Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
“Possibile”, Pippo Civati lancia il nuovo progetto a sinistra: “Puntiamo a governo”
Il deputato dopo l'addio al Partito democratico ha deciso di presentare una nuova formazione politica che possa essere punto di riferimento per l'Italia dei movimenti dal basso: "Soggetto nuovo e innovativo"
di F. Q. | 26 maggio 2015
informazioni su: Matteo Renzi, PD, Pippo Civati, Possibile
“Possibile”: un po’ come il partito spagnolo “Podemos“, un po’ come il “Si può fare” del Pd di Veltroni, ma un’altra cosa. E poi un tondo rosa con il segno dell'”uguale” al centro, un po’ un mix di arancione e viola che ricorda le battaglie dei movimenti degli ultimi anni, un po’ come il rosso di una “sinistra sinistra”, ma ancora una volta un’altra cosa. Pippo Civati dopo l’uscita dal Partito democratico ha deciso di lanciare la sua nuova formazione politica che sarà presentata dopo le elezioni Regionali e soprattutto dopo la prova di Luca Pastorino, candidato civatiano in Liguria. Per il momento c’è solo un nome e qualche logo, poi bisognerà pensare al programma e a chi salirà sulla nave.
“A giugno dopo le regionali presenteremo un soggetto politico nuovo e fortemente innovativo”, scrive il deputato in una nota che conferma quanto dichiarato al Corriere della Sera, “orizzontale come una rete e dinamico come un movimento, che non è la trasposizione di modelli stranieri ma sfida i vecchi partiti italiani sul campo della rappresentanza e della partecipazione”.
Obiettivo secondo Civati è quello di unire un’Italia dei movimenti del basso che non si riconosce nella classe dirigente attuale e che va da Sinistra ecologia e libertà (“Interlocutore naturale”) agli ambientalisti. Ma soprattutto l’obiettivo è arrivare a Palazzo Chigi, come ha detto al Corriere: “Ci si presenta per governare il Paese, non per fare testimonianza”. E poi nella nota aggiunge: “Questo nuovo soggetto che spiegheremo con calma, lo mettiamo a disposizione di tutti coloro – singoli cittadini e formazioni organizzate già esistenti – che sono interessati a condividere con noi un modello di lavoro completamente nuovo, che mira a formare una classe dirigente davvero competente e libera, e che si candida a governare il Paese, non certo a fare testimonianza. Possibile non è uno strappo, è una sfida rivolta a noi stessi e ad altri compagni di strada”.
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Vediamo un po' come andrà a finire. Certamente il risultato in Liguria conterà un bel po' e se Pastorino arriva sopra il 15%
il PD ne risentirà abbastanza
Il deputato dopo l'addio al Partito democratico ha deciso di presentare una nuova formazione politica che possa essere punto di riferimento per l'Italia dei movimenti dal basso: "Soggetto nuovo e innovativo"
di F. Q. | 26 maggio 2015
informazioni su: Matteo Renzi, PD, Pippo Civati, Possibile
“Possibile”: un po’ come il partito spagnolo “Podemos“, un po’ come il “Si può fare” del Pd di Veltroni, ma un’altra cosa. E poi un tondo rosa con il segno dell'”uguale” al centro, un po’ un mix di arancione e viola che ricorda le battaglie dei movimenti degli ultimi anni, un po’ come il rosso di una “sinistra sinistra”, ma ancora una volta un’altra cosa. Pippo Civati dopo l’uscita dal Partito democratico ha deciso di lanciare la sua nuova formazione politica che sarà presentata dopo le elezioni Regionali e soprattutto dopo la prova di Luca Pastorino, candidato civatiano in Liguria. Per il momento c’è solo un nome e qualche logo, poi bisognerà pensare al programma e a chi salirà sulla nave.
“A giugno dopo le regionali presenteremo un soggetto politico nuovo e fortemente innovativo”, scrive il deputato in una nota che conferma quanto dichiarato al Corriere della Sera, “orizzontale come una rete e dinamico come un movimento, che non è la trasposizione di modelli stranieri ma sfida i vecchi partiti italiani sul campo della rappresentanza e della partecipazione”.
Obiettivo secondo Civati è quello di unire un’Italia dei movimenti del basso che non si riconosce nella classe dirigente attuale e che va da Sinistra ecologia e libertà (“Interlocutore naturale”) agli ambientalisti. Ma soprattutto l’obiettivo è arrivare a Palazzo Chigi, come ha detto al Corriere: “Ci si presenta per governare il Paese, non per fare testimonianza”. E poi nella nota aggiunge: “Questo nuovo soggetto che spiegheremo con calma, lo mettiamo a disposizione di tutti coloro – singoli cittadini e formazioni organizzate già esistenti – che sono interessati a condividere con noi un modello di lavoro completamente nuovo, che mira a formare una classe dirigente davvero competente e libera, e che si candida a governare il Paese, non certo a fare testimonianza. Possibile non è uno strappo, è una sfida rivolta a noi stessi e ad altri compagni di strada”.
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Vediamo un po' come andrà a finire. Certamente il risultato in Liguria conterà un bel po' e se Pastorino arriva sopra il 15%
il PD ne risentirà abbastanza
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
La vox populi dell'articolo postato da iospero su Civati.
Giacomo Terrevoli • un'ora fa
l'importante è che dentro ci siano facce di gente normale e pulita.
Gente della vita reale e non i soliti "personaggi" del teatraccio della politica corrente.
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marietta • un'ora fa
La piaga della politica italiana, tutte le mattine c'e' un pirla che crea un partito.
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camillobenso marietta • 2 minuti fa
Tieni duro, questo commento deve ancora essere approvato da Il Fatto Quotidiano.
Cause ed effetto
Se tutte le mattine c'è un pirla che crea un partito, è perché ci sono dei pirla che distruggono quelli esistenti.
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Giacomo Terrevoli • un'ora fa
l'importante è che dentro ci siano facce di gente normale e pulita.
Gente della vita reale e non i soliti "personaggi" del teatraccio della politica corrente.
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marietta • un'ora fa
La piaga della politica italiana, tutte le mattine c'e' un pirla che crea un partito.
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camillobenso marietta • 2 minuti fa
Tieni duro, questo commento deve ancora essere approvato da Il Fatto Quotidiano.
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Se tutte le mattine c'è un pirla che crea un partito, è perché ci sono dei pirla che distruggono quelli esistenti.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Negli indignados ci stava all'inizio anche gente di destra. Poi si sono divisi. Ora Podemos è rimasta solo di sinistra. Una nuova giovane sinistra. Anche in Spagna inizia il secondo ciclo della sinistra.
Da noi qualcuno ha lanciato la moda che sinistra e destra non esistono più.
Balle. Sinistra e destra esistono da 8.000 anni ed esisteranno ancora par parecchio tempo se non ci estingueremo prima per gli egoismi degli uomini.
Quello che il M5S non ha capito, è che non si possono raccogliere sotto lo stesso tetto le macerie della destra e della sinistra.
Perché quando devi fare una scelta politica o scontenti una parte o scontenti l'altra. E' già di per sé difficile accontentare tutti dello stesso partito.
Figuriamoci se proviene da parti opposte.
^^^^^^^
CONFRONTI
Podemos e M5S: somiglianze e differenze
Il partito di Pablo Iglesias ha molto in comune con quello fondato da Beppe Grillo. Ma anche le diversità sono tante, sia nelle posizioni politiche sia nelle pratiche interne. Ecco, punto per punto, in che cosa sono vicini e in che cosa lontani
DI ALESSANDRO GILIOLI
26 maggio 2015
Podemos e Movimento 5 Stelle: dopo l'affermazione in alcune delle principali città spagnole del partito guidato da Pablo Iglesias, si è acceso nel nostro Paese il dibattito sulle somiglianze e le differenze tra queste due forze politiche. Proviamo a vedere allora che cos'hanno in comune e che cosa no queste due forze politiche.
Principali somiglianze
1. Lotta alla casta e alla corruzione. Sono caratteristiche comuni dei due movimenti, che ad essa danno ugualmente assoluta priorità.
2. Superamento di destra e sinistra. Anche Podemos, come il M5S, rifiuta la geografia politica basata su destra e sinistra e rivendica la volontà di andare oltre questo "vuoto dualismo".
3. Contrapposizione a entrambi i poli. Podemos parla del "bipartitismo" Pp-Psoe in senso fortemente negativo più o meno come Grillo ha coniato ha coniato la dizione "Pdl-Pdmenoelle".
4. Radicalità del conflitto e del posizionamento. Anche Podemos si propone un cambiamento politico radicale (e quindi una conflittualità forte verso il potere politico presente) identificandosi come qualcosa di completamente diverso da tutti gli altri.
5. Reddito minimo, opposizione al fiscal compact e al pareggio di bilancio. Si tratta di elementi programmatici forti sia per Podemos sia per il M5S, così come la lotta allo strapotere delle banche e alla speculazione finanziaria
6. Superamento dei vecchi blocchi sociali. Anche Podemos ritiene che i vecchi blocchi sociali (ad esempio, "operai versus imprenditori") siano superati da nuove dinamiche, in particolare "cittadini comuni contro élite ed establishment".
7. Grande attenzione al precariato e alle nuove forme di lavoro. L'interesse verso i flessibili e le "nuove generazioni escluse" è un altro tratto in comune.
8. Coinvolgimento nelle lotte locali. Anche Podemos crea engagement degli attivisti attraverso questioni locali, comprese quelle di tipo ambientale (ad esempio contro le grandi opere).
9. Superamento della vecchia forma partito e voto on line. Anche Podemos ritiene che il partito fondato sugli apparati debba lasciare il posto a forze politiche la cui sovranità è nella base, che la esercita attraverso votazioni on line.
