Diario della caduta di un regime.

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paolo11
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da paolo11 »

http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... 1.11668955
Si è ucciso l'imprenditore Egidio Maschio
Il presidente della Maschio Gaspardo di Campodarsergo si è sparato all'alba nel suo ufficio di Cadoneghe. Aveva 73 anni
di Giusy Andreoli
CADONEGHE. Egidio Maschio, 73 anni, noto imprenditore di Campodarsego, fondatore con il fratello Giorgio del gruppo Maschio Gaspardo, leader multinazionale nella produzione di attrezzature agricole, si è ucciso in azienda a Cadoneghe. L'uomo si è sparato con un fucile al petto poco dopo le 6.30 nell'ufficio dove era arrivato da poco a bordo della sua Mercedes.
Il corpo senza vita è stato trovato da un dipendente pochi minuti dopo.
Ieri sera Egidio Maschio aveva cenato in famiglia e il suo umore era sereno, come sempre. Nulla faceva pensare ad una tragedia simile.
Venti giorni fa Egidio Maschio aveva annunciato la nomina in azienda di due nuovi manager per gestire l'impresa che oggi ha duemila dipendenti e un fatturato di 324 milioni annui.
CAMPODARSEGO - «Mai mollare, bisogna sempre attaccare. Perché il mondo non si ferma. E bisogna stare vicini a chi lavora per non sentire la crisi. Mettere la testa fuori e non chiudersi nel guscio».
Egidio Maschio aveva la genuinità degli imprenditori veneti di una volta. Ma era riuscito a stare al passo con la globalizzazione.
Operaio meccanico specializzato alla Carraro di Campodarsego nel padovano, nel 1964 ha lasciato il posto fisso e si è messo in proprio.
Oggi, a 73 anni, da presidente del Cda del Gruppo Maschio Gaspardo, si è ucciso sparandosi un colpo al torace.
Era partito con il fratello Giorgio, in una stalla con una sola saldatrice. Ma il primo modello di macchina agricola era riuscito a venderlo in Grecia. Poi era andato in Francia e Olanda, fino a coprire nel tempo i cinque i Continenti con le sue fresatrici, falciatrici, erpitrici rotanti, trincia e seminatrici di precisione, per cereali e macchine passive per la lavorazione del terreno.
In azienda erano già entrati due figli e una nipote: Andrea che è amministratore delegato, responsabile Sviluppo dei nuovi prodotti e della filiale cinese, Mirco che segue i nuovi progetti industriali e la filiale rumena, e la giovane Martina nel ramo acquisti.
A chi gli chiedeva come egli affrontava la crisi rispondeva: «Col coraggio di investire, creando filiali e fabbriche nei Paesi che stanno andando bene. La mia forza è essere all’estero, produrre dove i costi della manodopera sono contenuti». Egidio pensava all’Africa, una «terra tutta da scoprire e un grande mercato». Meglio andare in Borsa che vendere ai Fondi, diceva.
La sua parola d’ordine era «fedeltà». Alle banche, ai fornitori, agli operai con i quali aveva firmato a fine 2014 un accordo integrativo per crescere, vantandosi di non aver mai fatto un’ora di cassa integrazione. «Mai fare le corna» ironizzava in dialetto, l’unica lingua vera che sapeva parlare con determinazione. «Quando inizi con una banca bisogna continuare con quella». Da qui il rapporto amicizia con un altro veneto da sempre al suo fianco, Ennio Doris che atterrava in elicottero direttamente alla Maschio. Doris è nato a Tombolo, a un tiro di schioppo da Campodarsego. Poi il legame con Silvio Berlusconi che proprio nello stabilimento tenne un comizio elettorale due anni fa. Ma anche Romano Prodi
ece tappa da queste parti.
Negli ultimi tre anni il Gruppo aveva investito qualcosa come 120 milioni per l’ampliamento dei siti italiani e l’avvio di quello in Usa. «Il debito è contenuto - precisava Maschio -. Indebitarsi è una questione di coraggio» diceva solo pochi mesi fa.
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24 giugno 2015
............................................................
Anche questa notizia nei Tg nazionali e passata inosservata.Altro veneto che si eè suicidato
Ciao
paolo11
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

