vent’anni fa, dopo aver puntato tutto su Giorgio La Malfa o almeno Mariotto Segni. Poi quasi tutti si adeguarono, lo abbracciarono, marciarono con lui: fino a mollarlo bruscamente nel 2011, terrorizzati fra l’altro che dal berlusconismo si uscisse bruscamente con Vendola premier – questi erano i sondaggi, allora, e questo dicevano le primarie e le elezioni amministrative di quell’anno – e allora dal cappello spuntò Monti.
Dopo il flop di Monti (non solo elettorale), si sono attaccati a Enrico Letta, «ultima spiaggia», pure lui sgonfiatosi però in pochi mesi.
Poi, si sa, è seguito l’innamoramento per Renzi. Che univa al dinamismo e alla trasversale popolarità anche il vantaggio di provenire da un partito di sinistra, o almeno sedicente tale: e da sempre i nocchieri dell’economia sanno che solo un governo “di sinistra” può fare riforme di destra senza scatenare la piazza.
Di qui la soffocante unanimità con cui i media (quasi tutti ) hanno accolto ed esaltato Renzi nei primi sei mesi di governo. Un coro che ha un solo precedente, almeno nella mia memoria: il periodo della “solidarietà nazionale”, tra la fine dei ‘70 e l’inizio degli ‘80 (oddio, erano stati imbarazzanti anche i peana iniziali per il governo Monti, ma almeno lì, ogni tanto, lo bastonavano i berlusconiani offesi per lo spodestamento).
Negli ultimi due mesi, però, è successo qualcosa: già si annusava prima, l’editoriale del Corrierone ne è solo la conferma.
E’ successo, probabilmente, che il Salotto dei cento – per capirci – ha iniziato a incrinarsi. A dividersi. Tra chi ancora decisamente punta su Renzi: come ad esempio Marchionne; e chi invece pensa che il premier sia una bolla di blabla destinata a scoppiare lasciando ignoto e macerie, ma anche violenti conflitti sociali per loro tutt’altro che auspicabili.
Qui, a occhio, siamo.
Per questo credo che sia un po’ naif, con permesso, considerare oggi Renzi un eroe su cavallo bianco che sfida i poteri forti: semplicemente, una parte di questi ultimi teme, dopo aver puntato tanto su di lui, che non riesca a mettere in atto i loro propositi, che sia solo chiacchiere e distintivo, che produca solo disastri; quindi questa parte sogna la Troika, o qualcosa di simile. Mentre un’altra parte continua a “endorsarlo”, sperando che porti a termine senza troppe bizze ciò a cui loro puntano.
E tifare per l’una o per l’altra curva di questo salotto, credo, sarebbe ugualmente sciocco, per chi ha invece il dovere e l’urgenza di costruire progetti e possibilità diverse tanto da Renzi quanto dalla Troika. Perché, sia chiaro, il Salotto dei cento è certo influente ma non è una Spectre onnipotente né è il motore immobile dell’universo: come invece piace pensare a chi con questo alibi giustifica la propria rassegnazione.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Maciste contro tutti - 1
Adesso anche i vescovi. Dopo De Benedetti, Diamanti, Ricolfi, Della Valle, Farinetti, De Bortoli, Freccero, e tanti alti arrivano i vescovi. Si devono essere accordi che gli italiani aspettavano De Gasperi ed Einaudi, ...e invece si ritrovano con Alvaro Vitali nella parte di Cetto Laqualunque.
Cei: “Renzi basta slogan. Art.18? Sindacati guardino oltre o lo scontro farà morti’
Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana Nunzio Galatino si rivolge al presidente del Consiglio e interviene sulla riforma del lavoro: "In questo dibattito vedo troppe bandiere che sventolano". Pedofilia: "La Chiesa ha agito, ma gli altri?". No al "divorzio breve"
di Francesco Antonio Grana | 26 settembre 2014Commenti
“Basta slogan, il premier Renzi ridisegni la politica fiscale. E sull’articolo 18 i sindacati guardino oltre, altrimenti lo scontro farà morti”.
Intervento inedito e durissimo del segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio, diocesi nella quale, il 21 giugno 2014, Papa Francesco ha scomunicato i mafiosi.
Nella conferenza stampa al termine della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente della Cei, che si è aperto con la conferma di Bagnasco al vertice della Chiesa italiana fino al 2017, Galantino ha attaccato Matteo Renzi e i sindacati. “La Chiesa – ha affermato il numero due della Cei – pensa che bisogna guardare con più realismo alle persone che non hanno lavoro e che lo cercano. Il dibattito sull’articolo 18 sì, articolo 18 no è meno centrale e io vi vedo troppe bandiere che sventolano” (un anno fa la Cei si era rivolta al governo Letta: “Basta con inutili litigiosità. Non si perda il treno della ripresa”, ndr)
Sulla questione lavoro Galatino si dice “sempre preoccupato quando alcuni temi decisivi vengono posti sul piano dello scontro”, perché “la categoria del contro è sterile” e “alla fine ci saranno morti da una parte e dall’altra” e vengono adottate “soluzioni a mezz’aria”. Il segretario della Cei ci ha tenuto, inoltre, a specificare che “non ce l’ho con Matteo Renzi, che è giovane, è simpatico, sa dire tante cose simpatiche. Se oltre al Corriere della Sera, all’amministratore delegato della Fiat, volete mettere insieme anche i vescovi tra quelli che si interessano alla persona di Matteo Renzi, noi non siamo interessati“, ha puntualizzato Galantino. Il segretario della Cei ha lanciato anche un messaggio forte: “È vero che molti nei sindacati vogliono la conservazione dell’esistente”, ma “lo sguardo in avanti non si realizza mettendosi l’uno contro l’altro”, e invece “troppa gente, nei sindacati e nella politica, piuttosto che cercare soluzioni al drammatico problema del lavoro, bada a tenere alto il numero dei propri iscritti”.
Spazio anche al tema della pedofilia, alla luce degli arresti domiciliari in Vaticano per l’ex nunzio Jozef Welosowski. Per Galantino, la Chiesa ha agito con fermezza dimostrando che “non c’è nessuna volontà di coprire” la pedofilia, vero e proprio “crimine, ma il resto della società che sta facendo per debellare questa piaga? La Chiesa ha dato un messaggio chiaro: davanti a un crimine come la pedofilia, non c’è nessuna possibilità di sottovalutazioni ma io aspetto il giorno in cui anche altre categorie della società facciano qualcosa per debellare questo crimine”. Per il numero due della Cei “la pedofilia non è solo un problema della Chiesa. Eppure non mi risulta che, per esempio, si siano messi limiti alla piaga del turismo sessuale che tutti sanno essere la ricerca di piacere attraverso la pedofilia”. Galantino ammette, però, che nel tempo “per un malinteso senso di prudenza, a volte si è pensato che per questo genere di crimini bastasse spostare il diretto interessato da un posto all’altro. Ovviamente non è così e Bergoglio ha applicato la linea dura ma tutto in continuità con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”.
