La corsa per il colle
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La corsa per il colle
Prossimamente si dovrà decidere quale possa essere la persona pu' adatta per il Colle.
Donna o uomo?
Politico o solamente della società civile?
Che regni e non governi oppure un uomo forte?
Oggi con la visita di Prodi a Palazzo Chigi FI e' in fibrillazione.
Certamente e' il solito giochino vecchio per dire a Berlusconi di non mettere veti altrimenti una maggioranza esiste lo stesso.
Prodi:«Il Quirinale? Non è nel mio futuro, quando uno smette deve smettere»
Renzi:«Il Pd pronto ad eleggere il garante delle istituzioni»
Boschi: «Sceglieremo un nome e lo proporremo»Boschi: «Sceglieremo un nome e lo proporremo»
Dobbiamo aspettarci il solito pasticcio per accontentare Berlusconi ed il suo patto del Nazzareno?
un salutone da Juan
Donna o uomo?
Politico o solamente della società civile?
Che regni e non governi oppure un uomo forte?
Oggi con la visita di Prodi a Palazzo Chigi FI e' in fibrillazione.
Certamente e' il solito giochino vecchio per dire a Berlusconi di non mettere veti altrimenti una maggioranza esiste lo stesso.
Prodi:«Il Quirinale? Non è nel mio futuro, quando uno smette deve smettere»
Renzi:«Il Pd pronto ad eleggere il garante delle istituzioni»
Boschi: «Sceglieremo un nome e lo proporremo»Boschi: «Sceglieremo un nome e lo proporremo»
Dobbiamo aspettarci il solito pasticcio per accontentare Berlusconi ed il suo patto del Nazzareno?
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: La corsa per il colle
Questa corsa per il Colle si presta a numerose letture, a secondo da che parti la guardi. Cade in uno dei momenti peggiori della storia Repubblicana, in cui nella strettoia ci stanno da risolvere tutte le crisi da cui è affetta questa nazione.
Dal punto di vista della casta.
Dal punto di vista della casta, si tratta solo della continuazione della lotta politica, che con lo stato di grazia del Bel Paese non c’entra nulla.
continua
Dal punto di vista della casta.
Dal punto di vista della casta, si tratta solo della continuazione della lotta politica, che con lo stato di grazia del Bel Paese non c’entra nulla.
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Re: La corsa per il colle
Berlusconi sostiene che questo è il tempo di un presidente espressione del Cd. E’ più che chiaro che in tutto questo tempo non ha ancora compreso la funzione del presidente della Repubblica.
Dubito che uno come lui che da sempre è un sostenitore della corruzione perché tutti gli uomini sono corrompibili, perché è solo un questione di prezzo, possa dare un contributo sostanziale in un passaggio difficile come questo. Il suo candidato preferito, da sempre, è Gianni Letta. Uno ovviamente che potrebbe prendere in considerazione la grazia presidenziale.
Renzie, è alla costante ricerca del solito successo personale. Vuole poi una figura presidenziale che non oscuri la sua immagine. Quindi un personaggio debole. Del Paese non gliene frega assolutamente niente. Ha fatto una prova con Muti, bruciandolo quindi subito. Un personaggio che accontentasse la scuola di pensiero del presidente sopra le parti non appartenente al mondo della politica. Ma che poi gli fosse riconoscente e quindi piegato ai suoi voleri.
Da quanto sentito dagli indigeni, in questo caso questo campione di italiani non si è dimostrato poi tanto fesso come credono i politici. Si sono accorti subito della bufala Muti.
Salvini ha proposto Vittorio Feltri, Piero Ostellino, oltre al patron della Esselunga Caprotti. Un bel destrone in camicia nera.
Un altro che ha le idee poco chiare.
Dai 5 stelle non si è ancora capito cosa vogliono.
In questo quadro non sembra che si possa addivenire ad una soluzione ottimale per il Paese.
Infastidisce ancora di più perché questa classe politica non corrisponde ad una rappresentanza popolare. Nel punto di Paolo Pagliaro di ieri sera a “Otto e mezzo” nel grafico del consenso degli italiani verso la classe politica, gli ha riservato ad ieri un 5 %.
Come possono essere questi screditati parlamentari a scegliere il presidente della Repubblica se non ci sentiamo sufficientemente rappresentati.
Ergo diventa una partita tutta loro in un momento difficile.
Dubito che uno come lui che da sempre è un sostenitore della corruzione perché tutti gli uomini sono corrompibili, perché è solo un questione di prezzo, possa dare un contributo sostanziale in un passaggio difficile come questo. Il suo candidato preferito, da sempre, è Gianni Letta. Uno ovviamente che potrebbe prendere in considerazione la grazia presidenziale.
Renzie, è alla costante ricerca del solito successo personale. Vuole poi una figura presidenziale che non oscuri la sua immagine. Quindi un personaggio debole. Del Paese non gliene frega assolutamente niente. Ha fatto una prova con Muti, bruciandolo quindi subito. Un personaggio che accontentasse la scuola di pensiero del presidente sopra le parti non appartenente al mondo della politica. Ma che poi gli fosse riconoscente e quindi piegato ai suoi voleri.
Da quanto sentito dagli indigeni, in questo caso questo campione di italiani non si è dimostrato poi tanto fesso come credono i politici. Si sono accorti subito della bufala Muti.
Salvini ha proposto Vittorio Feltri, Piero Ostellino, oltre al patron della Esselunga Caprotti. Un bel destrone in camicia nera.
Un altro che ha le idee poco chiare.
Dai 5 stelle non si è ancora capito cosa vogliono.
In questo quadro non sembra che si possa addivenire ad una soluzione ottimale per il Paese.
Infastidisce ancora di più perché questa classe politica non corrisponde ad una rappresentanza popolare. Nel punto di Paolo Pagliaro di ieri sera a “Otto e mezzo” nel grafico del consenso degli italiani verso la classe politica, gli ha riservato ad ieri un 5 %.
Come possono essere questi screditati parlamentari a scegliere il presidente della Repubblica se non ci sentiamo sufficientemente rappresentati.
Ergo diventa una partita tutta loro in un momento difficile.
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Re: La corsa per il colle
Prossimamente si dovrà decidere quale possa essere la persona pu' adatta per il Colle.
Donna o uomo?
Negli anni passati sono sempre stato favorevole alla presenza di una donna al Colle.
Ma poi nel tempo le donne mi hanno deluso. Ho sempre detto sì nei tempi andati perché avevo di fronte donne del calibro di Nilde Jotti, Tina Anselmi, e qualche altra, che potevano ben reggere il confronto con i maschi.