10. Uso dei nuovi media. Anche in Podemos l'uso virale della Rete per la comunicazione e il coinvolgimento (oltre che per le decisioni politiche) è un tratto fondamentale.
Principali differenze
1. La Casta non è solo quella politica. Per Podemos con la parola "casta" si intende non tanto i parlamentari o i consiglieri regionali, quanto soprattutto l'intreccio di politica e poteri economici, di partitocrati ed élite del Paese che è tale per patrimonio e reddito.
2. Conflitto sociale come elemento portante. Per Podemos il conflitto tra la parte bassa della piramide sociale e l'élite economica è fondamentale e indissolubilmente legata alla lotta alla corruzione e al malaffare: sono due cose che non si possono scindere.
3. Uno non vale uno. Podemos ha fatto un congresso e ha creato al suo interno cariche formali di partito a livello locale e nazionale, elette dalla base ma con autonomia operativa, finché sono in carica (con limite a due mandati).
4. Nessuna ambiguità di carica. La catena di comando in Podemos è chiara e determinata dalle cariche elettive di cui sopra: non esistono un Grillo o un Casaleggio che esercitano forme di potere o di "suasion" senza cariche formali e statutarie.
5. Uso diverso della democrazia diretta. Podemos, al contrario del M5S, ha delegato a tre diverse società esterne e indipendenti la gestione e la verifica delle votazioni on line; e non ha mai usato la Rete per espellere suoi esponenti.
6. Alleanze possibili. Podemos ritiene possibile e anzi auspicabile arrivare al governo nazionale o a quelli locali tramite alleanze, anziché puntare al 51 per cento da solo; le alleanze però devono essere programmatiche, concordate in trasparenza e sottoposte al voto on on line degli iscritti.
7. Europeismo come faro. Podemos si professa fortemente europeista, nel senso di di Altiero Spinelli, e chiede quindi una vera federazione con istituzioni democratiche elette dai cittadini; non pone nemmeno come ipotesi la questione dell'uscita dall'euro.
8. Origine del partito. Mentre il M5S è nato dai meet-up creati attraverso il blog di Beppe grillo, Podemos è la declinazione partitica delle manifestazioni di massa in piazza del maggio 2011, quelle degli Indignados; anche la radicazione dei suoi leader nelle facoltà di studi sociopolitici di Madrid e nelle esperienze di lotta dei Social forum è un tratto che lo diversifica dal M5S.
9. Ispirazioni ideologiche. Anche Podemos è postideologico, nel senso che sottolinea la continua prevalenza dei dati di realtà sulle forzose interpretazioni astratte, tuttavia richiama sempre i suoi ispiratori di pensiero (poco presenti invece nel M5S): soprattutto Ernesto Laclau, Chantal Mouffe, Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini e Altiero Spinelli. Molto sentita inoltre, in Podemos, la vicinanza con le esperienze di lotta antiliberista in alcuni Paesi dell'America latina, dai Sem Terra brasiliani all'Ecuador di Correa (ma anche il Venezuela di Chávez).
10. Uso massiccio della televisione. Nessuna questione su andare o no ai talk show: per Podemos la presenza televisiva è fondamentale e del resto per lanciare la nuova forza politica è stata ampiamente sfruttata la pregressa notorietà di Pablo Iglesias come ospite fisso nei salotti catodici.
http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
Da noi qualcuno ha lanciato la moda che sinistra e destra non esistono più.
Balle. Sinistra e destra esistono da 8.000 anni ed esisteranno ancora par parecchio tempo se non ci estingueremo prima per gli egoismi degli uomini.
Quello che il M5S non ha capito, è che non si possono raccogliere sotto lo stesso tetto le macerie della destra e della sinistra.
Perché quando devi fare una scelta politica o scontenti una parte o scontenti l'altra. E' già di per sé difficile accontentare tutti dello stesso partito.
Figuriamoci se proviene da parti opposte.
^^^^^^^
CONFRONTI
Podemos e M5S: somiglianze e differenze
Il partito di Pablo Iglesias ha molto in comune con quello fondato da Beppe Grillo. Ma anche le diversità sono tante, sia nelle posizioni politiche sia nelle pratiche interne. Ecco, punto per punto, in che cosa sono vicini e in che cosa lontani
DI ALESSANDRO GILIOLI
26 maggio 2015
Podemos e Movimento 5 Stelle: dopo l'affermazione in alcune delle principali città spagnole del partito guidato da Pablo Iglesias, si è acceso nel nostro Paese il dibattito sulle somiglianze e le differenze tra queste due forze politiche. Proviamo a vedere allora che cos'hanno in comune e che cosa no queste due forze politiche.
Principali somiglianze
1. Lotta alla casta e alla corruzione. Sono caratteristiche comuni dei due movimenti, che ad essa danno ugualmente assoluta priorità.
2. Superamento di destra e sinistra. Anche Podemos, come il M5S, rifiuta la geografia politica basata su destra e sinistra e rivendica la volontà di andare oltre questo "vuoto dualismo".
3. Contrapposizione a entrambi i poli. Podemos parla del "bipartitismo" Pp-Psoe in senso fortemente negativo più o meno come Grillo ha coniato ha coniato la dizione "Pdl-Pdmenoelle".
4. Radicalità del conflitto e del posizionamento. Anche Podemos si propone un cambiamento politico radicale (e quindi una conflittualità forte verso il potere politico presente) identificandosi come qualcosa di completamente diverso da tutti gli altri.
5. Reddito minimo, opposizione al fiscal compact e al pareggio di bilancio. Si tratta di elementi programmatici forti sia per Podemos sia per il M5S, così come la lotta allo strapotere delle banche e alla speculazione finanziaria
6. Superamento dei vecchi blocchi sociali. Anche Podemos ritiene che i vecchi blocchi sociali (ad esempio, "operai versus imprenditori") siano superati da nuove dinamiche, in particolare "cittadini comuni contro élite ed establishment".
7. Grande attenzione al precariato e alle nuove forme di lavoro. L'interesse verso i flessibili e le "nuove generazioni escluse" è un altro tratto in comune.
8. Coinvolgimento nelle lotte locali. Anche Podemos crea engagement degli attivisti attraverso questioni locali, comprese quelle di tipo ambientale (ad esempio contro le grandi opere).
9. Superamento della vecchia forma partito e voto on line. Anche Podemos ritiene che il partito fondato sugli apparati debba lasciare il posto a forze politiche la cui sovranità è nella base, che la esercita attraverso votazioni on line.
10. Uso dei nuovi media. Anche in Podemos l'uso virale della Rete per la comunicazione e il coinvolgimento (oltre che per le decisioni politiche) è un tratto fondamentale.
Principali differenze
1. La Casta non è solo quella politica. Per Podemos con la parola "casta" si intende non tanto i parlamentari o i consiglieri regionali, quanto soprattutto l'intreccio di politica e poteri economici, di partitocrati ed élite del Paese che è tale per patrimonio e reddito.
2. Conflitto sociale come elemento portante. Per Podemos il conflitto tra la parte bassa della piramide sociale e l'élite economica è fondamentale e indissolubilmente legata alla lotta alla corruzione e al malaffare: sono due cose che non si possono scindere.
3. Uno non vale uno. Podemos ha fatto un congresso e ha creato al suo interno cariche formali di partito a livello locale e nazionale, elette dalla base ma con autonomia operativa, finché sono in carica (con limite a due mandati).
4. Nessuna ambiguità di carica. La catena di comando in Podemos è chiara e determinata dalle cariche elettive di cui sopra: non esistono un Grillo o un Casaleggio che esercitano forme di potere o di "suasion" senza cariche formali e statutarie.
5. Uso diverso della democrazia diretta. Podemos, al contrario del M5S, ha delegato a tre diverse società esterne e indipendenti la gestione e la verifica delle votazioni on line; e non ha mai usato la Rete per espellere suoi esponenti.
6. Alleanze possibili. Podemos ritiene possibile e anzi auspicabile arrivare al governo nazionale o a quelli locali tramite alleanze, anziché puntare al 51 per cento da solo; le alleanze però devono essere programmatiche, concordate in trasparenza e sottoposte al voto on on line degli iscritti.
7. Europeismo come faro. Podemos si professa fortemente europeista, nel senso di di Altiero Spinelli, e chiede quindi una vera federazione con istituzioni democratiche elette dai cittadini; non pone nemmeno come ipotesi la questione dell'uscita dall'euro.
8. Origine del partito. Mentre il M5S è nato dai meet-up creati attraverso il blog di Beppe grillo, Podemos è la declinazione partitica delle manifestazioni di massa in piazza del maggio 2011, quelle degli Indignados; anche la radicazione dei suoi leader nelle facoltà di studi sociopolitici di Madrid e nelle esperienze di lotta dei Social forum è un tratto che lo diversifica dal M5S.
9. Ispirazioni ideologiche. Anche Podemos è postideologico, nel senso che sottolinea la continua prevalenza dei dati di realtà sulle forzose interpretazioni astratte, tuttavia richiama sempre i suoi ispiratori di pensiero (poco presenti invece nel M5S): soprattutto Ernesto Laclau, Chantal Mouffe, Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini e Altiero Spinelli. Molto sentita inoltre, in Podemos, la vicinanza con le esperienze di lotta antiliberista in alcuni Paesi dell'America latina, dai Sem Terra brasiliani all'Ecuador di Correa (ma anche il Venezuela di Chávez).
