La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Walesa: "La Polonia ha bisogno dell'atomica contro la Russia"
Il premio Nobel per la pace: "Varsavia potrebbe ottenerla in prestito per proteggersi"
http://www.tmnews.it/web/sezioni/top10/ ... 2008.shtml
Mah... questo è uno che ha avuto il Nobel per la pace?!
Il premio Nobel per la pace: "Varsavia potrebbe ottenerla in prestito per proteggersi"
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Mah... questo è uno che ha avuto il Nobel per la pace?!
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Siamo alla follia totale... la vera guerra quella "calda" si avvicina a grandi passi grazie alla totale mancanza di neuroni funzionanti in troppe teste...
I polacchi porteranno un'altra volta l'Europa nel baratro della guerra e sono anche così stolti da non capire che loro in ogni caso pagherebbero un prezzo altissimo... purtroppo le loro teste sono obnubilate dall'odio atavico contro i russi e dalla smania di essere più yankee degli yankee...
Ma il male che si cerca non è mai troppo... si diceva una volta...
I polacchi porteranno un'altra volta l'Europa nel baratro della guerra e sono anche così stolti da non capire che loro in ogni caso pagherebbero un prezzo altissimo... purtroppo le loro teste sono obnubilate dall'odio atavico contro i russi e dalla smania di essere più yankee degli yankee...
Ma il male che si cerca non è mai troppo... si diceva una volta...
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Re: La Terza Guerra Mondiale
A me sembra di essere un vitello all'interno di quelle transenne che guidano la mandria nella sala macello.
I vitelli sentono l'odore della morte ma non possono fare niente per evitare il flusso unidirezionale della mandria.
Noi, più dei vitelli abbiamo l'intelligenza e la conoscenza di quello che ci aspetta. Ma non facciamo nulla per evitare il nostro destino.
I vitelli sentono l'odore della morte ma non possono fare niente per evitare il flusso unidirezionale della mandria.
Noi, più dei vitelli abbiamo l'intelligenza e la conoscenza di quello che ci aspetta. Ma non facciamo nulla per evitare il nostro destino.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
http://www.youtube.com/watch?v=PgSd0X1X ... ploademail
Rifinanziamento missioni militari all'estero, l'intervento di Giovanni Endrizzi (M5S)
Ciao
Paolo11
Rifinanziamento missioni militari all'estero, l'intervento di Giovanni Endrizzi (M5S)
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Paolo11
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Re: La Terza Guerra Mondiale
25 SET 2014 12:44
“L’OCCIDENTE HA IL NEMICO IN CASA” – NON LO DICE ORIANA FALLACI MA LO STORICO DELLA SHOAH: “L’IMMIGRAZIONE ISLAMICA? IL CAVALLO DI TROIA DI UN NUOVO TOTALITARISMO MA GLI INTELLETTUALI EUROPEI NON CHIAMANO LE COSE COL LORO NOME PER PAURA DI ESSERE TACCIATI DI RAZZISMO”
Parla Georges Bensoussan: “In Europa ci sono centinaia di giovani islamici potenziali assassini nutriti dall’odio che arriva dalle tv arabe captate con le parabole - Anche il Corano predica un antisemitismo e un anticristianesimo molto violento” - “I soldati del Califfo? Sono solo 30mila: li si può distruggere in una settimana”…
Domenico Quirico per “la Stampa”
«Il pericolo è il diffondersi in una parte della immigrazione europea demograficamente esorbitante di un antisemitismo di tipo nuovo, violento, che nasce nelle dottrine che arrivano dal vicino Oriente.
È nel montare di un nuovo totalitarismo islamista che divide il mondo in credenti ed eretici, puri ed impuri, e nella paura degli intellettuali occidentali di definire le cose con il loro nome…».
Georges Bensoussan, uno dei maggiori storici della Shoah, è attento osservatore di quel versante atroce dell’umanità che sembra esser passato, sotto nuove vesti, dal secolo trascorso nel subbuglio del presente.
I partiti della destra xenofoba avanzano in Europa…
«Una frangia marginale della opinione pubblica europea ha simpatie naziste, ma è un fenomeno che viene esagerato. Il vero pericolo è la nascita di un antisemitismo di tipo nuovo, violento, fisico:
in gran parte legato alla congiunzione di una estrema destra antisionista come la vediamo in Francia e in Belgio, non necessariamente neonazista, e di un antisionismo molto violento di estrema sinistra non legato alla critica della politica di Israele, che è totalmente legittima, ma all’esistenza dello Stato di Israele, il che è molto diverso.
Ma soprattutto c’è un terzo fattore: l’immigrazione arabo musulmana in Europa, di popolamento, estremamente numerosa, che ha completamente modificato il panorama demografico del continente».
Il cuore di tenebra dunque è nei Paesi arabi…
«In gran parte sì, nel senso che l’antigiudaismo ha assunto proporzione considerevoli dopo la nascita di Israele e soprattutto dopo la guerra dei Sei giorni. Ma quando i media occidentali non prestano attenzione a ciò che si dice nei media arabi, nelle televisioni, nelle radio, a quanto si scrive sui giornali, ma insisto soprattutto sulle televisioni, si condannano a non comprendere quanto accade in Europa: perché tutto ciò è riportato in Europa attraverso le parabole. Quando l’integrazione fallisce per una certa parte di individui, soprattutto giovani, si ha una ripresa identitaria di un islam radicale e violento».
Che si spiega con ragioni economiche o sociali o affonda in una ideologia religiosa, penso al salafitismo sunnita …
«Non è il motivo principale, perché altre minoranze sono colpite dalla disoccupazione e non diventano violente. La causa economica serve come schermo per non vedere le cause più profonde, che sono due.
In primo luogo un risentimento coloniale contro la Francia. Poi, l’antisemitismo nel Maghreb era molto potente ben prima dell’avvento di Israele.
