Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA BOMBA STA PER ESPLODERE -1
La dichiarazione di guerra lanciata ieri è stata raccolta:
Migranti, Lega: «Blocco prefetture»
Renzi: incentivi a chi accoglie
Il Viminale: 5 mila trasferiti al Nord
Maroni insiste: bloccare i fondi ai Comuni disposti a ricevere gli immigrati. E Salvini: «Il Nord non ospiterà i clandestini». Il premier invece promette sostegno a chi accoglie
di Redazione Milano online
Dopo la provocazione lanciata domenica dal governatore lombardo — duro l’affondo contro i Comuni che avessero accettato di accogliere i migranti, pena «il taglio dei fondi» — Maroni si scaglia nuovamente contro il problema delle quote da ripartire nelle diverse regioni italiane.
Chiarendo che la sua non era affatto una boutade: «Ci stiamo pensando e ho incaricato l’assessore all’economia Garavaglia, per capire in che modo tagliare i fondi», ha ribadito il presidente della Regione Lombardia.
Più che uno spauracchio, a quanto pare, una minaccia concreta.
«Stiamo facendo una serie di proposte, una cosa certa è che si può fare. Parlo dei fondi della Regione, decido io dove metterli. Se io dico che si può fare, lo faccio».
Maroni, poi, non ha risparmiato frecciate all’indirizzo del premier Matteo Renzi:
«Prima era sempre colpa di Berlusconi, ora di Maroni.
Il presidente del Consiglio deve risolvere i problemi e non dire è colpa tua è colpa mia: siamo alle comiche».
Maroni ha anche difeso il peso della «sua» Regione nel gestire gli imponenti flussi migratori: «La Lombardia è la terza in Italia per numero di immigrati accolti — ha sottolineato — .
Non accetto più che il governo decida scavalcandoci» .
E ancora: «Renzi invece di fare polemiche dia alla Lombardia i 160 milioni che vanta per le spese sanitarie per gli immigrati».
All’esecutivo, accusato di non saper gestire l’emergenza («Siamo alle comiche») Maroni ha chiesto «che si faccia battaglia in Europa.
Renzi picchi i pugni sul tavolo e prenda per il bavero i ministri dei vari Paesi».
http://video.corriere.it/immigrazione-r ... d6c96f23f8
Renzi: incentivi ai Comuni che danno una mano
«La situazione è difficile ma non apocalittica. Di fronte ai problemi non si urla, si affrontano.
Inviterei tutti, anche i governatori della regioni, a recuperare il buon senso e il principio della buona amministrazione», è stato il commento del premier Matteo Renzi, a margine del G7.
«È facile dire “occupiamo le prefetture” —prosegue Renzi —.
Ora serve risolvere il problema, non urlando più forte, ma risolvendo i guai combinati dagli stessi che oggi stanno urlano.
E in alcuni casi i nomi sono gli stessi.
Ci sono le firme sotto i documenti delle politiche sugli immigrati».
«Bisogna prendere atto che la situazione così com’è non va, ci siamo dati una tempistica da qui al Consiglio europeo e cercheremo di portare a casa dei risultati — ha detto ancora Renzi —.
Stiamo usando il metodo Maroni, dividendo in tutte le Regioni.
Il nuovo metodo è lavorare sulla cooperazione e coinvolgere l’Europa, che non è stato fatto in passato per scelta.
Dobbiamo dare incentivi, anche nel patto di stabilità, a quei Comuni che ci danno una mano nel gestire l’accoglienza dei migranti».
http://video.corriere.it/minaccia-maron ... da5b996824
Viminale: 5 mila al Nord
Al Viminale intanto ci si muove su due fronti: il trasferimento dei profughi in quelle Regioni che non hanno raggiunto la massima capienza e - se dovessero mancare altri posti - la requisizione degli edifici pubblici, caserme comprese, dove ospitare gli stranieri.
Già martedì potrebbe cominciare il trasferimento in pullman delle persone appena arrivate e sistemate nei centri del Sud Italia: si tratta complessivamente di oltre 5 mila migranti salvati nelle ultime 48 ore.
Il ministro Angelino Alfano risponde chiaro all’attacco di Maroni: «Vorrei tranquillizzarlo, farò ciò che fece lui al mio posto e chiederò ai sindaci ciò che ha chiesto lui il 30 marzo del 2011 in piena emergenza immigrazione».
Salvini: «Blocchiamo le prefetture»
Sulla questione è intervenuto anche il segretario federale della Lega, Matteo Salvini, che ha annunciato: «Siamo pronti a bloccare le prefetture e a presidiare tutte quelle strutture che a spese degli italiani qualcuno vuole mettere a disposizione di migliaia di immigrati clandestini».
Salvini ha poi ricordato: «Se Renzi e Alfano pensano di prendere il Nord come soggiorno per i clandestini hanno sbagliato tutto».
Incalzato sull’ipotesi che sia stato lui a suggerire a Maroni il blocco dei fondi ai comuni solidali, il numero uno del Carroccio ha però negato: «È tutta farina del suo sacco e di quello di Zaia. Se vengono criticati vuol dire che hanno ragione e che hanno centrato il problema».
Il prefetto di Milano: «Centri pieni, ma pronti a fare la nostra parte»
Tirato per la giacca sul tema dell’immigrazione, il prefetto di Milano ha risposto così all’attacco della Lega: «Milano attende le direttive e gli invii che il Governo effettuerà e risponderà secondo i criteri generali».
Quanto alla lettera di Maroni, che minacciava di diffidare i prefetti lombardi «dal portare nuovi clandestini», Tronca ha chiarito di non aver ricevuto «nessuna lettera o indicazione — .
Sono vicende di carattere politico che non spetta al prefetto valutare». «I centri di accoglienza sono abbastanza pieni — ha ammesso Tronca — , ma siamo sempre pronti a fare la nostra parte in termini di solidarietà».
http://video.corriere.it/immigrazione-p ... d6c96f23f8
Boldrini: «Paese sia coeso»
Al governatore lombardo ha risposto, a stretto giro, la presidente della Camera, Laura Boldrini: «Chi ha un ruolo istituzionale deve agire sempre con senso di responsabilità.
Quando ci sono momenti difficili tutto il Paese deve saper rispondere, in modo coeso».
«Nei momenti difficili — ha sottolineato la seconda carica dello Stato nel corso di un convegno alla «Sapienza» di Roma — tutto il Paese deve saper rispondere e questo significa fare sistema e dimostrare anche agli altri Paesi che l’Italia non si tira indietro di fronte alle sue responsabilità».
L’Italia, ha proseguito, «è un grande Paese che ha risposto in tante fasi storiche alle sue responsabilità e lo farà anche in questo caso. Dobbiamo dare l’esempio e dimostrare che siamo un Paese coeso».
Pisapia: «Maroni si legga il Vangelo»
Nella polemica a distanza, sempre più accesa, si è inserito anche il sindaco di Milano:«Chi divide e fa demagogia non solo non aiuta ma dovrebbe forse vergognarsi», è stato il duro attacco di Giuliano Pisapia.
Che, sull’immigrazione, ha aggiunto: «È certamente un problema delicato e complesso che bisogna superare senza demagogia e populismo, ma cercando di unire le forze per dare una risposta all’emergenza».
Il primo cittadino ha anche minimizzato il diktat di Maroni sul taglio dei fondi: «Il presidente lombardo sa benissimo che non rientra nei suoi poteri quello che ha minacciato di fare».
Non solo. «Visto che è credente», Pisapia ha invitato l’ex ministro dell’Interno a «leggersi il Vangelo».
L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, ricorda però che nella città di Milano non ci sono più posti disponibili per i profughi: «Abbiamo ottocento letti strapieni.
Anche perché, mentre dal Viminale se ne fregano e ignorano lo sforzo della nostra città, da noi arrivano ogni giorno centinaia di persone spontaneamente. È impossibile quindi che il Prefetto ci chieda di accoglierne altre. Ci sono decine di città lombarde a cui si può bussare», dice Majorino.
8 giugno 2015 | 11:39
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://milano.corriere.it/notizie/crona ... 23f8.shtml
La dichiarazione di guerra lanciata ieri è stata raccolta:
Migranti, Lega: «Blocco prefetture»
Renzi: incentivi a chi accoglie
Il Viminale: 5 mila trasferiti al Nord
Maroni insiste: bloccare i fondi ai Comuni disposti a ricevere gli immigrati. E Salvini: «Il Nord non ospiterà i clandestini». Il premier invece promette sostegno a chi accoglie
di Redazione Milano online
Dopo la provocazione lanciata domenica dal governatore lombardo — duro l’affondo contro i Comuni che avessero accettato di accogliere i migranti, pena «il taglio dei fondi» — Maroni si scaglia nuovamente contro il problema delle quote da ripartire nelle diverse regioni italiane.
Chiarendo che la sua non era affatto una boutade: «Ci stiamo pensando e ho incaricato l’assessore all’economia Garavaglia, per capire in che modo tagliare i fondi», ha ribadito il presidente della Regione Lombardia.
Più che uno spauracchio, a quanto pare, una minaccia concreta.
«Stiamo facendo una serie di proposte, una cosa certa è che si può fare. Parlo dei fondi della Regione, decido io dove metterli. Se io dico che si può fare, lo faccio».
Maroni, poi, non ha risparmiato frecciate all’indirizzo del premier Matteo Renzi:
«Prima era sempre colpa di Berlusconi, ora di Maroni.
Il presidente del Consiglio deve risolvere i problemi e non dire è colpa tua è colpa mia: siamo alle comiche».
Maroni ha anche difeso il peso della «sua» Regione nel gestire gli imponenti flussi migratori: «La Lombardia è la terza in Italia per numero di immigrati accolti — ha sottolineato — .
Non accetto più che il governo decida scavalcandoci» .
E ancora: «Renzi invece di fare polemiche dia alla Lombardia i 160 milioni che vanta per le spese sanitarie per gli immigrati».
All’esecutivo, accusato di non saper gestire l’emergenza («Siamo alle comiche») Maroni ha chiesto «che si faccia battaglia in Europa.
Renzi picchi i pugni sul tavolo e prenda per il bavero i ministri dei vari Paesi».
http://video.corriere.it/immigrazione-r ... d6c96f23f8
Renzi: incentivi ai Comuni che danno una mano
«La situazione è difficile ma non apocalittica. Di fronte ai problemi non si urla, si affrontano.
Inviterei tutti, anche i governatori della regioni, a recuperare il buon senso e il principio della buona amministrazione», è stato il commento del premier Matteo Renzi, a margine del G7.
«È facile dire “occupiamo le prefetture” —prosegue Renzi —.
Ora serve risolvere il problema, non urlando più forte, ma risolvendo i guai combinati dagli stessi che oggi stanno urlano.
E in alcuni casi i nomi sono gli stessi.
Ci sono le firme sotto i documenti delle politiche sugli immigrati».
«Bisogna prendere atto che la situazione così com’è non va, ci siamo dati una tempistica da qui al Consiglio europeo e cercheremo di portare a casa dei risultati — ha detto ancora Renzi —.
Stiamo usando il metodo Maroni, dividendo in tutte le Regioni.
Il nuovo metodo è lavorare sulla cooperazione e coinvolgere l’Europa, che non è stato fatto in passato per scelta.
Dobbiamo dare incentivi, anche nel patto di stabilità, a quei Comuni che ci danno una mano nel gestire l’accoglienza dei migranti».
http://video.corriere.it/minaccia-maron ... da5b996824
Viminale: 5 mila al Nord
Al Viminale intanto ci si muove su due fronti: il trasferimento dei profughi in quelle Regioni che non hanno raggiunto la massima capienza e - se dovessero mancare altri posti - la requisizione degli edifici pubblici, caserme comprese, dove ospitare gli stranieri.
Già martedì potrebbe cominciare il trasferimento in pullman delle persone appena arrivate e sistemate nei centri del Sud Italia: si tratta complessivamente di oltre 5 mila migranti salvati nelle ultime 48 ore.
Il ministro Angelino Alfano risponde chiaro all’attacco di Maroni: «Vorrei tranquillizzarlo, farò ciò che fece lui al mio posto e chiederò ai sindaci ciò che ha chiesto lui il 30 marzo del 2011 in piena emergenza immigrazione».
