Renzi
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Re: Renzi
Gli interessi internazionali che "consigliano" Renzi
Mercoledì, 26 Febbraio 2014 12:18
Sergio Cararo
1194
Gli interessi internazionali che "consigliano" Renzi
La rapidissima carriera di Matteo Renzi, quello che con molto anticipo avevamo definito come il Manchurian candidate, sta suscitando come prevedibile curiosità e dietrologie. Entrambe possono essere sia il sale del sapere che esercizi fuorvianti. Il materiale che gira in rete contiene elementi di verità ma anche conclusioni molto parziali. Renzi “uomo degli amerikani”, Renzi burattino della Merkel, Renzi longa manu dei poteri forti.
Alcuni dati confermano che questo è l'uomo, ma sui suoi sponsor, ispiratori, manovratori c'è da scavare ancora un bel po', soprattutto a fronte della prova di sé che il nuovo premier darà e che gli sarà consentito di dare. Al momento, come scriviamo su Contropiano, i poteri forti "nazionali" lo tengono a guinzaglio corto.
Il modello di ascesa al potere di Renzi presenta tutte le caratteristiche del tycoon politico di stampo anglosassone. Uomini che improvvisamente “esplodono” sulla scena mediatica e politica, che godono di cospicui finanziamenti e che rapidamente accedono alle stanze dei bottoni. Qualcuno ricorderà il caso di Newton Gringrich, il repubblicano statunitense che fu l'incubo di Clinton nel Congresso per alcuni anni ma poi non riuscì a farsi nominare candidato presidenziale.
Il linguaggio “popolare” e banale di Renzi e il suo “pragmatismo deideologizzato” ricorda però molto di più i politici britannici. Più Blair e Cameron che i sofisticati statisti europei.
Le notizie raccolte fin qui fanno ritenere Renzi un clone del modello e degli interessi statunitensi, ma è anche vero che Renzi le sue relazioni durature le ha costruite con anticipo anche con Frau Merkel e la Germania, perchè è dentro l'Unione Europea che vengono i margini e i paletti della sua azione politica e della sua carriera. Un uomo cerniera, dunque, tra interessi strategici delle due sponde dell'Atlantico che la competizione globale sta rendendo divaricanti. E dentro tale divaricazione i margini di manovra stanno diventando stretti. Se ne è accorto Enrico Letta, che in un tornante centrale come lo schieramento sull'intervento militare della Siria, al vertice del G20 a Mosca nel settembre 2013 collocò l'Italia tra i firmatari del documento prodotto dagli Stati Uniti affermando però di sostenere la posizione non belligerante della Germania e della Russia. Al termine del vertice e nelle conferenze stampa finali da Barack Obama e Vladimir Putin erano state stilate due liste che elencavano i Paesi pro e contro la guerra in Siria. E l'Italia, a sorpresa, figurava.... in entrambi gli elenchi. Un cerchiobottismo non più adeguato ai tempi di ferro e di fuoco che la crisi sta delineando.
Matteo Renzi rischia dunque molto nella partita che ha deciso di giocare. Gli uomini che lo hanno consigliato finora appartengono ad ambiti molto connessi con il capitale finanziario e gli interessi statunitensi. Tra essi risultano figure inquietanti come Michael Ledeen (espulso come persona non grata dall'Italia negli anni Ottanta) sul fronte neoconservatore ma anche personaggi legati alle cordate “democratiche e laburiste” negli Usa e in Gran Bretagna.Nella concezione “politica” di Renzi, le frequentazioni, le contaminazioni e le condivisioni bipartizan sono naturali.
Scrive il Sole 24 Ore del 15 gennaio 2014: “Matteo Renzi e il suo collaboratore Marco Carrai amano molto l'America. E nella vasta rete di contatti che vi hanno costruito spiccano due figure quasi opposte: Matt Browne e Michael Ledeen. Browne ha 41 anni, è stato uno dei più stretti collaboratori di Tony Blair in Gran Bretagna e ora fa parte del più vivace think tank neo-progressista americano assieme a John Podesta, l'ex braccio destro di Bill Clinton recentemente ingaggiato da Barack Obama come consigliere. Attraverso il filtro di Carrai, Browne ha introdotto Renzi a Blair, al fratello dell'attuale leader del partito Labour britannico David Miliband e a molti democratici americani. Michael Ledeen invece ha 73 anni e ha lavorato nelle Amministrazioni di Ronald Reagan e di George W. Bush distinguendosi in entrambi i casi per le sue iniziative da freelance dell'intelligence”.
Il tramite di Matteo Renzi nelle relazioni bipartizan con gli ambienti statunitensi, è il suo sodale da sempre Marco Carrai. Luigi Bisignani, l'uomo che sussurra ai potenti così lo descrive: “Marco Carrai è l’uomo di fiducia del sindaco di Firenze”.
L’Espresso del 4 novembre 2013 ricostruisce la figura di Marco Carrai: “Da qualche anno colleziona partecipazioni azionarie e presidenze di municipalizzate, società e consigli di amministrazione: da quando nel 2009 l’amico Matteo è diventato sindaco non si è più fermato. Nel Ppi e poi nella Margherita Renzi è il segretario, Carrai è il braccio organizzativo. Insieme definiscono le liste, le candidature, i convegni: uno congiunto tra i giovani della Margherita e quelli di Forza Italia, nell’abbazia di Vallombrosa, per parlare di «tradizione cristiana nell’impegno politico in Italia e in Europa», Carrai introduce, Renzi conclude. Quando Matteo, nel 2004, viene eletto presidente della Provincia di Firenze, Marco è il suo capo segreteria. Nel frattempo è entrato a Palazzo Vecchio come consigliere comunale della Margherita, eletto con le preferenze assicurate da Comunione e liberazione e dalla Compagnia delle Opere che in Toscana è presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco”.
La ricostruzione de L'Espresso (che pure ha tra gli azionisti di riferimento De Benedetti) sul consigliere di Renzi, Marco Carrai così continua: “Nel capoluogo della Toscana rossa si costruisce un profilo cattolico e teo-con che promette bene. Ma nel giugno 2009, quando l’amico Renzi schianta l’apparato Ds alle primarie di Firenze e poi viene eletto sindaco, Carrai si ritira dalle polemiche, dalla politica, dai riflettori. E comincia, a soli 34 anni, la sua second life di uomo d’affari. Pubblico e privato. Consigliere del sindaco (a titolo gratuito), poi amministratore delegato di Firenze Parcheggi, partecipata del Comune, in quota Monte Paschi di Siena, membro dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che è azionista di Banca Intesa, regista della nomina alla presidenza di Jacopo Mazzei. Siede nel cda del Gabinetto Vieusseux, tra le più importanti istituzioni culturali cittadine, infine è presidente di Aeroporti Firenze, come racconta Duccio Tronci in “Chi comanda Firenze” (Castelvecchi). Intanto coltiva i suoi interessi: il fratello Stefano Carrai è in società con l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco nella società Chiantishire che tenta di mettere su un gigantesco piano di appartamenti, resort, beauty farm nella valle di Cintoia, a Greve, bloccato dal Comune.
Fresco è tra i finanziatori della campagna per le primarie del 2012 di Renzi, con 25 mila euro, insieme al finanziere di Algebris Davide Serra, acclamato anche quest’anno alla stazione Leopolda. A raccogliere i fondi a nome della fondazione Big Bang c’è sempre Carrai. Amico degli amici del sindaco: nel cda della scuola Holden di Alessandro Baricco, immancabile oratore alla Leopolda, e vicino a Oscar Farinetti di Eataly, di cui sta curando lo sbarco a Firenze. L’uomo del governo israeliano, per alcuni («Ho da fare a Tel Aviv», ripete spesso), di certo vicino agli americani di ogni colore. Frequenta con assiduità Michael Ledeen, l’animatore dei circoli ultra-conservatori del partito repubblicano, antica presenza nei misteri italiani, dal caso Moro alla P2. È in ottimi rapporti con il nuovo ambasciatore Usa in Italia John Phillips, amante del Belpaese e della Toscana, proprietario di Borgo Finocchietto sulle colline senesi.