Nel messaggio finale l’episcopato italiano sottolinea che la famiglia non viene sostenuta da chi, “al di là delle promesse, si rivela sordo sia nel promuovere interventi fiscali di sostegno alla famiglia, sia nel realizzare una politica globale di armonizzazione tra le esigenze del lavoro e quelle della vita familiare, a partire dal rispetto per la domenica”. E, per i vescovi della Penisola, “non lo fa neppure chi non esita a dare via preferenziale a richieste come il riconoscimento delle cosiddette unioni di fatto o, addirittura, l’accesso al matrimonio per coppie formate da persone dello stesso sesso. Del resto, che aspettarsi per la famiglia se la preoccupazione principale rimane quella di abbreviare il più possibile i tempi del divorzio, enfatizzando così una concezione privatistica del matrimonio?”.
Una preoccupazione, quella per il riconoscimento delle unioni di fatto, che termina in un ringraziamento della Cei “per la dignità e la pazienza ostinata” con cui le famiglie italiane oggi “affrontano la grave e perdurante crisi: quanti genitori resistono in prima fila, provati dalla mancanza di lavoro, dal problema della casa, dai costi legati alle proprie scelte educative. La famiglia si conferma il presidio della tenuta non solo affettiva ed emotiva delle persone, ma anche di quella sociale ed economica”. Un pensiero, infine, ai cristiani perseguitati in particolare in Iraq ai quali la Cei ha destinato un milione di euro dei fondi dell’otto per mille per affrontare la “prima emergenza e sostenere progetti di solidarietà”. Cifra analoga era stata stanziata nel luglio scorso per fa fronte all’emergenza in Siria. La presidenza della Cei ha deciso anche di compiere una visita nelle zone più provate dal conflitto a Gaza nei prossimi 3 e 4 novembre su invito del Patriarca Latino di Gerusalemme.
Twitter: @FrancescoGrana
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... i/1134245/
Adesso anche i vescovi. Dopo De Benedetti, Diamanti, Ricolfi, Della Valle, Farinetti, De Bortoli, Freccero, e tanti alti arrivano i vescovi. Si devono essere accordi che gli italiani aspettavano De Gasperi ed Einaudi, ...e invece si ritrovano con Alvaro Vitali nella parte di Cetto Laqualunque.
Cei: “Renzi basta slogan. Art.18? Sindacati guardino oltre o lo scontro farà morti’
Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana Nunzio Galatino si rivolge al presidente del Consiglio e interviene sulla riforma del lavoro: "In questo dibattito vedo troppe bandiere che sventolano". Pedofilia: "La Chiesa ha agito, ma gli altri?". No al "divorzio breve"
di Francesco Antonio Grana | 26 settembre 2014Commenti
“Basta slogan, il premier Renzi ridisegni la politica fiscale. E sull’articolo 18 i sindacati guardino oltre, altrimenti lo scontro farà morti”.
Intervento inedito e durissimo del segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio, diocesi nella quale, il 21 giugno 2014, Papa Francesco ha scomunicato i mafiosi.
Nella conferenza stampa al termine della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente della Cei, che si è aperto con la conferma di Bagnasco al vertice della Chiesa italiana fino al 2017, Galantino ha attaccato Matteo Renzi e i sindacati. “La Chiesa – ha affermato il numero due della Cei – pensa che bisogna guardare con più realismo alle persone che non hanno lavoro e che lo cercano. Il dibattito sull’articolo 18 sì, articolo 18 no è meno centrale e io vi vedo troppe bandiere che sventolano” (un anno fa la Cei si era rivolta al governo Letta: “Basta con inutili litigiosità. Non si perda il treno della ripresa”, ndr)
Sulla questione lavoro Galatino si dice “sempre preoccupato quando alcuni temi decisivi vengono posti sul piano dello scontro”, perché “la categoria del contro è sterile” e “alla fine ci saranno morti da una parte e dall’altra” e vengono adottate “soluzioni a mezz’aria”. Il segretario della Cei ci ha tenuto, inoltre, a specificare che “non ce l’ho con Matteo Renzi, che è giovane, è simpatico, sa dire tante cose simpatiche. Se oltre al Corriere della Sera, all’amministratore delegato della Fiat, volete mettere insieme anche i vescovi tra quelli che si interessano alla persona di Matteo Renzi, noi non siamo interessati“, ha puntualizzato Galantino. Il segretario della Cei ha lanciato anche un messaggio forte: “È vero che molti nei sindacati vogliono la conservazione dell’esistente”, ma “lo sguardo in avanti non si realizza mettendosi l’uno contro l’altro”, e invece “troppa gente, nei sindacati e nella politica, piuttosto che cercare soluzioni al drammatico problema del lavoro, bada a tenere alto il numero dei propri iscritti”.
Spazio anche al tema della pedofilia, alla luce degli arresti domiciliari in Vaticano per l’ex nunzio Jozef Welosowski. Per Galantino, la Chiesa ha agito con fermezza dimostrando che “non c’è nessuna volontà di coprire” la pedofilia, vero e proprio “crimine, ma il resto della società che sta facendo per debellare questa piaga? La Chiesa ha dato un messaggio chiaro: davanti a un crimine come la pedofilia, non c’è nessuna possibilità di sottovalutazioni ma io aspetto il giorno in cui anche altre categorie della società facciano qualcosa per debellare questo crimine”. Per il numero due della Cei “la pedofilia non è solo un problema della Chiesa. Eppure non mi risulta che, per esempio, si siano messi limiti alla piaga del turismo sessuale che tutti sanno essere la ricerca di piacere attraverso la pedofilia”. Galantino ammette, però, che nel tempo “per un malinteso senso di prudenza, a volte si è pensato che per questo genere di crimini bastasse spostare il diretto interessato da un posto all’altro. Ovviamente non è così e Bergoglio ha applicato la linea dura ma tutto in continuità con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”.
Nel messaggio finale l’episcopato italiano sottolinea che la famiglia non viene sostenuta da chi, “al di là delle promesse, si rivela sordo sia nel promuovere interventi fiscali di sostegno alla famiglia, sia nel realizzare una politica globale di armonizzazione tra le esigenze del lavoro e quelle della vita familiare, a partire dal rispetto per la domenica”. E, per i vescovi della Penisola, “non lo fa neppure chi non esita a dare via preferenziale a richieste come il riconoscimento delle cosiddette unioni di fatto o, addirittura, l’accesso al matrimonio per coppie formate da persone dello stesso sesso. Del resto, che aspettarsi per la famiglia se la preoccupazione principale rimane quella di abbreviare il più possibile i tempi del divorzio, enfatizzando così una concezione privatistica del matrimonio?”.
