Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Maltese: "Podemos è la più grande novità politica degli ultimi anni"
TAG correlati: Maltese,
Podemos? La più grande novità sulla scena politica degli ultimi ven'anni".
Curzio Maltese, europarlamentare dell'Altra Europa con Tsipras, ha
partecipato a Madrid - assieme al leader greco - al congresso del movimento
iberico nato dalle proteste degli 'indignados'.
"Secondo i sondaggi Podemos
oggi riscuoterebbe il voto del 25% dell'elettorato spagnolo. Se Syriza
vincesse le elezioni politiche greche e Podemos quelle spagnole, la storia
dell'intero continente potrebbe cambiare. Sono due grandi novità nel quadro
delle sostanziali grandi coalizioni, due realtà di dichiarata opposizione
alle politiche di austerity rappresentate dalla Germania di Angela Merkel.
Podemos è un movimento libertario che sta diventando di massa, oggi a Madrid
è stato eletto un 'comitato dei garanti dei cittadini', che avrà un ruolo di
bilanciamento e controllo sulle scelte del neo eletto segretario Pablo
Iglesias. Tutte le cariche sono state assunte a seguito di referendum
popolari. Volendo sintetizzare, siamo di fronte a una sorta di 'grillismo',
molto più innovativo e di sinistra.
TAG correlati: Maltese,
Podemos? La più grande novità sulla scena politica degli ultimi ven'anni".
Curzio Maltese, europarlamentare dell'Altra Europa con Tsipras, ha
partecipato a Madrid - assieme al leader greco - al congresso del movimento
iberico nato dalle proteste degli 'indignados'.
"Secondo i sondaggi Podemos
oggi riscuoterebbe il voto del 25% dell'elettorato spagnolo. Se Syriza
vincesse le elezioni politiche greche e Podemos quelle spagnole, la storia
dell'intero continente potrebbe cambiare. Sono due grandi novità nel quadro
delle sostanziali grandi coalizioni, due realtà di dichiarata opposizione
alle politiche di austerity rappresentate dalla Germania di Angela Merkel.
Podemos è un movimento libertario che sta diventando di massa, oggi a Madrid
è stato eletto un 'comitato dei garanti dei cittadini', che avrà un ruolo di
bilanciamento e controllo sulle scelte del neo eletto segretario Pablo
Iglesias. Tutte le cariche sono state assunte a seguito di referendum
popolari. Volendo sintetizzare, siamo di fronte a una sorta di 'grillismo',
molto più innovativo e di sinistra.
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
LA CAUSA GIUSTA – IN PIAZZA L’ALTRA EUROPA IL 29 NOVEMBRE
IL NUOVO SOGGETTO E LA COALIZIONE SOCIALE
di Guido Viale, 19 novembre 2014
L’Altra Europa è nata mettendo in campo alcune idee: la centralità dell’Europa per qualsiasi processo di trasformazione politica, il rifiuto dell’austerità e la necessità di ripudiare il debito, l’inclusione nei confronti di migranti e minoranze di ogni genere, la conversione ecologica come unica prospettiva per affrontare la crisi ambientale e quella economica e occupazionale, il carattere apartitico della lista (confermato dall’esclusione della candidatura di rappresentanti già eletti o persone con ruoli di spicco nei partiti); poi raccogliendo adesioni intorno a questa piattaforma e immergendosi nella società – nelle piazze, nelle assemblee, nei luoghi di lavoro — per raccogliere le firme e farsi conoscere; infine gestendo senza mezzi una campagna elettorale affidata quasi solo a incontri diretti e al passaparola.
Dopo il 25 maggio, con il modesto successo ottenuto, occorreva valorizzare i legami messi a disposizione dal suo ingresso nel Parlamento europeo e nel GUE e, anche grazie ad essi, mettere quella piattaforma alla prova sia dei problemi, nazionali e locali, posti all’ordine del giorno dallo sviluppo degli avvenimenti, sia dei rapporti con le organizzazioni, di base e non, locali e nazionali, che non avevano preso parte, o avevano guardato con diffidenza, a quel percorso. Entrambe queste cose sono state fatte poco e male, incagliando l’organizzazione in una vana contrapposizione tra l’impegno a mantener vivo l’orizzonte europeo del progetto e la necessità di misurarsi con le emergenze, anche e soprattutto locali, del “fare politica” giorno per giorno. Di questo contrasto la disputa sull’opportunità di presentare liste regionali che si richiamano esplicitamente all’Altra Europa è stata forse il centro.
L’Altra Europa non si è presentata in Europa, né si presenterà in Italia, o si presenta in qualche Regione o in qualche Comune, per “amministrare bene” l’austerity: cioè la miseria che politiche decise altrove ci impongono (questo è l’approccio che ha affondato l’esperienza dei sindaci arancioni); bensì perché i parlamentari, i consiglieri ed eventualmente i sindaci eletti si facciano strumento di aggregazione per le mobilitazioni contro di essa. Per questo le liste regionali che si rifanno all’Altra Europa, oggi in Emilia Romagna e in Calabria, sono parte integrante del processo di promozione di un soggetto politico nuovo, indipendentemente dai risultati che conseguiranno, e a cui occorrerebbe lavorare perché siano positivi. Quelle liste sono una componente della costruzione di un programma generale; che non è solo enunciazione di obiettivi, ma anche ricerca e verifica della loro efficacia nel promuovere mobilitazione e radicamento sociale.
Oggi il discrimine tra chi governa e chi ne combatte modi e obiettivi attraversa il nesso tra crisi ambientale ed economica: è la conversione ecologica come combinazione irrinunciabile delle risposte a entrambe quelle crisi. L’establishment europeo e italiano, ma anche la governance globale, si trovano da tempo senza una strategia di ampio respiro, limitandosi a rappezzare giorno per giorno i guasti che essi stessi producono. P. untano a comprimere redditi e diritti della popolazione al limite della sussistenza (e anche oltre), a distruggere lo stato sociale e a privatizzare tutto l’esistente, a partire da quanto resta di natura, patrimonio storico, beni comuni e servizi pubblici. Ma questi obiettivi non configurano un assetto sociale stabile; sono la sommatoria di spinte e interessi discordanti che mal si combinano insieme, tanto da suscitare stati di caos e di belligeranza armata permanente, ormai evidenti tanto nell’economia europea che nei nuovi teatri di guerra. Un caos che è stato sì provocato da soggetti e interessi ben identificati; ma che è da loro sempre di più subìto e non agìto. Che cosa possono promettere alle popolazioni di cui devono comunque ottenere il consenso, per lo meno passivo? Solo il ritornello di una “crescita” che né arriva né risolverebbe alcunché. E che cosa possiamo invece prospettare noi, con la conversione ecologica? Una strada sensata per affrontare i nodi della nostra epoca, da percorrere combinando partecipazione e conflitto “passo dopo passo”, sostenendo occupazione, reddito, inclusione, sostenibilità, salute, convivenza e salvaguardia del patrimonio professionale e impiantistico del tessuto produttivo. E’ innanzitutto un confronto culturale — da condurre giorno per giorno, misurandosi con i problemi della vita di ciascuno — che va tradotto in parole semplici, che devono tornare a circolare come buon senso diffuso.
