Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Renzi nasconde i problemi. La nuova sinistra deve aggregare tutto il mondo del lavoro.
La Piccolotti di Sel, vede la possibilità di una formazione di sinistra.
La Piccolotti di Sel, vede la possibilità di una formazione di sinistra.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Moni Ovadia: “Se Renzi e il Pd sono di sinistra, io sono il Papa”
intervista a Moni Ovadia di Giacomo Russo Spena
L’avevamo lasciato con quasi 34mila preferenze ottenute come candidato nel collegio Nord-Ovest per l’Altra Europa con Tsipras, poi la decisione di rispettare la parola data e di abdicare per tornare al suo quotidiano lavoro teatrale. “Non sono adatto per le poltrone, mi ritengo semplicemente un attivista militante”, Moni Ovadia è un uomo di sinistra. Un uomo – si autodefinisce – “eticamente radicale ma caratterialmente moderato” che non vuole arrendersi al Patto del Nazareno, al renzismo e alle larghe intese in Europa: “Auspico un autunno caldo e la rinascita di una sinistra, autentica, altro che Pd”.
Sabato scorso, due istantanee: da una parte la manifestazione della Cgil in difesa dell’art 18 e contro il Jobs Act, dall’altra la Leopolda col premier Renzi. Luciano Gallino ha scritto su Repubblica un editoriale dal titolo: “La differenza tra destra e sinistra”. Lei è d’accordo?
Se Renzi ammettesse di essere un uomo di destra, sarebbe un gesto di grande onestà intellettuale. Quando sento parlare di due sinistre, mi vien da sorridere: quale sarebbe la seconda? Il Pd? E allora io sono Papa. Il Pd non ha più nulla di sinistra. Massimo Cacciari, non un pericoloso bolscevico come me, recentemente ha spiegato come quel partito non sia mai veramente nato e che ora è nelle ferree mani di Matteo Renzi, i cui modelli sono la Thatcher e Blair. Li copia nella distruzione dello Stato Sociale e delle sue regole. Lo stesso utilizzo degli anglicismi è indicativo. Perché termini come Local Tax, Spending review e Jobs Act? Tra l’altro se analizziamo al dettaglio, i termini sono esplicati: Job in inglese non è lavoro bensì impiego in senso lato, e Act sottintende un gesto unilaterale, non un accordo tra due contraenti. Renzi ha scardinato qualsiasi ipotesi di patto sociale.
Però alle Europee prende il 40,8 per cento. Come mai?
E’ un bravissimo comunicatore, si vende bene. Incarna la retorica del nuovismo contro chi è ancora ancorato al Novecento, peccato lui voglia tornare all’Ottocento dove si poteva licenziare arbitrariamente. Forse è più vecchio lui di quella folla che sabato scorso ha invaso Roma in difesa dei propri diritti.
Non è riduttivo definire Renzi solo come un gran comunicatore? Non rappresenta altro?
Vince perché altrove c’è il nulla. Grillo ha perso il treno. Poteva rappresentare un’interessante proposta ma ha sposato veementemente la retorica dell’urlo. Pur avendo ottimi parlamentari, questo va riconosciuto al M5S, hanno fallito, non sono riusciti ad incidere e la novità dopo mesi annoia. Anche la destra è allo sfascio, Berlusconi è un uomo patetico. La sinistra, quella vera, avrebbe un vastissimo popolo e potrebbe arrivare anche al 20 per cento.
Ma…
E’ più presa a litigare e dal proprio narcisismo ombelicale che a fare politica. Ora è in attesa che l’ex sinistra del Pd le getti un osso. Così tra paura, opportunismo e crisi le persone optano per questo giovanotto tronfio, con uno stile dinamico e sbarazzino, il quale dice di voler cambiare e modernizzare il Paese. Conosco gente, autenticamente di sinistra, che per mancanza di alternative alle Europee l’ha votato.
Dopo l’esperienza elettorale, l’Altra Europa con Tsipras, che era riuscita miracolosamente ad eleggere tre europarlamentari, è stata animata da polemiche e divisioni interne. In un editoriale uscito su Il Manifesto Revelli ha rilanciato l’idea di un nuovo soggetto della sinistra e dei democratici: “Cambiare l’Italia per cambiare l’Europa”. E’ quella la sinistra “autentica”?
