E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
L’estate referendaria di Possibile è già iniziata. In molte città sono iniziate le raccolte firme con i banchetti e da ieri è attivo il sito Internet http://referendum.possibile.com dove reperire tutte le informazioni utili con i materiali e la modulistica necessaria per smaltire le procedure burocratiche.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
FARE SUBITO CIO’ CHE SI DEVE FARE
di Argiris Panagopoulos, Marco Revelli – 28 luglio 2015 -
Mai come oggi la situazione — nazionale e internazionale – è stata così gravida di pericoli e in così rapido mutamento. Mai come oggi sentiamo la paura di perdere del tutto il “nostro mondo”. Al tempo stesso, le evidenti contraddizioni aprono straordinarie opportunità di cambiamento, se solo la sinistra sapesse ritrovare il senso del proprio esistere, come ha invitato a fare martedì Norma Rangeri sul manifesto del 28 luglio.
Lo scenario europeo in particolare – dal quale dipendono buona parte dei nostri destini e che non può non costituire il riferimento principale del nostro agire – va rivelando drammatici punti di caduta che mettono in discussione la sopravvivenza dell’idea stessa di Europa. E che comunque rivelano che così com’è essa non può sopravvivere. Che l’Europa o cambia o muore.
L’iniziativa politica coraggiosa del governo greco e del suo popolo ha avuto il grande merito di mostrarlo a tutti, confermando la portata davvero storica dello scontro che si sta svolgendo nello spazio europeo. Il fatto che in questi giorni cruciali la Grecia sia rimasta sola, denuncia tutto il ritardo e l’inadeguatezza della sinistra europea a svolgere il proprio ruolo in questo nuovo spazio politico e sociale.
Il mercantilismo liberista dei Trattati, definiti a misura dell’interesse nazionale tedesco, è insostenibile. Porta l’eurozona al naufragio. E d’altra parte, non possiamo nascondercelo, è debole oggi il consenso, non solo al livello dei governi, per la radicale correzione di rotta necessaria alla sopravvivenza economica e democratica dell’eurozona. L’ostacolo immenso lungo la strada non è solo la debolezza delle leadership politiche ma il deficit, morale e culturale, dei popoli prigionieri dei divergenti interessi nazionali. Dobbiamo con urgenza definire insieme come uscire da una trappola che svuota di senso storico e politico la sinistra.
Non sono, questi, gli unici segnali devastanti che ci arrivano da Bruxelles, Francoforte e Berlino.
Vi si aggiunge l’ostentazione di “disumanità sovrana” mostrata nella questione dei migranti, la vera emergenza umanitaria del nostro tempo affrontata come fastidiosa questione di sicurezza.
La crisi delle culture politiche democratiche tradizionali, a cominciare da quella socialista, travolta dalla subalternità culturale al liberismo delle social-democrazie occidentali, e il simmetrico riemergere di populismi xenofobi e razzisti, non dissimili da quelli che caratterizzarono la catastrofe europea degli anni trenta.
La pratica costante di chiedere ai governi membri – a cominciare dal nostro, e da quelli spagnolo, portoghese e irlandese oltre che, naturalmente, a quello greco — di “far male” ai propri popoli, imponendo loro sacrifici dannosi e particolarmente dolorosi per gli strati più deboli, come prova di fedeltà a un patto mai siglato da quei popoli e divenuto insopportabile economicamente, socialmente e moralmente.
In questo quadro il governo italiano è totalmente subalterno a quella imposizione e a quei dogmi, non solo incapace di modificarne quantomeno gli aspetti più penalizzanti ma, anzi, impegnato a portare a compimento con zelo il mandato ricevuto dall’oligarchia che dirige l’Europa.
Vanno in questa direzione la manomissione del nostro ordinamento democratico costituzionale; la tendenziale liquidazione della nostra democrazia rappresentativa in nome di una forma di governo brutalmente sbilanciata sul potere esecutivo (una “democrazia esecutiva” o “esecutoria”); l’imposizione di una legge-truffa destinata a deformare gravemente le volontà dell’elettorato e di consegnare al demagogo di turno un potere senza più contrappesi né anticorpi; la volontà di cancellare le rappresentanze sociali (in primo luogo quelle sindacali) e l’umiliazione del mondo del lavoro con la cancellazione dei suoi diritti; l’aggressione volgare al mondo della cultura e della scuola, con l’umiliazione del sapere in nome di criteri gerarchici aziendali; la riduzione a merce di ciò che rimane del nostro patrimonio territoriale e dei nostri beni comuni…
Quella che si configura con il governo Renzi è una vera “emergenza democratica”. L’azione svolta finora e quella che si prepara a portare a compimento definiscono il profilo di un mutamento di sistema che richiede, per essere contrastato, un’innovazione politica e organizzativa all’altezza della sfida.
