Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
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Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
Il segreto di Matteo Renzi? Non essere stato eletto
di Furio Colombo | 30 marzo 2014
Credo di avere capito e voglio condividere con voi questa rivelazione. Renzi, che riesce anche quando non riesce, e aumenta nel gradimento anche dopo i colpi a vuoto, è al centro dell’attenzione benevola della maggioranza dei cittadini non perché è giovane, e neppure perché è così diverso da tutti gli altri, come si usa dire. Il fatto che conta, e che lo sostiene come un atleta portato a spalle, è che Renzi non è mai stato eletto.
Non so se vi rendete conto di quanto valga questa carta in tempi di furiosa anti-politica. Renzi non è la casta. Poiché non ha mai fatto campagna elettorale (tranne che nella sua città e nei percorsi interni delle “primarie”), non si può tentare di tenerlo in quel perenne stato di punizione che spetta ai politici veri eletti, non gli si può gridare “da che pulpito!”. E non gli si possono rimproverare cose mai accadute. Direte che ha promesso molto e ha ottenuto solo risultati modesti o vittorie apparenti. Non è il punto.
Il punto è che Matteo Renzi è entrato direttamente nella stanza dei bottoni (niente prescrive o prevede che uno passi di lì e vi entri perché è uno bravo o si presume che sia bravo) e vi resta non solo incontrastato ma abbastanza apprezzato. La ragione è che non è mai stato eletto. Lo so che mi sto ripetendo, ma non mi pare vero di avere individuato la ragione che, con un po’ di fortuna e di faccia tosta (che non gli manca), lo salverà a lungo dal crollo dei controsoffitti politici che colpiscono così presto quasi tutti i regolari della politica.
Direte che altri, prima di lui, avevano governato senza essere stati eletti. Vero, ma erano bene in vista due condizioni: una situazione di emergenza; e una lista di poche, essenziali cose da fare, subito. Qui, invece, parliamo di una intera legislatura, dell’abbattimento del Senato e delle Province e di tutte (tutte) le altre riforme.
I suoi modi simpatici e disinvolti devono avere fatto presa anche sul capo dello Stato, che aveva previsto una situazione eccezionale breve, e si trova di fronte a una situazione eccezionale lunghissima. Ma forse anche lui aveva visto che Renzi ha un lasciapassare prezioso: può dimostrare di non essere stato votato. Non è l’on. Renzi o il senatore Renzi. È il dottor Renzi.
Fa una differenza grandissima, e Renzi in persona è ben cosciente di questo privilegio che a tutti gli altri non sembra bello ricordare (infatti non se ne parla mai). Renzi ne è cosciente al punto da esprimersi con la libera spregiudicatezza di chi sta fuori dal gioco, mentre sta dentro e al centro. Tipica è la frase con cui liquida il dissenso della leader di Cgil e del presidente di Confindustria: “Vuol dire che ce ne faremo una ragione”.
Vi immaginate se un regolare politico eletto si abbandonasse a tanto giovanile sarcasmo? Per capire è bene non illudersi che l’ondata fortissima di avversione alla politica prima o poi si esaurisce. Occorre un forte choc perché questo accada. Al momento non sembra né imminente né probabile. Cose enormi e non cancellabili (certo non adesso) hanno segnato e sfregiato la politica. E il colpo di grazia è avvenuto nello stabilire che “sono tutti uguali”, legittimo grido di esasperazione, ma anche salda barriera di protezione per i peggiori, che possono continuare (e continuano, salvo occasionale detenzione) nei propri affari poltico-privati proprio perché protetti dal discredito che ha colpito tutti. Tutti ma non gli estranei al sistema. Chi è più contrario al sistema di uno che non è mai stato eletto, ma è incaricato di portare a termine una lunga e operosa legislatura, mettendo al lavoro, con giovanile impeto, gli eletti sia d’accordo che non d’accordo? Persino nel suo partito, nessuno obietta. Se lo facesse avrebbe tutti contro, dentro e fuori dalla politica.
Renzi, il capo non eletto di tutto, lo sa benissimo.
Una lucidissima controprova ci viene offerta da Grillo. Non appena i suoi liberi, nuovi, rispettabili e rispettati cittadini che si sono offerti per la candidatura a Cinque Stelle sono stati eletti, è come se fossero andati in convento. Devono tacere, obbedire e togliersi dalla testa di decidere. Decide il capo (non eletto) che sta battendosi per togliere dalla Costituzione la frase “senza vincolo di mandato”, e imporre una multa all’eletto che si ribella al capo non eletto.
Dunque in Parlamento (ci stanno dicendo anche i nuovi arrivati) non conta la coscienza. Conta l’obbedienza. E dunque il “vincolo di mandato” deve diventare un cappio. Se ti muovi per conto tuo, io stringo.
Renzi ha notato, con l’attenzione vorace di chi impara subito. Primo, forma un governo modesto (tanto il governo è lui, Renzi), con persone giovani, persino più giovani di lui, così è sicuro che non sdottorino con pretese di competenza e noiose storie di esperienza.
Secondo, si accerta che non sappiano la materia, in modo da evitare che pretendano di insegnartela. Terzo, fa pesare il fatto che ogni decisione grande o piccola, tocca a lui, non tanto e non solo perché lui è il capo, ma perché lui è esente. Nessuno lo ha eletto, e perciò è esente dalla squalifica che marchia i politici. Per ora funziona. Certo, non conosciamo ancora le conseguenze.
Il Fatto Quotidiano, 30 Marzo 2014
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Renzi Italicum forse metterà la fiducia.
Io mi domando di questa anomalia Italiana Renzi diventato presidente del consiglio in questo modo possa avere questo potere, se è una cosa normale.
Una persona come riportata da Furio Colombo possa avere questo potere.Vi sembra normale?