C’è un disperato bisogno di un’aggregazione del popolo di sinistra, lo dovrebbero auspicare anche le persone sinceramente democratiche. In tutta Europa esiste, tranne che in Italia. In Germania abbiamo la Linke, in Francia un fronte variegato intorno al 10, in Grecia l’esperienza trionfante di Syriza, in Spagna l’innovazione di Podemos. E da noi? Abbiamo bisogno di una vera sinistra capace di tutelare il mondo del lavoro, l’ambiente e arrestare razzismo e deriva ultra liberista. Senza, chi osteggerà il trattato europeo del TTIP? Chi si batterà per i beni comuni e contro le privatizzazioni? Non abbiamo l’ambizione di diventare il partito della nazione, ma una forza forte e dialogante con gli altri.
Intanto mercoledì a Roma è stata caricata a freddo una manifestazione degli operai contro la chiusura dell’acciaieria Ast di Terni. E’ lecito chiedere le dimissioni del ministro Alfano?
Ovvio, dovrebbe abbandonare il ministero. Decine di operai vengono licenziati e con la disperazione nel cuore, con vite perse senza più un occupazione, e magari con figli senza futuro, si riversano nella Capitale per una manifestazione non violenta e che succede? Vengono caricati e manganellati. Ma siamo matti? In un’epoca di dramma sociale e aumento delle diseguaglianze, invece di parlare di solidarietà umana e primaria, si cancellano diritti e dignità dei lavoratori. Dubito che gli agenti l’abbiamo fatto di loro sponta, sarà giunto un comando dall’alto. Come succedeva in Gran Bretagna ai tempi della Thatcher, lì torniamo. I minatori inglesi sanno cosa hanno passato in termini di repressione per aver osato rivendicare salari dignitosi e tutele. Il caso Picierno è emblematico, una dirigente di un partito, teoricamente progressista, che si rivela una forza conservatrice. Renzi elogia in maniera retorica il dialogo, in realtà va avanti per colpi di autoritarismo a scapito della dialettica democratica tra le parti. Passami una battuta: il Papa sembra al momento l’unico leader di sinistra.
E Landini?
Ha un potenziale enorme, un leader già pronto. Quando lo sento parlare in televisione, vedo l’autenticità di un uomo che la sua vita se l’è sudata. La schiettezza di un uomo senza doppi fini, che non vuole fregarti. E’ autenticamente indignato. Le sue sono parole pronunciate col cuore perché da anni vicino alla povera gente e ai deboli. La nostra Italia migliore. Altro che manganellate.
Cambiamo discorso. Lei da sempre è molto sensibile al tema del razzismo. Se la Lega ha sposato dalle scorse Europee il pensiero di Marine Le Pen, non trova che anche il M5S si stia ponendo sulla stessa scia? Di ieri la notizia che il movimento ha votato in commissione contro il bonus bebé per i figli dei migranti “regolari”. Che succede?
Era ovvio che scoppiasse la guerra tra poveri, il potere ha sempre governato col principio del “divide et impera”. E in Europa l’espansione delle destre nazionaliste e razziste è la conseguenza delle politiche di austerity delle larghe intese. Due facce della stessa medaglia. Il M5S è nato da una contraddizione, l’andare oltre gli schieramenti, l’essere né di destra né di sinistra. Alla fine i nodi vengono al pettine. Se prende la deriva xenofobica dando voce alla pancia del Paese, coi suoi istinti più beceri, tenderà a diventare un partito di destra. E perderà molti elettori a sinistra, i quali non accetteranno alcune prese di posizione sul tema dei migranti. I quali non sono desiderati perché poveri, non in quanto stranieri perché poi gli sceicchi coi petrodollari li accettiamo volentieri…
(31 ottobre 2014)
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Landini afferma di voler continuare a fare il sindacalista, per questo si sente portato, qui si trova a suo agio.E Landini?