Per questo occorre aprirsi di più alle variegate componenti del tessuto sociale. La società italiana è contrassegnata da una molteplicità di iniziative che non ha il pari in Europa: a parte i partitini (solo quelli comunisti sono più di dieci, molti dei quali divisi in correnti e frazioni. Troppa grazia!) e i sindacati di base (anch’essi in serrata competizione tra loro, ma con un proprio radicamento sociale) ecco ovunque comitati e associazioni ambientaliste, civiche, culturali, organizzazioni di migranti, circoli ricreativi e sportivi socialmente impegnati, movimenti per la casa e occupazioni di edifici pubblici e privati, reti di studenti, di insegnanti, di ricercatori, di precari, di medici e infermieri, di contadini, liste civiche, Rsu e la loro rete contro la legge Fornero, amministrazioni di comuni virtuosi, Gas e Des, cooperative sociali, comunità cristiane di base e persino parrocchie, centri sociali, riviste ed emittenti libere, associazioni femministe, ecc. Non c’è un “prato verde”, ma una miriade di entità che hanno identità, storie ed elaborazioni proprie: spesso molto sviluppate. Come rapportarsi nei confronti di tutte queste realtà per formare con esse una “coalizione sociale”? Si possono ignorare? Certamente no. Si possono inglobare? Neanche. Si pensa forse di reclutarne i membri senza fare i conti con differenze e divergenze che le hanno tenute lontane dall’Altra Europa? Sarebbe vano e arrogante. Con ciascuna di queste entità — per lo più organizzazioni locali, diverse da un luogo all’altro — occorre affrontare un confronto alla pari, che metta in discussione convinzioni, elaborazioni e pratiche di entrambe le parti, puntando a promuovere iniziative comuni sui temi che già ci uniscono. La piazza del 25 ottobre ha certamente messo in evidenza un popolo alla ricerca di una propria rappresentanza politica; ma è una ruolo che non si conquista esibendo solo programmi generali, bensì pezzo per pezzo, attraverso iniziative comuni con ciascuna delle sue articolazioni: un lavorìo che ha poco a che fare con le dispute o gli accordi – senza niente togliere alla loro importanza — con le dirigenze dei partiti che hanno sostenuto o che ancora sostengono il progetto dell’Altra Europa.
da il manifesto del 20 novembre 2014
IL NUOVO SOGGETTO E LA COALIZIONE SOCIALE
di Guido Viale, 19 novembre 2014
L’Altra Europa è nata mettendo in campo alcune idee: la centralità dell’Europa per qualsiasi processo di trasformazione politica, il rifiuto dell’austerità e la necessità di ripudiare il debito, l’inclusione nei confronti di migranti e minoranze di ogni genere, la conversione ecologica come unica prospettiva per affrontare la crisi ambientale e quella economica e occupazionale, il carattere apartitico della lista (confermato dall’esclusione della candidatura di rappresentanti già eletti o persone con ruoli di spicco nei partiti); poi raccogliendo adesioni intorno a questa piattaforma e immergendosi nella società – nelle piazze, nelle assemblee, nei luoghi di lavoro — per raccogliere le firme e farsi conoscere; infine gestendo senza mezzi una campagna elettorale affidata quasi solo a incontri diretti e al passaparola.
Dopo il 25 maggio, con il modesto successo ottenuto, occorreva valorizzare i legami messi a disposizione dal suo ingresso nel Parlamento europeo e nel GUE e, anche grazie ad essi, mettere quella piattaforma alla prova sia dei problemi, nazionali e locali, posti all’ordine del giorno dallo sviluppo degli avvenimenti, sia dei rapporti con le organizzazioni, di base e non, locali e nazionali, che non avevano preso parte, o avevano guardato con diffidenza, a quel percorso. Entrambe queste cose sono state fatte poco e male, incagliando l’organizzazione in una vana contrapposizione tra l’impegno a mantener vivo l’orizzonte europeo del progetto e la necessità di misurarsi con le emergenze, anche e soprattutto locali, del “fare politica” giorno per giorno. Di questo contrasto la disputa sull’opportunità di presentare liste regionali che si richiamano esplicitamente all’Altra Europa è stata forse il centro.
L’Altra Europa non si è presentata in Europa, né si presenterà in Italia, o si presenta in qualche Regione o in qualche Comune, per “amministrare bene” l’austerity: cioè la miseria che politiche decise altrove ci impongono (questo è l’approccio che ha affondato l’esperienza dei sindaci arancioni); bensì perché i parlamentari, i consiglieri ed eventualmente i sindaci eletti si facciano strumento di aggregazione per le mobilitazioni contro di essa. Per questo le liste regionali che si rifanno all’Altra Europa, oggi in Emilia Romagna e in Calabria, sono parte integrante del processo di promozione di un soggetto politico nuovo, indipendentemente dai risultati che conseguiranno, e a cui occorrerebbe lavorare perché siano positivi. Quelle liste sono una componente della costruzione di un programma generale; che non è solo enunciazione di obiettivi, ma anche ricerca e verifica della loro efficacia nel promuovere mobilitazione e radicamento sociale.
Oggi il discrimine tra chi governa e chi ne combatte modi e obiettivi attraversa il nesso tra crisi ambientale ed economica: è la conversione ecologica come combinazione irrinunciabile delle risposte a entrambe quelle crisi. L’establishment europeo e italiano, ma anche la governance globale, si trovano da tempo senza una strategia di ampio respiro, limitandosi a rappezzare giorno per giorno i guasti che essi stessi producono. P. untano a comprimere redditi e diritti della popolazione al limite della sussistenza (e anche oltre), a distruggere lo stato sociale e a privatizzare tutto l’esistente, a partire da quanto resta di natura, patrimonio storico, beni comuni e servizi pubblici. Ma questi obiettivi non configurano un assetto sociale stabile; sono la sommatoria di spinte e interessi discordanti che mal si combinano insieme, tanto da suscitare stati di caos e di belligeranza armata permanente, ormai evidenti tanto nell’economia europea che nei nuovi teatri di guerra. Un caos che è stato sì provocato da soggetti e interessi ben identificati; ma che è da loro sempre di più subìto e non agìto. Che cosa possono promettere alle popolazioni di cui devono comunque ottenere il consenso, per lo meno passivo? Solo il ritornello di una “crescita” che né arriva né risolverebbe alcunché. E che cosa possiamo invece prospettare noi, con la conversione ecologica? Una strada sensata per affrontare i nodi della nostra epoca, da percorrere combinando partecipazione e conflitto “passo dopo passo”, sostenendo occupazione, reddito, inclusione, sostenibilità, salute, convivenza e salvaguardia del patrimonio professionale e impiantistico del tessuto produttivo. E’ innanzitutto un confronto culturale — da condurre giorno per giorno, misurandosi con i problemi della vita di ciascuno — che va tradotto in parole semplici, che devono tornare a circolare come buon senso diffuso.