Ciao
Paolo11
di Furio Colombo | 30 marzo 2014
Credo di avere capito e voglio condividere con voi questa rivelazione. Renzi, che riesce anche quando non riesce, e aumenta nel gradimento anche dopo i colpi a vuoto, è al centro dell’attenzione benevola della maggioranza dei cittadini non perché è giovane, e neppure perché è così diverso da tutti gli altri, come si usa dire. Il fatto che conta, e che lo sostiene come un atleta portato a spalle, è che Renzi non è mai stato eletto.
Non so se vi rendete conto di quanto valga questa carta in tempi di furiosa anti-politica. Renzi non è la casta. Poiché non ha mai fatto campagna elettorale (tranne che nella sua città e nei percorsi interni delle “primarie”), non si può tentare di tenerlo in quel perenne stato di punizione che spetta ai politici veri eletti, non gli si può gridare “da che pulpito!”. E non gli si possono rimproverare cose mai accadute. Direte che ha promesso molto e ha ottenuto solo risultati modesti o vittorie apparenti. Non è il punto.
Il punto è che Matteo Renzi è entrato direttamente nella stanza dei bottoni (niente prescrive o prevede che uno passi di lì e vi entri perché è uno bravo o si presume che sia bravo) e vi resta non solo incontrastato ma abbastanza apprezzato. La ragione è che non è mai stato eletto. Lo so che mi sto ripetendo, ma non mi pare vero di avere individuato la ragione che, con un po’ di fortuna e di faccia tosta (che non gli manca), lo salverà a lungo dal crollo dei controsoffitti politici che colpiscono così presto quasi tutti i regolari della politica.
Direte che altri, prima di lui, avevano governato senza essere stati eletti. Vero, ma erano bene in vista due condizioni: una situazione di emergenza; e una lista di poche, essenziali cose da fare, subito. Qui, invece, parliamo di una intera legislatura, dell’abbattimento del Senato e delle Province e di tutte (tutte) le altre riforme.
I suoi modi simpatici e disinvolti devono avere fatto presa anche sul capo dello Stato, che aveva previsto una situazione eccezionale breve, e si trova di fronte a una situazione eccezionale lunghissima. Ma forse anche lui aveva visto che Renzi ha un lasciapassare prezioso: può dimostrare di non essere stato votato. Non è l’on. Renzi o il senatore Renzi. È il dottor Renzi.
Fa una differenza grandissima, e Renzi in persona è ben cosciente di questo privilegio che a tutti gli altri non sembra bello ricordare (infatti non se ne parla mai). Renzi ne è cosciente al punto da esprimersi con la libera spregiudicatezza di chi sta fuori dal gioco, mentre sta dentro e al centro. Tipica è la frase con cui liquida il dissenso della leader di Cgil e del presidente di Confindustria: “Vuol dire che ce ne faremo una ragione”.
Vi immaginate se un regolare politico eletto si abbandonasse a tanto giovanile sarcasmo? Per capire è bene non illudersi che l’ondata fortissima di avversione alla politica prima o poi si esaurisce. Occorre un forte choc perché questo accada. Al momento non sembra né imminente né probabile. Cose enormi e non cancellabili (certo non adesso) hanno segnato e sfregiato la politica. E il colpo di grazia è avvenuto nello stabilire che “sono tutti uguali”, legittimo grido di esasperazione, ma anche salda barriera di protezione per i peggiori, che possono continuare (e continuano, salvo occasionale detenzione) nei propri affari poltico-privati proprio perché protetti dal discredito che ha colpito tutti. Tutti ma non gli estranei al sistema. Chi è più contrario al sistema di uno che non è mai stato eletto, ma è incaricato di portare a termine una lunga e operosa legislatura, mettendo al lavoro, con giovanile impeto, gli eletti sia d’accordo che non d’accordo? Persino nel suo partito, nessuno obietta. Se lo facesse avrebbe tutti contro, dentro e fuori dalla politica.
Renzi, il capo non eletto di tutto, lo sa benissimo.
Una lucidissima controprova ci viene offerta da Grillo. Non appena i suoi liberi, nuovi, rispettabili e rispettati cittadini che si sono offerti per la candidatura a Cinque Stelle sono stati eletti, è come se fossero andati in convento. Devono tacere, obbedire e togliersi dalla testa di decidere. Decide il capo (non eletto) che sta battendosi per togliere dalla Costituzione la frase “senza vincolo di mandato”, e imporre una multa all’eletto che si ribella al capo non eletto.
Dunque in Parlamento (ci stanno dicendo anche i nuovi arrivati) non conta la coscienza. Conta l’obbedienza. E dunque il “vincolo di mandato” deve diventare un cappio. Se ti muovi per conto tuo, io stringo.
Renzi ha notato, con l’attenzione vorace di chi impara subito. Primo, forma un governo modesto (tanto il governo è lui, Renzi), con persone giovani, persino più giovani di lui, così è sicuro che non sdottorino con pretese di competenza e noiose storie di esperienza.
Secondo, si accerta che non sappiano la materia, in modo da evitare che pretendano di insegnartela. Terzo, fa pesare il fatto che ogni decisione grande o piccola, tocca a lui, non tanto e non solo perché lui è il capo, ma perché lui è esente. Nessuno lo ha eletto, e perciò è esente dalla squalifica che marchia i politici. Per ora funziona. Certo, non conosciamo ancora le conseguenze.
Il Fatto Quotidiano, 30 Marzo 2014
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Renzi Italicum forse metterà la fiducia.
Io mi domando di questa anomalia Italiana Renzi diventato presidente del consiglio in questo modo possa avere questo potere, se è una cosa normale.
Una persona come riportata da Furio Colombo possa avere questo potere.Vi sembra normale?