Ha un potenziale enorme, un leader già pronto
Questo è comprensibile, però a fronte di una sinistra compatta sul suo nome e in compagnia di persone altamente affidabili e competenti potrebbe facilmente arrivare a presentare un programma per le prossime elezioni tale da trascinare non solo i lavoratori, ma anche quella classe media benpensante che vede favorevolmente una discreta patrimoniale su quel 10% più ricco per sbloccare finalmente la disoccupazione e avviare una crescita significativa del paese pur restando nell'euro.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Moni Ovadia: “Se Renzi e il Pd sono di sinistra, io sono il Papa”
intervista a Moni Ovadia di Giacomo Russo Spena
^^
Matteo Renzi e i consigli di Papa Francesco
http://www.la7.it/crozza/video/matteo-r ... 014-139834
intervista a Moni Ovadia di Giacomo Russo Spena
^^
Matteo Renzi e i consigli di Papa Francesco
http://www.la7.it/crozza/video/matteo-r ... 014-139834
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Governo Renzi, Landini: “Né l’esecutivo né il Pd rappresentano i lavoratori”
Politica & Palazzo
Il leader della Fiom giura battaglia: "Contro il lavoro il premier non va da nessuna parte". Annuncia uno sciopero al nord il 14 novembre e uno al sud il 21. "Il governo può mettere le fiducie che vuole, ma noi non ci fermiamo, perché la fiducia non ce l'ha nel Paese"
di F. Q. | 2 novembre 2014
Articolo più video Landini
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... o/1186398/
Politica & Palazzo
Il leader della Fiom giura battaglia: "Contro il lavoro il premier non va da nessuna parte". Annuncia uno sciopero al nord il 14 novembre e uno al sud il 21. "Il governo può mettere le fiducie che vuole, ma noi non ci fermiamo, perché la fiducia non ce l'ha nel Paese"
di F. Q. | 2 novembre 2014
Articolo più video Landini
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
. La sinistra, quella vera, avrebbe un vastissimo popolo e potrebbe arrivare anche al 20 per cento.
Moni Ovadia
^^^^^
Non dimentichiamoci che più del 50 % degli elettori italiani non votano. Molti di questi sono di sinistra.
Verso il M5S si sono spostati vecchie elettori di sinistra che non ne potevano più del democristianesimo dei rappresentanti del Pd ex Ds.
Moni Ovadia
^^^^^
Non dimentichiamoci che più del 50 % degli elettori italiani non votano. Molti di questi sono di sinistra.
Verso il M5S si sono spostati vecchie elettori di sinistra che non ne potevano più del democristianesimo dei rappresentanti del Pd ex Ds.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
iospero ha scritto:Landini afferma di voler continuare a fare il sindacalista, per questo si sente portato, qui si trova a suo agio.E Landini?
Ha un potenziale enorme, un leader già pronto
Questo è comprensibile, però a fronte di una sinistra compatta sul suo nome e in compagnia di persone altamente affidabili e competenti potrebbe facilmente arrivare a presentare un programma per le prossime elezioni tale da trascinare non solo i lavoratori, ma anche quella classe media benpensante che vede favorevolmente una discreta patrimoniale su quel 10% più ricco per sbloccare finalmente la disoccupazione e avviare una crescita significativa del paese pur restando nell'euro.
Non voglio essere frainteso. Sono d'accordo sul concetto base di iospero. il problema che vedo sono quelle persone affidabili.
Vedo ad esempio tanta confusione nella minoranza Pd.
Cuperlo che si muove come se fosse possibile ribaltare la situazione.
Damiano non intende mollare.
Bersani insiste che il Pd è anche suo. Che la ditta sia stata messa da parte non gli va giù. Mi sembra che anche sia del parere che si possa ribaltare il tutto.
Quello che non capiscono è che ha ragione Cacciari quando sostiene che il Pd è un partito mai nato.
E' una storia vecchia. Dopo sei mesi dalla fondazione il Pd era fallito, ma ai politici non interessava. L'importante era continuare con il magna magna.
Non si devono stupire se hanno vinto per un pelo nel 2013. La gente era stra stufa di loro.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
il Fatto 3.11.14
Quel che resta della Bolognina
di Alessandro Ferrucci
Lacerante, drammatico, sofferto, duro: aggettivi vari, per una sensazione collettiva. È il 12 novembre del 1989, giorno in cui il Pci ha ufficialmente iniziato a morire. Chi lo ha vissuto, ancora oggi, lo ricorda così, ne parla con toni pacati, termini soppesati, immagini nitide. Alcuni non vogliono rispondere, troppa sofferenza. E sono passati 25 anni. Ore 11 del mattino, è domenica, fa freddo, i compagni sono imbottiti da maglioni, giacche, cappotti, comunque eleganti, perché una vecchia regola recitava: nel giorno di festa è giusto vestirsi bene, per far vedere al padrone che non si è dei pezzenti. Ed è festa, almeno sulla carta. Alla sezione del Pci della Bolognina arriva l’allora segretario Achille Occhetto, per ricordare il 45º anniversario della battaglia partigiana, non era prevista la sua presenza, ma una volta dentro chiede la parola “e nulla è più stato come prima”, ricorda Mauro Zani. Ex deputato del Pci, ex segretario della “Federazione più grande d’Italia, quella di Bologna con oltre centomila iscritti”, e soprattutto uomo molto vicino a Occhetto: “Mi chiamò la sera prima e con sua moglie (Aureliana Alberici) ci invitarono a cena insieme ad altri compagni. A metà sera Achille buttò lì la questione, parlò della necessità di cambiamenti, cercò la nostra reazione. Il giorno dopo ho capito che era stato un primo test... ”. Un test superato, in pieno.
