Francesco un papa ...Cristiano!
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
IL GIORNO DEI CORVI O ANCHE IL VATICANO MENTE?
Gombloddo?????
IL GIALLO DELLA SALUTE DEL PAPA
«Papa malato? No, azione anti-Sinodo»
Il Vaticano: caso manipolato ad arte
http://www.corriere.it/cronache/15_otto ... 0e17.shtml
Gombloddo?????
IL GIALLO DELLA SALUTE DEL PAPA
«Papa malato? No, azione anti-Sinodo»
Il Vaticano: caso manipolato ad arte
http://www.corriere.it/cronache/15_otto ... 0e17.shtml
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
PERCHE' I CATTOLICI NON SONO CRISTIANI.
Il cardinale Kasper: «A molti questo Papa non piace»
Francesco é il Papa che più si avvicina al pensiero del fondatore del cristianesimo.
Eppure a molti, sostiene (giustamente) il cardinale Kasper questo Papa non piace.
Questi a cui non piace saranno pure cattolici, ma non sono cristiani.
Il cardinale Kasper: «A molti questo Papa non piace»
Francesco é il Papa che più si avvicina al pensiero del fondatore del cristianesimo.
Eppure a molti, sostiene (giustamente) il cardinale Kasper questo Papa non piace.
Questi a cui non piace saranno pure cattolici, ma non sono cristiani.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
L’intervista
«Sì, è un’azione contro il Sinodo
Ad alcuni il Papa non piace»
Parla il cardinale Walter Kasper: «Non lasciamoci manipolare». Sinodo, ormai ci siamo: i 270 padri sinodali suddivisi in 13 circoli hanno approvato le relazioni, una commissione sta cercando di fare sintesi, sabato si vota «e poi si consegnerà questo testo al Papa»
di Gian Guido Vecchi
«Guardi, una cosa la posso dire con certezza: condizionare il Sinodo non è possibile. Se qualcuno vuol fare questo gioco, non ci riuscirà: è un gioco che noi non facciamo». Il cardinale Walter Kasper, dal quale è cominciato tutto - fu a lui che Francesco affidò nel 2014 la relazione introduttiva -, si sofferma vicino a Porta Sant’Anna. Ormai ci siamo, i 270 padri sinodali suddivisi in 13 circoli hanno approvato le loro relazioni, una commissione sta cercando di fare sintesi, sabato si vota «e poi si consegnerà questo testo al Papa: sarà lui a decidere e a scrivere, dopo il Sinodo, un suo documento».
Eminenza, l’«Osservatore Romano» scrive che il momento scelto, nei giorni più delicati del Sinodo, «rivela l’intento manipolatorio del polverone sollevato». Avete avuto questa impressione?
«Io non posso sapere nulla, ma è probabile che si sia voluta fare un’azione di disturbo. Un po’ come la storia di quel prete polacco, all’inizio del Sinodo, come si chiama...».
Charamsa? Quello che ha detto di avere un compagno da anni?
«Sì. Tutti hanno capito qual era l’intenzione, ma noi ci siamo detti: non lasciamoci manipolare. E non ha avuto nessun effetto sul Sinodo. Sarà così anche in questo caso».
In Vaticano si è detto: vogliono confondere le idee...
«Ma lo vediamo tutti, il Papa, ogni giorno, e le assicuro che non dà certo l’impressione di essere malato: è sempre in movimento, pieno di energia, semmai lavora troppo!».
È già capitato si tentasse di condizionare, perché?
«Perché certe persone sono nervose ed ora guardano con apprensione all’esito del Sinodo, fuori e dentro. Del resto ad alcuni non piace questo Papa, mi pare evidente. Forse hanno cercato di influenzarci: ma noi facciamo il nostro lavoro, il Papa è in buona forma. È un tentativo vano».
La relazione in tedesco denuncia le «dichiarazioni pubbliche» e i «paragoni offensivi» di «alcuni padri sinodali». Il cardinale Marx ha detto che si riferiva a un’intervista in cui il cardinale Pell contrapponeva al Sinodo le teologie di Kasper e Ratzinger.
«Sono grato per l’attenzione del mio circolo, ma quando ne hanno parlato ero assente».
Essere opposto a Ratzinger l’ha addolorata?
«È sleale coinvolgere papa Benedetto nelle questioni del Sinodo. E poi, con Ratzinger ci conosciamo da più di cinquant’anni! Abbiamo sempre cooperato, anche durante il suo pontificato... Ci sono state pure posizioni diverse, ma questo è normale, in teologia: Tommaso d’Aquino e Bonaventura hanno sostenuto cose differenti, e sono tutti e due santi!».
La ricerca della contrapposizione indica nervosismo?
«Sì, ma soprattutto tende a dividere la Chiesa. Il Sinodo è camminare insieme, così invece si divide la Chiesa tra due poli. E io questo non lo voglio: come cardinale, non si può volere una divisione».
Il circolo tedesco comprendeva, tra gli altri, lei e il cardinale Müller, prefetto dell’ex Sant’Uffizio, e avete votato sempre all’unanimità...
«Sì, e c’è stata una buona collaborazione tra Müller e me, non è mai esistita la spaccatura che alcuni pensavano. Io spero si possa andare nella direzione indicata dal nostro circolo».
Per i casi «difficili», come i divorziati e risposati, avete proposto una soluzione ispirata a Tommaso d’Aquino: l’applicazione dei principi «con intelligenza e saggezza rispetto alle singole situazioni spesso complesse».
