La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Il bestiario
Giampaolo Pansa: "Se non si fa nulla la guerra arriverà"
24 Agosto 2015
Papa Bergoglio e il presidente Mattarella potrebbero farmi un piacere personale? E' di non parlare di una terza guerra mondiale ormai imminente. Secondo Papa Francesco, questo conflitto sarebbe già cominciato, ma la gente non se ne rende conto perché è una guerra fatta di tanti pezzi. E si combatte in aree del mondo sempre diverse. Con un po' di ritardo rispetto al Pontefice, il presidente della Repubblica ha detto la stessa cosa. Mercoledì scorso, in un messaggio destinato al Meeting di Comunione e liberazione, Sergio Mattarella è stato lapidario: «Il terrorismo, alimentato anche da fanatiche distorsioni della fede in Dio, sta cercando di introdurre nel Mediterraneo, in Medio Oriente, in Africa i germi di una terza guerra mondiale. Sta nella nostra responsabilità fermarla».
Non c'è nessun dubbio che Mattarella e Bergoglio siano persone serie e con la testa a posto, anche per gli incarichi che ricoprono. Ma pure loro possono sbagliare. Infatti commettono un errore molto frequente nel mondo politico, e non soltanto in quello italiano. L'errore è che prevedere o annunciare un disastro sia il modo per scongiurarlo. Invece si deve agire e combattere chi vuole sterminarci.
Ripensiamo a quando accadde nell'Europa del 1939. Era evidente che Hitler stava per scatenare una guerra mondiale, in quel caso la seconda. Tante voci in molti paesi diversi si levarono per mettere in guardia l'Europa, ma anche l'intera umanità, di fronte a questo rischio imminente. Che cosa fece il leader del nazismo tedesco e con lui l'incauto Mussolini? Tirarono diritto e cominciarono la guerra.
Oggi la domanda che dobbiamo proporci è cosa intende fare il terrorismo islamico, e in particolare il Califfato nero? Hanno un obiettivo solo: dare inizio a un conflitto globale e continuarlo sino alla conquista dell'Occidente e la sua sottomissione. Uso la parola terribile che uno scrittore francese ha dato come titolo a un suo romanzo famoso e discusso. Per evitare di sottometterci ai califfi islamici la strada è soltanto una. Comportarci come nel 1939 si comportò un signore che si chiamava Winston Churchill. Era il capo del governo britannico e sapeva che il suo Paese non era preparato ad affrontare una guerra mondiale. Ma non intendeva inginocchiarsi davanti a Hitler e decise di battersi contro il nazismo e il fascismo.
Abbiamo in Italia un Churchill? Ma non scherziamo! Il Bestiario non ne vede nemmeno l'ombra. Eppure stiamo parlando troppo di una terza guerra mondiale già in corso o imminente. Di nuovo parole, parole, parole. Dietro questo bla bla non c'è nulla. Non esiste neppure la consapevolezza che, se parliamo tanto di guerra senza fare nulla, prima o poi il mostro si presenterà. E a quel punto non saremo in grado di inventarci niente per evitare il disastro.
La nostra impotenza è rivelata dall'atteggiamento nei confronti dell'immigrazione clandestina, sempre più gigantesca. È una tragedia che sta investendo quasi tutta l'Europa. Ormai ha dimensioni paurose: i migranti si contano a centinaia di migliaia. Come la stiamo fronteggiando? Nella confusione più totale. Non ha mai mosso un dito il governo di Matteo Renzi, rimasto a guardare. Questo premier passerà alla storia per essere stato un cacciatore di posti di potere e nient'altro.
Quanto al resto della nostra classe dirigente, l'incertezza è devastante. I meno incerti sono i cattolici, la Chiesa e chi la segue. Ma commettono l'errore di pensare che a risolvere questo problema colossale basti l'accoglienza. Ricordano mia nonna Caterina: lei riteneva che bastasse recitare il rosario per evitare le malattie e la povertà.
Esiste infine un altro versante della nostra debolezza. È l'ignoranza totale su che cosa sia una guerra. Il secondo conflitto mondiale l'ho scrutato quando ero ragazzino. E se ci ripenso, o mi capita di scriverne, vengo afferrato da una folla di pensieri cupi e di paure ancestrali. La prima è quella dei bombardamenti aerei. Tra l'agosto e il settembre 1944, gli apparecchi americani partivano di continuo dalle loro basi in Corsica e arrivavano sulla nostra città per distruggere i due ponti sul Po. La mia casa stava in centro e non venne mai colpita. Ma gli schianti assordanti delle bombe paralizzavano anche me, un bambino di nove anni troppo curioso di vedere le fortezze volanti per scendere nel rifugio.
Papa Francesco e il presidente Mattarella devono stare attenti quando parlano di guerra. Dovrebbero conoscere, e di certo lo conoscono, tutto l'orrore che si accompagna a un conflitto. Non mi riferisco soltanto alla sorte dei giovani costretti a combattere, una parte dei quali è destinata a morire o a restare mutilata. Parlo dei civili rimasti a casa. Dal 1945 a oggi, sono trascorsi ben settant'anni. L'Italia non è una nazione abituata a vivere dentro una guerra.
I giovani, ma anche una quota di anziani, non hanno ricordi ai quali aggrapparsi per saper sopportare la sofferenza che accompagna tutti i conflitti. I tanti morti sotto le bombe. Le case, le strade, le ferrovie ridotte in macerie. Le industrie che non lavorano poiché la gente non ha i soldi necessari ad acquistare i loro prodotti. La miseria che avanza. L'inflazione dilagante. Voglio vederli i ragazzi e le ragazze della movida se continueranno a bisbocciare sino all'alba nei tanti "Cocoricò", rischiando di essere bombardati.
La verità è che noi italiani siamo gente spensierata. E chi ci rappresenta ai vertici della politica, dell'economia e della finanza è anche più irresponsabile di noi. Per una vecchia abitudine che deriva dal lavoro nei giornali, assisto impassibile al disastro dei nostri partiti. Cercano soltanto di sopravvivere inchiodati a qualche poltrona. E mostrano una criminale incapacità a cercare un minimo di coesione almeno fra quelle che un tempo si chiamavano destra, sinistra e centro.
Ho una confessione da fare ai lettori di “Libero”. Acquisto dieci quotidiani al giorno, ma non riesco più a leggere gran parte degli articoli dedicati alla politica interna. È sempre stata la mia passione e anche la mia specializzazione professionale. Eppure oggi il mio istinto è di rifiutarli. Del resto che cosa dovrei leggere? Di Matteo Orfini che ha organizzato, ma solo al rientro dalle ferie, un assurdo sit in davanti alla parrocchia romana che ha officiato le esequie trionfali di un boss proclamato Re di Roma?
Adesso che sono quasi arrivato al traguardo degli ottanta, dovrei scrivere il Bestiario aspettando l'inizio della Terza guerra mondiale? Mi viene in mente il finale di un grande libro di George Orwell: “Omaggio alla Catalogna”. Aveva combattuto nella guerra civile spagnola, dentro le file di un piccolo partito marxista e antistaliniano, il Poum. Gravemente ferito, venne costretto a ritornare in Inghilterra.
Mentre viaggia in treno alla volta di Londra, rivede nella memoria il Paese che aveva lasciato partendo per la Spagna: «Il grande deserto tranquillo della periferia londinese, le strade familiari, i manifesti che annunciano gli incontri di cricket, i signori in bombetta, i piccioni a Trafalgar Square, gli autobus rossi e i poliziotti in blu. Tutti addormentati nel profondo, profondissimo sonno dell'Inghilterra, da cui non ci sveglieremo mai finché non ne saremo strappati di colpo dal boato delle bombe».
di Giampaolo Pansa
http://www.liberoquotidiano.it/news/opi ... e-non.html
Giampaolo Pansa: "Se non si fa nulla la guerra arriverà"
24 Agosto 2015
Papa Bergoglio e il presidente Mattarella potrebbero farmi un piacere personale? E' di non parlare di una terza guerra mondiale ormai imminente. Secondo Papa Francesco, questo conflitto sarebbe già cominciato, ma la gente non se ne rende conto perché è una guerra fatta di tanti pezzi. E si combatte in aree del mondo sempre diverse. Con un po' di ritardo rispetto al Pontefice, il presidente della Repubblica ha detto la stessa cosa. Mercoledì scorso, in un messaggio destinato al Meeting di Comunione e liberazione, Sergio Mattarella è stato lapidario: «Il terrorismo, alimentato anche da fanatiche distorsioni della fede in Dio, sta cercando di introdurre nel Mediterraneo, in Medio Oriente, in Africa i germi di una terza guerra mondiale. Sta nella nostra responsabilità fermarla».
Non c'è nessun dubbio che Mattarella e Bergoglio siano persone serie e con la testa a posto, anche per gli incarichi che ricoprono. Ma pure loro possono sbagliare. Infatti commettono un errore molto frequente nel mondo politico, e non soltanto in quello italiano. L'errore è che prevedere o annunciare un disastro sia il modo per scongiurarlo. Invece si deve agire e combattere chi vuole sterminarci.