L’intervento del segretario
Queste le parole di Occhetto in quel 12 novembre: “Ora occorre andare avanti con lo stesso coraggio che fu dimostrato durante la Resistenza (...) Gorbaciov prima di dare il via ai cambiamenti in Urss incontrò i veterani e gli disse: voi avete vinto la II guerra mondiale, ora se non volete che venga persa non bisogna conservare ma impegnarsi in grandi trasformazioni”. Per l’allora segretario, in definitiva, era necessario “non continuare su vecchie strade ma inventarne di nuove per unificare le forze di progresso. Dal momento che la fantasia politica di questo fine ’89 sta galoppando, nei fatti è necessario andare avanti con lo stesso coraggio che allora fu dimostrato con la Resistenza”. Sette minuti in tutto, non un secondo di più, per quel periodo un record in quanto a brevità. “E quasi nessuno riuscì a comprendere la sostanza, Achille non era stato chiaro, esplicito”, continua Zani, “solo i giornalisti presenti, in particolare il cronista dell’Unità, Walter Dondi, mi fermarono per capire meglio, così chiamai Occhetto per decidere quale linea tenere, e lui rispose: ‘Mantieni tutte le strade aperte’. Tipico suo... ”. Ma Dondi fa comunque la domanda a Occhetto: “Le sue parole lasciano presagire un cambiamento del nome? ” “Lasciano presagire tutto”, fu la risposta dell’allora segretario Pci. Dondi ha così sul taccuino la notizia più importante della sua vita professionale (oggi è direttore della Fondazione Unipolis, oltre che dirigente del Gruppo Unipol, contattato non vuole parlare con il Fatto). “Se ci ripenso trovo il tutto incredibile – interviene Marco Demarco, allora caporedattore all’Unità, oggi al Corriere della sera – L’11 novembre Occhetto aveva chiesto la presenza di un cronista politico, c’era qualcosa di grosso in ballo, non sapevamo cosa. Ma poi siamo stati gli unici a pubblicare la notizia, gli unici! Ancora oggi non mi spiego il motivo, ma non fu facile: il direttore era Massimo D’Alema, irreperibile perché in barca con Federico Geremicca (oggi vicedirettore a La Stampa, anche lui conferma: “Diretti verso Ponza”), il condirettore Renzo Foa, anche lui fuori campo, e a Botteghe Oscure non trovavo nessuno, né Petruccioli, né altri. Allora certe notizie andavano concordate”. Andavano valutate, ponderate, discusse. “Alla fine trovai Walter Veltroni, poi Petruccioli e quest’ultimo mi chiese di toglierla (l’interessato smentisce), il compromesso fu un centro pagina invece di un’apertura. Ma la parte interessante iniziò dal giorno dopo... ”. Il giorno delle prime lacrime, le prime proteste, “il centralino del giornale fu preso in ostaggio – ricorda Rocco Di Blasi, allora all’ufficio centrale dell’Unità – I giorni successivi sono stato perennemente impegnato a rispondere ai lettori, erano tra l’incredulo e l’incazzato. Anche in redazione si consumarono dei drammi, con giornalisti, marito e moglie, che litigavano tra favorevoli e contrari”.
D’Alema ricorda in una recente intervista a l’Unità: “Non c’è dubbio che il giornale di quel 13 novembre rivela una certa freddezza, con un titolo così generico in prima e la notizia relegata a pagina 8 , dove invece c’era il titolo più forte (“Il Pci cambierà nome? Tutto è possibile”). Insomma, il contrario della logica giornalistica. Per quale motivo? “Prevalse in me la prudenza. In fondo, pensavo, Occhetto aveva solo risposto alla domanda di un giornalista, dicendo che non escludeva nulla. E così il giorno della Bolognina divenne per l’Unità il giorno di Modrow (ultimo Primo Ministro comunista della Germania Est) ”. Eppure anche il futuro lìder Maximo non passò indenne la nottata: il 13 novembre convocò la redazione, i presenti lo ricordano turbato per una lite con moglie e madre, tutte e due in disaccordo con Occhetto, “tanto che iniziò a giocare con un foglio di carta – spiega Demarco – poi diventato un origami, uno dei suoi classici origami, e dopo aver deciso il da farsi, ci disse: ‘Adesso vado a Botteghe Oscure per spiegare ai presenti come si fa politica... ’”. Era convocata la segreteria. “Sì, loro a Roma, noi sul territorio – ricorda Zani – Voi non potete immaginare quante lacrime, giorni durissimi, molti compagni si sentirono persi, era come perdere la propria famiglia. Io a consolarli, nonostante fossi d’accordo con Occhetto”.