«Certo: nessuno vuole toccare la dottrina. È una cosa pastorale, disciplinare. Per l’ammissione ai sacramenti si guarda alla coscienza della persona, al “foro interno”, si indica l’autorità del vescovo. Bisogna distinguere le singole situazioni, è chiaro, nessuno vuole un soluzione generalizzata, per tutti». 22 ottobre 2015 (modifica il 22 ottobre 2015 | 07:33) © RIPRODUZIONE RISERVATA]
http://www.corriere.it/cronache/15_otto ... 0e17.shtml
«Sì, è un’azione contro il Sinodo
Ad alcuni il Papa non piace»
Parla il cardinale Walter Kasper: «Non lasciamoci manipolare». Sinodo, ormai ci siamo: i 270 padri sinodali suddivisi in 13 circoli hanno approvato le relazioni, una commissione sta cercando di fare sintesi, sabato si vota «e poi si consegnerà questo testo al Papa»
di Gian Guido Vecchi
«Guardi, una cosa la posso dire con certezza: condizionare il Sinodo non è possibile. Se qualcuno vuol fare questo gioco, non ci riuscirà: è un gioco che noi non facciamo». Il cardinale Walter Kasper, dal quale è cominciato tutto - fu a lui che Francesco affidò nel 2014 la relazione introduttiva -, si sofferma vicino a Porta Sant’Anna. Ormai ci siamo, i 270 padri sinodali suddivisi in 13 circoli hanno approvato le loro relazioni, una commissione sta cercando di fare sintesi, sabato si vota «e poi si consegnerà questo testo al Papa: sarà lui a decidere e a scrivere, dopo il Sinodo, un suo documento».
Eminenza, l’«Osservatore Romano» scrive che il momento scelto, nei giorni più delicati del Sinodo, «rivela l’intento manipolatorio del polverone sollevato». Avete avuto questa impressione?
«Io non posso sapere nulla, ma è probabile che si sia voluta fare un’azione di disturbo. Un po’ come la storia di quel prete polacco, all’inizio del Sinodo, come si chiama...».
Charamsa? Quello che ha detto di avere un compagno da anni?
«Sì. Tutti hanno capito qual era l’intenzione, ma noi ci siamo detti: non lasciamoci manipolare. E non ha avuto nessun effetto sul Sinodo. Sarà così anche in questo caso».
In Vaticano si è detto: vogliono confondere le idee...
«Ma lo vediamo tutti, il Papa, ogni giorno, e le assicuro che non dà certo l’impressione di essere malato: è sempre in movimento, pieno di energia, semmai lavora troppo!».
È già capitato si tentasse di condizionare, perché?
«Perché certe persone sono nervose ed ora guardano con apprensione all’esito del Sinodo, fuori e dentro. Del resto ad alcuni non piace questo Papa, mi pare evidente. Forse hanno cercato di influenzarci: ma noi facciamo il nostro lavoro, il Papa è in buona forma. È un tentativo vano».
La relazione in tedesco denuncia le «dichiarazioni pubbliche» e i «paragoni offensivi» di «alcuni padri sinodali». Il cardinale Marx ha detto che si riferiva a un’intervista in cui il cardinale Pell contrapponeva al Sinodo le teologie di Kasper e Ratzinger.
«Sono grato per l’attenzione del mio circolo, ma quando ne hanno parlato ero assente».
Essere opposto a Ratzinger l’ha addolorata?
«È sleale coinvolgere papa Benedetto nelle questioni del Sinodo. E poi, con Ratzinger ci conosciamo da più di cinquant’anni! Abbiamo sempre cooperato, anche durante il suo pontificato... Ci sono state pure posizioni diverse, ma questo è normale, in teologia: Tommaso d’Aquino e Bonaventura hanno sostenuto cose differenti, e sono tutti e due santi!».
La ricerca della contrapposizione indica nervosismo?
«Sì, ma soprattutto tende a dividere la Chiesa. Il Sinodo è camminare insieme, così invece si divide la Chiesa tra due poli. E io questo non lo voglio: come cardinale, non si può volere una divisione».
Il circolo tedesco comprendeva, tra gli altri, lei e il cardinale Müller, prefetto dell’ex Sant’Uffizio, e avete votato sempre all’unanimità...
«Sì, e c’è stata una buona collaborazione tra Müller e me, non è mai esistita la spaccatura che alcuni pensavano. Io spero si possa andare nella direzione indicata dal nostro circolo».
Per i casi «difficili», come i divorziati e risposati, avete proposto una soluzione ispirata a Tommaso d’Aquino: l’applicazione dei principi «con intelligenza e saggezza rispetto alle singole situazioni spesso complesse».
«Certo: nessuno vuole toccare la dottrina. È una cosa pastorale, disciplinare. Per l’ammissione ai sacramenti si guarda alla coscienza della persona, al “foro interno”, si indica l’autorità del vescovo. Bisogna distinguere le singole situazioni, è chiaro, nessuno vuole un soluzione generalizzata, per tutti». 22 ottobre 2015 (modifica il 22 ottobre 2015 | 07:33) © RIPRODUZIONE RISERVATA]
http://www.corriere.it/cronache/15_otto ... 0e17.shtml
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Camillobenso, condivido!
molti "cattolici" non sono cristiani.
"A nessuno è garantita la felicità mondana" ha detto il pontefice
“Io popolare? Anche Gesù ed è finito come è finito”.
È la risposta di Papa Francesco a una domanda sulla sua popolarità rivoltagli dalla vaticanista
portoghese Aura Miguel in un’intervista
molti "cattolici" non sono cristiani.
Curiosa risposta di Bergoglio ad una domanda sulla sua popolarità rivoltagli dalla vaticanista portoghese Aura Miguel .Il cardinale Kasper: «A molti questo Papa non piace»
"A nessuno è garantita la felicità mondana" ha detto il pontefice
“Io popolare? Anche Gesù ed è finito come è finito”.
È la risposta di Papa Francesco a una domanda sulla sua popolarità rivoltagli dalla vaticanista
portoghese Aura Miguel in un’intervista
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
La Stampa 23.10.15
Quel mondo romano di poteri e privilegi messo in crisi dalla svolta di Francesco
L’inconsistenza del complotto dimostra che il Vaticano sta cambiando
di Marcello Sorgi
La cosa che più colpisce del complotto contro il Papa è la sua inconsistenza. Davvero si poteva credere di far saltare il Sinodo con la storia del neurochirurgo giapponese che taroccava le immagini dell’udienza con il pontefice?