Come mostra la vicenda greca in tutta la sua drammaticità, oltre al conflitto tra Stati e interessi nazionali , si profila all’orizzonte un conflitto politico e sociale di tipo nuovo, tra democrazia e oligarchie finanziarie e burocratiche transnazionali; tra dominio totalizzante della forma denaro e affermazione dei principii fondamentali di giustizia sociale, eguaglianza e solidarietà; tra governo dall’alto di società sempre più ingiuste e partecipazione consapevole e diffusa alle scelte collettive, combattuto non più solo nell’angusto spazio nazionale ma in campo europeo, in cui sarà fondamentale la capacità di dar vita a formazioni di grandi dimensioni, credibili, forti, autorevoli, capaci di superare le distinzioni di nazionalità e le altrettanto asfittiche frammentazioni identitarie.
Per questa ragione noi oggi riteniamo non più rinviabile l’impegno di tutte le forze che si pongono in alternativa a questo quadro drammatico e che ancora si richiamano ai valori di eguaglianza, autonomia e libertà che furono della migliore sinistra a porre in campo anche in Italia, nei tempi brevi imposti dalla gravità della situazione, una forza unitaria, innovativa nello stile politico e credibile nel proprio programma, non minoritaria né chiusa in sterili pratiche testimoniali ma capace, come già è avvenuto in Grecia e in Spagna, di costituire un’alternativa di governo e di paradigma allo stato di cose presente. Un soggetto politico dichiaratamente antiliberista, dotato della forza per competere per il governo del paese in concorrenza con gli altri poli politici.
Tutte le ultime tornate elettorali hanno rivelato che senza un progetto unitario a sinistra, capace di superare l’attuale frammentazione, non c’è speranza di sopravvivenza per nessuno. Non possiamo continuare a ripetere che il tempo è ora. Bisogna dare, da subito, un segnale chiaro. Che si è pronti. E che c’è bisogno di tutte e tutti. Non solo di chi, in questi mesi, nell’area politica alla sinistra del PD, ha avviato un fitto dialogo in vista dell’apertura di un “processo costituente”, ma soprattutto degli altri, che nei “luoghi della vita” continuano a tessere resistenza, solidarietà, azioni civili, coesione sociale. A combattere l’imbarbarimento e a sperimentare il bien vivir. Quelli che aspettano che qualcosa si muova, e che sia credibile, nuovo, diverso, forte.
Dovranno essere soprattutto loro i protagonisti della grande “casa comune” che di deve iniziare a costruire.
Facciamo sì che sia da subito un “percorso del fare”. Individuiamo fin d’ora nell’iniziativa referendaria sui temi più vicini alla vita delle persone un terreno su cui impegnarsi qui ed ora. Impegniamoci a costruire su ogni tema la più larga rete di soggetti, che già ci sono, e già sono attivi.
Si lanci, ancor prima della pausa estiva, un messaggio chiaro e forte: che ci siamo. Che partiamo. Che possiamo farcela. Lo dobbiamo ai tanti che aspettano da troppo tempo.
Ci si impegni a incontrarci a breve, entro la settimana, tutti quelli che sentono questa urgenza, per avviare il processo e preparare per ottobre un grande appuntamento unitario.
( pubblicato su Il manifesto del 28 luglio 2015)
di Argiris Panagopoulos, Marco Revelli – 28 luglio 2015 -
Mai come oggi la situazione — nazionale e internazionale – è stata così gravida di pericoli e in così rapido mutamento. Mai come oggi sentiamo la paura di perdere del tutto il “nostro mondo”. Al tempo stesso, le evidenti contraddizioni aprono straordinarie opportunità di cambiamento, se solo la sinistra sapesse ritrovare il senso del proprio esistere, come ha invitato a fare martedì Norma Rangeri sul manifesto del 28 luglio.
Lo scenario europeo in particolare – dal quale dipendono buona parte dei nostri destini e che non può non costituire il riferimento principale del nostro agire – va rivelando drammatici punti di caduta che mettono in discussione la sopravvivenza dell’idea stessa di Europa. E che comunque rivelano che così com’è essa non può sopravvivere. Che l’Europa o cambia o muore.
L’iniziativa politica coraggiosa del governo greco e del suo popolo ha avuto il grande merito di mostrarlo a tutti, confermando la portata davvero storica dello scontro che si sta svolgendo nello spazio europeo. Il fatto che in questi giorni cruciali la Grecia sia rimasta sola, denuncia tutto il ritardo e l’inadeguatezza della sinistra europea a svolgere il proprio ruolo in questo nuovo spazio politico e sociale.