Per questo occorre aprirsi di più alle variegate componenti del tessuto sociale. La società italiana è contrassegnata da una molteplicità di iniziative che non ha il pari in Europa: a parte i partitini (solo quelli comunisti sono più di dieci, molti dei quali divisi in correnti e frazioni. Troppa grazia!) e i sindacati di base (anch’essi in serrata competizione tra loro, ma con un proprio radicamento sociale) ecco ovunque comitati e associazioni ambientaliste, civiche, culturali, organizzazioni di migranti, circoli ricreativi e sportivi socialmente impegnati, movimenti per la casa e occupazioni di edifici pubblici e privati, reti di studenti, di insegnanti, di ricercatori, di precari, di medici e infermieri, di contadini, liste civiche, Rsu e la loro rete contro la legge Fornero, amministrazioni di comuni virtuosi, Gas e Des, cooperative sociali, comunità cristiane di base e persino parrocchie, centri sociali, riviste ed emittenti libere, associazioni femministe, ecc. Non c’è un “prato verde”, ma una miriade di entità che hanno identità, storie ed elaborazioni proprie: spesso molto sviluppate. Come rapportarsi nei confronti di tutte queste realtà per formare con esse una “coalizione sociale”? Si possono ignorare? Certamente no. Si possono inglobare? Neanche. Si pensa forse di reclutarne i membri senza fare i conti con differenze e divergenze che le hanno tenute lontane dall’Altra Europa? Sarebbe vano e arrogante. Con ciascuna di queste entità — per lo più organizzazioni locali, diverse da un luogo all’altro — occorre affrontare un confronto alla pari, che metta in discussione convinzioni, elaborazioni e pratiche di entrambe le parti, puntando a promuovere iniziative comuni sui temi che già ci uniscono. La piazza del 25 ottobre ha certamente messo in evidenza un popolo alla ricerca di una propria rappresentanza politica; ma è una ruolo che non si conquista esibendo solo programmi generali, bensì pezzo per pezzo, attraverso iniziative comuni con ciascuna delle sue articolazioni: un lavorìo che ha poco a che fare con le dispute o gli accordi – senza niente togliere alla loro importanza — con le dirigenze dei partiti che hanno sostenuto o che ancora sostengono il progetto dell’Altra Europa.
da il manifesto del 20 novembre 2014
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
http://www.tzetze.it/redazione/2014/11/ ... ilistiche/
Ci sono i media che strombazzano dalla mattina alla sera, e poi ci sono verità che, se ascoltate, risuonano nella mente e colpiscono dritto l'obiettivo. "Quando al lavoratore viene preclusa la possibilità di essere reintegrato in caso di licenziamento illegittimo, si determina una situazione di ricatto. La riforma Renzi è solo l'ultimo passo per la consegna definitiva dei lavoratori alle peggiori logiche mercantilistiche". A sostenerlo è Lidia Undiemi, giornalista e autrice de il Ricatto dei Mercati. La Undiemi è intervenuta questa mattina ijn diretta nel corso della trasmissione Omnibus di La 7.
Non è mancato un riferimento alle responsabilità storiche del sindacato, che dovrebbe fare il mea culpa per non aver compreso in tempo le trasformazioni in atto. "In tutti questi anni, soprattutto nelle grandi aziende, si è proceduto alla precarizzazione dei lavoratori attraverso l'outsourcing ed esternalizzazioni. Siamo in una nuova fase del capitalismo finanziario, in cui il sindacato non ha sviluppato delle logiche adeguate per proteggere il lavoro. L'attuale riforma di Renzi è solo una ratifica di quello che nelle grandi aziende è già realtà da tempo". (Fonte)
Ciao
Paolo11
Ci sono i media che strombazzano dalla mattina alla sera, e poi ci sono verità che, se ascoltate, risuonano nella mente e colpiscono dritto l'obiettivo. "Quando al lavoratore viene preclusa la possibilità di essere reintegrato in caso di licenziamento illegittimo, si determina una situazione di ricatto. La riforma Renzi è solo l'ultimo passo per la consegna definitiva dei lavoratori alle peggiori logiche mercantilistiche". A sostenerlo è Lidia Undiemi, giornalista e autrice de il Ricatto dei Mercati. La Undiemi è intervenuta questa mattina ijn diretta nel corso della trasmissione Omnibus di La 7.
Non è mancato un riferimento alle responsabilità storiche del sindacato, che dovrebbe fare il mea culpa per non aver compreso in tempo le trasformazioni in atto. "In tutti questi anni, soprattutto nelle grandi aziende, si è proceduto alla precarizzazione dei lavoratori attraverso l'outsourcing ed esternalizzazioni. Siamo in una nuova fase del capitalismo finanziario, in cui il sindacato non ha sviluppato delle logiche adeguate per proteggere il lavoro. L'attuale riforma di Renzi è solo una ratifica di quello che nelle grandi aziende è già realtà da tempo". (Fonte)
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
paolo11 ha scritto:http://www.tzetze.it/redazione/2014/11/ ... ilistiche/
Ci sono i media che strombazzano dalla mattina alla sera, e poi ci sono verità che, se ascoltate, risuonano nella mente e colpiscono dritto l'obiettivo. "Quando al lavoratore viene preclusa la possibilità di essere reintegrato in caso di licenziamento illegittimo, si determina una situazione di ricatto. La riforma Renzi è solo l'ultimo passo per la consegna definitiva dei lavoratori alle peggiori logiche mercantilistiche". A sostenerlo è Lidia Undiemi, giornalista e autrice de il Ricatto dei Mercati. La Undiemi è intervenuta questa mattina ijn diretta nel corso della trasmissione Omnibus di La 7.