Salvini: «Blocchiamo le prefetture»
Sulla questione è intervenuto anche il segretario federale della Lega, Matteo Salvini, che ha annunciato: «Siamo pronti a bloccare le prefetture e a presidiare tutte quelle strutture che a spese degli italiani qualcuno vuole mettere a disposizione di migliaia di immigrati clandestini».
Salvini ha poi ricordato: «Se Renzi e Alfano pensano di prendere il Nord come soggiorno per i clandestini hanno sbagliato tutto».
Incalzato sull’ipotesi che sia stato lui a suggerire a Maroni il blocco dei fondi ai comuni solidali, il numero uno del Carroccio ha però negato: «È tutta farina del suo sacco e di quello di Zaia. Se vengono criticati vuol dire che hanno ragione e che hanno centrato il problema».
Il prefetto di Milano: «Centri pieni, ma pronti a fare la nostra parte»
Tirato per la giacca sul tema dell’immigrazione, il prefetto di Milano ha risposto così all’attacco della Lega: «Milano attende le direttive e gli invii che il Governo effettuerà e risponderà secondo i criteri generali».
Quanto alla lettera di Maroni, che minacciava di diffidare i prefetti lombardi «dal portare nuovi clandestini», Tronca ha chiarito di non aver ricevuto «nessuna lettera o indicazione — .
Sono vicende di carattere politico che non spetta al prefetto valutare». «I centri di accoglienza sono abbastanza pieni — ha ammesso Tronca — , ma siamo sempre pronti a fare la nostra parte in termini di solidarietà».
http://video.corriere.it/immigrazione-p ... d6c96f23f8
Boldrini: «Paese sia coeso»
Al governatore lombardo ha risposto, a stretto giro, la presidente della Camera, Laura Boldrini: «Chi ha un ruolo istituzionale deve agire sempre con senso di responsabilità.
Quando ci sono momenti difficili tutto il Paese deve saper rispondere, in modo coeso».
«Nei momenti difficili — ha sottolineato la seconda carica dello Stato nel corso di un convegno alla «Sapienza» di Roma — tutto il Paese deve saper rispondere e questo significa fare sistema e dimostrare anche agli altri Paesi che l’Italia non si tira indietro di fronte alle sue responsabilità».
L’Italia, ha proseguito, «è un grande Paese che ha risposto in tante fasi storiche alle sue responsabilità e lo farà anche in questo caso. Dobbiamo dare l’esempio e dimostrare che siamo un Paese coeso».
Pisapia: «Maroni si legga il Vangelo»
Nella polemica a distanza, sempre più accesa, si è inserito anche il sindaco di Milano:«Chi divide e fa demagogia non solo non aiuta ma dovrebbe forse vergognarsi», è stato il duro attacco di Giuliano Pisapia.
Che, sull’immigrazione, ha aggiunto: «È certamente un problema delicato e complesso che bisogna superare senza demagogia e populismo, ma cercando di unire le forze per dare una risposta all’emergenza».
Il primo cittadino ha anche minimizzato il diktat di Maroni sul taglio dei fondi: «Il presidente lombardo sa benissimo che non rientra nei suoi poteri quello che ha minacciato di fare».
Non solo. «Visto che è credente», Pisapia ha invitato l’ex ministro dell’Interno a «leggersi il Vangelo».
L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, ricorda però che nella città di Milano non ci sono più posti disponibili per i profughi: «Abbiamo ottocento letti strapieni.
Anche perché, mentre dal Viminale se ne fregano e ignorano lo sforzo della nostra città, da noi arrivano ogni giorno centinaia di persone spontaneamente. È impossibile quindi che il Prefetto ci chieda di accoglierne altre. Ci sono decine di città lombarde a cui si può bussare», dice Majorino.
8 giugno 2015 | 11:39
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA BOMBA STA PER ESPLODERE -2
La Boldrini mi ha deluso non poco. Confidavo nell’esperienza precedente come portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR, Regional Representation Southern Europe).
E poi per essere stata candidata da Sel.
Boldrini: «Paese sia coeso»
Al governatore lombardo ha risposto, a stretto giro, la presidente della Camera, Laura Boldrini: «Chi ha un ruolo istituzionale deve agire sempre con senso di responsabilità.
Quando ci sono momenti difficili tutto il Paese deve saper rispondere, in modo coeso».
Ecco appunto, Lei non sempre agisce con senso di responsabilità.
Quando ci sono momenti difficili tutto il Paese deve saper rispondere, in modo coeso».
Come può chiedere in questa fase che il Paese sia coeso ad una settimana dalle elezioni regionali???
Qualcuno crede ai miracoli???
Ebbene, questa volta volente o nolente ci deve credere.
Perché questa volta San Matteo La Qualunque ha fatto un grande miracolo collettivo.
Ha ridato la vista a 2.100.000 piddini che di conseguenza non lo hanno più votato.
Prima erano ciechi. Non vedevano le sue bufale da far arrossire Bufala Bill.
Non credo che esista una miracolo del genere. Di grandi dimensioni, nella storia della Chiesa Cattolica.
San Matteo La Qualunque l’ha fatto. E’ stato laicamente accertato.
Inoltre, nelle Regioni in cui si è votato il 48 % dei votanti non si è recato alle urne. Segno che sono stanchi delle sue supecazzole.
Tre giorni dopo scoppiava il caso del secondo filone di Mafia Capitale. Il procuratore Pignatone ha commesso una scorrettezza nei confronti degli italiani.
Ha reso noto il secondo filone tre giorni dopo la chiusura delle urne.
Cosa sarebbe successo se lo avesse reso noto a tempo debito?
Matteo La Qualunque dovrebbe girare con il sacchetto in testa come il figlio del gatto Silvestro quando si vergogna profondamente del padre.
Perché il noto La Qualunque avrebbe distrutto definitivamente il Pd.
La Boldrini mi ha deluso non poco. Confidavo nell’esperienza precedente come portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR, Regional Representation Southern Europe).
E poi per essere stata candidata da Sel.
Boldrini: «Paese sia coeso»
Al governatore lombardo ha risposto, a stretto giro, la presidente della Camera, Laura Boldrini: «Chi ha un ruolo istituzionale deve agire sempre con senso di responsabilità.
Quando ci sono momenti difficili tutto il Paese deve saper rispondere, in modo coeso».
Ecco appunto, Lei non sempre agisce con senso di responsabilità.
Quando ci sono momenti difficili tutto il Paese deve saper rispondere, in modo coeso».
Come può chiedere in questa fase che il Paese sia coeso ad una settimana dalle elezioni regionali???
Qualcuno crede ai miracoli???
Ebbene, questa volta volente o nolente ci deve credere.
Perché questa volta San Matteo La Qualunque ha fatto un grande miracolo collettivo.
Ha ridato la vista a 2.100.000 piddini che di conseguenza non lo hanno più votato.
Prima erano ciechi. Non vedevano le sue bufale da far arrossire Bufala Bill.
Non credo che esista una miracolo del genere. Di grandi dimensioni, nella storia della Chiesa Cattolica.
San Matteo La Qualunque l’ha fatto. E’ stato laicamente accertato.
Inoltre, nelle Regioni in cui si è votato il 48 % dei votanti non si è recato alle urne. Segno che sono stanchi delle sue supecazzole.
Tre giorni dopo scoppiava il caso del secondo filone di Mafia Capitale. Il procuratore Pignatone ha commesso una scorrettezza nei confronti degli italiani.
Ha reso noto il secondo filone tre giorni dopo la chiusura delle urne.
Cosa sarebbe successo se lo avesse reso noto a tempo debito?
Matteo La Qualunque dovrebbe girare con il sacchetto in testa come il figlio del gatto Silvestro quando si vergogna profondamente del padre.
Perché il noto La Qualunque avrebbe distrutto definitivamente il Pd.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA BOMBA STA PER ESPLODERE - 3
La propaganda é un cosa, la realtà sul terreno, un'altra.
L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, ricorda però che nella città di Milano non ci sono più posti disponibili per i profughi: «Abbiamo ottocento letti strapieni.
Anche perché, mentre dal Viminale se ne fregano e ignorano lo sforzo della nostra città, da noi arrivano ogni giorno centinaia di persone spontaneamente. È impossibile quindi che il Prefetto ci chieda di accoglierne altre. Ci sono decine di città lombarde a cui si può bussare», dice Majorino.
^^^^^
Pierfrancesco Majorino - Partito Democratico
http://www.partitodemocratico.it/utenti ... tm?id=3324
Pierfrancesco Majorino. Componente della Direzione nazionale. Consigliere Pd al comune di Milano. Si occupa in particolare dei temi connessi alla Cultura e .
non un legaiolo d'assalto.
Qualche giorno prima che scoppiasse la bomba Maroni:
Milano, il Comune sui profughi: "Qui non c'è più posto ...
milano.repubblica.it/cronaca/2015/06/05/news/profughi-116117639/
3 giorni fa - Una mossa a sorpresa dell'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino che ha deciso di lanciare un segnale forte al governo e al ..
La propaganda é un cosa, la realtà sul terreno, un'altra.
L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, ricorda però che nella città di Milano non ci sono più posti disponibili per i profughi: «Abbiamo ottocento letti strapieni.
Anche perché, mentre dal Viminale se ne fregano e ignorano lo sforzo della nostra città, da noi arrivano ogni giorno centinaia di persone spontaneamente. È impossibile quindi che il Prefetto ci chieda di accoglierne altre. Ci sono decine di città lombarde a cui si può bussare», dice Majorino.
^^^^^
Pierfrancesco Majorino - Partito Democratico
http://www.partitodemocratico.it/utenti ... tm?id=3324
Pierfrancesco Majorino. Componente della Direzione nazionale. Consigliere Pd al comune di Milano. Si occupa in particolare dei temi connessi alla Cultura e .
non un legaiolo d'assalto.
Qualche giorno prima che scoppiasse la bomba Maroni:
Milano, il Comune sui profughi: "Qui non c'è più posto ...
milano.repubblica.it/cronaca/2015/06/05/news/profughi-116117639/
3 giorni fa - Una mossa a sorpresa dell'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino che ha deciso di lanciare un segnale forte al governo e al ..
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA BOMBA STA PER ESPLODERE - 4
Ne stanno uscendo di tutte. Come ad esempio la propaganda post elettorale.
Ma che c’entra la propaganda post elettorale?
La Lega sta battendo il ferro già che è caldo.
Salvini si è candidato ufficialmente a premier (sai che roba!)
Renzi è in affanno. Ha troppi problemi da risolvere.
In questo modo diventerebbe il capo della destra, e visto che sia a destra che a sinistra tutti salgono sul carro del vincitore, stanno sfruttando il momento.
Anche perché il continuo arrivo di migranti non può che fare alzare la tensione a loro favore.
Déjà vu con Mussolini ed Hitler
Tanto che a Maroni non importa perdere la faccia.
Tanto che stamani, ad Agorà è stato mandato in onda una dichiarazione di quando Maroni era al posto di Alfano, e che i giornali riprendono oggi.
Migranti, quando Maroni predicava accoglienza
“Sindaci e Regioni accolgano 50mila clandestini”
Nel 2011, in piena emergenza Lampedusa, da capo del Viminale chiedeva solidarietà agli enti (video)
Oggi minaccia di tagliare i fondi a chi ospiterà richiedenti asilo. Renzi: “Guai causati da chi ora urla”
Politica
Da governatore minaccia di tagliare i fondi ai Comuni che accoglieranno i richiedenti asilo, ma nel 2011, in piena emergenza Lampedusa, da ministro dell'Interno chiedeva "solidarietà" agli enti locali. Secondo la Fondazione Leone Moressa, la Sicilia ospita 9 mila persone in più rispetto a quanti le spetterebbero "in base al rapporto tra la popolazione nazionale e quella regionale", criterio utilizzato per la redistribuzione delle presenze. La Lombardia ne ha 5.000 in meno
di Gianni Rosini | 8 giugno 2015
Video + articolo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... i/1757853/
Ne stanno uscendo di tutte. Come ad esempio la propaganda post elettorale.
Ma che c’entra la propaganda post elettorale?
La Lega sta battendo il ferro già che è caldo.
