La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Mala tempora currunt, sed peiora parantur
può darsi di no, anzi gli attuali attentati di Parigi sembra siano un segnale della crisi dell'ISIS ,
secondo alcune fonti l'intervento della Russia e dell'occidente che stanno concordando il modo di eliminare questo terrorismo sta dando buoni risultati , migliaia di miliziani stanno scappando, in Siria , pur sotto la minaccia di uccisione, hanno abbandonato il fronte, i curdi hanno ripreso diversi territori.
Parigi sarebbe il classico colpo di coda di un perdente.
può darsi di no, anzi gli attuali attentati di Parigi sembra siano un segnale della crisi dell'ISIS ,
secondo alcune fonti l'intervento della Russia e dell'occidente che stanno concordando il modo di eliminare questo terrorismo sta dando buoni risultati , migliaia di miliziani stanno scappando, in Siria , pur sotto la minaccia di uccisione, hanno abbandonato il fronte, i curdi hanno ripreso diversi territori.
Parigi sarebbe il classico colpo di coda di un perdente.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
iospero ha scritto:Mala tempora currunt, sed peiora parantur
può darsi di no, anzi gli attuali attentati di Parigi sembra siano un segnale della crisi dell'ISIS ,
secondo alcune fonti l'intervento della Russia e dell'occidente che stanno concordando il modo di eliminare questo terrorismo sta dando buoni risultati , migliaia di miliziani stanno scappando, in Siria , pur sotto la minaccia di uccisione, hanno abbandonato il fronte, i curdi hanno ripreso diversi territori.
Parigi sarebbe il classico colpo di coda di un perdente.
Mentana conduce il Tg7 delle 20,00. E’ sabato. La sua presenza indica l’eccezionalità del momento.
Mentana non ha mai condotto il Tg7 del sabato e della domenica.
E’ un direttore all’italiana. Il week end è sacro. Ma oggi, sabato 14 novembre 2015 non lo è.
Il momento è grave.
Che il momento sia grave ce ne siamo accorti.
Oggi sono rientrato a casa alle 12,30 e accendendo il televisore, sulla 7 stavano trasmettendo uno speciale.
Uno speciale che è durato per tutto il pomeriggio, senza soluzione di continuità fino al Tg7 delle 20,00.
Dopo ci sarà la Gruber, ma sarei meravigliato, se non si occupasse di : PARIGI BRUCIA?
Mentana apre con il primo titolo con una citazione di Hollande: L’ISIS CI HA DICHIARATO GUERRA
Infatti è così. SIAMO IN GUERRA.
Sulla Terza Rete, nel pomeriggio va in onda lo speciale Agorà. Gerardo Greco viene richiamato in servizio.
Il Tg3 delle 19,00 si è occupato interamente di PARIGI BRUCIA?
Anche Mentana ha passato tutto il tempo a parlare del tema del giorno. Anzi ha sforato perché aveva tanti temi da affrontare.
Non era mai successo. Neppure ai tempi del terrorismo in Italia.
Tu sostieni:
può darsi di no, anzi gli attuali attentati di Parigi sembra siano un segnale della crisi dell'ISIS
Questo è un forum politico e quindi assolviamo al nostro compito.
Questa è una guerra asimmetrica.
Cosa è una guerra asimmetrica?
Guerra asimmetrica
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La guerra asimmetrica originariamente era un'espressione riferita alla guerra tra due o più soggetti (di diritto internazionale pubblico) o gruppi le cui rispettive forze militari differivano in modo significativo. I cultori di scienze militari contemporanei hanno tuttavia la tendenza ad ampliare tale definizione, fino a ricomprendervi l'asimmetria di strategia o tattica; oggi la guerra asimmetrica può indicare un conflitto in cui le risorse dei belligeranti sono diverse nell'essenza e nel combattimento, interagiscono e tentano di sfruttare le debolezze caratteristiche del rispettivo avversario. Tali lotte spesso implicano strategie e tattiche di guerra non convenzionale, in cui i combattenti "più deboli" cercano di usare una strategia in grado di compensare le proprie carenze quantitative e qualitative.[1]
Nella mitologia, ricordiamo il caso di Davide che sconfisse Golia non affrontandolo sul suo stesso piano, ma usando una modalità inattesa dal nemico. In età molto più recente si può trovare una pura forma di guerra asimmetrica nella Seconda guerra del Golfo dove i miliziani usavano ragazzi, donne o se stessi come attentatori suicidi, indossando cinture "kamikaze" e lanciandosi contro gli Humvee e gli Abrams americani in contesti urbani; Invece sulle strade venivano posizionati IED per distruggere i veicoli alla testa dei convogli.