Perfino una certa Roma, papalina da sempre orfana del «Romano Pontefice», come lo si definiva nel linguaggio ormai scomparso della Curia tradizionale, oggi ammette a denti stretti che le manovre per far saltare il Sinodo sulla famiglia sono fallite. S’è risolta in una pochade l’outing della vigilia di monsignor Charamsa, dichiaratosi gay in presenza del suo compagno, e subito elevato a monito contro le aperture chieste da Francesco alla Chiesa. È diventata una mezza commedia, la lettera dei tredici prelati conservatori - tredici, va detto, su duecentosettanta partecipanti al Sinodo - che subito correvano a ritirare le firme o a dire che il testo pubblicato era diverso da quello concordato tra i dissidenti. E ha svelato tutte le sue debolezze anche la trama ordita sulla falsa malattia del Papa e sceneggiata ad arte: sussurri, cautele, tradimenti, elicotteri che atterrano in gran segreto in Vaticano, misteri su misteri, peccato che non sia un film.
A rifletterci, è esattamente questo il mondo romano che il papato di Francesco ha messo in crisi, con la sua trasparenza e il suo amore per i poveri. Il Vaticano come mondo di privilegi riservati a una particolare casta della Capitale, un pezzo di aristocrazia morente, un giro d’affari sempre esistente, un viavai di qua e di là dal portone di bronzo che immette nella città del Pontefice. In questo mondo, lo Ior, la banca vaticana che Francesco ha messo in liquidazione, dopo l’ennesimo scandalo che l’ha investita, era fino a qualche anno fa una specie di off-shore casalingo, con conti cifrati riservati a un giro ristretto di potenti. Le nomine dei cardinali, diventavano occasioni di competizione tra famiglie che si contendevano la confidenza di regalare ai nuovi principi della Chiesa il bastone ornato di brillanti simbolo del comando. Le cerimonie di beatificazione erano vissute come appuntamenti mondani: a quella di Wojtyla si brindava a champagne, sul tetto di uno dei palazzi delle prefetture di via della Conciliazione, affacciati su San Pietro. La carità era praticata come un dovere, a patto di non dover avere a che fare strettamente con i poveri che Francesco invece invita alla sua mensa.
Questa rete di potere nella Capitale era sopravvissuta anche alla fine della consuetudine dei papi italiani, ormai un ricordo di quasi quarant’anni fa, una tradizione archiviata dopo Paolo VI e la morte misteriosa di Papa Luciani nell’estate del ’78. Aveva accompagnato gli albori del papato wojtiliano, assistendo sgomenta all’attentato del 1981 e suggellando nel nuovo Concordato dell’84 la parte pubblica, e presentabile, di un compromesso che presto avrebbe rivelato i suoi lati opachi.
L’elezione di Ratzinger, dopo il regno infinitamente lungo di Giovanni Paolo non a caso era stata festeggiata come una vittoria: il cardinale tedesco, teorico del rigore della dottrina e dei valori non negoziabili, aveva trascorso a Roma trent’anni, al fianco del pontefice polacco, prima di salire sul soglio di Pietro. Il braccio di ferro che doveva portarlo alle dimissioni, dopo l’attacco aperto contro la sua imprevista volontà riformatrice, spinto fin dentro le stanze dell’appartamento papale, si era abbattuto completamente imprevisto sulle resistenze di quella parte di Curia, giunta al Conclave ancora stordita dalla decisione del Papa di lasciare. L’addio di Benedetto, la sua rinuncia, per mancanza di forze, ad affrontare i mali della Chiesa, avrebbe posto così le premesse per l’elezione di Francesco e l’inizio della sua rivoluzione.
Rivelatore della confusione in cui doveva essere precipitata la Gerarchia, di fronte alla novità di un Papa che sceglie di non vivere in Vaticano, è l’episodio, mai smentito, del cardinal Bagnasco, presidente della Conferenza dei vescovi, e del suo segretario Crociata, che il 13 marzo 2013 mandano per errore un telegramma di congratulazioni a Scola, candidato sconfitto nel Conclave, e non a Borgoglio appena eletto. Un atto mancato, si direbbe in psicologia, un indizio preciso del tentativo di restaurazione della Curia romana attorno all’impossibile ritorno di un pontefice italiano. Il resto è storia di questi mesi e di questi giorni: la crescita tumultuosa del consenso dei fedeli attorno a un Papa che rifugge da qualsiasi intermediazione, vive con i poveri, li accoglie a San Pietro, li nutre, li assiste, li fa perfino lavare sotto il colonnato del Bernini che abbraccia la basilica. Se solo si riflette sulla differenza di linguaggio di un uomo come monsignor Galantino, mandato a governare la Cei in attesa che Bagnasco esaurisca il suo mandato, o di un altro come monsignor Becciu, il vicesegretario di Stato che ieri ha twittato senza remore il suo stupore per il complotto, si può capire come la rivoluzione di Francesco sia ormai divenuta inarrestabile. E i primi a rendermene conto sono i suoi oppositori interni.
Si sbaglierebbe però ad aspettarsi dalla conclusione del Sinodo, che domani consegnerà al Papa le sue tredici relazioni, un improvviso capovolgimento, specie su materie delicate come la famiglia, tema centrale del Sinodo, il matrimonio, la possibilità di consentire ai divorziati e ai risposati di prendere la Comunione, o addirittura le unioni omosessuali (su cui peraltro la Chiesa sta facendo avvertire una ferma resistenza alla legge italiana che dovrebbe regolamentarle, in discussione attualmente in Parlamento). Francesco saprà dosare la necessaria cautela che la Chiesa deve avere nel toccare i suoi principi. Così il messaggio atteso dal Sinodo sarà, se possibile, il più temuto dal fronte degli oppositori interni mentre la Chiesa continua a riflettere, il destino dei singoli fedeli e le idee nuove, per affermarsi, hanno bisogno di uomini nuovi, che le sorreggano e le portino avanti.