Salvini si è candidato ufficialmente a premier (sai che roba!)
Renzi è in affanno. Ha troppi problemi da risolvere.
In questo modo diventerebbe il capo della destra, e visto che sia a destra che a sinistra tutti salgono sul carro del vincitore, stanno sfruttando il momento.
Anche perché il continuo arrivo di migranti non può che fare alzare la tensione a loro favore.
Déjà vu con Mussolini ed Hitler
Tanto che a Maroni non importa perdere la faccia.
Tanto che stamani, ad Agorà è stato mandato in onda una dichiarazione di quando Maroni era al posto di Alfano, e che i giornali riprendono oggi.
Migranti, quando Maroni predicava accoglienza
“Sindaci e Regioni accolgano 50mila clandestini”
Nel 2011, in piena emergenza Lampedusa, da capo del Viminale chiedeva solidarietà agli enti (video)
Oggi minaccia di tagliare i fondi a chi ospiterà richiedenti asilo. Renzi: “Guai causati da chi ora urla”
Politica
Da governatore minaccia di tagliare i fondi ai Comuni che accoglieranno i richiedenti asilo, ma nel 2011, in piena emergenza Lampedusa, da ministro dell'Interno chiedeva "solidarietà" agli enti locali. Secondo la Fondazione Leone Moressa, la Sicilia ospita 9 mila persone in più rispetto a quanti le spetterebbero "in base al rapporto tra la popolazione nazionale e quella regionale", criterio utilizzato per la redistribuzione delle presenze. La Lombardia ne ha 5.000 in meno
di Gianni Rosini | 8 giugno 2015
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Re: Diario della caduta di un regime.
La vox populi
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frantic • 36 minuti fa
Frenzi Poppins verrà spazzato via.
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Federico Meloni • 36 minuti fa
il business dei migranti gli si sta rivoltando contro, questo è
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Ronny • 37 minuti fa
La differenza è che almeno quando c'erano al governo loro hanno cercato di risolvere il problema tenendo i profughi in Africa con accordi con Gheddafi. Ci erano riusciti. Al pd e all'occidente non stava bene che il flusso fosse fermato (come crei tensione in italia se no?) e si sono inventati la guerra a tradimento a Gheddafi. Il Pd era in prima a fila a dire che B era connivente con gheddafi se non partecipava alla guerra (poi decisa di imperio da Napolitano (pc pds pd). E quindi l'implosione in libia con il traffico che è ripreso. E adesso hanno il coraggio di dire che è colpa di Maroni? C'erto è colapa di Maroni come è vero che il problema degli esodati era inesistente. Sono un branco di ladri di incompetenti e bugiardi quelli del PD.
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frantic • 36 minuti fa
Frenzi Poppins verrà spazzato via.
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Federico Meloni • 36 minuti fa
il business dei migranti gli si sta rivoltando contro, questo è
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Ronny • 37 minuti fa
La differenza è che almeno quando c'erano al governo loro hanno cercato di risolvere il problema tenendo i profughi in Africa con accordi con Gheddafi. Ci erano riusciti. Al pd e all'occidente non stava bene che il flusso fosse fermato (come crei tensione in italia se no?) e si sono inventati la guerra a tradimento a Gheddafi. Il Pd era in prima a fila a dire che B era connivente con gheddafi se non partecipava alla guerra (poi decisa di imperio da Napolitano (pc pds pd). E quindi l'implosione in libia con il traffico che è ripreso. E adesso hanno il coraggio di dire che è colpa di Maroni? C'erto è colapa di Maroni come è vero che il problema degli esodati era inesistente. Sono un branco di ladri di incompetenti e bugiardi quelli del PD.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA BOMBA STA PER ESPLODERE - 5
Ad alimentare lo scontro per il mantenimento della “carega” come dicono gli amici veneti, o della “cadrega” come usano i lombardi, o in italiano, la “poltrona”, ci ha pensato bene di intromettersi Laura Puppato che corre in difesa di Renzie.
PS. Spero che l'amico pancho possa leggerlo per rendersi conto di quanto è caduto in basso il Pd veneto.
Ma una volta la Puppato non si spacciava di sinistra???
POLITICA
..............la Lega parla mentre il governo prova a risolvere il problema
Il governo che prova a risolvere il problema???????????????
Siamo tornati al Minculpop???????????????
POLITICA
Migranti: Maroni più realista del Re, POLITICA
Migranti: Maroni più realista del Re, la Lega parla mentre il governo prova a risolvere il problema
di Laura Puppato | 8 giugno 2015
L’immigrazione è stato certamente uno dei cavalli principali della Lega Nord nell’ultima campagna elettorale. Una tematica che ha sicuramente portato a una crescita forte del consenso, ma trattata sempre in maniera banale e senza offrire alcuna via d’uscita. Al di là di slogan e hashtag semplici da utilizzare, vi è una complessità del problema che chi governa non può sottovalutare. Facile quindi parlare di ruspe e respingimenti, specie da parte di chi non dovrà poi rendere conto di quanto dice, non governando, ma qual è la situazione che Salvini&Co. vorrebbero risolvere con le ruspe?
La Libia, oggi è un paese in preda all’anarchia, con due pseudo-governi nemici tra loro – e riconosciuti da stati diversi della comunità internazionale -, nonché 17 tribù armate presenti da sempre, ma mai considerate dalla diplomazia, nonché l’Isis che avanza. E’ stata lasciata completamente a se stessa nel dopo Gheddafi ed è imbarazzante che Unione Europea e Usa non sappiano che pesci pigliare dopo aver contribuito a sconvolgere ogni equilibrio, per quanto costruito sulla forza, in un Paese di rilevante valore geopolitico e ricchissimo di materie prime.
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Se la politica internazionale può assomigliare ad una partita a scacchi, dove ogni mossa deve prevedere almeno le prossime tre, abbiamo un giocatore in panchina, l’unico mediatore internazionale riconosciuto e anzi richiesto dalle tribù libiche, che dovremo tirar fuori. È italiano, si chiama Prodi, che nel gioco arabo degli scacchi si sa muovere e conosce alla perfezione la mossa del cavallo. Federica Mogherini e Romano Prodi, ciascuno nel suo ruolo, potrebbero essere l’Italia che risolve i problemi del Mediterraneo e, quindi, i nostri.
O si parte da questo assunto, essendo noi il Paese più coinvolto e danneggiato dalla crisi libica o dovremo assistere sempre più preoccupati agli arrivi in massa e alle esternazioni becere dei Maroni e Zaia di turno, pronti a sfruttare le paure più ancestrali come lupi che ululano alla luna.
Condivido in pieno le parole di Matteo Renzi che ha accusato la Ue di non fare ancora abbastanza, nonostante questo governo sia il primo ad aver posto il problema a Bruxelles costringendo Commissione e Parlamento a parlarne e a fare i primi passi. Ancor di più condivido l’accusa a Roberto Maroni che si ritrova nel ruolo tragicomico di minaccioso presidente di regione e di ex ministro corresponsabile del disastro e delle quote regionali. Poi ci sono i sindaci, vere prime linee del Paese, come Gori a Bergamo, minacciati dal vedersi tagliare i fondi regionali per il solo fatto di accollarsi l’onere di una corretta gestione dell’emergenza profughi. Improponibile l’affermazione di Maroni non solo perché passibile di denuncia, ma perché rovescia il buon senso comune che vede le più meritevoli e responsabili tra le istituzioni oggetto persino di discrimine dichiarata. Un abuso? No una vera oscenità politica e giuridica, tanto più se nasce dalle colpe del Maroni-ministro.
C’è però una differenza tra il primo Maroni e quello attuale: il ministro Maroni era uno dei leader della Lega, il Governatore Maroni è stato invece accantonato e persino criticato dal Salvini-padrone, per cui ora prova a tornare in posizione diventando più realista del Re, più salviniano dello stesso Salvini. Sicuramente la soluzione del problema delle migrazioni non è nell’usarle per la propria personale carriera politica, cavalcando pericolose tigri del malcontento.
C’è soprattutto un abisso tra la complessità della situazione internazionale, che chiede ai governi una diplomazia complicata e in punta di fioretto, e l’assurdo ululare senza soluzioni offerte dalle opposizioni in Italia, che non vanno oltre le ruspe e l’affondamento di barconi carichi di disperati. Sono le soluzioni offerte da chi sa che non dovrà mai rendere conto delle proprie dichiarazioni, preoccupato solo di trovare una poltrona in qualche Regione o città, ma senza una visione di presente e di futuro. Poltiglia politica più che classe politica.
E’ un lusso che chi governa non può permettersi, perché chi governa deve assumersi la responsabilità di risolvere davvero il problema, suddividendo l’onere come si sta facendo tra mille difficoltà. Obbligatorio rimanere uniti come paese nel frattempo, per essere credibili sui tavoli internazionali, ma qui i “pedoni” sono decisamente troppi e non gli si può chiedere una statura che non c’è.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... a/1757808/
Ad alimentare lo scontro per il mantenimento della “carega” come dicono gli amici veneti, o della “cadrega” come usano i lombardi, o in italiano, la “poltrona”, ci ha pensato bene di intromettersi Laura Puppato che corre in difesa di Renzie.
PS. Spero che l'amico pancho possa leggerlo per rendersi conto di quanto è caduto in basso il Pd veneto.
Ma una volta la Puppato non si spacciava di sinistra???
POLITICA
..............la Lega parla mentre il governo prova a risolvere il problema
Il governo che prova a risolvere il problema???????????????
Siamo tornati al Minculpop???????????????
POLITICA
Migranti: Maroni più realista del Re, POLITICA
Migranti: Maroni più realista del Re, la Lega parla mentre il governo prova a risolvere il problema
di Laura Puppato | 8 giugno 2015
L’immigrazione è stato certamente uno dei cavalli principali della Lega Nord nell’ultima campagna elettorale. Una tematica che ha sicuramente portato a una crescita forte del consenso, ma trattata sempre in maniera banale e senza offrire alcuna via d’uscita. Al di là di slogan e hashtag semplici da utilizzare, vi è una complessità del problema che chi governa non può sottovalutare. Facile quindi parlare di ruspe e respingimenti, specie da parte di chi non dovrà poi rendere conto di quanto dice, non governando, ma qual è la situazione che Salvini&Co. vorrebbero risolvere con le ruspe?
La Libia, oggi è un paese in preda all’anarchia, con due pseudo-governi nemici tra loro – e riconosciuti da stati diversi della comunità internazionale -, nonché 17 tribù armate presenti da sempre, ma mai considerate dalla diplomazia, nonché l’Isis che avanza. E’ stata lasciata completamente a se stessa nel dopo Gheddafi ed è imbarazzante che Unione Europea e Usa non sappiano che pesci pigliare dopo aver contribuito a sconvolgere ogni equilibrio, per quanto costruito sulla forza, in un Paese di rilevante valore geopolitico e ricchissimo di materie prime.
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Se la politica internazionale può assomigliare ad una partita a scacchi, dove ogni mossa deve prevedere almeno le prossime tre, abbiamo un giocatore in panchina, l’unico mediatore internazionale riconosciuto e anzi richiesto dalle tribù libiche, che dovremo tirar fuori. È italiano, si chiama Prodi, che nel gioco arabo degli scacchi si sa muovere e conosce alla perfezione la mossa del cavallo. Federica Mogherini e Romano Prodi, ciascuno nel suo ruolo, potrebbero essere l’Italia che risolve i problemi del Mediterraneo e, quindi, i nostri.
O si parte da questo assunto, essendo noi il Paese più coinvolto e danneggiato dalla crisi libica o dovremo assistere sempre più preoccupati agli arrivi in massa e alle esternazioni becere dei Maroni e Zaia di turno, pronti a sfruttare le paure più ancestrali come lupi che ululano alla luna.
