Economia
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Re: Economia
23/07/2014 - Il processo di stesura della prossima legge di Stabilità è nella sua fase embrionale, con tutte le incognite legate alla reale crescita del Pil nel corso di quest'anno e all'esito del negoziato con Bruxelles sui nuovi margini di flessibilità eventualmente da utilizzare. Due variabili dalle quali dipende anche il ricorso all' eventuale manovra correttiva per evitare di superare il tetto del 3% di deficit. Palazzo Chigi continua a smentire categoricamente la possibilità di un intervento, ma la strada resta tutt'altro che in discesa, e serve capire su quali ambiti sia possibile mettere le mani. Per questo, fra i vari rumors che trapelano da palazzo Chigi, filtra quello per cui potrebbe tornare d'attualità un contributo dai pensionati con assegno dai 3.000 euro in su.
COPERTURE PER IL BONUS 80 EURO - L'esigenza è sempre quella di trovare le coperture per rendere strutturale il bonus Irpef da 80 euro in busta paga. Un'operazione nel complesso difficile da realizzare anche alla luce dei ristretti margini con cui potrebbe fare i conti il Governo se l'andamento del Pil continuasse a risultare al di sotto delle stime originarie dell'esecutivo (SE NE PARLA QUI). In alternativa le risorse del Fondo taglia-cuneo potrebbero essere utilizzate per rafforzare la copertura che dovrà essere trovata per continuare a tagliare l'Irap a carico delle imprese. I circa 14 miliardi da recuperare con la fase numero due della spending review arrivano da 5 diverse direzioni:
- tagli alle partecipate
- potenziamento dell’operazione già avviata sul terreno degli acquisti di beni e servizi della Pa
- razionalizzazione delle uscite per gli immobili
- fabbisogni standard a tappeto per gli enti locali
- dimagrimento della macchina burocratica con la chiusura di enti e sedi periferiche.
Tuttavia la stessa spending review affidata al commissario straordinario Carlo Cottarelli non sembra ancora in grado di far risparmiare soldi pubblici al Paese (SE NE PARLA QUI), motivo per cui fra le ipotesi relative ad un Piano B, oltre alla manovra correttiva da non merno di 15 miliardi (SE NE PARLA QUI), è entrata quella relativa ad un contributo dalle pensioni più alte.
IPOTESI CONTRIBUTO DALLE PENSIONI - L'ipotesi è dunque proprio una mini stangata sulle pensioni, ovviamente quelle alte, da 3mila euro al mese in più. Non si conoscono ancora i dettagli della proposta, né tantomeno dal Governo sono arrivate smentite o conferme. Certo è che si tornerà a parlare di ticket o contributo di solidarietà, col rischio di una bocciatura visto che la Corte costituzionale è già intervenuta in materia, sancendo l’illegittimità del prelievo sulle pensioni in quanto viola il principio di eguaglianza.
[b]CONTRIBUTO PENSIONI, MA NON DAI DEPUTATI - C'è però una categoria di pensionati del tutto immune a sacrifici di questo tipo. La «previdenza» dei parlamentari rimane un caso unico di squilibrio e privilegio, in barba alla spending review e alle riforme - votate dagli stessi parlamentari - che hanno trasformato il sistema previdenziale italiano in quello più severo [/b]dell'Unione europea.
Dal bilancio interno della Camera in corso di approvazione in questi giorni, emerge ancora una volta l'anomalia delle onorevoli pensioni. Nel 2014 Montecitorio prevede di incassare tra ritenute e contributi previdenziali pagati dai deputati 25,7 milioni di euro e, nello stesso anno, di spendere per i vitalizi 156,2 milioni di euro: sette volte tanto. Il 'buco' previdenziale dei deputati, del tutto teorico perché il bilancio della Camera copre tutte le spese per vitalizi e assegni di reversibilità, è di circa 130 milioni in un solo anno. Se i normali cittadini avessero lo stesso trattamento in termini di rapporto tra contributi pagati e assegni incassati, l'Inps sarebbe in rosso di quasi 220 miliardi di euro e l'italia sarebbe in una bancarotta conclamata e irreversibile. Per dare una misura: se tutti i contribuenti e pensionati italiani fossero deputati ed ex deputati, il deficit si appesantirebbe ogni anno di un percentuale vicina al 16%; il rapporto deficit Pil sfiorerebbe il 19%.
http://www.quifinanza.it/8726/tasse/tor ... refresh_ce
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Pensioni, allarme sostenibilità per l'Italia. Costi fuori controllo
Il sistema pensionistico italiano tra i meno sostenibili al mondo: al 19° posto su 25
Pubblicato il 15/10/14 in Economia
Pensioni, è allarme sostenibilità: un'analisi di Mercer ed Australian Centre for Financial Studies (Acfs) pone il sistema pensionistico italiano all'ultimo posto quanto a livello di sostenibilità nel medio e lungo periodo e al 19° posto tra 25 Paesi presi in esame quanto a punteggio globale.