Non è mancato un riferimento alle responsabilità storiche del sindacato, che dovrebbe fare il mea culpa per non aver compreso in tempo le trasformazioni in atto. "In tutti questi anni, soprattutto nelle grandi aziende, si è proceduto alla precarizzazione dei lavoratori attraverso l'outsourcing ed esternalizzazioni. Siamo in una nuova fase del capitalismo finanziario, in cui il sindacato non ha sviluppato delle logiche adeguate per proteggere il lavoro. L'attuale riforma di Renzi è solo una ratifica di quello che nelle grandi aziende è già realtà da tempo". (Fonte)
Ciao
Paolo11
Racconta uno di loro, a proposito del patto unitario tra grembiulini per la globalizzazione: “Ma per far inghiottire simili riforme idiote e antipopolari alla cittadinanza, la devi spaventare come si fa con i bambini. Altrimenti gli italiani, se non fossero stati dei bambinoni deficienti, non avrebbero accolto con le fanfare i tre commissari dissimulati che abbiamo inviato loro in successione: il fratello Mario Monti, il parafratello Enrico Letta, l’aspirante fratello Matteo Renzi”
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
5 giorni di sinistra europea, che meraviglia! - Altervista
http://tsiprasfirenze.altervista.org/5- ... eraviglia/
http://tsiprasfirenze.altervista.org/5- ... eraviglia/
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
E l’altra Italia con chi?
Tiziana Barillà
novembre 21st, 2014
«Questa rivoluzione non ha un volto». Con questo slogan i movimenti di protesta contro la troika hanno invaso le piazze europee: in Grecia come in Spagna. Eppure è anche grazie ai “volti” dei loro leader – Alexis Tsipras e Pablo Iglesias – che quei movimenti sono diventati le forze politiche che oggi rischiano di entrare dritte dritte nei palazzi del governo. La greca piazza Syntagma si è tradotta in Syriza, oggi primo partito ellenico che negli ultimi sondaggi supera il 31,3 per cento. Podemos, l’ala sinistra del movimento spagnolo degli indignados 15-M, in soli 9 mesi può già dirsi un partito di massa: se si votasse domani otterrebbe il 27 per cento dei consensi.
In Italia la sinistra radicale – quella a sinistra del Pd – da anni procede a una lenta e faticosa riunificazione. Lo scorso maggio alle Europee un traguardo lo ha raggiunto: il superamento dello sbarramento e l’elezione di tre eurodeputati. A vincere la sfida è stata L’Altra Europa con Tsipras, una lista radicale con un leader forte e riconoscibile, anche se straniero. Oggi la domanda è: se l’Altra Europa sta con Tsipras, l’Altra Italia con chi sta? A Firenze, il 16 e 17 novembre, di leader ce n’erano tanti: da quelli del Gue, i freschi e giovani rappresentanti della Sinistra europea, ai più “classici” italiani: Nichi Vendola, Pippo Civati, Paolo Ferrero, Sergio Cofferati, Fausto Bertinotti.
«Non mi nascondo che una delle malattie del nostro tempo è la personalizzazione della politica», ammette Marco Revelli, storico, sociologo e promotore de L’Altra Europa con Tsipras. «La considero una patologia e ho sufficiente realismo per sapere che le patologie sono dei dati di fatto, non si può far finta che non esistono. Ma non sono convinto che debba essere una sola, anche una pluralità di figure credibili andrebbe altrettanto bene».
Quello di un leader, insomma, non pare essere il primo assillo per il nuovo soggetto della sinistra. La preoccupazione per il momento è ancora ferma alla definizione del “perimetro” del nuovo soggetto. «Che deve essere ampio», secondo Massimo Torelli di Alba, «e includere anche una parte di democratici. Quando c’è una crisi economica reale e in campo una proposta rivoluzionaria come quella di Renzi, tutto ciò che c’era prima diventa storia, viene spazzato via». A Firenze, per Torelli, è stato definito il campo dell’ampiezza in cui «vogliamo stare. L’aspirazione ad avere un campo ampio l’abbiamo avuta da subito, non a caso Curzio Maltese stava nel Pd».
È più prudente Pippo Civati del Pd, presente a Firenze come “esterno, ma bendisposto”. «Per ora è più importante capire il perimetro e cosa vuole fare il Pd», dice il deputato democratico. «Capire se il partito di Renzi abbandona tutta la sinistra. Anche quella al suo interno. La definizione di questo perimetro dipende anche da Renzi: se il Pd sbatte la porta è chiaro che un soggetto politico nascerà. E i leader sono quelli che conosciamo già, ma forse è il caso di trovarne degli altri. C’è Maurizio Landini che interpreta l’area sindacale, ma le realtà sono tante».
Tiziana Barillà
novembre 21st, 2014
«Questa rivoluzione non ha un volto». Con questo slogan i movimenti di protesta contro la troika hanno invaso le piazze europee: in Grecia come in Spagna. Eppure è anche grazie ai “volti” dei loro leader – Alexis Tsipras e Pablo Iglesias – che quei movimenti sono diventati le forze politiche che oggi rischiano di entrare dritte dritte nei palazzi del governo. La greca piazza Syntagma si è tradotta in Syriza, oggi primo partito ellenico che negli ultimi sondaggi supera il 31,3 per cento. Podemos, l’ala sinistra del movimento spagnolo degli indignados 15-M, in soli 9 mesi può già dirsi un partito di massa: se si votasse domani otterrebbe il 27 per cento dei consensi.
In Italia la sinistra radicale – quella a sinistra del Pd – da anni procede a una lenta e faticosa riunificazione. Lo scorso maggio alle Europee un traguardo lo ha raggiunto: il superamento dello sbarramento e l’elezione di tre eurodeputati. A vincere la sfida è stata L’Altra Europa con Tsipras, una lista radicale con un leader forte e riconoscibile, anche se straniero. Oggi la domanda è: se l’Altra Europa sta con Tsipras, l’Altra Italia con chi sta? A Firenze, il 16 e 17 novembre, di leader ce n’erano tanti: da quelli del Gue, i freschi e giovani rappresentanti della Sinistra europea, ai più “classici” italiani: Nichi Vendola, Pippo Civati, Paolo Ferrero, Sergio Cofferati, Fausto Bertinotti.
«Non mi nascondo che una delle malattie del nostro tempo è la personalizzazione della politica», ammette Marco Revelli, storico, sociologo e promotore de L’Altra Europa con Tsipras. «La considero una patologia e ho sufficiente realismo per sapere che le patologie sono dei dati di fatto, non si può far finta che non esistono. Ma non sono convinto che debba essere una sola, anche una pluralità di figure credibili andrebbe altrettanto bene».