C’è anche Carrai quando Renzi banchetta con Tony Blair o quando va ad accreditarsi con lo staff di Obama alla convention democratica di Charlotte del 2012. E quando tre mesi fa il sindaco vola a sorpresa a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel, accanto a lui, ancora una volta, c’è il ragazzo di Greve, Carrai. Che nel silenzio accumula influenza e mette fuorigioco altri fedelissimi renziani. C’è chi ha visto la sua manina dietro la nomina di Antonella Mansi alla presidenza di Mps, osteggiata da altri seguaci del sindaco. Ma non c’è niente da fare: Carrai, per Renzi, è l’unico insostituibile. Per questo bisogna seguirlo, il Carrai, nella strada che porta alla conquista di Roma, nella posizione da cui da sempre si governa e si comanda davvero. All’ombra della luce”.
Tutto lascia intravedere un linkage molto particolare tra Matteo Renzi e i circoli statunitensi e israeliani (una vera pacchia per i “complottisti”). Ma c'è anche dell''altro che va preso in considerazione. Il 22 febbraio, alla vigilia del voto di fiducia al Senato sul suo governo, il neo-premier Matteo Renzi ha avuto una conversazione telefonica con la Cancelliera tedesca Angela Merkel. Non è un mistero visto che lo segnala una nota di palazzo Chigi. Al centro del colloquio c'erano le relazioni tra Italia e Germania, alla vigilia del vertice di Berlino del prossimo 17 marzo, e il comune impegno nel processo europeo. Un atto dovuto? Non solo. Ci sono dei precedenti.
Era luglio dello scorso quando la cancelliera tedesca Angela Merkel dichiarava: “Ho invitato il sindaco di Firenze Matteo Renzi perchè ho letto un'intervista su un giornale tedesco sui temi europei e le sfide italiane e «l'ho trovata molto interessante». aveva detto la Merkel durante una conferenza stampa a Berlino. “Ho un rapporto molto buono e molto intenso con il premier Enrico Letta, che ho avvertito dell'incontro con Renzi. Ma ho pensato che se conosco qualcun'altro non è male”. La Merkel qualche giorno prima aveva “invitato” il giovane Renzi a Berlino per parlarci vis-a-vis.
Come ha scritto lucidamente Nique la Police su Senza Soste “I tempi, e gli esiti, degli incontri diplomatici vanno capiti come si fa per gli avvertimenti mafiosi. Anche in questo campo, come per il linguaggio di Cosa Nostra, chi conosce il contesto, i linguaggi e i codici deve saper far decantare il clamore degli avvenimenti per interpretare il significato di quanto accaduto.” E ancora: “I tempi in cui, per imporre una riforma liberista delle pensioni (che impoverisce la popolazione e tutela i capitali), ci volevano i carri armati di Pinochet sono finiti. Oggi sono sufficienti gli "impegni con l'Europa" assieme a qualche ascaro a casa che ci dice, a reti unificate, come "crescere" eliminando "gli sprechi".La Germania guarda “con grande attenzione” alla situazione politica in Italia e spera in “una soluzione rapida”. aveva detto il 14 febbraio Steffen Seibert, portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, commentando le ultime vicende, con le dimissioni di Enrico Letta e l’arrivo al governo di Matteo Renzi.
Ad aprile del 2013 l'incontro tra il neo-premier Enrico Letta non era stato tutto rose e fiori. Stando a quanto riferisce l'Unità del 30 aprile: “per Angela Merkel la dichiarazione di Letta "non vogliamo modificare il 'fiscal compact" è stata una musica dolce, ma la distanza tra i due personaggi, cioè tra la visione tedesca delle cose e la visione italiana (quella di Letta in relazione all'Europa è apparsa la stessa di Mario Monti), è comunque emersa”.
Il governo di Matteo Renzi e il suo entourage dovrà dunque fare fronte e rendere conto, sul piano internazionale, a queste “sollecitazioni”. L'ambiguità e l'equilibrismo di Letta gli sono costati la testa, e la leva della ghigliottina l'ha tirata proprio Renzi, ma il mandante è sembrato essere più Angela Merkel che l'establishment statunitense.
http://contropiano.org/articoli/item/22448
Mercoledì, 26 Febbraio 2014 12:18
Sergio Cararo
1194
Gli interessi internazionali che "consigliano" Renzi
La rapidissima carriera di Matteo Renzi, quello che con molto anticipo avevamo definito come il Manchurian candidate, sta suscitando come prevedibile curiosità e dietrologie. Entrambe possono essere sia il sale del sapere che esercizi fuorvianti. Il materiale che gira in rete contiene elementi di verità ma anche conclusioni molto parziali. Renzi “uomo degli amerikani”, Renzi burattino della Merkel, Renzi longa manu dei poteri forti.
Alcuni dati confermano che questo è l'uomo, ma sui suoi sponsor, ispiratori, manovratori c'è da scavare ancora un bel po', soprattutto a fronte della prova di sé che il nuovo premier darà e che gli sarà consentito di dare. Al momento, come scriviamo su Contropiano, i poteri forti "nazionali" lo tengono a guinzaglio corto.
Il modello di ascesa al potere di Renzi presenta tutte le caratteristiche del tycoon politico di stampo anglosassone. Uomini che improvvisamente “esplodono” sulla scena mediatica e politica, che godono di cospicui finanziamenti e che rapidamente accedono alle stanze dei bottoni. Qualcuno ricorderà il caso di Newton Gringrich, il repubblicano statunitense che fu l'incubo di Clinton nel Congresso per alcuni anni ma poi non riuscì a farsi nominare candidato presidenziale.
Il linguaggio “popolare” e banale di Renzi e il suo “pragmatismo deideologizzato” ricorda però molto di più i politici britannici. Più Blair e Cameron che i sofisticati statisti europei.
Le notizie raccolte fin qui fanno ritenere Renzi un clone del modello e degli interessi statunitensi, ma è anche vero che Renzi le sue relazioni durature le ha costruite con anticipo anche con Frau Merkel e la Germania, perchè è dentro l'Unione Europea che vengono i margini e i paletti della sua azione politica e della sua carriera. Un uomo cerniera, dunque, tra interessi strategici delle due sponde dell'Atlantico che la competizione globale sta rendendo divaricanti. E dentro tale divaricazione i margini di manovra stanno diventando stretti. Se ne è accorto Enrico Letta, che in un tornante centrale come lo schieramento sull'intervento militare della Siria, al vertice del G20 a Mosca nel settembre 2013 collocò l'Italia tra i firmatari del documento prodotto dagli Stati Uniti affermando però di sostenere la posizione non belligerante della Germania e della Russia. Al termine del vertice e nelle conferenze stampa finali da Barack Obama e Vladimir Putin erano state stilate due liste che elencavano i Paesi pro e contro la guerra in Siria. E l'Italia, a sorpresa, figurava.... in entrambi gli elenchi. Un cerchiobottismo non più adeguato ai tempi di ferro e di fuoco che la crisi sta delineando.
Matteo Renzi rischia dunque molto nella partita che ha deciso di giocare. Gli uomini che lo hanno consigliato finora appartengono ad ambiti molto connessi con il capitale finanziario e gli interessi statunitensi. Tra essi risultano figure inquietanti come Michael Ledeen (espulso come persona non grata dall'Italia negli anni Ottanta) sul fronte neoconservatore ma anche personaggi legati alle cordate “democratiche e laburiste” negli Usa e in Gran Bretagna.Nella concezione “politica” di Renzi, le frequentazioni, le contaminazioni e le condivisioni bipartizan sono naturali.
