articolo 18

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camillobenso
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Re: articolo 18

Messaggio da camillobenso »

Repubblica 24.9.14
Pierre Carniti
“La novità è che la riforma la fa l’esecutivo da solo. L’articolo 18 non c’entra”
“Sindacato troppo diviso lascia spazio al governo”

intervista di Paolo Griseri

ROMA . la vera novità della discussione sulla riforma del lavoro? «È che viene fatta dal governo e non dai sindacati». E la modifica dell’articolo 18? «Discussione da macchina del fumo, un modo per parlar d’altro. Poi si troverà un accrocchio». Nel giorno delle dimissioni di Raffaele Bonanni da segretario generale della Cisl, Pierre Carniti interviene sullo scontro del Job’s act. E conclude: «A Bonanni dico che i sindacati meno divisi non avrebbero lasciato questi spazi a Renzi e avrebbero fatto loro la riforma».

Carniti, lei è d’accordo a modificare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori?
«Perché, verrà modificato?».

Così pare..
«Non credo che questo sia il vero obiettivo. Sull’articolo 18 non si può andare oltre quel che hanno già fatto i governi precedenti e si troverà alla fine un accrocchio».

Allora perché si è aperta questa discussione?
«Perché a Renzi conviene fare la voce grossa con i sindacati. Un atteggiamento per piacere a certi establishment italiani ed europei e gli dà visibilità presso l’opposizione».

Ma non crede che gli alieni una parte dell’opinione pubblica?
«Lei dice? Non penso che ci voglia molto coraggio a bastonare il can che affoga».

Pensa che i sindacati oggi siano messi così male?
«Beh, bene non stanno. E che cosa c’è di più facile di gettare loro la croce addosso?».

Ammetterà che le norme sul lavoro che avete fatto voi quarant’anni fa sono ormai superate. Bisogna continuare a difenderle?
«Certo che no. Lo vedo anche io che sono superate. Che si tratta di rappresentare giovani precari, persone senza lavoro, dare una prospettiva a chi si trova in condizioni molto diverse dal 1970».

E allora perché opporsi al cambiamento proposto dal governo?
«Intanto vorrei capire che cosa c’entrano le proposte che si leggono sui giornali con la soluzione dei problemi della precarietà e della disoccupazione».

Lei non crede che rendendo più semplice il licenziamento si favoriscano gli investimenti stranieri in Italia?
«Sento sostenere questa tesi. Se è cosi Renzi avrebbe potuto dire ai sindacati: “Il signor Brambilla di Lugano aveva intenzione di investire in Italia ma siccome c’è l’articolo 18, non lo fa. Volete voi sindacati e organizzazioni degli imprenditori trovare una soluzione?”».

Quanto tempo ci avrebbero messo sindacati e Confindustria per trovare una soluzione?
«Perché i governi di questi anni, da Berlusconi a venire in qua, quali soluzioni hanno trovato? Hanno progressivamente reso più flessibile il mercato del lavoro e nel frattempo la disoccupazione ha continuato ad aumentare».

Come si crea occupazione allora?
«L’occupazione si crea con investimenti pubblici e privati. Ma il governo Renzi non ha oggettivamente spazi di manovra. Sulla politica economica deve vivere nei limiti imposti dall’Europa. Altrimenti potrebbe destinare 20 miliardi ad estendere a tutti la cassa integrazione e a far ripartire investimenti e consumi. Non avendo soldi non resta che far girare la manovella della macchina del fumo con l’articolo 18».

Lei come la farebbe la riforma del mercato del lavoro?
«Coinvolgendo sindacati e parti sociali. Siamo tornati alla concezione della prima metà del Novecento italiano che aveva espropriato le parti sociali di ogni autonomia con una riforma del lavoro affidata alla politica».

Le dà fastidio che si modifichi radicalmente il vostro sistema di regole?
«Non assolutamente, è probabilmente necessario. Ma se io sindacalista devo cambiare mi metto a contrattare. Scambio la flessibilità con i diritti, non lascio che sia la politica a decidere senza contropartite».

In queste ore Raffaele Bonanni lascia l’incarico che lei ha ricoperto a suo tempo. Qual è il suo giudizio sulla segreteria Bonanni?
«Io ho lasciato la Cisl trent’anni fa. Non ho titolo per esprimere giudizi. Sono come uno al quale è stata ritirata la patente».

Non può più guidare ma stando sul balcone può dare un giudizio sul traffico no?
«Se mi posso permettere, penso che la Cisl in questi anni avrebbe potuto cercare di più le strade dell’unità con gli altri sindacati. Un mondo del lavoro diviso non è mai un fatto positivo, come dimostra la debolezza di oggi di tutti i sindacati confederali.. e anche la discussione sulla riforma del mercato del lavoro».

Per essere uniti bisogna essere in due...
«Lo dice a me che sono sposato da 54 anni? Bisogna essere in due e bisogna volerlo».
camillobenso
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Re: articolo 18

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Jobs act, i sindacati cercano l’intesa Incontro lunedì tra Cgil, Cisl e Uil
Alfano: «Riforma subito e per decreto». Camusso: «Renzi si nega al telefono. Ascolta la Confindustria ma non noi». Landini: «Il premier non decida da solo»
di Redazione Online