Quello di un leader, insomma, non pare essere il primo assillo per il nuovo soggetto della sinistra. La preoccupazione per il momento è ancora ferma alla definizione del “perimetro” del nuovo soggetto. «Che deve essere ampio», secondo Massimo Torelli di Alba, «e includere anche una parte di democratici. Quando c’è una crisi economica reale e in campo una proposta rivoluzionaria come quella di Renzi, tutto ciò che c’era prima diventa storia, viene spazzato via». A Firenze, per Torelli, è stato definito il campo dell’ampiezza in cui «vogliamo stare. L’aspirazione ad avere un campo ampio l’abbiamo avuta da subito, non a caso Curzio Maltese stava nel Pd».
È più prudente Pippo Civati del Pd, presente a Firenze come “esterno, ma bendisposto”. «Per ora è più importante capire il perimetro e cosa vuole fare il Pd», dice il deputato democratico. «Capire se il partito di Renzi abbandona tutta la sinistra. Anche quella al suo interno. La definizione di questo perimetro dipende anche da Renzi: se il Pd sbatte la porta è chiaro che un soggetto politico nascerà. E i leader sono quelli che conosciamo già, ma forse è il caso di trovarne degli altri. C’è Maurizio Landini che interpreta l’area sindacale, ma le realtà sono tante».
-
- Messaggi: 822
- Iscritto il: 08/03/2012, 23:18
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
DOPO BENTORNATO CARLO MARX.
BENTORNATA LORETTA NAPOLEONI
Da Podemos a Syriza, il coraggio di tornare al socialismo
di Loretta Napoleoni | 23 novembre 2014
Più informazioni su: Alexis Tsipras, Grecia, Iglesias, Indignados, Irlanda del Nord, Sinistra, Sinn Fein, Socialismo, Spagna, Syriza
Loretta Napoleoni
Economista
Gli indignados spagnoli, il movimento spontaneo che nel 2011 ha scosso la Spagna sull’onda della primavera araba, concretizzatasi sull’altra sponda del mar Mediterraneo, è diventato un partito. Traducendo lo slogan che ha portato il Presidente Obama alla vittoria ‘yes, we can’, Podemos propone riforme radicali che lasciano in bocca un po’ di sapore di socialismo, per esempio, vietare alle imprese che vanno bene di licenziare i dipendenti; mettere la Banca centrale europea sotto la giurisdizione del parlamento; introdurre la settimana lavorativa di 35 ore per lavorare meno ma lavorare tutti; abbassare l’età pensionabile a 60 anni.
Ogni tanto la retorica socialista compare anche nel linguaggio usato dal leader appena eletto di Podemos, Pablo Iglesias (che non è parente del celeberrimo cantante Julio). Pablo proviene dalla facoltà di scienze politiche dell’Università Complutense di Madrid, meglio nota nei circoli della destra spagnola come ‘uno dei covi della sinistra’. Innegabile che Podemos, nato appena 10 mesi fa’, sia un movimento ed ora un partito costruito su un’agenda anti establishment, ma non è chiaro neppure a chi lo gestisce se la sua sia una bandiera molto simile a quella che la sinistra sventolava durante la Guerra.
Nonostante l’amicizia e simpatia che corre tra Podemos e la greca Syriza o l’irlandese Sinn Fein e nonostante i buoni risultati riportati da questi partiti nelle elezioni europee di maggio – Podemos 7,92; Sinn Fein 19,52; Syriza 26, 57 – non ci troviamo di fronte alla versione moderna dell’internazionale socialista.
Pablo Iglesias ci tiene a tenere le distanze dalla dicotomia classica destra sinistra, e forse non è un errore dato che dalla morte di Franco il processo di democratizzazione spagnolo è avvenuto sullo sfondo di due partiti, uno di destra, il PP, ed uno di sinistra, il PSOE. Discorso analogo vale per la Grecia, naturalmente, ed anche per l’Italia dove la contrapposizione destra sinistra ha caratterizzato tutto il dopoguerra fino alla caduta del Muro di Berlino. Dato che i resti delle carcasse – perché di questo ormai si stratta ormai – di questi partiti sono ancora presenti nell’arena politica di tutte queste nazioni, la cosa migliore, a detta di Podemos ed altri partiti europei simili, è evitare di confondere l’elettorato parlando invece di destra e sinistra, come ai tempi del ’68, di chi sta sopra e chi sta sotto.
Nel linguaggio di Iglesias come in quello di Alexis Tsipras, il leader greco, la dicotomia è tra quella piccola percentuale di ricchi ed il resto della popolazione, tra Germania e paesi dell’area mediterranea, che tradotto nel linguaggio degli anni Sessanta e Settanta significa rispettivamente tra capitale e lavoro e tra Stati Uniti e le sue colonie europee. Insomma molto poco è cambiato nella sostanza ma molto nell’apparenza e presentazione dei messaggi.
Iglesias è un uomo mediatico, come tutti i leader europei che cavalcano la tigre dell’anti-establishment, da Beppe Grillo al suo alleato Nigel Farage, passa più tempo davanti alle telecamere ed a microfoni che nelle riunioni di partito per formulare visioni politiche future. I programmi economici, sociali e politici vengono messi insieme sulla base delle richieste di una popolazione ormai allo stremo delle forze, vessata da anni di austerità ed impoverita da una recessione ormai trasformatasi in deflazione. I guru sono economisti di grido come Krugman e Stigliz, un tempo membri dell’establishment che hanno abbandonato all’indomani del grande crollo del 2008, quindi niente Marx, Lenin o Mao Tse Tung. Ma anche le tesi o le proposte dei nuovi guru vengono cannibalizzate secondo le lamentele espresse dalla popolazione. Insomma, nonostante si pensi che alle prossime elezioni spagnole Podemos potrebbe superare il 20 per cento, questo balzo non sarà legato ad una visione coerente ed alternativa dell’economia e della politica spagnola, ma ad un malcontento generale nei confronti degli altri partiti.
Eppure il fronte costituito da Podemos, Syriza e Sinn Fein ha tutti i numeri per resuscitare la teoria economica socialista e per adattarla ad un’Europa non più divisa ma unita da un’economia che ormai è destinata a convergere sulla base del modello classico del capitalismo neo-liberista. Insomma, avere il coraggio di giocare la carta socialista vera invece di quella della comunicazione, potrebbe dare all’Europa quella scossa di cui tutti sono ormai convinti abbia bisogno.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... o/1228893/
BENTORNATA LORETTA NAPOLEONI
Da Podemos a Syriza, il coraggio di tornare al socialismo
di Loretta Napoleoni | 23 novembre 2014
Più informazioni su: Alexis Tsipras, Grecia, Iglesias, Indignados, Irlanda del Nord, Sinistra, Sinn Fein, Socialismo, Spagna, Syriza
Loretta Napoleoni
Economista
Gli indignados spagnoli, il movimento spontaneo che nel 2011 ha scosso la Spagna sull’onda della primavera araba, concretizzatasi sull’altra sponda del mar Mediterraneo, è diventato un partito. Traducendo lo slogan che ha portato il Presidente Obama alla vittoria ‘yes, we can’, Podemos propone riforme radicali che lasciano in bocca un po’ di sapore di socialismo, per esempio, vietare alle imprese che vanno bene di licenziare i dipendenti; mettere la Banca centrale europea sotto la giurisdizione del parlamento; introdurre la settimana lavorativa di 35 ore per lavorare meno ma lavorare tutti; abbassare l’età pensionabile a 60 anni.
