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La libertà è il diritto dell’anima a respirare. E noi, partecipando malgrado tutto, vogliamo continuare a respirare.Lo facciamo nel modo più opportuno possibile all’interno di questo forum che offre spazio a tutti coloro che credono nella democrazia
camillobenso ha scritto:
“Renzi tratta meglio
Berlusconi e Verdini”
Vedo che Verdini e Berlusconi vengono trattati da Renzi con educazione e rispetto anche se sono della vecchia guardia .
Che strano paese il "bel paese"...
per disputare una partita di calcio si deve trattare con Genny 'a carogna,
per legiferare si deve trattare con Verdini,
per tenere in piedi una maggioranza si tratta con un condannato che ha frodato lo stato.
camillobenso ha scritto:
“Renzi tratta meglio
Berlusconi e Verdini”
Vedo che Verdini e Berlusconi vengono trattati da Renzi con educazione e rispetto anche se sono della vecchia guardia .
Che strano paese il "bel paese"... per disputare una partita di calcio si deve trattare con Genny 'a carogna,
per legiferare si deve trattare con Verdini,
per tenere in piedi una maggioranza si tratta con un condannato che ha frodato lo stato.
Detto e fatto.
Dalla hp del Corriere.it
TIFOSI E VIOLENZE ALLO STADIO IN COPPA ITALIA Arrestato Genny ‘a carogna video
«Incitò i tifosi alla rivolta» Foto
La ricchezza ha vinto: l’uguaglianza è morta
di Furio Colombo | 28 settembre 2014Commenti (204)
Mi ha sorpreso, durante il viaggio americano di Renzi, leggere delle lodi e del compiacimento dedicati al primo ministro italiano da Marchionne, che intanto, per precauzione, ha portato via la Fiat dall’Italia. E ascoltare l’elogio di Renzi al “Made in Italy” della nuova azienda ex italiana, insediata a Detroit (Michigan), e intanto spiegare a Marchionne che in Italia solo i “poteri forti” si oppongono alla sua legge contro il lavoro detta “Jobs Act”.
Evidentemente i poteri forti sono Landini e Camusso, Fassina e Cuperlo (con i loro miti ritocchi).
E intanto Renzi stava festosamente accanto alla persona che ha sottratto all’Italia l’intera tassazione Fiat. C’è un insegnamento in questa serie di modesti eventi. C’è la storia del come si liquida l’uguaglianza, mito e fatti. Provo a raccontare.
La vera guerra che attraversa il mondo è la guerra all’uguaglianza. È accaduto questo: la ricerca dell’uguaglianza come traguardo necessario ma anche ragionevole, in un mondo di pace, era cominciato nel dopo guerra del secolo scorso, e tendeva a diffondersi, un continuo, cauto lavoro di ridistribuzione della ricchezza, senza conflitti, senza lotta di classe, attraverso carte costituzionali, partiti, parlamenti, centri di studio, volontariati. Stava diventando “comune” l’idea che una persona non dovesse soffrire più di un’altra, senza rapporto col reddito. Come la scuola per tutti, che non è affatto peggiorata e ha fatto fare un salto in avanti alla cultura (il più grande nell’epoca industriale), fino ad ammassare folle di cittadini davanti ai musei. Come le case, Si è cominciato a costruirle per chi non avrebbe potuto farlo. E le auto che costavano poco.
L’avvicinarsi dell’uguaglianza, non più un ideale ma un fatto, aveva dato scopo e forza alle istituzioni, e senso di appartenenza ai cittadini. Il mondo accennava a essere, come si usava dire, “un mondo migliore”.
Conviveva con i mercati, e li sosteneva a causa dell’ottimismo. Ma ai mercati veniva posto il limite di non decidere sulla vita delle persone. In molti casi gli Stati facevano da guardiani. Fino a un certo punto, d’accordo.
Ma è in questo clima di marcia di tutto il mondo democratico verso l’uguaglianza (che la democrazia, di per sé, non assicura) è diventato inevitabile garantire i diritti umani e i diritti civili o comunque battersi per essi, ha provocato l’opposizione giovane e popolare alle guerre, ha provato a garantire allo stesso modo l’imprenditore che offre il lavoro e colui che, per vivere, è il prestatore d’opera, ha invogliato, sia pure entro limiti ancora ristretti, il finanziamento per la casa della famiglia giovane, il prestito per lo studente povero, le cure mediche quando sono troppo costose ma indispensabili.