Condivido in pieno le parole di Matteo Renzi che ha accusato la Ue di non fare ancora abbastanza, nonostante questo governo sia il primo ad aver posto il problema a Bruxelles costringendo Commissione e Parlamento a parlarne e a fare i primi passi. Ancor di più condivido l’accusa a Roberto Maroni che si ritrova nel ruolo tragicomico di minaccioso presidente di regione e di ex ministro corresponsabile del disastro e delle quote regionali. Poi ci sono i sindaci, vere prime linee del Paese, come Gori a Bergamo, minacciati dal vedersi tagliare i fondi regionali per il solo fatto di accollarsi l’onere di una corretta gestione dell’emergenza profughi. Improponibile l’affermazione di Maroni non solo perché passibile di denuncia, ma perché rovescia il buon senso comune che vede le più meritevoli e responsabili tra le istituzioni oggetto persino di discrimine dichiarata. Un abuso? No una vera oscenità politica e giuridica, tanto più se nasce dalle colpe del Maroni-ministro.
C’è però una differenza tra il primo Maroni e quello attuale: il ministro Maroni era uno dei leader della Lega, il Governatore Maroni è stato invece accantonato e persino criticato dal Salvini-padrone, per cui ora prova a tornare in posizione diventando più realista del Re, più salviniano dello stesso Salvini. Sicuramente la soluzione del problema delle migrazioni non è nell’usarle per la propria personale carriera politica, cavalcando pericolose tigri del malcontento.
C’è soprattutto un abisso tra la complessità della situazione internazionale, che chiede ai governi una diplomazia complicata e in punta di fioretto, e l’assurdo ululare senza soluzioni offerte dalle opposizioni in Italia, che non vanno oltre le ruspe e l’affondamento di barconi carichi di disperati. Sono le soluzioni offerte da chi sa che non dovrà mai rendere conto delle proprie dichiarazioni, preoccupato solo di trovare una poltrona in qualche Regione o città, ma senza una visione di presente e di futuro. Poltiglia politica più che classe politica.
E’ un lusso che chi governa non può permettersi, perché chi governa deve assumersi la responsabilità di risolvere davvero il problema, suddividendo l’onere come si sta facendo tra mille difficoltà. Obbligatorio rimanere uniti come paese nel frattempo, per essere credibili sui tavoli internazionali, ma qui i “pedoni” sono decisamente troppi e non gli si può chiedere una statura che non c’è.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... a/1757808/
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA BOMBA STA PER ESPLODERE - 6
Per tradizione gli italiani saltano sul carro del vincitore. Per 16 mesi La Qualunque non ha avuto avversari degni di questo nome che potessero contrastarlo. Silvietto ha imboccato il Sunset Boulevard, e sa che questa volta deve cedere lo scettro al giovane felpato.
Lo sanno bene anche i suoi che vogliono rimanere sulla cresta dell’onda.
Matteo La Qualunque deve quindi guardarsi per la prima volta da un avversario che sostiene di volersi sedere al suo posto a Palazzo Chigi.
Sottovalutarlo è da imprudenti.
Matteo Salvini, classe 1973 – 42 anni
Matteo Renzi, classe 1975 – 40 anni
sono cresciuti entrambi nell’ultimo ventennio con lo stesso modello. Il Caimano.
Ed entrambi si comportano da Caimanini ancora più spregiudicati e famelici di potere del profeta Hardcoriano.
Almeno Silvietto lo ha fatto per salvare se stesso dal gabbio e le sue aziende dal fallimento.
I Caimanini invece sono più pericolosi perché lo fanno solo per il potere.
Ed è per questo che intervistato da Marco Damilano per L’Espresso, Letta nipote consiglia Renzi così:
DOPO LE REGIONALI
Enrico Letta: «Attento Matteo la bolla è finita»
Dopo le delusioni elettorali bisogna cambiare strada. Il sindaco d’Italia è un modello pericoloso. E ora Renzi pensi più all’economia e meno al potere. Parla l’ex premier
DI MARCO DAMILANO
04 giugno 2015
0
La narrazione, o come si dice ora, lo storytelling, quando è esasperata, genera tra gli elettori rapida frustrazione e delusione, che alimenta i populismi, il grillismo. È uno stacco dalla realtà. Può servire per fare un salto in avanti, ma poi si torna alla sostanza. Basta con la storia che tutto è comunicazione, vanno almeno invertiti i pesi, nove la sostanza e uno il racconto, non il contrario». L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha seguito il dibattito sul dopo-elezioni regionali a Parigi, dove si prepara a dirigere la scuola d’affari internazionali di Sciences Po. Si appresta a lasciare il Parlamento, ma legge con partecipazione lo scontro nel Pd dopo la sconfitta in Liguria, il successo della Lega e del Movimento 5 Stelle. E il primo stop nella irresistibile ascesa di Matteo Renzi. «L’errore più grande è il modello del sindaco d’Italia che si sta costruendo con la riforma costituzionale. Io dico: cambiamo strada. Il sistema non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia».
Lei ha detto che la comunicazione di Renzi è come il metadone, droga la realtà. Il voto regionale è un risveglio?
«Nell’ultimo anno abbiamo vissuto in una bolla. È stato l’effetto di un risultato assolutamente straordinario, il 40,8 raccolto dal Pd alle elezioni europee del 2014. Il Pd al quaranta per cento e il Movimento 5 Stelle irrilevante: siamo rimasti bloccati su questa lettura superficiale in questi mesi di grande conformismo. Si è ripetuto che il governo di Renzi aveva sgonfiato Grillo. Oggi ci siamo accorti che M5S è presente, per la prima volta in un voto regionale. Un anno fa Beppe Grillo voleva vincere, aveva provato a trasformare il voto europeo in un voto politico per diventare il primo partito superando il Pd e valutò come una sconfitta il 22 per cento. Invece era un risultato importante. Le elezioni regionali hanno confermato che la forza elettorale del movimento di Grillo è un dato strutturale, non episodico. L’altra lezione del voto è che non si può fare tutto da soli. Può esserci un innamoramento per una leadership forte. Nel 1994 dopo due mesi di governo Silvio Berlusconi alle elezioni europee prese il trenta per cento da solo. Ma sono fenomeni temporanei».
Sta dicendo che l’innamoramento degli italiani per Renzi è già finito?
«No. E spero soprattutto che non sia finita la centralità del Pd di Renzi, per il bene del Paese. Ma deve essere usata per cogliere la grande occasione della crescita, non per accrescere il potere. Guardi i prossimi mesi. L’Italia è di fronte a cinque grandi opportunità. Due sono gli eventi che porteranno da noi milioni di persone, l’Expo di Milano e il Giubileo. Di altre due chance dobbiamo ringraziare il presidentedella Bce Mario Draghi: il cambio favorevole tra l’euro e il dollaro, i tassi di interesse al minimo storico. La quinta possibilità ci è data dall’abbassamento del prezzo del petrolio che avvantaggia l’Italia e la Germania. È un combinato disposto di condizioni fortunate, irripetibile. Chi ha governato negli anni passati si è quasi sempre trovato in situazioni opposte. Chi governa l’Italia oggi, invece di pensare a come accumulare ancora più potere, invece di farsi approvare la legge elettorale da solo, deve concentrarsi esclusivamente su cogliere i fattori favorevoli alla ripresa. Ora Renzi deve cambiare passo. È il momento di chiudere con la spigolosità di questi mesi, smettere di dividere, provare a unire».
Nel dna di Renzi c’è l’opposto: non perdere tempo in mediazioni, decidere.
«Anch’io penso che debba venire il momento della decisione. Ma l’Italia è un paese complesso, in cui non si sfugge dalla necessità di unire. La scorciatoia di dare tutto il potere in mano a una sola persona può affascinare in un periodo, ma poi non funziona. Bisogna fare le coalizioni. Giovanni Toti in Liguria è stato bravo a unire il centrodestra. E dopo aver unito bisogna avere la pazienza di lavorare di ago, filo e cacciavite e non con il bulldozer».
Cos’è, la rivincita del cacciavite? Il renziano Roberto Giachetti ha detto che lei non vede l’ora di vendicarsi da quando Renzi l’ha estromesso da Palazzo Chigi...
«Non polemizzo con lui e con altri...».
La sconfitta in Liguria è una battuta d’arresto nel progetto del partito della Nazione di Renzi, aperto ai moderati?
«Non so bene cosa sia successo in Liguria. E non ho mai capito bene cosa fosse l’idea renziana del partito della Nazione. Ma mi ha colpito all’indomani del voto l’insufficienza dell’analisi del risultato. Ripetere, come si è fatto in questi giorni, che il Pd ha vinto ovunque e che in Liguria il Pd ha perso per colpa di Pastorino è una risposta clamorosamente insufficiente, banalizzante. Dare la colpa a qualcun altro delle sconfitte conduce a analisi sbagliate. Io non sono nato imparato, come si dice, e se c’è una lezione che ho appreso dai miei maestri di politica è che l’elettore ha sempre ragione e va ascoltato, mai colpevolizzato».
In “Andare insieme, andare lontano” lei scrive che nei partiti di Renzi, Grillo, Salvini e Berlusconi i dirigenti sono «ridotti a staff, se va bene. Figuranti, se va male». Per questo il Pd fatica a analizzare il voto?
«È uno dei motivi, non l’unico. Il Pd, oggi, è un partito iper-personalizzato».
Nel 2014 il Pd aveva preso il 37 per cento in Veneto, oggi è di nuovo al 22. Torna una questione settentrionale per il Pd?
«Quello del Veneto è un risultato che non mi ha stupito. Si è molto sottovalutata nelle analisi la sintonia profonda tra il presidente Zaia e la sua terra. Zaia parla poco, non è un personaggio mediatico, ma sa interpretare la sua gente e la sua regione. Quando ero al governo non c’è mai stata tra noi una polemica fuori posto o una scorrettezza. Anche Flavio Tosi l’ha sottovalutato. Non è un volto del salvinismo, è un’altra storia. I veneti hanno votato per lui, non per la Lega».
Cos’è la Lega di Salvini? Un voto contro l’Europa, come Marine Le Pen in Francia?
«Il tema dell’uscita dall’euro è secondario, su tutto predomina la questione dell’immigrazione. È comprensibile che il risultato di Salvini sia stato così forte data la drammaticità di una situazione eccezionale, destinata ad aggravarsi nelle prossime settimane con l’aumento degli sbarchi. L’emergenza è figlia di una cattiva gestione europea del fenomeno. La Commissione Ue e l’Unione non riescono a prendere di petto la questione. Francia e Gran Bretagna, in particolare, non si assumono in pieno le loro responsabilità, eppure sono stati i principali artefici della guerra in Libia da cui è cominciato tutto. Sulla Libia è stato un errore non avere utilizzato la straordinaria competenza di Romano Prodi. Sull’immigrazione, non può essere un tema lasciato ai singoli governanti nazionali che hanno in tasca i sondaggi negativi, va affrontato da un’autorità europea sovranazionale. Altrimenti i partiti populisti che vogliono distruggere l’Europa continueranno ad approfittarne per dimostrare che quell’Europa da cui vogliono andare via non fa abbastanza. In Italia Salvini vince perché racconta ogni giorno di un’invasione di clandestini che non c’è. E perché dall’altra parte si cerca di scantonare rispetto a un tema scomodo, non si mette la faccia. Noi dobbiamo raccontare in positivo quello che stiamo facendo: accogliamo persone in fuga applicando l’articolo 10 della nostra Costituzione che recita, testualmente: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”».
La Lega si nutre della crisi dell’Europa. Voci storiche dell’europeismo lanciano l’allarme. Prodi parla di pericolo disgregazione per l’Ue.
«Condivido l’allarme di Prodi. E anch’io sono molto preoccupato. In tutti i sondaggi nazionali gli euro-scettici o gli anti-europeisti superano gli euro-entusiasti. E c’è il rischio di una doppia uscita, il Brexit e il Grexit, l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue e della Grecia dall’euro».
Sono possibilità concrete?
«Sono stato due volte in visita in Grecia negli ultimi mesi. Ho incontrato esponenti del mondo politico e economico. Mentre in tutta Europa lo sport del momento è attaccare Tsipras e Varoufakis, in Grecia se si votasse oggi Syriza doppierebbe l’opposizione. Non credo che l’uscita della Grecia dall’euro sia una prospettiva realistica, ma il mio timore è che ci si avviti in una spirale di ultimatum, rilanci, accordi di basso profilo. E io invece penso che, come dicono gli inglesi, when in trouble go big, quando sei in difficoltà pensa in grande. Sull’Europa serve una grande proposta, non infilarsi in una serie di negoziati infiniti che non risolvono nulla. E l’unico progetto possibile è accelerare sull’idea dell’Europa a doppia velocità. Da un lato l’unione dei 28 paesi senza vincoli federali, dall’altro l’unione dei paesi dell’area euro in cui si accentuino i vincoli politici. A questo proposito ho visto il documento del governo italiano in vista del vertice europeo di giugno, è tra i migliori ed è più ambizioso di quello franco-tedesco».