Il mercantilismo liberista dei Trattati, definiti a misura dell’interesse nazionale tedesco, è insostenibile. Porta l’eurozona al naufragio. E d’altra parte, non possiamo nascondercelo, è debole oggi il consenso, non solo al livello dei governi, per la radicale correzione di rotta necessaria alla sopravvivenza economica e democratica dell’eurozona. L’ostacolo immenso lungo la strada non è solo la debolezza delle leadership politiche ma il deficit, morale e culturale, dei popoli prigionieri dei divergenti interessi nazionali. Dobbiamo con urgenza definire insieme come uscire da una trappola che svuota di senso storico e politico la sinistra.
Non sono, questi, gli unici segnali devastanti che ci arrivano da Bruxelles, Francoforte e Berlino.
Vi si aggiunge l’ostentazione di “disumanità sovrana” mostrata nella questione dei migranti, la vera emergenza umanitaria del nostro tempo affrontata come fastidiosa questione di sicurezza.
La crisi delle culture politiche democratiche tradizionali, a cominciare da quella socialista, travolta dalla subalternità culturale al liberismo delle social-democrazie occidentali, e il simmetrico riemergere di populismi xenofobi e razzisti, non dissimili da quelli che caratterizzarono la catastrofe europea degli anni trenta.
La pratica costante di chiedere ai governi membri – a cominciare dal nostro, e da quelli spagnolo, portoghese e irlandese oltre che, naturalmente, a quello greco — di “far male” ai propri popoli, imponendo loro sacrifici dannosi e particolarmente dolorosi per gli strati più deboli, come prova di fedeltà a un patto mai siglato da quei popoli e divenuto insopportabile economicamente, socialmente e moralmente.
In questo quadro il governo italiano è totalmente subalterno a quella imposizione e a quei dogmi, non solo incapace di modificarne quantomeno gli aspetti più penalizzanti ma, anzi, impegnato a portare a compimento con zelo il mandato ricevuto dall’oligarchia che dirige l’Europa.
Vanno in questa direzione la manomissione del nostro ordinamento democratico costituzionale; la tendenziale liquidazione della nostra democrazia rappresentativa in nome di una forma di governo brutalmente sbilanciata sul potere esecutivo (una “democrazia esecutiva” o “esecutoria”); l’imposizione di una legge-truffa destinata a deformare gravemente le volontà dell’elettorato e di consegnare al demagogo di turno un potere senza più contrappesi né anticorpi; la volontà di cancellare le rappresentanze sociali (in primo luogo quelle sindacali) e l’umiliazione del mondo del lavoro con la cancellazione dei suoi diritti; l’aggressione volgare al mondo della cultura e della scuola, con l’umiliazione del sapere in nome di criteri gerarchici aziendali; la riduzione a merce di ciò che rimane del nostro patrimonio territoriale e dei nostri beni comuni…
Quella che si configura con il governo Renzi è una vera “emergenza democratica”. L’azione svolta finora e quella che si prepara a portare a compimento definiscono il profilo di un mutamento di sistema che richiede, per essere contrastato, un’innovazione politica e organizzativa all’altezza della sfida.
Come mostra la vicenda greca in tutta la sua drammaticità, oltre al conflitto tra Stati e interessi nazionali , si profila all’orizzonte un conflitto politico e sociale di tipo nuovo, tra democrazia e oligarchie finanziarie e burocratiche transnazionali; tra dominio totalizzante della forma denaro e affermazione dei principii fondamentali di giustizia sociale, eguaglianza e solidarietà; tra governo dall’alto di società sempre più ingiuste e partecipazione consapevole e diffusa alle scelte collettive, combattuto non più solo nell’angusto spazio nazionale ma in campo europeo, in cui sarà fondamentale la capacità di dar vita a formazioni di grandi dimensioni, credibili, forti, autorevoli, capaci di superare le distinzioni di nazionalità e le altrettanto asfittiche frammentazioni identitarie.
Per questa ragione noi oggi riteniamo non più rinviabile l’impegno di tutte le forze che si pongono in alternativa a questo quadro drammatico e che ancora si richiamano ai valori di eguaglianza, autonomia e libertà che furono della migliore sinistra a porre in campo anche in Italia, nei tempi brevi imposti dalla gravità della situazione, una forza unitaria, innovativa nello stile politico e credibile nel proprio programma, non minoritaria né chiusa in sterili pratiche testimoniali ma capace, come già è avvenuto in Grecia e in Spagna, di costituire un’alternativa di governo e di paradigma allo stato di cose presente. Un soggetto politico dichiaratamente antiliberista, dotato della forza per competere per il governo del paese in concorrenza con gli altri poli politici.