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
Il Colpo di Stato continua: Renzi sarà il 27mo premier non eletto dal Popolo
di Giovanni De Mizio 15.02.2014 16:44 CET
Mentre continua la sfilata di volti noti e meno noti della politica italiana nel palazzo del Quirinale per le consultazioni del presidente della (ancora per poco) Repubblica Giorgio "Primo" Napolitano e mentre Matteo Renzi, primo ministro in pectore, si riscalda a bordo campo facendo stretching in Piazza della Signoria a Firenze prima di recarsi (a piedi) a Roma, la politica al di fuori del Palazzo continua a rimarcare che il futuro ex-sindaco di Firenze sarà il terzo premier di seguito a non essere stato eletto dal popolo, e come tale privo di legittimazione democratica. Si tratta di un argomento, tuttavia, errato: Renzi non sarà il terzo, bensì il ventisettesimo premier scelto senza mandato popolare a legittimarlo.
È un colpo di stato, senza dubbio alcuno, e, a giudicare dalla storia d'Italia del dopoguerra, si tratta di un colpo di stato che parte da lontano, con il chiaro intento di rovesciare la Repubblica per restaurare la Monarchia così come era prima dello Statuto Albertino, possibilmente completando lo svuotamento del Parlamento in atto già da diversi anni. Ne è la prova, fra le altre cose, la volontà di Renzi di mutare il Senato in una camera a parziale nomina regia, pardon, presidenziale.
Il colpo di stato attualmente in atto nasce probabilmente a metà degli anni Cinquanta quando, nel corso della Seconda legislatura, si successero ben sei presidenti del Consiglio: De Gasperi, Pella, Fanfani, Scelba, Segni e Zoli. Curiosità: le elezioni si tennero in base alla legge elettorale "truffa" del 1953, che la Corte Costituzionale avrebbe potuto censurare (oppure no), se solo fosse stata istituita (sarebbe "nata" solo nel 1956).
Tralasciando De Gasperi (che fallì nell'ottenere la fiducia a causa delle forze monarchiche, carbonare e amatriciane), il primo premier della seconda legislatura, Giuseppe Pella, è dichiaratamente un presidente tecnico, come lo è stato Mario Monti (entrambi, tra l'altro, sono stati ministri degli Esteri e del Bilancio ad interim, a confermare che il complotto, come la Storia, si ripete), e la sua squadra di governo era formata da numerosi ministri altrettanto tecnici. Siamo nel 1953 e Pella ha più o meno la stessa età che avrebbe avuto Monti anni più tardi: dubitiamo sia una coincidenza.
Nel gennaio 1954 è Amintore Fanfani ad essere incaricato di formare un governo: anche Fanfani non aveva vinto le elezioni, neppure le primarie del proprio partito, visto che sarebbe stato eletto segretario della DC solo nel giugno successivo (peraltro da un congresso, e non attraverso regolari, libere e democratiche elezioni). Il tentativo delle forze reazionarie, comunque, non va a buon fine, poiché Fanfani non riesce a ottenere la fiducia. Un brutto presagio per il governo Renzi? Lo sapremo nei prossimi giorni.
Ciò che avvenne dopo è ancora più disarmante: Mario Scelba riuscì poi a formare un governo, ma fu sostituito da Mario Segni quando fu eletto presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, grazie ai voti, guarda caso, dei monarchici. La Storia si ripeterà, abbastanza simile, anche in seguito, con il governo Tambroni.
Ma gli esempi sono tanti anche nella storia successiva: le staffette e la nomina di presidenti del Consiglio che non hanno vinto le elezioni sono state a lungo una regola della Repubblica italiana, a testimonianza del fatto che si tratta di un tentativo ultradecennale di spogliare il popolo dei suoi diritti; basti pensare al fatto che in Italia vi sono stati 62 governi in 18 legislature (una media di 3,44 governi a legislatura), presieduti da 26 presidenti del consiglio (2,39 governi per premier). Solo due presidenti del Consiglio sono rimasti in carica (in più governi) dalle elezioni fino alla scadenza naturale della legislatura: De Gasperi e Berlusconi. Ciò dimostra non certo che il ricambio degli inquilini di palazzo Chigi è fisiologico data la natura del sistema politico italiano nonché il dettato costituzionale (sempre formalmente rispettato), bensì che il complotto per il ripristino della Monarchia in Italia ha più forza di quanto si pensi.
Da dove nasce l'equivoco? Nasce dal fatto che, secondo la Costituzione, il presidente del Consiglio è nominato dal presidente della Repubblica e deve avere la fiducia delle Camere. Il popolo elegge il Parlamento ed è questi che decide se una persona può essere o meno il presidente del Consiglio, e può anche togliergli la fiducia per darla a un'altra persona, sempre nominata dal Capo dello Stato.
I Padri Costituenti hanno insomma tolto al popolo il diritto di eleggere il proprio presidente del Consiglio sin dalla nascita della Repubblica: a ben guardare, insomma, la Repubblica italiana ha avuto ventisei presidenti del Consiglio (su ventisei) non eletti dal popolo, e Renzi, pertanto, si avvia ad essere non il terzo, bensì il ventisettesimo perpetuatore di questa ignobile tradizione che ormai da oltre sessant'anni infanga l'articolo 1 della Costituzione, secondo la quale, al secondo comma, la sovranità appartiene al Popolo, che viene sottratta ad ogni legislatura.
Il complotto, insomma, continua.
Nota per chi non se ne fosse accorto. Il presente articolo ha un chiaro intento satirico: l'articolo 1 della Costituzione prevede che la sovranità popolare sia esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa. La carta fondamentale prevede che il presidente del Consiglio non abbia legittimazione popolare (non è eletto dal popolo), poiché l'Italia è una Repubblica parlamentare, ovvero il popolo è sovrano attraverso il Parlamento e non attraverso altri organi, men che meno monocratici.