E vi è ancora un’altra dimensione ed è quella del Corano. Si trascura sempre di leggere il testo in arabo, lo si legge in francese o in italiano spesso in cattive traduzioni…Vi è nel Corano un antisemitismo e un anticristianesimo molto violento e per i musulmani praticanti il Corano è parola sacra, è la parola di Dio».
In Siria e in Iraq oggi, con la nascita del califfato, non stiamo assistendo alla nascita di un nuovo totalitarismo, che, dopo la razza e l’ideologia, ha trovato nella religione un pretesto per dividere il mondo in puri e impuri, da eliminare?
«Sì. Il totalitarismo nell’Unione Sovietica divideva il mondo tra i cattivi che avevano origini borghesi e i buoni che avevano origini proletarie; quello nazista tra la buona e la cattiva razza.
Quello islamista divide tra i puri e gli impuri, tra i credenti e gli eretici. Perché parlo di totalitarismo? Perché l’islam è una religione totalitaria, inglobante che non distingue tra materiale e spirituale. E poi c’è il fattore demografico. Una delle forze del totalitarismo nazista è stata la demografia, la forte demografia tedesca nell’800 e nel ’900. Il numero gioca un ruolo chiave nella diffusione delle idee. E questo vale per l’islamismo di oggi».
Un pericolo maggiore che il terrorismo…
«Il pericolo maggiore non è il totalitarismo islamista, è l’incapacità degli intellettuali occidentali di vedere il pericolo per la paura di essere tacciati di islamofobia e di razzismo».
Che fare dunque?
«La prima cosa è definire le cose per quello che sono. Più si definiranno le cose e più facilmente si risolverà il problema. In occidente invece si ha paura delle parole, si è terrorizzati da alcune parole. Per esempio dire che una parte della gioventù dell’immigrazione musulmana in Europa costituisce un potenziale pericolo, non tutta certo, una piccola parte. Ma è il cavallo di Troia che è già tra di noi».
Tra i jihadisti del Califfato ci sono numerosi giovani «europei»… Il pericolo è tra noi?
«Sì, è là. Nelle tre decapitazioni degli ostaggi l’assassino parla con un accento londinese, sono musulmani nati in Inghilterra. E si sa che il responsabile della strage di Bruxelles è stato il carceriere per molti mesi di ostaggi francesi in Siria, che li ha picchiati. Vuol dire che oggi in Europa ci sono centinaia di assassini potenziali: il pericolo è tra noi».
L’attacco dell’islamismo non è per caso passato dal piano terroristico a quello militare?
«Sì, ma i combattenti del Califfo sono 30mila, un nulla dal punto di vista militare rispetto all’Occidente; li si può distruggere in una settimana. Non siamo allo scontro Stato contro Stato, siamo nel quadro di un conflitto asimmetrico: come nel 1939 non sono le armi che mancano, è la determinazione politica di usarne. Era il senso dell’impegno di Churchill quando disse: “Voi avete voluto evitare la guerra e ora avrete la guerra e in più la viltà”. Siamo nello stesso scenario di allora».
“L’OCCIDENTE HA IL NEMICO IN CASA” – NON LO DICE ORIANA FALLACI MA LO STORICO DELLA SHOAH: “L’IMMIGRAZIONE ISLAMICA? IL CAVALLO DI TROIA DI UN NUOVO TOTALITARISMO MA GLI INTELLETTUALI EUROPEI NON CHIAMANO LE COSE COL LORO NOME PER PAURA DI ESSERE TACCIATI DI RAZZISMO”
Parla Georges Bensoussan: “In Europa ci sono centinaia di giovani islamici potenziali assassini nutriti dall’odio che arriva dalle tv arabe captate con le parabole - Anche il Corano predica un antisemitismo e un anticristianesimo molto violento” - “I soldati del Califfo? Sono solo 30mila: li si può distruggere in una settimana”…
Domenico Quirico per “la Stampa”
«Il pericolo è il diffondersi in una parte della immigrazione europea demograficamente esorbitante di un antisemitismo di tipo nuovo, violento, che nasce nelle dottrine che arrivano dal vicino Oriente.
È nel montare di un nuovo totalitarismo islamista che divide il mondo in credenti ed eretici, puri ed impuri, e nella paura degli intellettuali occidentali di definire le cose con il loro nome…».
Georges Bensoussan, uno dei maggiori storici della Shoah, è attento osservatore di quel versante atroce dell’umanità che sembra esser passato, sotto nuove vesti, dal secolo trascorso nel subbuglio del presente.
I partiti della destra xenofoba avanzano in Europa…
«Una frangia marginale della opinione pubblica europea ha simpatie naziste, ma è un fenomeno che viene esagerato. Il vero pericolo è la nascita di un antisemitismo di tipo nuovo, violento, fisico:
in gran parte legato alla congiunzione di una estrema destra antisionista come la vediamo in Francia e in Belgio, non necessariamente neonazista, e di un antisionismo molto violento di estrema sinistra non legato alla critica della politica di Israele, che è totalmente legittima, ma all’esistenza dello Stato di Israele, il che è molto diverso.
Ma soprattutto c’è un terzo fattore: l’immigrazione arabo musulmana in Europa, di popolamento, estremamente numerosa, che ha completamente modificato il panorama demografico del continente».
Il cuore di tenebra dunque è nei Paesi arabi…
«In gran parte sì, nel senso che l’antigiudaismo ha assunto proporzione considerevoli dopo la nascita di Israele e soprattutto dopo la guerra dei Sei giorni. Ma quando i media occidentali non prestano attenzione a ciò che si dice nei media arabi, nelle televisioni, nelle radio, a quanto si scrive sui giornali, ma insisto soprattutto sulle televisioni, si condannano a non comprendere quanto accade in Europa: perché tutto ciò è riportato in Europa attraverso le parabole. Quando l’integrazione fallisce per una certa parte di individui, soprattutto giovani, si ha una ripresa identitaria di un islam radicale e violento».
Che si spiega con ragioni economiche o sociali o affonda in una ideologia religiosa, penso al salafitismo sunnita …
«Non è il motivo principale, perché altre minoranze sono colpite dalla disoccupazione e non diventano violente. La causa economica serve come schermo per non vedere le cause più profonde, che sono due.
