Il "nuovo" governo Renzi
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Nell'occhiello de IFQ di stamani.
Della Valle a Floris: “Renzi è un bluff circondato da incompetenti: la Boschi. E da gaglioffi: Verdini. Serve un nuovo governo”. Era amico, ora è un giudice implacabile
Della Valle a Floris: “Renzi è un bluff circondato da incompetenti: la Boschi. E da gaglioffi: Verdini. Serve un nuovo governo”. Era amico, ora è un giudice implacabile
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
DALL'ITALIA
Diego Della Valle attacca Renzi e Marchionne: «Sono due grandissime sola»
Duro attacco del presidente delegato di Hogan e Tod's durante la trasmissione 'Otto e Mezzo' su La7 - agr - Corriere TV
http://video.corriere.it/diego-valle-at ... ed8d8aa9c2
Diego Della Valle attacca Renzi e Marchionne: «Sono due grandissime sola»
Duro attacco del presidente delegato di Hogan e Tod's durante la trasmissione 'Otto e Mezzo' su La7 - agr - Corriere TV
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Mina
Le Mille Bolle Blu
sostituite la "o" di bolle con la "a" e viene fuori l'inno di Renzi
http://www.youtube.com/watch?v=EIj_DwQgBfk
Le Mille Bolle Blu
sostituite la "o" di bolle con la "a" e viene fuori l'inno di Renzi
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Renzi, De Bortoli e l’odore di massoneria
di Stefano Feltri | 25 settembre 2014Commenti (202)
Perché il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli attacca così frontalmente il premier Matteo Renzi? Perché evoca la troika, i segreti del patto del Nazareno e, a questo proposito, sente lo “stantio odore della massoneria”?
Spiegazione giornalistica: ieri il Corriere ha cambiato formato e grafica, ci voleva un editoriale del direttore e De Bortoli è riuscito a scriverne uno che ha reso imperdibile la lettura del giornale. Ma il Corriere è anche il giornale dei poteri (un tempo) forti, quello che la loggia P2 comprò con i soldi del banco Ambrosiano di Roberto Calvi e nel cui azionariato tormentato tuttora si scontrano gli ultimi frequentatori dei salotti della finanza, Diego Della Valle contro Giovanni Bazoli di Intesa e la Fiat di Sergio Marchionne e John Elkann. E se il Corriere sfiducia il governo – a cui non ha mai riconosciuto grandi meriti – nei palazzi romani si passa la giornata a cercare il mandante o almeno un’interpretazione.
De Bortoli parla di “muscolarità che tradisce debolezza” e di una squadra di ministri “di una debolezza disarmante” (tranne Pier Carlo Padoan all’Economia), uomini e donne scelti in base alla fedeltà invece che alla competenza. Osservazioni molto condivise in quei settori di impresa e finanza che hanno accolto con entusiasmo Renzi ma ora non vedono alcun miracolo. Basta leggere il Sole 24 Ore di Confindustria o gli editoriali di Wolfgang Munchau sul Financial Times. Soltanto Sergio Marchionne, che si prepara ad accogliere Renzi alla Chrysler a Detroit e invoca la riforma dell’articolo 18, rimane decisamente renziano: “L’editoriale del Corriere? Normalmente non lo leggo”. Parole che evocano quelle che usò Silvio Berlusconi nel 2008 quando suggerì a Giulio Anselmi della Stampa e a Paolo Mieli del Corriere di “cambiare mestiere”. I due direttori furono cacciati. De Bortoli non corre lo stesso rischio perché è già stato licenziato, se ne andrà in primavera come da accordi con l’azienda, dopo ripetuti scontri con l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane. Per lunghi mesi, quindi, De Bortoli sarà al comando ma libero – più del solito – di dire quello che vuole. E allora avanti con le suggestioni, a metà tra fantapolitica e analisi. Renzi aveva attaccato in Parlamento, con toni intimidatori, proprio il Corriere, reo di aver dato notizia dell’indagine per corruzione internazionale su Claudio Descalzi, il manager scelto dal governo per la guida dell’Eni. E il premier, il 16 settembre, alla Camera attacca: “Non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale nazionale”. E allora, zac, De Bortoli risponde alle minacce con l’editoriale “Il nemico allo specchio”.
Il sito Dagospia riferisce anche che il premier avrebbe protestato perché da via Solferino avevano mandato un inviato nell’albergo delle vacanze presidenziali a Forte dei Marmi. Ma queste sono minuzie che non appassionano chi preferisce vedere disegni più vasti dietro l’attacco del Corriere.
Tipo: Mario Draghi ha ormai deciso di lasciare la Bce l’anno prossimo per andare al Quirinale, dove Renzi non lo vuole perché si troverebbe commissariato, De Bortoli supporta Draghi e asseconda quei poteri che sarebbero rassicurati dal vedere il banchiere centrale al vertice della politica italiana (peccato che non è affatto detto che Draghi voglia e possa andarsene da Francoforte senza destabilizzare i mercati mondiali).