Oggi, proprio no.
E poi ci sta una situazione difficilissima da dipanare. Già non ci sono uomini all'altezza della situazione, figuriamoci le donne. Non di certo la presidentessa dell'Ikea con le sue guardie del corpo che la aiutano a spingere il carrello della spesa.
Donna o uomo?
Negli anni passati sono sempre stato favorevole alla presenza di una donna al Colle.
Ma poi nel tempo le donne mi hanno deluso. Ho sempre detto sì nei tempi andati perché avevo di fronte donne del calibro di Nilde Jotti, Tina Anselmi, e qualche altra, che potevano ben reggere il confronto con i maschi.
Oggi, proprio no.
E poi ci sta una situazione difficilissima da dipanare. Già non ci sono uomini all'altezza della situazione, figuriamoci le donne. Non di certo la presidentessa dell'Ikea con le sue guardie del corpo che la aiutano a spingere il carrello della spesa.
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Re: La corsa per il colle
Oh Maronn’ u' Carmn!!.....Gesù,…Gesù
RENZI VUOLE PRIMA L’ITALICUM CARTA SEGRETA PER IL COLLE
(Wanda Marra).
18/12/2014 di triskel182
IL PREMIER SPERA CHE NAPOLITANO RITARDI DI QUALCHE GIORNO LE DIMISSIONI ENNESIMA GUERRA CON FORZA ITALIA CHE VUOLE PRIMA ELEGGERE IL SUCCESSORE.
Quello che ha in testa davvero Renzi per il nuovo presidente della Repubblica non lo dice a nessuno”. Il commento è condiviso dagli alti dirigenti Dem, come al Colle. Il grande gioco del Quirinale è ufficialmente iniziato, il nome va proposto dal Pd. E il presidente del Consiglio è alla ricerca sia di una strategia che non lo faccia diventare rapidamente vittima di un Parlamento pronto a impallinarlo, sia di una figura che vada bene a lui, ma sia nello stesso tempo votabile dagli altri. Una ricerca che va di pari passo alla gestione degli altri due capi del triangolo delle Bermuda, dimissioni di Napolitano e approvazione dell’Italicum.
INTANTO, ha stabilito la war room: ci sono il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Lotti e il ministro delle Riforme, Boschi, il vice segretario Pd, Guerini, i capigruppo a Camera e Senato, Speranza e Zanda, e il presidente dem, Orfini, tra una pratica e l’altra su Roma. Renzi ieri mattina è andato in Senato, ha spiegato i punti dell’Italicum, e ha chiarito che intende arrivare al voto prima dell’elezione del Colle. “Con il suo discorso iper-renziano, Napolitano ha blindato il premier. Quindi ora il Parlamento deve andare avanti con le riforme”, spiegano i fedelissimi. Renzi, dunque, ha tutte le intenzioni di usare quel (poco) tempo in più che gli ha concesso il Presidente, con le dimissioni non prima del 14 gennaio e i 15 giorni che possono passare tra queste e l’inizio dell’elezione del suo successore. Anzi, i suoi ancora cercano di rosicchiare giorni: il Presidente starebbe aspettando il timing delle riforme per capire se può rimandare l’addio fino alla fine di gennaio. Ma in commissione sono stati presentati oltre diecimila emendamenti. L’idea è di portare l’Italicum direttamente in aula. Dovrebbe arrivare il 22 dicembre o il 7-8 gennaio, per esser licenziato non oltre il 23. E se in Aula si dovesse ripresentare la stessa situazione? Si parla di canguro, di contingentamento dei tempi, di tagliola. C’è il precedente del voto sulle riforme l’estate scorsa: prova non brillantissima, dalla quale il governo uscì dopo aver preso a testate l’opposizione, in molto più tempo di quanto avrebbe voluto. Trattativa politica in atto sulla clausola di salvaguardia. Renzi ha intenzione solo di inserire nell’Italicum una data dalla quale entra in vigore. Il duo Boschi-Guerini, da un lato, e Verdini in contatto con l’ex Cavaliere, dall’altro, hanno lavorato per cercare una data tra il gennaio 2016 e il settembre 2017 che vada bene ad entrambi i contraenti del Nazareno. Il vero timing di Renzi potrebbe essere quello di chiudere l’iter di riforme istituzionali a fine del 2015, fare il referendum popolare per confermare il superamento del bicameralismo e sul traino del successo andare alle elezioni. FI non vuole. Nessun Mattarellum di riserva, invece. Primo, perché Renzi l’Italicum lo vuole senza se e senza ma. E poi, perché lasciar aleggiare l’idea che potrebbe rimanere in vita il Consultellum in caso di voto anticipato è un modo per placare chi nella minoranza medita scissioni (e dunque prefererirebbe un proporzionale). Tra i retro-pensieri del presidente del Consiglio ci sta pure quello, in caso di voto, di fare un decreto o una leggina per andare a elezioni con Italicum a Montecitorio e Consultellum al Senato. QUESTIONI di là da venire. Ma Fi ha chiesto la calendarizzazione dell’Italicum, dopo l’elezione del nuovo Presidente. Pronta la reazione del Pd: “Rispettino i tempi o avanti da soli”. Al Nazareno però, in via ufficiosa lo dicono fuori dai denti: “Dobbiamo mettere pressione”. Il grado di esistenza in vita del Nazareno è ormai un tormentone quotidiano. Il punto è il controllo delle fronde. E così, il lavoro della cabina di regia diventa sempre più importante. Lotti è dall’inizio della legislatura il deputato con il compito di controllare i colleghi. Il problema è che il controllo è esteso anche a gente che i fiorentini conoscono poco. E allora, ecco sondaggi quotidiani e pressioni di vario tipo. Siamo ancora all’inizio. Il premier pensa al nome da proporre. Un identikit piuttosto preciso parla di una figura sufficientemente fidata, ma autorevole. Che lo aiuti. Come in fondo ha fatto Napolitano negli ultimi mesi. Fino a telefonare a molti autorevoli dirigenti della minoranza dem prima del discorso di mercoledì per invitarli a collaborare. Una figura dunque di peso, ma disposta a fare quello che vuole il premier all’occorrenza. E che sia abbastanza di garanzia per tutti. In molti pensano che un politico non sarebbe adatto. Dunque, torna Pier Carlo Padoan. Si sa quando un nome si fa troppo forte c’è il rischio di bruciarlo. Ma una pattuglia, a partire dai Giovani Turchi, ci sta lavorando davvero. Tra i politici, spiccano Piero Fassino e Walter Veltroni. Resta la Severino. Tra le carte più coperte Dario Franceschini. Come estrema ratio, Romano Prodi. Dietro l’angolo c’è sempre Pietro Grasso.