Le prime linee di Cgil, Cisl e Uil, con i leader dei tre sindacati, si vedranno lunedì mattina per valutare se ci sono i margini per una posizione unitaria sul Jobs act del governo Renzi e in particolare sullo scontro sull’articolo 18. L’incontro, a quanto trapela, è stato fissato in mattinata, alle 10,30 nella sede della Cisl. Per tutta la domenica, il tema della riforma del lavoro e dell’articolo 18 ha dominato i media. Un botta e risposta tra le parti, che ha fatto registrare posizioni sempre più accese.
Dibattito rovente
Il dibattito nel frattempo assume toni sempre più aspri. Il premier Matteo Renzi ha alzato il tiro fin dalla mattina con le sue dichiarazioni, dal sapore di provocazione: «Cambieremo lo Statuto dei lavoratori pensato 44 anni fa. È come se uno cercasse di mettere il rullino in una macchina fotografica digitale: sono due mondi che non dialogano...». Il primo “sì”, convinto, Renzi l’ha incassato dal ministro Angelino Alfano, ospite di Maria Latella a «L’Intervista» su Skytg24.. «Renzi propone cose giustissime. Io non voglio giocare al rilancio ma la riforma del lavoro dovremmo farla subito e per decreto», ha dichiarato il ministro e leader del Nuovo centrodestra. «Trovo naturale, fisiologico, direi quasi doveroso che Forza Italia voti per la riforma del mercato del lavoro».
Maurizio Sacconi : «Basta con le consorterie e i salotti»
Il capogruppo al Senato del Nuovo Centrodestra, Maurizio Sacconi, punta il dito contro i privilegi delle corporazioni. «Dall’articolo 18 non si torna indietro rispetto alla mediazione realizzata nella maggioranza. Semmai, per fare lavoro, si può andare ancora più avanti. I riformismi di destra e di sinistra si incontrano dimostrando capacità di decidere sulla nuova Costituzione come sul lavoro. Così si riafferma il primato della politica su corporazioni, consorterie, salotti che in questi ultimi anni sono stati viziati dalla politica debole».
Forza Italia: «Superare i vincoli e semplificare»
Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario Forza Italia alla Camera raccoglie l’assist di Alfano e dichiara: «L’abolizione dell’articolo 18 è sempre stato nei nostri programmi di Governo. Siamo quindi pronti a votare qualunque emendamento ne preveda il netto superamento senza ambiguità. Come abbiamo sempre detto, dobbiamo lavorare» ha detto Gelmini «per la creazione di un mercato del lavoro flessibile e trasparente, che liberi le aziende da ogni vincolo che impedisca loro di creare occupazione. Ci auguriamo che Renzi non ripeta l’esperienza del decreto con cui ha cercato di liberalizzare il contratto a termine e di semplificare l’apprendistato. L’ottimo testo iniziale è stato peggiorato nel passaggio parlamentare con una trattativa al ribasso che non ha fatto bene né alle imprese né ai lavoratori».
Camusso: «Renzi non risponde alle nostre telefonate»
Di tutt’altro avviso, rispetto alle dichiarazioni qui elencate finora, quelle di Susanna Camusso, segretaria Cgil, fortemente critica nei confronti del Governo: «Ho chiamato il centralino di Palazzo Chigi per parlare con Renzi, ci hanno risposto sempre segretarie molto gentili, ma non abbiamo parlato con lui. L’avevamo cercato anche per venire al Congresso, e non è venuto». L’esponente Cgil prende atto che «il premier non pensa di avere relazioni con le organizzazioni sindacali. Da Confindustria, al contrario, riceve documenti e recepisce suggerimenti». Camusso ha dichiarato di aver tentato di estendere, senza esito, la tutela dell’articolo 18 a tutti i lavoratori e che «Il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento per motivi discriminatori «non è un’apertura del premier, bensì un diritto universale, che non è mai stato in discussione».
Landini: «L’articolo 18 è un falso problema»
Ancora più decisa la posizione di Maurizio Landini, segretario Fiom che ha risposto alle domande di Maria Latella su Skytg24,. «Non capisco perché si vuole aprire un conflitto di questa natura sull’articolo 18: ci stiamo concentrando su un falso problema. Il nodo è il lavoro che non c’è. E se in Italia c’è la disoccupazione, è perché non ci sono investimenti, non certo perché c’è l’articolo 18». Anzi, dice Landini, «L’articolo 18 andrebbe esteso a tutti, perché tutela la libertà della persona e impedisce i licenziamenti illegittimi. Sostituire questo diritto vuole dire mercificare tutto». Il segretario Fiom mette poi in guardia il Governo.
«Il Partito Democratico “può decidere quello che vuole, Renzi può pensare di fare decidere al Parlamento queste leggi folli sul lavoro”, ma «deve sapere che noi come sindacato non ci fermiamo. Di fronte a leggi sbagliate, ricette vecchie, ci siamo stancati: basta continuare a dire che il problema dell’Italia è che i lavoratori hanno troppi diritti. È vero il contrario». E a Renzi il leader Fiom dice: «Le riforme vere si fanno con il consenso», «Bisogna avere la pazienza del processo democratico, del confronto», «se uno pensa che per tutta l’Italia decide lui o all’interno di un partito deve sapere che così facendo parte lo sciopero generale», perché «non c’è un illuminato o un folgorato sulla via di Damasco che possa cambiare il Paese da sera a mattina». Per i sindacati il punto di ricaduta sull’articolo 18, ricorda ancora Landini, può essere quello di un contratto a tutele progressive che elimini le tutele solo per i primi anni.
28 settembre 2014 | 15:26
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shadow
Le prime linee di Cgil, Cisl e Uil, con i leader dei tre sindacati, si vedranno lunedì mattina per valutare se ci sono i margini per una posizione unitaria sul Jobs act del governo Renzi e in particolare sullo scontro sull’articolo 18. L’incontro, a quanto trapela, è stato fissato in mattinata, alle 10,30 nella sede della Cisl. Per tutta la domenica, il tema della riforma del lavoro e dell’articolo 18 ha dominato i media. Un botta e risposta tra le parti, che ha fatto registrare posizioni sempre più accese.
Dibattito rovente
Il dibattito nel frattempo assume toni sempre più aspri. Il premier Matteo Renzi ha alzato il tiro fin dalla mattina con le sue dichiarazioni, dal sapore di provocazione: «Cambieremo lo Statuto dei lavoratori pensato 44 anni fa. È come se uno cercasse di mettere il rullino in una macchina fotografica digitale: sono due mondi che non dialogano...». Il primo “sì”, convinto, Renzi l’ha incassato dal ministro Angelino Alfano, ospite di Maria Latella a «L’Intervista» su Skytg24.. «Renzi propone cose giustissime. Io non voglio giocare al rilancio ma la riforma del lavoro dovremmo farla subito e per decreto», ha dichiarato il ministro e leader del Nuovo centrodestra. «Trovo naturale, fisiologico, direi quasi doveroso che Forza Italia voti per la riforma del mercato del lavoro».
Maurizio Sacconi : «Basta con le consorterie e i salotti»
Il capogruppo al Senato del Nuovo Centrodestra, Maurizio Sacconi, punta il dito contro i privilegi delle corporazioni. «Dall’articolo 18 non si torna indietro rispetto alla mediazione realizzata nella maggioranza. Semmai, per fare lavoro, si può andare ancora più avanti. I riformismi di destra e di sinistra si incontrano dimostrando capacità di decidere sulla nuova Costituzione come sul lavoro. Così si riafferma il primato della politica su corporazioni, consorterie, salotti che in questi ultimi anni sono stati viziati dalla politica debole».
Forza Italia: «Superare i vincoli e semplificare»
Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario Forza Italia alla Camera raccoglie l’assist di Alfano e dichiara: «L’abolizione dell’articolo 18 è sempre stato nei nostri programmi di Governo. Siamo quindi pronti a votare qualunque emendamento ne preveda il netto superamento senza ambiguità. Come abbiamo sempre detto, dobbiamo lavorare» ha detto Gelmini «per la creazione di un mercato del lavoro flessibile e trasparente, che liberi le aziende da ogni vincolo che impedisca loro di creare occupazione. Ci auguriamo che Renzi non ripeta l’esperienza del decreto con cui ha cercato di liberalizzare il contratto a termine e di semplificare l’apprendistato. L’ottimo testo iniziale è stato peggiorato nel passaggio parlamentare con una trattativa al ribasso che non ha fatto bene né alle imprese né ai lavoratori».
Camusso: «Renzi non risponde alle nostre telefonate»
Di tutt’altro avviso, rispetto alle dichiarazioni qui elencate finora, quelle di Susanna Camusso, segretaria Cgil, fortemente critica nei confronti del Governo: «Ho chiamato il centralino di Palazzo Chigi per parlare con Renzi, ci hanno risposto sempre segretarie molto gentili, ma non abbiamo parlato con lui. L’avevamo cercato anche per venire al Congresso, e non è venuto». L’esponente Cgil prende atto che «il premier non pensa di avere relazioni con le organizzazioni sindacali. Da Confindustria, al contrario, riceve documenti e recepisce suggerimenti». Camusso ha dichiarato di aver tentato di estendere, senza esito, la tutela dell’articolo 18 a tutti i lavoratori e che «Il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento per motivi discriminatori «non è un’apertura del premier, bensì un diritto universale, che non è mai stato in discussione».
Landini: «L’articolo 18 è un falso problema»
Ancora più decisa la posizione di Maurizio Landini, segretario Fiom che ha risposto alle domande di Maria Latella su Skytg24,. «Non capisco perché si vuole aprire un conflitto di questa natura sull’articolo 18: ci stiamo concentrando su un falso problema. Il nodo è il lavoro che non c’è. E se in Italia c’è la disoccupazione, è perché non ci sono investimenti, non certo perché c’è l’articolo 18». Anzi, dice Landini, «L’articolo 18 andrebbe esteso a tutti, perché tutela la libertà della persona e impedisce i licenziamenti illegittimi. Sostituire questo diritto vuole dire mercificare tutto». Il segretario Fiom mette poi in guardia il Governo.
«Il Partito Democratico “può decidere quello che vuole, Renzi può pensare di fare decidere al Parlamento queste leggi folli sul lavoro”, ma «deve sapere che noi come sindacato non ci fermiamo. Di fronte a leggi sbagliate, ricette vecchie, ci siamo stancati: basta continuare a dire che il problema dell’Italia è che i lavoratori hanno troppi diritti. È vero il contrario». E a Renzi il leader Fiom dice: «Le riforme vere si fanno con il consenso», «Bisogna avere la pazienza del processo democratico, del confronto», «se uno pensa che per tutta l’Italia decide lui o all’interno di un partito deve sapere che così facendo parte lo sciopero generale», perché «non c’è un illuminato o un folgorato sulla via di Damasco che possa cambiare il Paese da sera a mattina». Per i sindacati il punto di ricaduta sull’articolo 18, ricorda ancora Landini, può essere quello di un contratto a tutele progressive che elimini le tutele solo per i primi anni.
28 settembre 2014 | 15:26
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http://www.corriere.it/politica/14_sett ... 14fc.shtml
peanuts
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Re: articolo 18