Ripensiamo a quando accadde nell'Europa del 1939. Era evidente che Hitler stava per scatenare una guerra mondiale, in quel caso la seconda. Tante voci in molti paesi diversi si levarono per mettere in guardia l'Europa, ma anche l'intera umanità, di fronte a questo rischio imminente. Che cosa fece il leader del nazismo tedesco e con lui l'incauto Mussolini? Tirarono diritto e cominciarono la guerra.
Oggi la domanda che dobbiamo proporci è cosa intende fare il terrorismo islamico, e in particolare il Califfato nero? Hanno un obiettivo solo: dare inizio a un conflitto globale e continuarlo sino alla conquista dell'Occidente e la sua sottomissione. Uso la parola terribile che uno scrittore francese ha dato come titolo a un suo romanzo famoso e discusso. Per evitare di sottometterci ai califfi islamici la strada è soltanto una. Comportarci come nel 1939 si comportò un signore che si chiamava Winston Churchill. Era il capo del governo britannico e sapeva che il suo Paese non era preparato ad affrontare una guerra mondiale. Ma non intendeva inginocchiarsi davanti a Hitler e decise di battersi contro il nazismo e il fascismo.
Abbiamo in Italia un Churchill? Ma non scherziamo! Il Bestiario non ne vede nemmeno l'ombra. Eppure stiamo parlando troppo di una terza guerra mondiale già in corso o imminente. Di nuovo parole, parole, parole. Dietro questo bla bla non c'è nulla. Non esiste neppure la consapevolezza che, se parliamo tanto di guerra senza fare nulla, prima o poi il mostro si presenterà. E a quel punto non saremo in grado di inventarci niente per evitare il disastro.
La nostra impotenza è rivelata dall'atteggiamento nei confronti dell'immigrazione clandestina, sempre più gigantesca. È una tragedia che sta investendo quasi tutta l'Europa. Ormai ha dimensioni paurose: i migranti si contano a centinaia di migliaia. Come la stiamo fronteggiando? Nella confusione più totale. Non ha mai mosso un dito il governo di Matteo Renzi, rimasto a guardare. Questo premier passerà alla storia per essere stato un cacciatore di posti di potere e nient'altro.
Quanto al resto della nostra classe dirigente, l'incertezza è devastante. I meno incerti sono i cattolici, la Chiesa e chi la segue. Ma commettono l'errore di pensare che a risolvere questo problema colossale basti l'accoglienza. Ricordano mia nonna Caterina: lei riteneva che bastasse recitare il rosario per evitare le malattie e la povertà.
Esiste infine un altro versante della nostra debolezza. È l'ignoranza totale su che cosa sia una guerra. Il secondo conflitto mondiale l'ho scrutato quando ero ragazzino. E se ci ripenso, o mi capita di scriverne, vengo afferrato da una folla di pensieri cupi e di paure ancestrali. La prima è quella dei bombardamenti aerei. Tra l'agosto e il settembre 1944, gli apparecchi americani partivano di continuo dalle loro basi in Corsica e arrivavano sulla nostra città per distruggere i due ponti sul Po. La mia casa stava in centro e non venne mai colpita. Ma gli schianti assordanti delle bombe paralizzavano anche me, un bambino di nove anni troppo curioso di vedere le fortezze volanti per scendere nel rifugio.
Papa Francesco e il presidente Mattarella devono stare attenti quando parlano di guerra. Dovrebbero conoscere, e di certo lo conoscono, tutto l'orrore che si accompagna a un conflitto. Non mi riferisco soltanto alla sorte dei giovani costretti a combattere, una parte dei quali è destinata a morire o a restare mutilata. Parlo dei civili rimasti a casa. Dal 1945 a oggi, sono trascorsi ben settant'anni. L'Italia non è una nazione abituata a vivere dentro una guerra.
I giovani, ma anche una quota di anziani, non hanno ricordi ai quali aggrapparsi per saper sopportare la sofferenza che accompagna tutti i conflitti. I tanti morti sotto le bombe. Le case, le strade, le ferrovie ridotte in macerie. Le industrie che non lavorano poiché la gente non ha i soldi necessari ad acquistare i loro prodotti. La miseria che avanza. L'inflazione dilagante. Voglio vederli i ragazzi e le ragazze della movida se continueranno a bisbocciare sino all'alba nei tanti "Cocoricò", rischiando di essere bombardati.
La verità è che noi italiani siamo gente spensierata. E chi ci rappresenta ai vertici della politica, dell'economia e della finanza è anche più irresponsabile di noi. Per una vecchia abitudine che deriva dal lavoro nei giornali, assisto impassibile al disastro dei nostri partiti. Cercano soltanto di sopravvivere inchiodati a qualche poltrona. E mostrano una criminale incapacità a cercare un minimo di coesione almeno fra quelle che un tempo si chiamavano destra, sinistra e centro.
Ho una confessione da fare ai lettori di “Libero”. Acquisto dieci quotidiani al giorno, ma non riesco più a leggere gran parte degli articoli dedicati alla politica interna. È sempre stata la mia passione e anche la mia specializzazione professionale. Eppure oggi il mio istinto è di rifiutarli. Del resto che cosa dovrei leggere? Di Matteo Orfini che ha organizzato, ma solo al rientro dalle ferie, un assurdo sit in davanti alla parrocchia romana che ha officiato le esequie trionfali di un boss proclamato Re di Roma?
Adesso che sono quasi arrivato al traguardo degli ottanta, dovrei scrivere il Bestiario aspettando l'inizio della Terza guerra mondiale? Mi viene in mente il finale di un grande libro di George Orwell: “Omaggio alla Catalogna”. Aveva combattuto nella guerra civile spagnola, dentro le file di un piccolo partito marxista e antistaliniano, il Poum. Gravemente ferito, venne costretto a ritornare in Inghilterra.
Mentre viaggia in treno alla volta di Londra, rivede nella memoria il Paese che aveva lasciato partendo per la Spagna: «Il grande deserto tranquillo della periferia londinese, le strade familiari, i manifesti che annunciano gli incontri di cricket, i signori in bombetta, i piccioni a Trafalgar Square, gli autobus rossi e i poliziotti in blu. Tutti addormentati nel profondo, profondissimo sonno dell'Inghilterra, da cui non ci sveglieremo mai finché non ne saremo strappati di colpo dal boato delle bombe».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Il punto di vista di Lucia Annunziata
Presa d'atto
Charlie Hebdo e terrorismo islamico a Parigi, Lucia Annunziata: "Basta illudersi, questa è la Terza Guerra Mondiale"
"Non ci illudiamo più: gli attacchi di Parigi hanno chiuso un'epoca per l'Europa, quella della politica degli struzzi. Non si tornerà indietro". No, non è Giuliano Ferrara. E nemmeno un pericoloso catastrofista di destra, magari leghista e pure un po' razzista. A parlare, anzi a scrivere è Lucia Annunziata, nell'ultimo blog-editoriale firmato per il "suo" HuffingtonPost. La giornalista di sinistra più famosa d'Italia sorprende tutti e ripercorre le vicende tragiche di Parigi alla luce di quanto accaduto negli ultimi 13 anni. "Questa è la Terza Guerra Mondiale, non è più terrorismo", avverte. La strage del Charlie Hebdo e la due giorni di terrore in Francia è un nuovo capitolo in una storia di sangue che ha avuto negli attentati dell'11 settembre 2001 a New York il suo avvio: "Quella era la dichiarazione di guerra, a Parigi è un capitolo avanzato".
Dall'11 settembre a oggi - Sarebbe sbagliato, però, continuare a parlare di "terrorismo", termine che "copre infatti eventi considerati per loro natura occasionali, anche se numerosi e devastanti", spiega la Annunziata. "Una guerra è invece innanzitutto un atto politico: richiede una piattaforma ideologica che aggrega i suoi soldati, un obiettivo che li motivi, e una pianificazione di forze, strumenti, armi, e progetto". La novità, devastante per l'Occidente, è che questa guerra non è condotta da un solo generale, che coordina i suoi soldati. Ma da tante teste pensanti, coordinate in modo orizzontale ma indipendenti, con in comune tecniche e fine ultimo, la sconfitta militare dell'Europa in primis e poi del Mondo, dal Mediterraneo all'Africa fino in Estremo Oriente. Uno scenario, insomma, d'altri tempi per chi come gli europei sono abituati dagli anni Quaranta a vedere le guerre fondamentalmente solo al cinema o a leggerne sui giornali.
"Il nemico è tra noi" - "L'esercito che iniziò a formarsi nel 2001 è cresciuto, si è ramificato, ha formato una sua piattaforma, ha addestrato le sue truppe - avverte la Annunziata sull'HuffingtonPost - e ora queste truppe sono qui fra noi. Questo succede oggi a Parigi, questo succederà in tutti i nostri Paesi. Prendere atto di questa realtà, dirci che la guerra ci ha raggiunti, di nuovo, dopo settanta anni, non è per nulla semplice". Ma negare questa terrificante realtà non solo non aiuta, ma ci condanna. La Annunziata ha avuto il coraggio di dirlo, ora, chiaro e tondo. L'auspicio è che anche altri a sinistra la sappiano imitare.