Quel mondo romano di poteri e privilegi messo in crisi dalla svolta di Francesco
L’inconsistenza del complotto dimostra che il Vaticano sta cambiando
di Marcello Sorgi
La cosa che più colpisce del complotto contro il Papa è la sua inconsistenza. Davvero si poteva credere di far saltare il Sinodo con la storia del neurochirurgo giapponese che taroccava le immagini dell’udienza con il pontefice?
Perfino una certa Roma, papalina da sempre orfana del «Romano Pontefice», come lo si definiva nel linguaggio ormai scomparso della Curia tradizionale, oggi ammette a denti stretti che le manovre per far saltare il Sinodo sulla famiglia sono fallite. S’è risolta in una pochade l’outing della vigilia di monsignor Charamsa, dichiaratosi gay in presenza del suo compagno, e subito elevato a monito contro le aperture chieste da Francesco alla Chiesa. È diventata una mezza commedia, la lettera dei tredici prelati conservatori - tredici, va detto, su duecentosettanta partecipanti al Sinodo - che subito correvano a ritirare le firme o a dire che il testo pubblicato era diverso da quello concordato tra i dissidenti. E ha svelato tutte le sue debolezze anche la trama ordita sulla falsa malattia del Papa e sceneggiata ad arte: sussurri, cautele, tradimenti, elicotteri che atterrano in gran segreto in Vaticano, misteri su misteri, peccato che non sia un film.
A rifletterci, è esattamente questo il mondo romano che il papato di Francesco ha messo in crisi, con la sua trasparenza e il suo amore per i poveri. Il Vaticano come mondo di privilegi riservati a una particolare casta della Capitale, un pezzo di aristocrazia morente, un giro d’affari sempre esistente, un viavai di qua e di là dal portone di bronzo che immette nella città del Pontefice. In questo mondo, lo Ior, la banca vaticana che Francesco ha messo in liquidazione, dopo l’ennesimo scandalo che l’ha investita, era fino a qualche anno fa una specie di off-shore casalingo, con conti cifrati riservati a un giro ristretto di potenti. Le nomine dei cardinali, diventavano occasioni di competizione tra famiglie che si contendevano la confidenza di regalare ai nuovi principi della Chiesa il bastone ornato di brillanti simbolo del comando. Le cerimonie di beatificazione erano vissute come appuntamenti mondani: a quella di Wojtyla si brindava a champagne, sul tetto di uno dei palazzi delle prefetture di via della Conciliazione, affacciati su San Pietro. La carità era praticata come un dovere, a patto di non dover avere a che fare strettamente con i poveri che Francesco invece invita alla sua mensa.
Questa rete di potere nella Capitale era sopravvissuta anche alla fine della consuetudine dei papi italiani, ormai un ricordo di quasi quarant’anni fa, una tradizione archiviata dopo Paolo VI e la morte misteriosa di Papa Luciani nell’estate del ’78. Aveva accompagnato gli albori del papato wojtiliano, assistendo sgomenta all’attentato del 1981 e suggellando nel nuovo Concordato dell’84 la parte pubblica, e presentabile, di un compromesso che presto avrebbe rivelato i suoi lati opachi.
L’elezione di Ratzinger, dopo il regno infinitamente lungo di Giovanni Paolo non a caso era stata festeggiata come una vittoria: il cardinale tedesco, teorico del rigore della dottrina e dei valori non negoziabili, aveva trascorso a Roma trent’anni, al fianco del pontefice polacco, prima di salire sul soglio di Pietro. Il braccio di ferro che doveva portarlo alle dimissioni, dopo l’attacco aperto contro la sua imprevista volontà riformatrice, spinto fin dentro le stanze dell’appartamento papale, si era abbattuto completamente imprevisto sulle resistenze di quella parte di Curia, giunta al Conclave ancora stordita dalla decisione del Papa di lasciare. L’addio di Benedetto, la sua rinuncia, per mancanza di forze, ad affrontare i mali della Chiesa, avrebbe posto così le premesse per l’elezione di Francesco e l’inizio della sua rivoluzione.
Rivelatore della confusione in cui doveva essere precipitata la Gerarchia, di fronte alla novità di un Papa che sceglie di non vivere in Vaticano, è l’episodio, mai smentito, del cardinal Bagnasco, presidente della Conferenza dei vescovi, e del suo segretario Crociata, che il 13 marzo 2013 mandano per errore un telegramma di congratulazioni a Scola, candidato sconfitto nel Conclave, e non a Borgoglio appena eletto. Un atto mancato, si direbbe in psicologia, un indizio preciso del tentativo di restaurazione della Curia romana attorno all’impossibile ritorno di un pontefice italiano. Il resto è storia di questi mesi e di questi giorni: la crescita tumultuosa del consenso dei fedeli attorno a un Papa che rifugge da qualsiasi intermediazione, vive con i poveri, li accoglie a San Pietro, li nutre, li assiste, li fa perfino lavare sotto il colonnato del Bernini che abbraccia la basilica. Se solo si riflette sulla differenza di linguaggio di un uomo come monsignor Galantino, mandato a governare la Cei in attesa che Bagnasco esaurisca il suo mandato, o di un altro come monsignor Becciu, il vicesegretario di Stato che ieri ha twittato senza remore il suo stupore per il complotto, si può capire come la rivoluzione di Francesco sia ormai divenuta inarrestabile. E i primi a rendermene conto sono i suoi oppositori interni.