In primo luogo un risentimento coloniale contro la Francia. Poi, l’antisemitismo nel Maghreb era molto potente ben prima dell’avvento di Israele.
E vi è ancora un’altra dimensione ed è quella del Corano. Si trascura sempre di leggere il testo in arabo, lo si legge in francese o in italiano spesso in cattive traduzioni…Vi è nel Corano un antisemitismo e un anticristianesimo molto violento e per i musulmani praticanti il Corano è parola sacra, è la parola di Dio».
In Siria e in Iraq oggi, con la nascita del califfato, non stiamo assistendo alla nascita di un nuovo totalitarismo, che, dopo la razza e l’ideologia, ha trovato nella religione un pretesto per dividere il mondo in puri e impuri, da eliminare?
«Sì. Il totalitarismo nell’Unione Sovietica divideva il mondo tra i cattivi che avevano origini borghesi e i buoni che avevano origini proletarie; quello nazista tra la buona e la cattiva razza.
Quello islamista divide tra i puri e gli impuri, tra i credenti e gli eretici. Perché parlo di totalitarismo? Perché l’islam è una religione totalitaria, inglobante che non distingue tra materiale e spirituale. E poi c’è il fattore demografico. Una delle forze del totalitarismo nazista è stata la demografia, la forte demografia tedesca nell’800 e nel ’900. Il numero gioca un ruolo chiave nella diffusione delle idee. E questo vale per l’islamismo di oggi».
Un pericolo maggiore che il terrorismo…
«Il pericolo maggiore non è il totalitarismo islamista, è l’incapacità degli intellettuali occidentali di vedere il pericolo per la paura di essere tacciati di islamofobia e di razzismo».
Che fare dunque?
«La prima cosa è definire le cose per quello che sono. Più si definiranno le cose e più facilmente si risolverà il problema. In occidente invece si ha paura delle parole, si è terrorizzati da alcune parole. Per esempio dire che una parte della gioventù dell’immigrazione musulmana in Europa costituisce un potenziale pericolo, non tutta certo, una piccola parte. Ma è il cavallo di Troia che è già tra di noi».
Tra i jihadisti del Califfato ci sono numerosi giovani «europei»… Il pericolo è tra noi?
«Sì, è là. Nelle tre decapitazioni degli ostaggi l’assassino parla con un accento londinese, sono musulmani nati in Inghilterra. E si sa che il responsabile della strage di Bruxelles è stato il carceriere per molti mesi di ostaggi francesi in Siria, che li ha picchiati. Vuol dire che oggi in Europa ci sono centinaia di assassini potenziali: il pericolo è tra noi».
L’attacco dell’islamismo non è per caso passato dal piano terroristico a quello militare?
«Sì, ma i combattenti del Califfo sono 30mila, un nulla dal punto di vista militare rispetto all’Occidente; li si può distruggere in una settimana. Non siamo allo scontro Stato contro Stato, siamo nel quadro di un conflitto asimmetrico: come nel 1939 non sono le armi che mancano, è la determinazione politica di usarne. Era il senso dell’impegno di Churchill quando disse: “Voi avete voluto evitare la guerra e ora avrete la guerra e in più la viltà”. Siamo nello stesso scenario di allora».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Cronaca di guerra - 22
Fronte - 7 - Europa - 4
Moschee super controllate, il proselitismo ora va sul Web
Belgio e Londra culla dei nuovi “combattenti”, si formano sui sermoni on line
FRANCESCA PACI
ROMA
C’erano una volta il Londonistan, il temibile Centro culturale islamico di viale Jenner a Milano, il focolaio madrileno dove nel 2004 l’intelligence spagnola teneva sotto tiro almeno una moschea su tre. Per 13 anni, dopo gli attentati alle Torri Gemelle, ci siamo concentrati sui minareti cercando nei sermoni degli imam più infervorati la radice dell’odio islamista.
Poi un giorno l’accento british dei tagliagola di al Baghdadi ci svela che Siria e Iraq non sono affatto lontani, che oltre 3000 jihadisti (un quinto della legione straniera del Califfo) arrivano dall’Europa e che con la stessa facilità con cui si sono arruolati con l’Isis tornano indietro per completare la loro missione in Belgio, Francia, Svezia, Regno Unito, Germania, Italia. Come hanno fatto questi pendolari della guerra santa a moltiplicarcisi sotto al naso dribblando tanto gli 007 quanto le mille politiche d’integrazione?
«L’estremismo di Daesh, il cosiddetto Stato Islamico, non cresce più all’interno delle moschee, che sono ormai controllatissime e che pur restando un ambiente salafita hanno dovuto mettere da parte la violenza, ma si propaga attraverso Twitter e le reti sociali» spiega l’orientalista francese Gilles Kepel. Chi aveva letto l’11 settembre 2001 alla luce del suo «Ascesa e declino del Jihad» deve resettarsi sulla mutazione genetica degli eredi di Osama che lui ha iniziato a indagare nel saggio «Oltre il terrore e il martirio». «Il modello di al Qaeda era piramidale mentre quello di Daesh è reticolare» continua Kepel. Vale a dire che i nuovi corrono lesti in superficie.
«Tra gli “eroi” di Twitter ci sono religiosi come il saudita Muhammad al Arefi che è stato messo al bando dall’Ue per istigazione alla violenza sulle donne e all’odio antisemita ma ha 9,4 milioni di followers» nota Ed Husain, l’ex jihadista del Londonistan oggi ascoltatissimo tra gli islamologi, dal Council on Foreign Relations al Foreign Office alla Tony Blair Faith oundation.
Il Regno Unito, secondo Kepel, resta tuttora un polo per il nuovo radicalismo europeo: «Le comunità più calde sono a Birmingham, Bedford, l’est di Londra, poi c’è il Belgio, con la maggiore percentuale di salafiti d’Europa rispetto alla popolazione, in Francia penso a Marsiglia e Roubaix che è un vero nido jihadista». Da Roubaix proveniva Mehdi Nemmouche, il presunto killer del museo ebraico di Bruxelles identificato poi dall’ex ostaggio francese Nicolas Hénin come il torturatore degli occidentali rapiti in Siria dall’Isis.