È il suo primo riconoscimento per Renzi...
«Non ho nessuna opinione preconcetta su di lui. Quando fa bene lo appoggio. Ha fatto bene sull’Europa, sulle banche popolari, sulle pensioni».
Qual è l’errore più grande di Renzi?
«Il sistema istituzionale che sta costruendo. Fondato sul modello del sindaco d’Italia. Un doppio errore. Si dà ai cittadini l’illusione che basti affidare tutto a una sola persona per risolvere i problemi del Paese. Non è così: un sistema ben funzionante si fonda su pesi e contrappesi. Cosa sarebbe successo in Italia se nel 2001 o nel 2008 ci fossero stati l’Italicum e il Senato della riforma costituzionale voluta da Renzi? Berlusconi avrebbe governato da solo, senza contrappesi né politici né istituzionali: non sarebbe stato costretto a cercare quei compromessi con gli altri partiti della sua maggioranza che hanno permesso di evitare danni peggiori. Il secondo errore è di prospettiva. Il sindaco d’Italia è un modello costruito a immagine e somiglianza di chi l’ha voluto, pensando a se stesso. Ma non vorrei che, come è avvenuto per altre leggi elettorali, si pensi a una riforma con la sicurezza di esserne i beneficiari e invece poi arrivino altri ad approfittarne. Il Movimento 5 Stelle non scomparirà. Non vorrei che un giorno scoprissimo che sindaco d’Italia, invece di Renzi, è stato eletto Luigi Di Maio».
Preoccupazioni fuori tempo massimo. L’Italicum è stato già approvato, senza il suo voto. Pensa che vada bloccata la riforma costituzionale in arrivo al Senato?
«Io dico: bisogna ripensare il percorso costituzionale. Il sistema che stiamo costruendo non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia. Il modello sindaco d’Italia va bene per i Comuni, ma in chiave nazionale l’unico paese che ha un sistema simile è la Francia, con l’elezione diretta del presidente, e non funziona più neppure lì. Nel 2002 Jacques Chirac andò al ballottaggio contro Jean Marie Le Pen e nel secondo turno gli elettori di destra e di sinistra si unirono per votare per il presidente uscente. Oggi non sarebbe più così. Chi oggi avesse la tentazione di trasformare le elezioni in un referendum pro o contro se stesso domani rischierebbe di perderlo».
http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... a-1.215452
Per tradizione gli italiani saltano sul carro del vincitore. Per 16 mesi La Qualunque non ha avuto avversari degni di questo nome che potessero contrastarlo. Silvietto ha imboccato il Sunset Boulevard, e sa che questa volta deve cedere lo scettro al giovane felpato.
Lo sanno bene anche i suoi che vogliono rimanere sulla cresta dell’onda.
Matteo La Qualunque deve quindi guardarsi per la prima volta da un avversario che sostiene di volersi sedere al suo posto a Palazzo Chigi.
Sottovalutarlo è da imprudenti.
Matteo Salvini, classe 1973 – 42 anni
Matteo Renzi, classe 1975 – 40 anni
sono cresciuti entrambi nell’ultimo ventennio con lo stesso modello. Il Caimano.
Ed entrambi si comportano da Caimanini ancora più spregiudicati e famelici di potere del profeta Hardcoriano.
Almeno Silvietto lo ha fatto per salvare se stesso dal gabbio e le sue aziende dal fallimento.
I Caimanini invece sono più pericolosi perché lo fanno solo per il potere.
Ed è per questo che intervistato da Marco Damilano per L’Espresso, Letta nipote consiglia Renzi così:
DOPO LE REGIONALI
Enrico Letta: «Attento Matteo la bolla è finita»
Dopo le delusioni elettorali bisogna cambiare strada. Il sindaco d’Italia è un modello pericoloso. E ora Renzi pensi più all’economia e meno al potere. Parla l’ex premier
DI MARCO DAMILANO
04 giugno 2015
0
La narrazione, o come si dice ora, lo storytelling, quando è esasperata, genera tra gli elettori rapida frustrazione e delusione, che alimenta i populismi, il grillismo. È uno stacco dalla realtà. Può servire per fare un salto in avanti, ma poi si torna alla sostanza. Basta con la storia che tutto è comunicazione, vanno almeno invertiti i pesi, nove la sostanza e uno il racconto, non il contrario». L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha seguito il dibattito sul dopo-elezioni regionali a Parigi, dove si prepara a dirigere la scuola d’affari internazionali di Sciences Po. Si appresta a lasciare il Parlamento, ma legge con partecipazione lo scontro nel Pd dopo la sconfitta in Liguria, il successo della Lega e del Movimento 5 Stelle. E il primo stop nella irresistibile ascesa di Matteo Renzi. «L’errore più grande è il modello del sindaco d’Italia che si sta costruendo con la riforma costituzionale. Io dico: cambiamo strada. Il sistema non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia».
Lei ha detto che la comunicazione di Renzi è come il metadone, droga la realtà. Il voto regionale è un risveglio?
«Nell’ultimo anno abbiamo vissuto in una bolla. È stato l’effetto di un risultato assolutamente straordinario, il 40,8 raccolto dal Pd alle elezioni europee del 2014. Il Pd al quaranta per cento e il Movimento 5 Stelle irrilevante: siamo rimasti bloccati su questa lettura superficiale in questi mesi di grande conformismo. Si è ripetuto che il governo di Renzi aveva sgonfiato Grillo. Oggi ci siamo accorti che M5S è presente, per la prima volta in un voto regionale. Un anno fa Beppe Grillo voleva vincere, aveva provato a trasformare il voto europeo in un voto politico per diventare il primo partito superando il Pd e valutò come una sconfitta il 22 per cento. Invece era un risultato importante. Le elezioni regionali hanno confermato che la forza elettorale del movimento di Grillo è un dato strutturale, non episodico. L’altra lezione del voto è che non si può fare tutto da soli. Può esserci un innamoramento per una leadership forte. Nel 1994 dopo due mesi di governo Silvio Berlusconi alle elezioni europee prese il trenta per cento da solo. Ma sono fenomeni temporanei».
Sta dicendo che l’innamoramento degli italiani per Renzi è già finito?
«No. E spero soprattutto che non sia finita la centralità del Pd di Renzi, per il bene del Paese. Ma deve essere usata per cogliere la grande occasione della crescita, non per accrescere il potere. Guardi i prossimi mesi. L’Italia è di fronte a cinque grandi opportunità. Due sono gli eventi che porteranno da noi milioni di persone, l’Expo di Milano e il Giubileo. Di altre due chance dobbiamo ringraziare il presidentedella Bce Mario Draghi: il cambio favorevole tra l’euro e il dollaro, i tassi di interesse al minimo storico. La quinta possibilità ci è data dall’abbassamento del prezzo del petrolio che avvantaggia l’Italia e la Germania. È un combinato disposto di condizioni fortunate, irripetibile. Chi ha governato negli anni passati si è quasi sempre trovato in situazioni opposte. Chi governa l’Italia oggi, invece di pensare a come accumulare ancora più potere, invece di farsi approvare la legge elettorale da solo, deve concentrarsi esclusivamente su cogliere i fattori favorevoli alla ripresa. Ora Renzi deve cambiare passo. È il momento di chiudere con la spigolosità di questi mesi, smettere di dividere, provare a unire».
Nel dna di Renzi c’è l’opposto: non perdere tempo in mediazioni, decidere.
«Anch’io penso che debba venire il momento della decisione. Ma l’Italia è un paese complesso, in cui non si sfugge dalla necessità di unire. La scorciatoia di dare tutto il potere in mano a una sola persona può affascinare in un periodo, ma poi non funziona. Bisogna fare le coalizioni. Giovanni Toti in Liguria è stato bravo a unire il centrodestra. E dopo aver unito bisogna avere la pazienza di lavorare di ago, filo e cacciavite e non con il bulldozer».
Cos’è, la rivincita del cacciavite? Il renziano Roberto Giachetti ha detto che lei non vede l’ora di vendicarsi da quando Renzi l’ha estromesso da Palazzo Chigi...
«Non polemizzo con lui e con altri...».
La sconfitta in Liguria è una battuta d’arresto nel progetto del partito della Nazione di Renzi, aperto ai moderati?
«Non so bene cosa sia successo in Liguria. E non ho mai capito bene cosa fosse l’idea renziana del partito della Nazione. Ma mi ha colpito all’indomani del voto l’insufficienza dell’analisi del risultato. Ripetere, come si è fatto in questi giorni, che il Pd ha vinto ovunque e che in Liguria il Pd ha perso per colpa di Pastorino è una risposta clamorosamente insufficiente, banalizzante. Dare la colpa a qualcun altro delle sconfitte conduce a analisi sbagliate. Io non sono nato imparato, come si dice, e se c’è una lezione che ho appreso dai miei maestri di politica è che l’elettore ha sempre ragione e va ascoltato, mai colpevolizzato».
In “Andare insieme, andare lontano” lei scrive che nei partiti di Renzi, Grillo, Salvini e Berlusconi i dirigenti sono «ridotti a staff, se va bene. Figuranti, se va male». Per questo il Pd fatica a analizzare il voto?
«È uno dei motivi, non l’unico. Il Pd, oggi, è un partito iper-personalizzato».
Nel 2014 il Pd aveva preso il 37 per cento in Veneto, oggi è di nuovo al 22. Torna una questione settentrionale per il Pd?
«Quello del Veneto è un risultato che non mi ha stupito. Si è molto sottovalutata nelle analisi la sintonia profonda tra il presidente Zaia e la sua terra. Zaia parla poco, non è un personaggio mediatico, ma sa interpretare la sua gente e la sua regione. Quando ero al governo non c’è mai stata tra noi una polemica fuori posto o una scorrettezza. Anche Flavio Tosi l’ha sottovalutato. Non è un volto del salvinismo, è un’altra storia. I veneti hanno votato per lui, non per la Lega».
Cos’è la Lega di Salvini? Un voto contro l’Europa, come Marine Le Pen in Francia?
«Il tema dell’uscita dall’euro è secondario, su tutto predomina la questione dell’immigrazione. È comprensibile che il risultato di Salvini sia stato così forte data la drammaticità di una situazione eccezionale, destinata ad aggravarsi nelle prossime settimane con l’aumento degli sbarchi. L’emergenza è figlia di una cattiva gestione europea del fenomeno. La Commissione Ue e l’Unione non riescono a prendere di petto la questione. Francia e Gran Bretagna, in particolare, non si assumono in pieno le loro responsabilità, eppure sono stati i principali artefici della guerra in Libia da cui è cominciato tutto. Sulla Libia è stato un errore non avere utilizzato la straordinaria competenza di Romano Prodi. Sull’immigrazione, non può essere un tema lasciato ai singoli governanti nazionali che hanno in tasca i sondaggi negativi, va affrontato da un’autorità europea sovranazionale. Altrimenti i partiti populisti che vogliono distruggere l’Europa continueranno ad approfittarne per dimostrare che quell’Europa da cui vogliono andare via non fa abbastanza. In Italia Salvini vince perché racconta ogni giorno di un’invasione di clandestini che non c’è. E perché dall’altra parte si cerca di scantonare rispetto a un tema scomodo, non si mette la faccia. Noi dobbiamo raccontare in positivo quello che stiamo facendo: accogliamo persone in fuga applicando l’articolo 10 della nostra Costituzione che recita, testualmente: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”».
La Lega si nutre della crisi dell’Europa. Voci storiche dell’europeismo lanciano l’allarme. Prodi parla di pericolo disgregazione per l’Ue.
«Condivido l’allarme di Prodi. E anch’io sono molto preoccupato. In tutti i sondaggi nazionali gli euro-scettici o gli anti-europeisti superano gli euro-entusiasti. E c’è il rischio di una doppia uscita, il Brexit e il Grexit, l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue e della Grecia dall’euro».