Asserire una presunta incostituzionalità (o peggio) delle nomine di Monti, Letta e (eventualmente) Renzi significa ignorare la storia d'Italia, la sua Costituzione e spingere (ulteriormente) verso un pericoloso presidenzialismo populista privo di un adeguato sistema di pesi e contrappesi che eviti derive ancora peggiori di quelle che l'Italia sta sperimentando da una trentina di anni, ovvero più o meno da quando il declino del Belpaese ha impiantato i propri semi nella penisola. Con questo non vogliamo dire che il presidenzialismo sia un male, ma solo che è necessario modificare l'equilibrio costituzionale per evitare gravi storture e menomazioni della democrazia italiana (come avvenute, per altre ragioni, negli ultimi decenni di quasi-presidenzialismo de facto).
In sintesi. Un presidente del Consiglio (nella pienezza dei propri poteri) è tale se, e solo fin quando, ha la fiducia di una maggioranza parlamentare: solo per rifarsi alla storia recente, Berlusconi è caduto nel novembre 2011 perché ad ottobre, benché non sfiduciato, non aveva più una maggioranza in Parlamento, tanto che il rendiconto dello Stato fu approvato solo grazie all'assenza delle opposizioni; stesso discorso per Monti, che ha perso la fiducia dopo l'uscita dalla maggioranza del PDL, e per Letta, che ha perso l'appoggio del suo stesso partito, il PD. Queste situazioni sono state una costante nella storia italiana, se si considera che la prima crisi di governo scoppiata in Parlamento risale al primo governo Prodi: in tutti gli altri casi (tranne il Prodi II) la crisi si è sempre consumata fuori dal Parlamento. Allo stesso modo è stata rispettata la Costituzione nella formazione dei governi che si sono via via succeduti negli anni.
La staffetta può non piacere, ma ciò che sta accadendo in queste ore è la regola, non l'eccezione, e che soprattutto si sta rispettando il dettato democratico espresso dalla Costituzione che tanti difensori all'amatriciana della Carta stessa continuano a dimenticare (così come non viola la Costituzione il non presentarsi alle consultazioni del Capo dello Stato). E provoca un senso di vergogna essere costretti a ripetere l'ovvio per via di una diffusa ignoranza delle regole costituzionali anche da chi dovrebbe conoscerle a memoria viste le poltrone su cui sono seduti.
L'ignoranza è forza, pare.
http://it.ibtimes.com/il-colpo-di-stato ... lo-1347698
.........
Ciao
Paolo11
di Giovanni De Mizio 15.02.2014 16:44 CET
Mentre continua la sfilata di volti noti e meno noti della politica italiana nel palazzo del Quirinale per le consultazioni del presidente della (ancora per poco) Repubblica Giorgio "Primo" Napolitano e mentre Matteo Renzi, primo ministro in pectore, si riscalda a bordo campo facendo stretching in Piazza della Signoria a Firenze prima di recarsi (a piedi) a Roma, la politica al di fuori del Palazzo continua a rimarcare che il futuro ex-sindaco di Firenze sarà il terzo premier di seguito a non essere stato eletto dal popolo, e come tale privo di legittimazione democratica. Si tratta di un argomento, tuttavia, errato: Renzi non sarà il terzo, bensì il ventisettesimo premier scelto senza mandato popolare a legittimarlo.
È un colpo di stato, senza dubbio alcuno, e, a giudicare dalla storia d'Italia del dopoguerra, si tratta di un colpo di stato che parte da lontano, con il chiaro intento di rovesciare la Repubblica per restaurare la Monarchia così come era prima dello Statuto Albertino, possibilmente completando lo svuotamento del Parlamento in atto già da diversi anni. Ne è la prova, fra le altre cose, la volontà di Renzi di mutare il Senato in una camera a parziale nomina regia, pardon, presidenziale.
Il colpo di stato attualmente in atto nasce probabilmente a metà degli anni Cinquanta quando, nel corso della Seconda legislatura, si successero ben sei presidenti del Consiglio: De Gasperi, Pella, Fanfani, Scelba, Segni e Zoli. Curiosità: le elezioni si tennero in base alla legge elettorale "truffa" del 1953, che la Corte Costituzionale avrebbe potuto censurare (oppure no), se solo fosse stata istituita (sarebbe "nata" solo nel 1956).
Tralasciando De Gasperi (che fallì nell'ottenere la fiducia a causa delle forze monarchiche, carbonare e amatriciane), il primo premier della seconda legislatura, Giuseppe Pella, è dichiaratamente un presidente tecnico, come lo è stato Mario Monti (entrambi, tra l'altro, sono stati ministri degli Esteri e del Bilancio ad interim, a confermare che il complotto, come la Storia, si ripete), e la sua squadra di governo era formata da numerosi ministri altrettanto tecnici. Siamo nel 1953 e Pella ha più o meno la stessa età che avrebbe avuto Monti anni più tardi: dubitiamo sia una coincidenza.
Nel gennaio 1954 è Amintore Fanfani ad essere incaricato di formare un governo: anche Fanfani non aveva vinto le elezioni, neppure le primarie del proprio partito, visto che sarebbe stato eletto segretario della DC solo nel giugno successivo (peraltro da un congresso, e non attraverso regolari, libere e democratiche elezioni). Il tentativo delle forze reazionarie, comunque, non va a buon fine, poiché Fanfani non riesce a ottenere la fiducia. Un brutto presagio per il governo Renzi? Lo sapremo nei prossimi giorni.
Ciò che avvenne dopo è ancora più disarmante: Mario Scelba riuscì poi a formare un governo, ma fu sostituito da Mario Segni quando fu eletto presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, grazie ai voti, guarda caso, dei monarchici. La Storia si ripeterà, abbastanza simile, anche in seguito, con il governo Tambroni.