La Francia è una nazione che ha perso una guerra asimmetrica.
Ricordi la Battaglia di Algeri???
Il FNL algerino(Alfano-ndt) ha condotto una guerra asimmetrica e l'ha vinta, conquistando l'indipendenza.
La battaglia di Algeri
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La battaglia di Algeri[1] è un film del 1966 diretto da Gillo Pontecorvo, che ha acquisito il valore di un'opera di testimonianza e di rivisitazione dei fatti storici contemporanei.[2]
Il film, interamente ambientato nella città di Algeri durante la guerra d'Algeria,[3] ha vinto il Leone d'Oro alla 27ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia ed è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare[4].
Trama
Algeri, 1957: nella casbah i paracadutisti francesi comandati dal colonnello Mathieu fanno irruzione in un appartamento dove è nascosto, in una nicchia camuffata da parete, il rivoluzionario algerino Alì La Pointe insieme ad un bambino, una donna e un compagno di lotta. Mentre i parà gli intimano di uscire senza opporre resistenza, lui rievoca il suo passato tramite un flashback che inizia nel 1954 ad Algeri quando viene arrestato dai gendarmi francesi per truffa ed aggressione ai danni di un cittadino franco-algerino e viene messo in prigione con alcuni patrioti algerini, dove assiste all'esecuzione mediante ghigliottina di uno di loro.
Cinque mesi dopo Alì evade dal carcere e ritorna nella casbah. Un ragazzino di nome Omar gli recapita un messaggio in cui il Fronte di Liberazione Nazionale algerino (FLN) gli ordina di uccidere un gendarme, il quale raccoglie periodicamente informazioni da un barista algerino suo informatore. L'ordine categorico è quello di ucciderlo immediatamente ed alle spalle, ma Alì si lascia trasportare dalla foga e blocca il gendarme esprimendogli il suo disprezzo. Al momento di sparare, la pistola si rivela scarica e Alì, dopo essere riuscito a fuggire, viene convocato da colui che gli aveva assegnato la missione: si tratta di Saari Kader, uno dei capi del FLN, che gli spiega che il fallito attentato non era altro che una prova per verificare la sua fedeltà come combattente.
Alì viene messo al corrente della tattica che l'FLN intende utilizzare per iniziare la rivoluzione allo scopo di dare l'indipendenza al paese. Pochi giorni dopo viene emanato il comunicato n. 24, in cui è fatto totale divieto alla popolazione di Algeri di praticare il gioco d'azzardo, il consumo di droga, la prostituzione ed il suo sfruttamento ed il consumo di alcoolici: ciò al fine di eliminare il fenomeno delle spie e della ricattabilità delle persone. Il primo incarico ricevuto da Alì è quello di uccidere un boss della prostituzione, un tempo suo amico, in quanto rifiutatosi di obbedire alle direttive imposte dal FLN. Oltre alla "moralizzazione" degli abitanti di Algeri l'organizzazione mette in atto una serie di misure al fine di boicottare le leggi e la burocrazia francese, quali l'unione in matrimonio al cospetto della sola autorità islamica.
Una volta "ripulita" la casbah l'FLN passa alla seconda fase, ossia quella della lotta armata. Il 20 giugno 1956 la città viene scossa da una serie di attentati, in cui trovano la morte alcuni gendarmi francesi. Viene inoltre assalito un commissariato di polizia, dal quale vengono trafugati dei fucili, e si susseguono scontri a fuoco nelle strade della "città europea".