Sono possibilità concrete?
«Sono stato due volte in visita in Grecia negli ultimi mesi. Ho incontrato esponenti del mondo politico e economico. Mentre in tutta Europa lo sport del momento è attaccare Tsipras e Varoufakis, in Grecia se si votasse oggi Syriza doppierebbe l’opposizione. Non credo che l’uscita della Grecia dall’euro sia una prospettiva realistica, ma il mio timore è che ci si avviti in una spirale di ultimatum, rilanci, accordi di basso profilo. E io invece penso che, come dicono gli inglesi, when in trouble go big, quando sei in difficoltà pensa in grande. Sull’Europa serve una grande proposta, non infilarsi in una serie di negoziati infiniti che non risolvono nulla. E l’unico progetto possibile è accelerare sull’idea dell’Europa a doppia velocità. Da un lato l’unione dei 28 paesi senza vincoli federali, dall’altro l’unione dei paesi dell’area euro in cui si accentuino i vincoli politici. A questo proposito ho visto il documento del governo italiano in vista del vertice europeo di giugno, è tra i migliori ed è più ambizioso di quello franco-tedesco».
È il suo primo riconoscimento per Renzi...
«Non ho nessuna opinione preconcetta su di lui. Quando fa bene lo appoggio. Ha fatto bene sull’Europa, sulle banche popolari, sulle pensioni».
Qual è l’errore più grande di Renzi?
«Il sistema istituzionale che sta costruendo. Fondato sul modello del sindaco d’Italia. Un doppio errore. Si dà ai cittadini l’illusione che basti affidare tutto a una sola persona per risolvere i problemi del Paese. Non è così: un sistema ben funzionante si fonda su pesi e contrappesi. Cosa sarebbe successo in Italia se nel 2001 o nel 2008 ci fossero stati l’Italicum e il Senato della riforma costituzionale voluta da Renzi? Berlusconi avrebbe governato da solo, senza contrappesi né politici né istituzionali: non sarebbe stato costretto a cercare quei compromessi con gli altri partiti della sua maggioranza che hanno permesso di evitare danni peggiori. Il secondo errore è di prospettiva. Il sindaco d’Italia è un modello costruito a immagine e somiglianza di chi l’ha voluto, pensando a se stesso. Ma non vorrei che, come è avvenuto per altre leggi elettorali, si pensi a una riforma con la sicurezza di esserne i beneficiari e invece poi arrivino altri ad approfittarne. Il Movimento 5 Stelle non scomparirà. Non vorrei che un giorno scoprissimo che sindaco d’Italia, invece di Renzi, è stato eletto Luigi Di Maio».
Preoccupazioni fuori tempo massimo. L’Italicum è stato già approvato, senza il suo voto. Pensa che vada bloccata la riforma costituzionale in arrivo al Senato?
«Io dico: bisogna ripensare il percorso costituzionale. Il sistema che stiamo costruendo non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia. Il modello sindaco d’Italia va bene per i Comuni, ma in chiave nazionale l’unico paese che ha un sistema simile è la Francia, con l’elezione diretta del presidente, e non funziona più neppure lì. Nel 2002 Jacques Chirac andò al ballottaggio contro Jean Marie Le Pen e nel secondo turno gli elettori di destra e di sinistra si unirono per votare per il presidente uscente. Oggi non sarebbe più così. Chi oggi avesse la tentazione di trasformare le elezioni in un referendum pro o contro se stesso domani rischierebbe di perderlo».
http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... a-1.215452
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA BOMBA STA PER ESPLODERE - 6
Per tradizione gli italiani saltano sul carro del vincitore. Per 16 mesi La Qualunque non ha avuto avversari degni di questo nome che potessero contrastarlo. Silvietto ha imboccato il Sunset Boulevard, e sa che questa volta deve cedere lo scettro al giovane felpato.
Lo sanno bene anche i suoi che vogliono rimanere sulla cresta dell’onda.
Matteo La Qualunque deve quindi guardarsi per la prima volta da un avversario che sostiene di volersi sedere al suo posto a Palazzo Chigi.
Sottovalutarlo è da imprudenti.
Matteo Salvini, classe 1973 – 42 anni
Matteo Renzi, classe 1975 – 40 anni
sono cresciuti entrambi nell’ultimo ventennio con lo stesso modello. Il Caimano.
Ed entrambi si comportano da Caimanini ancora più spregiudicati e famelici di potere del profeta Hardcoriano.
Almeno Silvietto lo ha fatto per salvare se stesso dal gabbio e le sue aziende dal fallimento.
I Caimanini invece sono più pericolosi perché lo fanno solo per il potere.
Ed è per questo che intervistato da Marco Damilano per L’Espresso, Letta nipote consiglia Renzi così:
DOPO LE REGIONALI
Enrico Letta: «Attento Matteo la bolla è finita»
Dopo le delusioni elettorali bisogna cambiare strada. Il sindaco d’Italia è un modello pericoloso. E ora Renzi pensi più all’economia e meno al potere. Parla l’ex premier
DI MARCO DAMILANO
04 giugno 2015
0
La narrazione, o come si dice ora, lo storytelling, quando è esasperata, genera tra gli elettori rapida frustrazione e delusione, che alimenta i populismi, il grillismo. È uno stacco dalla realtà. Può servire per fare un salto in avanti, ma poi si torna alla sostanza. Basta con la storia che tutto è comunicazione, vanno almeno invertiti i pesi, nove la sostanza e uno il racconto, non il contrario». L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha seguito il dibattito sul dopo-elezioni regionali a Parigi, dove si prepara a dirigere la scuola d’affari internazionali di Sciences Po. Si appresta a lasciare il Parlamento, ma legge con partecipazione lo scontro nel Pd dopo la sconfitta in Liguria, il successo della Lega e del Movimento 5 Stelle. E il primo stop nella irresistibile ascesa di Matteo Renzi. «L’errore più grande è il modello del sindaco d’Italia che si sta costruendo con la riforma costituzionale. Io dico: cambiamo strada. Il sistema non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia».
Lei ha detto che la comunicazione di Renzi è come il metadone, droga la realtà. Il voto regionale è un risveglio?
«Nell’ultimo anno abbiamo vissuto in una bolla. È stato l’effetto di un risultato assolutamente straordinario, il 40,8 raccolto dal Pd alle elezioni europee del 2014. Il Pd al quaranta per cento e il Movimento 5 Stelle irrilevante: siamo rimasti bloccati su questa lettura superficiale in questi mesi di grande conformismo. Si è ripetuto che il governo di Renzi aveva sgonfiato Grillo. Oggi ci siamo accorti che M5S è presente, per la prima volta in un voto regionale. Un anno fa Beppe Grillo voleva vincere, aveva provato a trasformare il voto europeo in un voto politico per diventare il primo partito superando il Pd e valutò come una sconfitta il 22 per cento. Invece era un risultato importante. Le elezioni regionali hanno confermato che la forza elettorale del movimento di Grillo è un dato strutturale, non episodico. L’altra lezione del voto è che non si può fare tutto da soli. Può esserci un innamoramento per una leadership forte. Nel 1994 dopo due mesi di governo Silvio Berlusconi alle elezioni europee prese il trenta per cento da solo. Ma sono fenomeni temporanei».
Sta dicendo che l’innamoramento degli italiani per Renzi è già finito?
«No. E spero soprattutto che non sia finita la centralità del Pd di Renzi, per il bene del Paese. Ma deve essere usata per cogliere la grande occasione della crescita, non per accrescere il potere. Guardi i prossimi mesi. L’Italia è di fronte a cinque grandi opportunità. Due sono gli eventi che porteranno da noi milioni di persone, l’Expo di Milano e il Giubileo. Di altre due chance dobbiamo ringraziare il presidentedella Bce Mario Draghi: il cambio favorevole tra l’euro e il dollaro, i tassi di interesse al minimo storico. La quinta possibilità ci è data dall’abbassamento del prezzo del petrolio che avvantaggia l’Italia e la Germania. È un combinato disposto di condizioni fortunate, irripetibile. Chi ha governato negli anni passati si è quasi sempre trovato in situazioni opposte. Chi governa l’Italia oggi, invece di pensare a come accumulare ancora più potere, invece di farsi approvare la legge elettorale da solo, deve concentrarsi esclusivamente su cogliere i fattori favorevoli alla ripresa. Ora Renzi deve cambiare passo. È il momento di chiudere con la spigolosità di questi mesi, smettere di dividere, provare a unire».
Nel dna di Renzi c’è l’opposto: non perdere tempo in mediazioni, decidere.
«Anch’io penso che debba venire il momento della decisione. Ma l’Italia è un paese complesso, in cui non si sfugge dalla necessità di unire. La scorciatoia di dare tutto il potere in mano a una sola persona può affascinare in un periodo, ma poi non funziona. Bisogna fare le coalizioni. Giovanni Toti in Liguria è stato bravo a unire il centrodestra. E dopo aver unito bisogna avere la pazienza di lavorare di ago, filo e cacciavite e non con il bulldozer».
Cos’è, la rivincita del cacciavite? Il renziano Roberto Giachetti ha detto che lei non vede l’ora di vendicarsi da quando Renzi l’ha estromesso da Palazzo Chigi...
«Non polemizzo con lui e con altri...».
La sconfitta in Liguria è una battuta d’arresto nel progetto del partito della Nazione di Renzi, aperto ai moderati?
«Non so bene cosa sia successo in Liguria. E non ho mai capito bene cosa fosse l’idea renziana del partito della Nazione. Ma mi ha colpito all’indomani del voto l’insufficienza dell’analisi del risultato. Ripetere, come si è fatto in questi giorni, che il Pd ha vinto ovunque e che in Liguria il Pd ha perso per colpa di Pastorino è una risposta clamorosamente insufficiente, banalizzante. Dare la colpa a qualcun altro delle sconfitte conduce a analisi sbagliate. Io non sono nato imparato, come si dice, e se c’è una lezione che ho appreso dai miei maestri di politica è che l’elettore ha sempre ragione e va ascoltato, mai colpevolizzato».
In “Andare insieme, andare lontano” lei scrive che nei partiti di Renzi, Grillo, Salvini e Berlusconi i dirigenti sono «ridotti a staff, se va bene. Figuranti, se va male». Per questo il Pd fatica a analizzare il voto?
«È uno dei motivi, non l’unico. Il Pd, oggi, è un partito iper-personalizzato».
Nel 2014 il Pd aveva preso il 37 per cento in Veneto, oggi è di nuovo al 22. Torna una questione settentrionale per il Pd?
«Quello del Veneto è un risultato che non mi ha stupito. Si è molto sottovalutata nelle analisi la sintonia profonda tra il presidente Zaia e la sua terra. Zaia parla poco, non è un personaggio mediatico, ma sa interpretare la sua gente e la sua regione. Quando ero al governo non c’è mai stata tra noi una polemica fuori posto o una scorrettezza. Anche Flavio Tosi l’ha sottovalutato. Non è un volto del salvinismo, è un’altra storia. I veneti hanno votato per lui, non per la Lega».
Cos’è la Lega di Salvini? Un voto contro l’Europa, come Marine Le Pen in Francia?
«Il tema dell’uscita dall’euro è secondario, su tutto predomina la questione dell’immigrazione. È comprensibile che il risultato di Salvini sia stato così forte data la drammaticità di una situazione eccezionale, destinata ad aggravarsi nelle prossime settimane con l’aumento degli sbarchi. L’emergenza è figlia di una cattiva gestione europea del fenomeno. La Commissione Ue e l’Unione non riescono a prendere di petto la questione. Francia e Gran Bretagna, in particolare, non si assumono in pieno le loro responsabilità, eppure sono stati i principali artefici della guerra in Libia da cui è cominciato tutto. Sulla Libia è stato un errore non avere utilizzato la straordinaria competenza di Romano Prodi. Sull’immigrazione, non può essere un tema lasciato ai singoli governanti nazionali che hanno in tasca i sondaggi negativi, va affrontato da un’autorità europea sovranazionale. Altrimenti i partiti populisti che vogliono distruggere l’Europa continueranno ad approfittarne per dimostrare che quell’Europa da cui vogliono andare via non fa abbastanza. In Italia Salvini vince perché racconta ogni giorno di un’invasione di clandestini che non c’è. E perché dall’altra parte si cerca di scantonare rispetto a un tema scomodo, non si mette la faccia. Noi dobbiamo raccontare in positivo quello che stiamo facendo: accogliamo persone in fuga applicando l’articolo 10 della nostra Costituzione che recita, testualmente: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”».