Come è finito tutto questo? C’è chi dice che la caduta del Muro ha tolto ogni restrizione al “capitalismo buono”.
La rimozione di rischi e pericoli lo ha riportato alle origini, ognuno per sé.
L’altra versione è che due fatti nuovi, la globalizzazione e la trasformazione del danaro in danaro senza passare per la fabbrica, hanno cambiato di colpo la scena della vita: per il lavoro vai a cercarti gli schiavi dove costano sempre meno (e prima dello sciopero viene l’incendio del ghetto-fabbrica, che elimina un intero organico compresi i bambini illegalmente in servizio) e il nuovo accesso al danaro.
La sua capacità di salire attraverso moltiplicazioni prive di controllo, verso ricchezze più grandi, ridicolizza i mille vincoli sul dare e avere lavoro. Tanto che dopo, nell’era di Renzi, quei vincoli li puoi inventare a caso, senza rapporto con fatti e persone vere, e senza che abbiano nulla a che fare col creare posti di lavoro. È un prendere o lasciare che non offre vie d’uscita a chi non può lasciare. Non c’è bisogno di dire (e sarebbe ridicolo) che Renzi partecipa alla grande operazione mondiale di fine dell’uguaglianza. Semplicemente è uno che ha visto quanto potere puoi gestire se fai l’agente per l’Italia della grande offensiva contro l’uguaglianza (riempiendo il vuoto di “nuovi diritti” che non garantiscono niente).
I fatti dicono questo. Il mondo ricco è impegnato a ristabilire le distanze: chi non possiede deve stare molto più in basso, chi sta sopra non può essere raggiunto da fastidiosi controlli che disturbano il moltiplicarsi della ricchezza, le tasse per il minimo concesso di servizi sociali, (debitamente tagliati) sono a carico esclusivo dei non abbienti.
Intanto bisogna cancellare subito diritti e speranze che adesso si chiamano con spregio “ideologie” o, al massimo, “miti”. Tutto ciò ha alcune conseguenze immediate. L’informazione perde fonti (troppa distanza fra alto e basso della torre sociale) e acquista padroni (serve avere stampa e Tv, non per muoverla ma per tenerla ferma e distratta). La corruzione sfugge facilmente ai controlli. In una rivoluzione vinta dalla ricchezza, diventa sempre più difficile distinguere un tipo di ricchezza dall’altro (tra loro le ricchezze tendono a rispettarsi e a fare affari). La magistratura appare un ingombro pretenzioso e inutile, ed è in corso uno sforzo per rimuoverla di fatto dal ruolo di terzo potere della democrazia. Del resto questo sforzo svela l’altro, di svilire o con l’abolizione o con l’umiliazione, il potere delle Camere, in modo da scavare un vallo protettivo intorno al potere esecutivo. È il momento di rafforzare il conducator, attraverso l’elezione diretta e la trasformazione in Stato presidenziale.
E così siamo giunti all’esito del lungo viaggio per la cancellazione dell’uguaglianza. Che la Costituzione ne faccia un pilastro non è più un problema. Anche la Costituzione è sotto l’impalcatura dei “lavori in corso”.
E così siamo giunti all’esito del lungo viaggio per la cancellazione dell’uguaglianza. Che la Costituzione ne faccia un pilastro non è più un problema. Anche la Costituzione è sotto l’impalcatura dei “lavori in corso”
Oramai siamo alla follia. Stamani, i renziani, pur di difendere l'indifendibile si sono spinti ad affermare che la Costituzione è vecchia e da sbatter via.
In questo momento, l'unico che abbia la voglia e la grinta di combattere a sinistra è Maurizio Landini.
La sua scheda su Wikipedia è questa.
Datemi una mano a trovare il modo di contattarlo per portarlo sul forum.