Ma gli esempi sono tanti anche nella storia successiva: le staffette e la nomina di presidenti del Consiglio che non hanno vinto le elezioni sono state a lungo una regola della Repubblica italiana, a testimonianza del fatto che si tratta di un tentativo ultradecennale di spogliare il popolo dei suoi diritti; basti pensare al fatto che in Italia vi sono stati 62 governi in 18 legislature (una media di 3,44 governi a legislatura), presieduti da 26 presidenti del consiglio (2,39 governi per premier). Solo due presidenti del Consiglio sono rimasti in carica (in più governi) dalle elezioni fino alla scadenza naturale della legislatura: De Gasperi e Berlusconi. Ciò dimostra non certo che il ricambio degli inquilini di palazzo Chigi è fisiologico data la natura del sistema politico italiano nonché il dettato costituzionale (sempre formalmente rispettato), bensì che il complotto per il ripristino della Monarchia in Italia ha più forza di quanto si pensi.
Da dove nasce l'equivoco? Nasce dal fatto che, secondo la Costituzione, il presidente del Consiglio è nominato dal presidente della Repubblica e deve avere la fiducia delle Camere. Il popolo elegge il Parlamento ed è questi che decide se una persona può essere o meno il presidente del Consiglio, e può anche togliergli la fiducia per darla a un'altra persona, sempre nominata dal Capo dello Stato.
I Padri Costituenti hanno insomma tolto al popolo il diritto di eleggere il proprio presidente del Consiglio sin dalla nascita della Repubblica: a ben guardare, insomma, la Repubblica italiana ha avuto ventisei presidenti del Consiglio (su ventisei) non eletti dal popolo, e Renzi, pertanto, si avvia ad essere non il terzo, bensì il ventisettesimo perpetuatore di questa ignobile tradizione che ormai da oltre sessant'anni infanga l'articolo 1 della Costituzione, secondo la quale, al secondo comma, la sovranità appartiene al Popolo, che viene sottratta ad ogni legislatura.
Il complotto, insomma, continua.
Nota per chi non se ne fosse accorto. Il presente articolo ha un chiaro intento satirico: l'articolo 1 della Costituzione prevede che la sovranità popolare sia esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa. La carta fondamentale prevede che il presidente del Consiglio non abbia legittimazione popolare (non è eletto dal popolo), poiché l'Italia è una Repubblica parlamentare, ovvero il popolo è sovrano attraverso il Parlamento e non attraverso altri organi, men che meno monocratici.
Asserire una presunta incostituzionalità (o peggio) delle nomine di Monti, Letta e (eventualmente) Renzi significa ignorare la storia d'Italia, la sua Costituzione e spingere (ulteriormente) verso un pericoloso presidenzialismo populista privo di un adeguato sistema di pesi e contrappesi che eviti derive ancora peggiori di quelle che l'Italia sta sperimentando da una trentina di anni, ovvero più o meno da quando il declino del Belpaese ha impiantato i propri semi nella penisola. Con questo non vogliamo dire che il presidenzialismo sia un male, ma solo che è necessario modificare l'equilibrio costituzionale per evitare gravi storture e menomazioni della democrazia italiana (come avvenute, per altre ragioni, negli ultimi decenni di quasi-presidenzialismo de facto).
In sintesi. Un presidente del Consiglio (nella pienezza dei propri poteri) è tale se, e solo fin quando, ha la fiducia di una maggioranza parlamentare: solo per rifarsi alla storia recente, Berlusconi è caduto nel novembre 2011 perché ad ottobre, benché non sfiduciato, non aveva più una maggioranza in Parlamento, tanto che il rendiconto dello Stato fu approvato solo grazie all'assenza delle opposizioni; stesso discorso per Monti, che ha perso la fiducia dopo l'uscita dalla maggioranza del PDL, e per Letta, che ha perso l'appoggio del suo stesso partito, il PD. Queste situazioni sono state una costante nella storia italiana, se si considera che la prima crisi di governo scoppiata in Parlamento risale al primo governo Prodi: in tutti gli altri casi (tranne il Prodi II) la crisi si è sempre consumata fuori dal Parlamento. Allo stesso modo è stata rispettata la Costituzione nella formazione dei governi che si sono via via succeduti negli anni.
La staffetta può non piacere, ma ciò che sta accadendo in queste ore è la regola, non l'eccezione, e che soprattutto si sta rispettando il dettato democratico espresso dalla Costituzione che tanti difensori all'amatriciana della Carta stessa continuano a dimenticare (così come non viola la Costituzione il non presentarsi alle consultazioni del Capo dello Stato). E provoca un senso di vergogna essere costretti a ripetere l'ovvio per via di una diffusa ignoranza delle regole costituzionali anche da chi dovrebbe conoscerle a memoria viste le poltrone su cui sono seduti.
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
Domanda :
Perché al duce preme tanto l'approvazione dell'Italicum?????
Perché al duce preme tanto l'approvazione dell'Italicum?????
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
RIFORME
Renzi vuole lo sprint, ma è scontro sull'Italicum
5 stelle, Sel, Forza Italia e Lega abbandonano i lavori dopo che Renzi ha sostituito tutti i dissidenti del Pd in commissione Affari Costituzionali. «Ha superato ogni limite» dicono del premier dalla minoranza Dem. La fiducia però la voteranno
DI LUCA SAPPINO
21 aprile 2015
«Faremo lo sprint finale sui pedali e a testa alta». Matteo Renzi è stato di parola sull’Italicum. E la corsa del presidente del Consiglio per approvare la legge elettorale prima delle elezioni regionali - negando ogni ulteriore richiesta di modifica avanzata dalle opposizioni e dalla minoranza interna del Pd - è passata per la sostituzione di tutti i possibili dissidenti in commissione Affari costituzionali. Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini, Marco Meloni, e pure Pier Luigi Bersani.
Il premier dà mandato al gruppo della Camera di sostituire i deputati di minoranza in commissione Affari costituzionali che deve licenziare il testo definitivo dell’Italicum. Sono dieci, compresi Bindi e Bersani. 5 stelle e Sel abbandonano per protesta
Tutti hanno dovuto lasciare il posto a deputati più fedeli, renziani e neorenziani. Tra i nomi c'è infatti pure quello di Ileana Piazzoni, ex deputata di Sel, uscita dal partito di Vendola con la scissione di Gennaro Migliore.