10. Uso massiccio della televisione. Nessuna questione su andare o no ai talk show: per Podemos la presenza televisiva è fondamentale e del resto per lanciare la nuova forza politica è stata ampiamente sfruttata la pregressa notorietà di Pablo Iglesias come ospite fisso nei salotti catodici.
http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
L'Altra Europa con Tsipras nella sua ultima assemblea del 27/04 ha nominato 99 componenti per il Comitato nazionale in rappresentanza di tutte le regioni, ora Civati con "POSSIBILE" , CHE HA GIà RAGGIUNTO 50.000 ISCRITTI, si propone come il nuovo centrosinistra,
personalmente scrivo ad entrambi DI CONCORDARE UNA SOLA COSA.
personalmente scrivo ad entrambi DI CONCORDARE UNA SOLA COSA.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Cosa si propone in via teorica la politica?
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Cosa rispondete questa realtà??????
Giannuli: ha stravinto l’élite, non esiste alternativa politica
Scritto il 21/6/15 • LIBRE nella Categoria: idee
Espropriati di ogni diritto, privati del lavoro, rasi al suolo come cittadini.
E’ il nuovo ordine neoliberista, e non abbiamo scampo.
Lo sostiene lo storico Aldo Giannuli, che analizza l’eclissi epocale della sinistra in ogni sua forma, da quella storica – assorbita nella socialdemocrazia – a quella “radicale”, che voleva cambiare il sistema ed è in via di completa estinzione.
Peggio ancora: nessuna, delle nuove formazioni politiche che si affacciano tra le macerie dell’Europa, ha le carte in regola per progettare una via d’uscita.
Siamo in trappola, schiacciati dal primo comandamento della “rivoluzione neoliberista”: lo Stato dei cittadini deve morire, per lasciar posto al primato della finanza sull’economia e dell’economia sulla politica.
Fine delle trasmissioni.
Con tanti saluti alle illusioni del riformismo, che nei decenni del dopoguerra riuscì a convertire l’aspirazione rivoluzionaria in correzioni sociali all’interno del sistema, estensione del benessere relativo, ascensore sociale, garanzie, welfare.
Tempo scaduto: i nuovi padroni del mondo non hanno più tempo per la democrazia, fabbricano leader-servi, impongono leggi, sbaraccano Costituzioni.
La rivoluzione neoliberista, scrive Giannuli nel suo blog, si è imposta costruendo un ordine gerarchico mondiale tendenzialmente monopolare (oggi in crisi) che riduce la sovranità degli Stati nazionali.
Poi ha sottratto i grandi capitali finanziari al fisco, attraverso la mobilità mondiale dei capitali, che consente al “grande contribuente” di scegliere il fisco cui pagare le sue tasse.
Fondamentale, poi, la delocalizzazione produttiva, insieme alla liberalizzazione degli scambi commerciali: questa globalizzazione «inevitabilmente premia i paesi a costo del lavoro più basso, agendo quindi come attrattore verso il basso dei livelli salariali».
Quindi, la moneta: il sistema valutario sganciato dalla base aurea, o comunque da parametri oggettivi, e basato solo sull’apprezzamento reciproco delle monete, «fa dipendere la stabilità monetaria di ciascuno dalla dittatura del rating e dalle decisioni dei mercati finanziari (in realtà da Wall Street) di fatto, riducendo ai minimi termini la sovranità monetaria dei singoli paesi».
In più, c’è la fittissima ragnatela del Wto e degli accordi e trattati internazionali, dagli storici accordi di Marrakech del 1993 al mostruoso Ttip in gestazione: rapporti economici a livello mondiale, «che precludono ogni politica diversa da quella neoliberista e proibiscono esplicitamente l’intervento statale in economia».
Non solo: «Impedendo ogni politica industriale nazionale, privatizzando le imprese pubbliche e promuovendo grandi fusioni internazionali a guida finanziaria», i grandi predoni neo-feudali hanno sostanzialmente imposto un cambio di sistema: non viviamo più in un regime controllabile dalle popolazioni, sempre più in sofferenza anche grazie alla liquidazione dei presupposti stessi dello Stato sociale – scuola, sanità, assistenza, pensioni, tutele civili.
«Di conseguenza – continua Giannuli – l’ordine neoliberista ha carattere politicamente monistico e non ha spazio per una sinistra interna», né per «politiche keynesiane, compromessi welfaristi e, di conseguenza, per ogni politica riformista».
L’ordine neoliberista «non prevede alcuna sinistra interna, è tutto e organicamente di destra».
Così, a fronte dell’assolutismo neoliberista, «il riformismo, anche il più moderato, assume valenza antisistema al pari di qualsiasi indirizzo rivoluzionario».
Ne consegue che occorre abbandonare la pratica istituzionale per passare a forme di lotta violente o addirittura armate?
«Per nulla: sarebbe una risposta incongrua rispetto all’obiettivo».
Anche perché, qualora si prendesse il potere in un paese «tanto per via pacifica e legale quanto per via violenta ed illegale», il problema non si sposterebbe di un centimetro, «perché il nuovo governo, comunque formatosi, avrebbe di fronte lo stesso problema di fare i conti con un ordine mondiale ostile, dove l’unica variabile decisiva sarebbe quella dei rapporti di forza».
La Cina, come unica alternativa?
Pechino «ha realizzato un sistema di capitalismo di Stato che si discosta per più versi dall’ordinamento neoliberista, ma può permetterselo perché i rapporti di forza economici, finanziari e, non ultimo, militari, glielo consentono».
La Cina «rappresenta una torsione del sistema internazionale nella misura in cui i rapporti di forza glielo consentono».
Il passaggio a politiche diverse, non liberiste? «
E’ antisistema, nella misura in cui presuppone la rottura dell’ordine mondiale e della sua rete di trattati e accordi».
Dunque, al di là della praticabilità di forme di lotta radicali, il problema si pone in termini diversi, ovvero: «Come maturare i rapporti di forza internazionali che consentano di aprire spazi a politiche sociali ed economiche non liberiste.
Il che significa che l’asse dell’azione politica si sposta dall’arena nazionale a quella internazionale». Chi dunque potrebbe riaprire i giochi a livello globale?
Non certo le sinistre riformiste (Spd, socialisti francesi e spagnoli, Labour party), che «perdono terreno e sono destinate all’estinzione o all’assorbimento organico nelle formazioni di destra, perché all’interno di questa cornice di sistema non possono avere altra sorte».
Peggio ancora le sinistre “radicali” (Linke, Front de Gauche, Izquierda Unida, Rifondazione Comunista e Sel), che «stanno subendo lo stesso declino perché non hanno iniziativa politica e non possono averla, perché, incapaci di iniziativa internazionale (neppure a livello europeo), mancano di una proposta politica che non sia pura propaganda senza contenuto».
Niente di buono neppure da Grecia e Spagna: secondo Giannuli, “Syriza” è destinata al fallimento «perché non trova supporto internazionale e perché non ha il coraggio di utilizzare l’unica arma (a doppio taglio) in suo possesso: il ricatto del debitore».
Quanto a “Podemos”, che lo storico dell’ateneo milanese considera «una variante intermedia fra Sel ed il M5S», è destinata ad analogo insuccesso, «perché non pensa neppure di mettere in discussione la cornice europeista».
E in Italia?
«Il M5S temo sia destinato a schiantarsi contro le resistenze del sistema perché, pur avendo intuito che il nodo è quello dell’ordine internazionale (come dimostra la posizione sull’euro), non riesce ad articolare questa intuizione in un progetto politico adeguatamente articolato».
Per Giannuli, il Movimento 5 Stelle «non svolge alcuna azione internazionale e, quando tenta qualcosa, sbaglia (leggi Ukip), perché non ha costruito uno strumento organizzativamente adeguato allo scontro».
Come si vede siamo in un cul de sac, conclude Giannuli. Un vicolo cielo, «dal quale non usciremo né con improbabili referendum e colpi di testa, né con le solite alchimie di orrendi cartelli elettorali costruiti sul nulla».
Il politologo vede solo una possibilità, in termini di avvicinamento preliminare alla soluzione, nella costruzione di una piattaforma europea delle opposizioni, ancorché debolissime e divise.
«Sarebbe già un passo avanti una convenzione europea, nella quale “Podemos”, “Syriza”, M5S, la “sinistra radicale”, i restanti partiti comunisti e le sinistre socialdemocratiche concordino una o più campagne europee sulla ristrutturazione del debito, sull’uscita concertata dall’euro, la revisione dei principali accordi internazionali».
Certo, ammette il professore, «non sarebbe la soluzione dei nostri problemi, ma un possibile inizio». L’unica opportunità da mettere in campo, perché «il resto è già votato al fallimento».
Giannuli: ha stravinto l’élite, non esiste alternativa politica
Scritto il 21/6/15 • LIBRE nella Categoria: idee
Espropriati di ogni diritto, privati del lavoro, rasi al suolo come cittadini.
E’ il nuovo ordine neoliberista, e non abbiamo scampo.
Lo sostiene lo storico Aldo Giannuli, che analizza l’eclissi epocale della sinistra in ogni sua forma, da quella storica – assorbita nella socialdemocrazia – a quella “radicale”, che voleva cambiare il sistema ed è in via di completa estinzione.
Peggio ancora: nessuna, delle nuove formazioni politiche che si affacciano tra le macerie dell’Europa, ha le carte in regola per progettare una via d’uscita.
Siamo in trappola, schiacciati dal primo comandamento della “rivoluzione neoliberista”: lo Stato dei cittadini deve morire, per lasciar posto al primato della finanza sull’economia e dell’economia sulla politica.
Fine delle trasmissioni.
Con tanti saluti alle illusioni del riformismo, che nei decenni del dopoguerra riuscì a convertire l’aspirazione rivoluzionaria in correzioni sociali all’interno del sistema, estensione del benessere relativo, ascensore sociale, garanzie, welfare.
Tempo scaduto: i nuovi padroni del mondo non hanno più tempo per la democrazia, fabbricano leader-servi, impongono leggi, sbaraccano Costituzioni.