«Le moschee sono ormai i luoghi più monitorati d’Europa, chi vuole far qualcosa non va a prendere contatti lì ma chatta, si collega facilmente, in una settimana varca il confine turco, mette una divisa e in tre settimane è sposato e stipendiato» ragiona il sociologo Stefano Allievi, da anni studioso di musulmani nativi e convertiti. Anche l’Italia è un trampolino per il fanatismo di andata e ritorno, sostengono i nostri servizi segreti che finora hanno contato una quarantina di volontari partiti da qui. Ma a detta di Allievi è la natura fluida dell’ultima generazione di jihadisti a rendere insignificante la geografia: «Potrei dire che c’è una certa concentrazione nel nord est e nel centro-nord ma è una questione statistica, in queste regioni c’è più lavoro e ci sono più immigrati musulmani.
Il punto non è dove ma chi parte per la Siria o l’Iraq, l’identikit è molto diverso da quello dei qaedisti di Osama. Oggi gli jihadisti sono più giovani, c’è anche una nuova leva di convertiti appena usciti dall’adolescenza, hanno scarsa conoscenza del Corano al punto da essersi informati su manuali tipo «“Islam For Dummies», citano poco la dottrina come lo stesso al Baghdadi, ricercano una personalità più che una fede, la sharia è per loro quel che era il socialismo realizzato per i marxisti degli anni ’70 e soprattutto possono arruolarsi senza le complicazioni dell’affiliazione ad al Qaeda evitando i labirinti della struttura segreta di bin Laden: l’Isis ha un elemento seduttivo di eroismo facile, un brand come l’anti-occidentalismo vendibile bene anche in occidente e un campo di battaglia fisico, un po’ come la Spagna nel 1936, vai lì e prendi il fucile».
Racconta lo scrittore americano convertito Michael Muhammad Knight che quando anni fa fu a un passo dall’iscriversi alla guerra santa non trovava ispirazione nei versetti del Corano «ma nei valori libertari assorbiti negli Stati Uniti».
Le comunità musulmane occidentali hanno capito che l’ambiguità genera mostri. Tanto che, dai 120 ulema internazionali pronunciatisi contro al Baghdadi all’università cairota al Azhar al direttore della moschea di Parigi Boubaker, tutti adesso condannano l’Isis (che in Francia viene chiamato col nome arabo Daesh per evitare ogni associazione con la parola islam).
«I paesi musulmani ricchi devono sostenere la nascita di scuole teologiche islamiche in Europa per colmare il vuoto di leadership intellettuale tra i musulmani europei» osserva Felice Dassetto, docente all’università cattolica di Lovanio e anima del Centre d’études de l’islam dans le monde contemporain. Nel suo paese adottivo l’allarme è rosso: 400 jihadisti dell’Isis proverrebbero dal Belgio (18% donne) e un quarto di loro sarebbe già di ritorno dalla Siria. Il gruppo radicale «Sharia4Belgium» avrebbe il compito del reclutamento.
«Un giorno l’Europa si sveglierà in un incubo, il problema non è Daesh ma Daesh dentro casa» insiste l’attivista egiziano liberal Alfred Raouf. Il governo di Hollande ha incaricato la sociologa Dunia Bouzar di studiare i metodi dei reclutatori che, rivela alla «Deutsche Welle» un convertito francese arruolato e poi pentito, si affidano a pifferai del web come Omar Omsen, fiero di aver ingaggiato parte dei 700 combattenti francesi in Siria.
«Più che nelle moschee bisogna scavare nell’ambiente sociale» chiosa Gilles Kepel. La nebulosa da cui emergono ora anche molte jihadiste, attratte, dice la Bouzar, «dal partire per motivi umanitari» e poi perdute.
@frapac71
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Moschee super controllate, il proselitismo ora va sul Web
Belgio e Londra culla dei nuovi “combattenti”, si formano sui sermoni on line
FRANCESCA PACI
ROMA
C’erano una volta il Londonistan, il temibile Centro culturale islamico di viale Jenner a Milano, il focolaio madrileno dove nel 2004 l’intelligence spagnola teneva sotto tiro almeno una moschea su tre. Per 13 anni, dopo gli attentati alle Torri Gemelle, ci siamo concentrati sui minareti cercando nei sermoni degli imam più infervorati la radice dell’odio islamista.
Poi un giorno l’accento british dei tagliagola di al Baghdadi ci svela che Siria e Iraq non sono affatto lontani, che oltre 3000 jihadisti (un quinto della legione straniera del Califfo) arrivano dall’Europa e che con la stessa facilità con cui si sono arruolati con l’Isis tornano indietro per completare la loro missione in Belgio, Francia, Svezia, Regno Unito, Germania, Italia. Come hanno fatto questi pendolari della guerra santa a moltiplicarcisi sotto al naso dribblando tanto gli 007 quanto le mille politiche d’integrazione?
«L’estremismo di Daesh, il cosiddetto Stato Islamico, non cresce più all’interno delle moschee, che sono ormai controllatissime e che pur restando un ambiente salafita hanno dovuto mettere da parte la violenza, ma si propaga attraverso Twitter e le reti sociali» spiega l’orientalista francese Gilles Kepel. Chi aveva letto l’11 settembre 2001 alla luce del suo «Ascesa e declino del Jihad» deve resettarsi sulla mutazione genetica degli eredi di Osama che lui ha iniziato a indagare nel saggio «Oltre il terrore e il martirio». «Il modello di al Qaeda era piramidale mentre quello di Daesh è reticolare» continua Kepel. Vale a dire che i nuovi corrono lesti in superficie.
