Diario della caduta di un regime.

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Rom
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da Rom »

camillobenso ha scritto: Paolo11, presente sul forum come sostenitore del M5S, rappresenta l’esempio classico della trasmigrazione avvenuta negli anni passati.
Paolo appartiene, come pancho, alla generazione nata immediatamente dopo la seconda guerra mondiale.
Entrambi hanno avuto lo stesso percorso fino all’inizio degli anni 2000. Pci, Pds, Ds. Poi Paolo, perde la fiducia nei Ds perché si allontanano sempre di più dal modello berlingueriano.
Il modello berlingueriano era un ricordo, già nel momento dello scioglimento del PCI ... ma non voglio inoltrarmi nell'ennesima rilettura storico-politica.
Citando Paolo e Pancho fai un cosa molto rischiosa: introduci un elemento personale che limita molto la possibilità di fare un discorso sincero, o almeno lineare.
Potrei parlare di me stesso, o di altre persone che conosco. In fondo avremmo un lasciapassare illustre, quello di Tolstoj, per il quale la Storia con la esse maiuscola è fatta di tante piccole storie individuali.
Il fatto è che le storie individuali sono molto difficili da collocare nella dinamica politica, potendo significare tutto o niente: la storia è come una nave che va da est a ovest, portando con sé tutti i passeggeri da est a ovest, mentre i passeggeri si muovono dentro la nave in tutte le direzioni - camminano verso nord, mentre stanno andando con la nave verso ovest, e anzi mentre la nave segue una rotta di sud-ovest per seguire i venti.
E poi, le vicende alle quali accenni erano già ricomprese nel mio discorso, se vai a riguardare e dai il giusto peso a certi incisi.

Comunque, seguo il tuo discorso, sull'excursus di Paolo e Pancho - senza considerarli "esemplari" nel senso che tu proponi.
Questo discorso è come il bandolo di un filo che, tirandolo, si porta dietro una matassa insospettabile di lana politica.
La confusione di questi vent'anni è stata tanta e radicale: ha costretto a fare i conti con un tipo di "scelte" assai difficili, per conservare allo stesso tempo aderenza ai tempi e fedeltà alle proprie idee, e ha fatto emergere semmai la differente propensione individuale a una visione pragmatica o a una visione idealistica.
Se la mettiamo sul piano delle delusioni e dei calcoli sbagliati nessuno ne esce con un buon punteggio: nemmeno io, che pure non ho avuto delusioni perché non mi ero fatto illusioni, e che ho azzeccato tutte le peggiori previsioni riguardo IDV, Grillo, Ulivo, PD, per non parlare ovviamente di FI e zone limitrofe. Non ho un buon punteggio, perché per coerenza assoluta avrei dovuto astenermi in ogni occasione elettorale, mentre ho continuato a dare il voto "meno peggio", pur sapendo che per certi aspetti il meno peggio è una pura astrazione pragmatica che contraddice l'anima di chi, come me, pragmatico non è.

Il percorso di Paolo e (secondo la tua versione) Pancho appartiene a un aspetto particolare della politica, e precisamente alla politica che rinuncia ad essere tale, cioè ad avere una visione d'insieme: una rinuncia che può avere mille ragioni, ma che è comunque una rinuncia.
Mi spiego meglio, citando un problema che ho attualmente con la mia compagna, anche lei appassionata di politica, che si trova ora a difendere l'operato di Renzi, per il fatto che ci vede qualcosa di positivo per il solo fatto che ci vede qualcosa di riconoscibile, di pratico e di fattivo, diverso dalla situazione di stallo precedente.
Le nostre discussioni su questo tema arrivano a scaldarsi, quando io faccio l'esempio delle "cose positive" fatte dal fascismo: i treni in orario, la bonifica delle paludi pontine, l'opera nazionale maternità e infanzia, etc.
Certo, il fascismo è un esempio estremo (anche se a ben vedere proprio estremo non è) ma mette in chiara evidenza cosa significa "fare valutazioni sbagliate" in politica, quando si guarda a fatti o proposte specifiche, perdendo di vista l'insieme.
Di Pietro ha fatto un partito personale: io guardo con avversione ai partiti personali.
L'IDV era un partito legalista: questo può piacere, piace anche a me, ma la legalità non può essere l'ideologia di un partito, ma deve implementarsi con una visione della società e delle istituzioni, come è avvenuto da sempre nei partiti di sinistra.
Che persone di sinistra possano trovare un "rifugio" in questo legalismo, lo capisco. Ma non basta, anzi in chiavce politica è fuorviante.
Lo stesso vale per Grillo, che nel suo zibaldone programmatico mette dentro diversi elementi che alla gente di sinistra possono piacere, altri che piaccono a chiunque desidera semplicemente un "buon governo" che è buona amministrazione, e altri che piacciono alla gente di destra. Ma, nel momento in cui queste "provenienze" si trovano a confluire in questo soggetto, smettono di essere destra, sinistra e centro, e danno luogo a qualcosa che politicamente è, come minimo, in attesa di definizione: vogliamo chiamarla populismo? Io direi di sì, visto che chi aderice lo fa come "popolo", non come sinistra o destra: un popolo contrapposto a una nomenklatura indifferenziata tanto quanto è indifferenziato il popolo.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

Caro Paolo11,

è stato un errore postare il filmato "Balasso scende in campo" nel 3D : Lo spunto satirico del giorno.

L'aspetto comico è secondario.

Quella di Balasso è la più grande analisi politica degli ultimi 21 anni.

Purtroppo, ancora una volta, è un comico che è in grado descrivere alla perfezione il comportamento di tutti i politici tricolori degli ultimi 21 anni.

Siamo nel campo della filosofia politica, perché tutti i politici usano lo schema dei consulenti d'immagine.


https://www.youtube.com/watch?v=bBE3gNT ... gest-vrecs


PS: Negli ultimi 15 anni avevo intuito che l'ambaradan funzionasse in questo modo.

La conferma è arrivata un anno fa quando le sciacquette di Renzi e le prostitute (maschi) ripetevano le stesse cose nelle modalità del personale berlusconiano, come se si fossero diplomati tutti quanti all'Istituto Santanché.

Io non sono stato in grado di spiegarlo.