Da Il Fatto Quotidiano del 18/12/2014.
RENZI VUOLE PRIMA L’ITALICUM CARTA SEGRETA PER IL COLLE
(Wanda Marra).
18/12/2014 di triskel182
IL PREMIER SPERA CHE NAPOLITANO RITARDI DI QUALCHE GIORNO LE DIMISSIONI ENNESIMA GUERRA CON FORZA ITALIA CHE VUOLE PRIMA ELEGGERE IL SUCCESSORE.
Quello che ha in testa davvero Renzi per il nuovo presidente della Repubblica non lo dice a nessuno”. Il commento è condiviso dagli alti dirigenti Dem, come al Colle. Il grande gioco del Quirinale è ufficialmente iniziato, il nome va proposto dal Pd. E il presidente del Consiglio è alla ricerca sia di una strategia che non lo faccia diventare rapidamente vittima di un Parlamento pronto a impallinarlo, sia di una figura che vada bene a lui, ma sia nello stesso tempo votabile dagli altri. Una ricerca che va di pari passo alla gestione degli altri due capi del triangolo delle Bermuda, dimissioni di Napolitano e approvazione dell’Italicum.
INTANTO, ha stabilito la war room: ci sono il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Lotti e il ministro delle Riforme, Boschi, il vice segretario Pd, Guerini, i capigruppo a Camera e Senato, Speranza e Zanda, e il presidente dem, Orfini, tra una pratica e l’altra su Roma. Renzi ieri mattina è andato in Senato, ha spiegato i punti dell’Italicum, e ha chiarito che intende arrivare al voto prima dell’elezione del Colle. “Con il suo discorso iper-renziano, Napolitano ha blindato il premier. Quindi ora il Parlamento deve andare avanti con le riforme”, spiegano i fedelissimi. Renzi, dunque, ha tutte le intenzioni di usare quel (poco) tempo in più che gli ha concesso il Presidente, con le dimissioni non prima del 14 gennaio e i 15 giorni che possono passare tra queste e l’inizio dell’elezione del suo successore. Anzi, i suoi ancora cercano di rosicchiare giorni: il Presidente starebbe aspettando il timing delle riforme per capire se può rimandare l’addio fino alla fine di gennaio. Ma in commissione sono stati presentati oltre diecimila emendamenti. L’idea è di portare l’Italicum direttamente in aula. Dovrebbe arrivare il 22 dicembre o il 7-8 gennaio, per esser licenziato non oltre il 23. E se in Aula si dovesse ripresentare la stessa situazione? Si parla di canguro, di contingentamento dei tempi, di tagliola. C’è il precedente del voto sulle riforme l’estate scorsa: prova non brillantissima, dalla quale il governo uscì dopo aver preso a testate l’opposizione, in molto più tempo di quanto avrebbe voluto. Trattativa politica in atto sulla clausola di salvaguardia. Renzi ha intenzione solo di inserire nell’Italicum una data dalla quale entra in vigore. Il duo Boschi-Guerini, da un lato, e Verdini in contatto con l’ex Cavaliere, dall’altro, hanno lavorato per cercare una data tra il gennaio 2016 e il settembre 2017 che vada bene ad entrambi i contraenti del Nazareno. Il vero timing di Renzi potrebbe essere quello di chiudere l’iter di riforme istituzionali a fine del 2015, fare il referendum popolare per confermare il superamento del bicameralismo e sul traino del successo andare alle elezioni. FI non vuole. Nessun Mattarellum di riserva, invece. Primo, perché Renzi l’Italicum lo vuole senza se e senza ma. E poi, perché lasciar aleggiare l’idea che potrebbe rimanere in vita il Consultellum in caso di voto anticipato è un modo per placare chi nella minoranza medita scissioni (e dunque prefererirebbe un proporzionale). Tra i retro-pensieri del presidente del Consiglio ci sta pure quello, in caso di voto, di fare un decreto o una leggina per andare a elezioni con Italicum a Montecitorio e Consultellum al Senato. QUESTIONI di là da venire. Ma Fi ha chiesto la calendarizzazione dell’Italicum, dopo l’elezione del nuovo Presidente. Pronta la reazione del Pd: “Rispettino i tempi o avanti da soli”. Al Nazareno però, in via ufficiosa lo dicono fuori dai denti: “Dobbiamo mettere pressione”. Il grado di esistenza in vita del Nazareno è ormai un tormentone quotidiano. Il punto è il controllo delle fronde. E così, il lavoro della cabina di regia diventa sempre più importante. Lotti è dall’inizio della legislatura il deputato con il compito di controllare i colleghi. Il problema è che il controllo è esteso anche a gente che i fiorentini conoscono poco. E allora, ecco sondaggi quotidiani e pressioni di vario tipo. Siamo ancora all’inizio. Il premier pensa al nome da proporre. Un identikit piuttosto preciso parla di una figura sufficientemente fidata, ma autorevole. Che lo aiuti. Come in fondo ha fatto Napolitano negli ultimi mesi. Fino a telefonare a molti autorevoli dirigenti della minoranza dem prima del discorso di mercoledì per invitarli a collaborare. Una figura dunque di peso, ma disposta a fare quello che vuole il premier all’occorrenza. E che sia abbastanza di garanzia per tutti. In molti pensano che un politico non sarebbe adatto. Dunque, torna Pier Carlo Padoan. Si sa quando un nome si fa troppo forte c’è il rischio di bruciarlo. Ma una pattuglia, a partire dai Giovani Turchi, ci sta lavorando davvero. Tra i politici, spiccano Piero Fassino e Walter Veltroni. Resta la Severino. Tra le carte più coperte Dario Franceschini. Come estrema ratio, Romano Prodi. Dietro l’angolo c’è sempre Pietro Grasso.
Da Il Fatto Quotidiano del 18/12/2014.
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Re: La corsa per il colle
il Fatto 18.12.14
Bande e correnti
Così si organizzano i franchi tiratori
I 101 che impallinarono Prodi sono già raddoppiati
Tanti gruppi seminano il panico tra i democratici e i fittiani sono pronti a distruggere il Nazareno
di Fabrizio d’Esposito
Il manuale del franco tiratore sul Quirinale che verrà prende forma ora dopo ora nei capannelli o sui divanetti del Transatlantico di Montecitorio.
