Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Lottizzazione della RAI peggio che ai tempi del CAF.
Mafia Capitale che invischia sempre di più sia il PD che tutti gli altri partiti e per impedire elezioni devastanti a Roma si cerca di insabbiare tutto perché se casca Marino non si sa più cosa potrebbe accadere, nel frattempo Roma è ormai una città allo sbando.
Napolitano che invece di fare il bisnonno a tempo pieno ancora mette pesantemente voce nella politica italica dato che i danni fatti negli 8 anni di presidenza non sono bastati.
Possibile che non si riesca a trovare uno spiraglio di positività in questo paese?
Mafia Capitale che invischia sempre di più sia il PD che tutti gli altri partiti e per impedire elezioni devastanti a Roma si cerca di insabbiare tutto perché se casca Marino non si sa più cosa potrebbe accadere, nel frattempo Roma è ormai una città allo sbando.
Napolitano che invece di fare il bisnonno a tempo pieno ancora mette pesantemente voce nella politica italica dato che i danni fatti negli 8 anni di presidenza non sono bastati.
Possibile che non si riesca a trovare uno spiraglio di positività in questo paese?
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Re: Diario della caduta di un regime.
Mi pare che Marino stia lavorando per togliere di mezzo alcuni che in questi anni hanno fatto i loro comodi (v. gli abusivi o i proprietari delle spiagge che facevano pagare per entrare) e ha chiuso Malagrotta. Renzi voleva che se ne andasse. Su alcune cose, come il trasporto pubblico, volevo prendesse una posizione più decisa e risolvesse una volta per tutte uno dei problemi più grandi che affliggono la città, che è in fondo facendosi battere anche dalle città spagnole e alcuni stati più indietro nell'Europa. Ma se ci sono le elezioni se vincono i 5 stelle non costruiranno neanche 1 metro di rotaie.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Marino sembra Don Chisciotte... Renzi lo avrebbe già rottamato se non avesse la certezza di perdere poi il Campidoglio.
Per risolvere i problemi del trasporto pubblico, della raccolta dell'immondizia e della corruzione dei VV.UU. ci vorrebbero gli extraterrestri a Roma...
Per risolvere i problemi del trasporto pubblico, della raccolta dell'immondizia e della corruzione dei VV.UU. ci vorrebbero gli extraterrestri a Roma...
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Re: Diario della caduta di un regime.
Rispondendo sia a Cielo70 che a Maucat posso dire poco su Roma perche non sono molto addentrato sui problemi di questa citta.
Mi attengo solo alle dichiarazioni di oggi da parte di un nuovo assessore capitolino che riguardo la differenziata oggi Roma supera Berlino di poco ma la supera.(42-43%).
Detto questo non nascondo le preoccupazioni generalizzate che si sente in giro anche se tutte queste provengono dai media e, come sappiamo tutti, questi media hanno i loro obiettivi da rendere poi al loro editore.
Tutte le gfrosse citta metropolitane del mondo soffrono di grossi problemi che questi non possono essere risolti come avviene in una normale citta'. Ci vogliono persone i i cosidetti quadrati e con poteri un po diversi dagli attuali poiche proprio in queste città/stato si annidano sia poteri forti che collusioni mafiose.
A tutto questo se poi ci si deve aggiungere la lotta interna politica abbiamo fatto bingo e rendiamo tutto piu' difficile.
Su Marino che posso dire? Come persona lo stimo e nello stesso tempo mi chiedo ma che glielo ha fatto fare tornare in Italia a far politica con questi masnadieri e magari facendosi sputtanare ai 4 venti!!
Questa città come altre, soffre di politiche sbagliate per lunghi decenni e quando si incrudiscono queste cose e' assai difficile venirne fuori. Troppi intrallazzi e connivenze che destano sospetti da decenni.
Che poi Marino non abbia avuto il polso duro in queste vicende e messo in chiaro fin dall'inizio che non avrebbe mai voluto condizionamenti politici sul scegliere i suoi assessori, forse di questo posso incolparlo.
Ma puo' essere questo io motivo per sfiduciarlo e mandarlo a casa come vorrebbero molti del PD, quelli renzoti?
Io personalmente, nel mio piccolo, credo di no poiche i problemi son ben altri oltre all'onesta delle persone.
Cmq, ripeto ancora, che non sono addentrato su questo tema se non leggendo i giornali e facendo su questi tutte le mie elucubrazioni mentali per non cadere nella loro trappola.
Certo non basta essere esempio di onesta anche se questa e' importante. Bisogna avere una squadra all'altezza sia di onesta che di capacita amministrativa e tutti insieme avere gli stessi obiettivi finali.
Purtroppo se esistono forti contraddizioni interne aventi anche obiettivi diversi, e' difficile che non si arrivi a questo.
E poi prendere come capo espiatorio il solo Sindaco sapendo spudoratamente che la giunta e' stata imposta dal partito e frutto di compromessi con obiettivi distanti fra loro oltre che sudorato e' anche disonesto sapendo di esserlo
un salutone
Mi attengo solo alle dichiarazioni di oggi da parte di un nuovo assessore capitolino che riguardo la differenziata oggi Roma supera Berlino di poco ma la supera.(42-43%).
Detto questo non nascondo le preoccupazioni generalizzate che si sente in giro anche se tutte queste provengono dai media e, come sappiamo tutti, questi media hanno i loro obiettivi da rendere poi al loro editore.
Tutte le gfrosse citta metropolitane del mondo soffrono di grossi problemi che questi non possono essere risolti come avviene in una normale citta'. Ci vogliono persone i i cosidetti quadrati e con poteri un po diversi dagli attuali poiche proprio in queste città/stato si annidano sia poteri forti che collusioni mafiose.
A tutto questo se poi ci si deve aggiungere la lotta interna politica abbiamo fatto bingo e rendiamo tutto piu' difficile.
Su Marino che posso dire? Come persona lo stimo e nello stesso tempo mi chiedo ma che glielo ha fatto fare tornare in Italia a far politica con questi masnadieri e magari facendosi sputtanare ai 4 venti!!
Questa città come altre, soffre di politiche sbagliate per lunghi decenni e quando si incrudiscono queste cose e' assai difficile venirne fuori. Troppi intrallazzi e connivenze che destano sospetti da decenni.
Che poi Marino non abbia avuto il polso duro in queste vicende e messo in chiaro fin dall'inizio che non avrebbe mai voluto condizionamenti politici sul scegliere i suoi assessori, forse di questo posso incolparlo.
Ma puo' essere questo io motivo per sfiduciarlo e mandarlo a casa come vorrebbero molti del PD, quelli renzoti?
Io personalmente, nel mio piccolo, credo di no poiche i problemi son ben altri oltre all'onesta delle persone.
Cmq, ripeto ancora, che non sono addentrato su questo tema se non leggendo i giornali e facendo su questi tutte le mie elucubrazioni mentali per non cadere nella loro trappola.
Certo non basta essere esempio di onesta anche se questa e' importante. Bisogna avere una squadra all'altezza sia di onesta che di capacita amministrativa e tutti insieme avere gli stessi obiettivi finali.
Purtroppo se esistono forti contraddizioni interne aventi anche obiettivi diversi, e' difficile che non si arrivi a questo.
E poi prendere come capo espiatorio il solo Sindaco sapendo spudoratamente che la giunta e' stata imposta dal partito e frutto di compromessi con obiettivi distanti fra loro oltre che sudorato e' anche disonesto sapendo di esserlo
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Diario della caduta di un regime.
Palazzo
Matteo Renzi è caduto dal cavallo della Rai
Da sempre le svolte politiche maturano in Parlamento e nei partiti, ma poi si sperimentano nella tv pubblica. Così le sue nomine, dai consiglieri a Campo Dall'Orto, mostrano l'invecchiamento precoce della rivoluzione renziana
di Marco Damilano
06 agosto 2015
«Sono dolente che per il modo con cui si svolgono le cose non mi sia possibile darle le consegne e porgerle di persona il mio saluto augurale: voglia credere che questo, anche se dato per lettera, è fervidissimo e che per l'affetto che ho preso alla Rai in 15 mesi di Presidenza mi dà una sincera soddisfazione di sapere che passa nelle sue mani esperte...». Era l'inizio di agosto anche allora, quasi settant'anni fa. Il 2 agosto 1946: con un biglietto su carta intestata dell'Eiar corretta a macchina con la scritta "Il Presidente Rai", il primo presidente dell'azienda dopo la Liberazione del 1945 Arturo Carlo Jemolo salutava il suo successore, Giuseppe Spataro.