Infine l’ipotesi più ardita: il direttore del Corriere pensa alla politica, ma non come sindaco di Milano (ipotesi di cui si discute da anni), bensì come portabandiera di uno schieramento alternativo al Pd renziano. I salotti non hanno più un loro uomo, visto che l’ambizioso Corrado Passera convince poco.
Fantapolitica a parte, resta quel riferimento sorprendente alla massoneria. Forse De Bortoli ha indiscrezioni su indagini fiorentine? Siti e personaggi dalla discutibile attendibilità sostengono che ci siano legami tra Tiziano Renzi, il papà, Denis Verdini (Forza Italia) e logge toscane. Illazioni mai dimostrate. Dall’America Renzi commenta solo così: “Auguri al Corriere per la nuova grafica”. In privato si limita a dire: “Se c’è una cosa che è lontana da me e da mio padre è la massoneria”. Vedremo se De Bortoli e i suoi cronisti produrranno elementi per smentirlo.
Twitter: @stefanofeltri
il Fatto Quotidiano 25 Settembre 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1133290/
di Stefano Feltri | 25 settembre 2014Commenti (202)
Perché il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli attacca così frontalmente il premier Matteo Renzi? Perché evoca la troika, i segreti del patto del Nazareno e, a questo proposito, sente lo “stantio odore della massoneria”?
Spiegazione giornalistica: ieri il Corriere ha cambiato formato e grafica, ci voleva un editoriale del direttore e De Bortoli è riuscito a scriverne uno che ha reso imperdibile la lettura del giornale. Ma il Corriere è anche il giornale dei poteri (un tempo) forti, quello che la loggia P2 comprò con i soldi del banco Ambrosiano di Roberto Calvi e nel cui azionariato tormentato tuttora si scontrano gli ultimi frequentatori dei salotti della finanza, Diego Della Valle contro Giovanni Bazoli di Intesa e la Fiat di Sergio Marchionne e John Elkann. E se il Corriere sfiducia il governo – a cui non ha mai riconosciuto grandi meriti – nei palazzi romani si passa la giornata a cercare il mandante o almeno un’interpretazione.
De Bortoli parla di “muscolarità che tradisce debolezza” e di una squadra di ministri “di una debolezza disarmante” (tranne Pier Carlo Padoan all’Economia), uomini e donne scelti in base alla fedeltà invece che alla competenza. Osservazioni molto condivise in quei settori di impresa e finanza che hanno accolto con entusiasmo Renzi ma ora non vedono alcun miracolo. Basta leggere il Sole 24 Ore di Confindustria o gli editoriali di Wolfgang Munchau sul Financial Times. Soltanto Sergio Marchionne, che si prepara ad accogliere Renzi alla Chrysler a Detroit e invoca la riforma dell’articolo 18, rimane decisamente renziano: “L’editoriale del Corriere? Normalmente non lo leggo”. Parole che evocano quelle che usò Silvio Berlusconi nel 2008 quando suggerì a Giulio Anselmi della Stampa e a Paolo Mieli del Corriere di “cambiare mestiere”. I due direttori furono cacciati. De Bortoli non corre lo stesso rischio perché è già stato licenziato, se ne andrà in primavera come da accordi con l’azienda, dopo ripetuti scontri con l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane. Per lunghi mesi, quindi, De Bortoli sarà al comando ma libero – più del solito – di dire quello che vuole. E allora avanti con le suggestioni, a metà tra fantapolitica e analisi. Renzi aveva attaccato in Parlamento, con toni intimidatori, proprio il Corriere, reo di aver dato notizia dell’indagine per corruzione internazionale su Claudio Descalzi, il manager scelto dal governo per la guida dell’Eni. E il premier, il 16 settembre, alla Camera attacca: “Non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale nazionale”. E allora, zac, De Bortoli risponde alle minacce con l’editoriale “Il nemico allo specchio”.
Il sito Dagospia riferisce anche che il premier avrebbe protestato perché da via Solferino avevano mandato un inviato nell’albergo delle vacanze presidenziali a Forte dei Marmi. Ma queste sono minuzie che non appassionano chi preferisce vedere disegni più vasti dietro l’attacco del Corriere.
Tipo: Mario Draghi ha ormai deciso di lasciare la Bce l’anno prossimo per andare al Quirinale, dove Renzi non lo vuole perché si troverebbe commissariato, De Bortoli supporta Draghi e asseconda quei poteri che sarebbero rassicurati dal vedere il banchiere centrale al vertice della politica italiana (peccato che non è affatto detto che Draghi voglia e possa andarsene da Francoforte senza destabilizzare i mercati mondiali).