Ogni tanto la retorica socialista compare anche nel linguaggio usato dal leader appena eletto di Podemos, Pablo Iglesias (che non è parente del celeberrimo cantante Julio). Pablo proviene dalla facoltà di scienze politiche dell’Università Complutense di Madrid, meglio nota nei circoli della destra spagnola come ‘uno dei covi della sinistra’. Innegabile che Podemos, nato appena 10 mesi fa’, sia un movimento ed ora un partito costruito su un’agenda anti establishment, ma non è chiaro neppure a chi lo gestisce se la sua sia una bandiera molto simile a quella che la sinistra sventolava durante la Guerra.
Nonostante l’amicizia e simpatia che corre tra Podemos e la greca Syriza o l’irlandese Sinn Fein e nonostante i buoni risultati riportati da questi partiti nelle elezioni europee di maggio – Podemos 7,92; Sinn Fein 19,52; Syriza 26, 57 – non ci troviamo di fronte alla versione moderna dell’internazionale socialista.
Pablo Iglesias ci tiene a tenere le distanze dalla dicotomia classica destra sinistra, e forse non è un errore dato che dalla morte di Franco il processo di democratizzazione spagnolo è avvenuto sullo sfondo di due partiti, uno di destra, il PP, ed uno di sinistra, il PSOE. Discorso analogo vale per la Grecia, naturalmente, ed anche per l’Italia dove la contrapposizione destra sinistra ha caratterizzato tutto il dopoguerra fino alla caduta del Muro di Berlino. Dato che i resti delle carcasse – perché di questo ormai si stratta ormai – di questi partiti sono ancora presenti nell’arena politica di tutte queste nazioni, la cosa migliore, a detta di Podemos ed altri partiti europei simili, è evitare di confondere l’elettorato parlando invece di destra e sinistra, come ai tempi del ’68, di chi sta sopra e chi sta sotto.
Nel linguaggio di Iglesias come in quello di Alexis Tsipras, il leader greco, la dicotomia è tra quella piccola percentuale di ricchi ed il resto della popolazione, tra Germania e paesi dell’area mediterranea, che tradotto nel linguaggio degli anni Sessanta e Settanta significa rispettivamente tra capitale e lavoro e tra Stati Uniti e le sue colonie europee. Insomma molto poco è cambiato nella sostanza ma molto nell’apparenza e presentazione dei messaggi.
Iglesias è un uomo mediatico, come tutti i leader europei che cavalcano la tigre dell’anti-establishment, da Beppe Grillo al suo alleato Nigel Farage, passa più tempo davanti alle telecamere ed a microfoni che nelle riunioni di partito per formulare visioni politiche future. I programmi economici, sociali e politici vengono messi insieme sulla base delle richieste di una popolazione ormai allo stremo delle forze, vessata da anni di austerità ed impoverita da una recessione ormai trasformatasi in deflazione. I guru sono economisti di grido come Krugman e Stigliz, un tempo membri dell’establishment che hanno abbandonato all’indomani del grande crollo del 2008, quindi niente Marx, Lenin o Mao Tse Tung. Ma anche le tesi o le proposte dei nuovi guru vengono cannibalizzate secondo le lamentele espresse dalla popolazione. Insomma, nonostante si pensi che alle prossime elezioni spagnole Podemos potrebbe superare il 20 per cento, questo balzo non sarà legato ad una visione coerente ed alternativa dell’economia e della politica spagnola, ma ad un malcontento generale nei confronti degli altri partiti.
Eppure il fronte costituito da Podemos, Syriza e Sinn Fein ha tutti i numeri per resuscitare la teoria economica socialista e per adattarla ad un’Europa non più divisa ma unita da un’economia che ormai è destinata a convergere sulla base del modello classico del capitalismo neo-liberista. Insomma, avere il coraggio di giocare la carta socialista vera invece di quella della comunicazione, potrebbe dare all’Europa quella scossa di cui tutti sono ormai convinti abbia bisogno.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... o/1228893/
Ultima modifica di aaaa42 il 23/11/2014, 18:03, modificato 2 volte in totale.
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
IL FINANCIAL TIMES DA RAGIONE ALLA SINISTRA RADICALE EUROPEA
Radical left is right about Europe’s debt - FT.com.pdf [273.36 KiB]
Allego il testo dell'articolo perché' senza abbonamento non potreste leggerlo . Tradotto da google
Qui il link dell'articolo http://www.ft.com/intl/cms/s/0/48e6fa76 ... z3Ju6mkd7M[/url]
Sinistra radicale è giusto per il debito in Europa
Avverte Wolfgang MunchauWolfgang MünchauAuthor
È logicamente incoerente per la zona euro per entrare stagnazione secolare e non ristrutturare
Il logo EURO è dipinto di fronte alla Banca centrale europea, BCE a Francoforte / Main, Germania centrale, il 6 novembre 2014. La Banca centrale europea ha tenuto i suoi tassi di interesse di riferimento invariato al suo regolare incontro politico mensile. AFP PHOTO / DANIEL ROLAND © AFPL
et supponga che si condivide la visione consenso globale su ciò che la zona euro deve fare in questo momento. In particolare, si vuole vedere di più gli investimenti del settore pubblico e di ristrutturazione del debito.
Ora chiedetevi alla seguente domanda: se tu fossi un cittadino di un paese della zona euro, che partito politico vorresti sostenere che ciò avvenga? Si può essere sorpreso di vedere che non c'è molta scelta. In Germania, l'unico che si avvicina a tale agenda è Die Linke, gli ex comunisti. In Grecia, sarebbe Syriza; e in Spagna, sarebbe Podemos, che è venuto fuori dal nulla e ora è in testa nei sondaggi.
Tu non puoi considerarti un sostenitore della sinistra radicale. Ma se si vive nella zona euro e sostenuto quelle politiche, che sarebbe l'unica scelta.
Che dire partiti di centro-sinistra in Europa, i socialdemocratici e socialisti? Non hanno supportano tale ordine del giorno? Essi possono farlo quando sono all'opposizione. Ma una volta al governo sentono il bisogno di diventare rispettabile, al punto che scoprono i loro geni dal lato dell'offerta. Ricorda che, François Hollande, presidente francese, ha spiegato il cambiamento di politica del suo governo dicendo che l'offerta crea la domanda.