La reazione francese è immediata, ma i provvedimenti sono ancora sommari e riguardano ancora l'ordine pubblico e non lo "stato di guerra": la casbah viene recintata con del filo spinato e chiunque vi entri o vi esca deve esibire i documenti ed essere perquisito e, nel contempo, negli ospedali è fatto obbligo di segnalare alle autorità ogni ferito da arma da fuoco. Il 20 luglio vengono uccisi altri tre gendarmi e, mentre la polizia francese insegue gli assassini, i Pieds-noirs, ormai in preda al panico, accusano degli omicidi un venditore ambulante che passava per caso nelle vicinanze e lo fanno arrestare.
Non è solo lo stato francese a mobilitarsi contro la guerriglia ma anche un'organizzazione segreta, l'OAS, che si muove utilizzando essa stessa metodi terroristici: nella notte del 20 luglio alcuni componenti entrano nella casbah, si dirigono nella zona abitata dall'uomo arrestato quella mattina e fanno esplodere una bomba che fa crollare un edificio causando molte vittime. Il risentimento popolare sembra esplodere ed Alì si dirige insieme ai suoi uomini verso i blocchi all'uscita della casbah, ma Kader riesce, non senza fatica, a fermarlo, convincendolo a seguire le sue direttive.
La mossa successiva è portare il terrore nella popolazione e tre ragazze algerine, camuffate con vestiti e taglio di capelli occidentali, vengono mandate in tre punti diversi della città per fare esplodere tre ordigni in altrettanti locali pubblici, due bar e la sede dell'Air France. Il numero di vittime ed il ridursi della sicurezza nella città inducono il Governo francese a rispondere con fermezza: il 10 gennaio 1957 viene inviata ad Algeri una divisione di paracadutisti, fino a quel momento impegnata a contrastare la guerriglia sulle montagne, per stroncare la rivolta. Il comando dell'operazione è affidato al colonnello Mathieu, un pragmatico militare con un passato di lotta contro l'occupazione nazista durante la seconda guerra mondiale, nonché veterano della guerra d'Indocina.
L'FLN in un comunicato annuncia che l'ONU si sta interessando alla "questione algerina" e, per rendere tangibile all'opinione pubblica mondiale la dimensione della lotta di liberazione, organizza uno sciopero generale di otto giorni: tutti i lavoratori di Algeri si dovranno astenere dal lavoro. L'autorità militare francese intuisce lo scopo dell'azione, pur non contrastandola apertamente, in quanto, proprio grazie allo sciopero, si trova finalmente nella condizione di conoscere fiancheggiatori e simpatizzanti del FLN.
Alì non sembra d'accordo con lo sciopero preferendo un'azione di carattere diretto ma non fa obiezioni quando Alì Ben Mihdi, un importante ideologo dell'FLN, gli spiega le ragioni politiche dell'astensione dal lavoro, pur sottolineando che tutti coloro che aderiranno saranno identificati, dando la possibilità ai francesi di dare un volto ad attivisti, fiancheggiatori e simpatizzanti, mentre Mathieu, che ha nominato l'operazione "Operazione Champagne", comincia un'opera di disinformazione, sostenendo di fronte alla stampa che l'obiettivo dello sciopero non era la dimostrazione pacifica della forza numerica dei rivoluzionari ma l'insurrezione, annunciandone il fallimento, ironizzando sulle posizione di Jean-Paul Sartre a favore dell'indipendenza algerina e chiedendo alla stampa un appoggio ai fini di portare l'opinione pubblica francese a non sostenere la tesi di un'Algeria libera dalla colonizzazione; contemporaneamente l'ONU si astiene dall'intervenire direttamente nella "questione algerina".
Durante lo sciopero i parà entrano nella casbah rastrellando molti uomini che stanno scioperando, facendoli salire sui camion, costringendoli a lavorare coattivamente, e devastando anche i negozi di coloro che si rifiutano di aprirli. Hanno inizio gli interrogatori, condotti con metodi di tortura, e si inizia a procedere all'identificazione dei capi dell'organizzazione quali Alì e Kader, ma l'inerzia delle Nazioni Unite non ferma la lotta. Lo spirito di ribellione è simboleggiato da Omar, che prende un microfono ed incita i suoi compatrioti alla rivolta contro la Francia, provocando la reazione di alcune donne che cominciano a gridare contro i soldati.