Maurizio Landini
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
« Ho cominciato a lavorare a 15 anni, a fare l’apprendista saldatore. Eravamo un gruppo di ragazzi giovani, lavoravamo in una cooperativa di Reggio Emilia. Dovevamo lavorare all’aperto, faceva freddo d’inverno e c’era un disagio. Non è che volessimo lavorare meno, volevamo vedere riconosciuto questo disagio e abbiamo chiesto alla cooperativa di affrontare questo problema. Era una cooperativa rossa, eravamo tutti iscritti al Partito Comunista e i dirigenti ci dissero che sì, avevamo ragione, però dovevamo tenere conto che la cooperativa aveva dei problemi e che dovevamo fare degli sforzi. Io ero giovane e d’istinto mi venne di interromperlo e di dirgli: “Guarda, tu sei un dirigente, e io in tasca ho la tessera del partito che hai anche tu. Però ho freddo lo stesso”. Lì ho capito una cosa: il sindacato deve rappresentare le condizioni di chi lavora e non deve guardare in faccia nessuno[1]. »
Maurizio Landini (Castelnovo ne' Monti, 7 agosto 1961) è un sindacalista italiano, segretario generale della FIOM-CGIL.
Dal 1º giugno 2010 è segretario generale della Federazione Impiegati Operai Metallurgici FIOM[2] In precedenza è stato segretario della FIOM di Reggio Emilia, dell'Emilia-Romagna, e di Bologna, prima di entrare a far parte della Segreteria nazionale dove si è occupato in particolare dell'Ufficio sindacale.
Cenni biografici[modifica | modifica wikitesto]
Maurizio Landini è il penultimo di cinque figli. Il padre, attivo durante Resistenza, svolgeva l’attività di cantoniere, la madre lavorava come casalinga. Cresciuto a San Polo d'Enza, dopo le scuole medie si iscrisse a un istituto per geometri, ma fu costretto ad abbandonare la scuola dopo due anni per contribuire alle magre entrate familiari, e a quindici anni lavorava già in un’azienda metalmeccanica in qualità di apprendista saldatore. A metà degli anni ottanta, delegato sindacale della FIOM, venne convinto a impegnarsi a tempo pieno all’interno della struttura sindacale di appartenenza, e da lì iniziò l’itinerario che lo avrebbe portato venticinque anni dopo a raggiungere il vertice dell’organizzazione[3].
Attività sindacale[modifica | modifica wikitesto]
Landini è stato un funzionario della Federazione Impiegati Operai Metallurgici di Reggio Emilia e poi suo segretario generale. Successivamente, è stato eletto segretario generale della FIOM dell’Emilia-Romagna e di quella di Bologna.
Il 30 marzo del 2005 Landini è stato eletto nella segreteria nazionale della FIOM, il sindacato dei metalmeccanici della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL).
In qualità di segretario nazionale è stato responsabile del settore degli elettrodomestici e di quello dei veicoli a due ruote. Ha condotto trattative con imprese quali Electrolux, Indesit Company e Piaggio. A questi incarichi si è aggiunto quello di responsabile dell’Ufficio sindacale che lo ha portato a seguire a stretto contatto con l’allora segretario generale, Gianni Rinaldini, le trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici nel 2009.
Sempre con l’incarico di responsabile dell’Ufficio sindacale, Landini è stato il responsabile della delegazione FIOM nelle trattative per il rinnovo dei contratti nazionali delle imprese aderenti alla Unionmeccanica-Confapi e di quello delle imprese artigiane.
Nel 2011 ha pubblicato per Bompiani – con Giancarlo Feliziani – Cambiare la fabbrica per cambiare il mondo - la FIAT, il sindacato, la sinistra assente, un libro-intervista nel quale ripercorre l'intera vicenda FIAT, il rapporto con Marchionne, quello con gli altri sindacati e con il mondo della politica.
Il caso Thyssen[modifica | modifica wikitesto]
Il 16 aprile 2011 ha definito "una sentenza storica” la condanna dei vertici della Thyssen Krupp a pene detentive per l’incidente sul lavoro nella fabbrica di Torino che ha causato la morte di sette operai. La FIOM si era costituita parte civile. L’amministratore delegato della Thyssen Krupp è stato condannato alla pena di 16 anni.