I renziani tentano di esorcizzare l’abisso del pantano con un finto e nervoso ottimismo.
Chi racconta che alla fine ci sarà il metodo Ciampi già al primo scrutinio, chi ribadisce che comunque non si andrà oltre la quinta votazione, quando servirà la maggioranza assoluta di 505 su 1008 grandi elettori. Ma le truppe dei ribelli, emuli dei 101 che frantumarono sia Prodi sia la Ditta di Bersani, si stanno organizzando e promettono di essere almeno il doppio di quelli che provocarono la genuflessione di un intero sistema davanti a Napolitano, con la supplica di accettare un inedito secondo mandato.
Il viaggio nei palazzi dove nascono le trame
La ricognizione del cronista, ovviamente, parte dal Partito democratico renziano che sulla carta conta 446 voti. La mappa del dissenso la fa un bersaniano ortodosso, a taccuino chiuso: “Non è vero che siamo 40. Siamo almeno il doppio”. Segue la descrizione delle tribù: “Tra Bersani e D’Alema, quelli fedeli-fedeli senza canali con Renzi sono 25. Poi una decina controllati da Fioroni, dieci di Civati, una ventina dell’area Cgil di Fassina e Damiano”. Siamo a 65. E il resto? “A questo punto entrano in ballo i malpancisti trasversali a tutte le correnti: parlamentari che vogliono la riconferma oppure che si lamentano di essere stati emarginati sul territorio; aspiranti sottosegretari che sono rimasti fuori dal governo; semplici deputati condannati all’anonimato che invidiano i colleghi che vanno in tv”. La somma di quest’ultima tribù, nome dopo nome, sfiora la cinquantina. In pratica, siamo a 115, ben oltre i 101 di prodiana memoria. Ma ecco che scatta la variante Nazareno, snodo decisivo della lunga partita che durerà due mesi: “Se Renzi ci porta impacchettato il candidato concordato con Berlusconi per la serie prendere o lasciare allora si sale minimo a 140, se non di più”. Qui è Rodi e qui bisogna saltare. Ed è per questo che Bersani vuole intestarsi il ruolo di mediatore unitario delle minoranze per trattare con il premier. La condizione dei ribelli è una soltanto: “Sconfessare Berlusconi e proporre uno dei nostri. Se il premier è un ex dc della Margherita, allora al Colle può andarci un pidino di matrice diessina”. I nomi che circolano sono tre, tenendo presente che ognuno di loro avrebbe già sondato riservatamente il Condannato: Piero Fassino, Walter Veltroni e Anna Finocchiaro. Qualcuno sostiene che alla fine potrebbe uscire lo stesso Bersani, ma molto dipenderà dall’inizio degli scrutini. Agli emissari dei ribelli, però, è chiara la minaccia che Renzi agiterà per farsi seguire: il voto anticipato. È lo schema del teorema propugnato dal forzista dissidente Augusto Minzolini: “A questo Parlamento, il futuro capo dello Stato deve garantire solo una cosa: far terminare la legislatura nel 2018. Con questa promessa potrebbe sperare persino Prodi”. Un paradosso, ma nemmeno tanto. Dai potenziali 140 del Pd si passa alle faide di Forza Italia. Ieri mattina a Omnibus, il fittiano Francesco Paolo Sisto – dopo aver collocato le parole di Napolitano contro le minoranze in una sorta di “anticamera dell’antidemocrazia” – ha detto chiaramente che la successione a Napolitano sarà un affare “molto complesso”. I parlamentari che fanno riferimento all’ex governatore pugliese Raffaele Fitto, baluardo azzurro contro il patto del Nazareno tra B. e Renzi, sono almeno quaranta dichiarati, pronti a diventare cinquanta nel segreto dell’urna. Battuta di un deputato non renziano del Pd: “A dare la linea a Fitto ci penserà D’Alema”. Segno che la leggenda sull’interlocuzione tra i due non è tramontata. Anzi: lo spettro di una convergenza tattica tra le due minoranze interne è un’altra variabile impazzita del Grande Gioco del Quirinale. E 140 più 50 fa 190 schegge impazzite che nel loro percorso segreto potrebbero incrociare le ambizioni dei centristi sparsi tra alfaniani di Ncd, casiniani dell’Udc ed ex montiani di Scelta civica. I neodc hanno un candidato, non solo di bandiera, che si chiama Pier Ferdinando Casini.
Crescono i cattivi pensieri del giovane fiorentino
L’ex presidente della Camera è politico esperto e navigato e sa perfettamente che le sue chance di successo sono bassissime. Però c’è un prezzo da stabilire per i voti e una scelta non condivisa oppure difficile da digerire creerebbe in quest’area una frangia di 30 malpancisti che farebbe schizzare a 200 la zona ballerina. Un tormento senza fine per Renzi a quel punto, che difficilmente compenserebbe queste perdite con lo scouting tra i grillini. Nel Movimento 5 Stelle i renziani in sonno non sono più di venti, nella migliore delle ipotesi. Ma Renzi una possibilità per recuperare voti ce l’ha. Gliela suggerisce un altro bersaniano in incognito: “Si sforzi di essere più simpatico”.
Bande e correnti
Così si organizzano i franchi tiratori
I 101 che impallinarono Prodi sono già raddoppiati
Tanti gruppi seminano il panico tra i democratici e i fittiani sono pronti a distruggere il Nazareno
di Fabrizio d’Esposito
Il manuale del franco tiratore sul Quirinale che verrà prende forma ora dopo ora nei capannelli o sui divanetti del Transatlantico di Montecitorio.
I renziani tentano di esorcizzare l’abisso del pantano con un finto e nervoso ottimismo.
Chi racconta che alla fine ci sarà il metodo Ciampi già al primo scrutinio, chi ribadisce che comunque non si andrà oltre la quinta votazione, quando servirà la maggioranza assoluta di 505 su 1008 grandi elettori. Ma le truppe dei ribelli, emuli dei 101 che frantumarono sia Prodi sia la Ditta di Bersani, si stanno organizzando e promettono di essere almeno il doppio di quelli che provocarono la genuflessione di un intero sistema davanti a Napolitano, con la supplica di accettare un inedito secondo mandato.