Messaggio da peanuts »

Secondo voi oggi pomeriggio quelli della minoranza le tireranno fuori le palle o no?
Per me dovrebbero andare là e dire "tocca l'art.18 e noi ce ne andiamo e la maggioranza te la fai con brunetta che da anni vuole fare a pezzi chi lavora"

Lo faranno? Mah.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Maucat
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Re: articolo 18

Messaggio da Maucat »

Non lo faranno... purtroppo...
paolo11
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Re: articolo 18

Messaggio da paolo11 »

https://www.change.org/p/reintegrare-i- ... 8FXquNk%2B
Diretta a Direzione Trotta Bus service 2
Reintegrare i due autisti sospesi per le loro dichiarazioni a Presa Diretta
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: articolo 18

Messaggio da camillobenso »

peanuts ha scritto:Secondo voi oggi pomeriggio quelli della minoranza le tireranno fuori le palle o no?
Per me dovrebbero andare là e dire "tocca l'art.18 e noi ce ne andiamo e la maggioranza te la fai con brunetta che da anni vuole fare a pezzi chi lavora"

Lo faranno? Mah
.

A “modo loro” lo faranno, ma non nel modo che pensiamo noi.

1) Sul Corriere della Sera di stamani, Dagospia rileva:
I numeri sono dalla parte del segretario, il quale controlla almeno il 68% dei circa 200 membri del «parlamentino» e che potrebbe allargare ancora i suoi consensi. Oggi inviterà il Pd a valutare nel complesso la riforma senza fermarsi all’articolo 18, farà la sua proposta che verrà messa ai voti.

2) Ergo, dal punto di vista numerico la “vecchia guardia” oggi non ha assolutamente i numeri.
3) Occorre poi valutare l’evolversi della situazione:
- Nel mese di settembre si registra il film di Maciste contro tutti.
- La prima ad aprire le ostilità è la Ue che inverte il famoso detto in:
Prima vedere cammello (riforme), poi dare moneta
- Poi ci sta l’intervento di Draghi.( Uno schiaffo al giorno toglie Matteo d’intorno).
- Merla merlorum, baipassa Cernobbio e racconta Urbi et Orbi, per il solito allevamento di merli, che lui sta con chi si spacca la schiena. Una pirlata comunicativa che potrà aver soddisfatto il merlame boccalone renziano, ma non di certo gli squali di Cernobbio perché hanno intuito subito la debolezza del fiorentino, a cui avevano dato credito per interesse e stupidità.
- C’è stata successivamente la rivolta delle forze di polizia e d’arma. Non del tutto ancora rientrata.
- La vicenda di Renzi senior non può non ricadere sul premier, perché Matteuccio sapeva ma non ha mai cambiato nulla.
- C’è l’intervento di De Bortoli che spara a zero sul premier. Un’atomica mica da niente.
- C’è l’intervento dell’ex amico Della Valle che bolla come “sòle” la strana coppia.
- C’è l’intervento dei vescovi della CEI.
- I sindacati che minacciano lo sciopero generale se il Duce prosegue il suo cammino nel segno del “nonno Benny”. Noi tireremo diritto.
- Poi ancora lo scarparo con l’annuncio di un possibile governo alternativo guidato da Visco di Bankitalia.
- Ieri il tonfo delle primarie del Pd in Emilia.
4) Mi sembra più che evidente che la minoranza Pd oggi cercherà di far pesare questa sconfitta, attribuendola a Renzi. Vero anche in buona parte. Perché è vero che il disagio della credibilità nasce con Errani della vecchia guardia, ma i subentranti della gloriosa pattuglia del nuovo vincente del 40,8 % ha dimostrato di essere strutturato come i vecchi. Mangia tu che mangio anch’io. E la clamorosa astensione di ieri sta ad indicare che da quelle parti si ritiene che non c’è più niente da fare. Né col vecchio, né col nuovo.
5) I camerieri renziani hanno intuito che le cose non vanno bene e che tutti si sono messi contro il santo profeta gigliato dalle mille balle blu. Tanto che si sono spinti ad affermare per reazione:
Con tanti oppositori, Matteo è contento, spiegano i fedelissimi….” Da IFQ di ieri, Wanda Marra.
Fanno finta di niente, ma hanno intuito che il clima è cambiato e che le super cazzole prodotte in quantità industriale non bucano più. Oltre al fatto che come sempre non sanno quello che dicono. Infatti, confermano la nuova edizione della politica del “nonno” politico di Matteuccio. Quel tale Benny che ha finito il suo ciclo a Piazzale Loreto.
In un clima come questo dove tutti attaccano da tutte le parti è normale fare quadrato intorno ai propri interessi, al proprio destino. Quindi la vittoria renziana sarà scontata anche se non mancherà un certo volume di fuoco dell’opposizione Pd.
6) In questi casi, quando si è soccombenti, come oggi, si trova il sistema di ribaltare il risultato sfruttando quello che ti offre il destino.
7) Mentre in direzione la vecchia ditta è soccombente, nelle Camere è ancora quella bersaniana a dettar legge. Ed è lì che si consumerà la vendetta servita su di un piatto freddo.
8) Non solo. Dato che la ditta è diventata democristiana, non è detto che non stringano alleanze con l’ala berlusconiana che ha interesse a far fuori Silvietto grande sostenitore interessato di Matteuccio.
9) Fatto fuori Matteuccio viene fatto fuori anche Silvietto, facendo saltare il patto del Nazareno o dei Due Masnadieri.
10) Quelli della vecchia ditta, sono politicamente anziani e non se la sentono di rimettersi in campo e rifare la trafila per riprendere consensi porta a porta. Troppa fatica. Al massimo può stare bene a Pippo Civati che ha davanti a sé una stagione politica.
11) La ditta mirerà a tirare a campare in attesa che uno come Della Valle o altri gli tolgano dai piedi o ridimensionino Matteuccio.
12) In questo caso il cazzaro fiorentino (come lo chiama Dagospia) si metterà da parte o continuerà a rompere nel Pd? Staremo a vedere i prossimi eventi.
camillobenso
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Re: articolo 18