La procedura non è nuova, ed è - come ha riconosciuto anche Rosy Bindi - legittima in punta di regolamento.
Certo però non è carino né, come nota Pippo Civati, rispettoso dell’articolo 67 della Costituzione.
Ma Renzi l’aveva già fatto al Senato con il dissidente Corradino Mineo, per la riforma costituzionale, e non si è fatto troppi problemi. Allo stesso modo non si farà problemi a porre la fiducia, in Aula.
Il clima è quindi tesissimo in queste ore a Montecitorio. La minoranza del Pd dice che si è «superato il limite», come twitta Davide Zoggia, che segue la linea del capogruppo dimissionario Roberto Speranza.
Sono però le opposizioni a guidare la protesta.
Ed è perfetta la forzatura di Renzi per 5 stelle, Sel, Forza Italia e Lega Nord che abbandonano, tutti, i lavori della commissione.
I primi a chiedere una reazione forte sono stati i grillini, con i deputati Riccardo Nuti e Danilo Toninelli: «Noi ritireremo gli emendamenti e lasceremo la commissione» hanno annunciato già ieri, «è inutile partecipare a farsa con burattini che dicono sì a comando». A ruota è arrivato Arturo Scotto, capogruppo di Sel: «Così se la facessero da soli che fanno prima».
Poi si è aggiunta anche la Lega e Forza Italia, con Renato Brunetta, protagonista di un botta e risposta a distanza con Lorenzo Guerini. «L’Aventino non andrà da nessuna parte» ha minimizzato il braccio destro del premier.
«Povero Guerini», è il tweet del capogruppo di Forza Italia, «è solo l’esecutore di un dittatorello di provincia».
Le opposizioni, comunque, parteciperanno nei prossimi giorni ai lavori della plenaria
. E lì sperano di avere più margini per mettere in difficoltà il governo.
Dovranno però fare i conti con le incertezze della minoranza del Pd.
Danno tutti per scontato, infatti (salvo i soliti Giuseppe Civati e Stefano Fassina), che la fiducia va votata: «Il limite è stato superato ma la fiducia la voteremo, ovviamente» dice all’Espresso Davide Zoggia.
E quando si tratterà di votare la legge i più usciranno.
Ma, anche lì, i renziani scommettono che lo faranno con la calcolatrice alla mano: «Devono tenere il punto» dice all’Espresso un deputato di maggioranza, «ma non bloccheranno la legge».
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5 stelle, Sel, Forza Italia e Lega abbandonano i lavori dopo che Renzi ha sostituito tutti i dissidenti del Pd in commissione Affari Costituzionali. «Ha superato ogni limite» dicono del premier dalla minoranza Dem. La fiducia però la voteranno
DI LUCA SAPPINO
21 aprile 2015
«Faremo lo sprint finale sui pedali e a testa alta». Matteo Renzi è stato di parola sull’Italicum. E la corsa del presidente del Consiglio per approvare la legge elettorale prima delle elezioni regionali - negando ogni ulteriore richiesta di modifica avanzata dalle opposizioni e dalla minoranza interna del Pd - è passata per la sostituzione di tutti i possibili dissidenti in commissione Affari costituzionali. Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini, Marco Meloni, e pure Pier Luigi Bersani.
Il premier dà mandato al gruppo della Camera di sostituire i deputati di minoranza in commissione Affari costituzionali che deve licenziare il testo definitivo dell’Italicum. Sono dieci, compresi Bindi e Bersani. 5 stelle e Sel abbandonano per protesta
Tutti hanno dovuto lasciare il posto a deputati più fedeli, renziani e neorenziani. Tra i nomi c'è infatti pure quello di Ileana Piazzoni, ex deputata di Sel, uscita dal partito di Vendola con la scissione di Gennaro Migliore.
La procedura non è nuova, ed è - come ha riconosciuto anche Rosy Bindi - legittima in punta di regolamento.
Certo però non è carino né, come nota Pippo Civati, rispettoso dell’articolo 67 della Costituzione.
Ma Renzi l’aveva già fatto al Senato con il dissidente Corradino Mineo, per la riforma costituzionale, e non si è fatto troppi problemi. Allo stesso modo non si farà problemi a porre la fiducia, in Aula.
Il clima è quindi tesissimo in queste ore a Montecitorio. La minoranza del Pd dice che si è «superato il limite», come twitta Davide Zoggia, che segue la linea del capogruppo dimissionario Roberto Speranza.
Sono però le opposizioni a guidare la protesta.
Ed è perfetta la forzatura di Renzi per 5 stelle, Sel, Forza Italia e Lega Nord che abbandonano, tutti, i lavori della commissione.
I primi a chiedere una reazione forte sono stati i grillini, con i deputati Riccardo Nuti e Danilo Toninelli: «Noi ritireremo gli emendamenti e lasceremo la commissione» hanno annunciato già ieri, «è inutile partecipare a farsa con burattini che dicono sì a comando». A ruota è arrivato Arturo Scotto, capogruppo di Sel: «Così se la facessero da soli che fanno prima».
Poi si è aggiunta anche la Lega e Forza Italia, con Renato Brunetta, protagonista di un botta e risposta a distanza con Lorenzo Guerini. «L’Aventino non andrà da nessuna parte» ha minimizzato il braccio destro del premier.
«Povero Guerini», è il tweet del capogruppo di Forza Italia, «è solo l’esecutore di un dittatorello di provincia».
Le opposizioni, comunque, parteciperanno nei prossimi giorni ai lavori della plenaria
. E lì sperano di avere più margini per mettere in difficoltà il governo.
Dovranno però fare i conti con le incertezze della minoranza del Pd.
Danno tutti per scontato, infatti (salvo i soliti Giuseppe Civati e Stefano Fassina), che la fiducia va votata: «Il limite è stato superato ma la fiducia la voteremo, ovviamente» dice all’Espresso Davide Zoggia.