Tra i partiti radicali che sono emersi di recente, quello di guardare è Podemos. E 'ancora giovane, con un ordine del giorno in divenire. Da quello che ho letto finora, potrebbe essere quella che si avvicina di più di tutti quelli della zona euro ad offrire un approccio coerente alla gestione economica post-crisi.
In una recente intervista, Nacho Alvarez, un membro anziano del gruppo economico del partito, espose il suo programma con una chiarezza rinfrescante. Il 37-year-old professore di economia, dice l'onere del debito spagnolo, sia privati che pubblici, è insostenibile e deve essere ridotto. Questo potrebbe includere una combinazione di una rinegoziazione dei tassi di interesse, periodi di grazia, ristrutturazione del debito e un taglio di capelli. Ha anche detto obiettivo Podemos 'non era di lasciare la zona euro - ma che ugualmente il partito non avrebbe insistito per l'adesione a tutti i costi. L'obiettivo è il benessere economico del paese.
Per un estraneo, che sembra una posizione equilibrata. Non così in Spagna. L'istituzione teme che questo ordine del giorno si trasformerà il paese in una versione europea del Venezuela. Ma non c'è nulla di controverso circa la dichiarazione che, se il debito è insostenibile ha bisogno di essere ristrutturata. O che se l'euro dovesse portare decenni di sofferenza, sarebbe perfettamente legittimo mettere in discussione le istituzioni e le politiche della zona euro.
I partiti del centro-sinistra e centro-destra stanno permettendo l'Europa alla deriva nel equivalente economico di un inverno nucleare
La posizione Podemos riconosce una semplice verità sulla zona euro alla fine del 2014. È logicamente incoerente per la moneta unica per entrare in una stagnazione secolare e non ristrutturare il proprio debito. Poiché nulla è stato fatto per evitare il primo, c'è una probabilità avvicina 100 per cento di quest'ultimo avvenimento.
Tuttavia, per il momento, i governi europei continuano a giocare "estendere e far finta". Qualora tale strategia miope conduce può essere visto in Grecia. Dopo sei anni di depressione economica, il governo si trova in una crisi politica acuta. Syriza è leader nei sondaggi, e ha buone probabilità di assumere il potere alle prossime elezioni generali, possibilmente nel 2015.
La Spagna non è ancora in quel frangente. Podemos potrebbero privare i maggiori partiti - il Partito popolare del premier Mariano Rajoy e il partito di opposizione socialista - della maggioranza assoluta nelle elezioni del prossimo anno. Potrebbe forzare i due in una grande coalizione in stile tedesco - che stabilisca il nuovo partito come la principale opposizione.
La situazione in Italia è diversa, ma non meno grave. Se il premier Matteo Renzi non riesce a generare una ripresa economica nei suoi restanti tre anni di mandato, il movimento di opposizione Cinque Stelle sarebbe in pole position per formare il prossimo governo. A differenza di Podemos, questo è un partito veramente radicale, un convinto sostenitore di uscita dell'euro. Così sono il Fronte Nazionale in Francia e in Germania Alternative für Deutschland.
Cosa Podemos deve ancora fare è offrire una visione coerente di vita dopo una ristrutturazione del debito. Sarebbe una buona idea se il partito si è organizzato a livello di zona euro oltre la sua alleanza con Syriza al Parlamento europeo, perché è lì che sono fatte le decisioni politiche pertinenti. Una risoluzione del debito per la Spagna, necessario come è, può essere solo l'inizio di un cambiamento politico più ampio.
La tragedia della zona euro di oggi è il senso di rassegnazione con cui le parti stabilimento del centro-sinistra e centro-destra stanno permettendo l'Europa alla deriva in l'equivalente economico di un inverno nucleare. Si tratta di una particolare tragedia che partiti di estrema sinistra sono gli unici che supportano le politiche sensibili, come la ristrutturazione del debito. L'aumento di Podemos mostra che vi è una domanda di politica alternativa. A meno che le parti stabilite spostano la loro posizione, che lascerà una grande apertura del calibro di Podemos e Syriza.
Radical left is right about Europe’s debt - FT.com.pdf [273.36 KiB]
Allego il testo dell'articolo perché' senza abbonamento non potreste leggerlo . Tradotto da google
Qui il link dell'articolo http://www.ft.com/intl/cms/s/0/48e6fa76 ... z3Ju6mkd7M[/url]
Sinistra radicale è giusto per il debito in Europa
Avverte Wolfgang MunchauWolfgang MünchauAuthor
È logicamente incoerente per la zona euro per entrare stagnazione secolare e non ristrutturare
Il logo EURO è dipinto di fronte alla Banca centrale europea, BCE a Francoforte / Main, Germania centrale, il 6 novembre 2014. La Banca centrale europea ha tenuto i suoi tassi di interesse di riferimento invariato al suo regolare incontro politico mensile. AFP PHOTO / DANIEL ROLAND © AFPL
et supponga che si condivide la visione consenso globale su ciò che la zona euro deve fare in questo momento. In particolare, si vuole vedere di più gli investimenti del settore pubblico e di ristrutturazione del debito.
Ora chiedetevi alla seguente domanda: se tu fossi un cittadino di un paese della zona euro, che partito politico vorresti sostenere che ciò avvenga? Si può essere sorpreso di vedere che non c'è molta scelta. In Germania, l'unico che si avvicina a tale agenda è Die Linke, gli ex comunisti. In Grecia, sarebbe Syriza; e in Spagna, sarebbe Podemos, che è venuto fuori dal nulla e ora è in testa nei sondaggi.
Tu non puoi considerarti un sostenitore della sinistra radicale. Ma se si vive nella zona euro e sostenuto quelle politiche, che sarebbe l'unica scelta.
Che dire partiti di centro-sinistra in Europa, i socialdemocratici e socialisti? Non hanno supportano tale ordine del giorno? Essi possono farlo quando sono all'opposizione. Ma una volta al governo sentono il bisogno di diventare rispettabile, al punto che scoprono i loro geni dal lato dell'offerta. Ricorda che, François Hollande, presidente francese, ha spiegato il cambiamento di politica del suo governo dicendo che l'offerta crea la domanda.
Tra i partiti radicali che sono emersi di recente, quello di guardare è Podemos. E 'ancora giovane, con un ordine del giorno in divenire. Da quello che ho letto finora, potrebbe essere quella che si avvicina di più di tutti quelli della zona euro ad offrire un approccio coerente alla gestione economica post-crisi.