Una preoccupazione, quella per il riconoscimento delle unioni di fatto, che termina in un ringraziamento della Cei “per la dignità e la pazienza ostinata” con cui le famiglie italiane oggi “affrontano la grave e perdurante crisi: quanti genitori resistono in prima fila, provati dalla mancanza di lavoro, dal problema della casa, dai costi legati alle proprie scelte educative. La famiglia si conferma il presidio della tenuta non solo affettiva ed emotiva delle persone, ma anche di quella sociale ed economica”. Un pensiero, infine, ai cristiani perseguitati in particolare in Iraq ai quali la Cei ha destinato un milione di euro dei fondi dell’otto per mille per affrontare la “prima emergenza e sostenere progetti di solidarietà”. Cifra analoga era stata stanziata nel luglio scorso per fa fronte all’emergenza in Siria. La presidenza della Cei ha deciso anche di compiere una visita nelle zone più provate dal conflitto a Gaza nei prossimi 3 e 4 novembre su invito del Patriarca Latino di Gerusalemme.
Twitter: @FrancescoGrana
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... i/1134245/
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
La vox populi:
PaolettoV • 2 minuti fa
La solita indebita ingerenza negli affari interni di uno Stato straniero e laico.
Monsignor Nunzio Galantino pensi a dare il proprio contributo alla soluzione
dei non pochi problemi che assillano oggi il Vaticano, senza dimenticare uno
degli ultimi moniti del Cardinale Martini : "La chiesa è rimasta indietro di oltre
duecento anni. Perché non si scuote, perché ha paura ?
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Daniel Fortesque • 5 minuti fa
Han cominciato a mollare sul serio, sui pedofili, ma proprio quando la "EMME" gli era arrivata ormai arrivata a lambire "er cuppolone"! E ci hanno pure la pretesa di insegnare agli altri cosa sarebbe giusto o non giusto fare sul lavoro!
Predicano l'accoglienza, ma agli ingressi del Vaticano, come ce le mettono, "le svizzere", per non fare entrare nessuno!
Pedofili, banche, soldi, scandali... ...certi vescovi ricchi da fare schifo, quello che si era arredato l'attico con non so quali quadri d'autore... ...proprio vero: certe volte, per andare avanti, ci serve una cosa sola: una grande, grandissima faccia di... ...bronzo!
Eugenio Bongiorno • 15 minuti fa
Parte I )
Ma dobbiamo leggere le miserie di questo parassita che prende lo stipendio sottraendolo per legge dalle tasse degli italiani??
Ma dobbiamo pure sorbirci la presa in giro sui preti pedofili, addirittura ragliando e glorificando la chiesa, quale baluardo alla pedofilia, quando per quel che ne sappiamo per ora ne hanno solo fermato uno, proprio perché era stato condannato in Costa Rica e proprio perché lo stesso ONU pochi mesi fa, aveva condannato pubblicamente il Vaticano, senza giri di parole, per aver coperto i casi di pedofilia, per non aver consegnato la lista di tutti i casi du cui erano venuti a conoscenza,
ricordando che lo stesso Vaticano fa parte dell'ONU avendo pure aderito a tutti i trattati, anche quelli sui crimini perpetuati sui bambini, dopo che i casi accertati in tutto il mondo sono migliaia senza contare quelli non denunciati?
E questo ci viene a raccontare le favole del prete polacco simbolo della lotta alla pedofilia??
Ma se il più alto tasso di pedofili lo troviamo proprio tra i preti, mica tra i civili??
Ma cosa farnetica questo qui??
Gli stati non hanno fatto nulla??? Ma se li condannano e voi del Vaticano
non li consegnate facendo valere lo status diplomatico come prelato trasferendoli in altra sede ove non li conoscono??
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Eugenio Bongiorno • 15 minuti fa
Parte II )
E che dire dei risarcimenti milionari che il Vaticano ha pagato in Usa alle vittime, soldi che invece di essere destinati ai poveri, a quelli che hanno fame e che stanno veramente male, sono stati utilizzati per coprire i vostri vizi??
Ma almeno fate silenzio per dei secoli a venire e andate a prendere in giro qualche Baoba se esiste ancora in qualche foresta.
Taccia anche sui diritti dei lavoratori che voi non sapete neanche cosa voglia dire lavorare e guadagnarsi la pagnotta con il sudore, essere umiliati tutto il giorno sapendo che ciò non basta ne per placare l'arroganza dei padroni e ne la fame dei propri famigliari, e non con le chiacchiere e le pacche sulle spalle come da sempre siete abituati voi.
E' proprio con la rinuncia alle lotte frutto delle vostre chiacchiere narcotizzanti, che si è giunti fino ai giorni nostri, ritrovandoci senza diritti e denari necessari per vivere, poveri seppur lavorando, scippati del nostro futuro e passati da una vita vissuta a poter solo ambire a sopravvivere!
Ma taccia! Io mi vergognerei a presentarmi come portatore della parola di Cristo con le sue vesti, a tal punto deviata e manomessa nel tempo, da ribaltarne il suo significato e la sua portata, che poi non era altro quella di elevare i più poveri, non quella di rendere accettabile la vita miserabile imposta dai più ricchi!
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Ben Hur • 18 minuti fa
una domanda da ignorante. in quale nazione europea nella scuola pubblica c'è l'insegnamento della religione e lo stato paga i preti come insegnanti? senza trascurare che l'italia è uno stato laico e non fondamentalista.
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Nino Turenum • 21 minuti fa
Eppoi dicono che non è la nuova DC-Il papa in ogni telegiornale non manca mai-i cardinali i vescovi non si fanno i c...i loro -a poco a poco stanno prendendo fiato e quanto prima saranno protagonisti-e il DC di turno chi è ? il pupazzo ; Renzi a cui una mano clericale non la si può negare.Ma guarda un po'!
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PaolettoV • 2 minuti fa
La solita indebita ingerenza negli affari interni di uno Stato straniero e laico.
Monsignor Nunzio Galantino pensi a dare il proprio contributo alla soluzione
dei non pochi problemi che assillano oggi il Vaticano, senza dimenticare uno
degli ultimi moniti del Cardinale Martini : "La chiesa è rimasta indietro di oltre
duecento anni. Perché non si scuote, perché ha paura ?
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Daniel Fortesque • 5 minuti fa
Han cominciato a mollare sul serio, sui pedofili, ma proprio quando la "EMME" gli era arrivata ormai arrivata a lambire "er cuppolone"! E ci hanno pure la pretesa di insegnare agli altri cosa sarebbe giusto o non giusto fare sul lavoro!
Predicano l'accoglienza, ma agli ingressi del Vaticano, come ce le mettono, "le svizzere", per non fare entrare nessuno!
Pedofili, banche, soldi, scandali... ...certi vescovi ricchi da fare schifo, quello che si era arredato l'attico con non so quali quadri d'autore... ...proprio vero: certe volte, per andare avanti, ci serve una cosa sola: una grande, grandissima faccia di... ...bronzo!
Eugenio Bongiorno • 15 minuti fa
Parte I )
Ma dobbiamo leggere le miserie di questo parassita che prende lo stipendio sottraendolo per legge dalle tasse degli italiani??