Lo studio ha preso in esame i sistemi pensionistici di 25 nazioni analizzandoli secondo i parametri di adeguatezza, sostenibilità e integrità: tra i Paesi presi in esame il podio del primo posto va alla Danimarca. Il risultato sconfortante dell'Italia è tanto più grave anche considerato il fatto che il sistema pensionistico italiano negli ultimi anni ha subito numerosi ritocchi. Correzioni che evidentemente non sono bastate: Kenneth Kang, a capo della missione Fmi per l’Italia ha recentemente dichiarato che in Italia la spesa pensionistica è decisamente troppo alta e va tagliata.
http://www.quifinanza.it/8875/foto/pens ... rollo.html
Ciao
Paolo11
COPERTURE PER IL BONUS 80 EURO - L'esigenza è sempre quella di trovare le coperture per rendere strutturale il bonus Irpef da 80 euro in busta paga. Un'operazione nel complesso difficile da realizzare anche alla luce dei ristretti margini con cui potrebbe fare i conti il Governo se l'andamento del Pil continuasse a risultare al di sotto delle stime originarie dell'esecutivo (SE NE PARLA QUI). In alternativa le risorse del Fondo taglia-cuneo potrebbero essere utilizzate per rafforzare la copertura che dovrà essere trovata per continuare a tagliare l'Irap a carico delle imprese. I circa 14 miliardi da recuperare con la fase numero due della spending review arrivano da 5 diverse direzioni:
- tagli alle partecipate
- potenziamento dell’operazione già avviata sul terreno degli acquisti di beni e servizi della Pa
- razionalizzazione delle uscite per gli immobili
- fabbisogni standard a tappeto per gli enti locali
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Tuttavia la stessa spending review affidata al commissario straordinario Carlo Cottarelli non sembra ancora in grado di far risparmiare soldi pubblici al Paese (SE NE PARLA QUI), motivo per cui fra le ipotesi relative ad un Piano B, oltre alla manovra correttiva da non merno di 15 miliardi (SE NE PARLA QUI), è entrata quella relativa ad un contributo dalle pensioni più alte.
IPOTESI CONTRIBUTO DALLE PENSIONI - L'ipotesi è dunque proprio una mini stangata sulle pensioni, ovviamente quelle alte, da 3mila euro al mese in più. Non si conoscono ancora i dettagli della proposta, né tantomeno dal Governo sono arrivate smentite o conferme. Certo è che si tornerà a parlare di ticket o contributo di solidarietà, col rischio di una bocciatura visto che la Corte costituzionale è già intervenuta in materia, sancendo l’illegittimità del prelievo sulle pensioni in quanto viola il principio di eguaglianza.
[b]CONTRIBUTO PENSIONI, MA NON DAI DEPUTATI - C'è però una categoria di pensionati del tutto immune a sacrifici di questo tipo. La «previdenza» dei parlamentari rimane un caso unico di squilibrio e privilegio, in barba alla spending review e alle riforme - votate dagli stessi parlamentari - che hanno trasformato il sistema previdenziale italiano in quello più severo [/b]dell'Unione europea.
Dal bilancio interno della Camera in corso di approvazione in questi giorni, emerge ancora una volta l'anomalia delle onorevoli pensioni. Nel 2014 Montecitorio prevede di incassare tra ritenute e contributi previdenziali pagati dai deputati 25,7 milioni di euro e, nello stesso anno, di spendere per i vitalizi 156,2 milioni di euro: sette volte tanto. Il 'buco' previdenziale dei deputati, del tutto teorico perché il bilancio della Camera copre tutte le spese per vitalizi e assegni di reversibilità, è di circa 130 milioni in un solo anno. Se i normali cittadini avessero lo stesso trattamento in termini di rapporto tra contributi pagati e assegni incassati, l'Inps sarebbe in rosso di quasi 220 miliardi di euro e l'italia sarebbe in una bancarotta conclamata e irreversibile. Per dare una misura: se tutti i contribuenti e pensionati italiani fossero deputati ed ex deputati, il deficit si appesantirebbe ogni anno di un percentuale vicina al 16%; il rapporto deficit Pil sfiorerebbe il 19%.
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Pensioni, allarme sostenibilità per l'Italia. Costi fuori controllo
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Pubblicato il 15/10/14 in Economia
Pensioni, è allarme sostenibilità: un'analisi di Mercer ed Australian Centre for Financial Studies (Acfs) pone il sistema pensionistico italiano all'ultimo posto quanto a livello di sostenibilità nel medio e lungo periodo e al 19° posto tra 25 Paesi presi in esame quanto a punteggio globale.