24 GIUGNO 2015
Dietro le quinte dell'Espresso in edicola venerdì 26 giugno 2015
Il sistema di potere di Roberto Maroni, gli intrecci tra il deputato del Pd non indagato Umberto Marroni e Buzzi, lo sfascio del Partito democratico romano e il laboratorio delle protesi tecnologiche di Genova tra i servizi di questa settimana


http://video.espresso.repubblica.it/tut ... /5581/5603
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

COMPLICATION IS COMPLICATION-1


La situazione italiana continua ad avvitarsi su se stessa.

Le ultime votazioni sembravano aver dato a Silviolo un motivo per ripartire, anche se in posizione minoritaria rispetto ai tempi passati.

Martedì si era incontrato con Felpetta nera per fare una messa appunto di una nuova alleanza a destra.

Poi le tegole.

Ieri :
Compravendita senatori, chiesti 5 anni per Silvio Berlusconi e 4 per Lavitola
Questa la richiesta della Procura di Napoli nell'ambito del processo per la compravendita di senatori per cui l'ex parlamentare Sergio De Gregorio, passato dall'Idv al Pdl per scatenare la crisi del governo Prodi, ha già patteggiato la pena
di F. Q. | 24 giugno 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... a/1812084/


Oggi:
ANTICIPAZIONE
Processo Ruby, nuova accusa per Berlusconi Avrebbe offerto dieci milioni alle testimoni
L'ex premier avrebbe tentato di corrompere le ragazze, che però lo hanno registrato di nascosto. E la procura chiede al Senato l'autorizzazione di usare le registrazioni come prove contro di lui
DI PAOLO BIONDANI
25 giugno 2015
http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO

Ne approfitterà Felpetta nera per obbligare FI a fare la ruota di scorta della Lega.

I ruoli si sono invertiti rispetto a 4 anni fa.

Senza FI, Felpetta nera deve scordarsi Palazzo Chigi visto che sul pratone di Pontida ha dichiarato che la ruspa serve per Renzi.


PS. Quest'anno a settembre non si terrà il tradizionale Gran Premio d'Italia di Formula 1.

Ma verrà sostituito da una gara di ruspe. Felpetta nera sarà il pilota ufficiale della ruspa della Lega Nord.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

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COMPLICATION IS COMPLICATION-2



MILANO
Lega e Forza Italia al raduno neofascista per scalare Palazzo Marino
Due giorni con tutte le sigle di destra per trovare l’alleanza in vista delle comunali del 2016. Tutti ospiti del gruppo nostalgico del Ventennio Lealtà e Azione. Tra dibattiti, concerti nazirock e testi razzisti
DI MICHELE SASSO
25 giugno 2015



L’obiettivo è ambizioso: unire tutte le sigle, gli uomini, le forze e le storie di destra-destra di Milano per tentare la scalata a Palazzo Marino. L’occasione è la «festa del Sole» del prossimo week-end: due giorni alle porte della metropoli lombarda per trovarsi e discutere di strategie condivise.

Il sole è il «sole nero» di Julius Evola diventato simbolo e mistica dei nazisti e logo della «comunità militante dei dodici raggi», gruppo neonazista del varesotto , tra gli organizzatori del compleanno di Hitler lo scorso aprile .

«A pochi giorni dal solstizio d’estate perché questa data nel 1922 fu scelta da alcuni membri dei Freikorps per assassinare a Berlino il ministro ebreo della Repubblica di Weimar Walter Rathenau. I significati non mancano nella retorica neofascista: c’è il «Sole che sorgi libero e giocondo», l’inno musicato da Puccini diventato un simbolo del Ventennio fascista e i riti druidici della “Festa del Sole” di Stonehange» spiegano dall’osservatorio sulle nuove destre.