Kader e La Pointe si rendono conto che i colpi inferti dall'autorità francese stanno smantellando l'organizzazione e mutano la loro strategia: i nascondigli dovranno essere cambiati continuamente ed i settori più duramente colpiti dovranno essere riorganizzati ma la continua sorveglianza dei soldati francesi all'interno della casbah li costringe a fuggire e nascondersi, impedendogli sempre di più i movimenti.
Il 25 febbraio 1957 esplodono due bombe in un ippodromo e la rabbia immediata porta al tentativo di linciaggio di un bambino algerino che stava vendendo delle bibite, mentre pochi giorni dopo l'FLN soffre una grossa perdita: Alì Ben Mihdi viene casualmente arrestato ed, il 4 marzo 1957, durante la conferenza stampa in cui Mathieu intende mostrarlo come un trofeo, non cede di fronte alle domande dei giornalisti che lo accusano di terrorismo, ribattendo con le sue motivazioni la necessità del popolo algerino di disporre di se stesso. Egli morirà nella sua cella, ufficialmente per suicidio, pochi giorni dopo la sua cattura.
Nelle carceri intanto proseguono le torture di cui anche la stampa viene a conoscenza, così come della "strana" morte dell'ideologo algerino, ed il consenso che l'armata francese aveva fino a quel momento sembra cominciare a venire meno, ma Mathieu nega metodi violenti, lasciando tuttavia intendere che i successi della sua operazione derivano proprio da quei metodi.
La casbah di Algeri, dove il film è stato girato.
Con il ridursi del numero dei suoi membri l'FLN è costretto a ricorrere ad azioni disperate, mirate a quel punto solo a darne visibilità, come la sparatoria per le strade della città da parte di due membri a bordo di un'ambulanza, conclusasi con la loro morte, e poco tempo dopo l'organizzazione perde altri due importanti componenti: Ramel e Si Murad che, vistosi ormai catturati, tentano di uccidere Mathieu con uno stratagemma, chiedendo una dichiarazione scritta che garantisca la loro incolumità e mettendo una bomba nel cestino che calano dalla finestra del palazzo in cui si sono asserragliati. Il colonnello non abbocca e manda a consegnare la dichiarazione un soldato che muore nell'esplosione insieme ai due rivoltosi.
Pochi giorni giorni dopo l'FLN perde anche il penultimo dei suoi capi, Kader: egli viene bloccato in una soffitta insieme ad una compagna di lotta e Mathieu minaccia di fare saltare in aria tutto il palazzo se non si consegnerà. Dopo un iniziale rifiuto egli decide di arrendersi, ma si rende conto troppo tardi del vantaggio che la sua cattura porterà alla propaganda francese e la ragazza con un grido disperato fa notare al colonnello che la battaglia non è finita poiché Alì è ancora nella casbah.
Alì ora è rimasto isolato e gli unici componenti ancora liberi sono un uomo, Mohammed, Halima, una delle tre donne a suo tempo incaricate degli attentati, ed Omar, che costantemente lo ha seguito, ed a loro non resta che progettare attentati isolati per testimoniare la "vita" dell'organizzazione ma i soldati francesi, informati da Sadec, un militante dell'FLN che ha ceduto alle torture, fanno irruzione nella casa dove i quattro sono nascosti. A questo punto termina il flashback: Mathieu cerca di persuadere Alì ad arrendersi non ottenendo risposta e questi lascia la libertà di scelta agli altri tre, ma nessuno di loro esce, il palazzo viene fatto esplodere con la dinamite, mentre tutta la casbah prega per loro.