Tutte le ultime tornate elettorali hanno rivelato che senza un progetto unitario a sinistra, capace di superare l’attuale frammentazione, non c’è speranza di sopravvivenza per nessuno. Non possiamo continuare a ripetere che il tempo è ora. Bisogna dare, da subito, un segnale chiaro. Che si è pronti. E che c’è bisogno di tutte e tutti. Non solo di chi, in questi mesi, nell’area politica alla sinistra del PD, ha avviato un fitto dialogo in vista dell’apertura di un “processo costituente”, ma soprattutto degli altri, che nei “luoghi della vita” continuano a tessere resistenza, solidarietà, azioni civili, coesione sociale. A combattere l’imbarbarimento e a sperimentare il bien vivir. Quelli che aspettano che qualcosa si muova, e che sia credibile, nuovo, diverso, forte.
Dovranno essere soprattutto loro i protagonisti della grande “casa comune” che di deve iniziare a costruire.
Facciamo sì che sia da subito un “percorso del fare”. Individuiamo fin d’ora nell’iniziativa referendaria sui temi più vicini alla vita delle persone un terreno su cui impegnarsi qui ed ora. Impegniamoci a costruire su ogni tema la più larga rete di soggetti, che già ci sono, e già sono attivi.
Si lanci, ancor prima della pausa estiva, un messaggio chiaro e forte: che ci siamo. Che partiamo. Che possiamo farcela. Lo dobbiamo ai tanti che aspettano da troppo tempo.
Ci si impegni a incontrarci a breve, entro la settimana, tutti quelli che sentono questa urgenza, per avviare il processo e preparare per ottobre un grande appuntamento unitario.
( pubblicato su Il manifesto del 28 luglio 2015)
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
LA PARTITA PER LIBERARE IL FUTURO
di Stefano Fassina – 4 agosto 2015
Il decalogo di Norma Rangeri propone scenari fertili per la discussione e l’iniziativa politica. Sì, c’è vita a sinistra. Sono vive le donne e gli uomini spiaggiati dalla «cultura e dall’economia dello scarto» denunciata da Papa Francesco, colpiti, da ultimo, dalle “riforme” del mercato del lavoro, della scuola, delle regole della democrazia o affogati dall’egoismo ottuso dei benestanti e dalla paura disperata dei penultimi. Così come sono vive le donne e gli uomini, soprattutto i più giovani e più qualificati, costretti a svendere i loro talenti o a emigrare.
Come dare voce all’universo degli invisibili abbandonati e dei pionieri senza opportunità? Per rispondere, vogliamo costruire, ambiziosamente, un partito per la sfida del governo. L’ambizione deve poggiare, innanzitutto, su un’analisi condivisa del tornante storico nel quale siamo. Su queste pagine Revelli e Panagopoulos, Ferrero, Martone e Pizzuti confermano una larga sintonia tra di noi. Vediamo il trionfo insostenibile del capitale sul lavoro e l’euro-zona sulla rotta del Titanic. Inoltre, dopo la drammatica caduta delle speranze coraggiosamente alimentate da Syriza e dal Governo Tsipras, è anche diventato evidente a tutti che, nel quadro del mercantilismo liberista, la sinistra è senza spazio di manovra. Nell’area della moneta unica, la democrazia e la politica sono prigionieri di Tina: «There is no alternative». Pensiero unico e agenda unica. Oppure, l’apocalisse.
È, invece, oggetto di discussione la strada da percorrere per liberare il futuro. Da una parte, chi indica la strada della radicale correzione dei Trattati affinché l’euro, da fattore regressivo, diventi fattore progressivo. Dall’altra, chi, come il sottoscritto, ritiene che non vi siano le condizioni politiche per ribaltare i Trattati e individua il superamento concordato dell’euro come passaggio obbligato per salvare l’Unione europea e riaprire la partita della democrazia fondata sul lavoro.
Per avviare la costruzione di una forza politica ambiziosa, una comune carta di valori è insufficiente. Vanno fatti i conti con “l’europeismo reale”, come li abbiamo fatti, chi prima chi dopo, con il “socialismo reale”. Stavolta, non possiamo aspettare le schegge del Muro di Berlino. L’euro è stato un errore di prospettiva politica: nato per arginare lo svuotamento della sovranità nazionale e la svalutazione del lavoro determinati dai mercati globali de-regolati, è diventato potente fattore di aggravamento dello squilibrio nei rapporti di forza tra capitale e lavoro.