Jemolo era uno storico e giurista insigne, fuori dai partiti. Spataro era uno dei fondatori della Dc (le prime riunioni clandestine del partito si erano svolte nella sua casa romana), il sottosegretario per la stampa e l'informazione, un notabile potente che per tutta la sua presidenza (1946-1950) resterà deputato e nella direzione di piazza del Gesù.
vedi anche:
antonio campo dall orto
Rai, dopo Monica Maggioni presidente
Renzi punta a Campo Dall'Orto come dg
Confermata la giornalista come presidente della Rai ora tocca alla casella del direttore generale, che sarà Antonio Campo Dall’Orto. Sorvolando sui debiti lasciati a La7
Eccolo tracciato, una volta per tutte, il dna della Rai. Regola numero uno: le nomine da sempre si fanno in estate, all'inizio di agosto. Regola numero due: le svolte politiche maturano in Parlamento e nei partiti, ma si sperimentano prima nelle stanze della grande azienda del servizio pubblico.
Di cosa parliamo, quando parliamo di Rai? Le nomine in viale Mazzini eccitano la fantasia di politici, giornalisti e operatori del settore più di Sanremo, campionato di calcio e premio Strega messi insieme ma raccoglie l'indifferenza del pubblico. Sbagliando, però. La Rai anticipa e riflette la politica, più che lo schermo e uno specchio.
Breve storia, abbiate pazienza.
vedi anche:
maggioni-jpg
Rai, Monica Maggioni designata Presidente
Il Tesoro indica la direttrice di Rainews. Per il Dg, invece, Renzi vuole Antonio Campo Dall’Orto, ex La7. Il sindacato dei giornalisti Rai protesta: «Non spetta al governo fare il nome». Per il Cda polemiche sui pensionati eletti, per la legge Madia dovranno lavorare gratis
Nel 1945-46 l'epurazione di Jemolo e l'arrivo di Spataro anticipa in Rai la lunga stagione politica dell'egemonia democristiana. Nel 1961 viene nominato direttore generale un fiorentino di 41 anni che si chiama Ettore Bernabei. Direttore del “Popolo”, uomo di Amintore Fanfani, sembra l'ennesimo democristiano parcheggiato in Rai in vista di altri incarichi. Invece durerà fino al 1974. E sotto la sua guida da «tiranno illuminato», come lo definirà molti anni dopo Andrea Barbato, la televisione diventerà uno dei motori della modernizzazione italiana e strumento decisivo di lotta politica.
Nel 1975, quarant'anni fa, c'è la prima riforma della Rai. Viene limitato il potere del governo e della Dc (con gli alleati minori, i socialisti, i famelici socialdemocratici) di nominare i vertici di viale Mazzini. La nomina del Cda Rai viene consegnata al Parlamento, alla commissione parlamentare di vigilanza in cui c'è anche il Pci di Berlinguer che quell'anno stravince le elezioni amministrative e aspira a diventare forza di governo. «La Rai comincia a riflettere la dialettica culturale e sociale del Paese e la sua articolazione diventa più complessa, meno monopolitica e centralizzata», esulta il giovane responsabile stampa del Psi che si chiama, indovinate?, Fabrizio Cicchitto. E nasce la sequenza Fibonacci di viale Mazzini, il numero magico 732111: sette consiglieri Dc, tre socialisti, 2 comunisti, uno a testa al Psdi, Pri e Pli. Un anno dopo partono il Tg1 democristiano (direttore il moroteo Emilio Rossi, ferito alle gambe dalle Br nove mesi prima della strage di via Fani) e il Tg2 laico, con la direzione di Andrea Barbato.
vedi anche:
Renzi
Come ti lottizzo la Rai: ecco chi sono i nuovi sette consiglieri del Cda
Lo spin doctor di Matteo Renzi e quello di Fitto. L’ex deputato forzista Mazzuca. La storica dell’arte vicina a Orfini. L’ex presidente della Fnsi. La commissione di Vigilanza elegge il Cda Rai. E l’unico che viene dalla tv è Freccero, eletto dai 5 stelle e da Sel
Una breve stagione di libertà e di concorrenza, la professionalità del Tg1, il più autorevole canale di informazione e il Tg2 corsaro di Barbato, nell'Italia degli anni Settanta delle radio libere, dei primi esperimenti di tv via cavo e della scalata di Silvio Berlusconi. Alla fine di luglio 1977, sempre in estate, il Pci rientra per la prima volta nella lottizzazione: direttore dell'informazione regionale è il dc irpino Biagio Agnes, il condirettore è il capo della Federstampa, appena assunto in Rai, il “compagno scomodo” Sandro Curzi. «Lottizzano anche i comunisti», titola il “Corriere” (29 luglio 1977).
Domenica 7 dicembre 1986 è un'altra data storica per la tv italiana: per la prima volta l'Auditel fotografa i rapporti di forza tra la Rai e la Fininvest, il cavallo di viale Mazzini ne esce agonizzante, l'audience del servizio pubblico è appena tre punti sopra quella del Biscione. «La Rai era in gravissima crisi, doveva cercare una fetta di pubblico molto fedele ma che fino a quel punto era rimasto escluso dalla tv», ha ricordato Enrico Menduni, all'epoca consigliere di amministrazione in quota Pci.
«Gli unici erano i comunisti. Furono loro i nostri “taxi della Marna”, gli arruolati dell'ultima ora che ci fecero vincere la battaglia decisiva». Decidono in tre, a tavola, nella saletta riservata di un ristorante del centro di Roma: il dc Agnes, il socialista Enrico Manca (quello che ha cacciato Beppe Grillo dalla tv di Stato) e il comunista Walter Veltroni, giovane responsabile informazione di Botteghe Oscure.
Monica Maggioni con Matteo Renzi...
Monica Maggioni con Matteo Renzi durante un dibattito tv
Al Pci va la direzione di Raitre con Angelo Guglielmi e la direzione del tg3 con Curzi: le due anime, l'intellettuale di avanguardia e il giornalista di partito. Il Pci riporta una paradossale vittoria nel momento del suo minimo elettorale, alla vigilia del crollo del muro di Berlino e del cambio del nome. Per il sistema politico la tripartizione Dc-Psi-Pci è la lottizzazione perfetta. E invece è vicina la fine, Tangentopoli e la Seconda Repubblica. I partiti tradizionali spariscono dalla scena in pochi mesi. Al loro posto i due super-partiti che si sono formati sulle guerre mediatiche ed editoriali degli anni Ottanta-Novanta: il partito Rai, la sinistra Dc, il Pci. E il partito Fininvest di Berlusconi, Gianni Letta, Confalonieri, i socialisti, la destra dc. Il bipolarismo all'italiana, prima che dalle leggi elettorali, nasce dalla televisione. Ancora pensate che la tv non c'entri nulla con il resto del Paese?
Nel 1993 c'è un ritorno all'antico modello Jemolo, la Rai dei professori fuori dai partiti. Dura pochissimo. E nel 2005 la legge Gasparri consacra il ritorno in grande stile della lottizzazione partitica, con la vigilanza che elegge il cda e il governo che sceglie il direttore generale. A ciascuno il suo: ex direttori di giornali di partito, ex parlamentari, ex capi uffici stampa. E tutti contenti.
Arriviamo, finalmente, a oggi. Cosa dice questa tornata di nomine in viale Mazzini dello stato di salute del governo Renzi e della politica italiana? Il premier gioca a dire che non è colpa sua se è stato costretto a scegliere i nomi con i metodi del passato perché la legge Gasparri non è stata eliminata: la colpa è sempre colpa degli altri. Ma se non cambia la musica, cambiano i suonatori. E il concerto, già mediocre, rischia di trasformarsi in un'assordante cacofonia. Partiamo dalle dichiarazioni di principio: «Fuori i partiti dalla Rai.
La governance della Tv pubblica dev’essere riformulata sul modello Bbc (Comitato Strategico nominato dal Presidente della Repubblica che nomina i membri del Comitato Esecutivo, composto da manager, e l’Amministratore Delegato). L’obiettivo è tenere i partiti politici fuori dalla gestione della televisione pubblica».
Recitava così il punto numero 17 del programma dei cento punti presentato da Renzi alla stazione Leopolda nel 2011. In quell'edizione l'econonista Luigi Zingales (nominato in seguito dal governo Renzi nel cda Eni da cui si è di recente dimesso) era stato travolto dagli applausi quando aveva tuonato contro i premiati per fedeltà al boss partitico di turno: «L’Italia è governata dai peggiori. L’80 per cento dei manager dichiara che la principale strada per arrivare al successo è la conoscenza di una persona importante, poi ci sono lealtà e obbedienza, la competenza arriva solo quinta».