Lo studio ha preso in esame i sistemi pensionistici di 25 nazioni analizzandoli secondo i parametri di adeguatezza, sostenibilità e integrità: tra i Paesi presi in esame il podio del primo posto va alla Danimarca. Il risultato sconfortante dell'Italia è tanto più grave anche considerato il fatto che il sistema pensionistico italiano negli ultimi anni ha subito numerosi ritocchi. Correzioni che evidentemente non sono bastate: Kenneth Kang, a capo della missione Fmi per l’Italia ha recentemente dichiarato che in Italia la spesa pensionistica è decisamente troppo alta e va tagliata.
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Paolo11
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Re: Economia
http://www.youtube.com/watch?v=H8CgPpAw ... ploademail
Efficienza energetica: "occupazione a portata di mano"
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Economia
http://www.youtube.com/watch?v=hGugPIOd ... ploademail
Bulgarelli (M5S): "La mafia si può sconfiggere. E tutti dovrebbero tenerlo a mente!"
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Economia
a proposito di spese e risparminelle Regioni
da republica.it
Il libro bianco Ispe-Sanità reso noto un mese fa ritiene che nel 2013 il malaffare nel settore abbia divorato oltre 23 miliardi di euro: un quinto della torta sanitaria è andato in pasto a boss d’ogni genere, sottraendo salute agli italiani.
da republica.it
Il libro bianco Ispe-Sanità reso noto un mese fa ritiene che nel 2013 il malaffare nel settore abbia divorato oltre 23 miliardi di euro: un quinto della torta sanitaria è andato in pasto a boss d’ogni genere, sottraendo salute agli italiani.
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Re: Economia
Una bella finanziaria già fatta che potrebbe far diminuire veramente il carico fiscale sugli italiani...
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Re: Economia
da repubblica.it
Fisco, se il Lussemburgo non è "il nemico" ma il modello per l'Europa e l'Italia
Nel mirino di una inchiesta giornalistica sono finiti gli accordi tra lo Stato lussemburghese e alcune grandi aziende. L'Italia introdurrà entro l'anno una norma simile per compensare il decreto contro l'abuso di diritto fiscale. Senza una tassazione unica europea, vale il tutti contro tutti
di WALTER GALBIATI
Fisco, se il Lussemburgo non è "il nemico" ma il modello per l'Europa e l'Italia
Jean Claude Juncker, ex premier del Lussemburgo e presidente della Commisione Ue (afp)
MILANO - Uno scandalo. Nel mirino di una inchiesta giornalistica sono finite le richieste preventive che 340 aziende hanno inoltrato al governo del Lussemburgo per sapere se l'operazione finanziaria che stavano per compiere in quel Paese poteva essere tassata in un modo o in un altro. Dalle 28mila pagine di documenti, emerge come le aziende siano in dubbio tra il pagare una tassa ridicola oppure non pagare nulla. In inglese, questa corrispondenza tra il governo lussemburghese e le società si chiama Advance tax agreement (Ata), perché se le richieste vengono confermate, diventano accordi a tutti gli effetti, non più perseguibili dal Fisco. Da quel momento, con la lettera di risposta in mano, le società possono dormire sonni tranquilli.
Tra i governanti europei, lo scandalo non ha destato grande preoccupazione, perché come ha confermato il premier del Lussemburgo, Xaviel Bettel, successore dell'attuale presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, le pratiche fiscali dei 'tax ruling' "sono conformi alle leggi internazionali", tanto che queste "non sono proprie" solo del Gran Ducato "ma le praticano anche altri paesi europei". Il ministro delle finanze del Lussemburgo, Pierre Gramegna, ha spiegato che i 'tax ruling' "danno una certezza alle imprese su come saranno trattate fiscalmente" e questo è "compatibile con gli standard comunitari e quelli dell'Ocse".
L'Italia va proprio in questa direzione. Il premier, Matteo Renzi, con il via ai decreti attuativi della Delega fiscale, compreso quello sull'"abuso di diritto" ha promesso che entro l'anno introdurrà il "diritto di interpello" che riecheggia in qualche modo gli Advance tax agreement del Lussemburgo: ovvero la società prima di mettere in atto una manovra a rischio-abuso potrà verificarne la legittimità presso l'Agenzia delle Entrate.
La Commissione europea più che scandalizzarsi, ha confermato che procederà per la sua strada, già aperta con i casi Fiat, Apple e Starbucks, volti ad appurare se gli accordi con il Fisco delle singole aziende possono essere considerati aiuti di Stato oppure no. Il vero scandalo, invece, è che la Commissione europea non ha ancora preso in cosiderazione seriamente la diversa tassazione che vige sulle imprese tra i diversi Paesi europei, un divario che permette alle aziende di portare gli utili là dove per loro è più conveniente. Senza l'unione fiscale tra i paesi europei, vale il tutti contro tutti, con il solo beneficio delle grandi aziende.