Oggi, alla Bolognina, non c’è quasi più nulla del 1989. Nelle stanze dove Achille Occhetto strappò col passato ora c’è un negozio di parrucchieri gestito da cinesi. La stessa città, Bologna, grassa e comunista, è diventata con gli anni di un arancione sbiadito, a luci intermittenti. Nel 1989 gli iscritti al Pci nazionale erano circa un milione e quattrocentomila, alla Bolognina oltre 1200 tesserati, oggi “siamo in 280 – interviene Mauro Oliva, segretario della sezione attuale
– ma allora erano raggruppate quattro realtà, comunque non ci sono più i numeri di allora, questo è chiaro. In quel periodo ero uno studente universitario, non stavo qui, ma ogni tanto chiedo agli anziani un ricordo di quel giorno: alcuni restano zitti, altri mi parlano di dramma e mi vengono i brividi”.
Renziani e Spi-Cgil
Oggi la sezione è renziana, ma con poco distacco rispetto alle ultime primarie: per il premier il 55 per cento dei voti, il resto diviso tra Gianni Cuperlo e Pippo Civati. “Le ultime posizioni del segretario hanno creato qualche imbarazzo e confronto, specialmente rispetto alla questione del lavoro. Ma restiamo comunque tutti uniti, pronti al confronto franco”. Sarà. Non sono così d’accordo i pensionati iscritti allo Spi-Cgil, organizzati con un paio di stanze proprio accanto la sede attuale del Pd, condividono la sala riunioni, una volta condividevano anche le battaglie. Una volta. “C’è imbarazzo – interviene Gianni – Ma come si fa ad attaccare l’articolo 18? Ma scherziamo? Eppoi questa alleanza sottaciuta con Silvio Berlusconi. Un tempo ci sentivamo a casa, oggi non lo so. È cambiato tutto, troppo in fretta, e senza rispettare il nostro ruolo politico, nonostante appesi alle pareti ci siano ancora alcuni simboli di un passato comune”. Dentro la nuova sede della Bolognina c’è sempre una foto di Berlinguer, una pagina dell’Unità, il colore rosso alle pareti, il manifesto per una tombola di finanziamento, il calendario delle riunioni. Nient’altro. “Sa cosa mi manca di allora? – conclude Zani – Lo stress costante della manutenzione di un gruppo così grande, eravamo obbligati a continui miglioramenti”. Fino a quella mattina del 12 novembre, quando il respiro di molti si è fermato, la Storia ha accelerato, e le pietre di Berlino hanno reso macerie il Partito comunista italiano.
il Fatto 3.11.14
I protagonisti da D’Alema a Napolitano
GLI INCARICHI ricoperti nel 1989 dalle figure chiave. Da sinistra: Massimo D’Alema, direttore de L’Unità, deputato e coordinatore della Segreteria nazionale. Walter Veltroni, responsabile delle Comunicazioni di massa e membro del Comitato centrale. Nella terza foto Achille Occhetto, segretario del Pci, e Claudio Petruccioli membro della segreteria nazionale. A seguire Giorgio Napolitano, parlamentare europeo, a capo della Commissione politica estera e relazioni internazionali del partito (Kissinger lo definiva: “il mio comunista preferito”). Affianco Luciano Lama, storico leader della Cgil nel suo periodo d’oro (fino al 1986), senatore indipendente nelle liste del partito e sindaco di Amelia (Terni). Armando Cossutta senatore e membro della direzione della segreteria, lasciò il partito in polemica e contribuì alla nascita di Rifondazione comunista. Pietro Ingrao, all’epoca membro del comitato centrale, aderì al Pds ma ne annunciò l’addio nel 1993.