Il dilemma «euro si/euro no» è la punta dell’iceberg. È da riscrivere l’intero impianto di marginalizzazione della politica contenuto nei Trattati, funzionali all’interesse nazionale tedesco. Ma invocare il coraggio delle élite per arrivare agli Stati Uniti d’Europa è retorica autoconsolatoria. Le condizioni politiche per le correzioni necessarie alla “costituzione” dell’euro-zona sono assenti per ragioni profonde: i caratteri morali e culturali dei popoli, gli interessi degli Stati nazionali e i rapporti di forza. La Germania lo incomincia a riconoscere: pur nel quadro di un approccio punitivo verso la Grecia, ha rotto il tabù dell’irreversibilità dell’euro. Il Ministro Schäuble, con il consenso della Cancelliera Merkel, all’Euro-summit del 12 Luglio scorso, propone una «Grexit assistita». Il German Council of the Economic Experts, qualche giorno fa, presenta l’euro-exit come soluzione sistemica in un rapporto ufficiale al governo di Berlino.
Per arrivare al superamento concordato dell’euro e negoziare condizioni di atterraggio sostenibili e, così, porre le basi per salvare l’Unione europea e, con essa, le democrazie delle classi medie va costruita un’alleanza tra fronti nazionali guidati da forze progressiste, aperti alla destra costituzionale e “sovranista”, come realizzato da Syriza in Grecia con Anel.
Su quali soggetti sociali e interessi economici far leva? Su quanti sono svalutati per competere nell’economia dell’export e su quanti subiscono il deficit cronico di domanda interna: il lavoro subordinato, dipendente privato e pubblico, o a Partita Iva, la micro impresa artigiana e commerciale, l’arcipelago delle professioni proletarizzate. Uniti, in un’alleanza sociale progressiva, con chi compete sull’innovazione e sulla qualità del lavoro.
La coalizione della domanda interna per il lavoro di cittadinanza è il compito difficile del partito nazionale e popolare da costruire insieme.
da il manifesto del 4 agosto 2015
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Ritengo che per fare questo si debba collaborare anche coi dissidenti del Pd. E ancora non ho capito in che modo possa esserci una destra, sia pure sociale, che collabora col nuovo soggetto. Com'è che non si definiscono di sinistra.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Anche a destra non condividono per niente un'Europa germanocentrica, quindi, pur essendo distanti su tanti problemi, qualcosa in comune c'è e andrebbe sfruttato adeguatamente.cielo 70 ha scritto:Ritengo che per fare questo si debba collaborare anche coi dissidenti del Pd. E ancora non ho capito in che modo possa esserci una destra, sia pure sociale, che collabora col nuovo soggetto. Com'è che non si definiscono di sinistra.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Prendersela con l'EURO è sbagliato e la sua dissoluzione aumenterebbe solo i problemi.
Il problema è che l'UE
non ha un'unica politica fiscale
non ha un'unica politica economica
non ha un'unica politica sanitaria
non ha un'unica politica di sviluppo
non ha un'unica politica estera
e ha solo
un'unica Banca Centrale
un'unica moneta.
Il problema ancora più grande è che il mondo globalizzato degli ultimi 20 anni non consentirebbe più le svalutazioni competitive tipo 1992 della liretta, i costi di produzione in molte zone del mondo sono meno di 100 € mensili per lavoratore quindi come potrebbero competere i lavoratori europei occidentali?
Se non si riesce a elevare i costi nei paesi produttori extra Europa occidentale l'unica strada per salvaguardare il lavoro nella UE occidentale sarà rivedere le norme del WTO e forse abrogarlo.
Porre la "salute" della società collettiva davanti al "profitto" a tutti i costi del liberismo spinto altrimenti saremo perduti e la strada verso la III GM sarà spianata...
Il problema è che l'UE
non ha un'unica politica fiscale
non ha un'unica politica economica
non ha un'unica politica sanitaria
non ha un'unica politica di sviluppo
non ha un'unica politica estera
e ha solo
un'unica Banca Centrale
un'unica moneta.
Il problema ancora più grande è che il mondo globalizzato degli ultimi 20 anni non consentirebbe più le svalutazioni competitive tipo 1992 della liretta, i costi di produzione in molte zone del mondo sono meno di 100 € mensili per lavoratore quindi come potrebbero competere i lavoratori europei occidentali?
Se non si riesce a elevare i costi nei paesi produttori extra Europa occidentale l'unica strada per salvaguardare il lavoro nella UE occidentale sarà rivedere le norme del WTO e forse abrogarlo.
Porre la "salute" della società collettiva davanti al "profitto" a tutti i costi del liberismo spinto altrimenti saremo perduti e la strada verso la III GM sarà spianata...
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Quello che tu propone e che doveva essere gia implicito in questa europa unita purtroppo non funziona per volonta' degli stessi stati europei.Maucat ha scritto:Prendersela con l'EURO è sbagliato e la sua dissoluzione aumenterebbe solo i problemi.
Il problema è che l'UE
non ha un'unica politica fiscale
non ha un'unica politica economica
non ha un'unica politica sanitaria
non ha un'unica politica di sviluppo
non ha un'unica politica estera
e ha solo
un'unica Banca Centrale
un'unica moneta.