Infine l’ipotesi più ardita: il direttore del Corriere pensa alla politica, ma non come sindaco di Milano (ipotesi di cui si discute da anni), bensì come portabandiera di uno schieramento alternativo al Pd renziano. I salotti non hanno più un loro uomo, visto che l’ambizioso Corrado Passera convince poco.
Fantapolitica a parte, resta quel riferimento sorprendente alla massoneria. Forse De Bortoli ha indiscrezioni su indagini fiorentine? Siti e personaggi dalla discutibile attendibilità sostengono che ci siano legami tra Tiziano Renzi, il papà, Denis Verdini (Forza Italia) e logge toscane. Illazioni mai dimostrate. Dall’America Renzi commenta solo così: “Auguri al Corriere per la nuova grafica”. In privato si limita a dire: “Se c’è una cosa che è lontana da me e da mio padre è la massoneria”. Vedremo se De Bortoli e i suoi cronisti produrranno elementi per smentirlo.
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il Fatto Quotidiano 25 Settembre 2014
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Dottor Jekill & mister Hyde - 1
Postato in altro 3D, l'intervento di Travaglio a Servizio Pubblico continua a non funzionare.
Lo riposto qui, anche perché per gli articoli successivi questa sede è più idonea.
Renzi lo smemorato e l’articolo 18
di Marco Travaglio| 25 set 2014
http://www.serviziopubblico.it/2014/09/ ... ticolo-18/
“Era il 19 aprile 2012. L’anno scorso Renzi vinse le primarie con un programma che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Poi andò al governo con un programma che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Poi stravinse le Europee con un programma che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Poi presentò il Jobs Act che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Tutti dicevano: ora farà quel che ha detto: investimenti,lotta alla corruzione e all’evasione. Poi i ministri economici europei si sono riuniti, han detto che l’Italia deve sbaraccare l’art.18, la Bce pure. Ma Renzi gliele ha cantate chiare: fatevi i fatti vostri,le riforme le decidiamo noi. Benebravobis. Invece che fa?Cancella l’art.18″. L’editoriale di Marco Travaglio per la prima puntata della nuova stagione di Servizio Pubblico
Postato in altro 3D, l'intervento di Travaglio a Servizio Pubblico continua a non funzionare.
Lo riposto qui, anche perché per gli articoli successivi questa sede è più idonea.
Renzi lo smemorato e l’articolo 18
di Marco Travaglio| 25 set 2014
http://www.serviziopubblico.it/2014/09/ ... ticolo-18/
“Era il 19 aprile 2012. L’anno scorso Renzi vinse le primarie con un programma che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Poi andò al governo con un programma che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Poi stravinse le Europee con un programma che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Poi presentò il Jobs Act che l’art.18 non lo nominava nemmeno. Tutti dicevano: ora farà quel che ha detto: investimenti,lotta alla corruzione e all’evasione. Poi i ministri economici europei si sono riuniti, han detto che l’Italia deve sbaraccare l’art.18, la Bce pure. Ma Renzi gliele ha cantate chiare: fatevi i fatti vostri,le riforme le decidiamo noi. Benebravobis. Invece che fa?Cancella l’art.18″. L’editoriale di Marco Travaglio per la prima puntata della nuova stagione di Servizio Pubblico
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Renzi: “Sono boy scout, non massone. Non omaggio poteri forti e questa è la reazione”
Il premier, intervistato da Repubblica, risponde all'editoriale di Ferruccio de Bortoli che aveva evocato l'"odore di massoneria" intorno al patto del Nazareno. "Ai più è apparso come un attacco studiato, io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze". Poi rivendica: "Io senza padroni e senza padrini, governo senza i poteri forti". Ma sabato, al matrimonio dell'amico Marco Carrai, era insieme al gotha dell'economia e della finanza
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 28 settembre 2014Commenti (86)
E alla fine arriva il quesito che aleggia da quattro giorni: “Lei è massone?”. La domanda del giornalista di Repubblica a Matteo Renzi, nell’intervista pubblicata domenica, è nell’aria da quando Ferruccio de Bortoli, direttore uscente del Corriere della Sera, in un editoriale durissimo nei confronti del governo ha evocato l’”odore di massoneria“ intorno al premier e al patto del Nazareno con Silvio Berlusconi. Del quale è nota l’iscrizione alla loggia P2, quella del “maestro venerabile” Licio Gelli di cui secondo Beppe Grillo il presidente del Consiglio è “figlioccio”. Quella che a un certo punto (metà anni ’70) il quotidiano di via Solferino se lo comprò. Dalle pagine del concorrente Repubblica, però, Renzi nega “nel modo più categorico”. “A casa nostra siamo boy scout, non massoni”, è la risposta secca. “Una famiglia di boy scout che viene improvvisamente associata alla massoneria per via di un simpatico editoriale del direttore di un quotidiano. A me non fa né caldo né freddo. Ma mio padre (Tiziano, indagato a Genova per bancarotta, ndr) cresciuto con il mito di Benigno Zaccagnini e Tina Anselmi deve ancora riprendersi”.