La Lega si nutre della crisi dell’Europa. Voci storiche dell’europeismo lanciano l’allarme. Prodi parla di pericolo disgregazione per l’Ue.
«Condivido l’allarme di Prodi. E anch’io sono molto preoccupato. In tutti i sondaggi nazionali gli euro-scettici o gli anti-europeisti superano gli euro-entusiasti. E c’è il rischio di una doppia uscita, il Brexit e il Grexit, l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue e della Grecia dall’euro».
Sono possibilità concrete?
«Sono stato due volte in visita in Grecia negli ultimi mesi. Ho incontrato esponenti del mondo politico e economico. Mentre in tutta Europa lo sport del momento è attaccare Tsipras e Varoufakis, in Grecia se si votasse oggi Syriza doppierebbe l’opposizione. Non credo che l’uscita della Grecia dall’euro sia una prospettiva realistica, ma il mio timore è che ci si avviti in una spirale di ultimatum, rilanci, accordi di basso profilo. E io invece penso che, come dicono gli inglesi, when in trouble go big, quando sei in difficoltà pensa in grande. Sull’Europa serve una grande proposta, non infilarsi in una serie di negoziati infiniti che non risolvono nulla. E l’unico progetto possibile è accelerare sull’idea dell’Europa a doppia velocità. Da un lato l’unione dei 28 paesi senza vincoli federali, dall’altro l’unione dei paesi dell’area euro in cui si accentuino i vincoli politici. A questo proposito ho visto il documento del governo italiano in vista del vertice europeo di giugno, è tra i migliori ed è più ambizioso di quello franco-tedesco».
È il suo primo riconoscimento per Renzi...
«Non ho nessuna opinione preconcetta su di lui. Quando fa bene lo appoggio. Ha fatto bene sull’Europa, sulle banche popolari, sulle pensioni».
Qual è l’errore più grande di Renzi?
«Il sistema istituzionale che sta costruendo. Fondato sul modello del sindaco d’Italia. Un doppio errore. Si dà ai cittadini l’illusione che basti affidare tutto a una sola persona per risolvere i problemi del Paese. Non è così: un sistema ben funzionante si fonda su pesi e contrappesi. Cosa sarebbe successo in Italia se nel 2001 o nel 2008 ci fossero stati l’Italicum e il Senato della riforma costituzionale voluta da Renzi? Berlusconi avrebbe governato da solo, senza contrappesi né politici né istituzionali: non sarebbe stato costretto a cercare quei compromessi con gli altri partiti della sua maggioranza che hanno permesso di evitare danni peggiori. Il secondo errore è di prospettiva. Il sindaco d’Italia è un modello costruito a immagine e somiglianza di chi l’ha voluto, pensando a se stesso. Ma non vorrei che, come è avvenuto per altre leggi elettorali, si pensi a una riforma con la sicurezza di esserne i beneficiari e invece poi arrivino altri ad approfittarne. Il Movimento 5 Stelle non scomparirà. Non vorrei che un giorno scoprissimo che sindaco d’Italia, invece di Renzi, è stato eletto Luigi Di Maio».
Preoccupazioni fuori tempo massimo. L’Italicum è stato già approvato, senza il suo voto. Pensa che vada bloccata la riforma costituzionale in arrivo al Senato?
«Io dico: bisogna ripensare il percorso costituzionale. Il sistema che stiamo costruendo non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia. Il modello sindaco d’Italia va bene per i Comuni, ma in chiave nazionale l’unico paese che ha un sistema simile è la Francia, con l’elezione diretta del presidente, e non funziona più neppure lì. Nel 2002 Jacques Chirac andò al ballottaggio contro Jean Marie Le Pen e nel secondo turno gli elettori di destra e di sinistra si unirono per votare per il presidente uscente. Oggi non sarebbe più così. Chi oggi avesse la tentazione di trasformare le elezioni in un referendum pro o contro se stesso domani rischierebbe di perderlo».
http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... a-1.215452
Per tradizione gli italiani saltano sul carro del vincitore. Per 16 mesi La Qualunque non ha avuto avversari degni di questo nome che potessero contrastarlo. Silvietto ha imboccato il Sunset Boulevard, e sa che questa volta deve cedere lo scettro al giovane felpato.
Lo sanno bene anche i suoi che vogliono rimanere sulla cresta dell’onda.
Matteo La Qualunque deve quindi guardarsi per la prima volta da un avversario che sostiene di volersi sedere al suo posto a Palazzo Chigi.
Sottovalutarlo è da imprudenti.
Matteo Salvini, classe 1973 – 42 anni
Matteo Renzi, classe 1975 – 40 anni
sono cresciuti entrambi nell’ultimo ventennio con lo stesso modello. Il Caimano.
Ed entrambi si comportano da Caimanini ancora più spregiudicati e famelici di potere del profeta Hardcoriano.
Almeno Silvietto lo ha fatto per salvare se stesso dal gabbio e le sue aziende dal fallimento.
I Caimanini invece sono più pericolosi perché lo fanno solo per il potere.
Ed è per questo che intervistato da Marco Damilano per L’Espresso, Letta nipote consiglia Renzi così:
DOPO LE REGIONALI
Enrico Letta: «Attento Matteo la bolla è finita»
Dopo le delusioni elettorali bisogna cambiare strada. Il sindaco d’Italia è un modello pericoloso. E ora Renzi pensi più all’economia e meno al potere. Parla l’ex premier
DI MARCO DAMILANO
04 giugno 2015
0
La narrazione, o come si dice ora, lo storytelling, quando è esasperata, genera tra gli elettori rapida frustrazione e delusione, che alimenta i populismi, il grillismo. È uno stacco dalla realtà. Può servire per fare un salto in avanti, ma poi si torna alla sostanza. Basta con la storia che tutto è comunicazione, vanno almeno invertiti i pesi, nove la sostanza e uno il racconto, non il contrario». L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha seguito il dibattito sul dopo-elezioni regionali a Parigi, dove si prepara a dirigere la scuola d’affari internazionali di Sciences Po. Si appresta a lasciare il Parlamento, ma legge con partecipazione lo scontro nel Pd dopo la sconfitta in Liguria, il successo della Lega e del Movimento 5 Stelle. E il primo stop nella irresistibile ascesa di Matteo Renzi. «L’errore più grande è il modello del sindaco d’Italia che si sta costruendo con la riforma costituzionale. Io dico: cambiamo strada. Il sistema non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia».
Lei ha detto che la comunicazione di Renzi è come il metadone, droga la realtà. Il voto regionale è un risveglio?
«Nell’ultimo anno abbiamo vissuto in una bolla. È stato l’effetto di un risultato assolutamente straordinario, il 40,8 raccolto dal Pd alle elezioni europee del 2014. Il Pd al quaranta per cento e il Movimento 5 Stelle irrilevante: siamo rimasti bloccati su questa lettura superficiale in questi mesi di grande conformismo. Si è ripetuto che il governo di Renzi aveva sgonfiato Grillo. Oggi ci siamo accorti che M5S è presente, per la prima volta in un voto regionale. Un anno fa Beppe Grillo voleva vincere, aveva provato a trasformare il voto europeo in un voto politico per diventare il primo partito superando il Pd e valutò come una sconfitta il 22 per cento. Invece era un risultato importante. Le elezioni regionali hanno confermato che la forza elettorale del movimento di Grillo è un dato strutturale, non episodico. L’altra lezione del voto è che non si può fare tutto da soli. Può esserci un innamoramento per una leadership forte. Nel 1994 dopo due mesi di governo Silvio Berlusconi alle elezioni europee prese il trenta per cento da solo. Ma sono fenomeni temporanei».
Sta dicendo che l’innamoramento degli italiani per Renzi è già finito?
«No. E spero soprattutto che non sia finita la centralità del Pd di Renzi, per il bene del Paese. Ma deve essere usata per cogliere la grande occasione della crescita, non per accrescere il potere. Guardi i prossimi mesi. L’Italia è di fronte a cinque grandi opportunità. Due sono gli eventi che porteranno da noi milioni di persone, l’Expo di Milano e il Giubileo. Di altre due chance dobbiamo ringraziare il presidentedella Bce Mario Draghi: il cambio favorevole tra l’euro e il dollaro, i tassi di interesse al minimo storico. La quinta possibilità ci è data dall’abbassamento del prezzo del petrolio che avvantaggia l’Italia e la Germania. È un combinato disposto di condizioni fortunate, irripetibile. Chi ha governato negli anni passati si è quasi sempre trovato in situazioni opposte. Chi governa l’Italia oggi, invece di pensare a come accumulare ancora più potere, invece di farsi approvare la legge elettorale da solo, deve concentrarsi esclusivamente su cogliere i fattori favorevoli alla ripresa. Ora Renzi deve cambiare passo. È il momento di chiudere con la spigolosità di questi mesi, smettere di dividere, provare a unire».
Nel dna di Renzi c’è l’opposto: non perdere tempo in mediazioni, decidere.
«Anch’io penso che debba venire il momento della decisione. Ma l’Italia è un paese complesso, in cui non si sfugge dalla necessità di unire. La scorciatoia di dare tutto il potere in mano a una sola persona può affascinare in un periodo, ma poi non funziona. Bisogna fare le coalizioni. Giovanni Toti in Liguria è stato bravo a unire il centrodestra. E dopo aver unito bisogna avere la pazienza di lavorare di ago, filo e cacciavite e non con il bulldozer».
Cos’è, la rivincita del cacciavite? Il renziano Roberto Giachetti ha detto che lei non vede l’ora di vendicarsi da quando Renzi l’ha estromesso da Palazzo Chigi...
«Non polemizzo con lui e con altri...».
La sconfitta in Liguria è una battuta d’arresto nel progetto del partito della Nazione di Renzi, aperto ai moderati?
«Non so bene cosa sia successo in Liguria. E non ho mai capito bene cosa fosse l’idea renziana del partito della Nazione. Ma mi ha colpito all’indomani del voto l’insufficienza dell’analisi del risultato. Ripetere, come si è fatto in questi giorni, che il Pd ha vinto ovunque e che in Liguria il Pd ha perso per colpa di Pastorino è una risposta clamorosamente insufficiente, banalizzante. Dare la colpa a qualcun altro delle sconfitte conduce a analisi sbagliate. Io non sono nato imparato, come si dice, e se c’è una lezione che ho appreso dai miei maestri di politica è che l’elettore ha sempre ragione e va ascoltato, mai colpevolizzato».
In “Andare insieme, andare lontano” lei scrive che nei partiti di Renzi, Grillo, Salvini e Berlusconi i dirigenti sono «ridotti a staff, se va bene. Figuranti, se va male». Per questo il Pd fatica a analizzare il voto?
«È uno dei motivi, non l’unico. Il Pd, oggi, è un partito iper-personalizzato».
Nel 2014 il Pd aveva preso il 37 per cento in Veneto, oggi è di nuovo al 22. Torna una questione settentrionale per il Pd?
«Quello del Veneto è un risultato che non mi ha stupito. Si è molto sottovalutata nelle analisi la sintonia profonda tra il presidente Zaia e la sua terra. Zaia parla poco, non è un personaggio mediatico, ma sa interpretare la sua gente e la sua regione. Quando ero al governo non c’è mai stata tra noi una polemica fuori posto o una scorrettezza. Anche Flavio Tosi l’ha sottovalutato. Non è un volto del salvinismo, è un’altra storia. I veneti hanno votato per lui, non per la Lega».
Cos’è la Lega di Salvini? Un voto contro l’Europa, come Marine Le Pen in Francia?
