LA LIBIA E' VICINA

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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pancho
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Re: LA LIBIA E' VICINA

Messaggio da pancho »

camillobenso ha scritto:LA GRADUALE PRESA DI COSCIENZA CHE SIAMO IN GUERRA
pancho:
Se i modi con i quali si presentano costoro vanno contro i ns. sentimenti umani/religiosi come mai potremo superarli se non invertendo il ns. modo di vita?
^^Cosa intendi per :”….se non invertendo il ns. modo di vita?”
^^
Viaggio nella biblioteca dell’inferno.
Ora abbiamo un problema grande come una casa davanti che sintetizzando brutalmente ci chiede:
Dobbiamo sparare al quel bimbo imbottito di tritolo che si farà esplodere in chissà quale luogo o dobbiamo lasciarlo raggiungere la sua destinazione?

E’ quando si toccano certe corde che mi fanno dire che i miei 13 anni passati sui forum della sinistra a partire da Ulivo.it, posso considerarli come un fallimento personale.
Quando si scende piano piano le scale che portano all’inferno diventa inevitabile che prima o poi ci si fermi al piano della domanda che si pone pancho. Oggi si tratta solo di una domanda alla nostra coscienza, domani potrebbe non esserci il tempo di riflettere sul da farsi.
E in quel caso prevale l’istinto diMors tua vita mea”.
Qual è la soluzione?
Fare in modo di non arrivare mai a quei piani che portano diritti all’inferno.
Cosa intendi per :”….se non invertendo sul ns. modo di vita?
Tutte le opzioni possono servire se portano alla soluzione del problema. Ora e' machiavellistico dirlo ma e' cosi.E' così perche ora lo siamo costretti dalle evidenze.

Pero, caro Zione, il tutto sara' solo una soluzione temporanea se non sara' accompagnata da un ns. diverso modo di vivere e cioe' quello di comprendere che le disuguaglianze di questo mondo sono anche causa del ns. comportamento iper consumistico dal quale bene o male continuiamo ad accettarlo e non vogliamo in nessun modo prendere consapevolezza che questo ns."benessere" viene dato da un mal tolto ai quei popoli che ora soffrono la fame o che cmq vivovo situazioni disagiate o che sono perennemente in guerra.

Certamente su questo ns. "benessere" si devono fare distinzioni e sarebbe cmq oggetto di una bella discussione ma credo lo stesso di aver dato la risposta alla tua domanda.

Per continuare sulle tue domande, visto oramai che siamo in una giungla e' chiaro che homo homini lupus prevale in queste situazioni e quindi Mors tua vita mea pur essendone consapevoli che tutto questo ci portera' direttamente all'infermo.

E non e' detto che, come nell'antica Roma, non si ritorni con la scritta fuori casa: Cave Canem e a turnarsi col mitra spianato per difendere il proprio "avere".


un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
camillobenso
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Re: LA LIBIA E' VICINA

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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD


DUCE,..MIA LUCE



Gustavo Zagrebelksy ha sostenuto domenica scorsa a Torino che: “Siamo quasi al punto zero della democrazia”

Io invece penso che siamo sottozero.

Ieri sera Mentana nel suo Tg7 ha definito troppo azzardate le posizioni dei due ministri Gentiloni e Pinotti.

Altrettanto ho sentito stamani ad Agorà. E ciliegina sulla torta più tardi in un’animata discussione con un devoto renziano ottantenne.

Ma come ca…volo, si fa a non capire cosa è successo????

Il noto Paràkulos, quando vuole è più veloce della luce a twittare immediatamente quando deve comunicare fatti che lo riguardano. Lo fa per ogni pisciatina, soprattutto quando deva parlare ai gufi.

In questo caso il tweettatore è stato zitto.

Quattro giorni fa, Gentiloni dichiara: “Pronti a far la guerra”. L’Isis si fa sentire subito il giorno dopo minacciando il ministro “crociato”. Veramente in questo caso l’Isis commette un errore. Gentiloni non è un ministro “crociato” ma “scudocrociato”.