Il viaggio nei palazzi dove nascono le trame
La ricognizione del cronista, ovviamente, parte dal Partito democratico renziano che sulla carta conta 446 voti. La mappa del dissenso la fa un bersaniano ortodosso, a taccuino chiuso: “Non è vero che siamo 40. Siamo almeno il doppio”. Segue la descrizione delle tribù: “Tra Bersani e D’Alema, quelli fedeli-fedeli senza canali con Renzi sono 25. Poi una decina controllati da Fioroni, dieci di Civati, una ventina dell’area Cgil di Fassina e Damiano”. Siamo a 65. E il resto? “A questo punto entrano in ballo i malpancisti trasversali a tutte le correnti: parlamentari che vogliono la riconferma oppure che si lamentano di essere stati emarginati sul territorio; aspiranti sottosegretari che sono rimasti fuori dal governo; semplici deputati condannati all’anonimato che invidiano i colleghi che vanno in tv”. La somma di quest’ultima tribù, nome dopo nome, sfiora la cinquantina. In pratica, siamo a 115, ben oltre i 101 di prodiana memoria. Ma ecco che scatta la variante Nazareno, snodo decisivo della lunga partita che durerà due mesi: “Se Renzi ci porta impacchettato il candidato concordato con Berlusconi per la serie prendere o lasciare allora si sale minimo a 140, se non di più”. Qui è Rodi e qui bisogna saltare. Ed è per questo che Bersani vuole intestarsi il ruolo di mediatore unitario delle minoranze per trattare con il premier. La condizione dei ribelli è una soltanto: “Sconfessare Berlusconi e proporre uno dei nostri. Se il premier è un ex dc della Margherita, allora al Colle può andarci un pidino di matrice diessina”. I nomi che circolano sono tre, tenendo presente che ognuno di loro avrebbe già sondato riservatamente il Condannato: Piero Fassino, Walter Veltroni e Anna Finocchiaro. Qualcuno sostiene che alla fine potrebbe uscire lo stesso Bersani, ma molto dipenderà dall’inizio degli scrutini. Agli emissari dei ribelli, però, è chiara la minaccia che Renzi agiterà per farsi seguire: il voto anticipato. È lo schema del teorema propugnato dal forzista dissidente Augusto Minzolini: “A questo Parlamento, il futuro capo dello Stato deve garantire solo una cosa: far terminare la legislatura nel 2018. Con questa promessa potrebbe sperare persino Prodi”. Un paradosso, ma nemmeno tanto. Dai potenziali 140 del Pd si passa alle faide di Forza Italia. Ieri mattina a Omnibus, il fittiano Francesco Paolo Sisto – dopo aver collocato le parole di Napolitano contro le minoranze in una sorta di “anticamera dell’antidemocrazia” – ha detto chiaramente che la successione a Napolitano sarà un affare “molto complesso”. I parlamentari che fanno riferimento all’ex governatore pugliese Raffaele Fitto, baluardo azzurro contro il patto del Nazareno tra B. e Renzi, sono almeno quaranta dichiarati, pronti a diventare cinquanta nel segreto dell’urna. Battuta di un deputato non renziano del Pd: “A dare la linea a Fitto ci penserà D’Alema”. Segno che la leggenda sull’interlocuzione tra i due non è tramontata. Anzi: lo spettro di una convergenza tattica tra le due minoranze interne è un’altra variabile impazzita del Grande Gioco del Quirinale. E 140 più 50 fa 190 schegge impazzite che nel loro percorso segreto potrebbero incrociare le ambizioni dei centristi sparsi tra alfaniani di Ncd, casiniani dell’Udc ed ex montiani di Scelta civica. I neodc hanno un candidato, non solo di bandiera, che si chiama Pier Ferdinando Casini.
Crescono i cattivi pensieri del giovane fiorentino
L’ex presidente della Camera è politico esperto e navigato e sa perfettamente che le sue chance di successo sono bassissime. Però c’è un prezzo da stabilire per i voti e una scelta non condivisa oppure difficile da digerire creerebbe in quest’area una frangia di 30 malpancisti che farebbe schizzare a 200 la zona ballerina. Un tormento senza fine per Renzi a quel punto, che difficilmente compenserebbe queste perdite con lo scouting tra i grillini. Nel Movimento 5 Stelle i renziani in sonno non sono più di venti, nella migliore delle ipotesi. Ma Renzi una possibilità per recuperare voti ce l’ha. Gliela suggerisce un altro bersaniano in incognito: “Si sforzi di essere più simpatico”.
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Re: La corsa per il colle
il Fatto 18.12.14
Renzi vuole prima l’Italicum, carta segreta per il Colle
Il premier spera che Napolitano ritardi di qualche giorno le dimissioni
Ennesima guerra con Forza Italia che vuole prma eleggere il successore
di Wanda Marra
Quello che ha in testa davvero Renzi per il nuovo presidente della Repubblica non lo dice a nessuno”. Il commento è condiviso dagli alti dirigenti Dem, come al Colle.
Il grande gioco del Quirinale è ufficialmente iniziato, il nome va proposto dal Pd. E il presidente del Consiglio è alla ricerca sia di una strategia che non lo faccia diventare rapidamente vittima di un Parlamento pronto a impallinarlo, sia di una figura che vada bene a lui, ma sia nello stesso tempo votabile dagli altri. Una ricerca che va di pari passo alla gestione degli altri due capi del triangolo delle Bermuda, dimissioni di Napolitano e approvazione dell’Italicum.
INTANTO, ha stabilito la war room: ci sono il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Lotti e il ministro delle Riforme, Boschi, il vice segretario Pd, Guerini, i capigruppo a Camera e Senato, Speranza e Zanda, e il presidente dem, Orfini, tra una pratica e l’altra su Roma.
Renzi ieri mattina è andato in Senato, ha spiegato i punti dell’Italicum, e ha chiarito che intende arrivare al voto prima dell’elezione del Colle. “Con il suo discorso iper-renziano, Napolitano ha blindato il premier. Quindi ora il Parlamento deve andare avanti con le riforme”, spiegano i fedelissimi. Renzi, dunque, ha tutte le intenzioni di usare quel (poco) tempo in più che gli ha concesso il Presidente, con le dimissioni non prima del 14 gennaio e i 15 giorni che possono passare tra queste e l’inizio dell’elezione del suo successore. Anzi, i suoi ancora cercano di rosicchiare giorni: il Presidente starebbe aspettando il timing delle riforme per capire se può rimandare l’addio fino alla fine di gennaio. Ma in commissione sono stati presentati oltre diecimila emendamenti. L’idea è di portare l’Italicum direttamente in aula. Dovrebbe arrivare il 22 dicembre o il 7-8 gennaio, per esser licenziato non oltre il 23. E se in Aula si dovesse ripresentare la stessa situazione? Si parla di canguro, di contingentamento dei tempi, di tagliola. C’è il precedente del voto sulle riforme l’estate scorsa: prova non brillantissima, dalla quale il governo uscì dopo aver preso a testate l’opposizione, in molto più tempo di quanto avrebbe voluto.