Si sbaglierebbe però ad aspettarsi dalla conclusione del Sinodo, che domani consegnerà al Papa le sue tredici relazioni, un improvviso capovolgimento, specie su materie delicate come la famiglia, tema centrale del Sinodo, il matrimonio, la possibilità di consentire ai divorziati e ai risposati di prendere la Comunione, o addirittura le unioni omosessuali (su cui peraltro la Chiesa sta facendo avvertire una ferma resistenza alla legge italiana che dovrebbe regolamentarle, in discussione attualmente in Parlamento). Francesco saprà dosare la necessaria cautela che la Chiesa deve avere nel toccare i suoi principi. Così il messaggio atteso dal Sinodo sarà, se possibile, il più temuto dal fronte degli oppositori interni mentre la Chiesa continua a riflettere, il destino dei singoli fedeli e le idee nuove, per affermarsi, hanno bisogno di uomini nuovi, che le sorreggano e le portino avanti.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Vaticano, il Papa fa sapere di essere arrabbiato. Ma nei Sacri Palazzi qualcuno dice: “Ha sbagliato le nomine”
Fonti vaticane raccontano di un Bergoglio preoccupato delle conseguenze che può provocare l'imminente divulgazione delle informazioni riservate. Teme un vero e proprio tsunami di sfiducia interna. Una "strana coppia", Vallejo Balda e Chaouqui, "che - ragionano in molti dentro le Mura leonine - forse andava allontanata già da diverso tempo"
di Francesco Antonio Grana[/i | 3 novembre 2015
“Se non vuoi che qualcosa si sappia, non pensarla nemmeno“. È il commento che si lascia sfuggire un alto prelato Vaticano il giorno dopo la notizia degli arresti di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Chaouqui, accusati di aver divulgato documenti e registrazioni riservate del Papa. Documenti che, secondo gli investigatori vaticani, sarebbero quelli contenuti nei libri Via crucis (Chiarelettere) di Gianluigi Nuzzi e Avarizia (Feltrinelli) di Emiliano Fittipaldi di imminente uscita in libreria, dalle cui anticipazioni si torna a respirare un pesante clima di veleni dentro i sacri palazzi. Un clima che molti credevano essere superato dopo il processo, nel 2012, all’ex maggiordomo infedele di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, che aveva passato alla stampa documenti riservati di Ratzinger, diversi di essi contenuti nel precedente libro di Nuzzi Sua Santità.
Fonti vaticane raccontano di un Bergoglio abbastanza arrabbiato per la fuga di documenti, ma anche molto amareggiato e preoccupato delle conseguenze che può provocare la loro imminente divulgazione. Il Papa teme un vero e proprio tsunami di sfiducia interna che può creare un forte clima di tensione e rendere difficile portare avanti le riforme economiche e curiali. Francesco teme anche che queste divulgazioni possano creare una forte contrapposizione tra il pontificato di Benedetto XVI e il suo operato. Un clima cupo di sospetti e veleni tra i principali collaboratori di Bergoglio che, come ha sottolineato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, hanno commesso “un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa”. Tra gli impiegati in Vaticano, però, alla vigilia della pubblicazione dei libri di Nuzzi e Fittipaldi, c’è grande agitazione perché temono che documenti che li riguardano siano divulgati in questi volumi e possano danneggiare il loro operato e la loro carriera.
Nei sacri palazzi si inizia a parlare di nomine papali sbagliate quando nel 2013, pochi mesi dopo l’inizio del suo pontificato, Francesco scelse monsignor Vallejo Balda e Francesca Chaouqui rispettivamente come segretario e membro della Commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione delle strutture economico-amministrative della Santa Sede. Organismo successivamente sciolto dopo il compimento del suo mandato e la nascita della Segreteria per l’economia. Una “strana coppia” come la definiscono in Vaticano “che – ragionano in molti dentro le Mura leonine – forse andava allontanata già da diverso tempo”. In molti dentro i sacri palazzi, infatti, si domandano perché monsignor Vallejo Balda e Francesca Chaouqui non siano stati messi fuori le mura già quando nell’aprile del 2014, durante la cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, i due organizzarono un buffet con vista su piazza San Pietro per 150 selezionatissimi invitati vip sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici, di cui il prelato spagnolo era segretario. Il tutto, con inviti con stemma della Santa Sede, fatto all’insaputa dell’allora superiore di Vallejo Balda, il cardinale Giuseppe Versaldi. Le foto del monsignore spagnolo vicino all’Opus Dei che dava la comunione con bicchieri di vetro agli ospiti, tra i quali Bruno Vespa, Roberto D’Agostino, l’allora presidente dello Ior Ernst von Freyberg, fecero infuriare non poco Bergoglio.
Dal punto di vista giudiziario il Papa è destinato ad andare fino in fondo e ad appurare la verità sui corvi e sugli eventuali loro complici. “Nessuna misericordia“, ripetono a Casa Santa Marta. “Il Papa – sussurrano i suoi più stretti collaboratori – ne ha avuta fin troppa”. Intanto, Francesca Chaouqui, che ha dichiarato di essere incinta, negli interrogatori con i magistrati vaticani si sarebbe difesa attaccando Vallejo Balda e dichiarando che è lui la mente delle operazioni. Sul suo profilo Facebook scrive: “Non sono un corvo, non ho tradito il Papa. Non ho mai dato un foglio a nessuno. Mai a nessuno. Emergerà presto ne ho la certezza e la totale fiducia negli inquirenti. Non c’è niente che abbia amato e difeso più della Chiesa e del Papa. Neanche la mia dignità. Avrei potuto stare a casa e non presentarmi in Vaticano ma come sempre ho anteposto il Papa a qualsiasi cosa. Adesso le cose andranno a posto. Niente compatimenti per favore, io sono a testa alta, niente di cui vergognarmi”.
Twitter: @FrancescoGrana
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... e/2184631/
Fonti vaticane raccontano di un Bergoglio preoccupato delle conseguenze che può provocare l'imminente divulgazione delle informazioni riservate. Teme un vero e proprio tsunami di sfiducia interna. Una "strana coppia", Vallejo Balda e Chaouqui, "che - ragionano in molti dentro le Mura leonine - forse andava allontanata già da diverso tempo"
di Francesco Antonio Grana[/i | 3 novembre 2015
“Se non vuoi che qualcosa si sappia, non pensarla nemmeno“. È il commento che si lascia sfuggire un alto prelato Vaticano il giorno dopo la notizia degli arresti di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Chaouqui, accusati di aver divulgato documenti e registrazioni riservate del Papa. Documenti che, secondo gli investigatori vaticani, sarebbero quelli contenuti nei libri Via crucis (Chiarelettere) di Gianluigi Nuzzi e Avarizia (Feltrinelli) di Emiliano Fittipaldi di imminente uscita in libreria, dalle cui anticipazioni si torna a respirare un pesante clima di veleni dentro i sacri palazzi. Un clima che molti credevano essere superato dopo il processo, nel 2012, all’ex maggiordomo infedele di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, che aveva passato alla stampa documenti riservati di Ratzinger, diversi di essi contenuti nel precedente libro di Nuzzi Sua Santità.