I padroni di casa sono i militanti di Lealtà e Azione che lo scorso 25 aprile, nel settantesimo anniversario della resistenza, si trovarono in trecentocinquanta con il vessillo con l’aquila argentea della Repubblica sociale italiana al campo 10 del Cimitero Maggiore, dove sono sepolti in mille tra caduti della Rsi e i volontari italiani delle Ss.

Un luogo simbolo per i fascisti del terzo millennio da onorare con bandiere, corone di fiori, saluto romano e commemorazioni che grondano di revisionismo.



Immagine


«Quest’anno abbiamo voluto invitare persone con le quali in questi anni si è instaurato un rapporto personale – spiega il leader di Lealtà e Azione Fausto Marchetti- Persone con cui, al di là delle reciproche appartenenze, abbiamo condiviso una parte del nostro percorso di comunità in marcia: con alcuni magari perché un comune interesse ci ha spinto a fare qualche iniziativa insieme, con altri perché condividiamo un comune modo di sentire, di intendere la vita».

Ora tutti insieme si ritrovano leghisti, azzurri, ex missini e neofascisti. Tra gli invitati al convegno di venerdì «Quale futuro?» ecco Simone Di Stefano, vicepresidente di Casapound Italia e responsabile del progetto Sovranità.

Alle ultime elezioni come candidato governatore in Umbria ha raccolto un misero 0,66 per cento (appena 2.343 voti) ma il patto di ferro con Matteo Salvini e le proteste contro i migranti lo tengono sempre sulla cresta dell’onda mediatica.

Fianco a fianco con Carlo Fidanza, una lunga militanza in Azione Giovani, poi europarlamentare nella scorsa legislatura, e tra i fondatori di Fratelli d'Italia, il salviniano doc Igor Iezzi, consigliere comunale e segretario provinciale della Lega (fresco di patteggiamento per aver autenticato per le elezioni regionali del 2013 firme false per la Destra di Storace) e infine Giulio Gallera, consigliere regionale di Forza Italia e sottosegretario con delega ai rapporti con la città metropolitana del Pirellone.

Seduti attorno allo stesso tavolo con Guido Giraudo, già dirigente del Fuan, organizzatore dell’associazione Lorien e dei Campi Hobbit, cultore del “rock identitario” o “musica non conforme”, ossia dei concerti delle band di estrema destra che furoreggiano in Lombardia, e frequentatore dei riti di commemorazione dei gerarchi fascisti e repubblichini al Campo 62 del cimitero di Monza.

Padrone di casa Fausto Marchetti, capo degli ultras di destra delle Sab (Sempre al bar) della squadra di calcio del Monza e responsabile delle attività sociali di Lealtà azione.

Sullo sfondo l’accordo tra Silvio Berlusconi e il leader leghista Matteo Salvini che questa settimana a cena hanno trovato la sintesi politica: appoggio ad un leghista per la poltrona di sindaco e compattare il fronte della destra per replicare la vittoria in Liguria dove tutti insieme hanno sconfitto la candidata renziana Raffaella Paita.

I temi che aggregano non mancano: no allo straniero, No all’euro, No al governo Renzi, No alle moschee. No insomma ad ogni tentativo di trasformare la destra in una forza politica moderna.

Un fronte identitario che abbraccia il modello lepenista francese e fa leva sulla rabbia e la rivolta del popolo contro un nemico comune che toglie sempre qualcosa ai cittadini «puri»: la casa, il lavoro, la religione, la cultura e perfino le tradizioni culinarie.

Scaricando sull'Europa i mali della globalizzazione, l'impotenza della politica, le disuguaglianze sociali. Il sogno è combattere i nemici con la mano pesante: divisioni delle classi tra alunni stranieri e non, negazione dei diritti, zero welfare e rimpatri immediati per chi non è italiano.

Idee ricorrenti anche nei testi delle band che il giorno dopo (in una località segreta per evitare contestazioni) si ritroveranno per l’immancabile concerto nazirock: star sarà Norberto Scordo, ex giocatore di football americano, militante di Base Autonoma (sciolta nel 2001 secondo la legge Mancino per istigazione all’odio razziale), leader degli Hammerskin, condannato per l’aggressione del 1992 a due militanti del centro sociale Leoncavallo.