La rivoluzione neoliberista, scrive Giannuli nel suo blog, si è imposta costruendo un ordine gerarchico mondiale tendenzialmente monopolare (oggi in crisi) che riduce la sovranità degli Stati nazionali.
Poi ha sottratto i grandi capitali finanziari al fisco, attraverso la mobilità mondiale dei capitali, che consente al “grande contribuente” di scegliere il fisco cui pagare le sue tasse.
Fondamentale, poi, la delocalizzazione produttiva, insieme alla liberalizzazione degli scambi commerciali: questa globalizzazione «inevitabilmente premia i paesi a costo del lavoro più basso, agendo quindi come attrattore verso il basso dei livelli salariali».
Quindi, la moneta: il sistema valutario sganciato dalla base aurea, o comunque da parametri oggettivi, e basato solo sull’apprezzamento reciproco delle monete, «fa dipendere la stabilità monetaria di ciascuno dalla dittatura del rating e dalle decisioni dei mercati finanziari (in realtà da Wall Street) di fatto, riducendo ai minimi termini la sovranità monetaria dei singoli paesi».
In più, c’è la fittissima ragnatela del Wto e degli accordi e trattati internazionali, dagli storici accordi di Marrakech del 1993 al mostruoso Ttip in gestazione: rapporti economici a livello mondiale, «che precludono ogni politica diversa da quella neoliberista e proibiscono esplicitamente l’intervento statale in economia».
Non solo: «Impedendo ogni politica industriale nazionale, privatizzando le imprese pubbliche e promuovendo grandi fusioni internazionali a guida finanziaria», i grandi predoni neo-feudali hanno sostanzialmente imposto un cambio di sistema: non viviamo più in un regime controllabile dalle popolazioni, sempre più in sofferenza anche grazie alla liquidazione dei presupposti stessi dello Stato sociale – scuola, sanità, assistenza, pensioni, tutele civili.
«Di conseguenza – continua Giannuli – l’ordine neoliberista ha carattere politicamente monistico e non ha spazio per una sinistra interna», né per «politiche keynesiane, compromessi welfaristi e, di conseguenza, per ogni politica riformista».
L’ordine neoliberista «non prevede alcuna sinistra interna, è tutto e organicamente di destra».
Così, a fronte dell’assolutismo neoliberista, «il riformismo, anche il più moderato, assume valenza antisistema al pari di qualsiasi indirizzo rivoluzionario».
Ne consegue che occorre abbandonare la pratica istituzionale per passare a forme di lotta violente o addirittura armate?
«Per nulla: sarebbe una risposta incongrua rispetto all’obiettivo».
Anche perché, qualora si prendesse il potere in un paese «tanto per via pacifica e legale quanto per via violenta ed illegale», il problema non si sposterebbe di un centimetro, «perché il nuovo governo, comunque formatosi, avrebbe di fronte lo stesso problema di fare i conti con un ordine mondiale ostile, dove l’unica variabile decisiva sarebbe quella dei rapporti di forza».
La Cina, come unica alternativa?
Pechino «ha realizzato un sistema di capitalismo di Stato che si discosta per più versi dall’ordinamento neoliberista, ma può permetterselo perché i rapporti di forza economici, finanziari e, non ultimo, militari, glielo consentono».
La Cina «rappresenta una torsione del sistema internazionale nella misura in cui i rapporti di forza glielo consentono».
Il passaggio a politiche diverse, non liberiste? «
E’ antisistema, nella misura in cui presuppone la rottura dell’ordine mondiale e della sua rete di trattati e accordi».
Dunque, al di là della praticabilità di forme di lotta radicali, il problema si pone in termini diversi, ovvero: «Come maturare i rapporti di forza internazionali che consentano di aprire spazi a politiche sociali ed economiche non liberiste.
Il che significa che l’asse dell’azione politica si sposta dall’arena nazionale a quella internazionale». Chi dunque potrebbe riaprire i giochi a livello globale?
Non certo le sinistre riformiste (Spd, socialisti francesi e spagnoli, Labour party), che «perdono terreno e sono destinate all’estinzione o all’assorbimento organico nelle formazioni di destra, perché all’interno di questa cornice di sistema non possono avere altra sorte».
Peggio ancora le sinistre “radicali” (Linke, Front de Gauche, Izquierda Unida, Rifondazione Comunista e Sel), che «stanno subendo lo stesso declino perché non hanno iniziativa politica e non possono averla, perché, incapaci di iniziativa internazionale (neppure a livello europeo), mancano di una proposta politica che non sia pura propaganda senza contenuto».
Niente di buono neppure da Grecia e Spagna: secondo Giannuli, “Syriza” è destinata al fallimento «perché non trova supporto internazionale e perché non ha il coraggio di utilizzare l’unica arma (a doppio taglio) in suo possesso: il ricatto del debitore».
Quanto a “Podemos”, che lo storico dell’ateneo milanese considera «una variante intermedia fra Sel ed il M5S», è destinata ad analogo insuccesso, «perché non pensa neppure di mettere in discussione la cornice europeista».
E in Italia?
«Il M5S temo sia destinato a schiantarsi contro le resistenze del sistema perché, pur avendo intuito che il nodo è quello dell’ordine internazionale (come dimostra la posizione sull’euro), non riesce ad articolare questa intuizione in un progetto politico adeguatamente articolato».
Per Giannuli, il Movimento 5 Stelle «non svolge alcuna azione internazionale e, quando tenta qualcosa, sbaglia (leggi Ukip), perché non ha costruito uno strumento organizzativamente adeguato allo scontro».
Come si vede siamo in un cul de sac, conclude Giannuli. Un vicolo cielo, «dal quale non usciremo né con improbabili referendum e colpi di testa, né con le solite alchimie di orrendi cartelli elettorali costruiti sul nulla».
Il politologo vede solo una possibilità, in termini di avvicinamento preliminare alla soluzione, nella costruzione di una piattaforma europea delle opposizioni, ancorché debolissime e divise.
«Sarebbe già un passo avanti una convenzione europea, nella quale “Podemos”, “Syriza”, M5S, la “sinistra radicale”, i restanti partiti comunisti e le sinistre socialdemocratiche concordino una o più campagne europee sulla ristrutturazione del debito, sull’uscita concertata dall’euro, la revisione dei principali accordi internazionali».
Certo, ammette il professore, «non sarebbe la soluzione dei nostri problemi, ma un possibile inizio». L’unica opportunità da mettere in campo, perché «il resto è già votato al fallimento».
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Cosa rispondete a questa realtà??????
Giannuli: ha stravinto l’élite, non esiste alternativa politica
Scritto il 21/6/15 • LIBRE nella Categoria: idee
Espropriati di ogni diritto, privati del lavoro, rasi al suolo come cittadini.
E’ il nuovo ordine neoliberista, e non abbiamo scampo.
Lo sostiene lo storico Aldo Giannuli, che analizza l’eclissi epocale della sinistra in ogni sua forma, da quella storica – assorbita nella socialdemocrazia – a quella “radicale”, che voleva cambiare il sistema ed è in via di completa estinzione.
Peggio ancora: nessuna, delle nuove formazioni politiche che si affacciano tra le macerie dell’Europa, ha le carte in regola per progettare una via d’uscita.
Siamo in trappola, schiacciati dal primo comandamento della “rivoluzione neoliberista”: lo Stato dei cittadini deve morire, per lasciar posto al primato della finanza sull’economia e dell’economia sulla politica.
Fine delle trasmissioni.
Con tanti saluti alle illusioni del riformismo, che nei decenni del dopoguerra riuscì a convertire l’aspirazione rivoluzionaria in correzioni sociali all’interno del sistema, estensione del benessere relativo, ascensore sociale, garanzie, welfare.
Tempo scaduto: i nuovi padroni del mondo non hanno più tempo per la democrazia, fabbricano leader-servi, impongono leggi, sbaraccano Costituzioni.
La rivoluzione neoliberista, scrive Giannuli nel suo blog, si è imposta costruendo un ordine gerarchico mondiale tendenzialmente monopolare (oggi in crisi) che riduce la sovranità degli Stati nazionali.
Poi ha sottratto i grandi capitali finanziari al fisco, attraverso la mobilità mondiale dei capitali, che consente al “grande contribuente” di scegliere il fisco cui pagare le sue tasse.
Fondamentale, poi, la delocalizzazione produttiva, insieme alla liberalizzazione degli scambi commerciali: questa globalizzazione «inevitabilmente premia i paesi a costo del lavoro più basso, agendo quindi come attrattore verso il basso dei livelli salariali».
Quindi, la moneta: il sistema valutario sganciato dalla base aurea, o comunque da parametri oggettivi, e basato solo sull’apprezzamento reciproco delle monete, «fa dipendere la stabilità monetaria di ciascuno dalla dittatura del rating e dalle decisioni dei mercati finanziari (in realtà da Wall Street) di fatto, riducendo ai minimi termini la sovranità monetaria dei singoli paesi».
In più, c’è la fittissima ragnatela del Wto e degli accordi e trattati internazionali, dagli storici accordi di Marrakech del 1993 al mostruoso Ttip in gestazione: rapporti economici a livello mondiale, «che precludono ogni politica diversa da quella neoliberista e proibiscono esplicitamente l’intervento statale in economia».
Non solo: «Impedendo ogni politica industriale nazionale, privatizzando le imprese pubbliche e promuovendo grandi fusioni internazionali a guida finanziaria», i grandi predoni neo-feudali hanno sostanzialmente imposto un cambio di sistema: non viviamo più in un regime controllabile dalle popolazioni, sempre più in sofferenza anche grazie alla liquidazione dei presupposti stessi dello Stato sociale – scuola, sanità, assistenza, pensioni, tutele civili.