«Tra gli “eroi” di Twitter ci sono religiosi come il saudita Muhammad al Arefi che è stato messo al bando dall’Ue per istigazione alla violenza sulle donne e all’odio antisemita ma ha 9,4 milioni di followers» nota Ed Husain, l’ex jihadista del Londonistan oggi ascoltatissimo tra gli islamologi, dal Council on Foreign Relations al Foreign Office alla Tony Blair Faith oundation.
Il Regno Unito, secondo Kepel, resta tuttora un polo per il nuovo radicalismo europeo: «Le comunità più calde sono a Birmingham, Bedford, l’est di Londra, poi c’è il Belgio, con la maggiore percentuale di salafiti d’Europa rispetto alla popolazione, in Francia penso a Marsiglia e Roubaix che è un vero nido jihadista». Da Roubaix proveniva Mehdi Nemmouche, il presunto killer del museo ebraico di Bruxelles identificato poi dall’ex ostaggio francese Nicolas Hénin come il torturatore degli occidentali rapiti in Siria dall’Isis.
«Le moschee sono ormai i luoghi più monitorati d’Europa, chi vuole far qualcosa non va a prendere contatti lì ma chatta, si collega facilmente, in una settimana varca il confine turco, mette una divisa e in tre settimane è sposato e stipendiato» ragiona il sociologo Stefano Allievi, da anni studioso di musulmani nativi e convertiti. Anche l’Italia è un trampolino per il fanatismo di andata e ritorno, sostengono i nostri servizi segreti che finora hanno contato una quarantina di volontari partiti da qui. Ma a detta di Allievi è la natura fluida dell’ultima generazione di jihadisti a rendere insignificante la geografia: «Potrei dire che c’è una certa concentrazione nel nord est e nel centro-nord ma è una questione statistica, in queste regioni c’è più lavoro e ci sono più immigrati musulmani.
Il punto non è dove ma chi parte per la Siria o l’Iraq, l’identikit è molto diverso da quello dei qaedisti di Osama. Oggi gli jihadisti sono più giovani, c’è anche una nuova leva di convertiti appena usciti dall’adolescenza, hanno scarsa conoscenza del Corano al punto da essersi informati su manuali tipo «“Islam For Dummies», citano poco la dottrina come lo stesso al Baghdadi, ricercano una personalità più che una fede, la sharia è per loro quel che era il socialismo realizzato per i marxisti degli anni ’70 e soprattutto possono arruolarsi senza le complicazioni dell’affiliazione ad al Qaeda evitando i labirinti della struttura segreta di bin Laden: l’Isis ha un elemento seduttivo di eroismo facile, un brand come l’anti-occidentalismo vendibile bene anche in occidente e un campo di battaglia fisico, un po’ come la Spagna nel 1936, vai lì e prendi il fucile».
Racconta lo scrittore americano convertito Michael Muhammad Knight che quando anni fa fu a un passo dall’iscriversi alla guerra santa non trovava ispirazione nei versetti del Corano «ma nei valori libertari assorbiti negli Stati Uniti».
Le comunità musulmane occidentali hanno capito che l’ambiguità genera mostri. Tanto che, dai 120 ulema internazionali pronunciatisi contro al Baghdadi all’università cairota al Azhar al direttore della moschea di Parigi Boubaker, tutti adesso condannano l’Isis (che in Francia viene chiamato col nome arabo Daesh per evitare ogni associazione con la parola islam).
«I paesi musulmani ricchi devono sostenere la nascita di scuole teologiche islamiche in Europa per colmare il vuoto di leadership intellettuale tra i musulmani europei» osserva Felice Dassetto, docente all’università cattolica di Lovanio e anima del Centre d’études de l’islam dans le monde contemporain. Nel suo paese adottivo l’allarme è rosso: 400 jihadisti dell’Isis proverrebbero dal Belgio (18% donne) e un quarto di loro sarebbe già di ritorno dalla Siria. Il gruppo radicale «Sharia4Belgium» avrebbe il compito del reclutamento.
«Un giorno l’Europa si sveglierà in un incubo, il problema non è Daesh ma Daesh dentro casa» insiste l’attivista egiziano liberal Alfred Raouf. Il governo di Hollande ha incaricato la sociologa Dunia Bouzar di studiare i metodi dei reclutatori che, rivela alla «Deutsche Welle» un convertito francese arruolato e poi pentito, si affidano a pifferai del web come Omar Omsen, fiero di aver ingaggiato parte dei 700 combattenti francesi in Siria.
«Più che nelle moschee bisogna scavare nell’ambiente sociale» chiosa Gilles Kepel. La nebulosa da cui emergono ora anche molte jihadiste, attratte, dice la Bouzar, «dal partire per motivi umanitari» e poi perdute.
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Ultima modifica di camillobenso il 26/09/2014, 19:27, modificato 1 volta in totale.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Cronaca di guerra - 23
Fronte - 7 - Europa - 5
Isis, Londra dà via libera ai raid in Iraq: “Rischio guerra nelle nostre strade”
La Camera dei Comuni ha dato l'ok alle operazioni militari (limitate per ora al territorio iracheno): anche il Regno Unito interverrà al fianco degli Stati Uniti, della Francia e di alcuni Paesi arabi per cercare di eradicare lo Stato Islamico. Sei caccia Tornado sono già pronti a Cipro, nella base di Akrotiri. Anche la Chiesa Anglicana ha detto sì agli attacchi. No dell'Ukip
di Nigel Farage
di Daniele Guido Gessa | 26 settembre 2014Commenti
Ben 524 parlamentari favorevoli e 43 contrari. Una maggioranza schiacciante di 481 voti. La Camera dei Comuni ha votato: anche il Regno Unito interverrà al fianco degli Stati Uniti, della Francia e di alcuni Paesi arabi per cercare di eradicare lo Stato Islamico, ma le forze inglesi interverranno per ora solo in Iraq.