E questa sarebbe l'Europa e il suo degno presidente ?
Fisco, se il Lussemburgo non è "il nemico" ma il modello per l'Europa e l'Italia
Nel mirino di una inchiesta giornalistica sono finiti gli accordi tra lo Stato lussemburghese e alcune grandi aziende. L'Italia introdurrà entro l'anno una norma simile per compensare il decreto contro l'abuso di diritto fiscale. Senza una tassazione unica europea, vale il tutti contro tutti
di WALTER GALBIATI
Fisco, se il Lussemburgo non è "il nemico" ma il modello per l'Europa e l'Italia
Jean Claude Juncker, ex premier del Lussemburgo e presidente della Commisione Ue (afp)
MILANO - Uno scandalo. Nel mirino di una inchiesta giornalistica sono finite le richieste preventive che 340 aziende hanno inoltrato al governo del Lussemburgo per sapere se l'operazione finanziaria che stavano per compiere in quel Paese poteva essere tassata in un modo o in un altro. Dalle 28mila pagine di documenti, emerge come le aziende siano in dubbio tra il pagare una tassa ridicola oppure non pagare nulla. In inglese, questa corrispondenza tra il governo lussemburghese e le società si chiama Advance tax agreement (Ata), perché se le richieste vengono confermate, diventano accordi a tutti gli effetti, non più perseguibili dal Fisco. Da quel momento, con la lettera di risposta in mano, le società possono dormire sonni tranquilli.
Tra i governanti europei, lo scandalo non ha destato grande preoccupazione, perché come ha confermato il premier del Lussemburgo, Xaviel Bettel, successore dell'attuale presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, le pratiche fiscali dei 'tax ruling' "sono conformi alle leggi internazionali", tanto che queste "non sono proprie" solo del Gran Ducato "ma le praticano anche altri paesi europei". Il ministro delle finanze del Lussemburgo, Pierre Gramegna, ha spiegato che i 'tax ruling' "danno una certezza alle imprese su come saranno trattate fiscalmente" e questo è "compatibile con gli standard comunitari e quelli dell'Ocse".
L'Italia va proprio in questa direzione. Il premier, Matteo Renzi, con il via ai decreti attuativi della Delega fiscale, compreso quello sull'"abuso di diritto" ha promesso che entro l'anno introdurrà il "diritto di interpello" che riecheggia in qualche modo gli Advance tax agreement del Lussemburgo: ovvero la società prima di mettere in atto una manovra a rischio-abuso potrà verificarne la legittimità presso l'Agenzia delle Entrate.
La Commissione europea più che scandalizzarsi, ha confermato che procederà per la sua strada, già aperta con i casi Fiat, Apple e Starbucks, volti ad appurare se gli accordi con il Fisco delle singole aziende possono essere considerati aiuti di Stato oppure no. Il vero scandalo, invece, è che la Commissione europea non ha ancora preso in cosiderazione seriamente la diversa tassazione che vige sulle imprese tra i diversi Paesi europei, un divario che permette alle aziende di portare gli utili là dove per loro è più conveniente. Senza l'unione fiscale tra i paesi europei, vale il tutti contro tutti, con il solo beneficio delle grandi aziende.
E questa sarebbe l'Europa e il suo degno presidente ?
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Re: Economia
Economia - Dati - 2
Istat del 10 novembre 2014
Settembre nero per la produzione industriale italiana
15:00 10 NOV 2014
(AGI) - Roma, 10 nov. - Doppia doccia gelata per l'Italia sul fronte economico. Da un lato, l'Istat certifica che a settembre la produzione industruiale e' scesa del 2,9% rispetto a un anno prima. Dall'altro Moody's avverte che l'Italia rischia crescita zero anche nel 2015. L'istituto di statistica ha aggiunto che su base mensile l'indice e' calato dello 0,9% rispetto ad agosto. Nella media del trimestre luglio-settembre la produzione e' diminuita dell'1,1% rispetto al trimestre precedente. Il -2,9% inoltre rappresenta il peggior risultato da settembre 2013. Nella media dei primi nove mesi dell'anno la produzione e' scesa dello 0,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
A settembre l'indice destagionalizzato presenta variazioni congiunturali negative in tutti i comparti; diminuiscono i beni di consumo (-3,2%), i beni strumentali (-2,4%), l'energia (-1,5%) e, in misura piu' lieve, i beni intermedi (-0,8%). Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a settembre 2014, diminuzioni tendenziali in tutti i raggruppamenti principali d'industrie; segnano variazioni negative l'energia (-3,6%), i beni di consumo (-3,3%), i beni intermedi (-2,8%) e i beni strumentali (-2,7%). Per quanto riguarda i settori di attivita' economica, a settembre 2014, i comparti che registrano le maggiori diminuzioni tendenziali sono quelli della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-12,8%), della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-10,1%) e dell'industria del legno, della carta e stampa (-7,0%). Gli unici settori che registrano una crescita tendenziale sono quelli della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica ed ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+2,6%), della fabbricazione di prodotti chimici (+2,1%) e delle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1,1%).