Scrive il Sole 24 Ore del 15 gennaio 2014: “Matteo Renzi e il suo collaboratore Marco Carrai amano molto l'America. E nella vasta rete di contatti che vi hanno costruito spiccano due figure quasi opposte: Matt Browne e Michael Ledeen. Browne ha 41 anni, è stato uno dei più stretti collaboratori di Tony Blair in Gran Bretagna e ora fa parte del più vivace think tank neo-progressista americano assieme a John Podesta, l'ex braccio destro di Bill Clinton recentemente ingaggiato da Barack Obama come consigliere. Attraverso il filtro di Carrai, Browne ha introdotto Renzi a Blair, al fratello dell'attuale leader del partito Labour britannico David Miliband e a molti democratici americani. Michael Ledeen invece ha 73 anni e ha lavorato nelle Amministrazioni di Ronald Reagan e di George W. Bush distinguendosi in entrambi i casi per le sue iniziative da freelance dell'intelligence”.
Il tramite di Matteo Renzi nelle relazioni bipartizan con gli ambienti statunitensi, è il suo sodale da sempre Marco Carrai. Luigi Bisignani, l'uomo che sussurra ai potenti così lo descrive: “Marco Carrai è l’uomo di fiducia del sindaco di Firenze”.
L’Espresso del 4 novembre 2013 ricostruisce la figura di Marco Carrai: “Da qualche anno colleziona partecipazioni azionarie e presidenze di municipalizzate, società e consigli di amministrazione: da quando nel 2009 l’amico Matteo è diventato sindaco non si è più fermato. Nel Ppi e poi nella Margherita Renzi è il segretario, Carrai è il braccio organizzativo. Insieme definiscono le liste, le candidature, i convegni: uno congiunto tra i giovani della Margherita e quelli di Forza Italia, nell’abbazia di Vallombrosa, per parlare di «tradizione cristiana nell’impegno politico in Italia e in Europa», Carrai introduce, Renzi conclude. Quando Matteo, nel 2004, viene eletto presidente della Provincia di Firenze, Marco è il suo capo segreteria. Nel frattempo è entrato a Palazzo Vecchio come consigliere comunale della Margherita, eletto con le preferenze assicurate da Comunione e liberazione e dalla Compagnia delle Opere che in Toscana è presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco”.
La ricostruzione de L'Espresso (che pure ha tra gli azionisti di riferimento De Benedetti) sul consigliere di Renzi, Marco Carrai così continua: “Nel capoluogo della Toscana rossa si costruisce un profilo cattolico e teo-con che promette bene. Ma nel giugno 2009, quando l’amico Renzi schianta l’apparato Ds alle primarie di Firenze e poi viene eletto sindaco, Carrai si ritira dalle polemiche, dalla politica, dai riflettori. E comincia, a soli 34 anni, la sua second life di uomo d’affari. Pubblico e privato. Consigliere del sindaco (a titolo gratuito), poi amministratore delegato di Firenze Parcheggi, partecipata del Comune, in quota Monte Paschi di Siena, membro dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che è azionista di Banca Intesa, regista della nomina alla presidenza di Jacopo Mazzei. Siede nel cda del Gabinetto Vieusseux, tra le più importanti istituzioni culturali cittadine, infine è presidente di Aeroporti Firenze, come racconta Duccio Tronci in “Chi comanda Firenze” (Castelvecchi). Intanto coltiva i suoi interessi: il fratello Stefano Carrai è in società con l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco nella società Chiantishire che tenta di mettere su un gigantesco piano di appartamenti, resort, beauty farm nella valle di Cintoia, a Greve, bloccato dal Comune.
Fresco è tra i finanziatori della campagna per le primarie del 2012 di Renzi, con 25 mila euro, insieme al finanziere di Algebris Davide Serra, acclamato anche quest’anno alla stazione Leopolda. A raccogliere i fondi a nome della fondazione Big Bang c’è sempre Carrai. Amico degli amici del sindaco: nel cda della scuola Holden di Alessandro Baricco, immancabile oratore alla Leopolda, e vicino a Oscar Farinetti di Eataly, di cui sta curando lo sbarco a Firenze. L’uomo del governo israeliano, per alcuni («Ho da fare a Tel Aviv», ripete spesso), di certo vicino agli americani di ogni colore. Frequenta con assiduità Michael Ledeen, l’animatore dei circoli ultra-conservatori del partito repubblicano, antica presenza nei misteri italiani, dal caso Moro alla P2. È in ottimi rapporti con il nuovo ambasciatore Usa in Italia John Phillips, amante del Belpaese e della Toscana, proprietario di Borgo Finocchietto sulle colline senesi.
C’è anche Carrai quando Renzi banchetta con Tony Blair o quando va ad accreditarsi con lo staff di Obama alla convention democratica di Charlotte del 2012. E quando tre mesi fa il sindaco vola a sorpresa a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel, accanto a lui, ancora una volta, c’è il ragazzo di Greve, Carrai. Che nel silenzio accumula influenza e mette fuorigioco altri fedelissimi renziani. C’è chi ha visto la sua manina dietro la nomina di Antonella Mansi alla presidenza di Mps, osteggiata da altri seguaci del sindaco. Ma non c’è niente da fare: Carrai, per Renzi, è l’unico insostituibile. Per questo bisogna seguirlo, il Carrai, nella strada che porta alla conquista di Roma, nella posizione da cui da sempre si governa e si comanda davvero. All’ombra della luce”.
Tutto lascia intravedere un linkage molto particolare tra Matteo Renzi e i circoli statunitensi e israeliani (una vera pacchia per i “complottisti”). Ma c'è anche dell''altro che va preso in considerazione. Il 22 febbraio, alla vigilia del voto di fiducia al Senato sul suo governo, il neo-premier Matteo Renzi ha avuto una conversazione telefonica con la Cancelliera tedesca Angela Merkel. Non è un mistero visto che lo segnala una nota di palazzo Chigi. Al centro del colloquio c'erano le relazioni tra Italia e Germania, alla vigilia del vertice di Berlino del prossimo 17 marzo, e il comune impegno nel processo europeo. Un atto dovuto? Non solo. Ci sono dei precedenti.
Era luglio dello scorso quando la cancelliera tedesca Angela Merkel dichiarava: “Ho invitato il sindaco di Firenze Matteo Renzi perchè ho letto un'intervista su un giornale tedesco sui temi europei e le sfide italiane e «l'ho trovata molto interessante». aveva detto la Merkel durante una conferenza stampa a Berlino. “Ho un rapporto molto buono e molto intenso con il premier Enrico Letta, che ho avvertito dell'incontro con Renzi. Ma ho pensato che se conosco qualcun'altro non è male”. La Merkel qualche giorno prima aveva “invitato” il giovane Renzi a Berlino per parlarci vis-a-vis.
Come ha scritto lucidamente Nique la Police su Senza Soste “I tempi, e gli esiti, degli incontri diplomatici vanno capiti come si fa per gli avvertimenti mafiosi. Anche in questo campo, come per il linguaggio di Cosa Nostra, chi conosce il contesto, i linguaggi e i codici deve saper far decantare il clamore degli avvenimenti per interpretare il significato di quanto accaduto.” E ancora: “I tempi in cui, per imporre una riforma liberista delle pensioni (che impoverisce la popolazione e tutela i capitali), ci volevano i carri armati di Pinochet sono finiti. Oggi sono sufficienti gli "impegni con l'Europa" assieme a qualche ascaro a casa che ci dice, a reti unificate, come "crescere" eliminando "gli sprechi".La Germania guarda “con grande attenzione” alla situazione politica in Italia e spera in “una soluzione rapida”. aveva detto il 14 febbraio Steffen Seibert, portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, commentando le ultime vicende, con le dimissioni di Enrico Letta e l’arrivo al governo di Matteo Renzi.