Ma dobbiamo pure sorbirci la presa in giro sui preti pedofili, addirittura ragliando e glorificando la chiesa, quale baluardo alla pedofilia, quando per quel che ne sappiamo per ora ne hanno solo fermato uno, proprio perché era stato condannato in Costa Rica e proprio perché lo stesso ONU pochi mesi fa, aveva condannato pubblicamente il Vaticano, senza giri di parole, per aver coperto i casi di pedofilia, per non aver consegnato la lista di tutti i casi du cui erano venuti a conoscenza,
ricordando che lo stesso Vaticano fa parte dell'ONU avendo pure aderito a tutti i trattati, anche quelli sui crimini perpetuati sui bambini, dopo che i casi accertati in tutto il mondo sono migliaia senza contare quelli non denunciati?
E questo ci viene a raccontare le favole del prete polacco simbolo della lotta alla pedofilia??
Ma se il più alto tasso di pedofili lo troviamo proprio tra i preti, mica tra i civili??
Ma cosa farnetica questo qui??
Gli stati non hanno fatto nulla??? Ma se li condannano e voi del Vaticano
non li consegnate facendo valere lo status diplomatico come prelato trasferendoli in altra sede ove non li conoscono??
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Eugenio Bongiorno • 15 minuti fa
Parte II )
E che dire dei risarcimenti milionari che il Vaticano ha pagato in Usa alle vittime, soldi che invece di essere destinati ai poveri, a quelli che hanno fame e che stanno veramente male, sono stati utilizzati per coprire i vostri vizi??
Ma almeno fate silenzio per dei secoli a venire e andate a prendere in giro qualche Baoba se esiste ancora in qualche foresta.
Taccia anche sui diritti dei lavoratori che voi non sapete neanche cosa voglia dire lavorare e guadagnarsi la pagnotta con il sudore, essere umiliati tutto il giorno sapendo che ciò non basta ne per placare l'arroganza dei padroni e ne la fame dei propri famigliari, e non con le chiacchiere e le pacche sulle spalle come da sempre siete abituati voi.
E' proprio con la rinuncia alle lotte frutto delle vostre chiacchiere narcotizzanti, che si è giunti fino ai giorni nostri, ritrovandoci senza diritti e denari necessari per vivere, poveri seppur lavorando, scippati del nostro futuro e passati da una vita vissuta a poter solo ambire a sopravvivere!
Ma taccia! Io mi vergognerei a presentarmi come portatore della parola di Cristo con le sue vesti, a tal punto deviata e manomessa nel tempo, da ribaltarne il suo significato e la sua portata, che poi non era altro quella di elevare i più poveri, non quella di rendere accettabile la vita miserabile imposta dai più ricchi!
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Ben Hur • 18 minuti fa
una domanda da ignorante. in quale nazione europea nella scuola pubblica c'è l'insegnamento della religione e lo stato paga i preti come insegnanti? senza trascurare che l'italia è uno stato laico e non fondamentalista.
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Nino Turenum • 21 minuti fa
Eppoi dicono che non è la nuova DC-Il papa in ogni telegiornale non manca mai-i cardinali i vescovi non si fanno i c...i loro -a poco a poco stanno prendendo fiato e quanto prima saranno protagonisti-e il DC di turno chi è ? il pupazzo ; Renzi a cui una mano clericale non la si può negare.Ma guarda un po'!
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
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Filippo Ottonieri • 33 minuti fa
L'Articolo 18 è effettivamente un falso problema, ma la riforma delle regole del lavoro serve e non può certo essere dettata dalla CEI ! Chi vuole legga di più su
http://ilsaltodirodi.com/2014/...
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Savoia Marchetti • 34 minuti fa
oh, questi prelati GRILLINI, GUFI e ROSIKONI!
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Homo Italicus • 35 minuti fa
CEI ,ma vi rendete conto che Renzi è influenzato da un indemoniato.? Bisogna fare degli esorcismi per salvare lui e gli Italiani tutti.!
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arrivo io • 38 minuti fa
Se introducessero anche le ingerenze del clero nel calcolo del PIL, saremmo la nazione più ricca del mondo.
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antonia 46 • 38 minuti fa
vescovi...vedete di farvi due righe di a...i vs, in questo momento gli argomenti non vi mancano....
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sonostanco • 40 minuti fa
Basta slogan ... dateci denaro, ma tanto
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Leonardo De Biase • 42 minuti fa
E più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che la CEI lavi i propri panni sporchi a casa sua.
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Tonino Basile • 42 minuti fa
la cei ha detto che... renzusconi basta slogan...?
e sticatzi pensa che... nunzio ha ragione...!
e sticatzi pensa che... nunzio dovrebbe dire ai suoi di pagare l'imu, la tasi e tutte le altre tasse, al pari degli altri italiani...!!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi dovrebbero rinunciare all'ottopermille...!!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi dovrebbero smettere di andare per scuole pubbliche a indottrinare alla creduloneria i minorenni...!!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi colleghi dovrebbero andare a lavorare in fabbrica e la terra, come fanno i cittadini italiani onesti che si alzano al mattino per andare a spezzarsi la schiena per tentare di sfamare i figli...!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi colleghi, dopo che si sono rotti la schiena a lavorare come tutti gli altri potrebbero essere degni di salire sul pulpito e predicare ... “il discorso della montagna...”!!!
e sticatzi pensa che ... nunzio e i suoi colleghi, dopo, e solo dopo, forse, potrebbero dire la loro su cosa si deve fare...!!!
un saluto a cinquestelle
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giunela Tonino Basile • 35 minuti fa
Ti abbraccio.
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Guest • 43 minuti fa
Adesso sì che Renzi deve correre....
Un conto che ti sgrida la troika...e un conto è esser sgridato dai preti!!!
Forza
compagno boyscout Matteo, basta con le balle e mettiti al lavoro, che
sistemare l'Italia non è come un campo estivo che si fà quando si è
"lupetti"!!!
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Giuseppe Izzo • 43 minuti fa
Mi pare logico, dopo che De Bortoli manda all'aria la copertura di Renzi che agisce nell'interesse di quel cumulo di adoratori di Lucifero che sono i massoni,la Chiesa prende le distanze e lancia una bella silurata all'ebetino della sinagoga di sotto... Tra adoratori di Cristo e Satana io preferisco i primi...
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Filippo Ottonieri • 33 minuti fa
L'Articolo 18 è effettivamente un falso problema, ma la riforma delle regole del lavoro serve e non può certo essere dettata dalla CEI ! Chi vuole legga di più su
http://ilsaltodirodi.com/2014/...
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Savoia Marchetti • 34 minuti fa
oh, questi prelati GRILLINI, GUFI e ROSIKONI!
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Homo Italicus • 35 minuti fa
CEI ,ma vi rendete conto che Renzi è influenzato da un indemoniato.? Bisogna fare degli esorcismi per salvare lui e gli Italiani tutti.!
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arrivo io • 38 minuti fa
Se introducessero anche le ingerenze del clero nel calcolo del PIL, saremmo la nazione più ricca del mondo.
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antonia 46 • 38 minuti fa
vescovi...vedete di farvi due righe di a...i vs, in questo momento gli argomenti non vi mancano....
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sonostanco • 40 minuti fa
Basta slogan ... dateci denaro, ma tanto
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Leonardo De Biase • 42 minuti fa
E più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che la CEI lavi i propri panni sporchi a casa sua.