Conoscenza o competenza? Guelfo Guelfi, per provenienza geografica, si presenta dal nome e dal cognome. La sua unica competenza, pare, sono le campagne di comunicazione della provincia di Firenze presieduta da Renzi. Ex lottacontinuista di piazza, testimone al processo Sofri-Calabresi, ma i giudici credettero a Leonardo Marino e non a lui, oggi è stato collocato nel cda Rai, una perfetta parabola craxiana.
Rita Borioni, nominata dal giovane turco Orfini, confessa di candidamente di non vedere Sky e ha all'attivo in tv il programma Stendhal per Red-tv, la rete di D'Alema che ha seguito il destino di tutte le iniziative del leader massimo, cioè il disastro. E di lei si potrebbe dire quello che gridava nel 1958 il capogruppo del Pci Pietro Ingrao nell'aula di Montecitorio chiedendo di sapere «a che titolo» il ministro delle Finanze Giulio Andreotti avesse nominato il suo collaboratore Franco Evangelisti nel cda della Rai: «Per quale merito? Nessuno riesce a saperlo. Per capacità giornalistiche? Non risulta a nessuno. Per doti particolari di amministratore? Non abbiamo notizie. Almeno informateci su questo punto!». Chissà cosa risponderebbe oggi Orfini. Perché sulla Rai, ahinoi, le domande sono sempre le stesse. Solo che cala la qualità delle risposte.
Il merito? Ciascuno può giudicare: i successi del sindacato giornalisti guidato da Franco Siddi, la qualità dei consigli di Paolo Messa all'Udc e al ministro Corrado Clini, gli ascolti di Rainews 24 della neo-presidente, la bravissima Monica Maggioni, le copie vendute dai giornali del simpaticissimo Arturo Diaconale e di Giancarlo Mazzuca, il bilancio di La7 diretta da Antonio Campo Dall'Orto, altro uomo della Leopolda.
vedi anche:
diaconale2-jpg
Diaconale, chi è il berlusconiano del cda Rai
Da sempre vicino alla destra, tra l'ex Cav. e Storace. Il suo giornale, con ben pochi lettori, è campione di finanziamenti pubblici. Oggi Diaconale non vuole lavorare gratis per l'azienda televisiva, come impone la legge Madia. I suoi giornalisti, però, aspettano ancora 10 mesi di arretrati
Nel 2011 si chiedeva al raduno renziano: «Chi sono le persone che ispirano i giovanissimi?», con una risposta non esattamente all'insegna dell'innovazione: «Le ricerche dicono: gli amici, il papà, la mamma». Rimane Carlo Freccero, indicato dal Movimento 5 Stelle (e da Sel) che ha compiuto la prima vera operazione politica della legislatura, semplice, pulita: votare il migliore. Perché c'è il merito, non sempre uno vale uno, Freccero per genio e sregolatezza vale tutti gli altri consiglieri messi insieme. Ed è stato lui a definire il renzismo in un'intervista a Daniela Preziosi sul "Manifesto" (30 ottobre 2014) come «fanfanismo digitale»: «Renzi fa un racconto consolatorio, una storia a lieto fine, come una soap opera. C'è la crisi e la gente non vuole essere angosciata. Il politico oggi ha il compito di tranquillizzare, infondere fiducia. Come le monarchie di una volta».
In ogni caso, come si dice, non è colpa dei nominati ma di chi ce li ha messi. E le nomine Rai mostrano l'invecchiamento precoce della rivoluzione renziana. Più che fanfanismo digitale è craxismo terminale. Non si vede per ora un disegno, un progetto, un'idea. Orfini vorrebbe essere il nuovo Togliatti, ma qui non ci sono le masse proletarie da portare nei luoghi di potere per combattere i comitati d'affari della borghesia. Non c'è la borghesia e neppure i partiti, ma piccoli circuiti di amici che si auto-assegnano qualche identità di circostanza per coprire il vuoto. Dalla grande massoneria alle loggette di provincia. Dalle sezioni del grande Pci al potere spartito con la playstation, davanti a un bigliardino. Dai potenti sindacati anni Settanta ai professionisti della (s)concertazione. Dai grandi quotidiani alle gazzette senza lettori e forse senza redattori. Dai poteri forti alle micro-lobby romane. Dal professionismo al rampantismo...
L'ennesima spartizione agostana dal 1946 a oggi, il delitto di mezza estate del 2015 è l'auto-rappresentazione di un potere in crisi, di una classe dirigente evaporata. E Matteo Renzi che si era candidato a fare la rottamazione, ancora una volta, dimostra che è più facile galleggiare sul nulla, cullarsi sui vizi del passato piuttosto che provare a costruire una nuova classe dirigente. Questa nuova-vecchia Rai è per paradosso la più anti-renziana che si possa immaginare, nel senso del Renzi prima maniera che sfoggiava autonomia, coraggio, capacità di dire di no al capo. Mentre ora il Renzi 2 sta per mettere la faccia e la firma su una nuova stagione di conformismo. L'ideologia delle buone notizie, come si chiamava ai tempi di Bernabei e della Dc, che però, almeno, sapevano raccontare il Paese.
Il cavallo di bronzo dello scultore Francesco Messina di fronte al palazzo del potere Rai di viale Mazzini è piazzato lì a testimoniare le tristi sorti dei conquistatori della tv di Stato. Nelle intenzioni dovrebbe rappresentare un destriero rampante, ma nell'immaginario si è capovolto nel suo opposto: l'ippogrifo che non riesce ad alzarsi in volo, il cavallo morente. Un simbolo rovesciato. Come il renzismo di oggi.
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO
Matteo Renzi è caduto dal cavallo della Rai
Da sempre le svolte politiche maturano in Parlamento e nei partiti, ma poi si sperimentano nella tv pubblica. Così le sue nomine, dai consiglieri a Campo Dall'Orto, mostrano l'invecchiamento precoce della rivoluzione renziana
di Marco Damilano
06 agosto 2015
«Sono dolente che per il modo con cui si svolgono le cose non mi sia possibile darle le consegne e porgerle di persona il mio saluto augurale: voglia credere che questo, anche se dato per lettera, è fervidissimo e che per l'affetto che ho preso alla Rai in 15 mesi di Presidenza mi dà una sincera soddisfazione di sapere che passa nelle sue mani esperte...». Era l'inizio di agosto anche allora, quasi settant'anni fa. Il 2 agosto 1946: con un biglietto su carta intestata dell'Eiar corretta a macchina con la scritta "Il Presidente Rai", il primo presidente dell'azienda dopo la Liberazione del 1945 Arturo Carlo Jemolo salutava il suo successore, Giuseppe Spataro.
Jemolo era uno storico e giurista insigne, fuori dai partiti. Spataro era uno dei fondatori della Dc (le prime riunioni clandestine del partito si erano svolte nella sua casa romana), il sottosegretario per la stampa e l'informazione, un notabile potente che per tutta la sua presidenza (1946-1950) resterà deputato e nella direzione di piazza del Gesù.
vedi anche:
antonio campo dall orto
Rai, dopo Monica Maggioni presidente
Renzi punta a Campo Dall'Orto come dg
Confermata la giornalista come presidente della Rai ora tocca alla casella del direttore generale, che sarà Antonio Campo Dall’Orto. Sorvolando sui debiti lasciati a La7
Eccolo tracciato, una volta per tutte, il dna della Rai. Regola numero uno: le nomine da sempre si fanno in estate, all'inizio di agosto. Regola numero due: le svolte politiche maturano in Parlamento e nei partiti, ma si sperimentano prima nelle stanze della grande azienda del servizio pubblico.
Di cosa parliamo, quando parliamo di Rai? Le nomine in viale Mazzini eccitano la fantasia di politici, giornalisti e operatori del settore più di Sanremo, campionato di calcio e premio Strega messi insieme ma raccoglie l'indifferenza del pubblico. Sbagliando, però. La Rai anticipa e riflette la politica, più che lo schermo e uno specchio.