Presa d'atto
Charlie Hebdo e terrorismo islamico a Parigi, Lucia Annunziata: "Basta illudersi, questa è la Terza Guerra Mondiale"
Charlie Hebdo e terrorismo islamico a Parigi, Lucia Annunziata: "Basta illudersi, questa è la Terza Guerra Mondiale"
"Non ci illudiamo più: gli attacchi di Parigi hanno chiuso un'epoca per l'Europa, quella della politica degli struzzi. Non si tornerà indietro". No, non è Giuliano Ferrara. E nemmeno un pericoloso catastrofista di destra, magari leghista e pure un po' razzista. A parlare, anzi a scrivere è Lucia Annunziata, nell'ultimo blog-editoriale firmato per il "suo" HuffingtonPost. La giornalista di sinistra più famosa d'Italia sorprende tutti e ripercorre le vicende tragiche di Parigi alla luce di quanto accaduto negli ultimi 13 anni. "Questa è la Terza Guerra Mondiale, non è più terrorismo", avverte. La strage del Charlie Hebdo e la due giorni di terrore in Francia è un nuovo capitolo in una storia di sangue che ha avuto negli attentati dell'11 settembre 2001 a New York il suo avvio: "Quella era la dichiarazione di guerra, a Parigi è un capitolo avanzato".
Dall'11 settembre a oggi - Sarebbe sbagliato, però, continuare a parlare di "terrorismo", termine che "copre infatti eventi considerati per loro natura occasionali, anche se numerosi e devastanti", spiega la Annunziata. "Una guerra è invece innanzitutto un atto politico: richiede una piattaforma ideologica che aggrega i suoi soldati, un obiettivo che li motivi, e una pianificazione di forze, strumenti, armi, e progetto". La novità, devastante per l'Occidente, è che questa guerra non è condotta da un solo generale, che coordina i suoi soldati. Ma da tante teste pensanti, coordinate in modo orizzontale ma indipendenti, con in comune tecniche e fine ultimo, la sconfitta militare dell'Europa in primis e poi del Mondo, dal Mediterraneo all'Africa fino in Estremo Oriente. Uno scenario, insomma, d'altri tempi per chi come gli europei sono abituati dagli anni Quaranta a vedere le guerre fondamentalmente solo al cinema o a leggerne sui giornali.
"Il nemico è tra noi" - "L'esercito che iniziò a formarsi nel 2001 è cresciuto, si è ramificato, ha formato una sua piattaforma, ha addestrato le sue truppe - avverte la Annunziata sull'HuffingtonPost - e ora queste truppe sono qui fra noi. Questo succede oggi a Parigi, questo succederà in tutti i nostri Paesi. Prendere atto di questa realtà, dirci che la guerra ci ha raggiunti, di nuovo, dopo settanta anni, non è per nulla semplice". Ma negare questa terrificante realtà non solo non aiuta, ma ci condanna. La Annunziata ha avuto il coraggio di dirlo, ora, chiaro e tondo. L'auspicio è che anche altri a sinistra la sappiano imitare.
http://www.liberoquotidiano.it/news/sfo ... ico-a.html
Presa d'atto
Charlie Hebdo e terrorismo islamico a Parigi, Lucia Annunziata: "Basta illudersi, questa è la Terza Guerra Mondiale"
"Non ci illudiamo più: gli attacchi di Parigi hanno chiuso un'epoca per l'Europa, quella della politica degli struzzi. Non si tornerà indietro". No, non è Giuliano Ferrara. E nemmeno un pericoloso catastrofista di destra, magari leghista e pure un po' razzista. A parlare, anzi a scrivere è Lucia Annunziata, nell'ultimo blog-editoriale firmato per il "suo" HuffingtonPost. La giornalista di sinistra più famosa d'Italia sorprende tutti e ripercorre le vicende tragiche di Parigi alla luce di quanto accaduto negli ultimi 13 anni. "Questa è la Terza Guerra Mondiale, non è più terrorismo", avverte. La strage del Charlie Hebdo e la due giorni di terrore in Francia è un nuovo capitolo in una storia di sangue che ha avuto negli attentati dell'11 settembre 2001 a New York il suo avvio: "Quella era la dichiarazione di guerra, a Parigi è un capitolo avanzato".
Dall'11 settembre a oggi - Sarebbe sbagliato, però, continuare a parlare di "terrorismo", termine che "copre infatti eventi considerati per loro natura occasionali, anche se numerosi e devastanti", spiega la Annunziata. "Una guerra è invece innanzitutto un atto politico: richiede una piattaforma ideologica che aggrega i suoi soldati, un obiettivo che li motivi, e una pianificazione di forze, strumenti, armi, e progetto". La novità, devastante per l'Occidente, è che questa guerra non è condotta da un solo generale, che coordina i suoi soldati. Ma da tante teste pensanti, coordinate in modo orizzontale ma indipendenti, con in comune tecniche e fine ultimo, la sconfitta militare dell'Europa in primis e poi del Mondo, dal Mediterraneo all'Africa fino in Estremo Oriente. Uno scenario, insomma, d'altri tempi per chi come gli europei sono abituati dagli anni Quaranta a vedere le guerre fondamentalmente solo al cinema o a leggerne sui giornali.
"Il nemico è tra noi" - "L'esercito che iniziò a formarsi nel 2001 è cresciuto, si è ramificato, ha formato una sua piattaforma, ha addestrato le sue truppe - avverte la Annunziata sull'HuffingtonPost - e ora queste truppe sono qui fra noi. Questo succede oggi a Parigi, questo succederà in tutti i nostri Paesi. Prendere atto di questa realtà, dirci che la guerra ci ha raggiunti, di nuovo, dopo settanta anni, non è per nulla semplice". Ma negare questa terrificante realtà non solo non aiuta, ma ci condanna. La Annunziata ha avuto il coraggio di dirlo, ora, chiaro e tondo. L'auspicio è che anche altri a sinistra la sappiano imitare.
Presa d'atto
Charlie Hebdo e terrorismo islamico a Parigi, Lucia Annunziata: "Basta illudersi, questa è la Terza Guerra Mondiale"
Charlie Hebdo e terrorismo islamico a Parigi, Lucia Annunziata: "Basta illudersi, questa è la Terza Guerra Mondiale"
"Non ci illudiamo più: gli attacchi di Parigi hanno chiuso un'epoca per l'Europa, quella della politica degli struzzi. Non si tornerà indietro". No, non è Giuliano Ferrara. E nemmeno un pericoloso catastrofista di destra, magari leghista e pure un po' razzista. A parlare, anzi a scrivere è Lucia Annunziata, nell'ultimo blog-editoriale firmato per il "suo" HuffingtonPost. La giornalista di sinistra più famosa d'Italia sorprende tutti e ripercorre le vicende tragiche di Parigi alla luce di quanto accaduto negli ultimi 13 anni. "Questa è la Terza Guerra Mondiale, non è più terrorismo", avverte. La strage del Charlie Hebdo e la due giorni di terrore in Francia è un nuovo capitolo in una storia di sangue che ha avuto negli attentati dell'11 settembre 2001 a New York il suo avvio: "Quella era la dichiarazione di guerra, a Parigi è un capitolo avanzato".
Dall'11 settembre a oggi - Sarebbe sbagliato, però, continuare a parlare di "terrorismo", termine che "copre infatti eventi considerati per loro natura occasionali, anche se numerosi e devastanti", spiega la Annunziata. "Una guerra è invece innanzitutto un atto politico: richiede una piattaforma ideologica che aggrega i suoi soldati, un obiettivo che li motivi, e una pianificazione di forze, strumenti, armi, e progetto". La novità, devastante per l'Occidente, è che questa guerra non è condotta da un solo generale, che coordina i suoi soldati. Ma da tante teste pensanti, coordinate in modo orizzontale ma indipendenti, con in comune tecniche e fine ultimo, la sconfitta militare dell'Europa in primis e poi del Mondo, dal Mediterraneo all'Africa fino in Estremo Oriente. Uno scenario, insomma, d'altri tempi per chi come gli europei sono abituati dagli anni Quaranta a vedere le guerre fondamentalmente solo al cinema o a leggerne sui giornali.
"Il nemico è tra noi" - "L'esercito che iniziò a formarsi nel 2001 è cresciuto, si è ramificato, ha formato una sua piattaforma, ha addestrato le sue truppe - avverte la Annunziata sull'HuffingtonPost - e ora queste truppe sono qui fra noi. Questo succede oggi a Parigi, questo succederà in tutti i nostri Paesi. Prendere atto di questa realtà, dirci che la guerra ci ha raggiunti, di nuovo, dopo settanta anni, non è per nulla semplice". Ma negare questa terrificante realtà non solo non aiuta, ma ci condanna. La Annunziata ha avuto il coraggio di dirlo, ora, chiaro e tondo. L'auspicio è che anche altri a sinistra la sappiano imitare.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
3° Fronte di guerra
Repubblica 1.9.15
Kiev, la destra assalta il Parlamento
di Pietro Del Re
Un morto, 120 feriti e ore di guerriglia con lancio di granate: gli ultranazionalisti danno battaglia nella capitale dopo il voto con cui è stata concessa più autonomia all’Est filo-russo.
Poroshenko promette: “Pagheranno”
ORDIGNI che esplodono, corpi insanguinati, battaglie di strada: è bastato un voto favorevole dei deputati ucraini per una maggiore autonomia all’Est ribelle per riaccendere la violenza nelle strade di Kiev, riportando subito la memoria all’eccidio compiuto a Maidan dall’ex governo filorusso del febbraio 2014.