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Tonino Basile • 42 minuti fa
la cei ha detto che... renzusconi basta slogan...?
e sticatzi pensa che... nunzio ha ragione...!
e sticatzi pensa che... nunzio dovrebbe dire ai suoi di pagare l'imu, la tasi e tutte le altre tasse, al pari degli altri italiani...!!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi dovrebbero rinunciare all'ottopermille...!!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi dovrebbero smettere di andare per scuole pubbliche a indottrinare alla creduloneria i minorenni...!!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi colleghi dovrebbero andare a lavorare in fabbrica e la terra, come fanno i cittadini italiani onesti che si alzano al mattino per andare a spezzarsi la schiena per tentare di sfamare i figli...!!
e sticatzi pensa che... nunzio e i suoi colleghi, dopo che si sono rotti la schiena a lavorare come tutti gli altri potrebbero essere degni di salire sul pulpito e predicare ... “il discorso della montagna...”!!!
e sticatzi pensa che ... nunzio e i suoi colleghi, dopo, e solo dopo, forse, potrebbero dire la loro su cosa si deve fare...!!!
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giunela Tonino Basile • 35 minuti fa
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Adesso sì che Renzi deve correre....
Un conto che ti sgrida la troika...e un conto è esser sgridato dai preti!!!
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compagno boyscout Matteo, basta con le balle e mettiti al lavoro, che
sistemare l'Italia non è come un campo estivo che si fà quando si è
"lupetti"!!!
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Giuseppe Izzo • 43 minuti fa
Mi pare logico, dopo che De Bortoli manda all'aria la copertura di Renzi che agisce nell'interesse di quel cumulo di adoratori di Lucifero che sono i massoni,la Chiesa prende le distanze e lancia una bella silurata all'ebetino della sinagoga di sotto... Tra adoratori di Cristo e Satana io preferisco i primi...
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
http://www.youtube.com/watch?v=2-ZGst-k9xk
26 SET 2014 17:04
1. BISIGNANI: “DE BORTOLI HA SPARATO CONTRO RENZI PER UN IMPETO DI ORGOGLIO. È UN DIRETTORE CON LA DATA DI SCADENZA, SENZA NEPPURE UN EDITORE DI RIFERIMENTO” -
2. “QUELL’EDITORIALE DÀ UN BEL VANTAGGIO A RENZI CHE ORA PUÒ DIMOSTRARE CHE STA LOTTANDO CONTRO (PRESUNTI) POTERI FORTI PER CAMBIARE IL NOSTRO PAESE: I POLITICI, I MAGISTRATI, ORA ANCHE IL CORRIERE. INVECE A NAPOLITANO NON SARÀ PIACIUTO’’ -
3. IN ITALIA I POTERI FORTI NON ESISTONO PIÙ, CI SONO SOLO TANTI POTERI DEBOLI. E POI I POTERI FORTI SI MUOVONO CON ALTRI STRUMENTI. BERLUSCONI FU MESSO FUORI GIOCO DALLO SPREAD. LA FINANZA INTERNAZIONALE MICA SI AFFIDA AL DIRETTORE DI UN QUOTIDIANO” -
4. “RENZI SI PREOCCUPI PIÙ DI WOLFGANG MUNCHAU, UNO DEI PIÙ IMPORTANTI COMMENTATORI DEL ‘’FINANCIAL TIMES’’ CHE DESCRIVE L’ITALIA A RISCHIO DEFAULT, CHE DI DE BORTOLI” -
5. “DE BORTOLI MASSONE? NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO, FORSE SÌ. IO GRAN CAPO DI LOGGE EUROPEE. E LUI MAGARI A CAPO DI UNA LOGGIA COPERTA CATTOLICA DI RITO LOMBARDO” -
Alberto Di Majo per “Il Tempo”
Dottor Bisignani, secondo l’ex ministro Gentiloni nell’editoriale di due giorni fa Ferruccio De Bortoli si riferiva a lei e non a Renzi.
«Questa mi pare davvero incredibile. Preferirei non parlare di De Bortoli».
Ma visto che anche Gentiloni la tira in ballo, non può sottrarsi. Non pensa che De Bortoli potrebbe avere lo stesso destino del protagonista del suo ultimo libro, anche lui direttore di un importante quotidiano nazionale, che le prova tutte per restare in sella, si divincola tra potenti e morti, e alla fine ce la fa?
«Il personaggio del mio romanzo, Mauro De Blasio, è un gattopardo che esce dalla mia fantasia e come tale, resta sempre in scena. De Bortoli non c’entra niente».
Non le sembra curioso l’attacco che il direttore del Corriere della Sera ha sferrato contro il premier Renzi? Non mi dica che pensa anche lei, come altri, che ci sia un mandante...
«Quando c’era un omicidio o un altro grave fatto di cronaca e qualcuno chiedeva a Giulio Andreotti chi fosse il mandante, lui rispondeva "cercatelo in casa". Questo è vero soprattutto quando si tira per di più in ballo la massoneria come ha fatto nel suo articolo De Bortoli. Il mandante è De Bortoli stesso».
Su «Il Giornale» Sallusti ha attaccato il direttore del Corriere: «Da che loggia viene la predica» ha scritto. Ma De Bortoli è massone?
«Bisognerebbe chiederlo a Sallusti. Mi viene da rispondere sorridendo. Nell’immaginario collettivo, come per me, forse sì. Io gran capo di logge europee. E lui magari a capo di una loggia coperta cattolica di rito lombardo».
L’articolo del direttore del Corriere le sembra una mossa ragionata o disperata?
«Mi sembra che De Bortoli sia un uomo solo e, come dice lui, senza neppure un editore di riferimento».
E perché ha «sparato» contro Renzi?
«Per un impeto di orgoglio. L’articolo che ha scritto è una prova di forza e di grande vitalità dopo un’estate non esaltante, con momenti per lui anche difficili, così come succedeva ad un altro grande del Corriere che ho conosciuto».
Senza nome non è una notizia...
«Nessuna difficoltà. Il grande, grandissimo Montanelli passava mesi di grande solitudine».
Pensa che De Bortoli abbia cercato di riposizionarsi politicamente?
«Non lo so davvero. Forse sta cercando un altro posto di lavoro e pensa che Renzi non potrà portarlo né alla Rai né a fare il sindaco di Milano. Gli resta sempre un ottimo rapporto con Carlo De Benedetti che non mi pare sia in sintonia con l’azione del premier».
Magari voleva strizzare l’occhio agli antirenziani che stanno aumentando. No?
«Non credo proprio. Il suo attacco al premier è un fatto personale. De Bortoli cerca anche di riavvicinarsi alla redazione che in questo momento ricorda un po’ la Libia, piena di faide che si confrontano senza una direzione».
Dunque tenta di rimanere in campo.
«Firmata la liquidazione si riprende la scena e lo fa con coraggio togliendosi qualche sassolino dalle scarpe. Del resto l’idea che lui potesse passare un semestre bianco in Via Solferino è stata sempre un po’ ridicola».
Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Non è che De Bortoli ha fiutato che Renzi sarà presto ridimensionato?