Messaggio da camillobenso »

ANSA.it
Politica

Lavoro, sindacati divisi. Renzi va avanti, direzione Pd in diretta streaming
Giornata chiave, si preannuncia una resa dei conti sul Jobs Act tra il premier e la Il premier Matteo Renzi è arrivato alla Direzione del Pd sul Jobs Act. Il premier è entrato in auto da uno degli ingressi laterali del Nazareno. Prima di lui anche l'ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani era arrivato in auto evitando così la folla di cronisti assiepati all'ingresso principale. Tra gli altri, presenti anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, il ministro della P.a. Marianna Madia, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio.

Anche Massimo D'Alema è alla direzione del Pd. Alla riunione, che si annuncia incandescente, partecipano tutti i veterani del Pd.

"Vi propongo di votare con chiarezza al termine" della direzione "un documento che segni il cammino del Pd sui temi del lavoro e ci consenta di superare alcuni tabù che ci hanno caratterizzato in questi anni". Lo dice Matteo Renzi alla direzione Pd, proponendo "profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e anche del sistema del welfare".

"Serve un paese che vuole investire e dare risposte ai nuovi deboli che sono tanti e hanno bisogno di risposte diverse da quelle date finora. La rete di protezione si è rotta, non va eliminata ma ricucita, sapendo che c'è uno Stato amico che li aiuta". Così Matteo Renzi aprendo i lavori della direzione.

"Non siamo un club di filosofi ma un partito politico che decide, certo discute e si divide ma all'esterno è tutto insieme. Questa è per me la ditta". Così Matteo Renzi in direzione Pd sul jobs act.

Delrio, Pd grande partito troverà sintesi - "Il Pd è un grande partito e quindi è capace di trovare una sintesi". Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, arrivando alla sede dei Democratici per la Direzione del partito sul Jobs Act.

Damiano, sintesi? La deve trovare Renzi - "Una sintesi la deve trovare il segretario del partito". Risponde così il deputato Pd Cesare Damiano a chi gli chiede, prima di entrare alla Direzione democrat, se il partito troverà una sintesi sul Jobs Act.

D'Attorre, finora parole Renzi per dividere non per unire - "Le parole di questi ultimi giorni di Renzi sono state parole per dividere, non per unire, mi auguro che nel merito, Renzi cambi posizione all'ultima ora". Così il deputato Pd Alfredo D'Attorre prima di entrare alla Direzione del Pd. "Se la posizione che Renzi ribadisce è quella dell' abolizione dell'articolo 18 noi in Direzione esprimeremo una contrarietà", aggiunge D'Attorre.

Riunione fiume, ma per ora nessuna intesa, tra i vertici di Cgil, Cisl e Uil per cercare una posizione comune sul lavoro e l'articolo 18. In attesa della Direzione del Pd, Renzi ha incontrato i vicesegretari Guerini e Serracchiani, poi è salito al Quirinale, ufficialmente per riferire a Napolitano del viaggio negli Usa e discutere dei lavori parlamentari. Il presidente Orfini avverte che servono 'robuste correzioni' al Jobs Act e non giura sul sì dei 'Giovani turchi'. La minoranza si è riunita e promette battaglia. Critico Bersani: 'Da Renzi ragionamenti stravaganti'. Cuperlo non vuole sentir parlare di scissione, ma ribadisce che sull'art.18 'non basta dire che si confermerà la reintegra per i licenziamenti discriminatori'. Poletti ribatte, su questo punto 'Renzi è stato chiaro'. Prima del vertice dei sindacati, Camusso è tornata ad attaccare Renzi: 'Ha detto una cosa mai detta prima: il punto è la garanzia alle imprese della libertà di licenziare. Non mi pare che ci sia l'intenzione seria di ridurre il precariato'.

D'Attorre, se rottura in Pd è per colpa di Renzi - "Se si va alla rottura è perché il premier decide di rompere". Lo ha detto il deputato del Pd Alfredo D'Attorre, intervenendo ad Agorà (Rai3). "Le condizioni per trovare una mediazione tra la minoranza Pd e Renzi ci sono tutte, basterebbe - aggiunge - un piccolo sforzo da parte del segretario. Alla prova empirica - dice D'Attorre - la politica di Renzi non funziona, produce deflazione, recessione, aumento della disoccupazione. L'impostazione di Renzi di non mettere in discussione regole e assetto dell'euro ma chiedere soltanto buonsenso e flessibilità si è rivelata un errore - sottolinea l'esponente Dem - perché quella flessibilità si è ridotta al nulla e ora ci troviamo alle porte con una legge di stabilità pesantissima. Non è cambiato niente negli indirizzi di fondo dell'Unione europea - conclude - gli equilibri della commissione si sono spostati ancor più a destra".

Orfini, servono robuste correzioni - "Non correte: servono robuste correzioni". Così Matteo Orfini, presidente dell'assemblea Pd e leader dei Giovani turchi, risponde su Twitter a chi afferma che i 'Turchi' si apprestano a votare sì in direzione alla proposta di Matteo Renzi sul Jobs act. "Su alcune" correzioni "sono arrivate risposte positive su altre no", afferma Orfini.




Grasso, Parlamento troverà un equilibrio - ''Penso che si troverà una soluzione equilibrata attraverso l'esame del Parlamento'': lo ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso, rispondendo a degli studenti a Milano sulla riforma del lavoro anche alla luce delle polemiche sul futuro dell'articolo 18. ''Questo è il momento in cui bisogna fare qualcosa'' per il lavoro, sul cui ''mercato è importante fare una riforma che riesca davvero a risolvere il problema principale del paese, la disoccupazione giovanile''. Lo ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso durante un incontro con gli studenti a Milano. ''Adesso - ha però aggiunto parlando dell'articolo 18 - la polemica è tutta incentrata sulla flessibilità in uscita ma questa deve essere calibrata sulla flessibilità in entrata''.