La collega della Difesa Pinotti va subito a sostenere Gentilò. Da grande esperta la ex boys scout fa sapere che mette subito a disposizione 5.000 uomini. L’ex capo di stato maggiore della Difesa Arpino, ieri sera ha precisato che per tenere la sola Tripoli ce ne vogliono 60.000, specificando inoltre di essere rammaricato per questo modo di fare superficiale di spararle grosse su cose serie.

Questo però è il metodo Renzi. “Sparala grossa Sam….!!!!”

Le proposte di Gentiloni e Pinotti non sono farina del loro sacco.

In quelle ore il gran Paràkulos, cercava il consenso degli interventisti di destra. Nello stesso tempo osservava come andava la proposta. Visto il parere negativo, anche dai vertici militari, solo ieri è entrato in campo lui con atteggiamento da padre nobile. “La guerra non si fa, se non con l’Onu”.

In primo luogo un ministro degli Esteri non può prendere una decisione per conto suo se non dopo almeno il parere favorevole del Consiglio dei Ministri e del primo ministro.

In 70 anni di storia repubblicana non è mai accaduto che un ministro degli Esteri prendesse un’iniziativa di questo genere per proprio conto.

Lo stesso vale per la Pinotti.

Quell’esposizione incauta è opera di Paràluos, che si è nascosto dietro i suoi ministri.

Renzi nei giorni scorsi non si nemmeno sentito di richiamare all’ordine i due ministri con un tweet cinque minuti dopo l’incauta uscita.

Non poteva. Per l’autore del misfatto era lui.

Infatti, deve essere anche soddisfatto per quanto si porta a spasso l’intero merlame tricolore. Compreso il vecchio Chicco Mentana.

PS. LASCIATE OGNI SPERANZA,..O VOI CHE ENTRATE.

Questo Paese non è alla frutta. E’ molto più in là dell’ammazzacaffè dell’ammazzacaffè. Non c’è più niente da fare con italiani di questo tipo.
camillobenso
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Re: LA LIBIA E' VICINA

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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD


SENZA SOSTA LA SUPPOSTA


Per qualche anno l’acquisto degli F35 è stato messo in discussione. Ma adesso in un battibaleno tutto viene messo da parte. Ci vogliono i caccia per combattere il Califfo.

Nuova supposta gigante per gli italo merli seguaci di Totò.
https://www.youtube.com/watch?v=S8JdwcDkwlI
camillobenso
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD




Libia, Occidente unito: “Soluzione sia politica”. Esercito Misurata entra a Sirte
Mondo
Nota congiunta di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti: la comunità internazionale "è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale". Le truppe islamiste legate al governo di Tripoli entrano nella città occupata dagli jihadisti. Mercoledì si riunisce il Consiglio di Sicurezza dell'Onu
di F. Q. | 17 febbraio 2015


Articolo + video

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... a/1431477/
camillobenso
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Re: LA LIBIA E' VICINA

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camillobenso
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Re: LA LIBIA E' VICINA

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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD


LEZIONI PER STARE AL MONDO





CONOSCERE CHI CI MINACCIA
La maschera del nemico
di Sergio Romano


È giusto che l’apparizione in Libia dell’Isis, l’autoproclamato Stato islamico, susciti le nostre preoccupazioni. È naturale che il governo, anche se il premier dichiara che non è tempo d’interventi, debba prendere in considerazione la possibilità di un conflitto.

Il riferimento all’Onu, soprattutto in una situazione in cui l’Italia avrebbe un ruolo di primo piano, è inevitabile.

Ricordiamo che cosa accadde quando Berlusconi desiderava competere con la Gran Bretagna per l’ambito ruolo di alleato degli Usa nella guerra irachena. Bastò una riunione del Consiglio superiore di Difesa e un richiamo all’art. 11 della Costituzione sul «ripudio» della guerra, perché la missione militare italiana divenisse una paradossale missione di pace.