Breve storia, abbiate pazienza.
vedi anche:
maggioni-jpg
Rai, Monica Maggioni designata Presidente
Il Tesoro indica la direttrice di Rainews. Per il Dg, invece, Renzi vuole Antonio Campo Dall’Orto, ex La7. Il sindacato dei giornalisti Rai protesta: «Non spetta al governo fare il nome». Per il Cda polemiche sui pensionati eletti, per la legge Madia dovranno lavorare gratis
Nel 1945-46 l'epurazione di Jemolo e l'arrivo di Spataro anticipa in Rai la lunga stagione politica dell'egemonia democristiana. Nel 1961 viene nominato direttore generale un fiorentino di 41 anni che si chiama Ettore Bernabei. Direttore del “Popolo”, uomo di Amintore Fanfani, sembra l'ennesimo democristiano parcheggiato in Rai in vista di altri incarichi. Invece durerà fino al 1974. E sotto la sua guida da «tiranno illuminato», come lo definirà molti anni dopo Andrea Barbato, la televisione diventerà uno dei motori della modernizzazione italiana e strumento decisivo di lotta politica.
Nel 1975, quarant'anni fa, c'è la prima riforma della Rai. Viene limitato il potere del governo e della Dc (con gli alleati minori, i socialisti, i famelici socialdemocratici) di nominare i vertici di viale Mazzini. La nomina del Cda Rai viene consegnata al Parlamento, alla commissione parlamentare di vigilanza in cui c'è anche il Pci di Berlinguer che quell'anno stravince le elezioni amministrative e aspira a diventare forza di governo. «La Rai comincia a riflettere la dialettica culturale e sociale del Paese e la sua articolazione diventa più complessa, meno monopolitica e centralizzata», esulta il giovane responsabile stampa del Psi che si chiama, indovinate?, Fabrizio Cicchitto. E nasce la sequenza Fibonacci di viale Mazzini, il numero magico 732111: sette consiglieri Dc, tre socialisti, 2 comunisti, uno a testa al Psdi, Pri e Pli. Un anno dopo partono il Tg1 democristiano (direttore il moroteo Emilio Rossi, ferito alle gambe dalle Br nove mesi prima della strage di via Fani) e il Tg2 laico, con la direzione di Andrea Barbato.
vedi anche:
Renzi
Come ti lottizzo la Rai: ecco chi sono i nuovi sette consiglieri del Cda
Lo spin doctor di Matteo Renzi e quello di Fitto. L’ex deputato forzista Mazzuca. La storica dell’arte vicina a Orfini. L’ex presidente della Fnsi. La commissione di Vigilanza elegge il Cda Rai. E l’unico che viene dalla tv è Freccero, eletto dai 5 stelle e da Sel
Una breve stagione di libertà e di concorrenza, la professionalità del Tg1, il più autorevole canale di informazione e il Tg2 corsaro di Barbato, nell'Italia degli anni Settanta delle radio libere, dei primi esperimenti di tv via cavo e della scalata di Silvio Berlusconi. Alla fine di luglio 1977, sempre in estate, il Pci rientra per la prima volta nella lottizzazione: direttore dell'informazione regionale è il dc irpino Biagio Agnes, il condirettore è il capo della Federstampa, appena assunto in Rai, il “compagno scomodo” Sandro Curzi. «Lottizzano anche i comunisti», titola il “Corriere” (29 luglio 1977).
Domenica 7 dicembre 1986 è un'altra data storica per la tv italiana: per la prima volta l'Auditel fotografa i rapporti di forza tra la Rai e la Fininvest, il cavallo di viale Mazzini ne esce agonizzante, l'audience del servizio pubblico è appena tre punti sopra quella del Biscione. «La Rai era in gravissima crisi, doveva cercare una fetta di pubblico molto fedele ma che fino a quel punto era rimasto escluso dalla tv», ha ricordato Enrico Menduni, all'epoca consigliere di amministrazione in quota Pci.
«Gli unici erano i comunisti. Furono loro i nostri “taxi della Marna”, gli arruolati dell'ultima ora che ci fecero vincere la battaglia decisiva». Decidono in tre, a tavola, nella saletta riservata di un ristorante del centro di Roma: il dc Agnes, il socialista Enrico Manca (quello che ha cacciato Beppe Grillo dalla tv di Stato) e il comunista Walter Veltroni, giovane responsabile informazione di Botteghe Oscure.
Monica Maggioni con Matteo Renzi...
Monica Maggioni con Matteo Renzi durante un dibattito tv
Al Pci va la direzione di Raitre con Angelo Guglielmi e la direzione del tg3 con Curzi: le due anime, l'intellettuale di avanguardia e il giornalista di partito. Il Pci riporta una paradossale vittoria nel momento del suo minimo elettorale, alla vigilia del crollo del muro di Berlino e del cambio del nome. Per il sistema politico la tripartizione Dc-Psi-Pci è la lottizzazione perfetta. E invece è vicina la fine, Tangentopoli e la Seconda Repubblica. I partiti tradizionali spariscono dalla scena in pochi mesi. Al loro posto i due super-partiti che si sono formati sulle guerre mediatiche ed editoriali degli anni Ottanta-Novanta: il partito Rai, la sinistra Dc, il Pci. E il partito Fininvest di Berlusconi, Gianni Letta, Confalonieri, i socialisti, la destra dc. Il bipolarismo all'italiana, prima che dalle leggi elettorali, nasce dalla televisione. Ancora pensate che la tv non c'entri nulla con il resto del Paese?
Nel 1993 c'è un ritorno all'antico modello Jemolo, la Rai dei professori fuori dai partiti. Dura pochissimo. E nel 2005 la legge Gasparri consacra il ritorno in grande stile della lottizzazione partitica, con la vigilanza che elegge il cda e il governo che sceglie il direttore generale. A ciascuno il suo: ex direttori di giornali di partito, ex parlamentari, ex capi uffici stampa. E tutti contenti.
Arriviamo, finalmente, a oggi. Cosa dice questa tornata di nomine in viale Mazzini dello stato di salute del governo Renzi e della politica italiana? Il premier gioca a dire che non è colpa sua se è stato costretto a scegliere i nomi con i metodi del passato perché la legge Gasparri non è stata eliminata: la colpa è sempre colpa degli altri. Ma se non cambia la musica, cambiano i suonatori. E il concerto, già mediocre, rischia di trasformarsi in un'assordante cacofonia. Partiamo dalle dichiarazioni di principio: «Fuori i partiti dalla Rai.
La governance della Tv pubblica dev’essere riformulata sul modello Bbc (Comitato Strategico nominato dal Presidente della Repubblica che nomina i membri del Comitato Esecutivo, composto da manager, e l’Amministratore Delegato). L’obiettivo è tenere i partiti politici fuori dalla gestione della televisione pubblica».
Recitava così il punto numero 17 del programma dei cento punti presentato da Renzi alla stazione Leopolda nel 2011. In quell'edizione l'econonista Luigi Zingales (nominato in seguito dal governo Renzi nel cda Eni da cui si è di recente dimesso) era stato travolto dagli applausi quando aveva tuonato contro i premiati per fedeltà al boss partitico di turno: «L’Italia è governata dai peggiori. L’80 per cento dei manager dichiara che la principale strada per arrivare al successo è la conoscenza di una persona importante, poi ci sono lealtà e obbedienza, la competenza arriva solo quinta».
Conoscenza o competenza? Guelfo Guelfi, per provenienza geografica, si presenta dal nome e dal cognome. La sua unica competenza, pare, sono le campagne di comunicazione della provincia di Firenze presieduta da Renzi. Ex lottacontinuista di piazza, testimone al processo Sofri-Calabresi, ma i giudici credettero a Leonardo Marino e non a lui, oggi è stato collocato nel cda Rai, una perfetta parabola craxiana.
Rita Borioni, nominata dal giovane turco Orfini, confessa di candidamente di non vedere Sky e ha all'attivo in tv il programma Stendhal per Red-tv, la rete di D'Alema che ha seguito il destino di tutte le iniziative del leader massimo, cioè il disastro. E di lei si potrebbe dire quello che gridava nel 1958 il capogruppo del Pci Pietro Ingrao nell'aula di Montecitorio chiedendo di sapere «a che titolo» il ministro delle Finanze Giulio Andreotti avesse nominato il suo collaboratore Franco Evangelisti nel cda della Rai: «Per quale merito? Nessuno riesce a saperlo. Per capacità giornalistiche? Non risulta a nessuno. Per doti particolari di amministratore? Non abbiamo notizie. Almeno informateci su questo punto!». Chissà cosa risponderebbe oggi Orfini. Perché sulla Rai, ahinoi, le domande sono sempre le stesse. Solo che cala la qualità delle risposte.