Il caso Taranto[modifica | modifica wikitesto]
Il 26 luglio 2012 il GIP del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, titolare dell'indagine che vede il vertice ILVA accusato di gravissimi reati legati all'inquinamento dell'ambiente e all'avvelenamento della popolazione della città ionica, ordina il sequestro di sei impianti dell'area a caldo del locale siderurgico (parco minerali, cokerie, agglomerato, altoforni, acciaierie, gestione rottami ferrosi)[4]. I lavoratori escono dai cancelli e si dirigono verso la Prefettura del capoluogo ionico; al termine della giornata vengono allestiti blocchi presso le principali arterie stradali urbane ed extra-urbane (dureranno per i successivi due giorni). Il 27 luglio Maurizio Landini è a Taranto per chiarire la posizione della sua organizzazione: esprime sostegno all'azione della magistratura e avanza ad ILVA la richiesta di realizzare tutti gli investimenti necessari a mettere a norma lo stabilimento. Il suo intervento, tenuto all'interno dei cancelli della fabbrica davanti a diverse migliaia di lavoratori, riceve gli applausi dei presenti[5]. Per il 2 agosto le tre sigle confederali indicono quattro ore di sciopero in tutti gli stabilimenti ILVA e convocano un corteo con comizio finale a Taranto. Pochi minuti dopo aver iniziato a parlare Maurizio Landini viene interrotto da un gruppo composto da ultras, centri sociali, COBAS ed ex dirigenti FIOM. I contestatori, accorsi nella centrale Piazza della Vittoria a seguito di un'ape car, in particolare imputano alla FIOM l'inopportunità della scelta di manifestare insieme a chi, come la Uilm, nei giorni precedenti aveva manifestato solidarietà nei confronti dei dirigenti Ilva arrestati. In realtà la piattaforma di convocazione dell'iniziativa non esprimeva alcuna censura nei confronti dell'azione dei giudici[6]. Landini denuncia: «A me risulta che tra coloro che hanno tentato di impedirmi di parlare ci fosse un gruppo di ex iscritti alla Cgil ora confluito nella Fim. Non voglio nemmeno immaginare che degli iscritti alla Fim volessero togliermi il microfono per questo motivo»[7]. L'8 agosto, in una conferenza stampa tenuta presso la Camera del Lavoro di Taranto, il segretario della FIOM annuncia l'intenzione della sua organizzazione di avviare una vera e propria vertenza sindacale sugli investimenti ambientali nel siderurgico di Taranto; inoltre segnala la volontà dei metalmeccanici della CGIL di costituirsi parte civile in caso di rinvio a giudizio degli indagati[8], come già fatto di recente in un caso analogo[9]. La posizione della FIOM assume ancora maggiore risalto a partire dal 13 agosto, quando l'organizzazione decide di non aderire allo sciopero di due ore indetto per quello e i successivi tre giorni da FIM e UILM[10] a seguito della decisione del GIP di revocare a Bruno Ferrante, presidente del CdA ILVA, l'incarico di custode degli impianti posti sotto sequestro[11], come disposto invece l'8 agosto dal Tribunale del Riesame[12]. Landini in questa occasione dichiara: «Non abbiamo ritenuto utile scioperare contro la magistratura non solo perché è sbagliato ma perché le leggi, la loro applicazione, la difesa di un lavoro con diritti e quindi con una sua dignità, sono l’obiettivo su cui tutte le forze dovrebbero convergere e lavorare»[13]. La distanza da FIM e UILM viene ribadita in occasione della visita dei ministri Corrado Clini e Corrado Passera a Taranto il 17 agosto: a conclusione del confronto coi membri del governo, Maurizio Landini ed Elena Lattuada (segreteria nazionale CGIL) tengono una conferenza separata dai vertici delle altre due organizzazioni[14], confermando l'intenzione della FIOM di aprire la vertenza sulla messa a norma degli impianti.
La Stampa 13.10.14 Sel prepara la nuova sinistra
Ma i fuoriusciti guardano al Pd
di Francesca Schianchi
Nel nome ci dovrà essere la parola «lavoro». Accanto a sinistra, naturalmente.
Ma anche un richiamo di qualche tipo alla «possibilità», a quello che è possibile fare ed essere: la suggestione è quella di Podemos, neonato e subito in ascesa partito spagnolo.
Dentro Sel c’è chi già ci sta riflettendo: l’ora X per lanciare il progetto di una nuova formazione di sinistra è la fiducia alla Camera sul Jobs act, considerata altamente probabile, quando il malessere della minoranza Pd potrebbe superare il livello di guardia e cercare uno sfogo fuori dal partito.
Ma per qualcuno che sta riflettendo se andarsene dal Partito democratico di Renzi, altri stanno facendo la riflessione opposta: Led, la componente parlamentare nata dalla scissione di Sel e capitanata da Gennaro Migliore, ha una direzione di marcia chiara, verso il Pd.