«Io non ci credo. Penso che siano soltanto voci. Anzi sono certo che ci porterà presto al voto e vincerà alla grande».
E Berlusconi glielo permetterà?
«Certo che sì, altrimenti rottamerà anche lui come ha fatto con tanti altri».
Comunque a Renzi non avranno fatto piacere le accuse del direttore del Corriere.
«Tutt’altro. Quell’editoriale dà un bel vantaggio al premier che in questo modo può dimostrare che sta lottando contro (presunti) poteri forti per cambiare il nostro Paese: i politici, i magistrati, ora anche il Corriere. Invece a Napolitano non sarà piaciuto».
Perché «presunti» poteri forti?
«Perché in Italia i poteri forti non esistono più, ci sono soltanto tanti poteri deboli. E in ogni caso i poteri forti si muovono con altri strumenti, come è successo a Berlusconi messo fuori gioco dallo spread. La finanza internazionale mica si affida al direttore di un quotidiano».
Dunque Renzi dovrebbe gioire delle valutazioni di De Bortoli?
«Intanto Renzi ha incassato il consenso di Marchionne. Quest’ultimo ha addirittura precisato che "abitualmente" non legge De Bortoli e ha definito molto coraggioso il premier. In ogni caso Renzi deve preoccuparsi più di Wolfgang Munchau, uno dei più importanti commentatori del Financial Times che descrive l’Italia a rischio default, che di De Bortoli».
A proposito di Renzi, sembra che a casa sua riscuota grandi consensi. Sua figlia Lucrezia ha avuto pubblicamente parole di stima verso il premier.
«Mia figlia, renziana della primissima ora, lavora nella Silicon Valley dove l’ha incontrato nei giorni scorsi e ha introdotto in un breve speech un concetto che non avevo afferrato, quello di "generazione Leopolda", l’evoluzione web della generazione Erasmus. In effetti tanti giovani guardano a Renzi come all’unica possibilità di cambiare il Paese. Anche mia madre, che di anni ne ha quasi 90, sorride al premier».
Dicono che una volta lei abbia risposto a sua figlia che ha tentato di convincerla del valore di Renzi: «Non cambio idea facilmente». Adesso per caso l’ha cambiata?
«Io resto andreottiano. Ma sono ammirato del suo coraggio e della sua energia».
26 SET 2014 17:04
1. BISIGNANI: “DE BORTOLI HA SPARATO CONTRO RENZI PER UN IMPETO DI ORGOGLIO. È UN DIRETTORE CON LA DATA DI SCADENZA, SENZA NEPPURE UN EDITORE DI RIFERIMENTO” -
2. “QUELL’EDITORIALE DÀ UN BEL VANTAGGIO A RENZI CHE ORA PUÒ DIMOSTRARE CHE STA LOTTANDO CONTRO (PRESUNTI) POTERI FORTI PER CAMBIARE IL NOSTRO PAESE: I POLITICI, I MAGISTRATI, ORA ANCHE IL CORRIERE. INVECE A NAPOLITANO NON SARÀ PIACIUTO’’ -
3. IN ITALIA I POTERI FORTI NON ESISTONO PIÙ, CI SONO SOLO TANTI POTERI DEBOLI. E POI I POTERI FORTI SI MUOVONO CON ALTRI STRUMENTI. BERLUSCONI FU MESSO FUORI GIOCO DALLO SPREAD. LA FINANZA INTERNAZIONALE MICA SI AFFIDA AL DIRETTORE DI UN QUOTIDIANO” -
4. “RENZI SI PREOCCUPI PIÙ DI WOLFGANG MUNCHAU, UNO DEI PIÙ IMPORTANTI COMMENTATORI DEL ‘’FINANCIAL TIMES’’ CHE DESCRIVE L’ITALIA A RISCHIO DEFAULT, CHE DI DE BORTOLI” -
5. “DE BORTOLI MASSONE? NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO, FORSE SÌ. IO GRAN CAPO DI LOGGE EUROPEE. E LUI MAGARI A CAPO DI UNA LOGGIA COPERTA CATTOLICA DI RITO LOMBARDO” -
Alberto Di Majo per “Il Tempo”
Dottor Bisignani, secondo l’ex ministro Gentiloni nell’editoriale di due giorni fa Ferruccio De Bortoli si riferiva a lei e non a Renzi.
«Questa mi pare davvero incredibile. Preferirei non parlare di De Bortoli».
Ma visto che anche Gentiloni la tira in ballo, non può sottrarsi. Non pensa che De Bortoli potrebbe avere lo stesso destino del protagonista del suo ultimo libro, anche lui direttore di un importante quotidiano nazionale, che le prova tutte per restare in sella, si divincola tra potenti e morti, e alla fine ce la fa?
«Il personaggio del mio romanzo, Mauro De Blasio, è un gattopardo che esce dalla mia fantasia e come tale, resta sempre in scena. De Bortoli non c’entra niente».
Non le sembra curioso l’attacco che il direttore del Corriere della Sera ha sferrato contro il premier Renzi? Non mi dica che pensa anche lei, come altri, che ci sia un mandante...
«Quando c’era un omicidio o un altro grave fatto di cronaca e qualcuno chiedeva a Giulio Andreotti chi fosse il mandante, lui rispondeva "cercatelo in casa". Questo è vero soprattutto quando si tira per di più in ballo la massoneria come ha fatto nel suo articolo De Bortoli. Il mandante è De Bortoli stesso».
Su «Il Giornale» Sallusti ha attaccato il direttore del Corriere: «Da che loggia viene la predica» ha scritto. Ma De Bortoli è massone?
«Bisognerebbe chiederlo a Sallusti. Mi viene da rispondere sorridendo. Nell’immaginario collettivo, come per me, forse sì. Io gran capo di logge europee. E lui magari a capo di una loggia coperta cattolica di rito lombardo».
L’articolo del direttore del Corriere le sembra una mossa ragionata o disperata?
«Mi sembra che De Bortoli sia un uomo solo e, come dice lui, senza neppure un editore di riferimento».
E perché ha «sparato» contro Renzi?
«Per un impeto di orgoglio. L’articolo che ha scritto è una prova di forza e di grande vitalità dopo un’estate non esaltante, con momenti per lui anche difficili, così come succedeva ad un altro grande del Corriere che ho conosciuto».
Senza nome non è una notizia...
«Nessuna difficoltà. Il grande, grandissimo Montanelli passava mesi di grande solitudine».
Pensa che De Bortoli abbia cercato di riposizionarsi politicamente?
«Non lo so davvero. Forse sta cercando un altro posto di lavoro e pensa che Renzi non potrà portarlo né alla Rai né a fare il sindaco di Milano. Gli resta sempre un ottimo rapporto con Carlo De Benedetti che non mi pare sia in sintonia con l’azione del premier».
Magari voleva strizzare l’occhio agli antirenziani che stanno aumentando. No?
«Non credo proprio. Il suo attacco al premier è un fatto personale. De Bortoli cerca anche di riavvicinarsi alla redazione che in questo momento ricorda un po’ la Libia, piena di faide che si confrontano senza una direzione».