Nessun cedimento nemmeno di fronte al quesito successivo, sugli eventuali “sospetti su qualche suo recente e frequente interlocutore”. Come lo stesso Berlusconi o il senatore di Fi Denis Verdini, l’uomo delle trattative con il Pd, coinvolto nello scandalo sulla cosiddetta P3. Proprio i due esponenti della “vecchia guardia” del centrodestra che, secondo Massimo D’Alema (intervistato sempre domenica dal Corriere), è “l’unica con cui Renzi interloquisce”. “Ho visto logiche di interessi personali, di ambizioni, di strategie”, replica il premier. “Ma non ho mai visto – nemmeno da sindaco – questa potente massoneria all’opera”. Poi la spiegazione sulla genesi del fuoco incrociato aperto contro il governo da “direttori di giornali, imprenditori, banchieri, prelati” (qui il riferimento è alle esternazioni della Cei): “Ai più è apparso come un attacco studiato, io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze“. Coincidenza, dunque, anche il fatto che nel suo consueto editoriale domenicale Eugenio Scalfari scriva che la “pentola d’acqua messa sul fuoco da Renzi” contiene per ora, appunto, solo acqua. Che comincia peraltro “ad evaporare”, mentre il premier “non sembra il più adatto” per “ricreare una sinistra che metta in testa le tutele dovute ai lavoratori”.
Tornando all’intervista, dopo la conferma di voler rottamare l’articolo 18 arriva l’ormai consueta tirata sui “poteri forti o presunti tali”. Quelli cioè “che in questi vent’anni hanno assistito silenziosi o complici alla perdita di competitività dell’Italia”. “Io governo senza di loro. Non contro di loro: semplicemente senza di loro. Senza consultarli. Senza omaggiarli. Senza accontentarli. Sono una persona senza padroni, senza padrini“. Eppure ai “salotti buoni” il presidente del Consiglio ha appena lanciato un bel salvagente nella forma dell’introduzione in Italia delle azioni a voto plurimo. E due giorni si è scambiato affettuosità con Sergio Marchionne che ha pubblicamente “scaricato” de Bortoli dopo il suo editoriale. In più, solo sabato Renzi era fianco a fianco con quegli stessi potenti alla cerimonia di nozze dell’amico Marco Carrai, di cui è stato testimone. Come racconta Davide Vecchi su Il Fatto Quotidiano di domenica, infatti, nella Basilica di San Miniato al Monte ha sfilato il gotha dell’economia e della finanza: da Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps, a Gian Maria Gros Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, dall’ex Bce Lorenzo Bini Smaghi, ora presidente di Snam, a Giuseppe Recchi, presidente Telecom, e Marco Morelli di BofA Merril Lynch. Ma anche Chicco Testa, presidente di Assoelettrica, Davide Serra, numero uno del fondo di investimento Algebris e finanziatore della prima ora di Renzi, Oscar Farinetti, patron di Eataly, e Paolo Fresco, ex ad di Fiat.
Sia come sia, Renzi ostenta tranquillità rispetto ai rumors in base ai quali quei poteri starebbero cospirano per sostituirlo con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. “Se pensano di avere i numeri e il candidato giusto ci provino”. Quanto alle critiche di Della Valle, che secondo il giornale di Largo Fochetti sta preparando una “squadra per un governo alternativo”, il premier liquida il patron di Tod’s (che ha bollato il tète a tète con l’ad di Fca come ”incontro tra due grandissimi sòla”) definendolo “un buon imprenditore” che “vedremo come farà come politico”: “Se vuole misurarsi in prima persona, gli auguro di cuore i successi più belli. Con affetto e senza nessuna polemica”. Parola di scout.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... e/1135898/
Il premier, intervistato da Repubblica, risponde all'editoriale di Ferruccio de Bortoli che aveva evocato l'"odore di massoneria" intorno al patto del Nazareno. "Ai più è apparso come un attacco studiato, io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze". Poi rivendica: "Io senza padroni e senza padrini, governo senza i poteri forti". Ma sabato, al matrimonio dell'amico Marco Carrai, era insieme al gotha dell'economia e della finanza
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 28 settembre 2014Commenti (86)
E alla fine arriva il quesito che aleggia da quattro giorni: “Lei è massone?”. La domanda del giornalista di Repubblica a Matteo Renzi, nell’intervista pubblicata domenica, è nell’aria da quando Ferruccio de Bortoli, direttore uscente del Corriere della Sera, in un editoriale durissimo nei confronti del governo ha evocato l’”odore di massoneria“ intorno al premier e al patto del Nazareno con Silvio Berlusconi. Del quale è nota l’iscrizione alla loggia P2, quella del “maestro venerabile” Licio Gelli di cui secondo Beppe Grillo il presidente del Consiglio è “figlioccio”. Quella che a un certo punto (metà anni ’70) il quotidiano di via Solferino se lo comprò. Dalle pagine del concorrente Repubblica, però, Renzi nega “nel modo più categorico”. “A casa nostra siamo boy scout, non massoni”, è la risposta secca. “Una famiglia di boy scout che viene improvvisamente associata alla massoneria per via di un simpatico editoriale del direttore di un quotidiano. A me non fa né caldo né freddo. Ma mio padre (Tiziano, indagato a Genova per bancarotta, ndr) cresciuto con il mito di Benigno Zaccagnini e Tina Anselmi deve ancora riprendersi”.