Quel che resta della Bolognina
di Alessandro Ferrucci
Lacerante, drammatico, sofferto, duro: aggettivi vari, per una sensazione collettiva. È il 12 novembre del 1989, giorno in cui il Pci ha ufficialmente iniziato a morire. Chi lo ha vissuto, ancora oggi, lo ricorda così, ne parla con toni pacati, termini soppesati, immagini nitide. Alcuni non vogliono rispondere, troppa sofferenza. E sono passati 25 anni. Ore 11 del mattino, è domenica, fa freddo, i compagni sono imbottiti da maglioni, giacche, cappotti, comunque eleganti, perché una vecchia regola recitava: nel giorno di festa è giusto vestirsi bene, per far vedere al padrone che non si è dei pezzenti. Ed è festa, almeno sulla carta. Alla sezione del Pci della Bolognina arriva l’allora segretario Achille Occhetto, per ricordare il 45º anniversario della battaglia partigiana, non era prevista la sua presenza, ma una volta dentro chiede la parola “e nulla è più stato come prima”, ricorda Mauro Zani. Ex deputato del Pci, ex segretario della “Federazione più grande d’Italia, quella di Bologna con oltre centomila iscritti”, e soprattutto uomo molto vicino a Occhetto: “Mi chiamò la sera prima e con sua moglie (Aureliana Alberici) ci invitarono a cena insieme ad altri compagni. A metà sera Achille buttò lì la questione, parlò della necessità di cambiamenti, cercò la nostra reazione. Il giorno dopo ho capito che era stato un primo test... ”. Un test superato, in pieno.
L’intervento del segretario
Queste le parole di Occhetto in quel 12 novembre: “Ora occorre andare avanti con lo stesso coraggio che fu dimostrato durante la Resistenza (...) Gorbaciov prima di dare il via ai cambiamenti in Urss incontrò i veterani e gli disse: voi avete vinto la II guerra mondiale, ora se non volete che venga persa non bisogna conservare ma impegnarsi in grandi trasformazioni”. Per l’allora segretario, in definitiva, era necessario “non continuare su vecchie strade ma inventarne di nuove per unificare le forze di progresso. Dal momento che la fantasia politica di questo fine ’89 sta galoppando, nei fatti è necessario andare avanti con lo stesso coraggio che allora fu dimostrato con la Resistenza”. Sette minuti in tutto, non un secondo di più, per quel periodo un record in quanto a brevità. “E quasi nessuno riuscì a comprendere la sostanza, Achille non era stato chiaro, esplicito”, continua Zani, “solo i giornalisti presenti, in particolare il cronista dell’Unità, Walter Dondi, mi fermarono per capire meglio, così chiamai Occhetto per decidere quale linea tenere, e lui rispose: ‘Mantieni tutte le strade aperte’. Tipico suo... ”. Ma Dondi fa comunque la domanda a Occhetto: “Le sue parole lasciano presagire un cambiamento del nome? ” “Lasciano presagire tutto”, fu la risposta dell’allora segretario Pci. Dondi ha così sul taccuino la notizia più importante della sua vita professionale (oggi è direttore della Fondazione Unipolis, oltre che dirigente del Gruppo Unipol, contattato non vuole parlare con il Fatto). “Se ci ripenso trovo il tutto incredibile – interviene Marco Demarco, allora caporedattore all’Unità, oggi al Corriere della sera – L’11 novembre Occhetto aveva chiesto la presenza di un cronista politico, c’era qualcosa di grosso in ballo, non sapevamo cosa. Ma poi siamo stati gli unici a pubblicare la notizia, gli unici! Ancora oggi non mi spiego il motivo, ma non fu facile: il direttore era Massimo D’Alema, irreperibile perché in barca con Federico Geremicca (oggi vicedirettore a La Stampa, anche lui conferma: “Diretti verso Ponza”), il condirettore Renzo Foa, anche lui fuori campo, e a Botteghe Oscure non trovavo nessuno, né Petruccioli, né altri. Allora certe notizie andavano concordate”. Andavano valutate, ponderate, discusse. “Alla fine trovai Walter Veltroni, poi Petruccioli e quest’ultimo mi chiese di toglierla (l’interessato smentisce), il compromesso fu un centro pagina invece di un’apertura. Ma la parte interessante iniziò dal giorno dopo... ”. Il giorno delle prime lacrime, le prime proteste, “il centralino del giornale fu preso in ostaggio – ricorda Rocco Di Blasi, allora all’ufficio centrale dell’Unità – I giorni successivi sono stato perennemente impegnato a rispondere ai lettori, erano tra l’incredulo e l’incazzato. Anche in redazione si consumarono dei drammi, con giornalisti, marito e moglie, che litigavano tra favorevoli e contrari”.