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camillobenso
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Re: articolo 18

Messaggio da camillobenso »

Jobs Act, sì alla mozione della segreteria: 130 favorevoli, 11 astenuti, 20 contrari


Direzione Pd, D’Alema irride Renzi. Lui: “Ma tu le riforme non le hai fatte”
La minoranza democratica contro il presidente del Consiglio, ma la mozione della segreteria passa con 130 voti favorevoli, 11 astenuti, 20 contrari. L'ex premier: "Non ci sono i soldi per questa riforma". Il premier però gli ricorda di avere governato quando il Paese era in crescita. Bersani: "Qui metodo Boffo per chi non la pensa come te". Cuperlo: "Non c'è dominus, bisogna trovare una sintesi". Cgil: "Premier ancora vago, indefinito e contraddittorio"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 settembre 2014|Commenti (591)



La resa dei conti nel Partito democratico sul tema del lavoro va in scena alla direzione nazionale. Dopo i dibattiti sui giornali e a cavallo di Italia e Stati Uniti (dove Matteo Renzi era in viaggio nei giorni scorsi), è il tempo del faccia a faccia sul Jobs Act (qui il contenuto della riforma punto per punto). Apre il presidente del Consiglio e lancia la sfida ai sindacati, senza escludere la possibilità di confronto. La conclusione è che dalla direzione il premier esce rafforzato: la mozione della segreteria viene approvata con 130 voti favorevoli, 11 astenuti, 20 contrari.

Scontro D’Alema-Renzi
Nel corso della direzione risponde dura la minoranza Pd, guidata da Massimo D’Alema che fa i conti in tasca all’esecutivo: ”Ho sentito frasi che hanno scarsa attinenza con la realtà. Non è vero che l’articolo 18 è un tabù da 44 anni perché è stato cambiato 2 anni fa. Questa riforma costa più di 2 miliardi e mezzo e non bastano i soldi annunciati”. Parole che Renzi non lascia scivolare via senza una replica. Nelle conclusioni il presidente del Consiglio risponde a D’Alema e gli ricorda, citando Stiglitz, che le riforme erano da mettere a punto quando l’economia del Paese era in fase di crescita. Quando, ad esempio, a Palazzo Chigi c’era D’Alema. “A me è capitato di governare quando non c’è crescita, il presidente D’Alema ha avuto una fortuna opposta”, ha detto. E sulla differenza di vedute interne al partito spiega: “Le discussioni sono belle anche quando non siamo d’accordo. Un partito è un luogo dove si discute, anche se non si arriva a pensare nello stesso modo”. Però poi “alla fine si vota allo stesso modo in Parlamento. Questo per me era la stella polare quando non ero” alla guida del Pd, dice Renzi. Rispondendo a Bersani, che chiedeva al premier una proposta “solida e forte”, Renzi ha detto che ”il Pd sta mettendo in campo una solida e forte proposta di governo; se poi non andrà bene lo diranno cittadini, i mercati”. Rispedisce al mittente le accuse di rappresentare un governo di soli slogan (“definire il governo privo di solidità e profondità, tutto slogan e annunci è una rappresentazione che va contro la realtà dei fatti”) poi attacca i sindacati, perché “non è accettabile che non si dica che in questi anni hanno avuto una responsabilità drammatica” perché “hanno rappresentato una sola parte. Se non lo diciamo noi facciamo un danno al sindacato”, ha aggiunto parlando in Direzione.


La minoranza Pd
Nel corso della direzione, oltre a D’Alema, interviene duramente anche l’ex presidente dem Gianni Cuperlo: “Non c’è un dominus nel Pd, si cerchi la sintesi”. Il presidente del Consiglio nel suo discorso iniziale dimostra di non voler cambiare obiettivo, ma si dice disposto a modificare (seppur di poco) la strada individuata per ottenerlo. E per questo si dice disposto ad un dialogo, anche con la minoranza democratica. La prima, importante novità è l’apertura di Renzi alle parti sociali: “Sono disponibile a riaprire la sala verde di palazzo Chigi per un confronto con Cgil, Cisl e Uil e tutti gli altri sindacati. Li sfido su tre punti: una legge sulla rappresentanza sindacale, il collegamento con la contrattazione di secondo livello e il salario minimo”. La minoranza democratica, che resta almeno nei numeri una piccola parte di quelli che poi voteranno contro (o si asterranno) spara però a zero sul segretario Pd. Se non fosse bastato il riscontro della “fattibilità degli annunci” di Massimo D’Alema (“Basta slogan”), arriva l’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani: “Noi non andiamo nel baratro per l’articolo 18, ma per il metodo Boffo. Qui se qualcuno vuole deve poter dire la sua senza problemi”. Non è da meno Pippo Civati: “Su Rai 3 domenica sera ho visto un premier che diceva cose di destra, simili a quello che diceva la destra dieci anni fa”.

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Direzione Pd, D’Alema irride Renzi. Lui: “Ma tu le riforme non le hai fatte”
La minoranza democratica contro il presidente del Consiglio, ma la mozione della segreteria passa con 130 voti favorevoli, 11 astenuti, 20 contrari. L'ex premier: "Non ci sono i soldi per questa riforma". Il premier però gli ricorda di avere governato quando il Paese era in crescita. Bersani: "Qui metodo Boffo per chi non la pensa come te". Cuperlo: "Non c'è dominus, bisogna trovare una sintesi". Cgil: "Premier ancora vago, indefinito e contraddittorio"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 settembre 2014Commenti (591)
Direzione Pd, D’Alema irride Renzi. Lui: “Ma tu le riforme non le hai fatte”
Più informazioni su: Articolo 18, Governo Renzi, Lavoro, Matteo Renzi, Riforma Lavoro.


La resa dei conti nel Partito democratico sul tema del lavoro va in scena alla direzione nazionale. Dopo i dibattiti sui giornali e a cavallo di Italia e Stati Uniti (dove Matteo Renzi era in viaggio nei giorni scorsi), è il tempo del faccia a faccia sul Jobs Act (qui il contenuto della riforma punto per punto). Apre il presidente del Consiglio e lancia la sfida ai sindacati, senza escludere la possibilità di confronto. La conclusione è che dalla direzione il premier esce rafforzato: la mozione della segreteria viene approvata con 130 voti favorevoli, 11 astenuti, 20 contrari.

Scontro D’Alema-Renzi
Nel corso della direzione risponde dura la minoranza Pd, guidata da Massimo D’Alema che fa i conti in tasca all’esecutivo: ”Ho sentito frasi che hanno scarsa attinenza con la realtà. Non è vero che l’articolo 18 è un tabù da 44 anni perché è stato cambiato 2 anni fa. Questa riforma costa più di 2 miliardi e mezzo e non bastano i soldi annunciati”. Parole che Renzi non lascia scivolare via senza una replica. Nelle conclusioni il presidente del Consiglio risponde a D’Alema e gli ricorda, citando Stiglitz, che le riforme erano da mettere a punto quando l’economia del Paese era in fase di crescita. Quando, ad esempio, a Palazzo Chigi c’era D’Alema. “A me è capitato di governare quando non c’è crescita, il presidente D’Alema ha avuto una fortuna opposta”, ha detto. E sulla differenza di vedute interne al partito spiega: “Le discussioni sono belle anche quando non siamo d’accordo. Un partito è un luogo dove si discute, anche se non si arriva a pensare nello stesso modo”. Però poi “alla fine si vota allo stesso modo in Parlamento. Questo per me era la stella polare quando non ero” alla guida del Pd, dice Renzi. Rispondendo a Bersani, che chiedeva al premier una proposta “solida e forte”, Renzi ha detto che ”il Pd sta mettendo in campo una solida e forte proposta di governo; se poi non andrà bene lo diranno cittadini, i mercati”. Rispedisce al mittente le accuse di rappresentare un governo di soli slogan (“definire il governo privo di solidità e profondità, tutto slogan e annunci è una rappresentazione che va contro la realtà dei fatti”) poi attacca i sindacati, perché “non è accettabile che non si dica che in questi anni hanno avuto una responsabilità drammatica” perché “hanno rappresentato una sola parte. Se non lo diciamo noi facciamo un danno al sindacato”, ha aggiunto parlando in Direzione.