Gli scontri di ieri sono scoppiati lì vicino, davanti alla Rada, il Parlamento di Kiev, quando legioni di ultra-nazionalisti hanno tentato di assaltarla lanciando bombe a mano. Pesante il bilancio: un morto e 120 feriti, in maggioranza poliziotti e volontari della Guardia nazionale ucraina.
Responsabili dei disordini sono un centinaio di simpatizzanti del partito nazionalista Svoboda, i quali dopo esser venuti alle mani con gli agenti e i volontari della Guardia nazionale che sostavano a difesa della Rada hanno fatto detonare diversi ordigni.
Uno di questi, una granata secondo il ministero dell’Interno, è stato lanciato proprio all’ingresso del Parlamento colpendo decine di persone, alcune delle quali versano ora in condizioni critiche. Un agente di 25 anni è morto invece sul tavolo operatorio dell’ospedale di Kiev mentre i medici cercavano di estrargli dal petto il proiettile che l’aveva colpito.
La polizia ha comunque arrestato più di trenta manifestanti, tra i quali colui che ha lanciato l’ordigno più devastante. In serata, il presidente Petro Poroshenko è apparso in televisione per promettere che i responsabili degli scontri pagheranno per quello che hanno fatto. «E’ stato un atto anti-ucraino per il quale tutti gli organizzatori e tutti i rappresentanti delle forze politiche coinvolti saranno severamente puniti », ha detto.
La bozza di riforma costituzionale votata ieri in prima lettura concede maggiore autonomia ai territori orientali russofoni in mano ai ribelli. Si tratta di una norma fortemente voluta dall’Occidente e contenuta negli accordi di Minsk firmati a febbraio, che tra le altre clausole prevedono da parte di Kiev l’attuazione di una decentralizzazione entro fine 2016. Ieri mattina, 265 deputati, per un minimo richiesto di 226, hanno votato a favore del progetto controverso nel corso di una seduta burrascosa. Al momento dell’approvazione i parlamentari contrari a questa legge che considerato “anti-ucraina” hanno bloccato l’accesso alla tribuna parlamentare al grido di “Vergognatevi!”. Per i ribelli dell’est invece il testo non concede abbastanza autonomia.
L’adozione del progetto era stata richiesta dagli alleati occidentali, soprattutto dal cancelliere tedesco Angela Merkel e dal presidente francese François Hollande, che la considerano un mezzo per aiutare a porre fine al conflitto. Sempre ieri, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha espresso apprensione per gli scontri «molto preoccupanti » avvenuti davanti al Parlamento ucraino. «Spero che il processo di riforme non venga compromesso dalla violenza», ha detto anche la Mogherini aggiungendo che il voto è una parte cruciale dell’accordo di pace firmato a febbraio, e che è stato «un importante passo» verso il conferimento del potere alle regioni ucraine.
«Gli emendamenti », ha sottolineato l’ex ministro degli Esteri italiano, «faciliteranno inoltre la realizzazione degli accordi di Minsk». Nella speranza di risolvere una volta per tutte la guerra che da più di un anno si combatte nel Dombass separatista, e che è già costata quasi 7mila morti.
Repubblica 1.9.15
Kiev, la destra assalta il Parlamento
di Pietro Del Re
Un morto, 120 feriti e ore di guerriglia con lancio di granate: gli ultranazionalisti danno battaglia nella capitale dopo il voto con cui è stata concessa più autonomia all’Est filo-russo.
Poroshenko promette: “Pagheranno”
ORDIGNI che esplodono, corpi insanguinati, battaglie di strada: è bastato un voto favorevole dei deputati ucraini per una maggiore autonomia all’Est ribelle per riaccendere la violenza nelle strade di Kiev, riportando subito la memoria all’eccidio compiuto a Maidan dall’ex governo filorusso del febbraio 2014.
Gli scontri di ieri sono scoppiati lì vicino, davanti alla Rada, il Parlamento di Kiev, quando legioni di ultra-nazionalisti hanno tentato di assaltarla lanciando bombe a mano. Pesante il bilancio: un morto e 120 feriti, in maggioranza poliziotti e volontari della Guardia nazionale ucraina.
Responsabili dei disordini sono un centinaio di simpatizzanti del partito nazionalista Svoboda, i quali dopo esser venuti alle mani con gli agenti e i volontari della Guardia nazionale che sostavano a difesa della Rada hanno fatto detonare diversi ordigni.
Uno di questi, una granata secondo il ministero dell’Interno, è stato lanciato proprio all’ingresso del Parlamento colpendo decine di persone, alcune delle quali versano ora in condizioni critiche. Un agente di 25 anni è morto invece sul tavolo operatorio dell’ospedale di Kiev mentre i medici cercavano di estrargli dal petto il proiettile che l’aveva colpito.
La polizia ha comunque arrestato più di trenta manifestanti, tra i quali colui che ha lanciato l’ordigno più devastante. In serata, il presidente Petro Poroshenko è apparso in televisione per promettere che i responsabili degli scontri pagheranno per quello che hanno fatto. «E’ stato un atto anti-ucraino per il quale tutti gli organizzatori e tutti i rappresentanti delle forze politiche coinvolti saranno severamente puniti », ha detto.
La bozza di riforma costituzionale votata ieri in prima lettura concede maggiore autonomia ai territori orientali russofoni in mano ai ribelli. Si tratta di una norma fortemente voluta dall’Occidente e contenuta negli accordi di Minsk firmati a febbraio, che tra le altre clausole prevedono da parte di Kiev l’attuazione di una decentralizzazione entro fine 2016. Ieri mattina, 265 deputati, per un minimo richiesto di 226, hanno votato a favore del progetto controverso nel corso di una seduta burrascosa. Al momento dell’approvazione i parlamentari contrari a questa legge che considerato “anti-ucraina” hanno bloccato l’accesso alla tribuna parlamentare al grido di “Vergognatevi!”. Per i ribelli dell’est invece il testo non concede abbastanza autonomia.
L’adozione del progetto era stata richiesta dagli alleati occidentali, soprattutto dal cancelliere tedesco Angela Merkel e dal presidente francese François Hollande, che la considerano un mezzo per aiutare a porre fine al conflitto. Sempre ieri, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha espresso apprensione per gli scontri «molto preoccupanti » avvenuti davanti al Parlamento ucraino. «Spero che il processo di riforme non venga compromesso dalla violenza», ha detto anche la Mogherini aggiungendo che il voto è una parte cruciale dell’accordo di pace firmato a febbraio, e che è stato «un importante passo» verso il conferimento del potere alle regioni ucraine.
«Gli emendamenti », ha sottolineato l’ex ministro degli Esteri italiano, «faciliteranno inoltre la realizzazione degli accordi di Minsk». Nella speranza di risolvere una volta per tutte la guerra che da più di un anno si combatte nel Dombass separatista, e che è già costata quasi 7mila morti.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
2° Fronte di guerra
Una notizia che non avremmo mai voluto leggere.
Il Califfato minaccia Israele: "Egitto porta per Gerusalemme"
Gli uomini di Al Baghdadi in Egitto lanciano un messaggio di sfida a Israele e mostrano armi e addestramenti sofisticati
Luca Romano - Gio, 03/09/2015 - 21:12
Un video pubblicato sul web dai gruppi affiliati all’Isis nel Sinai mostra armi e addestramenti sofisticati che i jihadisti affermano di voler usare contro Israele.
Nel video il Sinai viene definito la "porta meridionale verso Gerusalemme", ma non mancano anche critiche all’Egitto per le relazioni stabilite con Israele.
Nel video di 37 minuti sono incluse immagini dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak mentre stringe la mano all’ex presidente israeliano Shimon Peres, ma anche immagini del premier Benyamin Netanyahu ed un’animazione dal Canale 10 di Israele che mostra l’attacco terroristico contro un bus israeliano nel 2011 a Eilat.
Nel video, Wilayat Sinai (la Provincia del Sinai), meglio conosciuto come il gruppo Ansar Bait al Maqdis si assume la responsabilità dell’attacco del 2011, come molti lanci di razzi contro lo Stato ebraico, una vendetta contro le incursioni israeliane a Gaza.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/cal ... 66505.html
^^^^^^^
Per il sol fatto di essere uno Stato circondato da Stati arabi, Israele non ha mai abbassato la guardia dal 1948, anno della sua fondazione, riconosciuta dall'Onu.
Ora, che l'Isis lanci una sfida non è una buona notizia, perché Israele non permetterà che la si minacci.
Quella Terza Guerra Mondiale che Francesco ha definito che si sviluppa a zone, con Israele contrapposta all'Isis, potrebbe non essere più così. Da molti anni, più di 40, una corrente di pensiero ritiene che quella è l'area dove partirà il prossimo conflitto mondiale.
E' per questo motivo che questa è decisamente una cattiva notizia che inquieta non poco.
Una notizia che non avremmo mai voluto leggere.
Il Califfato minaccia Israele: "Egitto porta per Gerusalemme"
Gli uomini di Al Baghdadi in Egitto lanciano un messaggio di sfida a Israele e mostrano armi e addestramenti sofisticati
Luca Romano - Gio, 03/09/2015 - 21:12
Un video pubblicato sul web dai gruppi affiliati all’Isis nel Sinai mostra armi e addestramenti sofisticati che i jihadisti affermano di voler usare contro Israele.