D’Alema ricorda in una recente intervista a l’Unità: “Non c’è dubbio che il giornale di quel 13 novembre rivela una certa freddezza, con un titolo così generico in prima e la notizia relegata a pagina 8 , dove invece c’era il titolo più forte (“Il Pci cambierà nome? Tutto è possibile”). Insomma, il contrario della logica giornalistica. Per quale motivo? “Prevalse in me la prudenza. In fondo, pensavo, Occhetto aveva solo risposto alla domanda di un giornalista, dicendo che non escludeva nulla. E così il giorno della Bolognina divenne per l’Unità il giorno di Modrow (ultimo Primo Ministro comunista della Germania Est) ”. Eppure anche il futuro lìder Maximo non passò indenne la nottata: il 13 novembre convocò la redazione, i presenti lo ricordano turbato per una lite con moglie e madre, tutte e due in disaccordo con Occhetto, “tanto che iniziò a giocare con un foglio di carta – spiega Demarco – poi diventato un origami, uno dei suoi classici origami, e dopo aver deciso il da farsi, ci disse: ‘Adesso vado a Botteghe Oscure per spiegare ai presenti come si fa politica... ’”. Era convocata la segreteria. “Sì, loro a Roma, noi sul territorio – ricorda Zani – Voi non potete immaginare quante lacrime, giorni durissimi, molti compagni si sentirono persi, era come perdere la propria famiglia. Io a consolarli, nonostante fossi d’accordo con Occhetto”.
Oggi, alla Bolognina, non c’è quasi più nulla del 1989. Nelle stanze dove Achille Occhetto strappò col passato ora c’è un negozio di parrucchieri gestito da cinesi. La stessa città, Bologna, grassa e comunista, è diventata con gli anni di un arancione sbiadito, a luci intermittenti. Nel 1989 gli iscritti al Pci nazionale erano circa un milione e quattrocentomila, alla Bolognina oltre 1200 tesserati, oggi “siamo in 280 – interviene Mauro Oliva, segretario della sezione attuale
– ma allora erano raggruppate quattro realtà, comunque non ci sono più i numeri di allora, questo è chiaro. In quel periodo ero uno studente universitario, non stavo qui, ma ogni tanto chiedo agli anziani un ricordo di quel giorno: alcuni restano zitti, altri mi parlano di dramma e mi vengono i brividi”.
Renziani e Spi-Cgil
Oggi la sezione è renziana, ma con poco distacco rispetto alle ultime primarie: per il premier il 55 per cento dei voti, il resto diviso tra Gianni Cuperlo e Pippo Civati. “Le ultime posizioni del segretario hanno creato qualche imbarazzo e confronto, specialmente rispetto alla questione del lavoro. Ma restiamo comunque tutti uniti, pronti al confronto franco”. Sarà. Non sono così d’accordo i pensionati iscritti allo Spi-Cgil, organizzati con un paio di stanze proprio accanto la sede attuale del Pd, condividono la sala riunioni, una volta condividevano anche le battaglie. Una volta. “C’è imbarazzo – interviene Gianni – Ma come si fa ad attaccare l’articolo 18? Ma scherziamo? Eppoi questa alleanza sottaciuta con Silvio Berlusconi. Un tempo ci sentivamo a casa, oggi non lo so. È cambiato tutto, troppo in fretta, e senza rispettare il nostro ruolo politico, nonostante appesi alle pareti ci siano ancora alcuni simboli di un passato comune”. Dentro la nuova sede della Bolognina c’è sempre una foto di Berlinguer, una pagina dell’Unità, il colore rosso alle pareti, il manifesto per una tombola di finanziamento, il calendario delle riunioni. Nient’altro. “Sa cosa mi manca di allora? – conclude Zani – Lo stress costante della manutenzione di un gruppo così grande, eravamo obbligati a continui miglioramenti”. Fino a quella mattina del 12 novembre, quando il respiro di molti si è fermato, la Storia ha accelerato, e le pietre di Berlino hanno reso macerie il Partito comunista italiano.
il Fatto 3.11.14
I protagonisti da D’Alema a Napolitano
GLI INCARICHI ricoperti nel 1989 dalle figure chiave. Da sinistra: Massimo D’Alema, direttore de L’Unità, deputato e coordinatore della Segreteria nazionale. Walter Veltroni, responsabile delle Comunicazioni di massa e membro del Comitato centrale. Nella terza foto Achille Occhetto, segretario del Pci, e Claudio Petruccioli membro della segreteria nazionale. A seguire Giorgio Napolitano, parlamentare europeo, a capo della Commissione politica estera e relazioni internazionali del partito (Kissinger lo definiva: “il mio comunista preferito”). Affianco Luciano Lama, storico leader della Cgil nel suo periodo d’oro (fino al 1986), senatore indipendente nelle liste del partito e sindaco di Amelia (Terni). Armando Cossutta senatore e membro della direzione della segreteria, lasciò il partito in polemica e contribuì alla nascita di Rifondazione comunista. Pietro Ingrao, all’epoca membro del comitato centrale, aderì al Pds ma ne annunciò l’addio nel 1993.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
camillobenso ha scritto:iospero ha scritto:Landini afferma di voler continuare a fare il sindacalista, per questo si sente portato, qui si trova a suo agio.E Landini?