Balasso lo ha fatto alla perfezione.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

Alla fine il malessere permanente e le bufale del potere producono questo:


Conoscere la verità, ecco la grande rivoluzione che faremo
Scritto il 05/4/15 • LIBRE nella Categoria: idee



Che altro deve succedere perché la mia generazione scenda in piazza e faccia una rivoluzione? E pure basta guardare a tassazione, disoccupazione (in particolare quella giovanile), precariato, il deficit democratico delle istituzioni europee, la violenta politica imperialista dei paesi Nato (Yugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, e Ucraina sono le medaglie insanguinate che portiamo al petto) per rendersi conto che la società sta regredendo e l’Europa ha preso una svolta di tipo autoritario sia pure nascosta dagli specchi di istituzioni internazionali paramassoniche al servizio di forze reazionarie; la gente non lo capisce o se ne frega?


Spesso sento dire che in Italia non faremo mai una rivoluzione perché siamo un paese di vecchi o perché il 70% degli italiani ha una casa di proprietà o anche perché ci basta guardare il calcio in televisione mangiare un piatto di pasta e fumarci una sigaretta con il caffè.


La verità che è che il malcontento può portare la gente in piazza ma questo non basta a fare una rivoluzione, per quello ci vuole un’organizzazione pronta a succedere all’amministrazione uscente e tanti soldi, come ci ha mostrato il Dipartimento di Stato Americano, fabbrica di tutte le ultime rivoluzioni in giro per il mondo (il Venezuela o l’Ucraina sono esempi perfetti).


La verità è che una rivoluzione la possiamo fare anche senza scendere per strada informandoci e informando chi ci circonda.

Il sistema informazione in Italia è sotto lo stretto controllo di gruppi (lobby, massonerie, servizi segreti, gruppi bancari e multinazionali) filo-atlantici come voluto nel piano di rinascita democratica della P2; lo stesso succede negli altri paesi occidentali ed infatti questi sistemi sono coordinatissimi quando si tratta di argomenti sensibili come guerre e rivoluzioni, Unione Europea.


E’ risaputo che prima di intervenire militarmente le oligarchie occidentali devono vendere la guerra all’opinione pubblica il controllo totale dei mezzi di informazione è cruciale alla raggiungimento di tale obbiettivo.

Vi basterà osservare come prima di un intervento militare i telegiornali riportino notizie di odiose violenze contro donne e bambini, servono esattamente a vendervi la guerra.

Se pensate che quello che è successo in Iraq o in Libia, dove sono morte centinaia di migliaia di persone, sia il risultato di una guerra ‘giusta’, non è perché siete cretini ma semplicemente vivete in un contesto di precarietà lavorativa, distratti dall’industria dell’intrattenimento e sovraesposti ad una propaganda bellica contro la quale non avete ne voglia ne tempo di assumere un ruolo critico.

Ci confondono con il teatro della politica dove la dialettica destra e sinistra è solo intrattenimento che persegue un pensiero unico trasversale sintesi di interessi privati, aziendali, finanziari, militari, massonici e criminali.


Mi rendo conto che potrei scrivere pagine e pagine per argomentare alcuni temi toccati ma preferisco suggerire al lettore un modo pratico per cominciare la propria rivoluzione… culturale.


In un mondo dove l’informazione è un prodotto come un altro e l’acquirente sono i grossi gruppi di potere che governano il mondo, il sistema produce l’informazione commissionata selezionando in modo darwiniano i compiacenti giornalisti allineati.


Negli ultimi tempi c’e’ un grande sforzo di creare raccoglitori di news da parte di giganti come Yahoo o Google per poter controllare quello che la gente legge.

Spezzate le catene con il mainstrean e cominciate a leggere anche le news di fonti alternative. Il modo migliore eConoscere la verità, ecco la grande rivoluzione che faremo
Scritto il 05/4/15 • nella Categoria: idee
Che altro deve succedere perché la mia generazione scenda in piazza e faccia una rivoluzione? E pure basta guardare a tassazione, disoccupazione (in particolare quella giovanile), precariato, il deficit democratico delle istituzioni europee, la violenta politica imperialista dei paesi Nato (Yugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, e Ucraina sono le medaglie insanguinate che portiamo al petto) per rendersi conto che la società sta regredendo e l’Europa ha preso una svolta di tipo autoritario sia pure nascosta dagli specchi di istituzioni internazionali paramassoniche al servizio di forze reazionarie; la gente non lo capisce o se ne frega? Spesso sento dire che in Italia non faremo mai una rivoluzione perché siamo un paese di vecchi o perché il 70% degli italiani ha una casa di proprietà o anche perché ci basta guardare il calcio in televisione mangiare un piatto di pasta e fumarci una sigaretta con il caffè. La verità che è che il malcontento può portare la gente in piazza ma questo non basta a fare una rivoluzione, per quello ci vuole un’organizzazione pronta a succedere all’amministrazione uscente e tanti soldi, come ci ha mostrato il Dipartimento di Stato Americano, fabbrica di tutte le ultime rivoluzioni in giro per il mondo (il Venezuela o l’Ucraina sono esempi perfetti).La verità è che una rivoluzione la possiamo fare anche senza scendere per strada informandoci e informando chi ci circonda. Il sistema informazione in Italia è sotto lo stretto controllo di gruppi (lobby, massonerie, servizi segreti, gruppi bancari e multinazionali) filo-atlantici come voluto nel piano di rinascita democratica della P2; lo stesso succede negli altri paesi occidentali ed infatti questi sistemi sono coordinatissimi quando si tratta di argomenti sensibili come guerre e rivoluzioni, Unione Europea. E’ risaputo che prima di intervenire militarmente le oligarchie occidentali devono vendere la guerra all’opinione pubblica il controllo totale dei mezzi di informazione è cruciale alla raggiungimento di tale obbiettivo. Vi basterà osservare come prima di un intervento militare i telegiornali riportino notizie di odiose violenze contro donne e bambini, servono esattamente a vendervi la guerra. Se pensate che quello che è successo in Iraq o in Libia, dove sono morte centinaia di migliaia di persone, sia il risultato di una guerra ‘giusta’, non è perché siete cretini ma semplicemente vivete in un contesto di precarietà lavorativa, distratti dall’industria dell’intrattenimento e sovraesposti ad una propaganda bellica contro la quale non avete ne voglia ne tempo di assumere un ruolo critico.Ci confondono con il teatro della politica dove la dialettica destra e sinistra è solo intrattenimento che persegue un pensiero unico trasversale sintesi di interessi privati, aziendali, finanziari, militari, massonici e criminali. Mi rendo conto che potrei scrivere pagine e pagine per argomentare alcuni temi toccati ma preferisco suggerire al lettore un modo pratico per cominciare la propria rivoluzione… culturale. In un mondo dove l’informazione è un prodotto come un altro e l’acquirente sono i grossi gruppi di potere che governano il mondo, il sistema produce l’informazione commissionata selezionando in modo darwiniano i compiacenti giornalisti allineati. Negli ultimi tempi c’e’ un grande sforzo di creare raccoglitori di news da parte di giganti come Yahoo o Google per poter controllare quello che la gente legge. Spezzate le catene con il mainstrean e cominciate a leggere anche le news di fonti alternative. Il modo migliore e scaricare un’app che si chiama feedly o anche semplicemente salvare queste fonti nel folder del vostro browser.(Ludovico Nobile, “Impariamo a informarci in tempi moderni”, da “Conflitti e strategie” del 29 marzo 2015).
Che altro deve succedere perché la mia generazione scenda in piazza e faccia una rivoluzione? E pure basta guardare a tassazione, disoccupazione (in particolare quella giovanile), precariato, il deficit democratico delle istituzioni europee, la violenta politica imperialista dei paesi Nato (Yugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, e Ucraina sono le medaglie insanguinate che portiamo al petto) per rendersi conto che la società sta regredendo e l’Europa ha preso una svolta di tipo autoritario sia pure nascosta dagli specchi di istituzioni internazionali paramassoniche al servizio di forze reazionarie; la gente non lo capisce o se ne frega? Spesso sento dire che in Italia non faremo mai una rivoluzione perché siamo un paese di vecchi o perché il 70% degli italiani ha una casa di proprietà o anche perché ci basta guardare il calcio in televisione mangiare un piatto di pasta e fumarci una sigaretta con il caffè. La verità che è che il malcontento può portare la gente in piazza ma questo non basta a fare una rivoluzione, per quello ci vuole un’organizzazione pronta a succedere all’amministrazione uscente e tanti soldi, come ci ha mostrato il Dipartimento di Stato Americano, fabbrica di tutte le ultime rivoluzioni in giro per il mondo (il Venezuela o l’Ucraina sono esempi perfetti).