Nessun cedimento nemmeno di fronte al quesito successivo, sugli eventuali “sospetti su qualche suo recente e frequente interlocutore”. Come lo stesso Berlusconi o il senatore di Fi Denis Verdini, l’uomo delle trattative con il Pd, coinvolto nello scandalo sulla cosiddetta P3. Proprio i due esponenti della “vecchia guardia” del centrodestra che, secondo Massimo D’Alema (intervistato sempre domenica dal Corriere), è “l’unica con cui Renzi interloquisce”. “Ho visto logiche di interessi personali, di ambizioni, di strategie”, replica il premier. “Ma non ho mai visto – nemmeno da sindaco – questa potente massoneria all’opera”. Poi la spiegazione sulla genesi del fuoco incrociato aperto contro il governo da “direttori di giornali, imprenditori, banchieri, prelati” (qui il riferimento è alle esternazioni della Cei): “Ai più è apparso come un attacco studiato, io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze“. Coincidenza, dunque, anche il fatto che nel suo consueto editoriale domenicale Eugenio Scalfari scriva che la “pentola d’acqua messa sul fuoco da Renzi” contiene per ora, appunto, solo acqua. Che comincia peraltro “ad evaporare”, mentre il premier “non sembra il più adatto” per “ricreare una sinistra che metta in testa le tutele dovute ai lavoratori”.
Tornando all’intervista, dopo la conferma di voler rottamare l’articolo 18 arriva l’ormai consueta tirata sui “poteri forti o presunti tali”. Quelli cioè “che in questi vent’anni hanno assistito silenziosi o complici alla perdita di competitività dell’Italia”. “Io governo senza di loro. Non contro di loro: semplicemente senza di loro. Senza consultarli. Senza omaggiarli. Senza accontentarli. Sono una persona senza padroni, senza padrini“. Eppure ai “salotti buoni” il presidente del Consiglio ha appena lanciato un bel salvagente nella forma dell’introduzione in Italia delle azioni a voto plurimo. E due giorni si è scambiato affettuosità con Sergio Marchionne che ha pubblicamente “scaricato” de Bortoli dopo il suo editoriale. In più, solo sabato Renzi era fianco a fianco con quegli stessi potenti alla cerimonia di nozze dell’amico Marco Carrai, di cui è stato testimone. Come racconta Davide Vecchi su Il Fatto Quotidiano di domenica, infatti, nella Basilica di San Miniato al Monte ha sfilato il gotha dell’economia e della finanza: da Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps, a Gian Maria Gros Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, dall’ex Bce Lorenzo Bini Smaghi, ora presidente di Snam, a Giuseppe Recchi, presidente Telecom, e Marco Morelli di BofA Merril Lynch. Ma anche Chicco Testa, presidente di Assoelettrica, Davide Serra, numero uno del fondo di investimento Algebris e finanziatore della prima ora di Renzi, Oscar Farinetti, patron di Eataly, e Paolo Fresco, ex ad di Fiat.
Sia come sia, Renzi ostenta tranquillità rispetto ai rumors in base ai quali quei poteri starebbero cospirano per sostituirlo con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. “Se pensano di avere i numeri e il candidato giusto ci provino”. Quanto alle critiche di Della Valle, che secondo il giornale di Largo Fochetti sta preparando una “squadra per un governo alternativo”, il premier liquida il patron di Tod’s (che ha bollato il tète a tète con l’ad di Fca come ”incontro tra due grandissimi sòla”) definendolo “un buon imprenditore” che “vedremo come farà come politico”: “Se vuole misurarsi in prima persona, gli auguro di cuore i successi più belli. Con affetto e senza nessuna polemica”. Parola di scout.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Se non succede altro nel mondo, questa è la notizia d'apertura dei TG di questa sera.