Fonti vaticane raccontano di un Bergoglio abbastanza arrabbiato per la fuga di documenti, ma anche molto amareggiato e preoccupato delle conseguenze che può provocare la loro imminente divulgazione. Il Papa teme un vero e proprio tsunami di sfiducia interna che può creare un forte clima di tensione e rendere difficile portare avanti le riforme economiche e curiali. Francesco teme anche che queste divulgazioni possano creare una forte contrapposizione tra il pontificato di Benedetto XVI e il suo operato. Un clima cupo di sospetti e veleni tra i principali collaboratori di Bergoglio che, come ha sottolineato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, hanno commesso “un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa”. Tra gli impiegati in Vaticano, però, alla vigilia della pubblicazione dei libri di Nuzzi e Fittipaldi, c’è grande agitazione perché temono che documenti che li riguardano siano divulgati in questi volumi e possano danneggiare il loro operato e la loro carriera.
Nei sacri palazzi si inizia a parlare di nomine papali sbagliate quando nel 2013, pochi mesi dopo l’inizio del suo pontificato, Francesco scelse monsignor Vallejo Balda e Francesca Chaouqui rispettivamente come segretario e membro della Commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione delle strutture economico-amministrative della Santa Sede. Organismo successivamente sciolto dopo il compimento del suo mandato e la nascita della Segreteria per l’economia. Una “strana coppia” come la definiscono in Vaticano “che – ragionano in molti dentro le Mura leonine – forse andava allontanata già da diverso tempo”. In molti dentro i sacri palazzi, infatti, si domandano perché monsignor Vallejo Balda e Francesca Chaouqui non siano stati messi fuori le mura già quando nell’aprile del 2014, durante la cerimonia di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, i due organizzarono un buffet con vista su piazza San Pietro per 150 selezionatissimi invitati vip sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici, di cui il prelato spagnolo era segretario. Il tutto, con inviti con stemma della Santa Sede, fatto all’insaputa dell’allora superiore di Vallejo Balda, il cardinale Giuseppe Versaldi. Le foto del monsignore spagnolo vicino all’Opus Dei che dava la comunione con bicchieri di vetro agli ospiti, tra i quali Bruno Vespa, Roberto D’Agostino, l’allora presidente dello Ior Ernst von Freyberg, fecero infuriare non poco Bergoglio.
Dal punto di vista giudiziario il Papa è destinato ad andare fino in fondo e ad appurare la verità sui corvi e sugli eventuali loro complici. “Nessuna misericordia“, ripetono a Casa Santa Marta. “Il Papa – sussurrano i suoi più stretti collaboratori – ne ha avuta fin troppa”. Intanto, Francesca Chaouqui, che ha dichiarato di essere incinta, negli interrogatori con i magistrati vaticani si sarebbe difesa attaccando Vallejo Balda e dichiarando che è lui la mente delle operazioni. Sul suo profilo Facebook scrive: “Non sono un corvo, non ho tradito il Papa. Non ho mai dato un foglio a nessuno. Mai a nessuno. Emergerà presto ne ho la certezza e la totale fiducia negli inquirenti. Non c’è niente che abbia amato e difeso più della Chiesa e del Papa. Neanche la mia dignità. Avrei potuto stare a casa e non presentarmi in Vaticano ma come sempre ho anteposto il Papa a qualsiasi cosa. Adesso le cose andranno a posto. Niente compatimenti per favore, io sono a testa alta, niente di cui vergognarmi”.
Twitter: @FrancescoGrana
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... e/2184631/
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
Una domanda mi sono fatto e non trovo una risposta plausibile:
Perché il Papa ha attaccato ex sindaco Marino?
Perché non c'erano soldi per il Giubileo ... poco probabile visto che investimenti sostanzialmente non erano da farsi (le chiese già ci sono)
Per le liste dei matrimoni omosessuali ... anche qui non avrebbe senso per il Papa più tollerante della storia
Perché faceva stalking telefonico (vedi dagospia) ... ridicolo, bastava una letterina e si risolveva tutto
Perché???
Perché il Papa ha attaccato ex sindaco Marino?
Perché non c'erano soldi per il Giubileo ... poco probabile visto che investimenti sostanzialmente non erano da farsi (le chiese già ci sono)
Per le liste dei matrimoni omosessuali ... anche qui non avrebbe senso per il Papa più tollerante della storia
Perché faceva stalking telefonico (vedi dagospia) ... ridicolo, bastava una letterina e si risolveva tutto
Perché???
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
lucfig ha scritto:Una domanda mi sono fatto e non trovo una risposta plausibile:
Perché il Papa ha attaccato ex sindaco Marino?
Perché non c'erano soldi per il Giubileo ... poco probabile visto che investimenti sostanzialmente non erano da farsi (le chiese già ci sono)
Per le liste dei matrimoni omosessuali ... anche qui non avrebbe senso per il Papa più tollerante della storia
Perché faceva stalking telefonico (vedi dagospia) ... ridicolo, bastava una letterina e si risolveva tutto
Perché???
Una domanda, penso, che ci facciamo un po' tutti.
Sarebbe interessante conoscere la risposta.
Non so se qualcuno di voi ha avuto modo di seguire integralmente l'intervista in cui il papa
ha pronunciato quella famosa frase “ io non ho invitato Marino ...chiaroo!!”,
in tv continuano a riproporre sempre la stessa frase che, presumo,
ha fatto seguito a domande (insistenti??) dei giornalisti.
Sarebbe importante sapere quali e quante domande ci sono state e quanto insistenti sono state
da poter o meno giustificare quella risposta e quel tono.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
La notizia era nota da anni. I dubbi avevano riempito pagine e pagine di giornali ai tempi.