La verità è che una rivoluzione la possiamo fare anche senza scendere per strada informandoci e informando chi ci circonda. Il sistema informazione in Italia è sotto lo stretto controllo di gruppi (lobby, massonerie, servizi segreti, gruppi bancari e Scontrimultinazionali) filo-atlantici come voluto nel piano di rinascita democratica della P2; lo stesso succede negli altri paesi occidentali ed infatti questi sistemi sono coordinatissimi quando si tratta di argomenti sensibili come guerre e rivoluzioni, Unione Europea. E’ risaputo che prima di intervenire militarmente le oligarchie occidentali devono vendere la guerra all’opinione pubblica il controllo totale dei mezzi di informazione è cruciale alla raggiungimento di tale obbiettivo. Vi basterà osservare come prima di un intervento militare i telegiornali riportino notizie di odiose violenze contro donne e bambini, servono esattamente a vendervi la guerra. Se pensate che quello che è successo in Iraq o in Libia, dove sono morte centinaia di migliaia di persone, sia il risultato di una guerra ‘giusta’, non è perché siete cretini ma semplicemente vivete in un contesto di precarietà lavorativa, distratti dall’industria dell’intrattenimento e sovraesposti ad una propaganda bellica contro la quale non avete ne voglia ne tempo di assumere un ruolo critico.

Ci confondono con il teatro della politica dove la dialettica destra e sinistra è solo intrattenimento che persegue un pensiero unico trasversale sintesi di interessi privati, aziendali, finanziari, militari, massonici e criminali. Mi rendo conto che potrei scrivere pagine e pagine per argomentare alcuni temi toccati ma preferisco suggerire al lettore un modo pratico per cominciare la propria rivoluzione… culturale. In un mondo dove l’informazione è un prodotto come un altro e l’acquirente sono i grossi gruppi di potere che governano il mondo, il sistema produce l’informazione commissionata selezionando in modo darwiniano i compiacenti giornalisti allineati. Negli ultimi tempi c’e’ un grande sforzo di creare raccoglitori di news da parte di giganti come Yahoo o Google per poter controllare quello che la gente legge. Spezzate le catene con il mainstrean e cominciate a leggere anche le news di fonti alternative. Il modo migliore e scaricare un’app che si chiama feedly o anche semplicemente salvare queste fonti nel folder del vostro browser.

(Ludovico Nobile, “Impariamo a informarci in tempi moderni”, da “Conflitti e strategie” del 29 marzo 2015). scaricare un’app che si chiama feedly o anche semplicemente salvare queste fonti nel folder del vostro browser.(Ludovico Nobile, “Impariamo a informarci in tempi moderni”, da “Conflitti e strategie” del 29 marzo 2015).
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA




Nanni Moretti si era limitato a raccontare la condanna del Caimano. Non aveva mai azzardato a prospettare come sarebbe avvenuta la fine.

Tra resurrezioni artificiali e ricadute possiamo assistere a quel finale che tanto avevamo evocato.

Ma non è un finale indolore. I fedelissimi lo rappresentano secondo la loro indole e cultura. Muoia Sansone e tutti i Filistei.

Non che la nuova Democrazia cristiana di Bufala Bill II e compagneros non gli offra l’occasione per spingere a fondo l’acceleratore, ma al caos e alla decomposizione che regna in FI, questa è l’occasione per puntare i riflettori sul partito dell’arzignanese, per distorcere lo sguardo dai propri guai.

Oltre al fatto di trasmettere il messaggio: “Mal comune mezzo gaudio”.