Primarie Pd Emilia Romagna, l’affluenza crolla dell’80%: “Mai così bassa”
Alle 12 hanno votato in 24mila. Solo il 15% dei cittadini è tornato al voto rispetto all'8 dicembre 2013, quando si sceglieva il segretario nazionale. "Mai vista partecipazione così bassa", dicono i volontari-scrutatori. Chiunque vincerà tra Stefano Bonaccini e Roberto Balzani dunque rischia di essere un candidato dimezzato
di David Marceddu | 28 settembre 2014Commenti
Che ci sarebbe stato un calo nel numero dei votanti era nell’aria. Ma che il tracollo sarebbe stato di oltre l’80%, questo davvero era difficile immaginarselo. Alle ore 12 di questa domenica di voto, le primarie del Partito democratico per la scelta del candidato alla presidenza della Regione hanno infatti registrato una affluenza al voto negli 800 seggi di 24.560 votanti contro i 160 mila delle primarie dell’8 dicembre 2013. In pratica solo il 15 % è tornato al voto.
In alcuni circoli storici di Bologna, per esempio, l’affluenza all’ora di pranzo era pari a un decimo rispetto alla tornata che un anno fa diede la segreteria a Matteo Renzi. Così alla Casa del Popolo di via Mario Bastia, come al grande circolo Arci Benassi. “Speriamo di recuperare nel pomeriggio, ma questa volta la cedo dura”, spiegano a ilfattoquotidiano.it gli anziani scrutatori al circolo di via Bastia. “Un numero di persone così basso non lo avevamo mai visto. Lo scorso anno avevamo la fila sulla strada”.
Chiunque vincerà tra Stefano Bonaccini e Roberto Balzani dunque rischia di essere un candidato dimezzato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1136166/
Primarie Pd Emilia Romagna, l’affluenza crolla dell’80%: “Mai così bassa”
Alle 12 hanno votato in 24mila. Solo il 15% dei cittadini è tornato al voto rispetto all'8 dicembre 2013, quando si sceglieva il segretario nazionale. "Mai vista partecipazione così bassa", dicono i volontari-scrutatori. Chiunque vincerà tra Stefano Bonaccini e Roberto Balzani dunque rischia di essere un candidato dimezzato
di David Marceddu | 28 settembre 2014Commenti
Che ci sarebbe stato un calo nel numero dei votanti era nell’aria. Ma che il tracollo sarebbe stato di oltre l’80%, questo davvero era difficile immaginarselo. Alle ore 12 di questa domenica di voto, le primarie del Partito democratico per la scelta del candidato alla presidenza della Regione hanno infatti registrato una affluenza al voto negli 800 seggi di 24.560 votanti contro i 160 mila delle primarie dell’8 dicembre 2013. In pratica solo il 15 % è tornato al voto.
In alcuni circoli storici di Bologna, per esempio, l’affluenza all’ora di pranzo era pari a un decimo rispetto alla tornata che un anno fa diede la segreteria a Matteo Renzi. Così alla Casa del Popolo di via Mario Bastia, come al grande circolo Arci Benassi. “Speriamo di recuperare nel pomeriggio, ma questa volta la cedo dura”, spiegano a ilfattoquotidiano.it gli anziani scrutatori al circolo di via Bastia. “Un numero di persone così basso non lo avevamo mai visto. Lo scorso anno avevamo la fila sulla strada”.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
La vox populi:
frantic • 4 minuti fa
PDni iniziate a capire perché il giornaletto l'Unità☭ è Fallito e non esce più in Edicola?
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frantic • 7 minuti fa
PDni☭ preparate subito una decina di scatoloni con dentro le schede Farlocche così risanate l'affluenza, voi siete maestri in questo.
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populista • 16 minuti fa
In Emilia hanno capito che Renzi è di destra.
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FedericoV99 • 16 minuti fa
ma quanta soddisfazione a vedere i grillini che esultano perchè alla primarie del PD vota poca gente (comunque il doppio di quelli che votano nelle loro consultazioni)... vi prego fate un bel vinciamonoi.. Porta fortuna
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Pino Lilli • 16 minuti fa
Ma
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Serna • 16 minuti fa
Ecco un altro 80% di gufi rosiconi da aggiungere alle liste di proscrizione del lider minimo.
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Paolo Raffaelli • 17 minuti fa
E ovvio,,,, oggi sono tutti a fare spesa ai centri commerciali ho meglio a fare merenda in campagna con nipoti nonni figli ecc ecc con gli 80 euro che hanno in piu in busta paga se lo possono permettere,,, o no????????
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frantic • 4 minuti fa
PDni iniziate a capire perché il giornaletto l'Unità☭ è Fallito e non esce più in Edicola?
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frantic • 7 minuti fa
PDni☭ preparate subito una decina di scatoloni con dentro le schede Farlocche così risanate l'affluenza, voi siete maestri in questo.
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populista • 16 minuti fa
In Emilia hanno capito che Renzi è di destra.
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FedericoV99 • 16 minuti fa
ma quanta soddisfazione a vedere i grillini che esultano perchè alla primarie del PD vota poca gente (comunque il doppio di quelli che votano nelle loro consultazioni)... vi prego fate un bel vinciamonoi.. Porta fortuna
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Pino Lilli • 16 minuti fa
Ma
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Serna • 16 minuti fa
Ecco un altro 80% di gufi rosiconi da aggiungere alle liste di proscrizione del lider minimo.