Il merito? Ciascuno può giudicare: i successi del sindacato giornalisti guidato da Franco Siddi, la qualità dei consigli di Paolo Messa all'Udc e al ministro Corrado Clini, gli ascolti di Rainews 24 della neo-presidente, la bravissima Monica Maggioni, le copie vendute dai giornali del simpaticissimo Arturo Diaconale e di Giancarlo Mazzuca, il bilancio di La7 diretta da Antonio Campo Dall'Orto, altro uomo della Leopolda.
vedi anche:
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Diaconale, chi è il berlusconiano del cda Rai
Da sempre vicino alla destra, tra l'ex Cav. e Storace. Il suo giornale, con ben pochi lettori, è campione di finanziamenti pubblici. Oggi Diaconale non vuole lavorare gratis per l'azienda televisiva, come impone la legge Madia. I suoi giornalisti, però, aspettano ancora 10 mesi di arretrati
Nel 2011 si chiedeva al raduno renziano: «Chi sono le persone che ispirano i giovanissimi?», con una risposta non esattamente all'insegna dell'innovazione: «Le ricerche dicono: gli amici, il papà, la mamma». Rimane Carlo Freccero, indicato dal Movimento 5 Stelle (e da Sel) che ha compiuto la prima vera operazione politica della legislatura, semplice, pulita: votare il migliore. Perché c'è il merito, non sempre uno vale uno, Freccero per genio e sregolatezza vale tutti gli altri consiglieri messi insieme. Ed è stato lui a definire il renzismo in un'intervista a Daniela Preziosi sul "Manifesto" (30 ottobre 2014) come «fanfanismo digitale»: «Renzi fa un racconto consolatorio, una storia a lieto fine, come una soap opera. C'è la crisi e la gente non vuole essere angosciata. Il politico oggi ha il compito di tranquillizzare, infondere fiducia. Come le monarchie di una volta».
In ogni caso, come si dice, non è colpa dei nominati ma di chi ce li ha messi. E le nomine Rai mostrano l'invecchiamento precoce della rivoluzione renziana. Più che fanfanismo digitale è craxismo terminale. Non si vede per ora un disegno, un progetto, un'idea. Orfini vorrebbe essere il nuovo Togliatti, ma qui non ci sono le masse proletarie da portare nei luoghi di potere per combattere i comitati d'affari della borghesia. Non c'è la borghesia e neppure i partiti, ma piccoli circuiti di amici che si auto-assegnano qualche identità di circostanza per coprire il vuoto. Dalla grande massoneria alle loggette di provincia. Dalle sezioni del grande Pci al potere spartito con la playstation, davanti a un bigliardino. Dai potenti sindacati anni Settanta ai professionisti della (s)concertazione. Dai grandi quotidiani alle gazzette senza lettori e forse senza redattori. Dai poteri forti alle micro-lobby romane. Dal professionismo al rampantismo...
L'ennesima spartizione agostana dal 1946 a oggi, il delitto di mezza estate del 2015 è l'auto-rappresentazione di un potere in crisi, di una classe dirigente evaporata. E Matteo Renzi che si era candidato a fare la rottamazione, ancora una volta, dimostra che è più facile galleggiare sul nulla, cullarsi sui vizi del passato piuttosto che provare a costruire una nuova classe dirigente. Questa nuova-vecchia Rai è per paradosso la più anti-renziana che si possa immaginare, nel senso del Renzi prima maniera che sfoggiava autonomia, coraggio, capacità di dire di no al capo. Mentre ora il Renzi 2 sta per mettere la faccia e la firma su una nuova stagione di conformismo. L'ideologia delle buone notizie, come si chiamava ai tempi di Bernabei e della Dc, che però, almeno, sapevano raccontare il Paese.
Il cavallo di bronzo dello scultore Francesco Messina di fronte al palazzo del potere Rai di viale Mazzini è piazzato lì a testimoniare le tristi sorti dei conquistatori della tv di Stato. Nelle intenzioni dovrebbe rappresentare un destriero rampante, ma nell'immaginario si è capovolto nel suo opposto: l'ippogrifo che non riesce ad alzarsi in volo, il cavallo morente. Un simbolo rovesciato. Come il renzismo di oggi.
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO
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Re: Diario della caduta di un regime.
Nella riunione piddina di ieri con tutti i personaggi della galleria di Crozza nel Paese delle Meraviglie, De Luca supera il comico genovese.
De Luca insulta e minaccia Peter Gomez: “E’ un consumatore abusivo d’ossigeno”. Ecco la risposta del direttore del Fatto.it
Il governatore della Campania, nel suo intervento alla direzione nazionale Pd, attacca il direttore de Ilfattoquotidiano.it: "Un superfluo, un danno ecologico permanente, un somaro". Tra i presenti - tutti dirigenti nazionali". Risate in sala, dove è presente anche Renzi. Che un'ora dopo precisa: "Quella di Enzo era una battuta"
di F. Q. | 7 agosto 2015
Video + Articolo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... t/1943354/
De Luca insulta e minaccia Peter Gomez: “E’ un consumatore abusivo d’ossigeno”. Ecco la risposta del direttore del Fatto.it
Il governatore della Campania, nel suo intervento alla direzione nazionale Pd, attacca il direttore de Ilfattoquotidiano.it: "Un superfluo, un danno ecologico permanente, un somaro". Tra i presenti - tutti dirigenti nazionali". Risate in sala, dove è presente anche Renzi. Che un'ora dopo precisa: "Quella di Enzo era una battuta"
di F. Q. | 7 agosto 2015
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Re: Diario della caduta di un regime.
Un giorno in corsia (manicomiale)
Il Corriere della Sera aveva definito questi ultimi due giorni i più caldi dell'anno.
E questo caldo deve aver nociuto al "liberale" Ostellino, che dà i numeri.
La Costituzione è la zavorra che ci tiene fermi
Mercato e capitalismo sono l'unica strada per uscire dal pantano
Piero Ostellino - Ven, 31/07/2015 - 16:03
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La previsione del Fondo monetario internazionale secondo cui all'Italia ci vorranno anni per uscire dalla crisi in cui è precipitata e nella quale ancora si dibatte, non è di quelle che incoraggino all'ottimismo e, allo stesso tempo, è un severo monito per il nostro governo.
Se i governi che si sono succeduti nel Dopoguerra avessero fatto le riforme, gli anni, ora, sarebbero meno. Insomma, l'Italia ha perso un'altra occasione per migliorarsi.
Sono decine di anni che, da noi, si parla della necessità di fare le riforme, e non le si fa. Le promesse di Renzi sono l'ultima spiaggia cui un governo sia approdato a parole, ma che, poi, non ha fatto niente. Perché? Forse, mondo della politica e media dovrebbero chiedersi perché non le si facciano e cercare di sgombrare le cause che le impediscono.
Personalmente, sono dell'opinione che all'origine dell'inerzia ci sia un peccato originale – la natura del nostro sistema politico sanzionato dalla Costituzione del 1948 - del quale non riusciamo a liberarci. Il pasticciato compromesso, fra l'esigenza di tornare ad un sistema di mercato e il dirigismo fascista e quello comunista uscito dalla Resistenza monopolizzata dal Pci. Una Costituzione che non sancisce il diritto di proprietà, ma lo considera una sorta di accidente della storia, non prefigura propriamente un sistema politico ed economico in sintonia con l'Occidente nel quale l'Italia, almeno nelle intenzioni, è inserita.
Invece di parlarne tanto, perché non si mette concretamente mano alla Costituzione? Si abbia il coraggio di chiedersi se essa non sia il vero impedimento e si smetta di venerarla come un oggetto religioso. La sua sacralità è stata storicamente smentita dai fallimenti del socialismo reale, cui si era fatto riferimento con un eccessivo ottimismo puntando sul comunismo come superamento del capitalismo. Si riconosca oltre tutto che, se l'Italia è - tutto sommato e malgrado le molte carenze - un Paese decente, lo si deve a quel poco capitalismo che pure c'è stato e che ha prodotto il miracolo economico del Dopoguerra, con De Gasperi ed Einaudi. Si prenda atto che la crisi nella quale si trova è dovuta ai governi e alla cultura di sinistra che ne hanno condizionato lo sviluppo, orientandolo verso una dittatura burocratica che tutto ha preteso di regolare, attraverso licenze, permessi, divieti tipici di uno Stato di socialismo reale. Gente, sveglia! Il socialismo reale è fallito sotto le dure repliche della storia e da noi la sua stessa prospettiva ha procurato più danni che soluzioni.