E potrebbe essere domenica prossima il momento buono, quando si terrà l’assemblea nazionale: «In occasione dell’Assemblea potrebbero esserci novità», anticipa Migliore.
Ci sono movimenti in corso, nell’area a sinistra del Partito democratico. Sel è attenta a tutto quello che sta succedendo nell’ex alleato a trazione renziana.
«Siamo a disposizione della costruzione di un processo politico più largo», usa un giro di parole il coordinatore Nicola Fratoianni per dire che sì, il partito di Vendola aspetta solo il momento giusto per poter dare vita a una nuova formazione di sinistra più ampia.
«Dovremo farlo nella maniera meno tradizionale possibile», mette in guardia però il capogruppo Arturo Scotto.
Qualcosa di nuovo, dunque, con un leader nuovo da contrapporre a Renzi: e il pensiero di tutti, dentro Sel, va a Maurizio Landini, il segretario della Fiom che sabato scorso ha partecipato alla loro manifestazione.
«Un leader nei fatti, perché è principale punto di riferimento sociale di un’area», spiegano, «ha carisma, e sarebbe un federatore» di quell’arcipelago di sigle e associazioni che stanno a sinistra.
Ma, al momento, non sembra volersi buttare nell’avventura. E infatti si stanno facendo altre ipotesi, ad esempio Civati.
Qualcuno fa anche il nome dell’ex viceministro Fassina. Ma, per loro, resta innanzitutto da decidere se abbandonare il Pd.
«A sinistra, la parola scissione, quando comincia a girare, non è facile da esorcizzare», predica Scotto.
Civati resta sulle barricate, ma non dice la parola definitiva: «La scissione non dipende da me, ho un sacco di motivi per pensare che dipenda da altri». L’ora X, appunto, il voto sul Jobs act alla Camera.
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Il segretario Fiom ha attaccato duramente il governo: "Sta facendo una manovra sotto dettatura di Confindustria, che mi pare l'ultima che può dare lezioni in questo Paese - ha detto Landini alla partenza del corteo - Se c'è la crisi in questo Paese è anche colpa degli imprenditori, che non investono, che vanno all'estero e non mi pare che il modello Fiat sia un modello da estendere". Landini ha ribadito che di fronte a una manovra come quella del governo, è necessario "andare allo sciopero generale e anche oltre".
La legge di stabilità, ha aggiunto il leader della Fiom, "è una follia. Se lo Stato dà soldi pubblici alle imprese queste si devono impegnare a non licenziare. La legge di stabilità non affronta i problemi dei lavoratori. Il problema è creare nuovo lavoro, difendere quello che c'è e far ripartire gli investimenti. I provvedimenti messi in campo non vanno in quella direzione", ha proseguito sottolineando: "Si dice meno tasse, ma sono meno per chi già ne paga poche".
I provvedimenti messi in campo, ha detto ancora Landini, "rischiano di peggiorare la situazione attraverso i tagli alle Regioni. Bisognerebbe ricordarsi che il 40 per cento dell'Irap finanzia la sanità. Ci sono quindi tante contraddizioni e in più prevale l'idea inaccettabile e sbagliata che per far ripartire il lavoro basta far licenziare le persone e far pagare un po' meno gli imprenditori che assumono. Non è quella la strada da seguire".
"Bisogna
che le Regioni e le forze politiche scendano in piazza con noi, a sostenere la battaglia che stiamo facendo" ha risposto Landini a chi gli domandava del conflitto tra Regioni e governo sulla legge di stabilità. E alla domanda se esprime solidarietà alle Regioni, ha ribattuto: "Di solidarietà, come diceva mio nonno sono pieni i solai, questo è il momento della responsabilità che ognuno deve assumersi".
Io mi chiedo per quale motivo gli imprenditori dovrebbero assumere se non c'è richiesta di ciò che producono, gli stipendi dei lavoratori sono tra i più bassi d'Europa, la povertà delle famiglie è in aumento, la propensione al risparmio sta diminuendo, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti è sceso dell’1,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2013, i disoccupati sono in aumento.
Si va incontro agli imprenditori, ma sarebbe interessante conoscere di chi sono quei 67 miliardi che negli ultimi due mesi sono usciti dall'Italia