I militari si dimostrano soddisfatti per il loro operato, ritenendo che la questione algerina sia definitivamente risolta, ma nel dicembre del 1960, la rivolta rinasce spontanea, dando un notevole impulso, sia nella politica che nell'opinione pubblica francese, per la ridefinizione dei rapporti con il paese nordafricano, e per la prima volta, durante le grandi manifestazioni, compare la bandiera algerina.
Ma sarà solo dopo altri due anni di lotta che l'Algeria, il 3 luglio 1962, riuscirà ad ottenere finalmente l'indipendenza dalla Francia[5].
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Re: La Terza Guerra Mondiale
La Gruber si è occupata di PARIGI BRUCIA??, ma anche l'Europa; con Enrico Letta, Massimo Cacciari, e il generale Camporini. C.V.D.
Cacciari, che solitamente svetta su altri per avere maggior granu salis, ha fatto presente, e mi trova PERFETTAMENTE d'accordo, che quelli dell'Isis sono dei barbari, ma sono INTELLIGENTI.
Cacciari, che solitamente svetta su altri per avere maggior granu salis, ha fatto presente, e mi trova PERFETTAMENTE d'accordo, che quelli dell'Isis sono dei barbari, ma sono INTELLIGENTI.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Ci vogliono in guerra, l’Isis è solo manovalanza (di fiducia)
Scritto il 15/11/15 • nella Categoria: idee
E adesso siamo davvero in guerra. «Tutta la vita politica europea sarà sconvolta per sempre», dice Giulietto Chiesa, secondo cui d’ora in avanti ogni disagio sociale sarà rubricato come problema di ordine pubblico: «La nostra vita diverrà un eterno passaggio attraverso un metal detector». Lo sanno bene i politici che balbettano di fronte alla strage di Parigi, che espone al ridicolo l’intero dispositivo francese della sicurezza: a dieci mesi dalla mattanza di “Charlie Hebdo”, non meno di 70-80 professionisti armati, alloggiati, organizzati e coordinati nella capitale transalpina hanno potuto mettere a segno 7 attacchi simultanei in pieno centro. «Vuol dire che è meglio che quelli della Suretè si diano al giardinaggio», scrive Aldo Giannuli. Possibile che gli uomini di Hollande si siano fatti sorprendere così? Peraltro, se si pensa che siamo a 14 anni dall’attentato alle Twin Towers, dopo tre guerre (Afghanistan, Iraq e Libia) e un mare di soldi spesi, «qui la disfatta non è solo dei francesi, ma di tutta l’intelligence occidentale». Puzza di bruciato? Se ne accorge persino il mainstream: Paolo Pagliaro, nella trasmissione “Otto e mezzo” condotta da Lilli Gruber su “La7”, ricorda che l’Isis è stato finanziato da Turchia e Arabia Saudita, ed equipaggiato dagli Usa. Il vicepresidente Joe Biden riconobbe, tempo fa, che le armi inviate ai “ribelli” anti-Assad erano “finite” tutte alle milizie jihadiste del “califfo” Abu Bakr Al-Baghdadi, l’uomo fotografato in Siria in compagnia del senatore John McCain.
«La Russia, con il suo intervento in Siria, ha cambiato il quadro politico mondiale», osserva Giulietto Chiesa su “Megachip”. «Il piano di ridisegnare la mappa medio-orientale è fallito. Daesh è, di fatto, sconfitta là dov’è nata. Dunque i suoi manovratori spostano l’offensiva in Europa». Obiettivo chiarissimo: terrorizzare il vechio continente e costringerlo sotto l’ombrello americano. «A mettere a posto la Russia penserà Washington. Del resto l’Airbus abbattuto nel Sinai, in termini di sangue russo innocente, è equivalso al massacro parigino. E non ce ne eravamo accolti». Merkel e Hollande, i due leader che «stavano cambiando rotta per uscire dal cappio americano», sono avvertiti. E mentre i Renzi di tutta Europa non osano affrontare le telecamere non sapendo cosa dire, ci si domanda inevitabilmente chi siano i manovratori del potente e vastissimo gruppo di fuoco che ha potuto fare quello che voleva, nel pieno centro di Parigi. «L’Isis è creatura di una Spectre composta da pezzi di Occidente e petromonarchie del Golfo», annota Chiesa. «Qualcuno la guida, ed è molto potente, carico di denaro e di armi. Il fanatismo è la sua facciata. Ma non spiega la sua “intelligence”». Una traccia l’ha fornita un anno fa Gioele Magaldi col suo libro “Massoni”, edito da Chiarelettere: una delle 36 Ur-Lodges, vertice massonico del potere mondiale, avrebbe un debole per le stragi e la strategia della tensione. Si chiama “Hathor Pentalpha” e, secondo Magaldi, annovera tra i suoi leader il capo del centrodestra francese, Nicolas Sarkozy. Obiettivo strategico: annullare la democrazia, anche a colpi di attentati, per riconsegnare il potere all’élite più reazionaria, neo-feudale, neo-aristocratica.