Continuiamo a pagare il prezzo di una cultura rivelatasi nei fatti fallimentare e non ci decidiamo a prenderne atto. Il mercato è ancora una brutta parola, come lo era nell'immediato Dopoguerra, e un bagno salutare nella libertà di concorrenza non ci decidiamo a farlo, anzi, ne siamo impediti dall'adesione ad una idea d'Europa unita che ripropone lo stesso errore con il suo burocratismo centralizzato e dirigista. Abbiamo bisogno di uno scatto culturale, che prenda atto che il comunismo è stato un fallimento e ci inserisca definitivamente nell'Occidente democratico-liberale e capitalista. Un Occidente che si emancipi dall'eredità culturale del Dopoguerra, quando ancora si credeva ottimisticamente che la programmazione fosse il rimedio alle eventuali carenze del mercato e il suo superamento. C'è bisogno di una rinfrescata d'aria, di mettere coraggiosamente da parte le stupide remore figlie di una cultura fallimentare della quale non abbiamo l'onestà di parlare come di uno storico fallimento.
Pareva che Renzi, con le sue intenzioni di rottamatore, ne sarebbe stato l'artefice. Ma si è rivelato anche lui un prodotto di quella stessa cultura del compromesso storico espressa dalla Costituzione e che domina ancora ogni iniziativa del Paese. Lo si dica, allora, senza alcun complesso sia nei confronti dello stesso Renzi, sia della Costituzione. La previsione pessimistica del Fondo monetario, in fondo, ci invita a prenderne atto culturalmente e, poi, a provvedere politicamente. Coraggio, Renzi, faccia seguire alle parole qualche fatto che, almeno, indichi la strada che bisogna intraprendere se non vuole passare alla storia solo come un furbo chiacchierone che persegue unicamente le proprie ambizioni personali.
piero.ostellino@il giornale.it
http://www.ilgiornale.it/news/politica/1157165.html
Il Corriere della Sera aveva definito questi ultimi due giorni i più caldi dell'anno.
E questo caldo deve aver nociuto al "liberale" Ostellino, che dà i numeri.
La Costituzione è la zavorra che ci tiene fermi
Mercato e capitalismo sono l'unica strada per uscire dal pantano
Piero Ostellino - Ven, 31/07/2015 - 16:03
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La previsione del Fondo monetario internazionale secondo cui all'Italia ci vorranno anni per uscire dalla crisi in cui è precipitata e nella quale ancora si dibatte, non è di quelle che incoraggino all'ottimismo e, allo stesso tempo, è un severo monito per il nostro governo.
Se i governi che si sono succeduti nel Dopoguerra avessero fatto le riforme, gli anni, ora, sarebbero meno. Insomma, l'Italia ha perso un'altra occasione per migliorarsi.
Sono decine di anni che, da noi, si parla della necessità di fare le riforme, e non le si fa. Le promesse di Renzi sono l'ultima spiaggia cui un governo sia approdato a parole, ma che, poi, non ha fatto niente. Perché? Forse, mondo della politica e media dovrebbero chiedersi perché non le si facciano e cercare di sgombrare le cause che le impediscono.
Personalmente, sono dell'opinione che all'origine dell'inerzia ci sia un peccato originale – la natura del nostro sistema politico sanzionato dalla Costituzione del 1948 - del quale non riusciamo a liberarci. Il pasticciato compromesso, fra l'esigenza di tornare ad un sistema di mercato e il dirigismo fascista e quello comunista uscito dalla Resistenza monopolizzata dal Pci. Una Costituzione che non sancisce il diritto di proprietà, ma lo considera una sorta di accidente della storia, non prefigura propriamente un sistema politico ed economico in sintonia con l'Occidente nel quale l'Italia, almeno nelle intenzioni, è inserita.
Invece di parlarne tanto, perché non si mette concretamente mano alla Costituzione? Si abbia il coraggio di chiedersi se essa non sia il vero impedimento e si smetta di venerarla come un oggetto religioso. La sua sacralità è stata storicamente smentita dai fallimenti del socialismo reale, cui si era fatto riferimento con un eccessivo ottimismo puntando sul comunismo come superamento del capitalismo. Si riconosca oltre tutto che, se l'Italia è - tutto sommato e malgrado le molte carenze - un Paese decente, lo si deve a quel poco capitalismo che pure c'è stato e che ha prodotto il miracolo economico del Dopoguerra, con De Gasperi ed Einaudi. Si prenda atto che la crisi nella quale si trova è dovuta ai governi e alla cultura di sinistra che ne hanno condizionato lo sviluppo, orientandolo verso una dittatura burocratica che tutto ha preteso di regolare, attraverso licenze, permessi, divieti tipici di uno Stato di socialismo reale. Gente, sveglia! Il socialismo reale è fallito sotto le dure repliche della storia e da noi la sua stessa prospettiva ha procurato più danni che soluzioni.
Continuiamo a pagare il prezzo di una cultura rivelatasi nei fatti fallimentare e non ci decidiamo a prenderne atto. Il mercato è ancora una brutta parola, come lo era nell'immediato Dopoguerra, e un bagno salutare nella libertà di concorrenza non ci decidiamo a farlo, anzi, ne siamo impediti dall'adesione ad una idea d'Europa unita che ripropone lo stesso errore con il suo burocratismo centralizzato e dirigista. Abbiamo bisogno di uno scatto culturale, che prenda atto che il comunismo è stato un fallimento e ci inserisca definitivamente nell'Occidente democratico-liberale e capitalista. Un Occidente che si emancipi dall'eredità culturale del Dopoguerra, quando ancora si credeva ottimisticamente che la programmazione fosse il rimedio alle eventuali carenze del mercato e il suo superamento. C'è bisogno di una rinfrescata d'aria, di mettere coraggiosamente da parte le stupide remore figlie di una cultura fallimentare della quale non abbiamo l'onestà di parlare come di uno storico fallimento.
Pareva che Renzi, con le sue intenzioni di rottamatore, ne sarebbe stato l'artefice. Ma si è rivelato anche lui un prodotto di quella stessa cultura del compromesso storico espressa dalla Costituzione e che domina ancora ogni iniziativa del Paese. Lo si dica, allora, senza alcun complesso sia nei confronti dello stesso Renzi, sia della Costituzione. La previsione pessimistica del Fondo monetario, in fondo, ci invita a prenderne atto culturalmente e, poi, a provvedere politicamente. Coraggio, Renzi, faccia seguire alle parole qualche fatto che, almeno, indichi la strada che bisogna intraprendere se non vuole passare alla storia solo come un furbo chiacchierone che persegue unicamente le proprie ambizioni personali.
piero.ostellino@il giornale.it
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Re: Diario della caduta di un regime.
" … il sabato del villaggio …
“ L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
E’ un dato di fatto che in “questopaese” da un certo novembre in poi si vive in una sorta di limbo, simildemocratico, in cui i principi della Costituzione sono ignorati, vessati, vilipesi e contraddetti. Le ultime consultazioni elettorali regolari e normali, per quanto questo si possa affermare visto che hanno sancito la vittoria di un plurindagato, in pieno conflitto di interesse e pedissequo asservito allo schema P2, risalgono all’ elezione del piccolo padre arcoriano. L'altra e ultima concessaci, anche se regolare può sembrare, tale non è stata per due motivi, successivi e gravissimi, che la inficiano e dovrebbero renderne i risultati inefficaci e non validi. Questi motivi sono la dichiarazione di illegittimità di una legge dichiarata anti costituzionale da una corte apposita ed il completo sovvertimento di ogni programma, di ogni intesa, di ogni promessa fatta da tutte le parti in campo al proprio parco elettori.
Per questi motivi dovrebbe venire da sé, e non si dovrebbe giudicare di parte, che tutto ciò che è accaduto dopo di essa non è legittimo, non è regolare, non è democratico, non è costituzionale.
Chiunque, nella vita civile, contraesse un contratto con qualunque altro fornendo condizioni poi del tutto disattese vedrebbe quel contratto immediatamente reso nullo e, non solo, ne pagherebbe pesantemente le spese; di più: chiunque chiudesse un contratto in deroga o in violazione a ciò che è prescritto nel codice civile saprebbe già che quel contratto non avrebbe nessun vigore legale e che ogni suo effetto potrebbe in qualsiasi momento essere vanificato a richiesta di una delle parti in causa.
Questo è quanto prevede la legge italiana, non lo statuto del partito comunista, né il vademecum dell’anarchico o il comunicato numero zero delle brigate rosse; è scritto nel codice civile della repubblica italiana.