Nel video il Sinai viene definito la "porta meridionale verso Gerusalemme", ma non mancano anche critiche all’Egitto per le relazioni stabilite con Israele.
Nel video di 37 minuti sono incluse immagini dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak mentre stringe la mano all’ex presidente israeliano Shimon Peres, ma anche immagini del premier Benyamin Netanyahu ed un’animazione dal Canale 10 di Israele che mostra l’attacco terroristico contro un bus israeliano nel 2011 a Eilat.
Nel video, Wilayat Sinai (la Provincia del Sinai), meglio conosciuto come il gruppo Ansar Bait al Maqdis si assume la responsabilità dell’attacco del 2011, come molti lanci di razzi contro lo Stato ebraico, una vendetta contro le incursioni israeliane a Gaza.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/cal ... 66505.html
^^^^^^^
Per il sol fatto di essere uno Stato circondato da Stati arabi, Israele non ha mai abbassato la guardia dal 1948, anno della sua fondazione, riconosciuta dall'Onu.
Ora, che l'Isis lanci una sfida non è una buona notizia, perché Israele non permetterà che la si minacci.
Quella Terza Guerra Mondiale che Francesco ha definito che si sviluppa a zone, con Israele contrapposta all'Isis, potrebbe non essere più così. Da molti anni, più di 40, una corrente di pensiero ritiene che quella è l'area dove partirà il prossimo conflitto mondiale.
E' per questo motivo che questa è decisamente una cattiva notizia che inquieta non poco.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Corriere 7.9.15
Il fronte siriano
Regime asserragliato, lo sbarco dei russi
Parigi pronta ai raid: dopo 300 mila morti, cosa sta per cambiare?
di Davide Frattini
Bashar Assad ha inaugurato un nuovo parco a Damasco, 9 mila metri quadrati, un po’ più grande di un campo da calcio, dedicati a Kim II-sung. Perché il dittatore che ha creato la Corea del Nord era amico di suo padre Hafez, perché i due regimi sono sempre stati alleati (i coreani l’hanno aiutato a costruire un centro atomico segreto distrutto da un bombardamento israeliano nel 2007), perché chiunque critica Kim per la sua brutalità «è un assurdo idiota» come ha commentato un ministro siriano alla cerimonia.
Il parco sta a pochi chilometri da Yarmouk, che da campo per accogliere i rifugiati palestinesi è diventato un campo di concentramento come quelli costruiti da Kim e dai suoi discendenti. Le truppe di Assad usano la fame per piegare gli abitanti che ancora resistono all’assedio, l’acqua e l’elettricità sono state tagliate, malattie scomparse (il tifo e la poliomelite) sono tornate a colpire i bambini e gli anziani, i terroristi dello Stato Islamico si sono asserragliati nei palazzoni grigi per premere sulla capitale.
Il clan che ha dominato la Siria per quasi cinquant’anni controlla ormai solo Damasco e le regioni che da qui scendono verso le montagne al confine con il Libano e verso il mare, 30 mila chilometri quadrati, un sesto di tutto il Paese. Il dittatore e i suoi consiglieri stranieri — i russi, gli iraniani, i libanesi di Hezbollah — contano di poter difendere queste zone-roccaforte dalle incursioni dei ribelli e dei miliziani che rispondono agli ordini del Califfo. È la strategia realistica che Assad ha ammesso di aver adottato in un discorso alla nazione: «Non siamo in grado di tenere tutte le posizioni, consolidiamo quelle che sono più importanti». Sa di aver perso anche il sostegno dei drusi: per la prima volta hanno attaccato le sue forze in una provincia del sud dopo l’uccisione di un leader religioso che si era ribellato agli ordini del governo.
Così i russi hanno scelto Latakia, il porto sul Mediterraneo abitato dalla minoranza alauita al potere, come base per preparare quello che sembra il dispiegamento dei suoi soldati. Il regime ne ha bisogno: le famiglie nascondono i giovani chiamati alla leva obbligatoria, i disertori sono in aumento, le truppe irregolari sciite di Hezbollah sono sfiancate da tre anni di battaglie nella guerra che va avanti da quattro e mezzo. Le proteste di John Kerry, il segretario di Stato americano, non preoccupano Vladimir Putin. È consapevole che i bombardamenti americani contro lo Stato Islamico — adesso anche i francesi e i britannici sono pronti a partecipare ai raid — alla fine rafforzano la posizione di Assad. Il presidente russo e gli iraniani non hanno mai smesso di sostenerlo e di ripetere che la cacciata del chirurgo oculistico diventato presidente non era in discussione. Fin dal 2012 quando a Ginevra le potenze internazionali cercano di trovare una soluzione al conflitto: gli europei e gli americani vogliono estromettere il dittatore dal processo di transizione, per superare l’opposizione di Mosca e Teheran propongono di inserire nel comunicato finale la formula «è escluso chiunque abbia le mani sporche di sangue». La risposta del diplomatico russo è rivelatrice: «Ma così è chiaro che parliamo di Assad».
Il sangue è quello dei primi manifestanti che nel marzo del 2011 scendono in strada a Deraa, nel sud della Siria, per chiedere il rilascio dei loro ragazzi, arrestati e torturati per aver scritto slogan contro il regime sul muro della scuola. Il sangue è quello dei civili massacrati dalle «botti bomba» sganciate sui quartieri dagli elicotteri, così imprecise che gli ufficiali tengono i soldati molto lontano e le famiglie si sono ormai convinte che la prima linea sia più sicura di casa loro. Il sangue è quello dei 65 mila scomparsi nelle celle dei servizi segreti — secondo l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor — da quando la rivolta è cominciata.
Un rapporto pubblicato dall’Onu pochi giorni fa prova a documentare quello che è successo dentro la Siria in questi ultimi mesi, da gennaio a luglio. «I civili restano presi in mezzo — scrive la commissione d’inchiesta guidata dal brasiliano Paulo Pinheiro — tra i bombardamenti del regime e l’offensiva dello Stato Islamico, colpevole di crimini contro l’umanità: torture, violenza sessuale, traffico di schiavi». La responsabilità è anche delle potenze che competono per l’influenza nella regione: «Il conflitto è alimentato da forze internazionali che vogliono sostenere i loro interessi geopolitici. Questa competizione ha esacerbato lo scontro etnico e religioso istigato da predicatori e combattenti stranieri».
I siriani hanno dovuto lasciare le loro case per rifugiarsi nei Paesi confinanti o diventare esuli nella loro stessa patria prima che lo Stato Islamico sparigliasse la sfida tra i ribelli sunniti e il clan alauita degli Assad, prima che spadroneggiasse nella provincia di Raqqa e ne facesse il suo dominio in Siria nel maggio del 2014, prima che massacrasse i curdi a Kobane.
Oggi i profughi sono 12 milioni, di cui 4 sono riusciti a scappare dall’altra parte del confine, in 250 mila così disperati da cercare la salvezza nell’Iraq dove la guerra non è mai finita e dove lo Stato Islamico avanza. Metà della popolazione ha bisogno di assistenza, quattro siriani su cinque sono finiti in miseria, 3 milioni di bambini non vanno più a scuola, il 57 per cento degli ospedali pubblici è stato danneggiato e il 37 per cento non funziona più: la maggior parte è stata attaccata — per punire i villaggi o i quartieri ribelli — dallo stesso governo che li aveva costruiti. Un siriano deve aspettarsi di vivere in media, calcola l’Organizzazione mondiale della sanità, fino a 55 anni, venti in meno di prima della guerra, e anche così vorrebbe dire che gli è andata meglio dei 300 mila già morti nel conflitto, quelli che a un certo punto le Nazioni Unite hanno smesso di contare.
Il fronte siriano
Regime asserragliato, lo sbarco dei russi
Parigi pronta ai raid: dopo 300 mila morti, cosa sta per cambiare?
di Davide Frattini
Bashar Assad ha inaugurato un nuovo parco a Damasco, 9 mila metri quadrati, un po’ più grande di un campo da calcio, dedicati a Kim II-sung. Perché il dittatore che ha creato la Corea del Nord era amico di suo padre Hafez, perché i due regimi sono sempre stati alleati (i coreani l’hanno aiutato a costruire un centro atomico segreto distrutto da un bombardamento israeliano nel 2007), perché chiunque critica Kim per la sua brutalità «è un assurdo idiota» come ha commentato un ministro siriano alla cerimonia.
Il parco sta a pochi chilometri da Yarmouk, che da campo per accogliere i rifugiati palestinesi è diventato un campo di concentramento come quelli costruiti da Kim e dai suoi discendenti. Le truppe di Assad usano la fame per piegare gli abitanti che ancora resistono all’assedio, l’acqua e l’elettricità sono state tagliate, malattie scomparse (il tifo e la poliomelite) sono tornate a colpire i bambini e gli anziani, i terroristi dello Stato Islamico si sono asserragliati nei palazzoni grigi per premere sulla capitale.