E quando si tratterà di votare la legge i più usciranno.
Ma, anche lì, i renziani scommettono che lo faranno con la calcolatrice alla mano: «Devono tenere il punto» dice all’Espresso un deputato di maggioranza, «ma non bloccheranno la legge».
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
camillobenso ha scritto:Domanda :
Perché al duce preme tanto l'approvazione dell'Italicum?????
Caro camillo, secondo me, la risposta è già presente nella domanda:
Vuole fare il DUCE!
Penso che gli interessi molto l'effetto di questa legge, ma molto più gli interessa l'immagine di uomo forte e decisinista,
un DUCE appunto!
Vincendo questo braccio di ferro pensa di apparire un capo irresistibile che asfalta gli avversari ed avere campo libero.
un saluto
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/2015/ ... madornale/
“Nella legge elettorale in corso di esame alla Camera, il cosiddetto Italicum, il M5S ha scoperto un errore di calcolo da prima elementare. L’Italicum infatti prevede più seggi di quelli della Costituzione. Oltre ad essere una legge schifosa, l’Italicum è stato anche scritto con i piedi. Oggi analizzando il testo che ci è arrivato dal Senato, abbiamo scoperto un errore madornale. La Costituzione prevede che la Camera dei Deputati sia composta da 630 membri. Ebbene. con l’Italicum scritto dal Pd e da Berlusconi si arriva addirittura fino a 640. Sapete perché? Chi vince il premio di maggioranza prende 340 seggi, i restanti seggi 290 vengono distribuiti tra gli altri partiti. Ma si sono dimenticati del Trentino Alto Adige e della Valle D’Aosta (dove ci sono i collegi uninominali). Quei 10 seggi vanno sommati ai 630 previsti dalla Costituzione. In totale fanno 640. Non sono stati neppure in grado di scrivere una legge elettorale questi signori.” Fabiana Dadone, capogruppo M5S Camera e Danilo Toninelli, portavoce M5S Camera.
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Incompetenti.Ma non si doveva ridurre i parlamentari?
Ciao
Paolo11
“Nella legge elettorale in corso di esame alla Camera, il cosiddetto Italicum, il M5S ha scoperto un errore di calcolo da prima elementare. L’Italicum infatti prevede più seggi di quelli della Costituzione. Oltre ad essere una legge schifosa, l’Italicum è stato anche scritto con i piedi. Oggi analizzando il testo che ci è arrivato dal Senato, abbiamo scoperto un errore madornale. La Costituzione prevede che la Camera dei Deputati sia composta da 630 membri. Ebbene. con l’Italicum scritto dal Pd e da Berlusconi si arriva addirittura fino a 640. Sapete perché? Chi vince il premio di maggioranza prende 340 seggi, i restanti seggi 290 vengono distribuiti tra gli altri partiti. Ma si sono dimenticati del Trentino Alto Adige e della Valle D’Aosta (dove ci sono i collegi uninominali). Quei 10 seggi vanno sommati ai 630 previsti dalla Costituzione. In totale fanno 640. Non sono stati neppure in grado di scrivere una legge elettorale questi signori.” Fabiana Dadone, capogruppo M5S Camera e Danilo Toninelli, portavoce M5S Camera.
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Ciao
Paolo11
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
paolo11 ha scritto:http://www.beppegrillo.it/la_cosa/2015/ ... madornale/
“Nella legge elettorale in corso di esame alla Camera, il cosiddetto Italicum, il M5S ha scoperto un errore di calcolo da prima elementare. L’Italicum infatti prevede più seggi di quelli della Costituzione. Oltre ad essere una legge schifosa, l’Italicum è stato anche scritto con i piedi. Oggi analizzando il testo che ci è arrivato dal Senato, abbiamo scoperto un errore madornale. La Costituzione prevede che la Camera dei Deputati sia composta da 630 membri. Ebbene. con l’Italicum scritto dal Pd e da Berlusconi si arriva addirittura fino a 640. Sapete perché? Chi vince il premio di maggioranza prende 340 seggi, i restanti seggi 290 vengono distribuiti tra gli altri partiti. Ma si sono dimenticati del Trentino Alto Adige e della Valle D’Aosta (dove ci sono i collegi uninominali). Quei 10 seggi vanno sommati ai 630 previsti dalla Costituzione. In totale fanno 640. Non sono stati neppure in grado di scrivere una legge elettorale questi signori.” Fabiana Dadone, capogruppo M5S Camera e Danilo Toninelli, portavoce M5S Camera.
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Incompetenti.Ma non si doveva ridurre i parlamentari?
Ciao
Paolo11
E' solo questo il problema?
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
Caro Paolo, da quanto letto nel tuo post, vedo che neppure Grillo ha percepito il pericolo contenuto nell’Italicum.
Si limita ad osservare che: è una legge schifosa, l’Italicum è stato anche scritto con i piedi.
Ripeto qui la domanda a te:
Perché al duce preme tanto l'approvazione dell'Italicum?????
Ai tempi del Nazareno Il premier Truffa, spingeva i suoi a sottoscrivere l’Italicum, anche se era stato formulato in casa FI, perché bisognava rispettare le volontà di Berlusconi.
Ma adesso che Berlusconi è fuori dal patto, ma Leopoldo Paràkulos, obbliga i suoi ad andare rapidamente fino in fondo.
E’ mai possibile che il merlame si faccia portare a spasso in questo modo????
Si limita ad osservare che: è una legge schifosa, l’Italicum è stato anche scritto con i piedi.
Ripeto qui la domanda a te:
Perché al duce preme tanto l'approvazione dell'Italicum?????
Ai tempi del Nazareno Il premier Truffa, spingeva i suoi a sottoscrivere l’Italicum, anche se era stato formulato in casa FI, perché bisognava rispettare le volontà di Berlusconi.