Regionali, tra espulsioni e faide interne per il Pd è caos ovunque
Civatiani e vendoliani corrono insieme in Liguria e Umbria mentre nelle Marche l'ex presidente dem corre con gli alfaniani
Francesco Curridori - Lun, 06/04/2015 - 07:50



Guai per il Pd in vista delle Regionali. Da Nord a Sud sono numerose le schegge impazzite nel campo del centrosinistra. In Veneto la renziana Alessandra Moretti pare destinata a perdere contro Luca Zaia, nonostante la candidatura di disturbo di Flavio Tosi e l’accordo stretto con Sel e con i Verdi.


In Liguria, invece, il deputato civatiano Luca Pastorino ha deciso di presentarsi contro la candidata ufficiale del Pd, Raffaella Paita che si presenta con l’appoggio anche del Nuovo centrodestra. Pastorino, dopo aver lasciato il Pd, ha ricevuto il sostegno di Sel, di Sergio Cofferati e degli altri dissidenti democratici che hanno contestato la vittoria della Paita alle primarie. La Liguria, data per sicura fino a qualche giorno fa, potrebbe essere in bilico, visto che Lega Nord e Forza Italia hanno trovato l’intesa per una candidatura unitaria (quella di Giovanni Toti) e se il Movimento 5 Stelle dovesse avere una buona affermazione nella terra di Beppe Grillo. I voti di Pastorino, che potrebbe attestarsi attorno al 10%, sarebbero, in quel caso, decisivi per un’eventuale e clamorosa sconfitta della Paita.

Anche in Umbria i civatiani provano a guastare la festa della candidata del Pd, Catiuscia Marini, governatrice uscente che si ripresenta per il bis. Rita Castellani, dopo una lunga militanza nel Pd, ha lasciato il partito e guiderà una coalizione di cui farà parte anche l’Altra Europa-Umbria che si ispiri alla sinistra di Tsipras e di Podemos. Situazione contorta anche nelle Marche dove il presidente uscente Gian Mario Spacca, con due legislature alle spalle col centrosinistra, ora si ripresenta con la lista Marche2020, appoggiato dai centristi di Area popolare e forse nei prossimi giorni anche Forza Italia convergerà sul suo nome. Luca Ceriscioli è il vincitore delle primarie e candidato ufficiale del Pd che, però, non avrà il sostegno di Sel che si presenta da sola col suo coordinatore regionale Edoardo Mentrasti. Altra roccaforte rossa in bilico? Dove non ci dovrebbero essere sorprese è nella Toscana di Matteo Renzi e di Enrico Rossi che si ripresenta alla guida della Regione per un secondo mandato ma anche in questo caso senza il supporto di Sel. I vendoliani, infatti, correranno da soli con Tommaso Fattori perché Rossi, noto antirenziano, si è convertito alla vocazione maggioritaria del Pd a cui tanto ambisce il segretario-premier.

Al Sud i problemi maggiori sono rappresentati dalla candidatura in Campania di Vincenzo De Luca, sulla cui testa pendono gli effetti della legge Severino. Tecnicamente De Luca è candidabile ma non eleggibile perché condannato per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla costruzione del termovalorizzatore di Salerno, città di cui è sindaco. Nonostante da più parti gli sia stato chiesto più volte un passo indietro, De Luca non ha ceduto il passo e sembra intenzionato a ricorrere al Tar in caso di vittoria elettorale. Vittoria non scontata dato che il patto tra Berlusconi e Salvini prevede che la Lega non si presenti in Campania e ciò facilita un accordo tra il centrodestra e i centristi di Area popolare (Ncd+Udc). Anche in questa regione, inoltre, il Pd non è riuscito, o meglio non ha voluto, allearsi con Sel che candida Salvatore Vozza come leader della sinistra radicale campana. Il deputato campano Guglielmo Vaccaro ha, poi, annunciato che voterà per il governatore uscente di Forza Italia Stefano Caldoro e non esclude una sua fuoriuscita dal Pd.

In Puglia, dove Michele Emiliano si presenta come il candidato di tutto il centrosinistra in alleanza con l'Udc, il Pd ha recentemente espulso Guglielmo Minervini, assessore alle politiche giovani uscente, reo di volersi candidare nelle liste di Sel “per difendere la stagione di 10 anni di governo Vendola”. Minervini era arrivato terzo alle primarie per la scelta del candidato Presidente e l’ala a lui vicina non solo contesta l’alleanza con l’Udc ma anche l’ingresso di molti esponenti di centrodestra sul “carro del vincitore”. Ad agitare le acque del Pd pugliese c'è anche il sostegno alla candidatura a sindaco di Cosimo Mele, l'ex deputato Udc coinvolto nel 2007 in uno scandalo a base di sesso e cocaina, che si è riclicato come primo cittadino di Carovigno, il suo paese natio, prima sotto le insegne dell'Ncd e ora col Pd. Due anni fa, infatti, Mele era stato eletto con l'appoggio di liste civiche il Pd lo sostenne al ballottaggio. Era poi passato con gli alfaniani che l'avevano sfiduciato ma era riuscito a rimanere in sella ancora un anno grazie ai voti del Pd, di cui ora è il portabandiera per le amministrative di fine maggio.

Dalla Sicilia, infine, sono da segnalare le dimissioni del presidente regionale del partito, Marco Zambuto (ex Pdl), colpevole di aver incontrato Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli e di aver favorito la vittoria del candidato vicino a Forza Italia, Silvio Alessi alle primarie del centrosinistra di Agrigento.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 12595.html
shiloh
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da shiloh »

camillobenso ha scritto:LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA

Regionali, tra espulsioni e faide interne per il Pd è caos ovunque
Civatiani e vendoliani corrono insieme in Liguria e Umbria mentre nelle Marche l'ex presidente dem corre con gli alfaniani
Francesco Curridori - Lun, 06/04/2015 - 07:50

Guai per il Pd in vista delle Regionali. Da Nord a Sud sono numerose le schegge impazzite nel campo del centrosinistra. In Veneto la renziana Alessandra Moretti pare destinata a perdere contro Luca Zaia, nonostante la candidatura di disturbo di Flavio Tosi e l’accordo stretto con Sel e con i Verdi.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 12595.html
il PD è diventato un partito di centro destra ormai per me invotabile.
ma i suoi avversari son messi mooooolto peggio in quanto a faide e casini interni.
e siamo d'accapo...
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA





CRISI DEM
Ma che razza di partito è diventato il Pd?
Scosso dagli scandali, da nord a sud. Succube dei vecchi apparati. In calo drammatico di iscritti. Diviso fino al rischio di scissione. Si avvicinano le elezioni regionali e il Pd è del tutto fuori controllo. 
E Renzi sembra incapace di agire
DI MARCO DAMILANO
01 aprile 2015


Vecchia pietra/per costruzioni nuove/vecchio legname/per nuovi fuochi...». Il senatore del Pd Mario Tronti quasi sussurra i versi di Thomas Stearns Eliot per festeggiare i cento anni di Pietro Ingrao, l’ultimo comunista, il sopravvissuto del secolo delle ideologie. Nell’auletta dei gruppi parlamentari applaudono le prime file, il capo dello Stato in carica (Sergio Mattarella) e il presidente emerito (Giorgio Napolitano), Pier Luigi Bersani e Achille Occhetto, Anna Finocchiaro e Luciano Violante, Emanuele Macaluso e Aldo Tortorella, antichi più che anziani.

Vecchie pietre, vecchio legname.

Le nuove costruzioni, il Pd di Matteo Renzi, non si vedono in sala.

Non c’è un ministro a testimoniare la presenza del nuovo corso, neppure un vice-segretario.

«Il governo? E chi è?».

Massimo D’Alema, seduto a due posti di distanza dall’ex rivale Occhetto, sfodera l’acidità dei momenti peggiori.

Il giorno prima il suo nome è rimbalzato nell’inchiesta giudiziaria che ha portato all’arresto del sindaco Pd di Ischia Giosi Ferrandino , candidato alle europee.


Notizie non rilevanti ai fini penali sull’acquisto di bottiglie di vino di produzione dalemiana e di cinquecento copie del suo libro, più finanziamenti di 60mila euro (registrati) della cooperativa Cpl Concordia alla fondazione Italianieuropei, corredate da intercettazioni («D’Alema è uno che mette le mani nella m...»), ma che bastano a far infuriare l’ex premier.


Galeotto fu il libro: “Non solo euro”, il testo in questione, fu presentato a Roma da Renzi il 18 marzo 2014, quel giorno Matteo assicurò che per la futura Commissione europea il governo avrebbe scelto «le persone più forti che abbiamo».


D’Alema si era riconosciuto nell’identikit, invece Renzi designò Federica Mogherini.

"Cosa sarebbe del progetto di Renzi se dovesse rompere con la sinistra?" si chiede lo storico dirigente del Pci, partigiano e amico di una vita di Pietro Ingrao. E ancora: "Anch’io vedo 
le sue chiusure. Ma non mi sembra 
che ci sia nel Paese la richiesta di un nuovo partito"

È anche da quella promessa che parte la guerra che oggi dilania il Pd.


Il fantasma di una mini-scissione che agita il partito del 41 per cento alle elezioni europee, con la minoranza interna che minaccia di non votare la legge elettorale Italicum quando a fine mese approderà alla Camera.


Un atto che segnerebbe una rottura irreparabile.


«Operazione 27 aprile», la chiama Pippo Civati.

Ma la vera guerra contro il passato che preoccupa Renzi non è quella contro i leader della minoranza (Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Rosy Bindi, Pippo Civati), divisi tra loro.


È la difficoltà a far cambiare verso al Pd, dopo quasi un anno e mezzo di segreteria.


Divisioni. Iscritti in fuga. Infiltrazioni di ogni tipo, comprese quelle della criminalità mafiosa.


«Un partito non solo cattivo ma pericoloso e dannoso», ha scritto l’ex ministro Fabrizio Barca nel suo rapporto sul Pd romano, in cui «traspaiono deformazioni clientelari e una presenza massiccia di “carne da cannone da tesseramento”» e che «subisce inane le scorribande dei capibastone».

A Roma il centrosinistra governa dal 1993, salvo la parentesi di Gianni Alemanno dal 2008 al 2013, l’inchiesta Mafia Capitale sta sfiorando le amministrazioni del Pd e i suoi uomini-chiave.

L’ultimo indagato, il cinquantenne Maurizio Venafro, era il capo di gabinetto di Nicola Zingaretti alla presidenza della regione Lazio.

Nato e cresciuto nella Fgci di Goffredo Bettini e nelle sezioni di borgata del Pci, nessuno ha mai messo in discussione la sua correttezza ma è il modello Roma fatto persona, per più di venti anni nelle stanze del potere romano: capo staff di Francesco Rutelli in Campidoglio, affiancandolo nella candidatura a premier nel 2001, capo del dipartimento comunicazione con Enrico Gasbarra alla Provincia di Roma, capo delle relazioni esterne della giunta Marrazzo e infine braccio destro di Zingaretti.

Negli stessi giorni è stato sciolto il municipio di Ostia, governato dal Pd, per collusioni con la mafia.


Assessori indagati. Dirigenti sotto accusa. Collaboratori discutibili. Le nomine del nuovo governatore fanno storcere il naso. Lui però si difende: "Rispettate le regole"


Roma è l’unica situazione locale in cui Renzi si è mosso con rapidità, nominando commissario il presidente del partito Matteo Orfini.

Che non è un estraneo alle beghe correntizie, è stato in cordata per anni con il deputato Umberto Marroni (uno dei commensali, tra l’altro, nella cena in cui il futuro ministro Giuliano Poletti sedeva a tavola con Gianni Alemanno e con il socio del boss Massimo Carminati Salvatore Buzzi).


Nel partito li chiamavano i Dalemerrimi o i Dalebani, per sottolineare la fedeltà al loro capo di allora, D’Alema. In minoranza a Roma, dove dominavano Bettini, Zingaretti, i veltroniani.

Oggi Orfini sta con Renzi, ha impugnato la bandiera del rinnovamento: azzeramento delle commissioni in Campidoglio, inchiesta sui circoli, invito ai consiglieri comunali ad andare in Procura a denunciare le situazioni sospette.