Il clan che ha dominato la Siria per quasi cinquant’anni controlla ormai solo Damasco e le regioni che da qui scendono verso le montagne al confine con il Libano e verso il mare, 30 mila chilometri quadrati, un sesto di tutto il Paese. Il dittatore e i suoi consiglieri stranieri — i russi, gli iraniani, i libanesi di Hezbollah — contano di poter difendere queste zone-roccaforte dalle incursioni dei ribelli e dei miliziani che rispondono agli ordini del Califfo. È la strategia realistica che Assad ha ammesso di aver adottato in un discorso alla nazione: «Non siamo in grado di tenere tutte le posizioni, consolidiamo quelle che sono più importanti». Sa di aver perso anche il sostegno dei drusi: per la prima volta hanno attaccato le sue forze in una provincia del sud dopo l’uccisione di un leader religioso che si era ribellato agli ordini del governo.
Così i russi hanno scelto Latakia, il porto sul Mediterraneo abitato dalla minoranza alauita al potere, come base per preparare quello che sembra il dispiegamento dei suoi soldati. Il regime ne ha bisogno: le famiglie nascondono i giovani chiamati alla leva obbligatoria, i disertori sono in aumento, le truppe irregolari sciite di Hezbollah sono sfiancate da tre anni di battaglie nella guerra che va avanti da quattro e mezzo. Le proteste di John Kerry, il segretario di Stato americano, non preoccupano Vladimir Putin. È consapevole che i bombardamenti americani contro lo Stato Islamico — adesso anche i francesi e i britannici sono pronti a partecipare ai raid — alla fine rafforzano la posizione di Assad. Il presidente russo e gli iraniani non hanno mai smesso di sostenerlo e di ripetere che la cacciata del chirurgo oculistico diventato presidente non era in discussione. Fin dal 2012 quando a Ginevra le potenze internazionali cercano di trovare una soluzione al conflitto: gli europei e gli americani vogliono estromettere il dittatore dal processo di transizione, per superare l’opposizione di Mosca e Teheran propongono di inserire nel comunicato finale la formula «è escluso chiunque abbia le mani sporche di sangue». La risposta del diplomatico russo è rivelatrice: «Ma così è chiaro che parliamo di Assad».
Il sangue è quello dei primi manifestanti che nel marzo del 2011 scendono in strada a Deraa, nel sud della Siria, per chiedere il rilascio dei loro ragazzi, arrestati e torturati per aver scritto slogan contro il regime sul muro della scuola. Il sangue è quello dei civili massacrati dalle «botti bomba» sganciate sui quartieri dagli elicotteri, così imprecise che gli ufficiali tengono i soldati molto lontano e le famiglie si sono ormai convinte che la prima linea sia più sicura di casa loro. Il sangue è quello dei 65 mila scomparsi nelle celle dei servizi segreti — secondo l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor — da quando la rivolta è cominciata.
Un rapporto pubblicato dall’Onu pochi giorni fa prova a documentare quello che è successo dentro la Siria in questi ultimi mesi, da gennaio a luglio. «I civili restano presi in mezzo — scrive la commissione d’inchiesta guidata dal brasiliano Paulo Pinheiro — tra i bombardamenti del regime e l’offensiva dello Stato Islamico, colpevole di crimini contro l’umanità: torture, violenza sessuale, traffico di schiavi». La responsabilità è anche delle potenze che competono per l’influenza nella regione: «Il conflitto è alimentato da forze internazionali che vogliono sostenere i loro interessi geopolitici. Questa competizione ha esacerbato lo scontro etnico e religioso istigato da predicatori e combattenti stranieri».
I siriani hanno dovuto lasciare le loro case per rifugiarsi nei Paesi confinanti o diventare esuli nella loro stessa patria prima che lo Stato Islamico sparigliasse la sfida tra i ribelli sunniti e il clan alauita degli Assad, prima che spadroneggiasse nella provincia di Raqqa e ne facesse il suo dominio in Siria nel maggio del 2014, prima che massacrasse i curdi a Kobane.
Oggi i profughi sono 12 milioni, di cui 4 sono riusciti a scappare dall’altra parte del confine, in 250 mila così disperati da cercare la salvezza nell’Iraq dove la guerra non è mai finita e dove lo Stato Islamico avanza. Metà della popolazione ha bisogno di assistenza, quattro siriani su cinque sono finiti in miseria, 3 milioni di bambini non vanno più a scuola, il 57 per cento degli ospedali pubblici è stato danneggiato e il 37 per cento non funziona più: la maggior parte è stata attaccata — per punire i villaggi o i quartieri ribelli — dallo stesso governo che li aveva costruiti. Un siriano deve aspettarsi di vivere in media, calcola l’Organizzazione mondiale della sanità, fino a 55 anni, venti in meno di prima della guerra, e anche così vorrebbe dire che gli è andata meglio dei 300 mila già morti nel conflitto, quelli che a un certo punto le Nazioni Unite hanno smesso di contare.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
5° Fronte di guerra - La Siria
[b]
Siria, Putin invia “aiuti” ma sono armamenti
‘Metodo Ucraina’ per controllare il dopo-Assad[/b]
Il presidente russo si propone come “grande mediatore” per non perdere i suoi sbocchi sul Mediterraneo
Dice “combattiamo Isis”, evoca il caos Libia. Intanto militarizza i porti, sfruttando le indecisioni degli Usa
Mondo
Con l’avanzata di ribelli e jihadisti, il presidente siriano Assad è in bilico e Mosca rischia di perdere il controllo della costa alawita. Per questo sta approntando un sistema di fortificazioni sia attorno al porto di Tartus (che controlla dal 1971) che a nord, nell’aeroporto di Latakia i Tupolev sbarcano “aiuti umanitari” e armi, secondo il modello Donbass. Da intervento di sussistenza a intervento attivo. La miccia che potrebbe far esplodere il Paese e trasformarlo in uno scontro Est-Ovest, non solo guerra contro l’Isis
di Leonardo Coen
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Siria, Putin invia “aiuti” ma sono armamenti
‘Metodo Ucraina’ per controllare il dopo-Assad[/b]
Il presidente russo si propone come “grande mediatore” per non perdere i suoi sbocchi sul Mediterraneo
Dice “combattiamo Isis”, evoca il caos Libia. Intanto militarizza i porti, sfruttando le indecisioni degli Usa
Mondo
Con l’avanzata di ribelli e jihadisti, il presidente siriano Assad è in bilico e Mosca rischia di perdere il controllo della costa alawita. Per questo sta approntando un sistema di fortificazioni sia attorno al porto di Tartus (che controlla dal 1971) che a nord, nell’aeroporto di Latakia i Tupolev sbarcano “aiuti umanitari” e armi, secondo il modello Donbass. Da intervento di sussistenza a intervento attivo. La miccia che potrebbe far esplodere il Paese e trasformarlo in uno scontro Est-Ovest, non solo guerra contro l’Isis
di Leonardo Coen
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Re: La Terza Guerra Mondiale
5° Fronte di guerra
Repubblica 15.9.15
Gerusalemme, terzo giorno di scontri sulla Spianata delle Moschee
Terzo giorno di scontri sulla Giovani palestinesi sono tornati a lanciare sassi sul monte, luogo sacro sia per l'islam che per l'ebraismo. La polizia ha lanciato granate stordentiPer il terzo giorno consecutivo ci sono scontri a Gerusalemme sulla Spianata delle moschee tra polizia israeliana e palestinesi. Gli agenti hanno risposto con granate stordenti ad un fitto lancio di sassi.
La tensione è molto alta nella Città Santa soprattutto dopo che la settimana scorsa il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha messo al bando il movimento Al Mourabitoun che si oppone alla presenza di visitatori ebrei sulla Spianata delle Moschee o Monte del Tempio, luogo sacro sia per l'Islam che per l'ebraismo.
Repubblica 15.9.15
Gerusalemme, terzo giorno di scontri sulla Spianata delle Moschee
Terzo giorno di scontri sulla Giovani palestinesi sono tornati a lanciare sassi sul monte, luogo sacro sia per l'islam che per l'ebraismo. La polizia ha lanciato granate stordentiPer il terzo giorno consecutivo ci sono scontri a Gerusalemme sulla Spianata delle moschee tra polizia israeliana e palestinesi. Gli agenti hanno risposto con granate stordenti ad un fitto lancio di sassi.
La tensione è molto alta nella Città Santa soprattutto dopo che la settimana scorsa il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha messo al bando il movimento Al Mourabitoun che si oppone alla presenza di visitatori ebrei sulla Spianata delle Moschee o Monte del Tempio, luogo sacro sia per l'Islam che per l'ebraismo.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Ha ragione Magdi Allam, oppure sta esagerando come Littorio Feltri, Mario Giordano & Co???
Ci siamo arresi all'islamizzazione
Da sabato in edicola con il Giornale, a 8,60 euro più il costo del quotidiano, il volume Islam. Siamo in guerra
Magdi Cristiano Allam - Ven, 18/09/2015 - 08:07
Nel mio nuovo libro Islam. Siamo in guerra (da domani in edicola con Il Giornale e in libreria), evidenzio come in parallelo al Jihad, la guerra santa islamica, scatenata dal terrorismo islamico dei tagliagole, che ci sottomettono con la paura di essere decapitati, e dei taglialingue, che ci conquistano imponendoci la legittimazione dell'islam, del Corano e delle moschee, l'arma vincente della strategia di islamizzazione dell'Europa è l'invasione demografica.