Per chi voglia opporsi con le armi all’Isis occorre un mandato internazionale.


Ma il mandato dell’Onu da solo non basterebbe.


Vorremmo qualche notizia in più sulla natura dei nemici. Chi sono?


Una delle tante milizie libiche create dopo la dissennata operazione franco-britannica del 2011?

Sono salafiti (una delle varianti più radicali dell’Islam) provenienti dal Sahara?

Obbediscono al «Califfo» Al Baghdadi o hanno scelto il marchio di fabbrica che è oggi vincente nella gara del terrore?

’Isis sta combattendo anche una guerra psicologica e non meno pericolosa.

Conosciamo male l’organizzazione, ma sappiamo che ogni gruppo terroristico sopravvive soltanto se sostituisce i morti con nuove reclute.


E il reclutamento è tanto più facile quanto più l’organizzazione può rivendicare successi proiettando di se stessa un’immagine di audacia e ferocia .


Un governo deve dare la sensazione di non avere sottovalutato il pericolo, ma sbaglierebbe se non ricordasse che un’opinione pubblica allarmata è esattamente l’obiettivo dell’Isis.




Siamo male attrezzati, militarmente e psicologicamente, per vincere guerre di guerriglia contro chi non esita a usare la propria vita come un’arma.



La spedizione franco-britannica ha dimostrato che i bombardamenti non bastano a creare le condizioni per una Libia pacificata e rinnovata.


Ma potrebbero servire a cacciare l’Isis da Sirte, a impedirgli altre conquiste e a rafforzare le milizie del generale Khalifa Haftar.

La Libia è certamente un problema italiano.


Ma è anche un problema mediterraneo e dell’Unione Europea.

Francia e Spagna non possono attendere che venga risolto da altri.

Una coalizione tripartita, sostenuta da altri Paesi dell’Ue, non sarebbe utile soltanto sul piano militare.


Dimostrerebbe che l’Europa non è esclusivamente il luogo in cui si parla di euro, stabilità e crescita. È anche una patria da difendere.

17 febbraio 2015 | 07:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/editoriali/15_fe ... 76c2.shtml
flaviomob
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Re: LA LIBIA E' VICINA

Messaggio da flaviomob »

Essere Rojava per essere liberi

La diffusione dello Stato islamico e la risposta delle comunità in Medio Oriente e in Nord Africa
di Marco Sandi