«Di conseguenza – continua Giannuli – l’ordine neoliberista ha carattere politicamente monistico e non ha spazio per una sinistra interna», né per «politiche keynesiane, compromessi welfaristi e, di conseguenza, per ogni politica riformista».
L’ordine neoliberista «non prevede alcuna sinistra interna, è tutto e organicamente di destra».
Così, a fronte dell’assolutismo neoliberista, «il riformismo, anche il più moderato, assume valenza antisistema al pari di qualsiasi indirizzo rivoluzionario».
Ne consegue che occorre abbandonare la pratica istituzionale per passare a forme di lotta violente o addirittura armate?
«Per nulla: sarebbe una risposta incongrua rispetto all’obiettivo».
Anche perché, qualora si prendesse il potere in un paese «tanto per via pacifica e legale quanto per via violenta ed illegale», il problema non si sposterebbe di un centimetro, «perché il nuovo governo, comunque formatosi, avrebbe di fronte lo stesso problema di fare i conti con un ordine mondiale ostile, dove l’unica variabile decisiva sarebbe quella dei rapporti di forza».
La Cina, come unica alternativa?
Pechino «ha realizzato un sistema di capitalismo di Stato che si discosta per più versi dall’ordinamento neoliberista, ma può permetterselo perché i rapporti di forza economici, finanziari e, non ultimo, militari, glielo consentono».
La Cina «rappresenta una torsione del sistema internazionale nella misura in cui i rapporti di forza glielo consentono».
Il passaggio a politiche diverse, non liberiste? «
E’ antisistema, nella misura in cui presuppone la rottura dell’ordine mondiale e della sua rete di trattati e accordi».
Dunque, al di là della praticabilità di forme di lotta radicali, il problema si pone in termini diversi, ovvero: «Come maturare i rapporti di forza internazionali che consentano di aprire spazi a politiche sociali ed economiche non liberiste.
Il che significa che l’asse dell’azione politica si sposta dall’arena nazionale a quella internazionale». Chi dunque potrebbe riaprire i giochi a livello globale?
Non certo le sinistre riformiste (Spd, socialisti francesi e spagnoli, Labour party), che «perdono terreno e sono destinate all’estinzione o all’assorbimento organico nelle formazioni di destra, perché all’interno di questa cornice di sistema non possono avere altra sorte».
Peggio ancora le sinistre “radicali” (Linke, Front de Gauche, Izquierda Unida, Rifondazione Comunista e Sel), che «stanno subendo lo stesso declino perché non hanno iniziativa politica e non possono averla, perché, incapaci di iniziativa internazionale (neppure a livello europeo), mancano di una proposta politica che non sia pura propaganda senza contenuto».
Niente di buono neppure da Grecia e Spagna: secondo Giannuli, “Syriza” è destinata al fallimento «perché non trova supporto internazionale e perché non ha il coraggio di utilizzare l’unica arma (a doppio taglio) in suo possesso: il ricatto del debitore».
Quanto a “Podemos”, che lo storico dell’ateneo milanese considera «una variante intermedia fra Sel ed il M5S», è destinata ad analogo insuccesso, «perché non pensa neppure di mettere in discussione la cornice europeista».
E in Italia?
«Il M5S temo sia destinato a schiantarsi contro le resistenze del sistema perché, pur avendo intuito che il nodo è quello dell’ordine internazionale (come dimostra la posizione sull’euro), non riesce ad articolare questa intuizione in un progetto politico adeguatamente articolato».
Per Giannuli, il Movimento 5 Stelle «non svolge alcuna azione internazionale e, quando tenta qualcosa, sbaglia (leggi Ukip), perché non ha costruito uno strumento organizzativamente adeguato allo scontro».
Come si vede siamo in un cul de sac, conclude Giannuli. Un vicolo cielo, «dal quale non usciremo né con improbabili referendum e colpi di testa, né con le solite alchimie di orrendi cartelli elettorali costruiti sul nulla».
Il politologo vede solo una possibilità, in termini di avvicinamento preliminare alla soluzione, nella costruzione di una piattaforma europea delle opposizioni, ancorché debolissime e divise.
«Sarebbe già un passo avanti una convenzione europea, nella quale “Podemos”, “Syriza”, M5S, la “sinistra radicale”, i restanti partiti comunisti e le sinistre socialdemocratiche concordino una o più campagne europee sulla ristrutturazione del debito, sull’uscita concertata dall’euro, la revisione dei principali accordi internazionali».
Certo, ammette il professore, «non sarebbe la soluzione dei nostri problemi, ma un possibile inizio». L’unica opportunità da mettere in campo, perché «il resto è già votato al fallimento».
Giannuli: ha stravinto l’élite, non esiste alternativa politica
Scritto il 21/6/15 • LIBRE nella Categoria: idee
Espropriati di ogni diritto, privati del lavoro, rasi al suolo come cittadini.
E’ il nuovo ordine neoliberista, e non abbiamo scampo.
Lo sostiene lo storico Aldo Giannuli, che analizza l’eclissi epocale della sinistra in ogni sua forma, da quella storica – assorbita nella socialdemocrazia – a quella “radicale”, che voleva cambiare il sistema ed è in via di completa estinzione.
Peggio ancora: nessuna, delle nuove formazioni politiche che si affacciano tra le macerie dell’Europa, ha le carte in regola per progettare una via d’uscita.
Siamo in trappola, schiacciati dal primo comandamento della “rivoluzione neoliberista”: lo Stato dei cittadini deve morire, per lasciar posto al primato della finanza sull’economia e dell’economia sulla politica.
Fine delle trasmissioni.
Con tanti saluti alle illusioni del riformismo, che nei decenni del dopoguerra riuscì a convertire l’aspirazione rivoluzionaria in correzioni sociali all’interno del sistema, estensione del benessere relativo, ascensore sociale, garanzie, welfare.
Tempo scaduto: i nuovi padroni del mondo non hanno più tempo per la democrazia, fabbricano leader-servi, impongono leggi, sbaraccano Costituzioni.
La rivoluzione neoliberista, scrive Giannuli nel suo blog, si è imposta costruendo un ordine gerarchico mondiale tendenzialmente monopolare (oggi in crisi) che riduce la sovranità degli Stati nazionali.
Poi ha sottratto i grandi capitali finanziari al fisco, attraverso la mobilità mondiale dei capitali, che consente al “grande contribuente” di scegliere il fisco cui pagare le sue tasse.
Fondamentale, poi, la delocalizzazione produttiva, insieme alla liberalizzazione degli scambi commerciali: questa globalizzazione «inevitabilmente premia i paesi a costo del lavoro più basso, agendo quindi come attrattore verso il basso dei livelli salariali».
Quindi, la moneta: il sistema valutario sganciato dalla base aurea, o comunque da parametri oggettivi, e basato solo sull’apprezzamento reciproco delle monete, «fa dipendere la stabilità monetaria di ciascuno dalla dittatura del rating e dalle decisioni dei mercati finanziari (in realtà da Wall Street) di fatto, riducendo ai minimi termini la sovranità monetaria dei singoli paesi».
In più, c’è la fittissima ragnatela del Wto e degli accordi e trattati internazionali, dagli storici accordi di Marrakech del 1993 al mostruoso Ttip in gestazione: rapporti economici a livello mondiale, «che precludono ogni politica diversa da quella neoliberista e proibiscono esplicitamente l’intervento statale in economia».
Non solo: «Impedendo ogni politica industriale nazionale, privatizzando le imprese pubbliche e promuovendo grandi fusioni internazionali a guida finanziaria», i grandi predoni neo-feudali hanno sostanzialmente imposto un cambio di sistema: non viviamo più in un regime controllabile dalle popolazioni, sempre più in sofferenza anche grazie alla liquidazione dei presupposti stessi dello Stato sociale – scuola, sanità, assistenza, pensioni, tutele civili.
«Di conseguenza – continua Giannuli – l’ordine neoliberista ha carattere politicamente monistico e non ha spazio per una sinistra interna», né per «politiche keynesiane, compromessi welfaristi e, di conseguenza, per ogni politica riformista».
L’ordine neoliberista «non prevede alcuna sinistra interna, è tutto e organicamente di destra».
Così, a fronte dell’assolutismo neoliberista, «il riformismo, anche il più moderato, assume valenza antisistema al pari di qualsiasi indirizzo rivoluzionario».
Ne consegue che occorre abbandonare la pratica istituzionale per passare a forme di lotta violente o addirittura armate?
«Per nulla: sarebbe una risposta incongrua rispetto all’obiettivo».
Anche perché, qualora si prendesse il potere in un paese «tanto per via pacifica e legale quanto per via violenta ed illegale», il problema non si sposterebbe di un centimetro, «perché il nuovo governo, comunque formatosi, avrebbe di fronte lo stesso problema di fare i conti con un ordine mondiale ostile, dove l’unica variabile decisiva sarebbe quella dei rapporti di forza».
La Cina, come unica alternativa?
Pechino «ha realizzato un sistema di capitalismo di Stato che si discosta per più versi dall’ordinamento neoliberista, ma può permetterselo perché i rapporti di forza economici, finanziari e, non ultimo, militari, glielo consentono».
La Cina «rappresenta una torsione del sistema internazionale nella misura in cui i rapporti di forza glielo consentono».
Il passaggio a politiche diverse, non liberiste? «
E’ antisistema, nella misura in cui presuppone la rottura dell’ordine mondiale e della sua rete di trattati e accordi».
Dunque, al di là della praticabilità di forme di lotta radicali, il problema si pone in termini diversi, ovvero: «Come maturare i rapporti di forza internazionali che consentano di aprire spazi a politiche sociali ed economiche non liberiste.