I deputati di Westminster, chiamati in assemblea d’urgenza dal premier conservatore David Cameron, hanno dato il loro parere favorevole. Già nelle prossime ore, scrive ora la quasi totalità dei giornali britannici, potrebbero partire quei raid tanto attesi e di cui si è parlato più insistentemente dopo la decapitazione (il cui video è diventato virale sui social media e sui media mondiali) dell’ostaggio scozzese David Haines e soprattutto mentre ancora non si sa quale sia la sorte dell’altro britannico nelle mani dei combattenti, Alan Henning, cooperante che è stato persino scagionato da un tribunale islamico che ha sentenziato sul suo destino.
Ma quanto hanno detto giudici e leader islamici non ha avuto alcun effetto e, così, l’uomo si trova ancora nelle mani dei terroristi. I raid sono stati autorizzati come risposta, si legge nella mozione dell’esecutivo votata oggi, agli “atti barbari” dello Stato Islamico e su “specifica richiesta” delle autorità irachene.
Il Regno Unito quindi ha deciso, fra allerte per possibili attacchi sul suolo britannico e una politica che si è comunque spaccata, con Nigel Farage che, poche ore fa, ha bocciato l’ipotesi dei raid, e con persino un Financial Times, giornale della finanza “forte”, che ha sentenziato: “La politica e la diplomazia sono meglio delle bombe”.
E con la Chiesa anglicana che, per bocca dell’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha dato un suo sofferto “Sì” agli attacchi mirati, “ma solo per un breve periodo”. Come a dire che le uccisioni e le morti fra la cittadinanza, sempre inevitabili in questi casi, stante la storia degli ultimi anni in Medio Oriente, vanno bene, purché non siano troppe.
Chiaramente, ora, in Gran Bretagna si parla anche di politica: il Labour ha dato il suo sostegno al partito dei Tory, un supporto insperato fino a poche settimane fa, con il partito liberaldemocratico, alleato in coalizione di governo, che non l’ha mai messo in dubbio.
Ma c’è, appunto, l’Ukip di Farage, in congresso annuale in queste ore nella campagna inglese. L’alleato di Beppe Grillo all’europarlamento è stato chiaro: “La Gran Bretagna sta avviando un’azione militare senza aver minimamente pensato alle conseguenze. Tutto quello che posso notare è che ci dicono che lo Stato Islamico ci stia prendendo in giro, sostengono che vogliano che andiamo lì e li bombardiamo. Non penso che la strategia odierna sia quella giusta”.
Certo, l’Ukip ha vinto alle scorse elezioni europee di maggio, nessun partito ha preso tanti voti nel Regno Unito come il movimento antieuropeista di Farage. Ma a Westminster l’Ukip non siede, non ancora, ecco che – fanno notare fra le righe giornali e telegiornali – il parere di Farage in queste ore conta veramente poco. Quasi nulla, nonostante la forte penetrazione nell’elettorato.
La stampa più schierata con il partito dei Tory, intanto, fa sapere che sei caccia Tornado sono già pronti a Cipro, nella base di Akrotiri, avendo anche già fatto dei voli di ricognizione sopra l’Iraq lo scorso mercoledì. Avviando il dibattito parlamentare, questa mattina, Cameron aveva detto che lo Stato Islamico “è una minaccia diretta alla Gran Bretagna, abbiamo il dovere morale di combatterlo”. Per ora sono esclusi attacchi in Siria, il presidente (da molti definito “dittatore”) Bashar al-Assad è ancora ambiguo su questo fronte, con tutta la serie di problemi (Is a parte) che ha in casa.
Per ora è poi escluso un intervento di terra, ma Cameron stamane ha anche aggiunto: “I raid potrebbero durare anni”, come a dire ai britannici “preparatevi”. Serviranno soldi, e anche tanti, e il taglio alla Difesa di cui si è parlato nei mesi scorsi forse è proprio il caso di abbandonarlo, pare ora suggerire l’ammiratore di Margaret Thatcher.
“Il rischio è che la guerra arrivi nelle nostre strade”, ha poi detto il Cameron. E Londra in effetti nelle ultime settimane ha sudato, con un allarme bomba che ha bloccato il trafficatissimo aeroporto di Luton, mandando in tilt le rotte di mezza Europa, e un altro caso di allarme di massa con l’evacuazione, non molti giorni fa, del più grande centro commerciale d’Europa, il Westfield, nella zona olimpica di Stratford.
L’allerta è alta, dicono le autorità a Londra. E un pensiero non può che correre agli attentati della metropolitana del 7 luglio 2005: ben 52 morti, 700 feriti gravi e decine di amputati. Più una città che ci ha messo anni a riprendersi, vedendosi sempre più blindata, piena di telecamere e spiata dall’intelligence.
Nelle ultime 48 ore, a Londra, si sono avuti anche 11 arresti, quasi tutti uomini, di mezza età. “Non costituivano una minaccia diretta”, ha poi detto Scotland Yard, “ma erano impegnati nel sostegno al terrorismo internazionale”.
Le fonti più ottimistiche dicono che circa 500 jihadisti britannici stiano ora combattendo fra Siria e Iraq, ma c’è chi ipotizza che possano essere almeno il triplo. Tutte persone che, se non cadranno sul campo di battaglia, prima o poi torneranno in patria, spesso sotto il Big Ben (in quanto molti di essi provengono dal multiculturale e multietnico grande est londinese): e la sola idea di avere anni di spauracchi e allarmi, magari anche combattendo su più fronti all’estero, è la cosa che meno alletta il governo britannico in questi giorni. Da notare, infine, che, per ironia della sorte, l’ultima volta che il parlamento di Westminster fu richiamato d’urgenza fu il 29 agosto del 2013, per discutere di Siria e di armi chimiche nel Paese di Assad, per cercare chiaramente anche una soluzione militare.