In una recente intervista, Nacho Alvarez, un membro anziano del gruppo economico del partito, espose il suo programma con una chiarezza rinfrescante. Il 37-year-old professore di economia, dice l'onere del debito spagnolo, sia privati che pubblici, è insostenibile e deve essere ridotto. Questo potrebbe includere una combinazione di una rinegoziazione dei tassi di interesse, periodi di grazia, ristrutturazione del debito e un taglio di capelli. Ha anche detto obiettivo Podemos 'non era di lasciare la zona euro - ma che ugualmente il partito non avrebbe insistito per l'adesione a tutti i costi. L'obiettivo è il benessere economico del paese.
Per un estraneo, che sembra una posizione equilibrata. Non così in Spagna. L'istituzione teme che questo ordine del giorno si trasformerà il paese in una versione europea del Venezuela. Ma non c'è nulla di controverso circa la dichiarazione che, se il debito è insostenibile ha bisogno di essere ristrutturata. O che se l'euro dovesse portare decenni di sofferenza, sarebbe perfettamente legittimo mettere in discussione le istituzioni e le politiche della zona euro.
I partiti del centro-sinistra e centro-destra stanno permettendo l'Europa alla deriva nel equivalente economico di un inverno nucleare
La posizione Podemos riconosce una semplice verità sulla zona euro alla fine del 2014. È logicamente incoerente per la moneta unica per entrare in una stagnazione secolare e non ristrutturare il proprio debito. Poiché nulla è stato fatto per evitare il primo, c'è una probabilità avvicina 100 per cento di quest'ultimo avvenimento.
Tuttavia, per il momento, i governi europei continuano a giocare "estendere e far finta". Qualora tale strategia miope conduce può essere visto in Grecia. Dopo sei anni di depressione economica, il governo si trova in una crisi politica acuta. Syriza è leader nei sondaggi, e ha buone probabilità di assumere il potere alle prossime elezioni generali, possibilmente nel 2015.
La Spagna non è ancora in quel frangente. Podemos potrebbero privare i maggiori partiti - il Partito popolare del premier Mariano Rajoy e il partito di opposizione socialista - della maggioranza assoluta nelle elezioni del prossimo anno. Potrebbe forzare i due in una grande coalizione in stile tedesco - che stabilisca il nuovo partito come la principale opposizione.
La situazione in Italia è diversa, ma non meno grave. Se il premier Matteo Renzi non riesce a generare una ripresa economica nei suoi restanti tre anni di mandato, il movimento di opposizione Cinque Stelle sarebbe in pole position per formare il prossimo governo. A differenza di Podemos, questo è un partito veramente radicale, un convinto sostenitore di uscita dell'euro. Così sono il Fronte Nazionale in Francia e in Germania Alternative für Deutschland.
Cosa Podemos deve ancora fare è offrire una visione coerente di vita dopo una ristrutturazione del debito. Sarebbe una buona idea se il partito si è organizzato a livello di zona euro oltre la sua alleanza con Syriza al Parlamento europeo, perché è lì che sono fatte le decisioni politiche pertinenti. Una risoluzione del debito per la Spagna, necessario come è, può essere solo l'inizio di un cambiamento politico più ampio.
La tragedia della zona euro di oggi è il senso di rassegnazione con cui le parti stabilimento del centro-sinistra e centro-destra stanno permettendo l'Europa alla deriva in l'equivalente economico di un inverno nucleare. Si tratta di una particolare tragedia che partiti di estrema sinistra sono gli unici che supportano le politiche sensibili, come la ristrutturazione del debito. L'aumento di Podemos mostra che vi è una domanda di politica alternativa. A meno che le parti stabilite spostano la loro posizione, che lascerà una grande apertura del calibro di Podemos e Syriza.
-
- Messaggi: 822
- Iscritto il: 08/03/2012, 23:18
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
a parte il nome sinistra no euro ,un nome antimarxista e demenziale il problema euro. esiste oggettivamemente va quindi soggettivizato a sinistra. importante tra le molte proposte politiche quella su CCF certificati di credito fiscale proposti da Gallino sylos labini e altri. questo l intervento del prof. brancaccio interessante come sempre
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... 82&pg=9522
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... 82&pg=9522
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
sintetizzando da http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... 82&pg=9522
La sinistra deve proporre un controllo di capitale nel breve e medio. Le destre propongono di bloccare i flussi e Schengen per sfruttare il lavoro clandestino, le sinistre dovrebbero proporre di bloccare i movimenti indiscriminati di capitale a bassi profitti. Ed ancora, loro proporranno misure protezionistici a difesa degli interessi nazionali, la sinistra dovrà condizionare l'afflusso di capitali e merci a determinati standard di lavoro e sociali dal paese importatore. Gli scambi vanno fatti solo con quei paesi dove il lavoro è pagato adeguatamente: non è una limitazione degli scambi, ma una scelta in base. La proposta non è la farneticazione di un marxista, ma l'interpretazione che da l'ILO del commercio internazionale e che prende spunto da un articolo del lo Statuto del Fmi, in vigore anche se nessuno lo prende mai in considerazione, che sancisce come “i paesi che attuano deflazione interna per aumentare esportazioni possono essere sottoposti a limitazioni da parte degli altri paesi”. Questa visione permetterebbe alle sinistre europee di avere un proprio punto di vista, alternativo alle destre xenofobe e gattopardesche.
Si potrebbe pure attuare gli scambi con tutti , solo applicando dazi che tengano conto delle differenze sopra citate
La sinistra deve proporre un controllo di capitale nel breve e medio. Le destre propongono di bloccare i flussi e Schengen per sfruttare il lavoro clandestino, le sinistre dovrebbero proporre di bloccare i movimenti indiscriminati di capitale a bassi profitti. Ed ancora, loro proporranno misure protezionistici a difesa degli interessi nazionali, la sinistra dovrà condizionare l'afflusso di capitali e merci a determinati standard di lavoro e sociali dal paese importatore. Gli scambi vanno fatti solo con quei paesi dove il lavoro è pagato adeguatamente: non è una limitazione degli scambi, ma una scelta in base. La proposta non è la farneticazione di un marxista, ma l'interpretazione che da l'ILO del commercio internazionale e che prende spunto da un articolo del lo Statuto del Fmi, in vigore anche se nessuno lo prende mai in considerazione, che sancisce come “i paesi che attuano deflazione interna per aumentare esportazioni possono essere sottoposti a limitazioni da parte degli altri paesi”. Questa visione permetterebbe alle sinistre europee di avere un proprio punto di vista, alternativo alle destre xenofobe e gattopardesche.
Si potrebbe pure attuare gli scambi con tutti , solo applicando dazi che tengano conto delle differenze sopra citate
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Nessuno e 0 ospiti