Tornando a Moody's, l'agenzia ha evidenziato nel suo Global Macro Outlook, che stima una crescita per il nostro paese tra -0,5% e +0,5% per l'anno prossimo. Nel suo Outlook dello scorso anno Moody's aveva previsto una crescita tra -0,3% e +0,5%. "Le riforme economiche realizzate nei paesi periferici - si legge nel rapporto - e piu' di recente in Italia e Francia avranno un impatto positivo ma graduale". "Nel breve termine - si legge - ci aspettiamo ulteriori aumenti della disoccupazione nei paesi piu' deboli dell'Eurozona, come Francia e Italia, che indeboliranno i consumi e prolungheranno la crescita molto bassa". .
http://www.agi.it/economia/notizie/sett ... co-rt10133
Istat del 10 novembre 2014
Settembre nero per la produzione industriale italiana
15:00 10 NOV 2014
(AGI) - Roma, 10 nov. - Doppia doccia gelata per l'Italia sul fronte economico. Da un lato, l'Istat certifica che a settembre la produzione industruiale e' scesa del 2,9% rispetto a un anno prima. Dall'altro Moody's avverte che l'Italia rischia crescita zero anche nel 2015. L'istituto di statistica ha aggiunto che su base mensile l'indice e' calato dello 0,9% rispetto ad agosto. Nella media del trimestre luglio-settembre la produzione e' diminuita dell'1,1% rispetto al trimestre precedente. Il -2,9% inoltre rappresenta il peggior risultato da settembre 2013. Nella media dei primi nove mesi dell'anno la produzione e' scesa dello 0,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
A settembre l'indice destagionalizzato presenta variazioni congiunturali negative in tutti i comparti; diminuiscono i beni di consumo (-3,2%), i beni strumentali (-2,4%), l'energia (-1,5%) e, in misura piu' lieve, i beni intermedi (-0,8%). Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a settembre 2014, diminuzioni tendenziali in tutti i raggruppamenti principali d'industrie; segnano variazioni negative l'energia (-3,6%), i beni di consumo (-3,3%), i beni intermedi (-2,8%) e i beni strumentali (-2,7%). Per quanto riguarda i settori di attivita' economica, a settembre 2014, i comparti che registrano le maggiori diminuzioni tendenziali sono quelli della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-12,8%), della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-10,1%) e dell'industria del legno, della carta e stampa (-7,0%). Gli unici settori che registrano una crescita tendenziale sono quelli della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica ed ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+2,6%), della fabbricazione di prodotti chimici (+2,1%) e delle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1,1%).
Tornando a Moody's, l'agenzia ha evidenziato nel suo Global Macro Outlook, che stima una crescita per il nostro paese tra -0,5% e +0,5% per l'anno prossimo. Nel suo Outlook dello scorso anno Moody's aveva previsto una crescita tra -0,3% e +0,5%. "Le riforme economiche realizzate nei paesi periferici - si legge nel rapporto - e piu' di recente in Italia e Francia avranno un impatto positivo ma graduale". "Nel breve termine - si legge - ci aspettiamo ulteriori aumenti della disoccupazione nei paesi piu' deboli dell'Eurozona, come Francia e Italia, che indeboliranno i consumi e prolungheranno la crescita molto bassa". .
http://www.agi.it/economia/notizie/sett ... co-rt10133
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Re: Economia
Aumentare il reddito disponibile diminuendo le tasse dirette ai lavoratori così si aumentano i consumi generando più tasse indirette, aumenta la richiesta di beni e servizi alle aziende che quindi per aumentare la produzione devono assumere aumentando così il reddito disponibile per i consumi e le entrate tributarie per lo Stato...
Non è difficile... invece: austerity alla tedesca e QE all'americana così i soldi vanno solo ai ricchi/ricchissimi...
Quanto ancora prima della rivolta?
Non è difficile... invece: austerity alla tedesca e QE all'americana così i soldi vanno solo ai ricchi/ricchissimi...
Quanto ancora prima della rivolta?
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Re: Economia
Maucat ha scritto:Aumentare il reddito disponibile diminuendo le tasse dirette ai lavoratori così si aumentano i consumi generando più tasse indirette, aumenta la richiesta di beni e servizi alle aziende che quindi per aumentare la produzione devono assumere aumentando così il reddito disponibile per i consumi e le entrate tributarie per lo Stato...