Ma poi un così breve papato e la presenza di corvi di professione nell’Oltretevere non potevano che indirizzare che solo in una sola direzione.
Ma a togliere qualsiasi dubbio è stato l’incontro, al bar della Wilma, con il nipote del segretario particolare di papa Luciani, sedici anni fa. Confermava che lo zio era convinto dell’eliminazione per mano della curia.
Oggi nella prima pagina di VIA CRUCIS, Nuzzi ci piazza anche questa notiziola:
Nel tardo pomeriggio del 28 settembre convoca il segretario di Stato il potente cardinale Jen-Marie Villot, per informarlo di cambiamenti che intende realizzare…….L’indomani all’alba suor Vincenza Taffarel trova il pontefice privo di vita nel suo letto.
Se questa è solo la prima pagina siamo di fronte ad una seconda Hiroshima.
Ma poi un così breve papato e la presenza di corvi di professione nell’Oltretevere non potevano che indirizzare che solo in una sola direzione.
Ma a togliere qualsiasi dubbio è stato l’incontro, al bar della Wilma, con il nipote del segretario particolare di papa Luciani, sedici anni fa. Confermava che lo zio era convinto dell’eliminazione per mano della curia.
Oggi nella prima pagina di VIA CRUCIS, Nuzzi ci piazza anche questa notiziola:
Nel tardo pomeriggio del 28 settembre convoca il segretario di Stato il potente cardinale Jen-Marie Villot, per informarlo di cambiamenti che intende realizzare…….L’indomani all’alba suor Vincenza Taffarel trova il pontefice privo di vita nel suo letto.
Se questa è solo la prima pagina siamo di fronte ad una seconda Hiroshima.
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!
NEL NIDO DELLE SERPI
Vaticano
Il Papa: mi hanno dato del comunista
ma applico solo la dottrina della Chiesa
L’intervista di Francesco al giornale olandese Straatnieuws: «C’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica, sia politica che religiosa». I ricordi d’infanzia e l’impegno per i poveri
di Ester Palma
«Mi hanno dato del comunista, ma applico solo la dottrina sociale della Chiesa: parlare e agire in favore dei diseredati, dei perseguitati e dei senzatetto lo sento come un dovere morale dentro di me. Vorrei un mondo senza poveri. Noi dovremmo lottare per questo, sempre. Ma io sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi. E l’avidità c’è sempre, la mancanza di solidarietà, è l’egoismo che crea i poveri. E’ difficile immaginare un mondo senza poveri. Perché c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa». La politica, l’uso dei beni della Chiesa, ma anche i suoi ricordi d’infanzia e il rapporto con i fedeli: di tutto questo ha parlato Papa Francesco in un’intervista con il giornale di strada olandese Straatnieuws.
Il valore della testimonianza
Al giornalista che gli chiede come deve parlare la Chiesa sui poveri e sulla morale per essere influente e allo stesso tempo rimanere fuori dagli schieramenti politici, il Papa risponde che «La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L’altra tentazione è di fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione».
L’uso dei beni della Chiesa
E sempre a proposito della «ricchezza materiale» della Chiesa, il Papa aggiunge: «Mi chiedono perchè non vendo i tesori della Chiesa, ma sono i tesori dell’umanità. Per esempio, se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date. E i proventi della vendita vanno a monsignore Krajewski, che è il mio elemosiniere. E poi c’è la lotteria. C’erano delle macchine che sono tutte vendute o date via con una lotteria e il ricavato è usato per i poveri. Ma ci sono cose che si possono vendere e queste si vendono». E ancora: «I beni immobili della Chiesa sono molti, ma li usiamo per mantenere le strutture della Chiesa e per mantenere tante opere che si fanno nei Paesi bisognosi: ospedali, scuole. Ieri, per esempio, ho chiesto di inviare in Congo 50.000 euro per costruire tre scuole in paesi poveri, l’educazione è una cosa importante per bambini».
Le partite a pallone da bambino
E poi i ricordi di quando era bambino: «Da quando avevo un anno fino al momento di entrare in seminario, ho vissuto nella stessa via. Era un quartiere semplice di Buenos Aires, tutte case basse. C’era una piazzetta, dove noi giocavamo a calcio. Mi ricordo che scappavo da casa e andavo a giocare a calcio con i ragazzi dopo la scuola. Non ero bravo, stavo in porta, ma mi divertivo. Una volta a 4 anni mi hanno chiesto cosa volevo fare da grande e ho risposto il macellaio. Poi mio papà lavorava in una fabbrica che era a cento metri. Faceva il ragioniere. E i nonni abitavano a cinquanta metri. Tutto a pochi passi l’uno dall’altro. Io mi ricordo anche i nomi della gente, da prete sono andato a dare i sacramenti, il conforto ultimo a tanti, che mi chiamavano e ci andavo perché volevo loro bene». E quella signora italiana che aiutava sua madre in casa: conoscendola è nato il suo amore per i poveri: «Aveva due figli. Erano siciliani e hanno vissuto la guerra, erano molto poveri, ma tanto buoni. E di quella donna ho sempre mantenuto il ricordo. La sua povertà mi colpiva. Noi non eravamo ricchi, noi arrivavamo alla fine del mese normalmente, ma non di più. Non avevamo una macchina, non facevamo le vacanze o tali cose. Ma a lei mancavano tante volte le cose necessarie. Noi avevamo abbastanza e mia mamma le dava delle cose. Poi lei è tornata in Italia, e dopo è ritornata in Argentina. L’ho ritrovata quando ero arcivescovo di Buenos Aires, aveva 90 anni. E l’ho accompagnata fino alla morte a 93 anni. Un giorno lei mi ha dato una medaglia del Sacro Cuore di Gesù che porto ancora ogni giorno con me».