Il che significa che l’asse dell’azione politica si sposta dall’arena nazionale a quella internazionale». Chi dunque potrebbe riaprire i giochi a livello globale?
Non certo le sinistre riformiste (Spd, socialisti francesi e spagnoli, Labour party), che «perdono terreno e sono destinate all’estinzione o all’assorbimento organico nelle formazioni di destra, perché all’interno di questa cornice di sistema non possono avere altra sorte».
Peggio ancora le sinistre “radicali” (Linke, Front de Gauche, Izquierda Unida, Rifondazione Comunista e Sel), che «stanno subendo lo stesso declino perché non hanno iniziativa politica e non possono averla, perché, incapaci di iniziativa internazionale (neppure a livello europeo), mancano di una proposta politica che non sia pura propaganda senza contenuto».
Niente di buono neppure da Grecia e Spagna: secondo Giannuli, “Syriza” è destinata al fallimento «perché non trova supporto internazionale e perché non ha il coraggio di utilizzare l’unica arma (a doppio taglio) in suo possesso: il ricatto del debitore».
Quanto a “Podemos”, che lo storico dell’ateneo milanese considera «una variante intermedia fra Sel ed il M5S», è destinata ad analogo insuccesso, «perché non pensa neppure di mettere in discussione la cornice europeista».
E in Italia?
«Il M5S temo sia destinato a schiantarsi contro le resistenze del sistema perché, pur avendo intuito che il nodo è quello dell’ordine internazionale (come dimostra la posizione sull’euro), non riesce ad articolare questa intuizione in un progetto politico adeguatamente articolato».
Per Giannuli, il Movimento 5 Stelle «non svolge alcuna azione internazionale e, quando tenta qualcosa, sbaglia (leggi Ukip), perché non ha costruito uno strumento organizzativamente adeguato allo scontro».
Come si vede siamo in un cul de sac, conclude Giannuli. Un vicolo cielo, «dal quale non usciremo né con improbabili referendum e colpi di testa, né con le solite alchimie di orrendi cartelli elettorali costruiti sul nulla».
Il politologo vede solo una possibilità, in termini di avvicinamento preliminare alla soluzione, nella costruzione di una piattaforma europea delle opposizioni, ancorché debolissime e divise.
«Sarebbe già un passo avanti una convenzione europea, nella quale “Podemos”, “Syriza”, M5S, la “sinistra radicale”, i restanti partiti comunisti e le sinistre socialdemocratiche concordino una o più campagne europee sulla ristrutturazione del debito, sull’uscita concertata dall’euro, la revisione dei principali accordi internazionali».
Certo, ammette il professore, «non sarebbe la soluzione dei nostri problemi, ma un possibile inizio». L’unica opportunità da mettere in campo, perché «il resto è già votato al fallimento».
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Non so se lo storico Giannuli sia veramente realista.
Il politologo vede solo una possibilità, in termini di avvicinamento preliminare alla soluzione, nella costruzione di una piattaforma europea delle opposizioni, ancorché debolissime e divise.
«Sarebbe già un passo avanti una convenzione europea, nella quale “Podemos”, “Syriza”, M5S, la “sinistra radicale”, i restanti partiti comunisti e le sinistre socialdemocratiche concordino una o più campagne europee sulla ristrutturazione del debito, sull’uscita concertata dall’euro, la revisione dei principali accordi internazionali».
Perché l'uscita concertata dall'euro ci farebbe più forti ?
Per me il sogno di un'Europa descritto da Scalfari e le proposte di Integrazione Ue, "Avanti con le 4 Unioni": appello del mondo accademico al Consiglio europeoIntegrazione Ue, "Avanti con le 4 Unioni": l'appello del mondo accademico al Consiglio europeo dovrebbero essere la risposta giusta se Grecia, Spagna ,Italia e Francia fossero in grado di indirizzare la svolta guardando anche alla Russia e non solo agli USA.
L'uscita dall'euro ci vedrebbe tutti più deboli di fronte ad un mondo che ci contrappone a forze a livello continentale.
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Il politologo vede solo una possibilità, in termini di avvicinamento preliminare alla soluzione, nella costruzione di una piattaforma europea delle opposizioni, ancorché debolissime e divise.
«Sarebbe già un passo avanti una convenzione europea, nella quale “Podemos”, “Syriza”, M5S, la “sinistra radicale”, i restanti partiti comunisti e le sinistre socialdemocratiche concordino una o più campagne europee sulla ristrutturazione del debito, sull’uscita concertata dall’euro, la revisione dei principali accordi internazionali».
Perché l'uscita concertata dall'euro ci farebbe più forti ?
Per me il sogno di un'Europa descritto da Scalfari e le proposte di Integrazione Ue, "Avanti con le 4 Unioni": appello del mondo accademico al Consiglio europeoIntegrazione Ue, "Avanti con le 4 Unioni": l'appello del mondo accademico al Consiglio europeo dovrebbero essere la risposta giusta se Grecia, Spagna ,Italia e Francia fossero in grado di indirizzare la svolta guardando anche alla Russia e non solo agli USA.
L'uscita dall'euro ci vedrebbe tutti più deboli di fronte ad un mondo che ci contrappone a forze a livello continentale.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
LA RADICE QUADRATA DEL CAOS - 1
La radice quadrata del caos è un’interessante e fantasioso titolo dell’edizione mensile di “Limes” di giugno, uscito da poco.
I temi di questo numero si sviluppano sul Medio Oriente, in cui regna un profondo caos.
Ma il titolo è altrettanto applicabile con profitto al sistema colassante italiano e a quello europeo.
La forma partito che avevamo conosciuto durante la Prima Repubblica partendo dal dopoguerra, non esiste più.
La mutazione del sistema avviene con l’avvento sulla scena politica del padre padrone di Hardcore. Quello che hanno considerato erroneamente per un ventennio il partito di FI, non era un vero partito tradizionale, ma solo e soltanto un sultanato in divenire.
Il Sultanato di Hardcore.
Li la democrazia non esisteva più da subito. Esistevano solo gli interessi economici e giudiziari del Gran sultano, Silvio Berlusconi I, ed ultimo, da salvaguardare.
Non bisogna mai dimenticare su cosa si fonda la politica. INTERESSE & CONVENIENZA.
Se questa regola vale per tutto il pianeta, lo è in modo particolare nello stivalone, noto allevamento di VOLTAGABBANA.
Infatti, la peggior specie di voltagabbana tricolori sono transitati presso la Corte di Hardcore durante il ventennio ed oltre.
Troppo lunga la lista da ricordare.
Proverò a ricordarne solo qualcuno.
Mai visto in tutta la mia vita nessuno abiurare alla fede calcistica, eccetto uno. Il fido Fede, che da juventino è diventato milanista.
Nel suo nuovo libro, Marco Travaglio racconta il leccaculismo tricolore. Al fido Emilio, o Emilio fido, spettano posizioni d’onore.
Per la sua attività intensa, era costretto ad effettuare il trapianto della lingua ogni sei mesi presso il Niguarda di Milano.
Non possiamo dimenticare l’ex sindaco comunista Sandro Bondi. Diventato poeta a tempo perso, dedicava i suoi versi al Gran sultano.
Ma quando il Sultano ha imboccato il Sunset Boulevard, il noto voltagabbana ha preferito scegliere altri lidi.
Giampaolo Pansa lo mettiamo a pieno titolo nella lista.
Poi ci sono i noti rivoluzionari della ex sinistra extraparlamentare di Lotta continua, Continua la Lotta, come:
Toni Capuozzo,
Paolo Liguori
Gianfranco Micicché
Carlo Panella
Continua-1
La radice quadrata del caos è un’interessante e fantasioso titolo dell’edizione mensile di “Limes” di giugno, uscito da poco.
I temi di questo numero si sviluppano sul Medio Oriente, in cui regna un profondo caos.
Ma il titolo è altrettanto applicabile con profitto al sistema colassante italiano e a quello europeo.
La forma partito che avevamo conosciuto durante la Prima Repubblica partendo dal dopoguerra, non esiste più.
La mutazione del sistema avviene con l’avvento sulla scena politica del padre padrone di Hardcore. Quello che hanno considerato erroneamente per un ventennio il partito di FI, non era un vero partito tradizionale, ma solo e soltanto un sultanato in divenire.
Il Sultanato di Hardcore.
Li la democrazia non esisteva più da subito. Esistevano solo gli interessi economici e giudiziari del Gran sultano, Silvio Berlusconi I, ed ultimo, da salvaguardare.
Non bisogna mai dimenticare su cosa si fonda la politica. INTERESSE & CONVENIENZA.
Se questa regola vale per tutto il pianeta, lo è in modo particolare nello stivalone, noto allevamento di VOLTAGABBANA.
Infatti, la peggior specie di voltagabbana tricolori sono transitati presso la Corte di Hardcore durante il ventennio ed oltre.
Troppo lunga la lista da ricordare.
Proverò a ricordarne solo qualcuno.
Mai visto in tutta la mia vita nessuno abiurare alla fede calcistica, eccetto uno. Il fido Fede, che da juventino è diventato milanista.
Nel suo nuovo libro, Marco Travaglio racconta il leccaculismo tricolore. Al fido Emilio, o Emilio fido, spettano posizioni d’onore.
Per la sua attività intensa, era costretto ad effettuare il trapianto della lingua ogni sei mesi presso il Niguarda di Milano.
Non possiamo dimenticare l’ex sindaco comunista Sandro Bondi. Diventato poeta a tempo perso, dedicava i suoi versi al Gran sultano.
Ma quando il Sultano ha imboccato il Sunset Boulevard, il noto voltagabbana ha preferito scegliere altri lidi.
Giampaolo Pansa lo mettiamo a pieno titolo nella lista.