Il problema ancora più grande è che il mondo globalizzato degli ultimi 20 anni non consentirebbe più le svalutazioni competitive tipo 1992 della liretta, i costi di produzione in molte zone del mondo sono meno di 100 € mensili per lavoratore quindi come potrebbero competere i lavoratori europei occidentali?
Se non si riesce a elevare i costi nei paesi produttori extra Europa occidentale l'unica strada per salvaguardare il lavoro nella UE occidentale sarà rivedere le norme del WTO e forse abrogarlo.
Porre la "salute" della società collettiva davanti al "profitto" a tutti i costi del liberismo spinto altrimenti saremo perduti e la strada verso la III GM sarà spianata...
Gli stessi stati all'interno fanno politiche prettamente nazionali e protezionistiche. Tutto il contrario di quello che doveva essere questa benedetta nuova europa.
Arrivati a questo punto e visto le ultime mossa dell'inghilterra e della Francia riguardo queste grosse migrazioni anche sul loro territorio come si puo' ancora sostenere che questa europa possa cambiare visto anche il dramma imposto alla Grecia?
Continuare a sostenere all'infinito che cosi non va e che bisogna cambiare non credo sia una soluzione attendibile.
Penso che questo ci faccia perdere tempo facendoci adagiare sul concetto che senza euro sarebbe un dramma per tutti.
Prima bisognera sapere quali sono questi tutti poiche cred che il problema piu' grosso potrebbe essere a carico proprio di quei paesi che continuano ad ostinarsi sulle proprie convenienze interne(Deutschland docet).
Se un "grande" estimatore come me di un'Europa Unita e' arrivato a quesro, ci saranno pure della cause o no?
E poi, chi ha detto che senza euro staremo peggio?
Questa e' una domanda alla quale politologi ed economisti illustri si son spesso divisi quindi le ns. prese di posizione possono essere considerate per quello che possono valere e spesso seguendo le correnti maggioritarie di pensieri ci fanno sbattere sempre contro i muri e poi ti accorgi che nel frattempo coloro che te l'hanno messo in quel posto, sono stati i primi a spostare in altre valute i loro lucrosi "guadagni".
Mi si dimostri che e' al contrario ed io subito cambiero' il mio attuale giudizio.
Quindi, occhio anche su questo tema serissimo.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Caro pancho.
alla Germania e ad alcuni altri paesi del nord va bene questa Europa, anche se politici tedeschi come Gregor Gysi hanno bene espresso il loro parere contrario alle attuali politiche nella lettera alla presidenza (vedi Grecia), tutti gli altri devono svegliarsi a ritrattare pari a pari con la Germania nuove regole .
In Italia sia da destra che da sinistra si deve mettere Renzi con le spalle al muro , non si può continuare così, o è in grado di far fronte alla Merkel con gli altri stati Grecia, Spagna, Portogallo, Francia o vada a casa. Se l'Italia prendesse posizione in modo chiaro anche gli altri troverebbero conveniente far parte del gruppo.
alla Germania e ad alcuni altri paesi del nord va bene questa Europa, anche se politici tedeschi come Gregor Gysi hanno bene espresso il loro parere contrario alle attuali politiche nella lettera alla presidenza (vedi Grecia), tutti gli altri devono svegliarsi a ritrattare pari a pari con la Germania nuove regole .
In Italia sia da destra che da sinistra si deve mettere Renzi con le spalle al muro , non si può continuare così, o è in grado di far fronte alla Merkel con gli altri stati Grecia, Spagna, Portogallo, Francia o vada a casa. Se l'Italia prendesse posizione in modo chiaro anche gli altri troverebbero conveniente far parte del gruppo.
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Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
C’E’ VITA A SINISTRA – STAVOLTA SPONTANEAMENTE NON NASCE NULLA (O TROPPO)
di Alfonso Gianni – 5 agosto 2015
L’editoriale di Norma Rangeri «C’é vita a sinistra», ha il pregio di andare al nocciolo della questione. In un contesto ove il «benaltrismo» è assai diffuso ed è una delle facce dell’immobilismo, è una occasione da non sprecare.
In Italia non esiste una sinistra degna di questo nome per spessore di pensiero, qualità di proposta, massa critica. È una condanna eterna, una sorta di legge del contrappasso?
No, ma è una condizione reale che ha cause profonde. Lasciamo per un attimo da parte, senza dimenticarle mai, quelle più strutturali derivanti dalla devastazione operata nel tessuto sociale dai processi indotti dal moderno capitalismo e dal suo mantra neoliberista. Limitiamoci agli aspetti più propriamente politici.