Sorta nel 1980 quando George Bush fu sconfitto da Reagan nella corsa alla Casa Bianca, la “loggia del sangue e della vendetta” avrebbe promosso l’apocalisse dell’11 Settembre, punto di partenza della “guerra infinita” che da allora sta destabilizzando il pianeta. Oltre ai Bush, dal vecchio George Herbert al figlio George Walker fino al fratello, Jeb Bush, tra gli alfieri della “Hathor” figurerebbero anche Tony Blair, l’uomo da cui nacque l’invenzione delle “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein, nonché un leader autoritario come il turco Ergogan, appena rieletto con un plebiscito da una Turchia abbondantemente terrorizzata con un’ondata di paurosi attentati molto simili a quello di Parigi. Nel nome “Hathor”, spiega Magaldi, c’è il richiamo diretto all’Isis: Hathor è l’altro nome della dea Iside, molto popolare nel milieu massonico, compreso quello dei “controiniziati” che userebbero a scopo di potere – e con sanguinario cinismo – la propria conoscenza esoterica, fatta anche di precisi riferimenti simbolici. Sempre su “Megachip”, Roberto Quaglia ricorda la passione di Christine Lagarde (Fmi) per la numerologia, e osserva che la strage parigina è avvenuta un venerdì 13, nell’11esimo mese dell’anno e nell’11esimo “arrondissement” di Parigi.
La maggior parte delle vittime, quelle del teatro Bataclan, erano spettatori di un concerto di heavy metal, sul palco c’erano gli “Eagles of Death Metal”. «Due settimane prima, a Bucarest (nota una volta come “la piccola Parigi”), in una strage su scala minore oltre 50 ragazzi perivano nel rogo sviluppatosi durante un concerto heavy metal, evento che ha rapidamente portato alla caduta del governo rumeno e l’instaurazione di un governo “tecnico” più eurocratico che mai», aggiunge Quaglia. Frequentare concerti heavy metal sta iniziando a farsi pericoloso? «Ciò detto, buona Terza Guerra Mondiale a tutti». Secondo Quaglia, all’Isis «non bastava venire bombardata dalla Russia con bombe vere», tenendo conto che quelle sganciate dagli Usa erano, di fatto, rifornimenti. «L’Isis vuole che anche la Francia ora si faccia avanti per bombardarli e, possibilmente, che invii anche truppe di terra per combatterli meglio. Cosa c’è di strano? Ha già annunciato simili attentati pure a Roma, Londra e Washington». Evidente la strategia: coinvolgere l’Europa nell’opzione-guerra, quella su cui scommettono dal 2001, ininterrottamente, le “menti” dell’11 Settembre, capaci di “inventarsi” come nemico pubblico prima l’ex uomo Cia in Afghanistan, Osama Bin Laden, e ora il bieco “califfo”, capo di un’orda di tagliatori di teste, completamente indisturbati fino all’entrata in azione, in Siria, dei bombardieri di Putin.