Ad aprile del 2013 l'incontro tra il neo-premier Enrico Letta non era stato tutto rose e fiori. Stando a quanto riferisce l'Unità del 30 aprile: “per Angela Merkel la dichiarazione di Letta "non vogliamo modificare il 'fiscal compact" è stata una musica dolce, ma la distanza tra i due personaggi, cioè tra la visione tedesca delle cose e la visione italiana (quella di Letta in relazione all'Europa è apparsa la stessa di Mario Monti), è comunque emersa”.
Il governo di Matteo Renzi e il suo entourage dovrà dunque fare fronte e rendere conto, sul piano internazionale, a queste “sollecitazioni”. L'ambiguità e l'equilibrismo di Letta gli sono costati la testa, e la leva della ghigliottina l'ha tirata proprio Renzi, ma il mandante è sembrato essere più Angela Merkel che l'establishment statunitense.
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Re: Renzi
NUOVO CAPITOLO DEL GATTOPARDO
Ultime battute de "L'aria che tira", solo pochi secondi ma tanto da apprendere:
Renzi da Vespa : Il ponte sullo stretto si farà.
E' decisamente con l'acqua alla gola per l'avanzata dei grillini. Oramai è stato superato a Roma ma anche a livello nazionale se si và al ballottaggio.
E allora chiede aiuto alle Mafie con il solito stile.
Promette il ponte.
Oramai il PD spurghi è ad alto livello criminale. Ha ragione Marino a sostenere che i pappagalli ammaestrati devono ripetere gli slogan del capo altrimenti hanno chiuso.
Visto ieri sera a Otto e mezzo e stamani a L'aria che tira.
Ultime battute de "L'aria che tira", solo pochi secondi ma tanto da apprendere:
Renzi da Vespa : Il ponte sullo stretto si farà.
E' decisamente con l'acqua alla gola per l'avanzata dei grillini. Oramai è stato superato a Roma ma anche a livello nazionale se si và al ballottaggio.
E allora chiede aiuto alle Mafie con il solito stile.
Promette il ponte.
Oramai il PD spurghi è ad alto livello criminale. Ha ragione Marino a sostenere che i pappagalli ammaestrati devono ripetere gli slogan del capo altrimenti hanno chiuso.
Visto ieri sera a Otto e mezzo e stamani a L'aria che tira.
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Re: Renzi
RIMANERE IN SELLA A TUTTI I COSTI
LA LUNGA CAMPAGNA ELETTORALE
Evasione fiscale, al macero un fascicolo su tre
Con le nuove soglie festeggiano 9mila persone
L’innalzamento della non punibilità voluto dal governo nella delega fiscale obbliga la procura di Milano
ad archiviare 1200 fascicoli solo per omesso versamento Iva. E nelle altre città non va in modo diverso
Giustizia & Impunità
“Abbiamo chiesto l’archiviazione di 1.200 fascicoli solo per l’omesso versamento dell’Iva”. In Procura a Milano sono questi i primi risultati della nuova disciplina sull’evasione che prevede l’innalzamento dei tetti di non punibilità: da 50 a 150mila euro per l’omesso versamento delle ritenute, da 150mila a 250mila per l’Iva. “In tutto prevediamo oltre 3.500 casi”, spiegano in Procura. Quanti processi tributari finiranno con l’archiviazione? “Trenta per cento”, azzardano. Ma parlando con pm di tutta Italia si raccolgono previsioni molto varie: dal 20 per cento di Genova fino al 75 del Friuli. In media, secondo i pm, siamo oltre il 30 per cento. Un processo su tre
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... a/2193928/
LA LUNGA CAMPAGNA ELETTORALE
Evasione fiscale, al macero un fascicolo su tre
Con le nuove soglie festeggiano 9mila persone
L’innalzamento della non punibilità voluto dal governo nella delega fiscale obbliga la procura di Milano
ad archiviare 1200 fascicoli solo per omesso versamento Iva. E nelle altre città non va in modo diverso
Giustizia & Impunità
“Abbiamo chiesto l’archiviazione di 1.200 fascicoli solo per l’omesso versamento dell’Iva”. In Procura a Milano sono questi i primi risultati della nuova disciplina sull’evasione che prevede l’innalzamento dei tetti di non punibilità: da 50 a 150mila euro per l’omesso versamento delle ritenute, da 150mila a 250mila per l’Iva. “In tutto prevediamo oltre 3.500 casi”, spiegano in Procura. Quanti processi tributari finiranno con l’archiviazione? “Trenta per cento”, azzardano. Ma parlando con pm di tutta Italia si raccolgono previsioni molto varie: dal 20 per cento di Genova fino al 75 del Friuli. In media, secondo i pm, siamo oltre il 30 per cento. Un processo su tre
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Re: Renzi
Fisco, Greco: “Condono nascosto, a Milano a rischio accertamenti per 4 miliardi”
Il procuratore aggiunto di Milano interviene alla Camera. E spiega che la norma sul raddoppio dei termini di accertamento inserita in uno degli ultimi decreti varati dal governo "manderebbe al macero" gran parte dell'imponibile evaso individuato solo nel capoluogo lombardo nei primi mesi del 2015
di F. Q. | 20 maggio 2015
“Sia chiaro che è un condono“. Così il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco ha definito la norma transitoria sul raddoppio dei termini di accertamento, contenuta nel decreto legislativo sulla “certezza del diritto“ varato ad aprile. Avvertendo che potrebbe costare una cifra vicina ai 4 miliardi solo nel capoluogo lombardo e solo per la prima parte del 2015. Il provvedimento infatti prevede che siano comunque fatti salvi gli effetti degli atti divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto e che i tempi di accertamento a disposizione dell’Agenzia delle Entrate non vengano più raddoppiati se l’ente non ha presentato formale denuncia nei confronti del contribuente entro i canonici quattro anni (cinque nel caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi).
“Il fatto che sia stata modificata la parola ‘controllo‘ con la parola ‘impositivo‘ comporta una sorta di condono gratuito implicito perché significa che tutti i processi verbali di constatazione che si riferiscono a fatti pregressi vanno tutti al macero“, ha sottolineato il pm che coordina il dipartimento dei reati finanziari nel corso di un seminario alla Camera sui nuovi decreti attuativi della delega. Il riferimento di Greco è al fatto che, mentre nella legge delega il Parlamento aveva chiesto al governo di far comunque salvi “gli effetti degli atti di controllo già notificati alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi”, il decreto delegato fa riferimento agli “atti impositivi notificati”. Due terminologie che non sono affatto equivalenti: di fatto il testo uscito dal Consiglio dei ministri richiede che ci sia stato almeno un avviso di accertamento. Le conseguenze, secondo il pm, sono pesanti: “Nei primi 4-5 mesi del 2015 a Milano mi dicono che la base imponibile accertata è stata di quattro miliardi. Di questi quattro miliardi mi dicono che una quota consistente andrebbe al macero”.
Il vice ministro per l’economia, Luigi Casero, ha risposto assicurando l’impegno a chiarire le norme per evitare sanatorie o scappatoie. “Non c’è nessuna volontà condonistica – ha sostenuto – per come era scritto pensavamo si intendessero tutti gli atti. Sicuramente sarà utile intervenire specificando che gli atti impositivi sono tutti gli atti compiuti dalle forze dell’amministrazione e dalla Guardia di Finanza”.