Sul palco anche i Testudo, Bullets, Malnatt con i testi che richiamano la terra nemica, il sistema anti-Stato, la rabbia, il coraggio, il mito dei legionari e la guerra come epopea di ardite gesta e tempi gloriosi.


http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Banda d’Italia, “vigila” sulle banche obbedendo ai banchieri


Scritto il 09/7/15 • LIBRE nella Categoria: Recensioni



E’ un riflesso condizionato: se uno dice Banca d’Italia a me vengono subito in mente Paolo Baffi, Mario Sarcinelli e Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona che pagò con la vita la sua dedizione al Paese, al bene comune, all’onestà e alla verità.

Poi, certo, ci sono altri grandi, grandissimi economisti che hanno ricoperto il ruolo di governatore prima di Baffi o che gli sono succeduti, come Carlo Azeglio Ciampi.

Ma a me, in quegli anni in cui ero ragazzo, il senso “forte” dell’istituzione Banca d’Italia lo hanno trasmesso quei tre uomini con il loro esempio.

Ecco perché ho trovato particolarmente dolorosa la lettura di “La Banda d’Italia” (Chiarelettere), il libro-inchiesta di Elio Lannutti su un’istituzione che da diversi anni ormai sembra essersi trasformata nel contrario di ciò che era.

Lettura dolorosa ma rivelatrice di un inganno fattosi sistema attraverso la collusione con i controllati, favorita anche dal meccanismo delle porte girevoli che consentono passaggi “arditi”, come quelli dei molti ispettori e funzionari divenuti dirigenti bancari, per non parlare delle nomine ai più alti livelli dell’istituto centrale concertate con gli azionisti, cioè le banche.


Quello che Lannutti mette in luce con la forza dei dati e di quasi trent’anni di battaglie a fianco dei correntisti e dei risparmiatori è un sistema autoreferenziale e omertoso dove la vigilanza viene usata come una clava contro i piccoli per costringerli a consegnarsi ai grandi.

Una vigilanza che, contrariamente a quanto accadeva ai tempi di Carli e di Baffi, si guarda bene dal vigilare.

O, se vigila, viene annichilita come accaduto non molti anni fa nell’era di Antonio Fazio, l’ultimo governatore “a vita”.

O ancora “silenziata”, come dice Lannutti a proposito di Mario Draghi e dell’acquisizione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena: «La Banca d’Italia guidata da Mario Draghi nel 2007 sapeva che Antonveneta era un cattivo affare, ma non trasmise le sue informazioni al Monte dei Paschi che la strapagò per 9 miliardi».

A luglio il Tesoro diverrà azionista dell’istituto senese – terzo gruppo bancario italiano, tecnicamente “fallito” varie volte in questi anni grazie anche a quell’acquisizione – perché i bilanci sono ancora in perdita e dunque Siena non ha potuto pagare gli interessi sui cosiddetti Monti-bond, i prestiti miliardari gentilmente offerti dallo Stato a spese dei contribuenti.


L’elenco dei disastri è lungo ed è costato miliardi ai risparmiatori, ma chi pensa che questo sia l’unico prezzo pagato è un illuso: il costo sistemico è enorme perché le banche italiane sono tre volte più care delle concorrenti europee, ma la Banca d’Italia non se ne preoccupa.

Anzi, fornisce dati che sottostimano i costi effettivi delle banche misurati non solo dall’Adusbef, l’associazione degli utenti bancari di cui Lannutti è presidente, ma anche dall’Università Bocconi e da altre prestigiose istituzioni.