Su circa 500 milioni di abitanti dei 29 Paesi membri dell'Unione Europea, solo il 16 per cento, pari a 80 milioni di abitanti, hanno meno di 30 anni. Viceversa su circa 500 milioni di abitanti della sponda orientale e meridionale del Mediterraneo, sommando le popolazioni dei 22 Stati arabofoni più quelle della Turchia e dell'Iran, ben il 70 per cento ha meno di 30 anni, pari a 350 milioni di abitanti. Quando si mettono su un piatto della bilancia 80 milioni di giovani europei, cristiani in crisi d'identità con una consistente minoranza musulmana, e sull'altro 350 milioni di giovani mediorientali, al 99 per cento musulmani, convinti che l'islam è l'unica «vera religione» che deve affermarsi ovunque nel mondo, il risultato indubbio è che gli europei sono destinati ad essere sopraffatti demograficamente e colonizzati ideologicamente dagli islamici.
A un certo punto i musulmani non avranno più bisogno di farci la guerra o ricorrere al terrorismo. Potranno sottometterci all'islam limitandosi ad osservare le regole formali della nostra democrazia, che premia il soggetto politico più organizzato e influente, in grado di condizionare e di accaparrare il consenso della maggioranza, astenendosi dall'entrare nel merito dei contenuti delle ideologie e delle religioni, soprattutto dell'islam.
Già nel 1974 il presidente algerino Boumedienne previde che l'Europa sarà conquistata con il «ventre delle nostre donne». Nel 2006 il leader libico Gheddafi disse che «50 milioni di musulmani in Europa la trasformeranno in un continente musulmano in pochi decenni».
Ebbene sconvolge che, a fronte dell'evidenza della conquista demografica da parte degli islamici che costituiscono la stragrande maggioranza dei clandestini che ci invadono a partire dalla Libia e dalla Turchia, l'Onu, l'Unione Europea, l'Italia e la Chiesa concordono sul fatto che dobbiamo spalancare incondizionatamente le nostre frontiere. Il presidente della Commissione Europea Juncker il 9 settembre ha detto: «Gli europei devono prendersi carico di queste persone, abbracciarli e accoglierli». Papa Francesco il 14 settembre ha esaltato questa invasione: «Gli immigrati ci aiutano a tener viva la nonna Europa». Il capo dello Stato Mattarella il 16 settembre ha qualificato l'invasione come «un fenomeno epocale (…) che richiede una gestione comune dell'Unione». Emma Bonino l'8 settembre ha chiarito: «L'Europa vive un calo demografico importantissimo, per il 2050, cioè domani, avrà bisogno di 50 milioni di immigrati per sostenere il proprio sistema di welfare e pensionistico».
Di fatto stiamo subendo la strategia di genocidio eugenetico profetizzata dal conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894 - 1972), sulla cui lapide ha voluto essere tramandato come il «Pioniere degli Stati Uniti d'Europa»: «L'uomo del lontano futuro sarà un meticcio. Le razze e le caste di oggi saranno vittime del crescente superamento di spazio, tempo e pregiudizio. La razza del futuro, negroide-eurasiatica, simile in aspetto a quella dell'Egitto antico, rimpiazzerà la molteplicità dei popoli con una molteplicità di personalità».
Ecco perché è fondamentale conoscere la verità di ciò che sta accadendo dentro e fuori di casa nostra. Soprattutto è vitale essere consapevoli che siamo in guerra, che o combattiamo per vincere o saremo sottomessi dall'islam.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 72451.html
Ci siamo arresi all'islamizzazione
Da sabato in edicola con il Giornale, a 8,60 euro più il costo del quotidiano, il volume Islam. Siamo in guerra
Magdi Cristiano Allam - Ven, 18/09/2015 - 08:07
Nel mio nuovo libro Islam. Siamo in guerra (da domani in edicola con Il Giornale e in libreria), evidenzio come in parallelo al Jihad, la guerra santa islamica, scatenata dal terrorismo islamico dei tagliagole, che ci sottomettono con la paura di essere decapitati, e dei taglialingue, che ci conquistano imponendoci la legittimazione dell'islam, del Corano e delle moschee, l'arma vincente della strategia di islamizzazione dell'Europa è l'invasione demografica.
Su circa 500 milioni di abitanti dei 29 Paesi membri dell'Unione Europea, solo il 16 per cento, pari a 80 milioni di abitanti, hanno meno di 30 anni. Viceversa su circa 500 milioni di abitanti della sponda orientale e meridionale del Mediterraneo, sommando le popolazioni dei 22 Stati arabofoni più quelle della Turchia e dell'Iran, ben il 70 per cento ha meno di 30 anni, pari a 350 milioni di abitanti. Quando si mettono su un piatto della bilancia 80 milioni di giovani europei, cristiani in crisi d'identità con una consistente minoranza musulmana, e sull'altro 350 milioni di giovani mediorientali, al 99 per cento musulmani, convinti che l'islam è l'unica «vera religione» che deve affermarsi ovunque nel mondo, il risultato indubbio è che gli europei sono destinati ad essere sopraffatti demograficamente e colonizzati ideologicamente dagli islamici.
A un certo punto i musulmani non avranno più bisogno di farci la guerra o ricorrere al terrorismo. Potranno sottometterci all'islam limitandosi ad osservare le regole formali della nostra democrazia, che premia il soggetto politico più organizzato e influente, in grado di condizionare e di accaparrare il consenso della maggioranza, astenendosi dall'entrare nel merito dei contenuti delle ideologie e delle religioni, soprattutto dell'islam.
Già nel 1974 il presidente algerino Boumedienne previde che l'Europa sarà conquistata con il «ventre delle nostre donne». Nel 2006 il leader libico Gheddafi disse che «50 milioni di musulmani in Europa la trasformeranno in un continente musulmano in pochi decenni».
Ebbene sconvolge che, a fronte dell'evidenza della conquista demografica da parte degli islamici che costituiscono la stragrande maggioranza dei clandestini che ci invadono a partire dalla Libia e dalla Turchia, l'Onu, l'Unione Europea, l'Italia e la Chiesa concordono sul fatto che dobbiamo spalancare incondizionatamente le nostre frontiere. Il presidente della Commissione Europea Juncker il 9 settembre ha detto: «Gli europei devono prendersi carico di queste persone, abbracciarli e accoglierli». Papa Francesco il 14 settembre ha esaltato questa invasione: «Gli immigrati ci aiutano a tener viva la nonna Europa». Il capo dello Stato Mattarella il 16 settembre ha qualificato l'invasione come «un fenomeno epocale (…) che richiede una gestione comune dell'Unione». Emma Bonino l'8 settembre ha chiarito: «L'Europa vive un calo demografico importantissimo, per il 2050, cioè domani, avrà bisogno di 50 milioni di immigrati per sostenere il proprio sistema di welfare e pensionistico».
Di fatto stiamo subendo la strategia di genocidio eugenetico profetizzata dal conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894 - 1972), sulla cui lapide ha voluto essere tramandato come il «Pioniere degli Stati Uniti d'Europa»: «L'uomo del lontano futuro sarà un meticcio. Le razze e le caste di oggi saranno vittime del crescente superamento di spazio, tempo e pregiudizio. La razza del futuro, negroide-eurasiatica, simile in aspetto a quella dell'Egitto antico, rimpiazzerà la molteplicità dei popoli con una molteplicità di personalità».
Ecco perché è fondamentale conoscere la verità di ciò che sta accadendo dentro e fuori di casa nostra. Soprattutto è vitale essere consapevoli che siamo in guerra, che o combattiamo per vincere o saremo sottomessi dall'islam.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Armiamoci e partite
ARMIAMOCI E PARTITE
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Armiamoci e partite è una frase proverbiale della lingua italiana, utilizzata per sottolineare e stigmatizzare, in maniera icastica e aforistica, l'atteggiamento di chi si sottrae ai rischi di un'azione da lui stesso promossa o perorata, pur esortando gli altri a intraprenderla.
Indice
1 Origine
2 Uso
2.1 La polemica neutralista contro la retorica interventista di Benito Mussolini
3 Film
3.1 Titoli
3.2 Citazione in Totò contro Maciste
4 Note
5 Bibliografia
6 Voci correlate
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni
Origine
Mussolini negli anni dieci, quando la sua foga interventista fu derisa con "Armiamoci e partite!"
L'uso ironico e caricaturale della frase è già attestato nell'edizione del 1891 del Nòvo dizionàrio universale della Lingua Italiana di Policarpo Petrocchi che la registra nella fraseologia del lemma "partire"[1].
Se ne conosce un uso letterario nella poesia Agli Eroissimi del poeta ravennate Olindo Guerrini, che la incluse nelle Rime di Argia Sbolenfi, una silloge pubblicata nel 1897 con lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti[2].
« Ah, siete voi? Salute o ben pensanti,
In cui l’onor s’imbotta e si travasa;
Ma dite un po’, perché gridate "avanti!"
E poi restate a casa?
Perché, lungi dai colpi e dai conflitti,
Comodamente d’ingrassar soffrite,
Baritonando ai poveri coscritti
"Armiamoci e partite?"
Partite voi, se generoso il core
Sotto al pingue torace il ciel vi diede.