L’ex ministro Vincenzo Visco, che della tracciabilità aveva fatto la sua battaglia, ha espresso poi ulteriori critiche sugli ultimi decreti, affermando che quello sulla fatturazione elettronica, così come è scritto, è praticamente inutile e “c’e il rischio di aggiungere adempimenti e costi per i contribuenti, complicando invece di semplificare”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... o/1703814/
Il procuratore aggiunto di Milano interviene alla Camera. E spiega che la norma sul raddoppio dei termini di accertamento inserita in uno degli ultimi decreti varati dal governo "manderebbe al macero" gran parte dell'imponibile evaso individuato solo nel capoluogo lombardo nei primi mesi del 2015
di F. Q. | 20 maggio 2015
“Sia chiaro che è un condono“. Così il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco ha definito la norma transitoria sul raddoppio dei termini di accertamento, contenuta nel decreto legislativo sulla “certezza del diritto“ varato ad aprile. Avvertendo che potrebbe costare una cifra vicina ai 4 miliardi solo nel capoluogo lombardo e solo per la prima parte del 2015. Il provvedimento infatti prevede che siano comunque fatti salvi gli effetti degli atti divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del decreto e che i tempi di accertamento a disposizione dell’Agenzia delle Entrate non vengano più raddoppiati se l’ente non ha presentato formale denuncia nei confronti del contribuente entro i canonici quattro anni (cinque nel caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi).
“Il fatto che sia stata modificata la parola ‘controllo‘ con la parola ‘impositivo‘ comporta una sorta di condono gratuito implicito perché significa che tutti i processi verbali di constatazione che si riferiscono a fatti pregressi vanno tutti al macero“, ha sottolineato il pm che coordina il dipartimento dei reati finanziari nel corso di un seminario alla Camera sui nuovi decreti attuativi della delega. Il riferimento di Greco è al fatto che, mentre nella legge delega il Parlamento aveva chiesto al governo di far comunque salvi “gli effetti degli atti di controllo già notificati alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi”, il decreto delegato fa riferimento agli “atti impositivi notificati”. Due terminologie che non sono affatto equivalenti: di fatto il testo uscito dal Consiglio dei ministri richiede che ci sia stato almeno un avviso di accertamento. Le conseguenze, secondo il pm, sono pesanti: “Nei primi 4-5 mesi del 2015 a Milano mi dicono che la base imponibile accertata è stata di quattro miliardi. Di questi quattro miliardi mi dicono che una quota consistente andrebbe al macero”.
Il vice ministro per l’economia, Luigi Casero, ha risposto assicurando l’impegno a chiarire le norme per evitare sanatorie o scappatoie. “Non c’è nessuna volontà condonistica – ha sostenuto – per come era scritto pensavamo si intendessero tutti gli atti. Sicuramente sarà utile intervenire specificando che gli atti impositivi sono tutti gli atti compiuti dalle forze dell’amministrazione e dalla Guardia di Finanza”.
L’ex ministro Vincenzo Visco, che della tracciabilità aveva fatto la sua battaglia, ha espresso poi ulteriori critiche sugli ultimi decreti, affermando che quello sulla fatturazione elettronica, così come è scritto, è praticamente inutile e “c’e il rischio di aggiungere adempimenti e costi per i contribuenti, complicando invece di semplificare”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... o/1703814/
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Re: Renzi
Renzi: “Ponte sullo Stretto si farà e sarà
simbolo bellissimo. Ma prima altre opere”
Di F. Q.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... e/2194987/
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Di F. Q.
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Re: Renzi
HANNO SCELTO LUI PER FAR AFFONDARE DEFINITIVAMENTE IL BEL PAESE????????????????????????????????
DITEMI QUALCOSA. E' COSI' ?????????????????????????????????
Se non son matti non li vogliamo.
Renzi dà l'ok al Ponte sullo stretto: "Un simbolo bellissimo dell'Italia"
"Porteremo l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il sud"
Sergio Rame - Ven, 06/11/2015 - 13:12
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 91497.html
QUALCUNO CONOSCE UN'AMICO PSICHIATRA CHE POSSA SPIEGARE QUESTO COMPORTAMENTO????????????????????????????????????????????'
contrapposto a:
•Piemonte, rosso da 5,8 miliardi. Appello di Chiamparino a governo F.Q.
DITEMI QUALCOSA. E' COSI' ?????????????????????????????????
Se non son matti non li vogliamo.
Renzi dà l'ok al Ponte sullo stretto: "Un simbolo bellissimo dell'Italia"
"Porteremo l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il sud"
Sergio Rame - Ven, 06/11/2015 - 13:12
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 91497.html
QUALCUNO CONOSCE UN'AMICO PSICHIATRA CHE POSSA SPIEGARE QUESTO COMPORTAMENTO????????????????????????????????????????????'
contrapposto a:
•Piemonte, rosso da 5,8 miliardi. Appello di Chiamparino a governo F.Q.
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Re: Renzi
Politica
Ignazio Marino e gli altri, quanti coltelli ha Matteo Renzi?
di Angelo Cannatà | 4 novembre 2015
Commenti (57)
Posto che il coltello resta lì, ogni volta, ben visibile, con impronte chiare, sul cadavere (politico), urge chiedersi quanti coltelli abbia Matteo Renzi. E chi sarà il prossimo a finire sotto la sua lama.
All’inizio c’è Letta. “Enricostaisereno” è l’alba della nuova politica, contiene già tutto: l’arroganza, la determinazione, il tradimento. Dice il carattere dell’uomo. Mostra. Dopo non c’è che il logico – consequenziale – sviluppo di un temperamento, di un’attitudine al crimine (politico).
Coltelli e sangue. Anche – forse dovrei scrivere: soprattutto – quando ad essere ferita a morte è la Costituzione, è ben chiaro l’intento di limitare la libertà, la democrazia, il diritto di voto dei cittadini. Un assassinio (politico) dei diritti del demos.
Non c’è azione di Renzi che non vada nella direzione di un rafforzamento dell’esecutivo, dunque del suo potere, a discapito di tutto il resto. Ogni atto e parola sono finalizzati a questo scopo. Il partito sono io. La politica sono io. Lo Stato sono io. I corpi intermedi, i sindacati: roba d’altri tempi; la vita dei lavoratori: questione d’altri tempi; il pluralismo televisivo: sofismi d’altri tempi; l’autonomia della magistratura: ancora con Montesquieu!
Ogni volta che Renzi si muove è un delitto. Sta distruggendo la Costituzione, il Parlamento, il Pd, la democrazia. Cosa resta della democrazia, quando, in un sol colpo – liquidando il sindaco di Roma – si cancellano i risultati delle primarie e delle elezioni amministrative; quando il Consiglio comunale è evitato come la peste perché le decisioni sono state prese altrove, nel salotto di un appartamento privato, in diretto contatto telefonico col Premier.
Solo Stefano Folli, con l’incredibile “candore” che caratterizza i suoi pezzi, poteva scrivere che nella vicenda romana il Premier si è defilato (avete letto bene): “Lo stesso Renzi, che fin qui si è defilato, adesso è atteso a una prova di leadership” in una crisi “che non riguarda solo un sindaco inadeguato”. Le parole hanno un significato preciso tramandato dai vocabolari: Folli dovrebbe spiegare in che senso il Premier si è defilato, visto che ha diretto, ordinato, imposto: è lui che ha deciso l’agenda della questione Marino (a Orfini: “O va via lui, o vai via tu”). Che giornalismo è quello che nega l’evidenza dei fatti?
Matteo Renzi ha voluto il cadavere (politico) di Ignazio Marino, e l’ha ottenuto. Il mandante ha commesso in itinere una serie di atti riprovevoli: occultamento della democrazia; abuso di potere; ricatto (quanto sono stati liberi i Consiglieri comunali nelle loro decisioni?); eccetera. Ma tutto, insieme all’assassinio del sindaco, viene perdonato dai giornaloni che lo sponsorizzano. Perché?
Qualche storico racconterà, un giorno, le vicende di questi anni: si vedrà – documenti alla mano e con lo sguardo lungo della Storia – che il “sindaco scomodo” non piaceva al Vaticano (“insiste troppo su l’Imu e i matrimoni gay”), alla destra più becera, alla politica corrotta, alla malavita che lucrava nel malaffare (“il Marziano ci taglia i viveri”). Che Renzi abbia deciso di polverizzarlo è solo la conseguenza – necessaria – di un accerchiamento. Il delitto andava commesso.