17 / 2 / 2015
Nei vuoti di potere creatisi dopo quella serie di avvenimenti e rivolte chiamati “Primavere Arabe” e la speranza di apertura politica e fine delle strette repressive di regimi dittatoriali che ne era seguita, si sono inserite nel contesto medio-orientale formazioni e organizzazioni che hanno letteralmente saputo sfruttare il momento. Lo abbiamo visto con i nostri occhi in Siria e in Iraq, dove un'accozzaglia di gruppi jihadisti e fondamentalisti si sono uniti dando vita a quello che oggi è il cosiddetto Stato Islamico.
Questa organizzazione ha imperversato per mesi nelle piane desertiche a cavallo tra Siria e Iraq, minacciando con la sua ideologia fascista e sanguinaria le popolazioni presenti nell'area. In questi giorni stiamo assistendo allo stesso schema nelle coste del Nord Africa dove il vuoto di potere lasciato dalla caduta del regime di Gheddafi, prima sostenuto e poi scaricato dalle cancellerie europee, ha creato le condizioni perfette per l'entrata in scena di gruppi jihadisti che si rifanno strettamente all'ideologia e alla politica del califfato siro-iracheno, tanto da usare lo stesso nome, Stato Islamico, quasi fosse un brand.
La situazione in Libia è pericolosa e in evoluzione ma ancora una volta è fondamentale rimarcare l'importanza e i risultati di chi lo Stato Islamico lo sta attaccando e lo sta sconfiggendo. E' di stanotte la notizia, riportata da molti media internazionali, che i combattenti dello Ypg/Ypj sono entrati per la prima volta nel territorio della provincia siriana di Raqqa, capitale de-facto, dello Stato Islamico. Si tratta di una notizia estremamente positiva per il fatto che nella Rojava, la spinta distruttrice dei “tagliagole” non solo è stata arrestata ma sono stati messi sulla difensiva, cedendo ampie porzioni di territorio che avevano conquistato durante la scorsa estate.
Le fonti curde riportano che i combattimenti nella zona di Tel Baghdaq, all'interno della provincia di Raqqa, sono stati tra i più violenti da quando è stato rotto l'assedio della città di Kobane. L'osservatorio siriano afferma che vi siano stati 35 morti nelle file degli jihadisti mentre registriamo, purtroppo, anche la morte di 4 combattenti dello Ypg. Sempre secondo fonti curde, sono 163 i villaggi riconquistati in seguito alla liberazione di Kobane.
Se la situazione è positiva nella Rojava, notizie diverse giungono invece dall'Iraq. Attorno alle città di Kirkuk e Mosul si combatte pesantemente e si continua a morire. Di certo la situazione sul campo non viene aiutata dalle parole del Primo Ministro iracheno Haidar al-Abadi che in un'intervista dichiara di sperare di riconquistare Mosul entro la fine dell'anno. Essendo oggi il 17 febbraio si prospettano ancora pesanti combattimenti in quella zona. Se le speranze politiche non sono buone, non lo sono neanche i fatti sul campo. I media del Governo Regionale Curdo riportano la notizia di 17 Peshmerga presi prigionieri presso Kirkuk, fatti sfilare in città entro gabbie, come bestie, e infine barbaramente uccisi dai miliziani dello Stato Islamico. Nelle aree dove è ancora forte il loro controllo militare è evidente che i comportamenti di cui sono tristemente, e purtroppo, famosi non cessano.
Anche dal Kurdistan turco non giungono buone notizie. Nella giornata del 15 febbraio si sono svolte grandi manifestazioni di protesta in molte città per ricordare l'arresto di Abdullah Ocalan avvenuto nel 1999 e da allora rinchiuso in carcere sull'isola di Imrali, e per la sua liberazione. Pesanti scontri tra manifestanti e forze di sicurezza si sono svolti nelle città di Diyarbakir e Sirnak, dove ci sono stati anche 17 arresti, mentre a Cizre solo nell'ultimo mese sono state uccise dalle forze di sicurezza turche 6 persone, di cui l'ultima vittima è un ragazzo di 17 anni. Insomma, la morsa repressiva turca non tende a diminuire.
Nella lotta mondiale al terrorismo e allo jihadismo sembra che solo la resistenza di Kobane e della rivoluzione della Rojava rappresentino una soluzione. Per questo è ancora più importante mantenere alta l'attenzione e l'informazione su quello che succede nel deserto siro-iracheno perché ci può dare una chiave di lettura e, soprattutto, una soluzione a quello che sta succedendo sull'altra sponda del Mediterraneo.

Essere Rojava per essere liberi.

http://www.globalproject.info/it/mondi/ ... beri/18707
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
camillobenso
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Re: LA LIBIA E' VICINA

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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD



INTERVISTA
Libia, guerra costerebbe 50 morti a settimana
"L'Isis va combatutto, ma non con le modalità usate nei Balcani o in Afghanistan che si sono dimostrate fallimentari. Gli aerei non bastano: servono almeno 50mila uomini sul territorio". Parla Fabio Mini, ex generale della Nato
DI LUCA SAPPINO
17 febbraio 2015


Fabio Mini è un ex generale, comandante Nato e un saggista. Un militare, sì, che dice però spesso no alla guerra.

L’Espresso gli ha chiesto cosa bisogna fare con l’Isis arrivata sulle coste libiche e soprattutto se è reale il pericolo evocato da molti, conseguenza di quella che alcuni definiscono la profezia di Gheddafi che, al Corriere nel 2011, disse «La scelta è tra me o Al Qaeda».