Dunque, piaccia o non piaccia, si voglia o non si voglia, siamo tutti, supporter ed oppositori, in una situazione di incostituzionalità ed illegittimità dichiarata e sin dalla nomina di Monti a presidente del consiglio e sin dalle manovre golpiste di un presidente credutosi, in senilità manifesta, imperatore dei mondi.
“Quando dei governanti fanno delle leggi del loro paese scempio e vilipendio le genti di quel paese non hanno più il dovere di obbedire a quelle stesse leggi” anche questa frase si ritrova in tanti libri che narrano l’epopea dell’indipendenza statunitense ed il suo succo ultimo è chiaramente espresso nella Costituzione americana. Essa rispecchia il principio della rivoluzione francese, dell’irredentismo patriottico italiano, della rivoluzione d’ottobre, dell’azione partigiana e di tutti coloro che riconoscono a sé stessi un minimo di dignità ed una, sia pur piccola, misura di orgoglio.
Chi sa e tace; chi conosce e demanda ad altri ogni azione a dirimere, quale che sia la propria motivazione, non è solo un meschino rassegnato, è, coram populi, un colluso, un complice, un colpevole allo stesso modo se non di più di chi abusa, investe in soprusi, violenta sino allo stupro, la Costituzione, i diritti, le prerogative di tutti gli altri, compresi gli stessi collusi e complici.
La condizione politica italiana, precedente e colpevole di quella sociale, è quanto di più bastardo possa esistere; intendendo con la parola “bastardo” il significato più deleterio che ad essa si può assegnare. Essa vede un tradimento continuato da parte di chi si dice una cosa essendone un’altra; da parte di chi dovrebbe esprimere esigenze e diritti di una parte che invece viene sacrificata e danneggiata; da parte di chi non solo non ha rispetto per nessuno, ma briga per aumentare il proprio potere e tenta, per ora tenta, di darsi una valenza legale cambiando quella costituzione che viola e deride a partire dal suo primo articolo.
IO sfido ogni cittadino onesto, che sia di destra, di sinistra o trasversale a contraddirmi mostrandomi con fatti e leggi quanto io sia in errore; sfido le autorità costituite a mostrarmi gli errori del mio dire lì dove non fossero confermati dalla realtà quotidiana; sfido un popolo imbelle e “puttana da due soldi la botta” a fare una disamina cosciente e poi a guardarsi allo specchio e quindi e successivamente a trovare il coraggio di …
Interloquire ancora una volta con me e con quelli come me!. "
Francesco Briganti
Credo non ci siano possibilita' che permettano a nessuno di contraddire ciò che Francesco Briganti ha scritto.
La sua esposizine è talmente chiara e motivata che chiunque abbia un minimo di onesta' intellettuale non puo' che convenirne.
Chi si rifiuta di capire e condividere, lo fa o per colpevole pigrizia o peggio per calcolo spregiudicatamente interessato.
“ L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
E’ un dato di fatto che in “questopaese” da un certo novembre in poi si vive in una sorta di limbo, simildemocratico, in cui i principi della Costituzione sono ignorati, vessati, vilipesi e contraddetti. Le ultime consultazioni elettorali regolari e normali, per quanto questo si possa affermare visto che hanno sancito la vittoria di un plurindagato, in pieno conflitto di interesse e pedissequo asservito allo schema P2, risalgono all’ elezione del piccolo padre arcoriano. L'altra e ultima concessaci, anche se regolare può sembrare, tale non è stata per due motivi, successivi e gravissimi, che la inficiano e dovrebbero renderne i risultati inefficaci e non validi. Questi motivi sono la dichiarazione di illegittimità di una legge dichiarata anti costituzionale da una corte apposita ed il completo sovvertimento di ogni programma, di ogni intesa, di ogni promessa fatta da tutte le parti in campo al proprio parco elettori.
Per questi motivi dovrebbe venire da sé, e non si dovrebbe giudicare di parte, che tutto ciò che è accaduto dopo di essa non è legittimo, non è regolare, non è democratico, non è costituzionale.
Chiunque, nella vita civile, contraesse un contratto con qualunque altro fornendo condizioni poi del tutto disattese vedrebbe quel contratto immediatamente reso nullo e, non solo, ne pagherebbe pesantemente le spese; di più: chiunque chiudesse un contratto in deroga o in violazione a ciò che è prescritto nel codice civile saprebbe già che quel contratto non avrebbe nessun vigore legale e che ogni suo effetto potrebbe in qualsiasi momento essere vanificato a richiesta di una delle parti in causa.
Questo è quanto prevede la legge italiana, non lo statuto del partito comunista, né il vademecum dell’anarchico o il comunicato numero zero delle brigate rosse; è scritto nel codice civile della repubblica italiana.
Dunque, piaccia o non piaccia, si voglia o non si voglia, siamo tutti, supporter ed oppositori, in una situazione di incostituzionalità ed illegittimità dichiarata e sin dalla nomina di Monti a presidente del consiglio e sin dalle manovre golpiste di un presidente credutosi, in senilità manifesta, imperatore dei mondi.
“Quando dei governanti fanno delle leggi del loro paese scempio e vilipendio le genti di quel paese non hanno più il dovere di obbedire a quelle stesse leggi” anche questa frase si ritrova in tanti libri che narrano l’epopea dell’indipendenza statunitense ed il suo succo ultimo è chiaramente espresso nella Costituzione americana. Essa rispecchia il principio della rivoluzione francese, dell’irredentismo patriottico italiano, della rivoluzione d’ottobre, dell’azione partigiana e di tutti coloro che riconoscono a sé stessi un minimo di dignità ed una, sia pur piccola, misura di orgoglio.
Chi sa e tace; chi conosce e demanda ad altri ogni azione a dirimere, quale che sia la propria motivazione, non è solo un meschino rassegnato, è, coram populi, un colluso, un complice, un colpevole allo stesso modo se non di più di chi abusa, investe in soprusi, violenta sino allo stupro, la Costituzione, i diritti, le prerogative di tutti gli altri, compresi gli stessi collusi e complici.
La condizione politica italiana, precedente e colpevole di quella sociale, è quanto di più bastardo possa esistere; intendendo con la parola “bastardo” il significato più deleterio che ad essa si può assegnare. Essa vede un tradimento continuato da parte di chi si dice una cosa essendone un’altra; da parte di chi dovrebbe esprimere esigenze e diritti di una parte che invece viene sacrificata e danneggiata; da parte di chi non solo non ha rispetto per nessuno, ma briga per aumentare il proprio potere e tenta, per ora tenta, di darsi una valenza legale cambiando quella costituzione che viola e deride a partire dal suo primo articolo.
IO sfido ogni cittadino onesto, che sia di destra, di sinistra o trasversale a contraddirmi mostrandomi con fatti e leggi quanto io sia in errore; sfido le autorità costituite a mostrarmi gli errori del mio dire lì dove non fossero confermati dalla realtà quotidiana; sfido un popolo imbelle e “puttana da due soldi la botta” a fare una disamina cosciente e poi a guardarsi allo specchio e quindi e successivamente a trovare il coraggio di …
Interloquire ancora una volta con me e con quelli come me!. "
Francesco Briganti
Credo non ci siano possibilita' che permettano a nessuno di contraddire ciò che Francesco Briganti ha scritto.
La sua esposizine è talmente chiara e motivata che chiunque abbia un minimo di onesta' intellettuale non puo' che convenirne.
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Re: Diario della caduta di un regime.
erding ha scritto:" … il sabato del villaggio …
“ L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
E’ un dato di fatto che in “questopaese” da un certo novembre in poi si vive in una sorta di limbo, simildemocratico, in cui i principi della Costituzione sono ignorati, vessati, vilipesi e contraddetti. Le ultime consultazioni elettorali regolari e normali, per quanto questo si possa affermare visto che hanno sancito la vittoria di un plurindagato, in pieno conflitto di interesse e pedissequo asservito allo schema P2, risalgono all’ elezione del piccolo padre arcoriano. L'altra e ultima concessaci, anche se regolare può sembrare, tale non è stata per due motivi, successivi e gravissimi, che la inficiano e dovrebbero renderne i risultati inefficaci e non validi. Questi motivi sono la dichiarazione di illegittimità di una legge dichiarata anti costituzionale da una corte apposita ed il completo sovvertimento di ogni programma, di ogni intesa, di ogni promessa fatta da tutte le parti in campo al proprio parco elettori.
Per questi motivi dovrebbe venire da sé, e non si dovrebbe giudicare di parte, che tutto ciò che è accaduto dopo di essa non è legittimo, non è regolare, non è democratico, non è costituzionale.