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Paolo Raffaelli • 17 minuti fa
E ovvio,,,, oggi sono tutti a fare spesa ai centri commerciali ho meglio a fare merenda in campagna con nipoti nonni figli ecc ecc con gli 80 euro che hanno in piu in busta paga se lo possono permettere,,, o no????????
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Primarie Pd in Emilia.
GUFI 10 - BRIGATE RENZIANE 1
Vince Bonaccini ad urne vuote.
Calo dell'85% rispetto alle primarie precedenti.
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Vince Bonaccini ad urne vuote.
Calo dell'85% rispetto alle primarie precedenti.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
PER CHI SUONA LA POLTRONA
Il risultato emiliano può essere gettato sul tavolo dalla minoranza dissidente. La politica funziona così. Soprattutto in tempi di regolazione di conti & marchesi.
29 SET 2014 10:52
LE ULTIME ORE DEL PD - I DEMOCRATICI VANNO ALLA CONTA SULL’ARTICOLO 18 - I SINISTRATI DI BERSANI E D’ALEMA SONO IN MINORANZA E VANNO INCONTRO A UNA SCOPPOLA CHE PUÒ SPAZZARE VIA PER SEMPRE L’ALA EX DS
D’Attorre avverte: “Se si andrà alla rottura, sarà chiaro come il sole che l’ha voluta Renzi. E se la linea è l’abolizione totale dell’articolo 18, mi pare complicato non dire di no” - Posizione condivisa da Bindi, Boccia, Fassina e Pippo Civati, che vede volteggiare il fantasma della scissione…
M.Gu. per “il Corriere della Sera”
«La strada è molto stretta», ha ammesso Bersani. La vigilia si è chiusa senza un accordo e alle cinque della sera il Pd rischia una spaccatura profonda sull’articolo 18: la bandiera che Renzi vuole stracciare perché «non serve a niente» e che, al contrario, la sinistra del Pd ha scelto come vessillo della propria esistenza. Se non si arriverà a un’intesa, la direzione si aprirà senza rete e — salvo improbabili ripensamenti del premier — in serata ai democratici non resterà che far la conta di vincitori e vinti.
D’Alema sul Corriere ha messo in guardia il premier, ha detto che un «accordo ragionevole» è ancora possibile e che «una frattura del maggior partito di governo non sarebbe un messaggio rassicurante». Ma Renzi tira dritto e mena fendenti su Bersani e compagni: ha rifiutato l’incontro con le minoranze e non appare disposto a discutere di legge di Stabilità.
I numeri sono dalla parte del segretario, il quale controlla almeno il 68% dei circa 200 membri del «parlamentino» e che potrebbe allargare ancora i suoi consensi. Oggi inviterà il Pd a valutare nel complesso la riforma senza fermarsi all’articolo 18, farà la sua proposta che verrà messa ai voti.
La minoranza, che potrebbe dividersi sul grado di intransigenza, non ha le forze per capovolgere un epilogo già scritto. In caso di sconfitta potrà cercare la rivincita al Senato: lì la maggioranza ha solo sette voti di vantaggio e «se procedesse mediante un’intesa con le destre», ammonisce Chiti, «ne seguirebbe una lacerazione grave per il Pd, il governo, il Paese».
Per respingere l’accusa di essere gufi e frenatori, lasciando al «capo» il peso di una eventuale frattura, i leader antirenziani lanciano gli ultimi appelli all’unità. Bersani: «Prendere o lasciare sull’articolo 18? Non esiste. Il Pd va preservato e anche il governo, ma bisogna fare ogni sforzo per trovare la miglior sintesi».
Scissione in vista? «Non esiste». E Gianni Cuperlo: «Io ho posto questioni con spirito collaborativo per rendere efficace la riforma e fino all’ultimo continuerò a sperare che, da parte del segretario, ci sia l’impegno a trovare una soluzione condivisa». Dal Nazareno, la Serracchiani invita la minoranza a «fare un passo indietro» per cancellare le «diseguaglianze» del mercato del lavoro.
Matteo Orfini ha schierato i «turchi» sulla linea morbida e vede ancora «margini» sul rafforzamento dei casi di reintegro: «Ci sono le condizioni per un accordo». E D’Alema? «Temo abbia mischiato i piani in modo improprio. Non c’entra niente il dibattito interno a un partito con l’esigenza di fare le riforme con le opposizioni». Ieri sera nel cielo del Pd era ancora nebbia fitta. La mediazione di Chiamparino è stata respinta dalla sinistra.