In altre situazioni, invece, il Pd nazionale stenta a intervenire. In Calabria non è stata ancora completata la formazione della giunta di Mario Oliverio, eletta il 23 novembre, quattro mesi fa. E non si può neppure dare la colpa all’inesperienza, dato che il nuovo presidente è entrato per la prima volta nel consiglio regionale calabrese nel 1985, quando Renzi aveva dieci anni.

In Campania c’è il volo del calabrone Vincenzo De Luca su cui pesa una condanna in primo grado per abuso di ufficio e che per la legge Severino potrebbe essere costretto a sospendersi dalla sua funzione in caso di elezione. Ma ha vinto le primarie e si presenta come l’uomo di Renzi in regione.

Intanto a Eboli un funzionario del Comune e un imprenditore sono stati arrestati con l’accusa di sfruttare donne immigrate: certificati falsi di residenza in cambio di voti alle primarie comunali per il Pd. In Sicilia c’è lo scambio delle identità.

Nella pirandelliana Agrigento il candidato vincente alle primarie del Pd Silvio Alessi in realtà è di Forza Italia, sponsorizzato dal presidente del Pd isolano Marco Zambuto (ex cuffariano, ex alfaniano, oggi faraoniano, nel senso di Davide Faraone, il sottosegretario all’Istruzione capo dei renziani in Sicilia) che è andato in visita ad Arcore da Silvio Berlusconi.

Nelle Marche, dopo dieci anni di governo, il presidente uscente del Pd Gian Mario Spacca si è buttato dalla parte opposta e guiderà una lista civica di centrodestra aperta a Forza Italia.

In tutte queste situazioni c’è un solo protagonista, il Pd di sempre, con i vecchi uomini e i vecchi metodi, e un grande assente, il nuovo corso di Renzi. Il leader egemone a Roma, che strapazza e umilia gli avversari, nei territori finisce in minoranza o è costretto ad affidarsi ai professionisti del trasformismo.

E dietro il leader c’è il deserto. I renziani, per ora, non esprimono una classe dirigente, un’organizzazione, una cultura politica. Faticano a darsi un nome. Una settimana fa i renziani della Lombardia si sono riuniti per la prima volta tutti insieme con il segretario regionale Alessandro Alfieri e con il numero due del Pd nazionale Lorenzo Guerini. E hanno deciso di chiamarsi “maggioranza del Pd”, così, senza altri aggettivi.

Qualunque altra definizione, tipo quella dei catto-renziani vagheggiata dagli amici di Graziano Delrio, avrebbe fatto infuriare il premier.

Di riforma del Pd si stanno occupando due ex avversari del leader, Orfini e il bolognese Andrea De Maria, incaricato di preparare un evento a Cortona. Sul tesseramento è stato chiamato a lavorare il deputato di Arezzo Marco Donati, renziano della prima ora. Compito delicato.

Nel 2014 a Bologna, la città rossa per eccellenza, nell’anno del boom elettorale renziano, si sono persi per strada un quarto degli iscritti. I circoli chiudono: erano tre a Sasso Marconi, ne è rimasto uno e il nuovo segretario cittadino è stato votato da cinquanta irriducibili (su 400 iscritti).


Altrove è il contrario, c’è il tesseramento gonfiato di anime morte. L’ex deputato di Sel Gennaro Migliore, ora renziano, spedito da Orfini a monitorare il municipio romano di Tor Bella Monaca, non si separa mai da una cartellina rossa che contiene i primi risultati dell’indagine: almeno un quarto delle tessere è di provenienza incerta, sospetta.

«Ho votato per Renzi alle primarie e lui è un politico di razza», osserva un padre nobile del Pd come Antonio Bassolino, «ma vedo una contraddizione profonda tra il Pd di Roma e il territorio e tra Renzi e il renzismo. C’è una grande distanza tra il segretario-premier e la sua classe dirigente, una questione che continua a restare irrisolta e che è sempre più urgente. È una difficoltà quasi tecnica: con l’attività di governo che assorbe ogni energia dove può trovare Renzi il tempo di affrontare le tante questioni locali?».


Le elezioni regionali sono ormai vicine.

Un nuovo test per il Pd renziano dopo le trionfali europee del 2014 e le regioni conquistate negli ultimi mesi (l’Emilia confermata nonostante inchieste e astensioni e Sardegna, Piemonte, Abruzzo e Calabria strappate al centro-destra).


Se sulla legge elettorale dovesse arrivare lo strappo della minoranza le conseguenze sul voto sarebbero imprevedibili. Ma ancora più imprevedibile è che il premier decisionista sul rinnovamento del partito si riveli immobile. Abbandonando il Pd al vecchio legname. Senza costruzioni nuove.
© Riproduzione riservata 01 aprile 2015

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camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

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LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA


Tangenti, il manager pentito mette nei guai la coop rossa altri trenta appalti nel mirino (CONCHITA SANNINO)
07/04/2015 di triskel182



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Simone voleva fuggire in Tunisia. I pm allargano le indagini. Nelle carte il “canale preferenziale con Renzi, Lotti e Nardella”.



NAPOLI – «Ho chiamato te che sei potentissimo e supremo…».

Ora si scopre che lo adulavano così al telefono, perfino per ottenere una sua intercessione per una nomina, tanto all’Ama di Roma quanto in Regione Campania.

E lui, Francesco Simone, ex capo delle Relazioni istituzionali della coop modenese Cpl Concordia, il facoltoso manager accusato di aver messo in piedi il consolidato sistema corrutivo scoperto una settimana fa dalla procura di Napoli con il blitz che ha travolto Ischia, si schermiva e avvertiva: «Se ci intercettano, arrestano te e me».


Era pronto a scappare in Tunisia, Simone.


«In Italia siamo ascoltati fin nel buco del culo», si lamentava.


Aveva già trovato casa in nord Africa.


E ora il “potentissimo” sta parlando dal carcere.


Dopo l’apertura di un nuovo filone che coinvolge l’ex parlamentare (An, e poi Fli) Luigi Muro — sui lavori di metanizzazione nel’isola di Procida — altri interrogatori sarebbero fissati per le prossime ore.

Simone avrebbe riempito decine di pagine con circostanze e nomi, dinanzi ai pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Giuseppina Loreto.


Svelando agli inquirenti l’esistenza un vero e proprio «protocollo ben consolidato» che serviva a truccare le gare, da nord a sud.