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La minoranza Pd
Nel corso della direzione, oltre a D’Alema, interviene duramente anche l’ex presidente dem Gianni Cuperlo: “Non c’è un dominus nel Pd, si cerchi la sintesi”. Il presidente del Consiglio nel suo discorso iniziale dimostra di non voler cambiare obiettivo, ma si dice disposto a modificare (seppur di poco) la strada individuata per ottenerlo. E per questo si dice disposto ad un dialogo, anche con la minoranza democratica. La prima, importante novità è l’apertura di Renzi alle parti sociali: “Sono disponibile a riaprire la sala verde di palazzo Chigi per un confronto con Cgil, Cisl e Uil e tutti gli altri sindacati. Li sfido su tre punti: una legge sulla rappresentanza sindacale, il collegamento con la contrattazione di secondo livello e il salario minimo”. La minoranza democratica, che resta almeno nei numeri una piccola parte di quelli che poi voteranno contro (o si asterranno) spara però a zero sul segretario Pd. Se non fosse bastato il riscontro della “fattibilità degli annunci” di Massimo D’Alema (“Basta slogan”), arriva l’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani: “Noi non andiamo nel baratro per l’articolo 18, ma per il metodo Boffo. Qui se qualcuno vuole deve poter dire la sua senza problemi”. Non è da meno Pippo Civati: “Su Rai 3 domenica sera ho visto un premier che diceva cose di destra, simili a quello che diceva la destra dieci anni fa”.



E la Cgil interviene a distanza con una nota sul suo sito dove commenta le parole del presidente del Consiglio, che “resta ancora vago, indefinito e contraddittorio, a partire dalle affermazioni sull’articolo 18″ sebbene il sindacato riconosca che l’intervento contiene “toni diversi dal passato, sui temi della riforma del mercato del lavoro e sulla revisione della legge 300/1970″. Secondo il sindacato di Susanna Camusso “anche l’enunciazione dell’obiettivo, da tutti condiviso, dell’eliminazione del precariato e del superamento del mercato del lavoro duale, non si traduce in proposte vere di riduzione delle forme contrattuali. Sebbene sia certamente apprezzabile l’ulteriore estensione a tutte le donne che lavorano del diritto alla maternità e l’impegno a una legge sulle dimissioni in bianco – prosegue la nota -, l’allargamento dei diritti a tutti i lavoratori richiede di considerare anche le altre tutele. Così come sugli ammortizzatori le risorse indicate non fanno intravedere, purtroppo, un’effettiva universalità“.

Il discorso di Renzi: “Il rispetto del diritto costituzionale è nell’avere lavoro”
“Il rispetto del diritto costituzionale”, dice Renzi nei suoi 44 minuti di discorso, ”non è nell’avere o no l’articolo 18, ma nell’avere lavoro. Se fosse l’articolo 18 il riferimento costituzionale allora perché per 44 anni c’è stata differenza tra aziende con 15 dipendenti o di più?”. Il presidente del Consiglio, dal palco della direzione Pd interamente dedicata alla riforma del lavoro, non le manda a dire. E torna sul punto su cui più ha battuto in queste ultime settimane: il superamento dell’attuale sistema del reintegro tranne per i casi di discriminazione e motivi disciplinari. Proprio per questo motivo, a sentire il segretario dem la direzione deve essere “un’occasione per superare i tabù” e per “votare con chiarezza un documento che segni il cammino del Pd sui temi del lavoro e ci consenta di superare alcuni tabù che ci hanno caratterizzato in questi anni”.

Il leader del Pd propone tra l’altro “profonda riorganizzazione del mercato del lavoro e anche del sistema del welfare“. Secondo Renzi “serve un Paese che vuole investire e dare risposte ai nuovi deboli che sono tanti e hanno bisogno di risposte diverse da quelle date finora. La rete di protezione si è rotta, non va eliminata ma ricucita, sapendo che c’è uno Stato amico che li aiuta”. Ma a fronte del confronto interno al partito, il margine per le trattative sembra essere limitato: “Le mediazioni vanno bene, il compromesso va bene, ma non si fanno a tutti i costi i compromessi”. D’altra parte, aggiunge Renzi, il Pd “non è un club di filosofi ma un partito politico che decide, certo discute e si divide ma all’esterno è tutto insieme. Questa è per me la ditta”. Tutte le posizioni dovranno essere rispettate, per il presidente del Consiglio: “Chi non la pensa come la segreteria non è un Flintstones e chi la pensa come la segreteria non è Margareth Thatcher. Sono due posizioni che meritano rispetto, che si confrontano con un voto e nel lavoro parlamentare”.

Renzi ha aggiunto che “il Pd è riferimento di una sfida per cambiare l’Italia e l’Europa. Gli elettori con il 40,8% alle europee si sono affidati a noi con questo obiettivo. Ma non è tanto una percentuale o il numero assoluto dei voti a contare: è il fatto che gli italiani hanno detto al Pd ‘la devi cambiare tu l’Italià”. Il leader del Pd ha sottolineato che il risultato del Pd, primo in Europa, “ha fermato l’avanzata in Italia dell’antipolitica”. E ha aggiunto: “Non possiamo fare l’analisi del voto la settimana dopo e dimenticarla dopo 5 mesi”. E a difendere il Jobs Act interviene anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “Se guardiamo bene dentro la delega ci troveremo delle cose splendide, che abbiamo detto che andavano fatte”.

La minoranza Pd chiede una sintesi. Cuperlo: “Non c’è un dominus nel partito”
Difende la posizione della minoranza Pd l’ex presidente dem Gianni Cuperlo: “Il reintegro è il capriccio ideologico di una sinistra ferma alla Polaroid rispetto al digitale? Forse no, in Europa esiste. La norma sull’articolo 18 non ha 44 anni come i gatti ma due anni come bimbi al nido, perché è del 2012 e da allora i casi di conciliazione si sono quintuplicati a conferma che nessuno ci obbliga a seguire la strada di Squinzi e Sacconi anche perché escludere di principio il reintegro da parte del giudice non è possibile in base alla Costituzione, all’articolo 24. Tutele crescenti vuol dire che si applica a tutti il diritto comune del lavoro altrimenti non si capisce perché ai nuovi si applichi una disciplina diversa. E allora o togli il diritto precedente a tutti o la nuova disciplina rischia di essere incostituzionale”, sottolinea Cuperlo, nel suo intervento alla direzione Pd.