Per D’Attorre «sarebbe ridicolo arrampicarsi sugli specchi e rifugiarsi dietro il discriminatorio, che è garantito dalla Costituzione». Riformista dell’ala dura, D’Attorre avverte: «Se si andrà alla rottura, sarà chiaro come il sole che l’ha voluta Renzi». Come voterete? «Se la linea è l’abolizione totale dell’articolo 18, mi pare complicato non dire di no». Posizione condivisa da Bindi, Boccia, Fassina e Pippo Civati, che vede volteggiare all’orizzonte il fantasma della scissione.
Il risultato emiliano può essere gettato sul tavolo dalla minoranza dissidente. La politica funziona così. Soprattutto in tempi di regolazione di conti & marchesi.
29 SET 2014 10:52
LE ULTIME ORE DEL PD - I DEMOCRATICI VANNO ALLA CONTA SULL’ARTICOLO 18 - I SINISTRATI DI BERSANI E D’ALEMA SONO IN MINORANZA E VANNO INCONTRO A UNA SCOPPOLA CHE PUÒ SPAZZARE VIA PER SEMPRE L’ALA EX DS
D’Attorre avverte: “Se si andrà alla rottura, sarà chiaro come il sole che l’ha voluta Renzi. E se la linea è l’abolizione totale dell’articolo 18, mi pare complicato non dire di no” - Posizione condivisa da Bindi, Boccia, Fassina e Pippo Civati, che vede volteggiare il fantasma della scissione…
M.Gu. per “il Corriere della Sera”
«La strada è molto stretta», ha ammesso Bersani. La vigilia si è chiusa senza un accordo e alle cinque della sera il Pd rischia una spaccatura profonda sull’articolo 18: la bandiera che Renzi vuole stracciare perché «non serve a niente» e che, al contrario, la sinistra del Pd ha scelto come vessillo della propria esistenza. Se non si arriverà a un’intesa, la direzione si aprirà senza rete e — salvo improbabili ripensamenti del premier — in serata ai democratici non resterà che far la conta di vincitori e vinti.
D’Alema sul Corriere ha messo in guardia il premier, ha detto che un «accordo ragionevole» è ancora possibile e che «una frattura del maggior partito di governo non sarebbe un messaggio rassicurante». Ma Renzi tira dritto e mena fendenti su Bersani e compagni: ha rifiutato l’incontro con le minoranze e non appare disposto a discutere di legge di Stabilità.
I numeri sono dalla parte del segretario, il quale controlla almeno il 68% dei circa 200 membri del «parlamentino» e che potrebbe allargare ancora i suoi consensi. Oggi inviterà il Pd a valutare nel complesso la riforma senza fermarsi all’articolo 18, farà la sua proposta che verrà messa ai voti.
La minoranza, che potrebbe dividersi sul grado di intransigenza, non ha le forze per capovolgere un epilogo già scritto. In caso di sconfitta potrà cercare la rivincita al Senato: lì la maggioranza ha solo sette voti di vantaggio e «se procedesse mediante un’intesa con le destre», ammonisce Chiti, «ne seguirebbe una lacerazione grave per il Pd, il governo, il Paese».
Per respingere l’accusa di essere gufi e frenatori, lasciando al «capo» il peso di una eventuale frattura, i leader antirenziani lanciano gli ultimi appelli all’unità. Bersani: «Prendere o lasciare sull’articolo 18? Non esiste. Il Pd va preservato e anche il governo, ma bisogna fare ogni sforzo per trovare la miglior sintesi».
Scissione in vista? «Non esiste». E Gianni Cuperlo: «Io ho posto questioni con spirito collaborativo per rendere efficace la riforma e fino all’ultimo continuerò a sperare che, da parte del segretario, ci sia l’impegno a trovare una soluzione condivisa». Dal Nazareno, la Serracchiani invita la minoranza a «fare un passo indietro» per cancellare le «diseguaglianze» del mercato del lavoro.
Matteo Orfini ha schierato i «turchi» sulla linea morbida e vede ancora «margini» sul rafforzamento dei casi di reintegro: «Ci sono le condizioni per un accordo». E D’Alema? «Temo abbia mischiato i piani in modo improprio. Non c’entra niente il dibattito interno a un partito con l’esigenza di fare le riforme con le opposizioni». Ieri sera nel cielo del Pd era ancora nebbia fitta. La mediazione di Chiamparino è stata respinta dalla sinistra.
Per D’Attorre «sarebbe ridicolo arrampicarsi sugli specchi e rifugiarsi dietro il discriminatorio, che è garantito dalla Costituzione». Riformista dell’ala dura, D’Attorre avverte: «Se si andrà alla rottura, sarà chiaro come il sole che l’ha voluta Renzi». Come voterete? «Se la linea è l’abolizione totale dell’articolo 18, mi pare complicato non dire di no». Posizione condivisa da Bindi, Boccia, Fassina e Pippo Civati, che vede volteggiare all’orizzonte il fantasma della scissione.
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