Un ulteriore dato va aggiunto per completare il quadro: il regista – l’uomo che ti uccide sorridendo - stavolta non ha agito da solo. E’ più corretto parlare di mandanti (al plurale); Renzi ha percepito un sentimento diffuso: Ignazio non piaceva a molti, anche a qualcuno – innominabile – che sta troppo in alto. Chi sarà il prossimo? Di quanti coltelli dispone ancora il Premier? Quando li userà? Contro chi? Quanto resisterà il futuro sindaco di Roma se non piace al Vaticano? Infine: quanto potrà sopravvivere la nostra democrazia alle ingerenze che da più fronti – opposti e convergenti – l’accerchiano?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... i/2187976/
Ignazio Marino e gli altri, quanti coltelli ha Matteo Renzi?
di Angelo Cannatà | 4 novembre 2015
Commenti (57)
Posto che il coltello resta lì, ogni volta, ben visibile, con impronte chiare, sul cadavere (politico), urge chiedersi quanti coltelli abbia Matteo Renzi. E chi sarà il prossimo a finire sotto la sua lama.
All’inizio c’è Letta. “Enricostaisereno” è l’alba della nuova politica, contiene già tutto: l’arroganza, la determinazione, il tradimento. Dice il carattere dell’uomo. Mostra. Dopo non c’è che il logico – consequenziale – sviluppo di un temperamento, di un’attitudine al crimine (politico).
Coltelli e sangue. Anche – forse dovrei scrivere: soprattutto – quando ad essere ferita a morte è la Costituzione, è ben chiaro l’intento di limitare la libertà, la democrazia, il diritto di voto dei cittadini. Un assassinio (politico) dei diritti del demos.
Non c’è azione di Renzi che non vada nella direzione di un rafforzamento dell’esecutivo, dunque del suo potere, a discapito di tutto il resto. Ogni atto e parola sono finalizzati a questo scopo. Il partito sono io. La politica sono io. Lo Stato sono io. I corpi intermedi, i sindacati: roba d’altri tempi; la vita dei lavoratori: questione d’altri tempi; il pluralismo televisivo: sofismi d’altri tempi; l’autonomia della magistratura: ancora con Montesquieu!
Ogni volta che Renzi si muove è un delitto. Sta distruggendo la Costituzione, il Parlamento, il Pd, la democrazia. Cosa resta della democrazia, quando, in un sol colpo – liquidando il sindaco di Roma – si cancellano i risultati delle primarie e delle elezioni amministrative; quando il Consiglio comunale è evitato come la peste perché le decisioni sono state prese altrove, nel salotto di un appartamento privato, in diretto contatto telefonico col Premier.
Solo Stefano Folli, con l’incredibile “candore” che caratterizza i suoi pezzi, poteva scrivere che nella vicenda romana il Premier si è defilato (avete letto bene): “Lo stesso Renzi, che fin qui si è defilato, adesso è atteso a una prova di leadership” in una crisi “che non riguarda solo un sindaco inadeguato”. Le parole hanno un significato preciso tramandato dai vocabolari: Folli dovrebbe spiegare in che senso il Premier si è defilato, visto che ha diretto, ordinato, imposto: è lui che ha deciso l’agenda della questione Marino (a Orfini: “O va via lui, o vai via tu”). Che giornalismo è quello che nega l’evidenza dei fatti?
Matteo Renzi ha voluto il cadavere (politico) di Ignazio Marino, e l’ha ottenuto. Il mandante ha commesso in itinere una serie di atti riprovevoli: occultamento della democrazia; abuso di potere; ricatto (quanto sono stati liberi i Consiglieri comunali nelle loro decisioni?); eccetera. Ma tutto, insieme all’assassinio del sindaco, viene perdonato dai giornaloni che lo sponsorizzano. Perché?
Qualche storico racconterà, un giorno, le vicende di questi anni: si vedrà – documenti alla mano e con lo sguardo lungo della Storia – che il “sindaco scomodo” non piaceva al Vaticano (“insiste troppo su l’Imu e i matrimoni gay”), alla destra più becera, alla politica corrotta, alla malavita che lucrava nel malaffare (“il Marziano ci taglia i viveri”). Che Renzi abbia deciso di polverizzarlo è solo la conseguenza – necessaria – di un accerchiamento. Il delitto andava commesso.
Un ulteriore dato va aggiunto per completare il quadro: il regista – l’uomo che ti uccide sorridendo - stavolta non ha agito da solo. E’ più corretto parlare di mandanti (al plurale); Renzi ha percepito un sentimento diffuso: Ignazio non piaceva a molti, anche a qualcuno – innominabile – che sta troppo in alto. Chi sarà il prossimo? Di quanti coltelli dispone ancora il Premier? Quando li userà? Contro chi? Quanto resisterà il futuro sindaco di Roma se non piace al Vaticano? Infine: quanto potrà sopravvivere la nostra democrazia alle ingerenze che da più fronti – opposti e convergenti – l’accerchiano?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... i/2187976/
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Re: Renzi
6 nov 2015 19:05
PARACULATE RENZIANE
– IL PREMIER SPACCONE ANNUNCIA CHE “IL PONTE SULLO STRETTO SI FARÀ” (COSÌ ALFANO È CONTENTO)
– POI AGGIUNGE CHE PRIMA BISOGNA FINIRE LA SALERNO-REGGIO CALABRIA
Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza per Messina, dove ha mandato l’esercito con le autobotti. Il premier spiega che prima di fare il ponte sullo Stretto bisogna rimettere a posto la rete idrica in Sicilia, rifare strade e ferrovie anche in Calabria e completare la mitica autostrada…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 112342.htm
PARACULATE RENZIANE
– IL PREMIER SPACCONE ANNUNCIA CHE “IL PONTE SULLO STRETTO SI FARÀ” (COSÌ ALFANO È CONTENTO)
– POI AGGIUNGE CHE PRIMA BISOGNA FINIRE LA SALERNO-REGGIO CALABRIA
Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza per Messina, dove ha mandato l’esercito con le autobotti. Il premier spiega che prima di fare il ponte sullo Stretto bisogna rimettere a posto la rete idrica in Sicilia, rifare strade e ferrovie anche in Calabria e completare la mitica autostrada…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 112342.htm
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Re: Renzi
5 nov 2015 11:22
1. IL BULLO IERI, LO SPACCONE OGGI, LO SBORRONE DOMANI: ANCHE PER IL DUCETTO DI RIGNANO ARRIVA L'ORA CHE QUALCUNO, CHE NON HA NULLA DA PERDERE, LO SBATTE AL MURO
2. CORRADINO MINEO È UNA FURIA. ‘’RENZI NON SI PERMETTA, PERCHÉ IO SO. SO QUANTO POSSA SENTIRSI SUBALTERNO A UNA DONNA BELLA E DECISA. AL PUNTO DI RIMETTERE IN QUESTIONE IL SUO STESSO RUOLO AL GOVERNO. CERTI LIMITI POTREBBERO COSTARGLI LA CARRIERA. CHI SI METTE SUL PIANO DI SVELARE CONVERSAZIONI PRIVATE HA TUTTO DA PERDERE..."
3. ANCORA: '’GUARDA RAGAZZO, IO NON SONO COME TE: NON MI CHIAMO RENZI, NON FREQUENTO VERDINI. QUANTO ALLA POLTRONA, A DIFFERENZA FORSE DI ALTRI, IO NON NE HO BISOGNO’’
1. L'AVVERTIMENTO DI MINEO A MATTEO: SEI SENZA SCRUPOLI, MA SAI CHE IO SO - "PREMIER SUBALTERNO A UNA DONNA BELLA E DECISA..."