Si diceva che la degenerazione del Pd avrebbe aperto praterie a sinistra. Sbagliato. Ha lasciato un deserto dove spontaneamente cresce solo il rancore. Questo si può anche tramutare in populismo più o meno teleguidato. Ma questo è in altre mani, in quelle di Renzi, nella versione più classica del populismo dall’alto, in quella di Grillo in una versione più ibrida, attraversata anche da spunti contradditori che andrebbero disarticolati, se esistesse una forza in grado di farlo. La strada del populismo di sinistra, oltre che incongrua per una sinistra di progetto, è comunque già abbondantemente occupata.
Che fare allora? Modelli cui ispirarsi non ce ne sono. Equivarrebbe a cercare la chiave sotto il lampione solo perché lì c’è la luce. Lo vediamo anche per le migliori esperienze in atto in Europa, nostro terreno privilegiato di scontro. Tsipras stesso ha pronunciato parole fin troppo dure e autocritiche rispetto alo stato della sua organizzazione, soprattutto in relazione alle nuove responsabilità di governo. Podemos sta ragionando sulla straordinaria occasione che le prossime elezioni potrebbero offrire. Ma qualche nuvola si sta addensando, come l’eventuale rottura tra la formazione di Iglesias e Izquierda Unida, che curverebbe a destra l’asse di una nuova possibile coalizione di governo.
Dobbiamo perciò fare da soli. La cosa più nociva è dare spazio alla contrapposizione dall’alto/dal basso; dai (micro)partiti/dai movimenti. La realtà è più acida.
Tra questi ultimi né gli uni né gli altri attraversano periodi di grande fulgore. Contrapporli è un suicidio. D’altro canto chi decide cos’é l’alto e cos’è il basso? Ogni ambito ha il suo. Nella sfera della politica, quanto entro i movimenti. Chi li pratica sa bene come il leaderismo alberga anche in questi ultimi.
Ad esempio se alcuni deputati si uniscono per formare un nuovo gruppo che si richiama all’Altra Europa con Tsipras, possono apparire l’alto, che so io, rispetto al movimento dell’occupazione delle case, ma sono il basso nel loro ambito, rispetto ai vertici e ceti politici dominanti nella politica politicienne. Infine chi ha qualche anno di vita politica alle spalle sa che frequentando partiti o movimenti finisce spesso per incontrarvi le stesse persone, anche se per fortuna non tutte e solo le stesse.
La divisione è quindi spesso artificiale o funzionale, antropologicamente inesistente.
È giusto allora chiedere che ognuno faccia quello che deve e può nella sua sfera d’azione e di influenza. Al massimo delle proprie capacità, senza contrapporsi ad altri livelli. Questo è il processo costituente.
Se riesce ad affondare le proprie radici nel tessuto sociale si può parlare anche di qualche cosa di più: di un potere costituente che si contrappone a quello costituito delle elites economico finanziarie, che alcuni chiameranno capitale globale, altri oligarchie. Ma, ai giorni nostri, non sarebbero differenze semantiche inconciliabili.
Per avviare questo processo c’è bisogno che qualcuno lo inizi. Spontaneamente non nasce. O ne nascono troppi, in lotta tra loro con fallimento incorporato.
Riunificare ciò che c’è alla sinistra del Pd e che si pone in alternativa ad esso, non è la soluzione del problema, ma può esserne una precondizione. Un segnale di controtendenza rispetto alla frammentazione. Un’operazione preventiva di igiene politica.
Il gramsciano spirito di scissione va esercitato su ben altre questioni, quali quelle che separano il renzismo e la morente socialdemocrazia europea da una sinistra. Non ha senso chiamarlo in causa per indorare la pillola della pura sopravvivenza di misere rendite di posizione.
Certo, ripresentare gli stessi volti più volte puniti dalle «dure lezioni della storia» non reggerebbe neppure per un’operazione minimale. La costruzione di un nuovo gruppo dirigente è consustanziale all’avvio del processo costituente. Per sapere se ci sono le figure adatte bisogna metterle alla prova. Non conosco altro metodo.
pubblicato su il manifesto del 5 agosto 2015
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- Iscritto il: 21/02/2012, 19:25
Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA
Per rispondere a Iospero sopra( http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 886#p40886 ) inserisco alcune polemiche fra Marx e Bakunin che ritengo molto attuali ed e' pèproprio per queste analisi di Bakunin che ho poca fiducia che si possa costruire veramente qualcosa di nuovo da contrapporre all'egoismo innato nelle persone. Solo la cultura potrebbe darci una mano ma anche qui userei il condizionale visto cosa ci insegna la storia anche del passato recente.