Trattativa politica in atto sulla clausola di salvaguardia. Renzi ha intenzione solo di inserire nell’Italicum una data dalla quale entra in vigore. Il duo Boschi-Guerini, da un lato, e Verdini in contatto con l’ex Cavaliere, dall’altro, hanno lavorato per cercare una data tra il gennaio 2016 e il settembre 2017 che vada bene ad entrambi i contraenti del Nazareno. Il vero timing di Renzi potrebbe essere quello di chiudere l'iter di riforme istituzionali a fine del 2015, fare il referendum popolare per confermare il superamento del bicameralismo e sul traino del successo andare alle elezioni. FI non vuole. Nessun Mattarellum di riserva, invece. Primo, perché Renzi l’Italicum lo vuole senza se e senza ma. E poi, perché lasciar aleggiare l’idea che potrebbe rimanere in vita il Consultellum in caso di voto anticipato è un modo per placare chi nella minoranza medita scissioni (e dunque prefererirebbe un proporzionale). Tra i retro-pensieri del presidente del Consiglio ci sta pure quello, in caso di voto, di fare un decreto o una leggina per andare a elezioni con Italicum a Montecitorio e Consultellum al Senato.
QUESTIONI di là da venire. Ma Fi ha chiesto la calendarizzazione dell’Italicum, dopo l’elezione del nuovo Presidente. Pronta la reazione del Pd: “Rispettino i tempi o avanti da soli”. Al Nazareno però, in via ufficiosa lo dicono fuori dai denti: “Dobbiamo mettere pressione”. Il grado di esistenza in vita del Nazareno è ormai un tormentone quotidiano. Il punto è il controllo delle fronde. E così, il lavoro della cabina di regia diventa sempre più importante. Lotti è dall’inizio della legislatura il deputato con il compito di controllare i colleghi. Il problema è che il controllo è esteso anche a gente che i fiorentini conoscono poco. E allora, ecco sondaggi quotidiani e pressioni di vario tipo. Siamo ancora all’inizio.
Il premier pensa al nome da proporre. Un identikit piuttosto preciso parla di una figura sufficientemente fidata, ma autorevole. Che lo aiuti. Come in fondo ha fatto Napolitano negli ultimi mesi. Fino a telefonare a molti autorevoli dirigenti della minoranza dem prima del discorso di mercoledì per invitarli a collaborare. Una figura dunque di peso, ma disposta a fare quello che vuole il premier all’occorrenza. E che sia abbastanza di garanzia per tutti. In molti pensano che un politico non sarebbe adatto. Dunque, torna Pier Carlo Padoan. Si sa quando un nome si fa troppo forte c’è il rischio di bruciarlo. Ma una pattuglia, a partire dai Giovani Turchi, ci sta lavorando davvero. Tra i politici, spiccano Piero Fassino e Walter Veltroni. Resta la Severino. Tra le carte più coperte Dario Franceschini. Come estrema ratio, Romano Prodi. Dietro l’angolo c’è sempre Pietro Grasso.
Renzi vuole prima l’Italicum, carta segreta per il Colle
Il premier spera che Napolitano ritardi di qualche giorno le dimissioni
Ennesima guerra con Forza Italia che vuole prma eleggere il successore
di Wanda Marra
Quello che ha in testa davvero Renzi per il nuovo presidente della Repubblica non lo dice a nessuno”. Il commento è condiviso dagli alti dirigenti Dem, come al Colle.
Il grande gioco del Quirinale è ufficialmente iniziato, il nome va proposto dal Pd. E il presidente del Consiglio è alla ricerca sia di una strategia che non lo faccia diventare rapidamente vittima di un Parlamento pronto a impallinarlo, sia di una figura che vada bene a lui, ma sia nello stesso tempo votabile dagli altri. Una ricerca che va di pari passo alla gestione degli altri due capi del triangolo delle Bermuda, dimissioni di Napolitano e approvazione dell’Italicum.
INTANTO, ha stabilito la war room: ci sono il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Lotti e il ministro delle Riforme, Boschi, il vice segretario Pd, Guerini, i capigruppo a Camera e Senato, Speranza e Zanda, e il presidente dem, Orfini, tra una pratica e l’altra su Roma.
Renzi ieri mattina è andato in Senato, ha spiegato i punti dell’Italicum, e ha chiarito che intende arrivare al voto prima dell’elezione del Colle. “Con il suo discorso iper-renziano, Napolitano ha blindato il premier. Quindi ora il Parlamento deve andare avanti con le riforme”, spiegano i fedelissimi. Renzi, dunque, ha tutte le intenzioni di usare quel (poco) tempo in più che gli ha concesso il Presidente, con le dimissioni non prima del 14 gennaio e i 15 giorni che possono passare tra queste e l’inizio dell’elezione del suo successore. Anzi, i suoi ancora cercano di rosicchiare giorni: il Presidente starebbe aspettando il timing delle riforme per capire se può rimandare l’addio fino alla fine di gennaio. Ma in commissione sono stati presentati oltre diecimila emendamenti. L’idea è di portare l’Italicum direttamente in aula. Dovrebbe arrivare il 22 dicembre o il 7-8 gennaio, per esser licenziato non oltre il 23. E se in Aula si dovesse ripresentare la stessa situazione? Si parla di canguro, di contingentamento dei tempi, di tagliola. C’è il precedente del voto sulle riforme l’estate scorsa: prova non brillantissima, dalla quale il governo uscì dopo aver preso a testate l’opposizione, in molto più tempo di quanto avrebbe voluto.
Trattativa politica in atto sulla clausola di salvaguardia. Renzi ha intenzione solo di inserire nell’Italicum una data dalla quale entra in vigore. Il duo Boschi-Guerini, da un lato, e Verdini in contatto con l’ex Cavaliere, dall’altro, hanno lavorato per cercare una data tra il gennaio 2016 e il settembre 2017 che vada bene ad entrambi i contraenti del Nazareno. Il vero timing di Renzi potrebbe essere quello di chiudere l'iter di riforme istituzionali a fine del 2015, fare il referendum popolare per confermare il superamento del bicameralismo e sul traino del successo andare alle elezioni. FI non vuole. Nessun Mattarellum di riserva, invece. Primo, perché Renzi l’Italicum lo vuole senza se e senza ma. E poi, perché lasciar aleggiare l’idea che potrebbe rimanere in vita il Consultellum in caso di voto anticipato è un modo per placare chi nella minoranza medita scissioni (e dunque prefererirebbe un proporzionale). Tra i retro-pensieri del presidente del Consiglio ci sta pure quello, in caso di voto, di fare un decreto o una leggina per andare a elezioni con Italicum a Montecitorio e Consultellum al Senato.