Poi ci sono i noti rivoluzionari della ex sinistra extraparlamentare di Lotta continua, Continua la Lotta, come:
Toni Capuozzo,
Paolo Liguori
Gianfranco Micicché
Carlo Panella
Continua-1
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
LA RADICE QUADRATA DEL CAOS - 2
I leghisti di queste parti, sono convinti che Salvini abbia i numeri per andare a Palazzo Chigi.
Infatti, stamani erano piuttosto gasati per il discorso del felpato sullo storico pratone di Pontida.
In modo particolare credono che se il felpato diverrà premier soddisferà le loro esigenze di allontanare dalle strade e contrade italiane immigrati e rom.
Quello che sembra strano è che Maroncino che è stato anche ministro degli Interni nel governo Berlusconi, non abbia spiegato al felpato come funzioni l’ambaradan.
Ndrangheta: Maroni chiede alla Rai un faccia a faccia con Saviano ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/...maro ... ano/77158/ - Copia cache - Simili
16 nov 2010 ... Orlando: "Maroni rispetti le indagini della magistratura" ... 'Ndrangheta e sullasua presenza culturale, politica ed economica in Lombardia”. ... di ascolti per Rai3 con uno share medio del 30,21% e una media spettatori pari a ... istituzionali collusi con associazioni di chiaro stampo mafioso – ha detto Boni -
Il Giornale, Feltri: "Firmate contro Saviano che dà del mafioso al Nord"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/.. ... .../77520/ - Copia cache - Simili
18 nov 2010 ... Innanzitutto la cronaca della querelle tra Saviano e Maroni. ... che perdona “iltelepredicatore impreparato” Saviano e gli chiede di “deporre le armi”. ... di tempi, di unapresenza consolidata della malavita in Lombardia”
1. Saviano scatena l'ira di Maroni - Vita.it
http://www.vita.it/it/article/2010/11/1 ... ni/106308/ - Copia cache
17 nov 2010 ... “L'ira di Maroni contro Saviano” è il titolo di taglio centrale sulla prima ...Maroni chiede il diritto di replica: “mi sento offeso e indignato da quelle ... finito in manette, e indicato come il capo della 'ndrangheta in Lombardia. .... un video o una nota di rettifica” e il capostruttura Mazzetti invita Maroni a querelare.
1. Maroni: "Infamie, intervenga Napolitano" Saviano: "Sono stupito e ...
http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... o-9164864/ - Copia cache -Simili
16 nov 2010 ... ... prima chiede alla Rai di replicare, poi, dopo il diniego dell'azienda, scrive alCda, al capo ... "Ho chiesto al Cda della Rai il diritto di replica", ha aggiunto Maroni. ... ma già il consiglio regionale lombardo sta valutando una querela". ... Sai quali sono le uniche persone che infamano Saviano?? i mafiosi e i ...
Maroni ha sempre negato la presenza dell’’ndrangheta in Lombardia.
Invece Milano è diventata la capitale dell’’ndrangheta.
Sempre da queste parti, sono in molti a credere che ci sia ancora la democrazia e che il popolo sia sovrano.
Sovrano una mazza.
Fino a un po’ di anni fa, comandavano i poteri forti, del primo piano. Cioè quelli nostrani. Confindustria, Alta Finanza, Banche, Vaticano, Mafie.
Aldo Giannuli ha ben spiegato come funziona l’ambaradan internazionale.
Siamo in trappola, schiacciati dal primo comandamento della “rivoluzione neoliberista”: lo Stato dei cittadini deve morire, per lasciar posto al primato della finanza sull’economia e dell’economia sulla politica.
Fine delle trasmissioni.
Tanto che dobbiamo chiederci perché e chi ha imposto Mario Monti dopo Berlusconi alla fine del 2011.
E perché è stato stoppato Bersani e gli è stato preferito Enrico Letta nel 2013?
Per qualcuno è un caso. Per il sottoscritto no.
Tanto che i due ex premier sono frequentatori di Bildelberg e della Trilaterale.
1. PROFILO DI ENRICO LETTA, ALIAS MONTI JUNIOR
http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... name...sid... - Copia cache
26 apr 2013 ... La nomina di Mario Monti è stata “un miracolo” (v. sotto, sezione “Amicizie .... di Enrico Letta – che con lui frequenta il Bilderberg e la Trilaterale.
1. Gruppo Bilderberg 2013 | Mario Monti - Polisblog
http://www.polisblog.it/.../gli-italian ... ario-monti - Copia cache -Simili
Valutazione: 3,6 - 10 voti
6 giu 2013 ... Gli italiani al Bilderberg 2013: Mario Monti ... italiani: da Lilli Gruber a GiulioTremonti, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi, Enrico Letta. E ...
Profilo di Enrico Letta, alias Monti junior - Disinformazione.it
http://www.disinformazione.it/enrico_letta_profilo.htm - Copia cache - Simili
enrico letta, monti junior, governo, golpe, colpo di stato, trilaterale, bilderberg, ... La nomina diMario Monti è stata “un miracolo” (v. sotto, sezione “Amicizie e .
Perché ha vinto il club Bilderberg - L'Espresso - La Repubblica
espresso.repubblica.it/.../perche-ha-vinto-il-club-bilderberg-1.53904 - Copia cache - Simili
30 apr 2013 ... Fino a un paio di anni fa in pochi parlavano di gruppo Bilderberg e ... e sono stati scelti due premier (Mario Monti ed Enrico Letta) che sono ..
1. Enrico Letta, membro del Bilderberg e della Commissione Trilaterale
https://againstfreemasonry.wordpress.co ... ilaterale/ - Copia cache - Simili
27 apr 2013 ... Enrico Letta ha accettato con riserva l'incarico di formare il nuovo governo. Letta è ... REPORT – La Commissione Trilaterale e Mario Monti ...
1. Enrico letta, uomo di Bilderberg, Trilaterale, Aspen ... - NoCensura
http://www.nocensura.com/.../enrico-let ... rberg.html - Copia cache -Simili
1 dic 2012 ... I Letta hanno agganci potentissimi: Enrico e Gianni si passarono il ... elitarie distampo massonico di cui sia Enrico Letta che Mario Monti sono ...
'ombra del Bilderberg:"Monti fa gli interessidei poteri forti mondiali ...
http://www.ilgiornale.it/.../lombra-bil ... diali.html - Copia cache - Simili
18 giu 2012 ... Egregio Mario, non so che relazione vi sia tra questi "soggetti" ed il reato ...... Echiedete a ENRICO LETTA PD,cosa faceva all'ultimo incontro di ..
Dopo Letta, in modo del tutto misterioso arriva Matteo La Qualunque, un autentico bidone, ma con qualche collegamento con i poteri forti internazionali.
Tanto che una volta al potere il turbo premier, mette subito mano all’annullamento del Senato, che niente ha a che vedere con le esigenze economiche per far ripartire il Paese, ma che risponde ad una esigenza della J.P. Morgan.
Riforme, Zagrebelsky: "La finanza comanda i governi, compreso il ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... ./1096613/ - Copia cache - Simili
23 ago 2014 ... A partire dal memorandum 2013 di JP Morgan che, come abbiamo scritto ...velata ai paesi del Sud, anzi della “periferia” dell'Europa, di liberarsi ... I fascismi tentarono pervia autoritaria di affermare il primato della politica sull'economia. ... Le Costituzioni del dopoguerra, ma anche le grandi dichiarazioni .
JP MORGAN: «CRISI? COLPA DELLE COSTITUZIONI DI SINISTRA»
http://www.ilfeedback.it/2013/.../jp-mo ... -sinistra/
2 lug 2013 ... Per la JP Morgan la crisi economica nel Sud Europa è figlia delle costituzioni del dopoguerra: politicamente sono orientate troppo a sinistra. ... about halfway there ” (“La regolazione dell'area Euro: pressappoco a metà strada”). ... radici politiche: le costituzioniantifasciste del Sud Europa (l'Europa della .
1. J. P. Morgan contro il “socialismo” dell'Europa | Analisi | Rinascita.eu ...
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22006 - Copia cache
15 lug 2013 ... Ci riferiamo al report emesso da J.P. Morgan sulle costituzioni europee. ...afferma che nei paesi dell'Europa del Sud, fra i quali l'Italia, i sistemi politici e ... del secondodopoguerra e che ora rappresentino un ostacolo sulla via ...
1. J. P. Morgan contro il “ socialismo” dell'Europa - di Stefano De Rosa ...
borsaforextradingfinanza.over-blog.it/article-j-p-morgan-contro-il-socialismo-dell-europa-di-stefano-de-rosa-119108490.html - Copia cache
17 lug 2013 ... Ci riferiamo al report emesso da J.P. Morgan sulle costituzioni europee. ...afferma che nei paesi dell'Europa del Sud, fra i quali l'Italia, i sistemi politici e ... del secondodopoguerra e che ora rappresentino un ostacolo sulla via ...
1. JP Morgan I Paesi del Sud dell'Europa sono in crisi perché ...
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19 giu 2013 ... JP Morgan: “I Paesi del Sud dell'Europa sono in crisi perché ... del VecchioContinente: "Dovete liberarvi delle vostre costituzioni ... In altri termini, secondo JP Morgantutti i popoli del Meridione d'Europa dal Dopoguerra in poi ...
1. JP Morgan richiede regimi autoritari per l'Europa - AnnotaBene
http://www.annotabene.info/?p=1328 - Copia cache
12 lug 2013 ... JP Morgan richiede regimi autoritari per l'Europa ... In realtà, non c'era nulla diveramente socialista nelle costituzioni fondate in Europa nel dopoguerra. ... il collasso di molti governi dell'Europa del sud, favorevole alle riforme; ... in Europa e nel mondo, la JP Morgan sta capeggiando la via verso misure ...