Lo stesso Assad che ora in molti vedono quasi come un alleato (o almeno a lui bisogna chiedere il permesso) nella lotta allo Stato Islamico. Quello che Sky News, con un calcolo preciso, oggi ha stabilito essere “il più potente e ricco gruppo terroristico di sempre”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... e/1134809/
Fronte - 7 - Europa - 5
Isis, Londra dà via libera ai raid in Iraq: “Rischio guerra nelle nostre strade”
La Camera dei Comuni ha dato l'ok alle operazioni militari (limitate per ora al territorio iracheno): anche il Regno Unito interverrà al fianco degli Stati Uniti, della Francia e di alcuni Paesi arabi per cercare di eradicare lo Stato Islamico. Sei caccia Tornado sono già pronti a Cipro, nella base di Akrotiri. Anche la Chiesa Anglicana ha detto sì agli attacchi. No dell'Ukip
di Nigel Farage
di Daniele Guido Gessa | 26 settembre 2014Commenti
Ben 524 parlamentari favorevoli e 43 contrari. Una maggioranza schiacciante di 481 voti. La Camera dei Comuni ha votato: anche il Regno Unito interverrà al fianco degli Stati Uniti, della Francia e di alcuni Paesi arabi per cercare di eradicare lo Stato Islamico, ma le forze inglesi interverranno per ora solo in Iraq.
I deputati di Westminster, chiamati in assemblea d’urgenza dal premier conservatore David Cameron, hanno dato il loro parere favorevole. Già nelle prossime ore, scrive ora la quasi totalità dei giornali britannici, potrebbero partire quei raid tanto attesi e di cui si è parlato più insistentemente dopo la decapitazione (il cui video è diventato virale sui social media e sui media mondiali) dell’ostaggio scozzese David Haines e soprattutto mentre ancora non si sa quale sia la sorte dell’altro britannico nelle mani dei combattenti, Alan Henning, cooperante che è stato persino scagionato da un tribunale islamico che ha sentenziato sul suo destino.
Ma quanto hanno detto giudici e leader islamici non ha avuto alcun effetto e, così, l’uomo si trova ancora nelle mani dei terroristi. I raid sono stati autorizzati come risposta, si legge nella mozione dell’esecutivo votata oggi, agli “atti barbari” dello Stato Islamico e su “specifica richiesta” delle autorità irachene.
Il Regno Unito quindi ha deciso, fra allerte per possibili attacchi sul suolo britannico e una politica che si è comunque spaccata, con Nigel Farage che, poche ore fa, ha bocciato l’ipotesi dei raid, e con persino un Financial Times, giornale della finanza “forte”, che ha sentenziato: “La politica e la diplomazia sono meglio delle bombe”.
E con la Chiesa anglicana che, per bocca dell’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha dato un suo sofferto “Sì” agli attacchi mirati, “ma solo per un breve periodo”. Come a dire che le uccisioni e le morti fra la cittadinanza, sempre inevitabili in questi casi, stante la storia degli ultimi anni in Medio Oriente, vanno bene, purché non siano troppe.
Chiaramente, ora, in Gran Bretagna si parla anche di politica: il Labour ha dato il suo sostegno al partito dei Tory, un supporto insperato fino a poche settimane fa, con il partito liberaldemocratico, alleato in coalizione di governo, che non l’ha mai messo in dubbio.
Ma c’è, appunto, l’Ukip di Farage, in congresso annuale in queste ore nella campagna inglese. L’alleato di Beppe Grillo all’europarlamento è stato chiaro: “La Gran Bretagna sta avviando un’azione militare senza aver minimamente pensato alle conseguenze. Tutto quello che posso notare è che ci dicono che lo Stato Islamico ci stia prendendo in giro, sostengono che vogliano che andiamo lì e li bombardiamo. Non penso che la strategia odierna sia quella giusta”.
Certo, l’Ukip ha vinto alle scorse elezioni europee di maggio, nessun partito ha preso tanti voti nel Regno Unito come il movimento antieuropeista di Farage. Ma a Westminster l’Ukip non siede, non ancora, ecco che – fanno notare fra le righe giornali e telegiornali – il parere di Farage in queste ore conta veramente poco. Quasi nulla, nonostante la forte penetrazione nell’elettorato.
La stampa più schierata con il partito dei Tory, intanto, fa sapere che sei caccia Tornado sono già pronti a Cipro, nella base di Akrotiri, avendo anche già fatto dei voli di ricognizione sopra l’Iraq lo scorso mercoledì. Avviando il dibattito parlamentare, questa mattina, Cameron aveva detto che lo Stato Islamico “è una minaccia diretta alla Gran Bretagna, abbiamo il dovere morale di combatterlo”. Per ora sono esclusi attacchi in Siria, il presidente (da molti definito “dittatore”) Bashar al-Assad è ancora ambiguo su questo fronte, con tutta la serie di problemi (Is a parte) che ha in casa.
Per ora è poi escluso un intervento di terra, ma Cameron stamane ha anche aggiunto: “I raid potrebbero durare anni”, come a dire ai britannici “preparatevi”. Serviranno soldi, e anche tanti, e il taglio alla Difesa di cui si è parlato nei mesi scorsi forse è proprio il caso di abbandonarlo, pare ora suggerire l’ammiratore di Margaret Thatcher.
“Il rischio è che la guerra arrivi nelle nostre strade”, ha poi detto il Cameron. E Londra in effetti nelle ultime settimane ha sudato, con un allarme bomba che ha bloccato il trafficatissimo aeroporto di Luton, mandando in tilt le rotte di mezza Europa, e un altro caso di allarme di massa con l’evacuazione, non molti giorni fa, del più grande centro commerciale d’Europa, il Westfield, nella zona olimpica di Stratford.
L’allerta è alta, dicono le autorità a Londra. E un pensiero non può che correre agli attentati della metropolitana del 7 luglio 2005: ben 52 morti, 700 feriti gravi e decine di amputati. Più una città che ci ha messo anni a riprendersi, vedendosi sempre più blindata, piena di telecamere e spiata dall’intelligence.
Nelle ultime 48 ore, a Londra, si sono avuti anche 11 arresti, quasi tutti uomini, di mezza età. “Non costituivano una minaccia diretta”, ha poi detto Scotland Yard, “ma erano impegnati nel sostegno al terrorismo internazionale”.