Dunque tenta di rimanere in campo.
«Firmata la liquidazione si riprende la scena e lo fa con coraggio togliendosi qualche sassolino dalle scarpe. Del resto l’idea che lui potesse passare un semestre bianco in Via Solferino è stata sempre un po’ ridicola».
Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Non è che De Bortoli ha fiutato che Renzi sarà presto ridimensionato?
«Io non ci credo. Penso che siano soltanto voci. Anzi sono certo che ci porterà presto al voto e vincerà alla grande».
E Berlusconi glielo permetterà?
«Certo che sì, altrimenti rottamerà anche lui come ha fatto con tanti altri».
Comunque a Renzi non avranno fatto piacere le accuse del direttore del Corriere.
«Tutt’altro. Quell’editoriale dà un bel vantaggio al premier che in questo modo può dimostrare che sta lottando contro (presunti) poteri forti per cambiare il nostro Paese: i politici, i magistrati, ora anche il Corriere. Invece a Napolitano non sarà piaciuto».
Perché «presunti» poteri forti?
«Perché in Italia i poteri forti non esistono più, ci sono soltanto tanti poteri deboli. E in ogni caso i poteri forti si muovono con altri strumenti, come è successo a Berlusconi messo fuori gioco dallo spread. La finanza internazionale mica si affida al direttore di un quotidiano».
Dunque Renzi dovrebbe gioire delle valutazioni di De Bortoli?
«Intanto Renzi ha incassato il consenso di Marchionne. Quest’ultimo ha addirittura precisato che "abitualmente" non legge De Bortoli e ha definito molto coraggioso il premier. In ogni caso Renzi deve preoccuparsi più di Wolfgang Munchau, uno dei più importanti commentatori del Financial Times che descrive l’Italia a rischio default, che di De Bortoli».
A proposito di Renzi, sembra che a casa sua riscuota grandi consensi. Sua figlia Lucrezia ha avuto pubblicamente parole di stima verso il premier.
«Mia figlia, renziana della primissima ora, lavora nella Silicon Valley dove l’ha incontrato nei giorni scorsi e ha introdotto in un breve speech un concetto che non avevo afferrato, quello di "generazione Leopolda", l’evoluzione web della generazione Erasmus. In effetti tanti giovani guardano a Renzi come all’unica possibilità di cambiare il Paese. Anche mia madre, che di anni ne ha quasi 90, sorride al premier».
Dicono che una volta lei abbia risposto a sua figlia che ha tentato di convincerla del valore di Renzi: «Non cambio idea facilmente». Adesso per caso l’ha cambiata?
«Io resto andreottiano. Ma sono ammirato del suo coraggio e della sua energia».
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Repubblica 26.9.14
L’ira del Colle. E Renzi avverte le toghe: “Il Presidente è con me”
di Liana Milella
ROMA «In gioco c’è l’autonomia e il primato della politica. E Napolitano è d’accordo con me». Matteo Renzi da New York coglie al volo il pressing del Quirinale per la riforma della giustizia. Lo scontro con le toghe ormai è a 360 gradi. Del resto la convocazione del presidente della Repubblica come testimone nel processo Stato-Mafia, ha più che indispettito l’inquilino del Colle. Anche il premier è preoccupato ma ora sa di poter contare sul capo dello Stato anche su questo versante.
Pure l’umore delle toghe è plumbeo. ma per il motivo opposto. L’asse Napolitano-Renzi, mai evidente come ieri in tutta la sua forza, li consegna a una riforma scritta dal governo e che il Quirinale condivide e sollecita. «Napolitano - è il ragionamento del capo del governo - ha difeso la nostra linea, è evidente che ci sta dando una grande mano in un momento complicato. Noi dobbiamo andare avanti decisi, senza più esitazioni». Orlando, al Quirinale, si apparta con il capo dello Stato. Parlano della riforma della giustizia. Il presidente la caldeggia. Dicono che gli abbia detto: «Bisogna recuperare i tempi morti».
Di certo Napolitano è infastidito per come il tribunale di Palermo ha voluto inserirlo nell’inchiesta. Per la prima volta un capo dello Stato è chiamato a deporre. Pur avendo detto chiaro, e per iscritto, che non ha nulla da dire. Non esistono precedenti. Cossiga e Scalfaro avevano rifiutato di deporre in un processo. Per la prima volta nella storia del Quirinale. Quando, allora, la notizia della decisione dei giudici siciliani arriva cambia il corso della giornata.
La coincidenza è fatale. Poteva essere un giorno di festa per la magistratura sul Colle. È diventato quello dei musi lunghi. Per la seconda volta in pochi giorni, dopo l’altolà di Renzi in Parlamento sugli avvisi di garanzia «citofonati o inviati a mezzo stampa», è un giorno che cambia definitivamente la storia dei rapporti tra il Pd e le toghe. “Colpa” di Palermo, ovviamente. Tant’è che quando proprio il magistrato che ha mandato a processo l’inchiesta Stato-mafia, il gip Piergiorgio Morosini, divenuto nel frattempo togato del Csm per Magistratura democratica, si avvicina per giurare nelle mani del capo dello Stato, in platea corre più di un brivido. Il presidente lo guarda gelido, tutto dura un attimo. Morosini torna al suo posto. Ma risuonano le parole durissime di Napolitano sui magistrati, una «casta chiusa», protagonisti di una giustizia «lenta e caotica», dal «funzionamento insoddisfacente», toghe divise in correnti, perse «in estenuanti e impropri negoziati alla ricerca di compromessi e malsani bilanciamenti».
Non è Renzi che parla, ma è Napolitano. Eppure le sue parole sembrano proprio quelle del presidente del Consiglio. Ormai è noto che il feeling Pd-magistratura è un lontano ricordo. Il discorso di Napolitano lo certifica. A palazzo Chigi annuiscono soddisfatti, perché la sinto- nia col presidente è ormai consolidata. Dice Renzi: «L’autonomia e il primato della politica, non solo sui problemi della giustizia: questa è la partita più importante che stiamo giocando. Non possiamo perderla. È importante che un uomo con la storia di Napolitano sia dalla nostra parte».
Certo, non solo sulla giustizia, ma anche sullo scontro per l’articolo 18 e la riforma del lavoro, nonché sulle riforme costituzionali e sulla la legge elettorale, il Quirinale ha fatto asse con Renzi. «Perché se ne vuole andare presto» dice più di un maligno. Nel Pd piace pensare invece che ci sia una visione sintonica della politica, delle necessità urgenti del Paese, delle riforme da fare. Ecco cosa si può strappare al vice segretario del Pd Lorenzo Guerini: «L’invito ad accelerare sulle riforme significa che Napolitano condivide l’obiettivo di un cambiamento strutturale del Paese».