Era il perno, Simone, di una fitta rete di rapporti con eccellenti politicio-istituzionali: «Al riguardo — scrivono i carabinieri nel gennaio 2014 — egli riesce ad avere un canale preferenziale sia con il segretario Pd Matteo Renzi, sia con Luca Lotti e Dario Nardella».

Ed era presente sui mercati esteri: dal business fotovoltaico a Cuba agli interessi «per il pomodoro» in Albania, passando per la costruzione «di un centro commerciale» in Mauritania. Si attendono sviluppi già in questa settimana.



“CI SPIANO, NON SI LAVORA PIÙ”
Francesco Simone parla al telefono con Andrea Acerbi, in una delle intercettazioni più recenti.

È il 16 febbraio 2015, annotano i carabinieri del Noe: «I due parlano delle possibilità di investimento in nord Africa e della rete relazionale di primissimo livello di Simone, che rappresenta ad Acerbi l’importanza del viaggio da fare» di lì a otto giorni, «e lascia intendere di averla sotto controllo (la gara, ndr ) e di essere in grado di potergliela fare aggiudicare.


Per i carabinieri, «Simone cerca di essere prudente, poi fortunatamente si lascia andare lasciando chiaramente intendere l’illecita natura dell’operazione riguardo il bando di gara (cajer de charge).


“Prima che esca il cajer de charge non è una cosa molto lecita…”. I due poi si lamentano — si legge — del fatto che in Italia non si può più lavorare.


E Simone dice di esser d’accordo con la moglie per trasferirsi in Tunisia: “Siamo ascoltati fin nel buco del culo… È diventato reato in questo paese portare a casa due fette di pane. Le aziende italiane, cioè che caXXo, e allora io mia moglie dice trasferiamoci in Tunisia».


In un altro colloquio, con una donna di un’agenzia a Tunisi, dice: «Io sono innamorato della Tunisia, c’ho cinque figli e sto guardando un appartamento molto bello a Cartagine, a Le Castel de Cartagine ».



I FONDI DALLA TUNISIA

Sono almeno trenta gli appalti nel mirino.

A Simone verrà chiesto conto innanzitutto degli appalti in cui la Cpl Concordia avrebbe adottato “il protocollo”: non mazzette avvolte nei giornali, ma consulenze mirate a parenti di amministratori, o quote societarie poi arricchite da plusvalenze.


Uno scenario che fa tremare esponenti politici e istituzionali di varie regioni.

È depositato il “quadro” di tutti gli appalti su cui si concentrano le attenzioni degli inquirenti, oltre alla vicenda di Ischia, così come disegnato dall’ingegner Giulio Lancia, prima “gola profonda” dell’indagine.


Ad esempio, i lavori «Consip/ Cns, provincia di Caserta; Consip/ Cns, provincia di Napoli; Consip/Cns, Seconda Università di Napoli; Consip/Cns Salerno; e ancora Asl di Salerno, ospedali di Vallo della Lucania, Nocera Inferiore e Pagani». E poi ci sono i fondi neri della Tunisia attraverso la società Tunita.


Da un’intercettazione di Simone con un “socio”, i carabinieri sintetizzano: «I due sembrano aver snocciolato i ter-mini dell’accordo: 180mila euro l’anno, divisi in 45mila euro trimestrali… Simone poi specifica che per il success fee si deve fare un contratto di management con cui si richiede una ulteriore percentuale del 5 per cento. Puoi chiedere anche il 20…».



LA SECONDA VITA DI DEMITRY
La telefonata è dell’aprile 2013, tra Simone e Giuseppe Incarnato, manager già indagato tre mesi fa con l’ex deputato mastelliano Tommaso Barbato per una vicenda di presunto voto di scambio con l’ex onorevole del Psi Geppino Demitry.


Incarnato: «Domani ci sei tu a Roma?». Simone: «No, a Perugia sono, dimmi Giuseppe».


Incarnato: «No, perché ti volevo parlare… Vedi se puoi aiutare Stefano Commini con l’Ama.. Sta sta puntando a fare l’amministratore delegato, è in pole position… Mi sono detto: fammi chiamare il potentissimo, il supremo».

Simone: «Ma quale potentissimo. Se mi intercettano, ci arrestano a te e me».


In un’altra conversazione, tra Simone, e Nicola De Vecchi, presidente di varie società di smaltimento, «si parla del settore industriale della depurazione e della gestione fanghi».

Nell’occasione — registrano i militari del Noe — Simone precisa che per il futuro l’ex onorevole Giuseppe Demitry farà da trait d’union.

Da La Repubblica del 07/04/2015.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

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LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA


Paolo Mieli verso Raffaele Cantone a Otto e mezzo.

"La corruzione del Mose, dell'Expò, è 2 - 3 volte maggiore di quella di 22 anni fa".


A maggior ragione dovrebbe corrispondere un crollo maggiore rispetto a 22 anni fa.

Questa volta sotto i riflettori ci sono le Coop rosse.

E' crollato un mito, come è finita la sinistra 6 anni fa.
camillobenso
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LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA


La mente umana non ha pari nell'elaborare truffe e inganni.

"Fatta la legge trovato l'inganno" è un vecchio proverbio italiano.

Non se ne verrà mai a capo di niente.



PROJECT FINANCING IL BUCO SEGRETO DA 200 MILIARDI NEI CONTI PUBBLICI
(Giorgio Meletti)
08/04/2015 di triskel182



NON SOLO CORRUZIONE Dietro gli appalti di Ischia, anche la pratica dei contratti stipulati dagli enti locali o dalle Asl che arricchiscono i privati a spese nostre.

La prima impressione è che il gas di Ischia costi più del vino di D’Alema.

Dando un’occhiata ai bilanci della Cpl Concordia, sotto inchiesta per presunte pratiche di corruzione, si intuisce un chiaro movente.

Nel 2013 la cooperativa ha fatturato 415 milioni di euro e ha conseguito un utile netto consolidato di 4,5 milioni di euro.

La sua controllata Ischia Gas, microscopica società di distribuzione dell’isola, ha conseguito un utile netto di 1,6 milioni (un terzo di tutto il gruppo) dando il gas a 1800 utenti e vettoriandone 1,9 milioni di metri cubi. In pratica un utile netto di circa 80 centesimi a metro cubo, che è all’incirca il prezzo di mercato del metano.