Peggio ancora: “La Banda d’Italia” denuncia responsabilità precise di Via Nazionale nel mancato contrasto all’usura e sulla pratica dell’anatocismo (cioè il pagamento di interessi sugli interessi) e aggiunge il carico pesante dei privilegi della casta di Via Nazionale che gode non solo di stipendi al di fuori di ogni logica (il governatore della Banca d’Italia, ormai quasi privo di poteri, guadagna molto di più del presidente della Bce e di quello della Fed), ma anche di benefit più consoni a sceicchi che a funzionari pubblici, come l’uso della carta di credito per spese personali fino a 10mila euro al mese e case di lusso a prezzi calmierati. Per non parlare della banca interna riservata ai dipendenti.


Quando è iniziata la mutazione genetica della più prestigiosa e antica istituzione italiana?

Secondo Lannutti lo spartiacque è stato il 2003, il non accorgersi di quanto stava accadendo a Parmalat con oltre 3 miliardi di Riba (ricevute bancarie) falsificate.

Da lì in poi è effettivamente accaduto di tutto: banche di provincia come la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani balzate improvvisamente ai primi posti della graduatoria nazionale, baci in fronte al governatore, un utilizzo sempre più improprio di due beni preziosi quali l’autonomia e la discrezionalità e l’emergere di un madornale conflitto d’interessi essendo il controllore posseduto per oltre il 90% da banche e assicurazioni su cui esercita poteri di vigilanza e che, tra molti favori e regalie, hanno beneficiato anche della super-rivalutazione delle quote disposta dall’ex ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni, già direttore generale di Bankitalia.

Dal caso della Banca dell’Etruria allo strano commissariamento del Banco di Credito di Siracusa, passando per le Coop e i molti casi di svolgimento abusivo dell’attività bancaria: la “Banda d’Italia”, come recita il sottotitolo, è “la prima vera inchiesta su Bankitalia, la super casta degli intoccabili che governa i nostri soldi” e non a caso denuncia le lacune dell’informazione italiana che – salvo rare eccezioni – su Via Nazionale e le sue vicende preferisce far calare la coltre del silenzio.
(Francesco Scorza, “Banca d’Italia, l’altra casta. Vigilanza a danno dei piccoli e dei risparmiatori”, dal “Fatto Quotidiano” del 26 giugno 2015. Il libro: Elio Lannutti, “La Banda d’Italia. La prima vera inchiesta su Bankitalia, la super-casta di intoccabili che governa i nostro soldi”, Chiarelettere, 146 pagine, 13 euro).

http://issuu.com/chiarelettere/docs/la_ ... 0/13737719
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

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IL BEL PAESE STA ANDANDO IN PEZZI



Il medico Tutino a Crocetta: ‘Lucia Borsellino
va fatta fuori come il padre’. Lui si autosospende


Dopo l’anticipazione de L’Espresso secondo cui il governatore, in una conversazione telefonica, non avrebbe replicato all’affermazione sull’ex assessore, il numero uno di Palazzo D’Orleans congela la carica

Politica

Lucia Borsellino? “Va fatta fuori come suo padre”, e cioè come Paolo Borsellino, il magistrato saltato in aria nell’inferno di via d’Amelio il 19 luglio del 1992. È il contenuto di un’intercettazione choc tra Matteo Tutino, ex primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, e il governatore della Sicilia Rosario Crocetta. Che in seguito alla diffusione del contenuto della registrazione si è autosospeso dalla carica di presidente della Regione e ha indicato come reggente Baldo Gucciardi, da poco nominato assessore alla Sanità dopo le dimissioni della stessa Borsellino

http://www.ilfattoquotidiano.it/?refresh_ce

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Crocetta, il medico nelle intercettazioni: “Lucia Borsellino va fatta fuori come suo padre”. E il governatore si autosospende

Pesanti le parole riferite da Matteo Tutino al governatore della Sicilia, che non ha replicato in alcun modo. Pochi giorni fa le dimissioni della figlia del magistrato ucciso da assessore alla sanità. Il governatore prima si è difeso ("Non ho sentito quella frase"), ma poi si è autosospeso dalla carica di presidente della Regione e ha indicato come reggente Baldo Gucciardi
di F. Q. | 16 luglio 2015