Le fonti più ottimistiche dicono che circa 500 jihadisti britannici stiano ora combattendo fra Siria e Iraq, ma c’è chi ipotizza che possano essere almeno il triplo. Tutte persone che, se non cadranno sul campo di battaglia, prima o poi torneranno in patria, spesso sotto il Big Ben (in quanto molti di essi provengono dal multiculturale e multietnico grande est londinese): e la sola idea di avere anni di spauracchi e allarmi, magari anche combattendo su più fronti all’estero, è la cosa che meno alletta il governo britannico in questi giorni. Da notare, infine, che, per ironia della sorte, l’ultima volta che il parlamento di Westminster fu richiamato d’urgenza fu il 29 agosto del 2013, per discutere di Siria e di armi chimiche nel Paese di Assad, per cercare chiaramente anche una soluzione militare.
Lo stesso Assad che ora in molti vedono quasi come un alleato (o almeno a lui bisogna chiedere il permesso) nella lotta allo Stato Islamico. Quello che Sky News, con un calcolo preciso, oggi ha stabilito essere “il più potente e ricco gruppo terroristico di sempre”.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Interessante articoletto comparso alcuni giorni fa sul Daily Mail che cerca di spiegare ai lettori la situazione....
Chissà come spiegherebbero la situazione politica italiana....
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Re: La Terza Guerra Mondiale
11 SETTEMBRE 2014
D'Alema: "Due mesi fa Obama voleva aprire la strada all'Isis"
“Solo due mesi fa Obama faceva pressioni perché l'Europa bombardasse Damasco per aprire la strada all'Isis. Ora vuole bombardare l'Isis. Questi popoli non riescono a capire qual è il filo logico della politica occidentale”. L'ex premier Massimo D'Alema è intervenuto a Milano nell'ambito della Festa dell'Unità sul tema dello stato islamico e del possibile intervento militare degli Stati Uniti nei confronti dei miliziani jihadisti
Video di Tiziano Scolari
Commenta
http://video.repubblica.it/politica/d-a ... 919/175632
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Ma vi rendete conto da chi siamo governati in questo mondo? E questi li abbiamo votati NOI!! Non sono lì per caso.
Un salutone da Juan
D'Alema: "Due mesi fa Obama voleva aprire la strada all'Isis"
“Solo due mesi fa Obama faceva pressioni perché l'Europa bombardasse Damasco per aprire la strada all'Isis. Ora vuole bombardare l'Isis. Questi popoli non riescono a capire qual è il filo logico della politica occidentale”. L'ex premier Massimo D'Alema è intervenuto a Milano nell'ambito della Festa dell'Unità sul tema dello stato islamico e del possibile intervento militare degli Stati Uniti nei confronti dei miliziani jihadisti
Video di Tiziano Scolari
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http://video.repubblica.it/politica/d-a ... 919/175632
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Ma vi rendete conto da chi siamo governati in questo mondo? E questi li abbiamo votati NOI!! Non sono lì per caso.
Un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Cronaca di guerra - 24
Fronte - 2 - Iraq - 3
Questi cazzi di tagliagole fuori di testa che non hanno a che vedere con l'Islam, stanno tirando la corda all'inverosimile. Fino al punto tale che uno come il sottoscritto che odia la guerra perché è inutile per quei quattro giorni di permanenza su questa Terra, si convince che per far cessare subito questo scempio che questi mentecatti mettono in scena, si debba rispondere con un terrore più grande del loro, impiegando atomiche nei Paesi dove esiste la presenza dell'Isis.
Uccidere un uomo in quel modo, padre di famiglia con due bambini, che era andato in Siria per portare aiuti e conforto soprattutto ai bambini di quelle terre martoriate è un crimine barbaro che va estirpato subito.
Isis ha decapitato quarto ostaggio - video
E' il cooperante britannico Alan Henning
Nel video diffuso in Rete, Is ha annunciato la prossima vittima: è l'americano Peter Edward Kassig
David Cameron: "Omicidio brutale, terroristi sono barbari e ributtanti. Faremo di tutto per stanarli"
Dopo Foley, Sotloff e Haines, lo Stato Islamico ha decapitato il quarto ostaggio. Si tratta di Alan Henning ed è un cooperante britannico rapito durante una missione di aiuti umanitari in Siria dieci mesi fa. Il video, della durata di poco più di un minuto, è stato diffuso su internet. Dopo l'uccisione del cittadino inglese, Isis ha annunciato che la prossima vittima sarà l’americano Peter Edward Kassig. E’ originario dell’Indiana ed è un ex Army Ranger che ha fatto base in Iraq
Fronte - 2 - Iraq - 3
Questi cazzi di tagliagole fuori di testa che non hanno a che vedere con l'Islam, stanno tirando la corda all'inverosimile. Fino al punto tale che uno come il sottoscritto che odia la guerra perché è inutile per quei quattro giorni di permanenza su questa Terra, si convince che per far cessare subito questo scempio che questi mentecatti mettono in scena, si debba rispondere con un terrore più grande del loro, impiegando atomiche nei Paesi dove esiste la presenza dell'Isis.
Uccidere un uomo in quel modo, padre di famiglia con due bambini, che era andato in Siria per portare aiuti e conforto soprattutto ai bambini di quelle terre martoriate è un crimine barbaro che va estirpato subito.
Isis ha decapitato quarto ostaggio - video
E' il cooperante britannico Alan Henning
Nel video diffuso in Rete, Is ha annunciato la prossima vittima: è l'americano Peter Edward Kassig
David Cameron: "Omicidio brutale, terroristi sono barbari e ributtanti. Faremo di tutto per stanarli"
Dopo Foley, Sotloff e Haines, lo Stato Islamico ha decapitato il quarto ostaggio. Si tratta di Alan Henning ed è un cooperante britannico rapito durante una missione di aiuti umanitari in Siria dieci mesi fa. Il video, della durata di poco più di un minuto, è stato diffuso su internet. Dopo l'uccisione del cittadino inglese, Isis ha annunciato che la prossima vittima sarà l’americano Peter Edward Kassig. E’ originario dell’Indiana ed è un ex Army Ranger che ha fatto base in Iraq
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