«Lavoro, casa e terra»
A livello politico - gli chiede ancora il giornalista - qual è il messaggio della Chiesa per i senzatetto? Che cosa significa la solidarietà cristiana per loro in concreto? Ed ecco la risposta : «Mi vengono due cose in mente. Gesù è venuto al mondo senzatetto e si è fatto povero. Poi la Chiesa vuole abbracciare tutti e dice che è un diritto avere un tetto sopra di te. Nei movimenti popolari si lavora con tre “t” spagnole, trabajo (lavoro), techo (casa) e tierra (terra). La Chiesa predica che ogni persona ha il diritto a queste tre “t”. E a proposito della sua predicazione in favore dei profughi e degli ultimi, una domanda riguarda l’eventuale stanchezza nei mass-media e nella società in generale rispetto ai suoi continui appelli: «A tutti noi viene la tentazione, quando si torna su un tema che non è bello, perché è brutto parlarne, di dire: “Ma, finiamo: questa cosa, stufa troppo “. Io sento che la stanchezza esiste, ma non mi fa paura. Io devo continuare di parlare delle verità e di come sono le cose».
6 novembre 2015 | 08:51
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca ... d833.shtml
Vaticano
Il Papa: mi hanno dato del comunista
ma applico solo la dottrina della Chiesa
L’intervista di Francesco al giornale olandese Straatnieuws: «C’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica, sia politica che religiosa». I ricordi d’infanzia e l’impegno per i poveri
di Ester Palma
«Mi hanno dato del comunista, ma applico solo la dottrina sociale della Chiesa: parlare e agire in favore dei diseredati, dei perseguitati e dei senzatetto lo sento come un dovere morale dentro di me. Vorrei un mondo senza poveri. Noi dovremmo lottare per questo, sempre. Ma io sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi. E l’avidità c’è sempre, la mancanza di solidarietà, è l’egoismo che crea i poveri. E’ difficile immaginare un mondo senza poveri. Perché c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa». La politica, l’uso dei beni della Chiesa, ma anche i suoi ricordi d’infanzia e il rapporto con i fedeli: di tutto questo ha parlato Papa Francesco in un’intervista con il giornale di strada olandese Straatnieuws.
Il valore della testimonianza
Al giornalista che gli chiede come deve parlare la Chiesa sui poveri e sulla morale per essere influente e allo stesso tempo rimanere fuori dagli schieramenti politici, il Papa risponde che «La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L’altra tentazione è di fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione».
L’uso dei beni della Chiesa
E sempre a proposito della «ricchezza materiale» della Chiesa, il Papa aggiunge: «Mi chiedono perchè non vendo i tesori della Chiesa, ma sono i tesori dell’umanità. Per esempio, se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date. E i proventi della vendita vanno a monsignore Krajewski, che è il mio elemosiniere. E poi c’è la lotteria. C’erano delle macchine che sono tutte vendute o date via con una lotteria e il ricavato è usato per i poveri. Ma ci sono cose che si possono vendere e queste si vendono». E ancora: «I beni immobili della Chiesa sono molti, ma li usiamo per mantenere le strutture della Chiesa e per mantenere tante opere che si fanno nei Paesi bisognosi: ospedali, scuole. Ieri, per esempio, ho chiesto di inviare in Congo 50.000 euro per costruire tre scuole in paesi poveri, l’educazione è una cosa importante per bambini».
Le partite a pallone da bambino
E poi i ricordi di quando era bambino: «Da quando avevo un anno fino al momento di entrare in seminario, ho vissuto nella stessa via. Era un quartiere semplice di Buenos Aires, tutte case basse. C’era una piazzetta, dove noi giocavamo a calcio. Mi ricordo che scappavo da casa e andavo a giocare a calcio con i ragazzi dopo la scuola. Non ero bravo, stavo in porta, ma mi divertivo. Una volta a 4 anni mi hanno chiesto cosa volevo fare da grande e ho risposto il macellaio. Poi mio papà lavorava in una fabbrica che era a cento metri. Faceva il ragioniere. E i nonni abitavano a cinquanta metri. Tutto a pochi passi l’uno dall’altro. Io mi ricordo anche i nomi della gente, da prete sono andato a dare i sacramenti, il conforto ultimo a tanti, che mi chiamavano e ci andavo perché volevo loro bene». E quella signora italiana che aiutava sua madre in casa: conoscendola è nato il suo amore per i poveri: «Aveva due figli. Erano siciliani e hanno vissuto la guerra, erano molto poveri, ma tanto buoni. E di quella donna ho sempre mantenuto il ricordo. La sua povertà mi colpiva. Noi non eravamo ricchi, noi arrivavamo alla fine del mese normalmente, ma non di più. Non avevamo una macchina, non facevamo le vacanze o tali cose. Ma a lei mancavano tante volte le cose necessarie. Noi avevamo abbastanza e mia mamma le dava delle cose. Poi lei è tornata in Italia, e dopo è ritornata in Argentina. L’ho ritrovata quando ero arcivescovo di Buenos Aires, aveva 90 anni. E l’ho accompagnata fino alla morte a 93 anni. Un giorno lei mi ha dato una medaglia del Sacro Cuore di Gesù che porto ancora ogni giorno con me».
«Lavoro, casa e terra»
A livello politico - gli chiede ancora il giornalista - qual è il messaggio della Chiesa per i senzatetto? Che cosa significa la solidarietà cristiana per loro in concreto? Ed ecco la risposta : «Mi vengono due cose in mente. Gesù è venuto al mondo senzatetto e si è fatto povero. Poi la Chiesa vuole abbracciare tutti e dice che è un diritto avere un tetto sopra di te. Nei movimenti popolari si lavora con tre “t” spagnole, trabajo (lavoro), techo (casa) e tierra (terra). La Chiesa predica che ogni persona ha il diritto a queste tre “t”. E a proposito della sua predicazione in favore dei profughi e degli ultimi, una domanda riguarda l’eventuale stanchezza nei mass-media e nella società in generale rispetto ai suoi continui appelli: «A tutti noi viene la tentazione, quando si torna su un tema che non è bello, perché è brutto parlarne, di dire: “Ma, finiamo: questa cosa, stufa troppo “. Io sento che la stanchezza esiste, ma non mi fa paura. Io devo continuare di parlare delle verità e di come sono le cose».
6 novembre 2015 | 08:51
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