Mattia Feltri per “la Stampa”
Vista la finezza del quesito - chi sarà la «donna bella e decisa» a cui Matteo Renzi si sente «subalterno»? - non lo chiameremo Direttor Sottile, parlando di Corradino Mineo, già direttore di Rainews e ora bellicoso senatore della minoranza del Pd, quella in opposizione costante e irriducibile al governo.
Il quesito è stato posto da Mineo nel pomeriggio di ieri in risposta a una sciccheria non pari, ma quasi, rifilata dal premier al libro strenna di Bruno Vespa e anticipata martedì: Mineo «è sempre lì, a spiegare come va il mondo. Al massimo si dimette dal Pd ma la poltrona non la lascia, per carità». Sarà senz' altro interessante occuparsi della poltrona di Mineo a metà di una legislatura lungo la quale circa duecento parlamentari hanno cambiato partito, ma un pochino imprudente visto che buonissima parte di quei duecento la poltrona se l' è conservata prprio per tenere in piedi l' esecutivo più meticcio di tutti i tempi.
Comunque: un po' di pazienza che il meglio della sfida deve ancora venire. Prima il prologo che risale all' anno scorso, quando Mineo giudicò Renzi con infelice occhio clinico: «Matteo è come un ragazzino autistico».
Quell' altra volpe non si lasciò scappare l' occasione per conservare il tono del dibattito: «Offendetemi pure, ma chi ieri mi ha definito ragazzo autistico ha offeso milioni di famiglie che soffrono». E dunque, colpo di tacco dopo colpo di tacco, nell' anticipazione del libro di Vespa ecco il solito Renzi a gomito alto (calcisticamente parlando): un anno fa Mineo «ha offeso in modo squallido i bambini autistici».
Addirittura! E insomma, Mineo che già di suo non è tattico come un Giulio Mazzarino, non ci ha visto più e ha offerto la seguente prova che dovete gustarvi dall' inizio alla fine: «Diciamo che Matteo Renzi non ha stile. Non ho mai manifestato l'intenzione di dimettermi, se non in un sms che mandai proprio a lui, disgustato dall' attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso.
Ma Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E lui sa che io so. So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente. So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo.
Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini. Quanto alla poltrona, a differenza forse di qualcun altro, io non ne ho bisogno. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose e lo manterrò in barba a chi vorrebbe asfaltare il dissenso. Quanto ai bambini autistici, è stato Renzi a strumentalizzarli nel modo più squallido per spianarmi. Li ha usati per strappare un applauso e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle famiglie in difficoltà».
Infine, assieme ai quattro gatti che non avessero capito, supponiamo che la «donna bella e decisa» sia Maria Elena Boschi. E forse lei sa che noi sappiamo che loro due non sanno l'effetto che fanno.
2. RENZI SUBALTERNO A UNA DONNA. PUÒ COSTARGLI LA CARRIERA
Luca De Carolis per il 2Fatto Quotidiano”
‘’Renzi non si permetta, perché io so. Certi limiti potrebbero costargli la carriera politica, colui che si mette sul piano di chi svela conversazioni private ha tutto da perdere...". L' ex senatore del Pd Corradino Mineo è una furia.
Avverte Matteo Renzi, con una formula strappata a Pasolini: "Io so". Ma a differenza dell' intellettuale pare convinto di avere le prove.
L' ex direttore di Rai News si scatena alle 17 e 21 della sera, con un comunicato che è glicerina pura: "Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E sa che io so. So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa, fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo. Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano".
Il Fatto lo chiama al telefono pochi minuti dopo. Mineo racconta, spiega. E avverte.
Senatore, perché una nota così dura?
Lui è stato scorrettissimo: tira fuori un sms privato un anno dopo, in un libro di Bruno Vespa, per sostenere che io mi dovevo dimettere già a suo tempo.
Che cosa c' era scritto nell' sms?
La storia è questa: subito dopo le Europee del 2014, io definii Renzi autistico, ma non volevo offenderlo. Intendevo solo dire che, come un bimbo che pare debole per quel problema ma poi risolve le equazioni, lui era molto bravo in politica nonostante alcuni limiti personali. Renzi però usò quelle parole per attaccarmi in modo violentissimo in un'assemblea del Pd, accusandomi di essere uno che offende gli autistici e le persone con handicap. Io, nauseato, gli mandai un sms: 'Basta, ho sbagliato anche io, mi dimetto'. Poi alcuni amici, tra cui Gianni Cuperlo, mi convinsero a non dimettermi. E lui ora che fa?
Racconta tutto a Vespa.
Così si arriva al suo comunicato.
Il senso della nota è questo: 'Io sono una persona perbene, per fortuna tua'.
Perché per fortuna sua? Lei cosa sa, Mineo?
Ho detto che sa fare solo quello, sa solo organizzare lo scontro per asfaltare e piegare. Fuori di quell'ambito è una persona che si sente limitata e piena di dubbi.
Lei scrive di "una donna bella e decisa" a cui il premier è subalterno. Va dritto.
Vado dritto, sì.
Parliamoci chiaro: lei si riferisce a uno dei ministri donna? O a una parlamentare molto vicina al presidente del Consiglio?
Non entrerò su questo piano. Quelle conversazioni non le ho raccontate e non le ho scritte in libri. Davanti alla vergogna di questo sms divulgato, ho avvisato Renzi: 'Guarda ragazzo, io non sono come te: a mettersi su questo piano ci si può solo rimettere'.
Ha fatto un'infamia, ha cercato di sostenere che io sono attaccato alla poltrona.
Lo avverte: se insiste, lei parlerà.
Io non lo farò mai, mi hanno insegnato da bimbo che le conversazioni private devono restare tali. Gli ho solo detto: so quanto sei debole, ti conosco bene.
Io però devo chiederle a quali conversazioni fa riferimento, senatore...
Non glielo dirò, mi fermo qui.
È già scattato il totonomi sulla donna che lei cita.
A me non interessa, io dovevo dire: basta. Non voglio mettermi sullo stesso piano di Renzi.
Ma questo è un avviso ai naviganti.
È un avviso a lui. Lo ripeto: a voler sempre asfaltare tutti, si finisce con il danneggiare se stessi.
Lei fa capire che nei comportamenti al di fuori della scena politica Renzi ha dei limiti.
Assolutamente sì, fuori della scena ha limiti grossi. Questo lo dico.
Sono limiti che potrebbero pregiudicargli la carriera politica?
Assolutamente sì. Renzi è bravissimo nel gioco politico, assolutamente incerto quando si tratta di altre cose. E per un capo del governo questo rappresenta un difetto molto grave.
Lei parla della vita privata di Renzi.
Su questo non mi strapperà una sillaba.
Ma lei come fa a formulare queste riflessioni? Ha assistito a episodi, ha appreso da racconti diretti?
Si tratta di fatti riguardo ai quali ho un' idea molto precisa.
Ne parla per presa visione...
Per presa visione, esattamente.
Ora la stanno attaccando in tantissimi. La accusano di aver scritto un pizzino.
È davvero buffo, ora io che sono la vittima vengo dipinto come un carnefice.
1. IL BULLO IERI, LO SPACCONE OGGI, LO SBORRONE DOMANI: ANCHE PER IL DUCETTO DI RIGNANO ARRIVA L'ORA CHE QUALCUNO, CHE NON HA NULLA DA PERDERE, LO SBATTE AL MURO
2. CORRADINO MINEO È UNA FURIA. ‘’RENZI NON SI PERMETTA, PERCHÉ IO SO. SO QUANTO POSSA SENTIRSI SUBALTERNO A UNA DONNA BELLA E DECISA. AL PUNTO DI RIMETTERE IN QUESTIONE IL SUO STESSO RUOLO AL GOVERNO. CERTI LIMITI POTREBBERO COSTARGLI LA CARRIERA. CHI SI METTE SUL PIANO DI SVELARE CONVERSAZIONI PRIVATE HA TUTTO DA PERDERE..."