QUESTIONI di là da venire. Ma Fi ha chiesto la calendarizzazione dell’Italicum, dopo l’elezione del nuovo Presidente. Pronta la reazione del Pd: “Rispettino i tempi o avanti da soli”. Al Nazareno però, in via ufficiosa lo dicono fuori dai denti: “Dobbiamo mettere pressione”. Il grado di esistenza in vita del Nazareno è ormai un tormentone quotidiano. Il punto è il controllo delle fronde. E così, il lavoro della cabina di regia diventa sempre più importante. Lotti è dall’inizio della legislatura il deputato con il compito di controllare i colleghi. Il problema è che il controllo è esteso anche a gente che i fiorentini conoscono poco. E allora, ecco sondaggi quotidiani e pressioni di vario tipo. Siamo ancora all’inizio.
Il premier pensa al nome da proporre. Un identikit piuttosto preciso parla di una figura sufficientemente fidata, ma autorevole. Che lo aiuti. Come in fondo ha fatto Napolitano negli ultimi mesi. Fino a telefonare a molti autorevoli dirigenti della minoranza dem prima del discorso di mercoledì per invitarli a collaborare. Una figura dunque di peso, ma disposta a fare quello che vuole il premier all’occorrenza. E che sia abbastanza di garanzia per tutti. In molti pensano che un politico non sarebbe adatto. Dunque, torna Pier Carlo Padoan. Si sa quando un nome si fa troppo forte c’è il rischio di bruciarlo. Ma una pattuglia, a partire dai Giovani Turchi, ci sta lavorando davvero. Tra i politici, spiccano Piero Fassino e Walter Veltroni. Resta la Severino. Tra le carte più coperte Dario Franceschini. Come estrema ratio, Romano Prodi. Dietro l’angolo c’è sempre Pietro Grasso.
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Re: La corsa per il colle
dal blog di ciwati :
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rimango sorpreso che ci siano democratici in questo sito, negli usa i democratici non sono repubblicani sono liberal progressisti sono comitati elettorali non partiti ma in italia i democratici avevano un senso nel 1930 quando c era il fascismo. in europa i democratici non ci sono perche in europa le famiglie politiche sono liberali o socialiste o comuniste. le difficolta del movimento 5 stelle sono evidenti inoltre il partito della nazione di renzino ricorda la fine delle ideologie e il qualunquismo . in grecia e in spagna i nuovi movimenti sono legati alla sinistra. napolitano e stato il peggior presidente della repubblica contro le neocorporazioni professionali che hanno origine dal fascismo molto forti in emilia ma non solo non ha saputo utilizzare il monopolio della forza che spetta al capo delle forze armate ma e stato un politicista post togliattiano quindi opaco per definizione adesso si cambia pagina , prima che la situazione italiana degeneri ci vuole un presidente della repubblica che sappia portare la legalita in italia e il ritorno allo stato al grande stato sociale sancito dalla costituzione.
per fare questo da fondatore forum ulivo ritengo la candidatura prodi una candidatura di compromesso, il problema riguarda iri e privatizzazioni. serve un uomo dello stato uno statalista in economia un socialdemocratico che sappia parlare anche alle famiglie dei piccoli imprenditori commercianti e artigiani che si sono suicidati e che sappia dare una speranza materialistica ai disoccupati e ai precari. i primi nomi potrebbero essere questi BESOSTRI,GALLONI,NAPOLEONI e RODOTA in ordine alfabetico una alleanza contro questa europa neoliberista puo essere traversale in parlamento e vincente. la prima grande sconfitta dei poteri forti finanziari e la prima vittoria dei poteri popolari, un ritorno alla lotta partigiana e alla ricostruzione dell' italia.
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rimango sorpreso che ci siano democratici in questo sito, negli usa i democratici non sono repubblicani sono liberal progressisti sono comitati elettorali non partiti ma in italia i democratici avevano un senso nel 1930 quando c era il fascismo. in europa i democratici non ci sono perche in europa le famiglie politiche sono liberali o socialiste o comuniste. le difficolta del movimento 5 stelle sono evidenti inoltre il partito della nazione di renzino ricorda la fine delle ideologie e il qualunquismo . in grecia e in spagna i nuovi movimenti sono legati alla sinistra. napolitano e stato il peggior presidente della repubblica contro le neocorporazioni professionali che hanno origine dal fascismo molto forti in emilia ma non solo non ha saputo utilizzare il monopolio della forza che spetta al capo delle forze armate ma e stato un politicista post togliattiano quindi opaco per definizione adesso si cambia pagina , prima che la situazione italiana degeneri ci vuole un presidente della repubblica che sappia portare la legalita in italia e il ritorno allo stato al grande stato sociale sancito dalla costituzione.
per fare questo da fondatore forum ulivo ritengo la candidatura prodi una candidatura di compromesso, il problema riguarda iri e privatizzazioni. serve un uomo dello stato uno statalista in economia un socialdemocratico che sappia parlare anche alle famiglie dei piccoli imprenditori commercianti e artigiani che si sono suicidati e che sappia dare una speranza materialistica ai disoccupati e ai precari. i primi nomi potrebbero essere questi BESOSTRI,GALLONI,NAPOLEONI e RODOTA in ordine alfabetico una alleanza contro questa europa neoliberista puo essere traversale in parlamento e vincente. la prima grande sconfitta dei poteri forti finanziari e la prima vittoria dei poteri popolari, un ritorno alla lotta partigiana e alla ricostruzione dell' italia.
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Re: La corsa per il colle
il Fatto 19.12.14
Il Quirinale nel patto del Nazareno
risponde Furio Colombo
CARO COLOMBO, quel galantuomo di Berlusconi non vuole giochi sotto il tavolo. Il 14 dicembre ha messo le cose in chiaro: il patto del Nazareno comprende anche l’accordo sul Quirinale. Vuol dire che cosa?