Ma adesso che Berlusconi è fuori dal patto, ma Leopoldo Paràkulos, obbliga i suoi ad andare rapidamente fino in fondo.
E’ mai possibile che il merlame si faccia portare a spasso in questo modo????
Ultima modifica di camillobenso il 22/04/2015, 15:23, modificato 1 volta in totale.
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
Perché senza l'Italicum (e Porcellum dichiarato incostituzionale) col cavolo che avrebbe la maggioranza assoluta nel prossimo Parlamento e quindi perderebbe subito Palazzo Chigi. Mi sembra semplice...
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Re: Renzi può mettere la fiducia su Italicum?
L’Italicum di Renzi, premio di maggioranza con soglia e liste bloccate accorciate
LUNEDÌ, 20 GENNAIO 2014
Nel suo intervento davanti alla direzione del PD Matteo Renzi illustra l’accordo con Forza Italia, definito uno straordinario passo in avanti.
Il primo punto è la riforma del Senato della Repubblica, che non sarà più elettivo.
Entro il 15 febbraio verrà incardinato a Palazzo Madama un disegno di legge costituzionale per il superamento del bicameralismo perfetto.
La fiducia spetterà solo alla Camera dei Deputati, e i parlamentari eletti diminuiranno così dai 945 attuali ai 630.
Altro punto dell’intesa con Berlusconi è la riforma del Titolo V della Costituzione, per ripensare l’attuale divisione delle competenze legislative tra Stato centrale e Regioni. Sarà cancellata la materia concorrente tra governo e amministrazioni regionali, così come torneranno a livello statale le competenze di energia e turismo.
Questa riforma sarà di tipo costituzionale, mentre a livello ordinario verranno presentati norme per ridurre i costi della politica, che insieme all’addio al Senato è stimabile secondo Renzi a circa un miliardo di euro.
I consiglieri regionali guadagneranno come i sindaci del capoluogo, e saranno aboliti i rimborsi delle spese dei gruppi che sono stati al centro dei più recenti scandali.
Il terzo punto è lo stop al ritorno della Prima Repubblica, con un no secco al proporzionale con soglia di sbarramento del 4% previsto dalla sentenza della Consulta dopo la bocciatura del Porcellum.
Renzi rivendica l’autonomia del sistema elettorale che propone, suggerendo di chiamarlo Italicum, basato sul no al potere dei piccoli partiti e sulla certezza di un vincitore.
I seggi saranno distribuiti su base nazionale, a differenza del modello spagnolo, e il premio di maggioranza sarà assegnato a chi ottiene una soglia di minima del 35%, ed il premio di maggioranza potrà essere al massimo del 18%.
Chi prenderà il 35% otterrà il 53% dei seggi, chi invece il 37% il 55% e così via.
Se invece nessuna coalizione o partito ottenesse il 35%, le prime due coalizioni, senza potersi apparentare, andranno al ballottaggio.
Chi vince al secondo turno otterrà il 53% dei seggi.
Le soglie di sbarramento sono del 5% per le liste coalizzate, dell’8% per chi non si coalizza e del 12% per le coalizioni.
Le circoscrizioni saranno 120, quattro volte sopra il Porcellum, e le liste saranno bloccate.
Renzi conferma le primarie per comporre la lista dei parlamentari, ed il vincolo assoluto della rappresentanza di genere.
LUNEDÌ, 20 GENNAIO 2014
Nel suo intervento davanti alla direzione del PD Matteo Renzi illustra l’accordo con Forza Italia, definito uno straordinario passo in avanti.
Il primo punto è la riforma del Senato della Repubblica, che non sarà più elettivo.
Entro il 15 febbraio verrà incardinato a Palazzo Madama un disegno di legge costituzionale per il superamento del bicameralismo perfetto.
La fiducia spetterà solo alla Camera dei Deputati, e i parlamentari eletti diminuiranno così dai 945 attuali ai 630.
Altro punto dell’intesa con Berlusconi è la riforma del Titolo V della Costituzione, per ripensare l’attuale divisione delle competenze legislative tra Stato centrale e Regioni. Sarà cancellata la materia concorrente tra governo e amministrazioni regionali, così come torneranno a livello statale le competenze di energia e turismo.
Questa riforma sarà di tipo costituzionale, mentre a livello ordinario verranno presentati norme per ridurre i costi della politica, che insieme all’addio al Senato è stimabile secondo Renzi a circa un miliardo di euro.
I consiglieri regionali guadagneranno come i sindaci del capoluogo, e saranno aboliti i rimborsi delle spese dei gruppi che sono stati al centro dei più recenti scandali.
Il terzo punto è lo stop al ritorno della Prima Repubblica, con un no secco al proporzionale con soglia di sbarramento del 4% previsto dalla sentenza della Consulta dopo la bocciatura del Porcellum.
Renzi rivendica l’autonomia del sistema elettorale che propone, suggerendo di chiamarlo Italicum, basato sul no al potere dei piccoli partiti e sulla certezza di un vincitore.
I seggi saranno distribuiti su base nazionale, a differenza del modello spagnolo, e il premio di maggioranza sarà assegnato a chi ottiene una soglia di minima del 35%, ed il premio di maggioranza potrà essere al massimo del 18%.
Chi prenderà il 35% otterrà il 53% dei seggi, chi invece il 37% il 55% e così via.
Se invece nessuna coalizione o partito ottenesse il 35%, le prime due coalizioni, senza potersi apparentare, andranno al ballottaggio.
Chi vince al secondo turno otterrà il 53% dei seggi.
Le soglie di sbarramento sono del 5% per le liste coalizzate, dell’8% per chi non si coalizza e del 12% per le coalizioni.
Le circoscrizioni saranno 120, quattro volte sopra il Porcellum, e le liste saranno bloccate.
Renzi conferma le primarie per comporre la lista dei parlamentari, ed il vincolo assoluto della rappresentanza di genere.
Chi c’è in linea
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