“Se il governo intende modificare l’art. 18 per tutti sulle parole di Renzi è giusto avere dei testi sotto gli occhi perché parliamo della vita delle persone. Allora però si pone il problema enorme di come provare l’avvenuta discriminazione”. “L’articolo 18 ha avuto una funzione di deterrenza: se la modifichi, dico con spirito costruttivo, crei difficoltà per il lavoratore che deve provare” l’illegittimità della discriminazione o del provvedimento disciplinare. “Togliere a un giudice la possibilità di stabilire il reintegro anche per manifesta infondatezza non produrrebbe un beneficio sulla ripresa dell’economia”, dichiara Cuperlo.

E secondo Stefano Fassina, non c’è soltanto una minoranza, ma “un’area significativa del Pd che non è in sintonia con l’orientamento del Renzi”. Un elemento, spiega l’ex viceministro dell’Economica di cui bisogna tenere conto “per evitare di indebolire il Pd”. Secondo Fassina l’impostazione di Renzi “fa parte di un bagaglio politico che non è nostro”. “Diciamo la verità – ha proseguito – si fa questa operazione perché ce lo chiede la Commissione europea, che non è un organismo tecnico, ma politico con un orientamento liberista: la si fa per indebolire i lavoratori, per abbassare le retribuzioni in alternative alla svalutazione della moneta. Questo è l’obiettivo”.

Massimo D’Alema: “Articolo 18 non è tabù da 44 anni. E’ stato cambiato due anni fa”
Ad attaccare il presidente del Consiglio è Massimo D’Alema: “Sono un ammiratore dell’oratoria del segretario del nostro partito tuttavia penso che il dibattito politico debba mantenere un forte aggancio alla realtà. Io potrei fare un lunghissimo elenco di affermazioni prive di fondamento. Si è detto che è la prima volta che si interviene sul costo lavoro, ma il governo Prodi investì 7 miliardi sul cuneo fiscale, il più significativo intervento sul costo del lavoro, con risultati importanti”.


E poi prosegue sull’articolo 18: “Ho sentito molte frasi che non hanno alcuna attinenza con la realtà. L’art.18 non è tabù da 44 anni. Io penso che questa riforma costi molto più di due miliardi e mezzo. Costa dieci volte tanto se si vuole fare con qualche serietà: con 9 milioni di disoccupati e due miliardi e mezzo non si ammortizza niente. Personalmente io vorrei vedere concentrato ogni sforzo sulla crescita. E’ un impianto di governo destinato a produrre scarsissimi effetti. Meno slogan e meno spot e un’azione di governo più riflettutta credo possa essere la via per i risultati. In un Paese civile ogni due anni che si è fatta una riforma si fa prima il monitoraggio degli esiti. Un po’ di persone che sanno le cose esistono Matteo”.

Pier Luigi Bersani: “Qui vediamo in corso il metodo Boffo”
Critico anche l’ex leader del Partito democratico Bersani: “Noi sull’orlo del baratro non ci andiamo per l’articolo 18. Ci andiamo per il metodo Boffo, perché se uno dice la sua, deve poterla dire senza che gli venga tolta la dignità. Ai neofiti della ditta dico che non funziona così. Io voglio poter discutere prima che ci sia un prendere o lasciare, prima che mi si carichi della responsabilità di far traballare un partito o il governo. Secondo me qui c’è un deficit di sostanza riformatrice. Non mi si venga a dire che qui non abbiamo mai fatto niente. Qui a nessuno trema il polso a cambiare le cose. Qui si perde un’occasione. Una riforma del genere andrebbe inquadrata in un esame della situazione economica e sociale. Vedo neofiti della ditta, dei neoconvertiti, che mi spiegano come si sta in un partito, ma non funziona così, perché voglio discutere di una svolta di questa natura prima che ci sia un prendere o lasciare, prima che mi si incarichi di far traballare il governo”.

Orfini cerca la mediazione: “Valorizziamo i passi avanti già fatti”
Intanto si cerca di scrivere un testo che permetta la mediazione tra le parti. Un tentativo lo fa Matteo Orfini, presidente del Partito democratico: “L’urgenza della riforma nasce dall’esigenza di restituire qualcosa a quei milioni di lavoratori cui anche noi abbiamo contribuito a rovinare la vita in questi anni e che oggi hanno bisogno che gli si corra incontro per dargli qualcosa in cambio. Non siamo d’accordo su tutto, anche io faccio fatica ad accettare tutto quello che si dice sull’articolo 18, ma abbiamo la necessità di valorizzare i passi in avanti fatti in questa settimana. Ci sono state delle modifiche alla delega che dimostrano che abbiamo fatto tutti uno sforzo di ascolto reciproco, sono passi in avanti che invito a non disperdere. In questo momento sarebbe sgradevole affidare la nostra unità a un meccanismo disciplinare. Dobbiamo fare un passo in avanti politico, nessuno deve rinunciare alle proprie convinzioni ma abbiamo il dovere di essere all’altezza di quello che siamo, il più grande partito del Paese che deve tirare fuori il Paese dalla crisi, che quindi trova una sintesi e non si divide”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... u/1137450/
camillobenso
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Re: articolo 18

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Re: articolo 18

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La versione del Corriere.it

Per prima volta in vita mia sono costretto a dare ragione a Sallusti. Spero che non nevichi da domani fino al giorno di Pasqua del 2015.

Quando Bersani attacca in modo duro come sull'accenno al metodo Boffo, certi rapporti personali non si recuperano più. Credo che Sallusti abbia ragione.

E forse è quello l'obiettivo del Rottam'attore, perché l'articolo 118 c'entra come i cavoli a merenda.



LA DISCUSSIONE SULA RIFORMA DEL LAVORO E ARTICOLO 18
Art. 18, la direzione Pd verso frattura
Bersani e D’Alema all’attacco di Renzi

L’ex segretario durissimo: «Ora i neofiti mi spiegano il partito...». E l’ex premier: «Basta con gli spot e gli slogan». Il presidente del consiglio ribatte: «Si vota uniti»
di Redazione Online


Il Pd non trova un’intesa sulla riforma del lavoro e va verso la rottura. Questo dopo che la minoranza Pd scatena l’attacco contro il premier Renzi durante la direzione del partito convocata per parlare soprattutto del Jobs Act, della riforma del lavoro e dell’articolo 18. In serata fallisce la mediazione tentata dal vicesegretario Lorenzo Guerini con la minoranza Pd per arrivare ad un documento comune. Prima del voto conclusivo, Renzi chiude gli interventi indirizzando un messaggio chiaro - in sintesi: serve unanimità - alla minoranza: «Trovo che discussioni come quella di oggi siano discussioni belle, anche quando non siamo d’accordo. Trovo che questo sia per me un partito politico, un luogo in cui si discute. Poi, mi piace pensare che in Parlamento si voti tutti allo stesso modo. E’ stata questa la stella polare quando ero opposizione nel partito, lo è a maggior ragione oggi».
La vecchia guardia va all’attacco
E’ la vecchia guardia a monopolizzare la raffica d’interventi al via dal primo pomeriggio. Con il premier e segretario del partito democratico, Matteo Renzi, fermissimo sulle sue posizioni, e un contraddittorio duro e serrato con i suoi oppositori. D’Alema e Bersani in primis che sparano bordate di fuoco sul presidente del Consiglio. Sulla riforma del lavoro «non si fanno compromessi a tutti i costi», ha detto Renzi. Le reazioni non si sono fatte attendere. Pungente, Gianni Cuperlo, esponente della sinistra: «Tu sei il segretario del mio partito e non sei la reincarnazione della signora Thatcher, che peraltro sarebbe una reincarnazione venuta molto male. Ma dovresti cercare qui e nei gruppi parlamentari una mediazione». Ancora più severo Massimo D’Alema: «Caro Renzi, meno spot, meno slogan» e più riflessioni. «Per occuparsi di certi temi» ha detto D’Alema, «non occorre sapere le cose. Ma, certo, studiare sarebbe utile». D’Alema ha citato il premio Nobel Stiglitz, che dice che «il mercato del lavoro non si riforma quando c’è recessione, ma quando c’è crescita. Sentire un presidente del consiglio dire “è giusto che il padrone possa licenziare” è una cosa che non induce esattamente al consumo». Pierluigi Bersani, altrettanto duro: « Attenzione: noi andiamo sull’orlo del baratro non per l’articolo 18 ma per il metodo Boffo, uno deve potere dire la sua, senza che gli si tolga la dignità, e io voglio discutere prima che ci sia un ricatto: “prendere o lasciare”».