Lucia Borsellino? “Va fatta fuori come suo padre”, e cioè come Paolo Borsellino, il magistrato saltato in aria nell’inferno di via d’Amelio il 19 luglio del 1992. È il contenuto di un’intercettazione choc tra Matteo Tutino, ex primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, e il governatore della Sicilia Rosario Crocetta. È bufera sull’isola: in poche ore sono decine le richieste di dimissioni piovute su Palazzo d’Orleans, soprattutto dai vertici del Pd, il partito del presidente siciliano. Il governatore ha replicato sostenendo di “non aver sentito la frase su Lucia“. Una giustificazione che non ha convinto gli alleati politici dell’ex sindaco di Gela. Che in seguito alla diffusione del contenuto della registrazione si è autosospeso dalla carica di presidente della Regione: la reggenza è affidata a Baldo Gucciardi, ex capogruppo del Pd all’Ars, nominato due giorni fa assessore alla Sanità proprio per sostituire la Borsellino. Fonti vicine al governatore spiegano che l’autosospensione è il preludio delle dimissioni, che potrebbero essere rassegnate nelle prossime ore.
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A pubblicare l’intercettazione choc è il settimanale L’Espresso, in edicola domani: secondo il periodico il presidente siciliano non avrebbe replicato alla minaccia telefonica di Tutino, che è da anni il suo medico personale, indirizzata alla donna scelta nel 2012 dallo stesso Crocetta per guidare l’assessorato alla Sanità. Nessuna reazione davanti a quelle parole da parte del presidente che sostiene da anni di voler combattere la mafia in tutte le sue forme.

L’autosospensione di Crocetta arriva dopo settimane convulse: tre assessori dimessi in pochi giorni, una mozione di sfiducia annunciata e l’arresto di Tutino,con l’accusa di falso, abuso d’ufficio, truffa e peculato. Alla luce delle parole intercettate, sembrano acquisire un senso le dimissioni di Lucia Borsellino da assessore alla sanità, arrivate appena pochi giorni fa. “Prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personale, sempre più inconciliabili con la prosecuzione del mio mandato, mi spingono a questa decisione”, aveva detto la figlia di Paolo Borsellino facendo un passo indietro, subito dopo l’arresto di Tutino, il 29 giugno scorso. Ed è indagando sul medico che la procura di Palermo registra quelle parole. “Non posso che sentirmi intimamente offesa e provare un senso di vergogna per loro“, è il commento di Lucia Borsellino. “Non rinnego nulla – ha continuato – ho fatto quello che potevo in un contesto, evidentemente, poco edificante”.

In un primo momento il governatore aveva sostenuto di non avere incredibilmente sentito la frase vergognosa pronunciata dal suo medico al telefono: “Non ho sentito la frase su Lucia, forse c’era zona d’ombra, non so spiegarlo; tant’è che io al telefono non replico. Ora mi sento male. Voglio essere sentito dai magistrati su questa storia della frase di Tutino. Quello che mi sta accadendo oggi e la cosa più terribile della mia vita. Dimettermi? Sono accusato di qualcosa? Ho fatto qualcosa? Il destino della Sicilia può essere legato a una frase, che non ho sentito, pronunciata dal mio medico? Non lo so”, aveva detto Crocetta, che poi ha deciso di autosospendersi.

“Quelle intercettazioni sono semplicemente gravissime, incredibili e vergognose”, ha detto invece Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia e zio di Lucia. “Lui non dice che bisogna farla fuori dall’assessorato ma che bisogna farla fuori come suo padre e, siccome mi risulta che suo padre è stato ucciso in maniera particolare, è gravissimo. E non perché l’abbia detto Tutino ma perché il presidente Crocetta non l’ha mai reso noto, né ha estromesso Tutino dal suo entourage. Io chiederò conto a Crocetta di questo. Dice che non ha sentito quella frase? Vuol dire che è stato colpito da una sordità improvvisa e temporanea“.