O Baiardi, è laggiù dove si muore
Che il coraggio si vede,
Non qui, tra le balorde zitellone,
Madri spartane di robuste prose,
Che chieggon morti per compor corone
D’alloro, ahi, non di rose! »
L'opera fu composta per dileggiare la retorica militarista e divenne subito molto popolare nel clima di forte polemica che aveva portato alle dimissioni del Governo Crispi, il 10 marzo 1896, in seguito alla disfatta nella Battaglia di Adua e al successivo umiliante trattato di Addis Abeba.
Uso
La frase è spesso usata in un registro linguistico ironico o caricaturale, associandola a un atteggiamento esibito da alcune personalità.
Benito Mussolini in uniforme da Bersagliere nel 1915.
Il "vizio" caratteriale sotteso alla frase viene a volte considerato, al pari del tengo famiglia, come un tratto comportamentale tipico dell'italiano medio[3]. Essa anzi, secondo Bruno Maier, assurge perfino a «emblema o [...] parola d'ordine stessa della furberia italiana»[4]: questo fenomeno, secondo Maier, sarebbe evidente nel primo dopoguerra, quando la frase iniziò a circolare insistentemente, in un periodo in cui l'italiano medio si trovò a dover districarsi tra guerra coloniale in Abissinia, partecipazione alla guerra civile spagnola, e intervento nella seconda guerra mondiale[4].
La polemica neutralista contro la retorica interventista di Benito Mussolini
Soprattutto per l'orchestrazione di Giacinto Menotti Serrati, la frase imperversò come un tormentone nella campagna che socialisti e neutralisti misero in atto contro la retorica interventista di Benito Mussolini circa l'opportunità dell'impegno bellico diretto dell'Italia nella Grande Guerra.
Nelle intenzioni di Menotti Serrati e dei neutralisti, l'«armiamoci e partite!» voleva mettere alla berlina Mussolini accostandolo, attraverso questo fittizio slogan, alla figura caricaturale ritratta nella poesia di Olindo Guerrini[5]. Nel caso specifico, il dileggio si rivelò improprio, visto che Mussolini chiese di partire volontario e, in seguito, venne arruolato come soldato semplice nei Bersaglieri, partecipando al conflitto e rimanendo gravemente ferito. La frase, tuttavia, venne utilizzata durante il ventennio fascista per stigmatizzare l'atteggiamento di gerarchi, federali e propagandisti che, al sicuro delle loro posizioni nel Partito Nazionale Fascista, incitavano le folle di giovani all'arruolamento nelle imprese belliche del regime[4]
https://it.wikipedia.org/wiki/Armiamoci_e_partite
ARMIAMOCI E PARTITE
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Armiamoci e partite è una frase proverbiale della lingua italiana, utilizzata per sottolineare e stigmatizzare, in maniera icastica e aforistica, l'atteggiamento di chi si sottrae ai rischi di un'azione da lui stesso promossa o perorata, pur esortando gli altri a intraprenderla.
Indice
1 Origine
2 Uso
2.1 La polemica neutralista contro la retorica interventista di Benito Mussolini
3 Film
3.1 Titoli
3.2 Citazione in Totò contro Maciste
4 Note
5 Bibliografia
6 Voci correlate
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni
Origine
Mussolini negli anni dieci, quando la sua foga interventista fu derisa con "Armiamoci e partite!"
L'uso ironico e caricaturale della frase è già attestato nell'edizione del 1891 del Nòvo dizionàrio universale della Lingua Italiana di Policarpo Petrocchi che la registra nella fraseologia del lemma "partire"[1].
Se ne conosce un uso letterario nella poesia Agli Eroissimi del poeta ravennate Olindo Guerrini, che la incluse nelle Rime di Argia Sbolenfi, una silloge pubblicata nel 1897 con lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti[2].
« Ah, siete voi? Salute o ben pensanti,
In cui l’onor s’imbotta e si travasa;
Ma dite un po’, perché gridate "avanti!"
E poi restate a casa?
Perché, lungi dai colpi e dai conflitti,
Comodamente d’ingrassar soffrite,
Baritonando ai poveri coscritti
"Armiamoci e partite?"
Partite voi, se generoso il core
Sotto al pingue torace il ciel vi diede.
O Baiardi, è laggiù dove si muore
Che il coraggio si vede,
Non qui, tra le balorde zitellone,
Madri spartane di robuste prose,
Che chieggon morti per compor corone
D’alloro, ahi, non di rose! »
L'opera fu composta per dileggiare la retorica militarista e divenne subito molto popolare nel clima di forte polemica che aveva portato alle dimissioni del Governo Crispi, il 10 marzo 1896, in seguito alla disfatta nella Battaglia di Adua e al successivo umiliante trattato di Addis Abeba.
Uso
La frase è spesso usata in un registro linguistico ironico o caricaturale, associandola a un atteggiamento esibito da alcune personalità.
Benito Mussolini in uniforme da Bersagliere nel 1915.
Il "vizio" caratteriale sotteso alla frase viene a volte considerato, al pari del tengo famiglia, come un tratto comportamentale tipico dell'italiano medio[3]. Essa anzi, secondo Bruno Maier, assurge perfino a «emblema o [...] parola d'ordine stessa della furberia italiana»[4]: questo fenomeno, secondo Maier, sarebbe evidente nel primo dopoguerra, quando la frase iniziò a circolare insistentemente, in un periodo in cui l'italiano medio si trovò a dover districarsi tra guerra coloniale in Abissinia, partecipazione alla guerra civile spagnola, e intervento nella seconda guerra mondiale[4].
La polemica neutralista contro la retorica interventista di Benito Mussolini
Soprattutto per l'orchestrazione di Giacinto Menotti Serrati, la frase imperversò come un tormentone nella campagna che socialisti e neutralisti misero in atto contro la retorica interventista di Benito Mussolini circa l'opportunità dell'impegno bellico diretto dell'Italia nella Grande Guerra.
Nelle intenzioni di Menotti Serrati e dei neutralisti, l'«armiamoci e partite!» voleva mettere alla berlina Mussolini accostandolo, attraverso questo fittizio slogan, alla figura caricaturale ritratta nella poesia di Olindo Guerrini[5]. Nel caso specifico, il dileggio si rivelò improprio, visto che Mussolini chiese di partire volontario e, in seguito, venne arruolato come soldato semplice nei Bersaglieri, partecipando al conflitto e rimanendo gravemente ferito. La frase, tuttavia, venne utilizzata durante il ventennio fascista per stigmatizzare l'atteggiamento di gerarchi, federali e propagandisti che, al sicuro delle loro posizioni nel Partito Nazionale Fascista, incitavano le folle di giovani all'arruolamento nelle imprese belliche del regime[4]
https://it.wikipedia.org/wiki/Armiamoci_e_partite
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Armiamoci e partite
Se la memoria non flette, è stato il celeberrimo ed impavido Maurizio Gasparri, a sollecitare più di un anno fa: “Andiamo a bombardare la Libia”
Andiamo chi?
Lui certamente NO.
Ieri è stato il turno di Salvini, a Otto e mezzo.
E di nuovo sorge spontanea la domanda: Andiamo chi?
Il prode nipotino dei Lanzichenecchi, ha certamente in animo di mandare altri, per l’estremo sacrificio.
Un altro venditore di pentole da quattro soldi.
Mi piacerebbe tanto di poter chiedere al prode dei prodi(non Romano), di allestire immantinente una Brigata di volontari leghisti e non, “La Brigata Salvini”, così la sua mamma sarà orgogliosa di avere un figlio prode e coerente che mette in pratica quanto afferma, non come il Bomba 4.0, che parla, parla e straparla e poi non mette mai in pratica quello che afferma.
In questa chiamata alle armi, l’eroe di “Ruspa continua”, non dovrebbe dimenticarsi di aggregare i fratelli della guerra all’Islam, Magdi Cristiano Allam, Littorio Feltri, pervaso dall’odio verso l’Islam ereditato dalla sua amica Oriana Fallaci, da Mario Giordano anche lui favorevole all’entrata in guerra, e da tanti altri del sottobosco di destra.
Renzi attacca Salvini
http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila ... 015-162750
Se la memoria non flette, è stato il celeberrimo ed impavido Maurizio Gasparri, a sollecitare più di un anno fa: “Andiamo a bombardare la Libia”
Andiamo chi?
Lui certamente NO.
Ieri è stato il turno di Salvini, a Otto e mezzo.
E di nuovo sorge spontanea la domanda: Andiamo chi?
Il prode nipotino dei Lanzichenecchi, ha certamente in animo di mandare altri, per l’estremo sacrificio.
Un altro venditore di pentole da quattro soldi.
Mi piacerebbe tanto di poter chiedere al prode dei prodi(non Romano), di allestire immantinente una Brigata di volontari leghisti e non, “La Brigata Salvini”, così la sua mamma sarà orgogliosa di avere un figlio prode e coerente che mette in pratica quanto afferma, non come il Bomba 4.0, che parla, parla e straparla e poi non mette mai in pratica quello che afferma.
In questa chiamata alle armi, l’eroe di “Ruspa continua”, non dovrebbe dimenticarsi di aggregare i fratelli della guerra all’Islam, Magdi Cristiano Allam, Littorio Feltri, pervaso dall’odio verso l’Islam ereditato dalla sua amica Oriana Fallaci, da Mario Giordano anche lui favorevole all’entrata in guerra, e da tanti altri del sottobosco di destra.
Renzi attacca Salvini
http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila ... 015-162750
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