D’Alema e Bersani all’attacco di Renzi
Prima D’Alema e poi Bersani non risparmiano, appunto, bordate durissime a Renzi. Ecco il consiglio che l’ex premier indirizza Renzi: ovvero affidarsi «meno agli spot, meno agli slogan» e occuparsi di un’azione di governo «più riflessiva», anche perché così com’è «l’impianto è destinato a non portare nulla». E, ancora: «Per occuparsi di certi temi, non occorre sapere le cose. Ma, certo, studiare sarebbe utile». D’Alema si è soffermato sulla riforma del lavoro: «Una riforma di questo tipo non costa un miliardo e mezzo, ma dieci volte tanto, se si vuole parlarne con serietà», spiega D’Alema: «Ho molti dubbi su una finanziaria fatta con molti spot. Personalmente avrei concentrato ogni sforzo sulla crescita. Stiglitz - rincara D’Alema - dice che il mercato del lavoro non si riforma quando c’è recessione, ma quando c’è crescita. Sentire un presidente del consiglio dire è giusto che il padrone possa licenziare senza avere diritto al reintegro che tanto ci pensa lo Stato e questo non ha i soldi è una cosa che non induce esattamente al consumo. Ma questo lo dice Stiglitz che», sottolinea ironico D’Alema, «capisco è un vecchio rottame della sinistra, ma è un premio Nobel. Premio che i giovani consiglieri qui presenti non sono ancora riusciti ad ottenere. Matteo devi anche pensare a quelli che le cose le sanno non solo a quegli altri».
Bersani: «Sull’orlo del baratro per il metodo Boffo»
Bersani se possibile è ancora più pesante: «Raffreddiamo la testa, dobbiamo affrontare i problemi del paese. Noi sull’orlo del baratro ci andiamo per il metodo Boffo e non per l’articolo 18, se uno dice la sua lo deve dire senza che gli sia tolta la dignità. E poi: «Vedo neofiti della ditta, dei neoconvertiti, che mi spiegano come si sta in un partito, ma non funziona così, perché voglio discutere di una svolta di questa natura prima che ci sia un prendere o lasciare, prima che mi si incarichi di far traballare il governo». Sull’articolo 18: .«C’ero io due anni fa con Fornero e Monti» sulla riforma dell’art.18, «è stato un passaggio complicato, può essere migliorato ma non mi si dica che è simbolico perché riguarda concretamente 8 milioni di persone.


Non siamo un club di filosofi
Matteo Renzi ha aperto la direzione con una premessa. «Non siamo un club di filosofi, ma un partito politico che decide. In Italia il Pd è il punto di riferimento di una sfida che tende a cambiare l’Italia e l’Europa. Siamo il partito più grande dell’Europa. Gli italiani ci hanno detto che l’Italia la deve cambiare il Pd. Noi il 25 maggio abbiamo fermato l’avanzata dell’antipolitica. «Non è un caso che sia venuta meno la forza dei Cinque stelle: quando le auto blu, gli stipendi dei manager sono temi sui quali interveniamo noi, viene meno la forza dell’antipolitica. A me non preoccupano le trame altrui, è normale che qualcuno abbia timore di vedersi spodestato dal panorama politico italiano e cerchi di riprendersi il proprio posto. Non chiamiamoli poteri forti, visto che sono stati sconfitti da noi. Chiamiamoli poteri aristocratici...».


La sfida ai sindacati su tre punti
Renzi ha sfidato i sindacati dicendosi disposto ad incontrarli ma per parlare con loro di salario minimo, di rappresentanza sindacale e di collegamento tra contrattazione nazionale e contrattazione di secondo livello. Sull’articolo 18 ha manifestato solo una piccola apertura alla minoranza interna specificando che lo vuole mantenere solo per quanto riguarda «i licenziamenti discriminatori e quelli disciplinari». «Sono disponibile a riaprire la sala verde di palazzo Chigi, a confrontarmi la settimana prossima. Con Cgil, Cisl e Uil. Li sfido su tre punti: una legge della rappresentanza sindacale, salario minimo, il collegamento con la contrattazione di secondo livello» precisa Renzi. Il governo lavora perché «il Tfr possa essere inserito dal primo gennaio 2015 nelle buste paga, attraverso un protocollo tra Abi, Confindustria e governo per consentire un ulteriore scatto del potere di acquisto. Inoltre la riduzione del costo del lavoro proseguirà anche nell’anno solare 2015» ha detto il premier e segretario del Pd.


«Se fosse l’articolo 18 il punto di riferimento sul lavoro della Costituzione» ha detto Renzi «mi spiegate perché per 44 anni abbiamo accettato la differenza tra imprese con più e meno di 15 dipendenti?» ha aggiunto. «Io credo che vada superato l’attuale sistema del reintegro, lasciando quello per motivi discriminatori e disciplinari. Se vogliamo dare diritti ai lavoratori, non lo facciamo difendendo una battaglia che non ha più ragione di essere. La sinistra deve essere laddove c’è il cambiamento. È di sinistra questa riforma se serve a difendere i lavoratori, il futuro e non il passato, tutti e non qualcuno che è già garantito. Se la sinistra a difendere il cambiamento e non la conservazione».


Cgil, Cisl e Uil : «Discussione da continuare»
Proprio per trovare una presa di posizione comune sulla riforma del lavoro i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Luigi Angeletti, si sono riuniti per oltre tre ora a Roma nella sede della Cisl, per un faccia a faccia al termine del quale «hanno deciso di proseguire il confronto per l’elaborazione della piattaforma unitaria», come dice una nota congiunta. «Abbiamo deciso di continuare a discutere per capire che cosa il governo intenda fare», ha detto il segretario della Cgil Susanna Camusso, che per sabato 25 ottobre ha confermato la manifestazione del suo sindacato contro la modifica delle norme sul reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa. Prima di esporsi con eventuali iniziative unitarie, i sindacati preferiscono aspettare l’evoluzione del ddl sul lavoro, se e come sarà approvato in prima lettura al Senato. «Continua ad esserci incertezza su quali scelte farà concretamente il governo», ha detto la Camusso.


http://www.corriere.it/politica/14_sett ... a56f.shtml
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