Il leader libico diceva «l'Europa tornerà ai tempi del Barbarossa. Avrete il terrorismo alle porte, una jihad di fronte a voi». «Non era una previsione ma una constatazione» dice Mini, «e Gheddafi la faceva perché lui era un vecchio terrorista che voleva fermare i nuovi terroristi. La guerra per cacciarlo» è dunque la premessa, «non fu per questo sbagliata».

Cominciamo dal pericolo. Punto primo, le armi: «Gli attacchi da lontano dalla costa africana a qualche lembo di territorio italiano, cioè alle isole come Lampedusa, è una minaccia che non esiste, neanche teoricamente» spiega Mini, «le armi a lunga gittata che erano in mano ai libici, che poi sarebbero gli Scud-B di matrice sovietica, sono stati dismessi già da Gheddafi e non possono armare i nuovi terroristi. Quello che è possibile, invece, è che, con non l’apertura di flussi dall’Iraq alla Libia, dall’Asia minore all’Africa, un veicolo lanciatore possa arrivare da Aleppo in Libia. Ma più che un’ipotesi sarebbe la conferma che non stiamo facendo nulla, e che nessuno guarda, nessuno sorveglia le strade».


Punto secondo, gli sbarchi. La paura è quella alimentata dai Salvini vari. È più fondata della prima, è vero, «ma che insieme ai profughi possano entrare possibili terroristi» spiega ancora Mini, «è una minaccia che c’è sempre stata, ed è prevista dalle procedure di controllo. La polizia impegnata nella gestione dei flussi già ricostruisce eventuali precedenti o sospetti delle persone, consultando gli archivi e le autorità dei paesi d’origine».

«Dal 2011», bisogna però notare, «si è aggiunta una complicazione: le autorità libiche, e non solo quelle, hanno perso il controllo del territorio, e non sempre hanno aggiornato gli elenchi e le segnalazioni dei nuovi adepti». A questa difficoltà in più basterebbe però dare adeguata risposta: «Se non basta basarsi sulle segnalazioni, bisogna interrogare. Per interrogare come si deve bisogna avere gli interpreti: anzi dei linguisti, capaci di cogliere anche le sfumature di una lingua complessa e varia come l’arabo. Certo è che, come noto, gli interpreti mancano spesso, per carenza di fondi e superficialità».

Oltre la difesa, c’è poi l’attacco. Mini ha una sua strategia. «È fuori discussione che l’Isis in quanto terrore va combattuto» dice all’Espresso, «ma non dobbiamo certo farlo con le modalità che abbiamo usato finora in tutti gli scenari di guerra. Kosovo, Afghanistan, Iraq e Libia 2011 sono tutti modelli falliti. E il fallimento riguarda le strategie ma anche gli obiettivi, quelli che noi chiamiamo end state, lo stato finale da raggiungere per dire che la missione è conclusa».

Per Mini bisogna pensare bene alla missione: «Non si parla più di portare la democrazia in Libia? Vogliamo dire che l’obiettivo è la pacificazione? Vogliamo fare un’altra Bosnia con 5 etnie, 4 Stati con un presidente a turno, 5 lingue e quattro religioni? Sarebbe una follia». «L’Isis stessa», ricorda Mini, «è il prodotto di un fallimento. Era una comparsa nei giochi precedenti, che poi, e lo dice Hillary Clinton non io, “ci è sfuggita di mano”».