Non è difficile... invece: austerity alla tedesca e QE all'americana così i soldi vanno solo ai ricchi/ricchissimi...
Quanto ancora prima della rivolta?
Sono più di 8 mila anni che funziona così. Solo che in questi anni lo abbiamo sempre letto dai libri di storia.
Adesso tocca noi prenderne atto in diretta.
Non che di crisi in questi anni di storia Repubblicana non ce ne siano state. Ma erano crisi cicliche.
Questi non lo hanno capito, o fanno finta di non averlo capito, che questa è una crisi completamente diversa.
Eppure lo ha dichiarato anche Padoan qualche settimana fa. Ovviamente spernacchiato.
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Re: Economia
ECONOMIA & LOBBY
Crisi economica: la nuova ondata è già in viaggio, ma nessuno se ne cura perché…
di Roberto Marchesi | 15 dicembre 2014
La “Grande Recessione” non si è ancora conclusa, ma una nuova crisi, che si sovrapporrà a quella attuale, è già in fase montante. E’ come il maremoto, che nella vastità dell’oceano non lo vedi avanzare. Lo vedi solo all’ultimo momento quando si abbatte sulla costa con una forza inarrestabile e devastante.
Si potrebbe ancora evitare, o almeno ridurne gli effetti più deteriori, se si facessero subito le necessarie riforme utili a limitare i rischi e a ricreare le condizioni per una forte ripresa economica.
Putroppo i politici che hanno in mano le redini dell’economia globale sono troppo condizionati dai “desideri” di quei cosiddetti “poteri forti” che credono ancora di poter moderare gli eccessi dei mercati. Oppure, più semplicemente, a quei poteri forti poco importa, perché queste crisi ormai sono come il gioco d’azzardo, qualcuno perde, qualcun’altro guadagna, e loro sono tutti convinti di essere più bravi degli altri e di guadagnare sempre in ogni caso.
Il primo segnale della forte crisi montante è il crollo del prezzo del petrolio, sceso in pochi mesi di oltre il 40%. I consumatori esultano perché ancora non ne conoscono le cause, e la causa principale è che la finanza internazionale ha cominciato ad alleggerire le proprie posizioni (cioè a vendere) per fronteggiare la tensione che si sta creando su tutti i mercati finanziari dovuta alla minore liquidità circolante collegata allo stop dei QE (quantitative easing americani).
Il problema vero però non è la carenza di liquidità circolante, ma è l’eccesso di libertà lasciata agli operatori finanziari per le loro “scommesse” sui mercati.
In poco più di un decennio le liberalizzazioni nel mercato finanziario hanno prodotto una massa incontrollata (o comunque insufficientemente controllata) di capitali che oggi ammonta, per i soli Cds (Credit Default Swaps – i piu rischiosi) approssimativamente a 2,77 trilioni di dollari (circa duemiladuecentoventidue miliardi di euro).
Il Cds è una forma di assicurazione sul credito, ma viene il più delle volte usato (insieme ai “Futures” e ad altre invenzioni finanziarie) come scommessa sul futuro andamento del mercato.
Quindi la Borsa è ormai diventata una specie di Las Vegas a livello globale che muove dimensioni immense di capitali a velocità di nanosecondi (milionesimi di secondo) e li moltiplica più volte grazie alle scommesse sulle scommesse che creano infinite “bolle artificiali di capitali virtuali”.
Ci vorrebbero nuove regole e riforme serie per imbrigliarle, invece le curano coi pannicelli caldi delle regole stabilite a Basilea (l’ultimo è il Basel III) e nei controlli degli stress test (vedasi quelli dello stress test” europeo), che sono assolutamente insufficienti a parare l’ondata di piena del prossimo tsunami finanziario.
Obama, nei primi due anni del suo mandato presidenziale, quando aveva ancora la maggioranza in entrambe le ali del Congresso americano (che detta regole pressoché globali in questo campo) era riuscito a far approvare la legge “contenitore” denominata “Dodd-Frank” che conteneva però in pratica soltanto i principi ispiratori della riforma, che poi non è riuscito a realizzare appieno avendo trovato fortissima opposizione dal partito repubblicano, ma anche in diverse frange del suo stesso partito.
Ora che i democratici di Obama hanno perso (nelle elezioni del novembre scorso) la maggioranza anche nel Senato è praticamente certo che anche quel poco che è stato scritto nella Dodd-Frank verra cancellato o neutralizzato completamente.