I MAGISTRATI NAPOLETANI ci spiegheranno, se riusciranno a provarli, i meccanismi della corruzione, ma sarebbe anche utile che si addentrassero nella ricetta della vera pozione miracolosa di casi come Ischia: il project financing.

Questo sistema è il vero cancro nascosto della finanza pubblica.

Con o senza corruzione sta scavando una voragine nelle casse dello Stato.


Pochi giorni fa l’Autorità Anticorruzione di Raffaele Cantone ha chiesto alla Asl 3 di Nuoro i documenti sul contratto di project financing per la costruzione del nuovo ospedale, dove multinazionali dai nomi altisonanti (accompagnate dall’immancabile cooperativa rossa) si sono presentate a catturare il lucroso affare.


Il Fatto ha già raccontato la storia due anni fa.

A Nuoro, per investire 45 milioni sull’ospedale, non potendo accedere a mutui perché i conti della Asl non lo consentivano, hanno fatto il mitico project: il privato ci mette il capitale e viene ripagato con un sontuoso affitto della nuova struttura, più vari contratti per servizi ospedalieri non sanitari (pulizia, guardiania etc.).



Il tutto per la durata di 28 anni.



Non avendo potuto fare un mutuo da 45 milioni la Asl si è impegnata a dare ai privati circa 800 milioni in tutto, violando non solo il buon senso ma anche le norme europee secondo cui gli appalti dei servizi non possono durare più di 3-5 anni.



L’Italia è ormai piena di operazioni del genere, il vero bengodi di costruttori e società di servizi.




È un calcolo complicato da fare, perché ormai ciascuna Asl e ciascuno dei quasi novemila comuni, hanno scoperto il giochetto ed è difficile raccogliere tutti i dati.




Un solo esempio. L’ospedale Sant’Orsola di Bologna ha bandito nel 2010 una gara per la costruzione della cosiddetta centrale tecnologica.



Ha vinto la Manutencoop, gigante delle coop rosse, guidata da trent’anni dal pluriindagato Claudio Levorato.



Ma un altro manager rosso, Roberto Casari della Cpl Concordia, oggi agli arresti per la vicenda Ischia, si è talmente arrabbiato per essere arrivato secondo da presentare un esposto alla procura di Bologna.



La pm Rossella Poggioli ha così scoperto che la centrale tecnologica ha un costo di 30 milioni, che il bando di gara indicava un valore dell’appalto di circa 6 milioni (perché il resto del costo è coperto da capitali privati), ma che alla fine il contratto vinto da Levorato vale circa 400 milioni, perché comprende forniture di servizi vari per 25 anni.




Trattandosi di contratti per la fornitura dei servizi non risultano né tra gli investimenti né tra i debiti. Praticamente non lasciano traccia nei bilanci pubblici. Ma la stima prudente degli addetti ai lavori indica un indebitamento implicito, sotterraneo o nascosto di circa 200 miliardi di euro. Si tratterebbe del 10 per cento in più rispetto al dato ufficiale del debito italiano.





UNA COLTRE DI SILENZIO COPRE il fenomeno, e si capisce perché: i ras politici hanno trovato il modo di tagliare nastri alla faccia delle ristrettezze finanziarie degli enti locali.


Ogni tanto si scopre quasi per caso un brandello di verità.




Quando nel Veneto fu arrestato Piergiorgio Baita, capo della Mantovani e quindi dominus del Mose di Venezia, e noto come “mago del project”, tutta la regione andò nel panico, temendo uno stop traumatico ai numerosi project financing in corso.



A parte una serie di strade e autostrade modello “classico” Brebemi (i privati anticipano il capitale poi se il traffico è inferiore alle attese lo Stato paga la differenza), si scoprì che in project financing si stavano costruendo anche l’ospedale di Padova e il tribunale di Rovigo.


Ora sarà lecito chiedersi che senso ha il modello dell’investimento privato su un tribunale: qual è il rischio di mercato?


L’opera viene ripagata da appositi pedaggi o multe comminate ai condannati?


O anche l’innocente deve pagare qualcosa per il disturbo?


Niente di tutto ciò ovviamente: sarà la pubblica amministrazione a pagare un canone di affitto a lungo termine al costruttore.


Così l’edificio costerà ai contribuenti molto più che chiedere un mutuo in banca.


Solo che con il project nessuno vede niente.


La nuova sede del comune di Bologna è stata fatta in project financing: qualcuno l’ha costruita e il Comune si è impegnato a pagargli un affitto di 9,5 milioni l’anno per 28 anni.


L’opera è costata 70 milioni, il Comune apparentemente non ha investito un euro, il patto di stabilità è rispettato, ma di fatto al contribuente è stato accollato un debito di oltre 250 milioni che sarà pagato dai figli del geniale sindaco che ha fatto il contratto.


L’allora governatore del Veneto, Giancarlo Galan, poi arrestato per il Mose, teorizzava nel 2010: “L’alternativa non è fare un ospedale con i soldi pubblici o farlo con i soldi dei privati. Perché la prima possibilità non è data. Se non ci fossero stati i capitali privati, a Mestre non ci sarebbe un nuovo ospedale”.



Invece Mestre ha il nuovo ospedale. Che bello. I conti andò a farli Mariano Maugeri del Sole 24 Ore, scoprendo che è costato 140 milioni di euro a chi l’ha costruito, che ha messo 20 milioni suoi e 120 presi in banca, e ha avuto indietro dalla regione dell’astuto Galan il capitale più 280 milioni di interessi più contratti di forniture per 1,2 miliardi in 24 anni.

I conti sono presto fatti: grazie al project financing un ospedale può costare fino a dieci e anche venti volte il valore dell’opera edificata.

Da Il Fatto Quotidiano del 08/04/2015.
paolo11
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da paolo11 »

https://www.youtube.com/watch?v=9NIUSQlr4wQ
Luigi Di Maio (M5S): EXPO TTIP E ITALIA CRONACA DI UN SUICIDIO ANNUNCIATO - PORDENONE
Ciao
Paolo11
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