La speranza ha lasciato il posto al terrorismo

Nel febbraio 2011 il paese africano, sul'onda della primavera araba, si liberava del dittatore. Ma l'esaltazione di quei giorni è ormai un ricordo. E ora l'occidente deve prepararsi a reagire

Per evitare un nuovo capolavoro, Mini è convinto che serva un’azione di intelligence che vada innanzitutto a studiare: «Nei balcani» racconta Mini, «abbiamo visto quanto è utile stabilire le relazioni tra le persone. Avevamo un software, Ulisse, che analizzava tutti i rapporti e ci permetteva di individuare i nodi delle reti in cui si organizzano le società». Trovati i nodi, cioè le guide delle cellule terroristiche, i leader, o anche solo i miliziani più radicali, e intervenuti su quelli, «la rete si smaglia». È una guerra, sia ben chiaro, ma un po’ diversa: «Parlare di peacekeeping alla libanese non ha senso», dice Mini per cui ha poco senso anche aspettare l’Onu «che non può che proporre i vecchi schemi: un contingente che lasci fare tutto ai locali (quali locali, poi?) e qualche intervento dall’alto, con quattro aerei».

Qui c’è il punto di critica anche al Governo italiano: «È una castroneria dire di voler attendere l’Onu, con i suoi politici e diplomatici di carriera». Castroneria quella, e isteria («Ha ragione il premier») quella che ha spinto i ministri Gentiloni e Pinotti «a prime dichiarazioni non imprudenti ma proprio avventate».

"Non è il momento per un intervento militare", dice il premier stemperando le dichiarazioni dei giorni scorsi. Mentre il Pd (e Casini) invita alla prudenza, Grillo, Lega e Fratelli d'Italia si scatenano tra il no agli sbarchi e il no alla guerra

Sarebbe un guerra, dunque, e così andrà chiamata: «È una guerra e non una missione di pace» precisa ancora Mini. Una guerra per cui servirebbero «come minino 50 mila uomini per controllare il territorio, fermare le auto, sorvegliare gli spostamenti, schedare le persone». «Gli interventi aerei servono a garantire le basi» è la strategia, «e non a colpire in maniera indiscriminata, seguendo quanto sta facendo l’Egitto, perché in quel caso, in territori dove non tutti ci sono ostili hai solo la certezza di farti odiare da tutti. Perché se a uno che non ti sta combattendo uccidi un famigliare, anche per sbaglio, quello dal giorno dopo sarà un tuo nemico».

In guerra però si combatte: «Il traffico da Bengasi a Sirte deve esser controllato e se le persone sono armate, vanno disarmate, e se si oppongono e sparano, ecco la guerra» spiega il generale, «ed ecco l’un per cento di perdite che dobbiamo mettere in conto, già nella prima settimana».
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paolo11
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Re: LA LIBIA E' VICINA

Messaggio da paolo11 »

http://www.lastampa.it/2015/02/17/itali ... agina.html
Pinotti e Pentagono confermano: l’Italia avrà 90 aerei F35
Il programma dovrebbe costare quasi 14 miliardi di euro, ma il Parlamento ha chiesto il dimezzamento della spesa.
Il programma F35 prevede l’acquisto da parte dell’Italia di 90 di questi caccia di quinta generazione e il governo, nonostante l’opposizione della sinistra e del mondo pacifista, intende mantenere l’impegno: lo fanno sapere dall’ufficio del Pentagono addetto agli F35 e la notizia viene confermata da autorevoli fonti militari italiane, secondo le quali si sta lavorando per portare a casa quel numero di velivoli ma con un taglio consistente dello stanziamento originario. In serata, arriva la presa di posizione dello stesso ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che in un tweet scrive: «Nessuna conferma, nessuna disdetta. Numero di 90 è stato stabilito dal precedente Governo. Il programma prosegue secondo l’illustrazione data al Parlamento».
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Si parla della Libia e subito si parla di comprarli tutti 90 F35
Faremo fa fine della Grecia.Con le commesse militari fatte alla Germania.
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: LA LIBIA E' VICINA

Messaggio da camillobenso »

CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
IL FRONTE SUD



LE RIVELAZIONI DEL DAILY TELEGRAPH
I media inglesi: «Ecco i piani Isis» Libia, Gentiloni: «Il tempo è poco»
Informativa del ministro degli Esteri sulla Libia alla Camera: «Fare presto»

di Redazione Online


Articolo + Video

http://www.corriere.it/politica/15_febb ... 2308.shtml
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