«Il tema dell’uscita dall’euro è secondario, su tutto predomina la questione dell’immigrazione. È comprensibile che il risultato di Salvini sia stato così forte data la drammaticità di una situazione eccezionale, destinata ad aggravarsi nelle prossime settimane con l’aumento degli sbarchi. L’emergenza è figlia di una cattiva gestione europea del fenomeno. La Commissione Ue e l’Unione non riescono a prendere di petto la questione. Francia e Gran Bretagna, in particolare, non si assumono in pieno le loro responsabilità, eppure sono stati i principali artefici della guerra in Libia da cui è cominciato tutto. Sulla Libia è stato un errore non avere utilizzato la straordinaria competenza di Romano Prodi. Sull’immigrazione, non può essere un tema lasciato ai singoli governanti nazionali che hanno in tasca i sondaggi negativi, va affrontato da un’autorità europea sovranazionale. Altrimenti i partiti populisti che vogliono distruggere l’Europa continueranno ad approfittarne per dimostrare che quell’Europa da cui vogliono andare via non fa abbastanza. In Italia Salvini vince perché racconta ogni giorno di un’invasione di clandestini che non c’è. E perché dall’altra parte si cerca di scantonare rispetto a un tema scomodo, non si mette la faccia. Noi dobbiamo raccontare in positivo quello che stiamo facendo: accogliamo persone in fuga applicando l’articolo 10 della nostra Costituzione che recita, testualmente: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”».
La Lega si nutre della crisi dell’Europa. Voci storiche dell’europeismo lanciano l’allarme. Prodi parla di pericolo disgregazione per l’Ue.
«Condivido l’allarme di Prodi. E anch’io sono molto preoccupato. In tutti i sondaggi nazionali gli euro-scettici o gli anti-europeisti superano gli euro-entusiasti. E c’è il rischio di una doppia uscita, il Brexit e il Grexit, l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue e della Grecia dall’euro».
Sono possibilità concrete?
«Sono stato due volte in visita in Grecia negli ultimi mesi. Ho incontrato esponenti del mondo politico e economico. Mentre in tutta Europa lo sport del momento è attaccare Tsipras e Varoufakis, in Grecia se si votasse oggi Syriza doppierebbe l’opposizione. Non credo che l’uscita della Grecia dall’euro sia una prospettiva realistica, ma il mio timore è che ci si avviti in una spirale di ultimatum, rilanci, accordi di basso profilo. E io invece penso che, come dicono gli inglesi, when in trouble go big, quando sei in difficoltà pensa in grande. Sull’Europa serve una grande proposta, non infilarsi in una serie di negoziati infiniti che non risolvono nulla. E l’unico progetto possibile è accelerare sull’idea dell’Europa a doppia velocità. Da un lato l’unione dei 28 paesi senza vincoli federali, dall’altro l’unione dei paesi dell’area euro in cui si accentuino i vincoli politici. A questo proposito ho visto il documento del governo italiano in vista del vertice europeo di giugno, è tra i migliori ed è più ambizioso di quello franco-tedesco».
È il suo primo riconoscimento per Renzi...
«Non ho nessuna opinione preconcetta su di lui. Quando fa bene lo appoggio. Ha fatto bene sull’Europa, sulle banche popolari, sulle pensioni».
Qual è l’errore più grande di Renzi?
«Il sistema istituzionale che sta costruendo. Fondato sul modello del sindaco d’Italia. Un doppio errore. Si dà ai cittadini l’illusione che basti affidare tutto a una sola persona per risolvere i problemi del Paese. Non è così: un sistema ben funzionante si fonda su pesi e contrappesi. Cosa sarebbe successo in Italia se nel 2001 o nel 2008 ci fossero stati l’Italicum e il Senato della riforma costituzionale voluta da Renzi? Berlusconi avrebbe governato da solo, senza contrappesi né politici né istituzionali: non sarebbe stato costretto a cercare quei compromessi con gli altri partiti della sua maggioranza che hanno permesso di evitare danni peggiori. Il secondo errore è di prospettiva. Il sindaco d’Italia è un modello costruito a immagine e somiglianza di chi l’ha voluto, pensando a se stesso. Ma non vorrei che, come è avvenuto per altre leggi elettorali, si pensi a una riforma con la sicurezza di esserne i beneficiari e invece poi arrivino altri ad approfittarne. Il Movimento 5 Stelle non scomparirà. Non vorrei che un giorno scoprissimo che sindaco d’Italia, invece di Renzi, è stato eletto Luigi Di Maio».
Preoccupazioni fuori tempo massimo. L’Italicum è stato già approvato, senza il suo voto. Pensa che vada bloccata la riforma costituzionale in arrivo al Senato?
«Io dico: bisogna ripensare il percorso costituzionale. Il sistema che stiamo costruendo non funzionerà ed è pericoloso per l’Italia. Il modello sindaco d’Italia va bene per i Comuni, ma in chiave nazionale l’unico paese che ha un sistema simile è la Francia, con l’elezione diretta del presidente, e non funziona più neppure lì. Nel 2002 Jacques Chirac andò al ballottaggio contro Jean Marie Le Pen e nel secondo turno gli elettori di destra e di sinistra si unirono per votare per il presidente uscente. Oggi non sarebbe più così. Chi oggi avesse la tentazione di trasformare le elezioni in un referendum pro o contro se stesso domani rischierebbe di perderlo».
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Re: Diario della caduta di un regime.
http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... -1.1158384
«Troppi stranieri a scuola». Genitori contro la preside
Compare uno striscione in un istituto dell’Arcella: «Dirigente corrotta rauss!!!». «Ha chiamato due bambini di colore e ha detto: “Questi sono i miei preferiti”»
Situazione esplosiva nelle scuole del Quinto Istituto Comprensivo dell’Arcella. Dopo diverse proteste dei genitori sul cancello della scuola elementare Mantegna di via Zanchi è comparso uno striscione dai toni piuttosto duri nei confronti della preside: “Dirigente corrotta rauss!!!”, si legge scritto a caratteri cubitali con la bomboletta verde in uno spazio bianco. Chi l’abbia affisso non è chiaro. Di certo c’è che i genitori degli alunni italiani dell’istituto comprensivo più volte si sono lamentati della gestione della preside Lucia Marcuzzo.
Tanti i problemi che hanno fatto arrabbiare i genitori, in primis una presenza troppo massiccia di bambini extracomunitari all’interno delle classi: «Nelle scuole gestite da questa preside il 90% degli studenti è straniero, quando per legge in una classe almeno il 30% dei bambini dovrebbe essere italiano», dice infuriata una mamma, che porta come esempio la classe del figlio: «In classe di mio figlio su 27 ragazzini solo due sono italiani». E non sarebbe una questione di razzismo spiegano i genitori: «Molti bambini non parlano neppure la nostra lingua ed essendo così tanti rallentano l’andamento di tutta la classe», proseguono i genitori. «Avrebbero bisogno di un sostegno che non hanno. Molti poi sono anche casi difficili». Questo il primo problema di chi manda i figli nell’istituto comprensivo dell’Arcella, che comprende asilo, elementari, e medie, ma non certo l’unico. «Diversi bambini hanno portato a scuola malattie come i vermi e le verruche», dice un’altra mamma. «E la preside si è limitata a dire che non erano contagiosi». Per questo motivo alcune famiglie si sono rivolte anche al Nas.
«Abbiamo segnalato il problema igienico nelle scuola e loro ci hanno detto che hanno girato la nostra segnalazione al Comune e all’Usl», dicono i genitori, che denunciano un ulteriore delicato aspetto: «Ci siamo trovati più volte di fronte a episodi di razzismo al contrario», dice una mamma. «Sabato alla festa della scuola la preside alla consegna dei diplomi ha chiamato vicino a lei due bambini di colore dicendo a tutti: “Ecco sono loro i miei preferiti”», spiega il genitore, che si dice, insieme agli
altri, esasperato dalla situazione. «Per non parlare poi delle insegnanti che si presentano in classe con la maglietta “antifascismo”, quando la scuola non dovrebbe lanciare messaggi politici». La preside dell’istituto, per ora, ha deciso di non parlare della questione.
...................................
Gia negli asili nido sono la maggioranza.In questa scuola elementare ci sono andato io e i miei fratelli.
Il Veneto comincia a bollire.
Dimenticavo in questa scuola ci va anche la figlia di un mio nipote.Mi raccontava all'inizio dell'anno scolastico, c'erano i genitori fuori che accompagnavano i bimbi per la prima elementare.Vede una Rom in ciabatte credendo che fosse li per chiedere l'elemosina, invece aveva la bimba anche lei in ciabatte e sporca che cominciava il primo anno.
Ciao
paolo11
«Troppi stranieri a scuola». Genitori contro la preside
Compare uno striscione in un istituto dell’Arcella: «Dirigente corrotta rauss!!!». «Ha chiamato due bambini di colore e ha detto: “Questi sono i miei preferiti”»
Situazione esplosiva nelle scuole del Quinto Istituto Comprensivo dell’Arcella. Dopo diverse proteste dei genitori sul cancello della scuola elementare Mantegna di via Zanchi è comparso uno striscione dai toni piuttosto duri nei confronti della preside: “Dirigente corrotta rauss!!!”, si legge scritto a caratteri cubitali con la bomboletta verde in uno spazio bianco. Chi l’abbia affisso non è chiaro. Di certo c’è che i genitori degli alunni italiani dell’istituto comprensivo più volte si sono lamentati della gestione della preside Lucia Marcuzzo.
Tanti i problemi che hanno fatto arrabbiare i genitori, in primis una presenza troppo massiccia di bambini extracomunitari all’interno delle classi: «Nelle scuole gestite da questa preside il 90% degli studenti è straniero, quando per legge in una classe almeno il 30% dei bambini dovrebbe essere italiano», dice infuriata una mamma, che porta come esempio la classe del figlio: «In classe di mio figlio su 27 ragazzini solo due sono italiani». E non sarebbe una questione di razzismo spiegano i genitori: «Molti bambini non parlano neppure la nostra lingua ed essendo così tanti rallentano l’andamento di tutta la classe», proseguono i genitori. «Avrebbero bisogno di un sostegno che non hanno. Molti poi sono anche casi difficili». Questo il primo problema di chi manda i figli nell’istituto comprensivo dell’Arcella, che comprende asilo, elementari, e medie, ma non certo l’unico. «Diversi bambini hanno portato a scuola malattie come i vermi e le verruche», dice un’altra mamma. «E la preside si è limitata a dire che non erano contagiosi». Per questo motivo alcune famiglie si sono rivolte anche al Nas.
«Abbiamo segnalato il problema igienico nelle scuola e loro ci hanno detto che hanno girato la nostra segnalazione al Comune e all’Usl», dicono i genitori, che denunciano un ulteriore delicato aspetto: «Ci siamo trovati più volte di fronte a episodi di razzismo al contrario», dice una mamma. «Sabato alla festa della scuola la preside alla consegna dei diplomi ha chiamato vicino a lei due bambini di colore dicendo a tutti: “Ecco sono loro i miei preferiti”», spiega il genitore, che si dice, insieme agli
altri, esasperato dalla situazione. «Per non parlare poi delle insegnanti che si presentano in classe con la maglietta “antifascismo”, quando la scuola non dovrebbe lanciare messaggi politici». La preside dell’istituto, per ora, ha deciso di non parlare della questione.
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Gia negli asili nido sono la maggioranza.In questa scuola elementare ci sono andato io e i miei fratelli.
Il Veneto comincia a bollire.
Dimenticavo in questa scuola ci va anche la figlia di un mio nipote.Mi raccontava all'inizio dell'anno scolastico, c'erano i genitori fuori che accompagnavano i bimbi per la prima elementare.Vede una Rom in ciabatte credendo che fosse li per chiedere l'elemosina, invece aveva la bimba anche lei in ciabatte e sporca che cominciava il primo anno.
Ciao
paolo11
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Re: Diario della caduta di un regime.
http://video.gelocal.it/mattinopadova/l ... 2203/42319
Si drogano fra le auto in centro: il video-choc
Due ragazzi filmati da un residente mentre si 'bucano' in pieno giorno, in zona stazione (effetti video di Nicola Piran)
Ciao
Paolo11
Si drogano fra le auto in centro: il video-choc
Due ragazzi filmati da un residente mentre si 'bucano' in pieno giorno, in zona stazione (effetti video di Nicola Piran)
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Paolo11
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