I primi segnali già si vedono. Lo scorso anno fu approvata infatti una norma, denominata HR-4413, nella quale si identificavano come “end-users” (utilizzatori) gli operatori finanziari con un portafoglio di derivati inferiore a $100/mln. mentre quelli con una quantità di derivati superiore a tale cifra erano denominati “dealers” (intermediari). Chiaro che quel limite dei 100 milioni, ai lupi affamati di Wall Street, andava troppo stretto. Le Lobbies si sono così date da fare fino a far approvare recentemente dal Congresso una nuova norma che eleva il limite degli “end-users” a 8 miliardi di dollari. Così, anche se già prima aggiravano la norma costituendo tante piccole agenzie rientranti nel limite, ora potranno sviluppare di nuovo volumi immensi di derivati con i quali invadere i mercati e ipnotizzare di nuovo gli ingenui risparmiatori con promesse di guadagno che non si realizzeranno mai, perché sono solo bolle destinate a scoppiare.
Non si deve però pensare che i volponi del Congresso americano e tutte le altre faine alla guida delle economie globali non vedano i pericoli che ho appena descritto. Li vedono benissimo, solo che a loro sta bene così! Sono matti? Nient’affatto, sta bene così perche loro (e i loro referenti) hanno tutto da guadagnare, almeno per un po’.
La crisi del 2008 ha infatti insegnato loro che con le crisi economiche e con le susseguenti “necessarie” politiche di austerità si possono smantellare agevolmente tutte le “pretese” dei velleitari “Welfare States” realizzati pazientemente e con sacrificio nel secolo scorso dalle classi non privilegiate della popolazione.
Se qualcuno pensa che però adesso questi “squali famelici” non potranno più farla franca di nuovo perché la gente è stata “scottata” appena sei anni fa, è meglio che si ricreda subito. Basta vedere la parabola di Obama, che aveva già perso molti favori del suo elettorato dopo appena due anni, per capire che hanno sempre più potere le chiacchiere dei media che la capacita’ di analisi della gente. Quando scoppierà la nuova bolla (forse nel 2015, ma più probabilmente nel 2016) sarà un gioco da ragazzi dare tutta la colpa ad Obama e ai democratici. Ha già funzionato pefettamente nelle due elezioni di medio termine, funzionerà ancora meglio in presenza di una nuova crisi finanziaria gravissima (come quella del 2008 o peggio).
La gente avrà perso di nuovo un sacco di soldi ma sarà arrabbiatissima con chi ha governato negli ultimi 8 anni, quindi voterà in maggioranza (o starà a casa) a chi prometterà di risolvere la crisi grazie alla libertà finalmente raggiunta dei mercati. Così i “liberisti” otterranno una vittoria schiacciante che forse consentirà davvero al Paese di superare finalmente la crisi, ma sarà una ripresa con un welfare in disfacimento, e il Paese si dividerà ancor più pesantemente tra ricchi e poveri, regalando agli oligarchi che tirano le fila del potere reale una montagna di potere e di ricchezza che non si vedeva più dai tempi dei faraoni egizi.
Non è fantapolitica, è strategia reale perfettamente riscontrabile nei fatti.
Dallas, Texas
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... e/1274641/
Crisi economica: la nuova ondata è già in viaggio, ma nessuno se ne cura perché…
di Roberto Marchesi | 15 dicembre 2014
La “Grande Recessione” non si è ancora conclusa, ma una nuova crisi, che si sovrapporrà a quella attuale, è già in fase montante. E’ come il maremoto, che nella vastità dell’oceano non lo vedi avanzare. Lo vedi solo all’ultimo momento quando si abbatte sulla costa con una forza inarrestabile e devastante.
Si potrebbe ancora evitare, o almeno ridurne gli effetti più deteriori, se si facessero subito le necessarie riforme utili a limitare i rischi e a ricreare le condizioni per una forte ripresa economica.
Putroppo i politici che hanno in mano le redini dell’economia globale sono troppo condizionati dai “desideri” di quei cosiddetti “poteri forti” che credono ancora di poter moderare gli eccessi dei mercati. Oppure, più semplicemente, a quei poteri forti poco importa, perché queste crisi ormai sono come il gioco d’azzardo, qualcuno perde, qualcun’altro guadagna, e loro sono tutti convinti di essere più bravi degli altri e di guadagnare sempre in ogni caso.
Il primo segnale della forte crisi montante è il crollo del prezzo del petrolio, sceso in pochi mesi di oltre il 40%. I consumatori esultano perché ancora non ne conoscono le cause, e la causa principale è che la finanza internazionale ha cominciato ad alleggerire le proprie posizioni (cioè a vendere) per fronteggiare la tensione che si sta creando su tutti i mercati finanziari dovuta alla minore liquidità circolante collegata allo stop dei QE (quantitative easing americani).
Il problema vero però non è la carenza di liquidità circolante, ma è l’eccesso di libertà lasciata agli operatori finanziari per le loro “scommesse” sui mercati.
In poco più di un decennio le liberalizzazioni nel mercato finanziario hanno prodotto una massa incontrollata (o comunque insufficientemente controllata) di capitali che oggi ammonta, per i soli Cds (Credit Default Swaps – i piu rischiosi) approssimativamente a 2,77 trilioni di dollari (circa duemiladuecentoventidue miliardi di euro).