Davide Faraone @davidefaraone

Inevitabili dimissioni Crocetta e nuove elezioni. Quelle parole su Lucia Borsellino una vergogna inaccettabile. #Sicilia
13:08 - 16 Lug 2015

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Unanime lo sdegno del mondo politico. “Inevitabili dimissioni Crocetta e nuove elezioni. Quelle parole su Lucia Borsellino una vergogna inaccettabile” scrive su twitter il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone. Appena due settimane fa Faraone era entrato in pesante polemica con lo stesso Crocetta. “Parla come Salvo Lima e Vito Ciancimino” aveva detto il governatore. Richieste di dimissioni arrivano anche dal gruppo parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, da Sel, Da Forza Italia e dal Nuovo Centrodestra. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano e quello della Salute Beatrice Lorenzin hanno telefonato a Lucia Borsellino per esprimerle “sdegno, affettuosa vicinanza e solidarietà per quelle parole che pesano in modo gravissimo e incancellabile sulla coscienza di chi le ha pronunciate”. “Le notizie di stamane ci spingono a prendere atto che, a questo punto, andare avanti è praticamente impossibile. È il momento che, innanzitutto il presidente della Regione, valuti l’opportunità di chiudere la legislatura“, dice invece Antonello Cracolici, capogruppo del Pd all’Assemblea regionale siciliana.

Debora Serracchiani

@serracchiani

Un paladino dell'antimafia come Crocetta sa che i silenzi possono fare più male delle parole. A Lucia Borsellino tutta la mia solidarietà.
14:17 - 16 Lug 2015

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Anche i vertici nazionali del Partito Democratico prendono posizione. “Un paladino dell’antimafia come Crocetta sa che i silenzi possono fare più male delle parole. A Lucia Borsellino tutta la mia solidarietà”, scrive su Twitter il vicesegretario Debora Serracchiani. Il parigrado Lorenzo Guerini parla di parole “gravi, inaccettabili e provocano ribrezzo. Chiediamo che Crocetta chiarisca, anche se il tutto appare purtroppo abbastanza chiaro”. Il governatore ha chiesto di essere sentito dai pm che coordinando l’indagine su Tutino: pochi minuti fa il suo avvocato Vincenzo Lo Re, si è presentato in procura a Palermo, chiedendo di parlare con il procuratore capo Francesco Lo Voi.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07 ... e/1878635/


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Se fosse successo a Berlusconi una serie di puttanate come sta succedendo al Pd renziano, da tempo saremmo in piazza senza soluzione di continuità.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

Titolo del Tg3.

Berlusconi: Se mi arrestano fate la rivoluzione.


Chissà cosa ne penserebbe Mario Monicelli, convinto che gli italiani sono poco propensi alle rivoluzioni?
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

Tra i giornalisti SLURP, SLURP, Enrico Mentana si sta dimostrando il meno SLURP dei giornalisti Tv.

Infatti ha aperto ora il suo Tg7 sostenendo che quello di Crocetta è un caso di prima grandezza.

Il Tg3, un tempo di sinistra, ha piazzato il servizio a metà Tg come se fosse un caso secondario.

Questa notte, verso le 02,00, quando i rumori si attenuano, tendete l'orecchio in direzione di Roma. Sentirete un rumore particolare. Al Verano Enrico Berlinguer si rivolterà nella tomba.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

Non dobbiamo trascurare anche un'altra possibile lettura della vicenda Crocetta.

Se qualche nemico era al corrente dell'intecettazione di quella telefonata, ed intendeva farlo fuori politicamente, quale migliore occasione, questa, di far pervenire l'informazione e il nastro secretato all'Espresso?


La politica si ciba di queste cose.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

L'Europa ora si riprende
35 milioni di aiuti:
mazzata per le imprese

Claudio Cartaldo

Nel 2002 l'Ue aveva concesso aiuti per la riqualificazione delle strutture alberghiere in Sardegna. Ma ora per un vizio formale li rivuole indietro. Gli albergatori: "Costretti a mettere tutto all'asta"

http://www.ilgiornale.it/?refresh_cens
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