1. "Liberatevi delle vostre Costituzioni antifasciste". JP Morgan alla ...
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... 82&pg=8339 - Copia cache - Simili
10 lug 2014 ... JP Morgan alla periferia della zona euro ... riforme strutturali (riduzione delcosto del lavoro, facilitazione del licenziamento dei ... fondamentalmente affermato che le leggi e le costituzioni dell'Europa meridionale sono ... "Il mondo unipolare, dominato dal dollarodel secondo dopoguerra sta tramontando.
continua
I leghisti di queste parti, sono convinti che Salvini abbia i numeri per andare a Palazzo Chigi.
Infatti, stamani erano piuttosto gasati per il discorso del felpato sullo storico pratone di Pontida.
In modo particolare credono che se il felpato diverrà premier soddisferà le loro esigenze di allontanare dalle strade e contrade italiane immigrati e rom.
Quello che sembra strano è che Maroncino che è stato anche ministro degli Interni nel governo Berlusconi, non abbia spiegato al felpato come funzioni l’ambaradan.
Ndrangheta: Maroni chiede alla Rai un faccia a faccia con Saviano ...
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16 nov 2010 ... Orlando: "Maroni rispetti le indagini della magistratura" ... 'Ndrangheta e sullasua presenza culturale, politica ed economica in Lombardia”. ... di ascolti per Rai3 con uno share medio del 30,21% e una media spettatori pari a ... istituzionali collusi con associazioni di chiaro stampo mafioso – ha detto Boni -
Il Giornale, Feltri: "Firmate contro Saviano che dà del mafioso al Nord"
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18 nov 2010 ... Innanzitutto la cronaca della querelle tra Saviano e Maroni. ... che perdona “iltelepredicatore impreparato” Saviano e gli chiede di “deporre le armi”. ... di tempi, di unapresenza consolidata della malavita in Lombardia”
1. Saviano scatena l'ira di Maroni - Vita.it
http://www.vita.it/it/article/2010/11/1 ... ni/106308/ - Copia cache
17 nov 2010 ... “L'ira di Maroni contro Saviano” è il titolo di taglio centrale sulla prima ...Maroni chiede il diritto di replica: “mi sento offeso e indignato da quelle ... finito in manette, e indicato come il capo della 'ndrangheta in Lombardia. .... un video o una nota di rettifica” e il capostruttura Mazzetti invita Maroni a querelare.
1. Maroni: "Infamie, intervenga Napolitano" Saviano: "Sono stupito e ...
http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... o-9164864/ - Copia cache -Simili
16 nov 2010 ... ... prima chiede alla Rai di replicare, poi, dopo il diniego dell'azienda, scrive alCda, al capo ... "Ho chiesto al Cda della Rai il diritto di replica", ha aggiunto Maroni. ... ma già il consiglio regionale lombardo sta valutando una querela". ... Sai quali sono le uniche persone che infamano Saviano?? i mafiosi e i ...
Maroni ha sempre negato la presenza dell’’ndrangheta in Lombardia.
Invece Milano è diventata la capitale dell’’ndrangheta.
Sempre da queste parti, sono in molti a credere che ci sia ancora la democrazia e che il popolo sia sovrano.
Sovrano una mazza.
Fino a un po’ di anni fa, comandavano i poteri forti, del primo piano. Cioè quelli nostrani. Confindustria, Alta Finanza, Banche, Vaticano, Mafie.
Aldo Giannuli ha ben spiegato come funziona l’ambaradan internazionale.
Siamo in trappola, schiacciati dal primo comandamento della “rivoluzione neoliberista”: lo Stato dei cittadini deve morire, per lasciar posto al primato della finanza sull’economia e dell’economia sulla politica.
Fine delle trasmissioni.
Tanto che dobbiamo chiederci perché e chi ha imposto Mario Monti dopo Berlusconi alla fine del 2011.
E perché è stato stoppato Bersani e gli è stato preferito Enrico Letta nel 2013?
Per qualcuno è un caso. Per il sottoscritto no.
Tanto che i due ex premier sono frequentatori di Bildelberg e della Trilaterale.
1. PROFILO DI ENRICO LETTA, ALIAS MONTI JUNIOR
http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... name...sid... - Copia cache
26 apr 2013 ... La nomina di Mario Monti è stata “un miracolo” (v. sotto, sezione “Amicizie .... di Enrico Letta – che con lui frequenta il Bilderberg e la Trilaterale.
1. Gruppo Bilderberg 2013 | Mario Monti - Polisblog
http://www.polisblog.it/.../gli-italian ... ario-monti - Copia cache -Simili
Valutazione: 3,6 - 10 voti
6 giu 2013 ... Gli italiani al Bilderberg 2013: Mario Monti ... italiani: da Lilli Gruber a GiulioTremonti, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi, Enrico Letta. E ...
Profilo di Enrico Letta, alias Monti junior - Disinformazione.it
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enrico letta, monti junior, governo, golpe, colpo di stato, trilaterale, bilderberg, ... La nomina diMario Monti è stata “un miracolo” (v. sotto, sezione “Amicizie e .
Perché ha vinto il club Bilderberg - L'Espresso - La Repubblica
espresso.repubblica.it/.../perche-ha-vinto-il-club-bilderberg-1.53904 - Copia cache - Simili
30 apr 2013 ... Fino a un paio di anni fa in pochi parlavano di gruppo Bilderberg e ... e sono stati scelti due premier (Mario Monti ed Enrico Letta) che sono ..
1. Enrico Letta, membro del Bilderberg e della Commissione Trilaterale
https://againstfreemasonry.wordpress.co ... ilaterale/ - Copia cache - Simili
27 apr 2013 ... Enrico Letta ha accettato con riserva l'incarico di formare il nuovo governo. Letta è ... REPORT – La Commissione Trilaterale e Mario Monti ...
1. Enrico letta, uomo di Bilderberg, Trilaterale, Aspen ... - NoCensura
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1 dic 2012 ... I Letta hanno agganci potentissimi: Enrico e Gianni si passarono il ... elitarie distampo massonico di cui sia Enrico Letta che Mario Monti sono ...
'ombra del Bilderberg:"Monti fa gli interessidei poteri forti mondiali ...
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18 giu 2012 ... Egregio Mario, non so che relazione vi sia tra questi "soggetti" ed il reato ...... Echiedete a ENRICO LETTA PD,cosa faceva all'ultimo incontro di ..
Dopo Letta, in modo del tutto misterioso arriva Matteo La Qualunque, un autentico bidone, ma con qualche collegamento con i poteri forti internazionali.
Tanto che una volta al potere il turbo premier, mette subito mano all’annullamento del Senato, che niente ha a che vedere con le esigenze economiche per far ripartire il Paese, ma che risponde ad una esigenza della J.P. Morgan.
Riforme, Zagrebelsky: "La finanza comanda i governi, compreso il ...
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23 ago 2014 ... A partire dal memorandum 2013 di JP Morgan che, come abbiamo scritto ...velata ai paesi del Sud, anzi della “periferia” dell'Europa, di liberarsi ... I fascismi tentarono pervia autoritaria di affermare il primato della politica sull'economia. ... Le Costituzioni del dopoguerra, ma anche le grandi dichiarazioni .
JP MORGAN: «CRISI? COLPA DELLE COSTITUZIONI DI SINISTRA»
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2 lug 2013 ... Per la JP Morgan la crisi economica nel Sud Europa è figlia delle costituzioni del dopoguerra: politicamente sono orientate troppo a sinistra. ... about halfway there ” (“La regolazione dell'area Euro: pressappoco a metà strada”). ... radici politiche: le costituzioniantifasciste del Sud Europa (l'Europa della .
1. J. P. Morgan contro il “socialismo” dell'Europa | Analisi | Rinascita.eu ...
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15 lug 2013 ... Ci riferiamo al report emesso da J.P. Morgan sulle costituzioni europee. ...afferma che nei paesi dell'Europa del Sud, fra i quali l'Italia, i sistemi politici e ... del secondodopoguerra e che ora rappresentino un ostacolo sulla via ...
1. J. P. Morgan contro il “ socialismo” dell'Europa - di Stefano De Rosa ...
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17 lug 2013 ... Ci riferiamo al report emesso da J.P. Morgan sulle costituzioni europee. ...afferma che nei paesi dell'Europa del Sud, fra i quali l'Italia, i sistemi politici e ... del secondodopoguerra e che ora rappresentino un ostacolo sulla via ...
1. JP Morgan I Paesi del Sud dell'Europa sono in crisi perché ...
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19 giu 2013 ... JP Morgan: “I Paesi del Sud dell'Europa sono in crisi perché ... del VecchioContinente: "Dovete liberarvi delle vostre costituzioni ... In altri termini, secondo JP Morgantutti i popoli del Meridione d'Europa dal Dopoguerra in poi ...
1. JP Morgan richiede regimi autoritari per l'Europa - AnnotaBene
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12 lug 2013 ... JP Morgan richiede regimi autoritari per l'Europa ... In realtà, non c'era nulla diveramente socialista nelle costituzioni fondate in Europa nel dopoguerra. ... il collasso di molti governi dell'Europa del sud, favorevole alle riforme; ... in Europa e nel mondo, la JP Morgan sta capeggiando la via verso misure ...
1. "Liberatevi delle vostre Costituzioni antifasciste". JP Morgan alla ...
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10 lug 2014 ... JP Morgan alla periferia della zona euro ... riforme strutturali (riduzione delcosto del lavoro, facilitazione del licenziamento dei ... fondamentalmente affermato che le leggi e le costituzioni dell'Europa meridionale sono ... "Il mondo unipolare, dominato dal dollarodel secondo dopoguerra sta tramontando.
continua
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