Il Cds è una forma di assicurazione sul credito, ma viene il più delle volte usato (insieme ai “Futures” e ad altre invenzioni finanziarie) come scommessa sul futuro andamento del mercato.
Quindi la Borsa è ormai diventata una specie di Las Vegas a livello globale che muove dimensioni immense di capitali a velocità di nanosecondi (milionesimi di secondo) e li moltiplica più volte grazie alle scommesse sulle scommesse che creano infinite “bolle artificiali di capitali virtuali”.
Ci vorrebbero nuove regole e riforme serie per imbrigliarle, invece le curano coi pannicelli caldi delle regole stabilite a Basilea (l’ultimo è il Basel III) e nei controlli degli stress test (vedasi quelli dello stress test” europeo), che sono assolutamente insufficienti a parare l’ondata di piena del prossimo tsunami finanziario.
Obama, nei primi due anni del suo mandato presidenziale, quando aveva ancora la maggioranza in entrambe le ali del Congresso americano (che detta regole pressoché globali in questo campo) era riuscito a far approvare la legge “contenitore” denominata “Dodd-Frank” che conteneva però in pratica soltanto i principi ispiratori della riforma, che poi non è riuscito a realizzare appieno avendo trovato fortissima opposizione dal partito repubblicano, ma anche in diverse frange del suo stesso partito.
Ora che i democratici di Obama hanno perso (nelle elezioni del novembre scorso) la maggioranza anche nel Senato è praticamente certo che anche quel poco che è stato scritto nella Dodd-Frank verra cancellato o neutralizzato completamente.
I primi segnali già si vedono. Lo scorso anno fu approvata infatti una norma, denominata HR-4413, nella quale si identificavano come “end-users” (utilizzatori) gli operatori finanziari con un portafoglio di derivati inferiore a $100/mln. mentre quelli con una quantità di derivati superiore a tale cifra erano denominati “dealers” (intermediari). Chiaro che quel limite dei 100 milioni, ai lupi affamati di Wall Street, andava troppo stretto. Le Lobbies si sono così date da fare fino a far approvare recentemente dal Congresso una nuova norma che eleva il limite degli “end-users” a 8 miliardi di dollari. Così, anche se già prima aggiravano la norma costituendo tante piccole agenzie rientranti nel limite, ora potranno sviluppare di nuovo volumi immensi di derivati con i quali invadere i mercati e ipnotizzare di nuovo gli ingenui risparmiatori con promesse di guadagno che non si realizzeranno mai, perché sono solo bolle destinate a scoppiare.
Non si deve però pensare che i volponi del Congresso americano e tutte le altre faine alla guida delle economie globali non vedano i pericoli che ho appena descritto. Li vedono benissimo, solo che a loro sta bene così! Sono matti? Nient’affatto, sta bene così perche loro (e i loro referenti) hanno tutto da guadagnare, almeno per un po’.
La crisi del 2008 ha infatti insegnato loro che con le crisi economiche e con le susseguenti “necessarie” politiche di austerità si possono smantellare agevolmente tutte le “pretese” dei velleitari “Welfare States” realizzati pazientemente e con sacrificio nel secolo scorso dalle classi non privilegiate della popolazione.
Se qualcuno pensa che però adesso questi “squali famelici” non potranno più farla franca di nuovo perché la gente è stata “scottata” appena sei anni fa, è meglio che si ricreda subito. Basta vedere la parabola di Obama, che aveva già perso molti favori del suo elettorato dopo appena due anni, per capire che hanno sempre più potere le chiacchiere dei media che la capacita’ di analisi della gente. Quando scoppierà la nuova bolla (forse nel 2015, ma più probabilmente nel 2016) sarà un gioco da ragazzi dare tutta la colpa ad Obama e ai democratici. Ha già funzionato pefettamente nelle due elezioni di medio termine, funzionerà ancora meglio in presenza di una nuova crisi finanziaria gravissima (come quella del 2008 o peggio).
La gente avrà perso di nuovo un sacco di soldi ma sarà arrabbiatissima con chi ha governato negli ultimi 8 anni, quindi voterà in maggioranza (o starà a casa) a chi prometterà di risolvere la crisi grazie alla libertà finalmente raggiunta dei mercati. Così i “liberisti” otterranno una vittoria schiacciante che forse consentirà davvero al Paese di superare finalmente la crisi, ma sarà una ripresa con un welfare in disfacimento, e il Paese si dividerà ancor più pesantemente tra ricchi e poveri, regalando agli oligarchi che tirano le fila del potere reale una montagna di potere e di ricchezza che non si vedeva più dai tempi dei faraoni egizi.
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