«Purtroppo saremo noi a farne le spese per primi» commentano i magistrati basiti sulle mailing list. Intendiamoci, Napolitano era stato duro anche altre volte. Ma adesso la sua determinazione è estrema. Nel suo staff giurano che il discorso per il Csm era già pronto quando il presidente ha appreso di essere stato convocato come teste. «Nessun cambiamento» assicurano. Ma questo, anziché attenuare l’effetto delle sue parole, lo centuplica. Perché Napolitano, con assoluta evidenza, sta nettamente dalla parte della riforma della giustizia.
Sanno bene, al Quirinale, come i famosi 10 punti approvati alla fine di agosto non sono giunti integralmente in Parlamento. Un ritardo le cui colpe, almeno a sentire Orlando e i suoi, non sono da addebitare alla Giustizia. Di mezzo ci stanno le resistenze degli alfaniani di Ncd che, come per l’autoriciclaggio e il falso in bilancio, hanno fatto pressioni per cambiare i testi. Ci sono i malumori del Mise della Guidi, le richieste del Mef di Padoan. Un mix che sta frenando la riforma. Per questo Napolitano spinge il governo a chiudere in fretta la partita. E Renzi a sua volta spinge sui suoi ministri. Lo sanno anche i magistrati che già cercano di correre ai ripari. «Ci batteremo punto su punto. Non possono pensare che ci faremo mettere sotto i piedi così». Ma stavolta, come accadeva ai tempi di Berlusconi, non c’è per loro la porta sempre aperta al Quirinale. Lì c’è una porta chiusa. E la convocazione al processo di Palermo ha sbarrato anche l’ultimo spiraglio.
L’ira del Colle. E Renzi avverte le toghe: “Il Presidente è con me”
di Liana Milella
ROMA «In gioco c’è l’autonomia e il primato della politica. E Napolitano è d’accordo con me». Matteo Renzi da New York coglie al volo il pressing del Quirinale per la riforma della giustizia. Lo scontro con le toghe ormai è a 360 gradi. Del resto la convocazione del presidente della Repubblica come testimone nel processo Stato-Mafia, ha più che indispettito l’inquilino del Colle. Anche il premier è preoccupato ma ora sa di poter contare sul capo dello Stato anche su questo versante.
Pure l’umore delle toghe è plumbeo. ma per il motivo opposto. L’asse Napolitano-Renzi, mai evidente come ieri in tutta la sua forza, li consegna a una riforma scritta dal governo e che il Quirinale condivide e sollecita. «Napolitano - è il ragionamento del capo del governo - ha difeso la nostra linea, è evidente che ci sta dando una grande mano in un momento complicato. Noi dobbiamo andare avanti decisi, senza più esitazioni». Orlando, al Quirinale, si apparta con il capo dello Stato. Parlano della riforma della giustizia. Il presidente la caldeggia. Dicono che gli abbia detto: «Bisogna recuperare i tempi morti».
Di certo Napolitano è infastidito per come il tribunale di Palermo ha voluto inserirlo nell’inchiesta. Per la prima volta un capo dello Stato è chiamato a deporre. Pur avendo detto chiaro, e per iscritto, che non ha nulla da dire. Non esistono precedenti. Cossiga e Scalfaro avevano rifiutato di deporre in un processo. Per la prima volta nella storia del Quirinale. Quando, allora, la notizia della decisione dei giudici siciliani arriva cambia il corso della giornata.
La coincidenza è fatale. Poteva essere un giorno di festa per la magistratura sul Colle. È diventato quello dei musi lunghi. Per la seconda volta in pochi giorni, dopo l’altolà di Renzi in Parlamento sugli avvisi di garanzia «citofonati o inviati a mezzo stampa», è un giorno che cambia definitivamente la storia dei rapporti tra il Pd e le toghe. “Colpa” di Palermo, ovviamente. Tant’è che quando proprio il magistrato che ha mandato a processo l’inchiesta Stato-mafia, il gip Piergiorgio Morosini, divenuto nel frattempo togato del Csm per Magistratura democratica, si avvicina per giurare nelle mani del capo dello Stato, in platea corre più di un brivido. Il presidente lo guarda gelido, tutto dura un attimo. Morosini torna al suo posto. Ma risuonano le parole durissime di Napolitano sui magistrati, una «casta chiusa», protagonisti di una giustizia «lenta e caotica», dal «funzionamento insoddisfacente», toghe divise in correnti, perse «in estenuanti e impropri negoziati alla ricerca di compromessi e malsani bilanciamenti».
Non è Renzi che parla, ma è Napolitano. Eppure le sue parole sembrano proprio quelle del presidente del Consiglio. Ormai è noto che il feeling Pd-magistratura è un lontano ricordo. Il discorso di Napolitano lo certifica. A palazzo Chigi annuiscono soddisfatti, perché la sinto- nia col presidente è ormai consolidata. Dice Renzi: «L’autonomia e il primato della politica, non solo sui problemi della giustizia: questa è la partita più importante che stiamo giocando. Non possiamo perderla. È importante che un uomo con la storia di Napolitano sia dalla nostra parte».
Certo, non solo sulla giustizia, ma anche sullo scontro per l’articolo 18 e la riforma del lavoro, nonché sulle riforme costituzionali e sulla la legge elettorale, il Quirinale ha fatto asse con Renzi. «Perché se ne vuole andare presto» dice più di un maligno. Nel Pd piace pensare invece che ci sia una visione sintonica della politica, delle necessità urgenti del Paese, delle riforme da fare. Ecco cosa si può strappare al vice segretario del Pd Lorenzo Guerini: «L’invito ad accelerare sulle riforme significa che Napolitano condivide l’obiettivo di un cambiamento strutturale del Paese».
«Purtroppo saremo noi a farne le spese per primi» commentano i magistrati basiti sulle mailing list. Intendiamoci, Napolitano era stato duro anche altre volte. Ma adesso la sua determinazione è estrema. Nel suo staff giurano che il discorso per il Csm era già pronto quando il presidente ha appreso di essere stato convocato come teste. «Nessun cambiamento» assicurano. Ma questo, anziché attenuare l’effetto delle sue parole, lo centuplica. Perché Napolitano, con assoluta evidenza, sta nettamente dalla parte della riforma della giustizia.
Sanno bene, al Quirinale, come i famosi 10 punti approvati alla fine di agosto non sono giunti integralmente in Parlamento. Un ritardo le cui colpe, almeno a sentire Orlando e i suoi, non sono da addebitare alla Giustizia. Di mezzo ci stanno le resistenze degli alfaniani di Ncd che, come per l’autoriciclaggio e il falso in bilancio, hanno fatto pressioni per cambiare i testi. Ci sono i malumori del Mise della Guidi, le richieste del Mef di Padoan. Un mix che sta frenando la riforma. Per questo Napolitano spinge il governo a chiudere in fretta la partita. E Renzi a sua volta spinge sui suoi ministri. Lo sanno anche i magistrati che già cercano di correre ai ripari. «Ci batteremo punto su punto. Non possono pensare che ci faremo mettere sotto i piedi così». Ma stavolta, come accadeva ai tempi di Berlusconi, non c’è per loro la porta sempre aperta al Quirinale. Lì c’è una porta chiusa. E la convocazione al processo di Palermo ha sbarrato anche l’ultimo spiraglio.
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