Ha un potenziale enorme, un leader già pronto
Questo è comprensibile, però a fronte di una sinistra compatta sul suo nome e in compagnia di persone altamente affidabili e competenti potrebbe facilmente arrivare a presentare un programma per le prossime elezioni tale da trascinare non solo i lavoratori, ma anche quella classe media benpensante che vede favorevolmente una discreta patrimoniale su quel 10% più ricco per sbloccare finalmente la disoccupazione e avviare una crescita significativa del paese pur restando nell'euro.
Non voglio essere frainteso. Sono d'accordo sul concetto base di iospero. il problema che vedo sono quelle persone affidabili.
Vedo ad esempio tanta confusione nella minoranza Pd.
Cuperlo che si muove come se fosse possibile ribaltare la situazione.
Damiano non intende mollare.
Bersani insiste che il Pd è anche suo. Che la ditta sia stata messa da parte non gli va giù. Mi sembra che anche sia del parere che si possa ribaltare il tutto.
Quello che non capiscono è che ha ragione Cacciari quando sostiene che il Pd è un partito mai nato.
E' una storia vecchia. Dopo sei mesi dalla fondazione il Pd era fallito, ma ai politici non interessava. L'importante era continuare con il magna magna.
Non si devono stupire se hanno vinto per un pelo nel 2013. La gente era stra stufa di loro.
PERSONE AFFIDABILI : Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli, Gustavo Zagrebelsky, Landini, Rodotà, Fabrizio Barca, Civati, Tito Boeri E TANTI ALTRI GIOVANI , ma possono partecipare e portare il loro contributo anche tutti i personaggi della politica non compromessi.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Da un sondaggio di IPR per Porta a porta
Nel caso, invece, di un’ipotetica scissione dell’ala “sinistra” del PD, i rapporti di forza cambierebbero. Il Partito Democratico ridenominato “Partito della Nazione” (nel quale entrerebbero a far parte anche le forze centriste) dovrebbe accontentarsi del 36% dei consensi e di 255 deputati, mentre il nascente “Partito della Sinistra” esordirebbe con un risultato significativo, quasi a due cifre: 9,5% di voti validi, equivalenti a 72 parlamentari. Il M5S ne avrebbe beneficio, acquisendo due punti percentuali e una decina di parlamentari rispetto all’altro scenario, mentre una variazione quasi analoga ma di segno opposto danneggerebbe Forza Italia. Per la Lega Nord non vi sarebbero differenze significative. Inoltre calerebbero indecisi e astenuti, rispettivamente al 21% e al 22%. Quindi in questa seconda ipotesi il Partito della Nazione dovrebbe trovare un accordo post-elettorale, presumibilmente con Forza Italia o con il Partito della Sinistra.
Se Renzi dovese dichiarare prima del voto da che parte stare, credo che per lui sarebbe un grosso problema, perché scegliere di stare con FI lo metterebbe in palese contraddizione con tutte le sue affermazioni di essere di sinistra.
E allora facciamola subito questa scissione
Nel caso, invece, di un’ipotetica scissione dell’ala “sinistra” del PD, i rapporti di forza cambierebbero. Il Partito Democratico ridenominato “Partito della Nazione” (nel quale entrerebbero a far parte anche le forze centriste) dovrebbe accontentarsi del 36% dei consensi e di 255 deputati, mentre il nascente “Partito della Sinistra” esordirebbe con un risultato significativo, quasi a due cifre: 9,5% di voti validi, equivalenti a 72 parlamentari. Il M5S ne avrebbe beneficio, acquisendo due punti percentuali e una decina di parlamentari rispetto all’altro scenario, mentre una variazione quasi analoga ma di segno opposto danneggerebbe Forza Italia. Per la Lega Nord non vi sarebbero differenze significative. Inoltre calerebbero indecisi e astenuti, rispettivamente al 21% e al 22%. Quindi in questa seconda ipotesi il Partito della Nazione dovrebbe trovare un accordo post-elettorale, presumibilmente con Forza Italia o con il Partito della Sinistra.
Se Renzi dovese dichiarare prima del voto da che parte stare, credo che per lui sarebbe un grosso problema, perché scegliere di stare con FI lo metterebbe in palese contraddizione con tutte le sue affermazioni di essere di sinistra.
E allora facciamola subito questa scissione
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