Aloisio
VUOL DIRE MOLTO, vuol dire che quel giovanotto che ogni giorno rimprovera alcuni dei suoi di avere qualche dubbio sulla sua straordinaria qualità di giocatore politico, agisce sotto strette condizioni pattuite altrove, e prima che il gioco cominciasse e della sua strepitosa discesa in campo. Persino chi ha i pregiudizi (i miei, intendo, che i lettori conoscono) su Berlusconi ed è persuaso della sua fondamentale separazione da ogni tipo di scrupolo, sa che in questo gioco (il gioco del Nazareno) Berlusconi non ha mai bluffato e non è mai stato smentito. Non nei fatti. Qualcuno avrebbe immaginato che l'intero Pd (meno cinque) si sarebbe messo nelle mani di Verdini e dei suoi giudizi su persone, cose, leggi, iniziative e divieti? Ma Berlusconi l’aveva detto subito e ormai lo sanno tutti che non cade foglia che Verdini non voglia. Naturalmente anche Renzi ha i suoi poteri e ce lo fa capire con le minacce non velate di fare fuori tutti i suoi avversari. E infatti ha alle sue spalle, senza tentennamenti, tutte le sue ragazze e i suoi ragazzi. Nuovi, senza passato e senza idee che disturbano. Ma siamo all’interno di un contenitore stagno di “valori” istituito da Forza Italia e poi dal Popolo della libertà, mentre, per dirla con Renzi, l’Ulivo sprecava vent’anni nel niente. Sarà anche vero. Ma adesso noi (noi italiani) condotti da Renzi, respiriamo l’aria di Berlusconi. E infatti sentite le parole di Berlusconi dette mediaticamente per bocca di Renzi a conclusione dell’ultima, umiliante assemblea del suo partito: “Vorrei giudici che rilasciano meno interviste e scrivono più sentenze”. Frase evidentemente minacciosa dell’esecutivo contro il giudiziario. Proprio per questo, il punto fermo di Berlusconi resta. Sentite la frase, che copio in tempo reale dal cellulare: “Non potrà essere eletto un capo dello Stato che a noi sembri non adeguato”. La frase non è politichese, è contrattuale. “Non adeguato” è chiunque si sia immischiato, per esempio, negli affari di Berlusconi, e li abbia descritti in tutti gli aspetti, unici al mondo (per il tipo di amici e il tipo di affari) di un capo di governo, che infatti dispone, in tutto il mondo, di una discussa reputazione. Ma quella reputazione è buona abbastanza per Renzi, che fa scenate contro chi dissente. Lui però ubbidisce. Che il patto sia con te, gli sta dicendo Berlusconi, ma ad alta voce, perché sentano tutti. Quel patto infatti è la forza di Renzi. Una forza che rinvia ad altre forze che neppure Berlusconi, che è uno col cuore in mano, ha mai voluto indicarci. In ogni caso il contratto prevede (articolo 1) che un antiberlusconiano (nel senso del rispetto delle regole, delle leggi, delle sentenze, della morale corrente) al Quirinale non passa. Né in alcuna altra carica o funzione pubblica (dunque anche Rai, direzione di giornale, responsabilità scientifica, rettorato universitario, primariato, direttore di banca). Chiaro?
Il Quirinale nel patto del Nazareno
risponde Furio Colombo
CARO COLOMBO, quel galantuomo di Berlusconi non vuole giochi sotto il tavolo. Il 14 dicembre ha messo le cose in chiaro: il patto del Nazareno comprende anche l’accordo sul Quirinale. Vuol dire che cosa?
Aloisio
VUOL DIRE MOLTO, vuol dire che quel giovanotto che ogni giorno rimprovera alcuni dei suoi di avere qualche dubbio sulla sua straordinaria qualità di giocatore politico, agisce sotto strette condizioni pattuite altrove, e prima che il gioco cominciasse e della sua strepitosa discesa in campo. Persino chi ha i pregiudizi (i miei, intendo, che i lettori conoscono) su Berlusconi ed è persuaso della sua fondamentale separazione da ogni tipo di scrupolo, sa che in questo gioco (il gioco del Nazareno) Berlusconi non ha mai bluffato e non è mai stato smentito. Non nei fatti. Qualcuno avrebbe immaginato che l'intero Pd (meno cinque) si sarebbe messo nelle mani di Verdini e dei suoi giudizi su persone, cose, leggi, iniziative e divieti? Ma Berlusconi l’aveva detto subito e ormai lo sanno tutti che non cade foglia che Verdini non voglia. Naturalmente anche Renzi ha i suoi poteri e ce lo fa capire con le minacce non velate di fare fuori tutti i suoi avversari. E infatti ha alle sue spalle, senza tentennamenti, tutte le sue ragazze e i suoi ragazzi. Nuovi, senza passato e senza idee che disturbano. Ma siamo all’interno di un contenitore stagno di “valori” istituito da Forza Italia e poi dal Popolo della libertà, mentre, per dirla con Renzi, l’Ulivo sprecava vent’anni nel niente. Sarà anche vero. Ma adesso noi (noi italiani) condotti da Renzi, respiriamo l’aria di Berlusconi. E infatti sentite le parole di Berlusconi dette mediaticamente per bocca di Renzi a conclusione dell’ultima, umiliante assemblea del suo partito: “Vorrei giudici che rilasciano meno interviste e scrivono più sentenze”. Frase evidentemente minacciosa dell’esecutivo contro il giudiziario. Proprio per questo, il punto fermo di Berlusconi resta. Sentite la frase, che copio in tempo reale dal cellulare: “Non potrà essere eletto un capo dello Stato che a noi sembri non adeguato”. La frase non è politichese, è contrattuale. “Non adeguato” è chiunque si sia immischiato, per esempio, negli affari di Berlusconi, e li abbia descritti in tutti gli aspetti, unici al mondo (per il tipo di amici e il tipo di affari) di un capo di governo, che infatti dispone, in tutto il mondo, di una discussa reputazione. Ma quella reputazione è buona abbastanza per Renzi, che fa scenate contro chi dissente. Lui però ubbidisce. Che il patto sia con te, gli sta dicendo Berlusconi, ma ad alta voce, perché sentano tutti. Quel patto infatti è la forza di Renzi. Una forza che rinvia ad altre forze che neppure Berlusconi, che è uno col cuore in mano, ha mai voluto indicarci. In ogni caso il contratto prevede (articolo 1) che un antiberlusconiano (nel senso del rispetto delle regole, delle leggi, delle sentenze, della morale corrente) al Quirinale non passa. Né in alcuna altra carica o funzione pubblica (dunque anche Rai, direzione di giornale, responsabilità scientifica, rettorato universitario, primariato, direttore di banca). Chiaro?
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- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: La corsa per il colle
Potremo mettere anche il nome del frofessor Massimo Cacciari
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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