3. ANCORA: '’GUARDA RAGAZZO, IO NON SONO COME TE: NON MI CHIAMO RENZI, NON FREQUENTO VERDINI. QUANTO ALLA POLTRONA, A DIFFERENZA FORSE DI ALTRI, IO NON NE HO BISOGNO’’
1. L'AVVERTIMENTO DI MINEO A MATTEO: SEI SENZA SCRUPOLI, MA SAI CHE IO SO - "PREMIER SUBALTERNO A UNA DONNA BELLA E DECISA..."
Mattia Feltri per “la Stampa”
Vista la finezza del quesito - chi sarà la «donna bella e decisa» a cui Matteo Renzi si sente «subalterno»? - non lo chiameremo Direttor Sottile, parlando di Corradino Mineo, già direttore di Rainews e ora bellicoso senatore della minoranza del Pd, quella in opposizione costante e irriducibile al governo.
Il quesito è stato posto da Mineo nel pomeriggio di ieri in risposta a una sciccheria non pari, ma quasi, rifilata dal premier al libro strenna di Bruno Vespa e anticipata martedì: Mineo «è sempre lì, a spiegare come va il mondo. Al massimo si dimette dal Pd ma la poltrona non la lascia, per carità». Sarà senz' altro interessante occuparsi della poltrona di Mineo a metà di una legislatura lungo la quale circa duecento parlamentari hanno cambiato partito, ma un pochino imprudente visto che buonissima parte di quei duecento la poltrona se l' è conservata prprio per tenere in piedi l' esecutivo più meticcio di tutti i tempi.
Comunque: un po' di pazienza che il meglio della sfida deve ancora venire. Prima il prologo che risale all' anno scorso, quando Mineo giudicò Renzi con infelice occhio clinico: «Matteo è come un ragazzino autistico».
Quell' altra volpe non si lasciò scappare l' occasione per conservare il tono del dibattito: «Offendetemi pure, ma chi ieri mi ha definito ragazzo autistico ha offeso milioni di famiglie che soffrono». E dunque, colpo di tacco dopo colpo di tacco, nell' anticipazione del libro di Vespa ecco il solito Renzi a gomito alto (calcisticamente parlando): un anno fa Mineo «ha offeso in modo squallido i bambini autistici».
Addirittura! E insomma, Mineo che già di suo non è tattico come un Giulio Mazzarino, non ci ha visto più e ha offerto la seguente prova che dovete gustarvi dall' inizio alla fine: «Diciamo che Matteo Renzi non ha stile. Non ho mai manifestato l'intenzione di dimettermi, se non in un sms che mandai proprio a lui, disgustato dall' attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso.
Ma Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E lui sa che io so. So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente. So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo.
Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini. Quanto alla poltrona, a differenza forse di qualcun altro, io non ne ho bisogno. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose e lo manterrò in barba a chi vorrebbe asfaltare il dissenso. Quanto ai bambini autistici, è stato Renzi a strumentalizzarli nel modo più squallido per spianarmi. Li ha usati per strappare un applauso e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle famiglie in difficoltà».
Infine, assieme ai quattro gatti che non avessero capito, supponiamo che la «donna bella e decisa» sia Maria Elena Boschi. E forse lei sa che noi sappiamo che loro due non sanno l'effetto che fanno.
2. RENZI SUBALTERNO A UNA DONNA. PUÒ COSTARGLI LA CARRIERA
Luca De Carolis per il 2Fatto Quotidiano”
‘’Renzi non si permetta, perché io so. Certi limiti potrebbero costargli la carriera politica, colui che si mette sul piano di chi svela conversazioni private ha tutto da perdere...". L' ex senatore del Pd Corradino Mineo è una furia.
Avverte Matteo Renzi, con una formula strappata a Pasolini: "Io so". Ma a differenza dell' intellettuale pare convinto di avere le prove.
L' ex direttore di Rai News si scatena alle 17 e 21 della sera, con un comunicato che è glicerina pura: "Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E sa che io so. So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa, fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo. Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano".
Il Fatto lo chiama al telefono pochi minuti dopo. Mineo racconta, spiega. E avverte.
Senatore, perché una nota così dura?
Lui è stato scorrettissimo: tira fuori un sms privato un anno dopo, in un libro di Bruno Vespa, per sostenere che io mi dovevo dimettere già a suo tempo.
Che cosa c' era scritto nell' sms?
La storia è questa: subito dopo le Europee del 2014, io definii Renzi autistico, ma non volevo offenderlo. Intendevo solo dire che, come un bimbo che pare debole per quel problema ma poi risolve le equazioni, lui era molto bravo in politica nonostante alcuni limiti personali. Renzi però usò quelle parole per attaccarmi in modo violentissimo in un'assemblea del Pd, accusandomi di essere uno che offende gli autistici e le persone con handicap. Io, nauseato, gli mandai un sms: 'Basta, ho sbagliato anche io, mi dimetto'. Poi alcuni amici, tra cui Gianni Cuperlo, mi convinsero a non dimettermi. E lui ora che fa?
Racconta tutto a Vespa.
Così si arriva al suo comunicato.
Il senso della nota è questo: 'Io sono una persona perbene, per fortuna tua'.
Perché per fortuna sua? Lei cosa sa, Mineo?
Ho detto che sa fare solo quello, sa solo organizzare lo scontro per asfaltare e piegare. Fuori di quell'ambito è una persona che si sente limitata e piena di dubbi.
Lei scrive di "una donna bella e decisa" a cui il premier è subalterno. Va dritto.
Vado dritto, sì.
Parliamoci chiaro: lei si riferisce a uno dei ministri donna? O a una parlamentare molto vicina al presidente del Consiglio?
Non entrerò su questo piano. Quelle conversazioni non le ho raccontate e non le ho scritte in libri. Davanti alla vergogna di questo sms divulgato, ho avvisato Renzi: 'Guarda ragazzo, io non sono come te: a mettersi su questo piano ci si può solo rimettere'.
Ha fatto un'infamia, ha cercato di sostenere che io sono attaccato alla poltrona.
Lo avverte: se insiste, lei parlerà.
Io non lo farò mai, mi hanno insegnato da bimbo che le conversazioni private devono restare tali. Gli ho solo detto: so quanto sei debole, ti conosco bene.
Io però devo chiederle a quali conversazioni fa riferimento, senatore...
Non glielo dirò, mi fermo qui.
È già scattato il totonomi sulla donna che lei cita.
A me non interessa, io dovevo dire: basta. Non voglio mettermi sullo stesso piano di Renzi.
Ma questo è un avviso ai naviganti.
È un avviso a lui. Lo ripeto: a voler sempre asfaltare tutti, si finisce con il danneggiare se stessi.
Lei fa capire che nei comportamenti al di fuori della scena politica Renzi ha dei limiti.
Assolutamente sì, fuori della scena ha limiti grossi. Questo lo dico.
Sono limiti che potrebbero pregiudicargli la carriera politica?
Assolutamente sì. Renzi è bravissimo nel gioco politico, assolutamente incerto quando si tratta di altre cose. E per un capo del governo questo rappresenta un difetto molto grave.
Lei parla della vita privata di Renzi.
Su questo non mi strapperà una sillaba.
Ma lei come fa a formulare queste riflessioni? Ha assistito a episodi, ha appreso da racconti diretti?
Si tratta di fatti riguardo ai quali ho un' idea molto precisa.
Ne parla per presa visione...
Per presa visione, esattamente.
Ora la stanno attaccando in tantissimi. La accusano di aver scritto un pizzino.
È davvero buffo, ora io che sono la vittima vengo dipinto come un carnefice.
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