"Marx, sempre attivo nel polemizzare con Bakunin, lesse un suo opuscoletto ("Stato e anarchia"), e vi scrisse dei commenti. Eccone uno stralcio[11]:
Bakunin: «Il suffragio universale tramite il quale il popolo intero elegge i suoi rappresentanti e i governanti dello Stato - questa è l'ultima parola dei marxisti e della scuola democratica. Tutte queste sono menzogne che nascondono il dispotismo di una minoranza che detiene il governo, menzogne tanto più pericolose in quanto questa minoranza si presenta come espressione della cosiddetta volontà popolare»
Marx: «Con la collettivizzazione della proprietà, la cosiddetta volontà popolare scompare per lasciare spazio alla volontà reale dell'ente cooperativo»
Bakunin: «Risultato: il dominio esercitato sulla grande maggioranza del popolo da parte di una minoranza di privilegiati. Ma, dicono i marxisti, questa minoranza sarà costituita da lavoratori. Si, certo, ma da ex lavoratori che, una volta diventati rappresentanti o governanti del popolo, cessano di essere lavoratori»
Marx: «Non più di quanto un industriale oggi cessi di essere un capitalista quando diventa membro del consiglio comunale»
Bakunin: «E dall'alto dei vertici dello Stato cominciano a guardare con disprezzo il mondo comune dei lavoratori. Da quel punto in poi non rappresentano più il popolo, ma solo se stessi e le proprie pretese di governare il popolo. Chi mette in dubbio ciò dimostra di non conoscere per niente la natura umana»
Marx: «Se solo il signor Bakunin avesse la minima familiarità anche solo con la posizione di un dirigente di una cooperativa di lavoratori, butterebbe alle ortiche tutti i suoi incubi sull'autorità»
In realtà, riguardo alla realtà russa (dopo la rivoluzione d'ottobre del 1917), sarà Bakunin ad avere ragione"
Quanto sopra mi sembra di averlo gia' citato perche gira e rigira siamo costretti sempre a cadere sullo stesso punto.
Qualche tempo fa detti ragione a Bakunin e son costretto ancor oggi a dargli ragione poiche nulla e' cambiato da allora e da come stanno le "teste" di questo populino credo che non cambierò idea nemmeno domani.
Però voglio precisare che son sempre pronto a rimangiarmi tutto e lo farei con molto piacere qualora anche uno solo di voi fosse in grado di darmi delle alternative esaurienti:
un salutone
"Marx, sempre attivo nel polemizzare con Bakunin, lesse un suo opuscoletto ("Stato e anarchia"), e vi scrisse dei commenti. Eccone uno stralcio[11]:
Bakunin: «Il suffragio universale tramite il quale il popolo intero elegge i suoi rappresentanti e i governanti dello Stato - questa è l'ultima parola dei marxisti e della scuola democratica. Tutte queste sono menzogne che nascondono il dispotismo di una minoranza che detiene il governo, menzogne tanto più pericolose in quanto questa minoranza si presenta come espressione della cosiddetta volontà popolare»
Marx: «Con la collettivizzazione della proprietà, la cosiddetta volontà popolare scompare per lasciare spazio alla volontà reale dell'ente cooperativo»
Bakunin: «Risultato: il dominio esercitato sulla grande maggioranza del popolo da parte di una minoranza di privilegiati. Ma, dicono i marxisti, questa minoranza sarà costituita da lavoratori. Si, certo, ma da ex lavoratori che, una volta diventati rappresentanti o governanti del popolo, cessano di essere lavoratori»
Marx: «Non più di quanto un industriale oggi cessi di essere un capitalista quando diventa membro del consiglio comunale»
Bakunin: «E dall'alto dei vertici dello Stato cominciano a guardare con disprezzo il mondo comune dei lavoratori. Da quel punto in poi non rappresentano più il popolo, ma solo se stessi e le proprie pretese di governare il popolo. Chi mette in dubbio ciò dimostra di non conoscere per niente la natura umana»
Marx: «Se solo il signor Bakunin avesse la minima familiarità anche solo con la posizione di un dirigente di una cooperativa di lavoratori, butterebbe alle ortiche tutti i suoi incubi sull'autorità»
In realtà, riguardo alla realtà russa (dopo la rivoluzione d'ottobre del 1917), sarà Bakunin ad avere ragione"
Quanto sopra mi sembra di averlo gia' citato perche gira e rigira siamo costretti sempre a cadere sullo stesso punto.
Qualche tempo fa detti ragione a Bakunin e son costretto ancor oggi a dargli ragione poiche nulla e' cambiato da allora e da come stanno le "teste" di questo populino credo che non cambierò idea nemmeno domani.
Però voglio precisare che son sempre pronto a rimangiarmi tutto e lo farei con molto piacere qualora anche uno solo di voi fosse in grado di darmi delle alternative esaurienti:
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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