Chiunque, nella vita civile, contraesse un contratto con qualunque altro fornendo condizioni poi del tutto disattese vedrebbe quel contratto immediatamente reso nullo e, non solo, ne pagherebbe pesantemente le spese; di più: chiunque chiudesse un contratto in deroga o in violazione a ciò che è prescritto nel codice civile saprebbe già che quel contratto non avrebbe nessun vigore legale e che ogni suo effetto potrebbe in qualsiasi momento essere vanificato a richiesta di una delle parti in causa.
Questo è quanto prevede la legge italiana, non lo statuto del partito comunista, né il vademecum dell’anarchico o il comunicato numero zero delle brigate rosse; è scritto nel codice civile della repubblica italiana.
Dunque, piaccia o non piaccia, si voglia o non si voglia, siamo tutti, supporter ed oppositori, in una situazione di incostituzionalità ed illegittimità dichiarata e sin dalla nomina di Monti a presidente del consiglio e sin dalle manovre golpiste di un presidente credutosi, in senilità manifesta, imperatore dei mondi.
“Quando dei governanti fanno delle leggi del loro paese scempio e vilipendio le genti di quel paese non hanno più il dovere di obbedire a quelle stesse leggi” anche questa frase si ritrova in tanti libri che narrano l’epopea dell’indipendenza statunitense ed il suo succo ultimo è chiaramente espresso nella Costituzione americana. Essa rispecchia il principio della rivoluzione francese, dell’irredentismo patriottico italiano, della rivoluzione d’ottobre, dell’azione partigiana e di tutti coloro che riconoscono a sé stessi un minimo di dignità ed una, sia pur piccola, misura di orgoglio.
Chi sa e tace; chi conosce e demanda ad altri ogni azione a dirimere, quale che sia la propria motivazione, non è solo un meschino rassegnato, è, coram populi, un colluso, un complice, un colpevole allo stesso modo se non di più di chi abusa, investe in soprusi, violenta sino allo stupro, la Costituzione, i diritti, le prerogative di tutti gli altri, compresi gli stessi collusi e complici.
La condizione politica italiana, precedente e colpevole di quella sociale, è quanto di più bastardo possa esistere; intendendo con la parola “bastardo” il significato più deleterio che ad essa si può assegnare. Essa vede un tradimento continuato da parte di chi si dice una cosa essendone un’altra; da parte di chi dovrebbe esprimere esigenze e diritti di una parte che invece viene sacrificata e danneggiata; da parte di chi non solo non ha rispetto per nessuno, ma briga per aumentare il proprio potere e tenta, per ora tenta, di darsi una valenza legale cambiando quella costituzione che viola e deride a partire dal suo primo articolo.
IO sfido ogni cittadino onesto, che sia di destra, di sinistra o trasversale a contraddirmi mostrandomi con fatti e leggi quanto io sia in errore; sfido le autorità costituite a mostrarmi gli errori del mio dire lì dove non fossero confermati dalla realtà quotidiana; sfido un popolo imbelle e “puttana da due soldi la botta” a fare una disamina cosciente e poi a guardarsi allo specchio e quindi e successivamente a trovare il coraggio di …
Interloquire ancora una volta con me e con quelli come me!. "
Francesco Briganti
Credo non ci siano possibilita' che permettano a nessuno di contraddire ciò che Francesco Briganti ha scritto.
La sua esposizine è talmente chiara e motivata che chiunque abbia un minimo di onesta' intellettuale non puo' che convenirne.
Chi si rifiuta di capire e condividere, lo fa o per colpevole pigrizia o peggio per calcolo spregiudicatamente interessato.
Credo non ci siano possibilita' che permettano a nessuno di contraddire ciò che Francesco Briganti ha scritto.
Dato che mi capita molto spesso di dibattere da queste parti, circa ciò che afferma Francesco Briganti, posso aggiungere che con i tempi che corrono diventa ogni giorno più difficile trovare chi abbia un minimo di onestà individuale.
Direi che la realtà ci rimanda in prevalenza al secondo caso.
Chi si rifiuta di capire e condividere, lo fa o per colpevole pigrizia o peggio per calcolo spregiudicatamente interessato.
Mi sembra anche il caso di Piero Ostellino. Mi rifiuto di pensare che non capisca o che non arrivi a capire.
Mi sembra proprio che il suo sia un calcolo spregiudicatamente interessato.
Giorgio Galli ha scritto nel 2013 il libro:
IL GOLPE INVISIBILE
Pubblicato da Kaos Edizioni
Come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo stato di diritto.
Il “golpe invisibile” qui ricostruito dal politologo Giorgio Galli ha preso le mosse negli anni Settanta del secolo scorso, si è rafforzato negli anni Ottanta del craxismo, e ha avuto pieno compimento durante il quasi ventennio berlusconiano. È stato attuato dalla borghesia finanziario-speculativa e dai ceti burocratico-parassitari i quali, assunto il pieno controllo delle forze politiche e preso il potere in forma egemonica, hanno potuto saccheggiare l’Italia repubblicana facendo “carta straccia” di molte pagine della Costituzione. Il “golpe invisibile” dei ceti speculativi e parassitari ha generato un debito pubblico astronomico (decenni di evasione fiscale, di ruberie, corruttele e malversazioni), ha vanificato lo stato di diritto e il controllo di legalità della magistratura, ha consolidato il potere della criminalità organizzata (mafie che sono parte integrante dei ceti speculativi e parassitari), e ha alterato l’economia di mercato riducendo in povertà milioni di imprenditori e lavoratori. Soprattutto, il “golpe invisibile” ha impedito che la società italiana superasse il congenito familismo amorale e si dotasse di una cultura civica.
In questi 45 anni è stato possibile mutare di conseguenza la qualità del tessuto sociale italiano
Quando Briganti scrive :
IO sfido ogni cittadino onesto, che sia di destra, di sinistra o trasversale a contraddirmi mostrandomi con fatti e leggi quanto io sia in errore; sfido le autorità costituite a mostrarmi gli errori del mio dire lì dove non fossero confermati dalla realtà quotidiana; sfido un popolo imbelle e “puttana da due soldi la botta” a fare una disamina cosciente e poi a guardarsi allo specchio e quindi e successivamente a trovare il coraggio di …
Interloquire ancora una volta con me e con quelli come me!. "
Fa un’osservazione di tipo assoluto.
IO sfido ogni cittadino onesto, che sia di destra, di sinistra o trasversale a contraddirmi
In senso assoluto Briganti ha pienamente ragione perché parte da questa premessa.
Ma la società italiana è completamente mutata secondo i dettami fatti rilevare da Giorgio Galli.
Hanno svuotato la democrazia dal di dentro.
Lo vediamo con il ventennio berlusconiano.
IO sfido ogni cittadino onesto, che sia di destra, di sinistra o trasversale a contraddirmi
Penso che ne siano rimasti in pochi in tutti i campi.
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Diario della caduta di un regime.
Posso capire, ma non condividere, che i ceti burocratici – parassitari la borghesia finanziario – speculativa e le mafie di ogni genere abbiano in urto la Costituzione, perché a quelle regole preferiscono le loro. Quelle del malaffare.
Ma che un pensionato, che certamente non ha legami diretti con quegli ambienti e quegli interessi, sostenga le stesse cose, solo perché La Qualunque vuole cambiare il Senato, e quindi un renziano doc si sente in dovere di sostenerlo fino alla morte, dichiarando che la Costituzione è vecchiotta e deve essere cambiata, è un abominio.
“Anche l’articolo 1” gli chiesi?
“Anche l’articolo 1” mi rispose.
Divenne normale ribattere la proposta di modifica :”L’Italia è fondata sul banditismo e la criminalità organizzata”.
Citare che l’Italia è una Repubblica democratica è un falso clamoroso.
Penso che non sia il solo renziano a pensarla in questo modo.
Ma che un pensionato, che certamente non ha legami diretti con quegli ambienti e quegli interessi, sostenga le stesse cose, solo perché La Qualunque vuole cambiare il Senato, e quindi un renziano doc si sente in dovere di sostenerlo fino alla morte, dichiarando che la Costituzione è vecchiotta e deve essere cambiata, è un abominio.
“Anche l’articolo 1” gli chiesi?
“Anche l’articolo 1” mi rispose.
Divenne normale ribattere la proposta di modifica :”L’Italia è fondata sul banditismo e la criminalità organizzata”.
Citare che l’Italia è una Repubblica democratica è un falso clamoroso.
Penso che non sia il solo renziano a pensarla in questo modo.
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