Non era già Bin Laden, continua Quaglia, a sperare che – 14 anni fa – l’Afghanistan venisse bombardato e l’Iraq invaso? «Dopotutto fu proprio questo che egli ottenne». La solite malelingue sostengono che Isis è stato creato dagli Stati Uniti? E pazienza «se fra le malelingue c’è il generale francese Vincent Desportes, cosa volete che ne sappia uno come lui?». E le foto di Al-Baghdadi con McCain? «A chi non capita, dopotutto, di trovarsi per sbaglio assieme a personaggi sgradevoli che passavano di lì per caso?», scrive Quaglia, con sarcasmo: «Potrebbe accadere ad ognuno di noi». Alla vigilia dell’attentato di Parigi il capo della Cia si sarebbe incontrato col responsabile dei servizi segreti francesi? «Probabilmente questa gente va insieme a bersi una birra più spesso di quanto pensiamo – e cosa c’è di male?». Come spesso accade in questi casi, aggiunge Quaglia, le informazioni della strage su Wikipedia sono apparse a velocità da record: «Pare che alcuni fatti (una dichiarazione di Hollande) siano stati riportati addirittura prima che accadessero. Ma a questi piccoli miracoli siamo ormai abituati: i più smaliziati ricorderanno la Bbc annunciare l’11 settembre 2001 il crollo del Wtc7 con 20 minuti di anticipo rispetto al fatto».
E siamo anche abituati ad altre puntuali “coincidenze”: tutte le volte che i terroristi colpiscono, qualche esercitazione antiterrorismo è sempre in corso. Accadde a New York l’11 Settembre, a Londra il 7 luglio 2005. Stavolta, a Parigi, la polizia era accorsa in forze alla Gare de Lyon per un allarme bomba. «E sempre per un “allarme bomba” lo stesso giorno è stato fatto sgomberare anche l’albergo dove si trovava la squadra nazionale tedesca di calcio, in città per l’incontro serale con la Francia. Dite che è poco?». Quel giorno, infine, era in corso «anche un’esercitazione completa proprio per il caso di un multi-attacco, che coinvolgeva polizia e pompieri, esattamente come in tutti i casi più eclatanti di terrorismo che ci hanno propinato». Secondo Quaglia, è impossibile non leggere una precisa regia dietro tutti questi eventi. Tanto più vero oggi, dopo la recente decisione del governo Hollande di apporre il segreto di Stato alle indagini sulla strage di “Charlie Hebdo”: i magistrati avevano scoperto che le armi provenivano da una strana triangolazione tra Slovacchia, Belgio e servizi segreti francesi. Realtà occulta, spaventosa e “inaccettabile”, come quella disegnata da Gioele Magaldi? «E’ previsto che ve ne rendiate conto a puntate, così da non farci troppo caso», conclude Quaglia. «Avete mai sentito la ricetta di come vanno bollite le rane così che non saltino fuori dalla pentola?».
Scritto il 15/11/15 • nella Categoria: idee
E adesso siamo davvero in guerra. «Tutta la vita politica europea sarà sconvolta per sempre», dice Giulietto Chiesa, secondo cui d’ora in avanti ogni disagio sociale sarà rubricato come problema di ordine pubblico: «La nostra vita diverrà un eterno passaggio attraverso un metal detector». Lo sanno bene i politici che balbettano di fronte alla strage di Parigi, che espone al ridicolo l’intero dispositivo francese della sicurezza: a dieci mesi dalla mattanza di “Charlie Hebdo”, non meno di 70-80 professionisti armati, alloggiati, organizzati e coordinati nella capitale transalpina hanno potuto mettere a segno 7 attacchi simultanei in pieno centro. «Vuol dire che è meglio che quelli della Suretè si diano al giardinaggio», scrive Aldo Giannuli. Possibile che gli uomini di Hollande si siano fatti sorprendere così? Peraltro, se si pensa che siamo a 14 anni dall’attentato alle Twin Towers, dopo tre guerre (Afghanistan, Iraq e Libia) e un mare di soldi spesi, «qui la disfatta non è solo dei francesi, ma di tutta l’intelligence occidentale». Puzza di bruciato? Se ne accorge persino il mainstream: Paolo Pagliaro, nella trasmissione “Otto e mezzo” condotta da Lilli Gruber su “La7”, ricorda che l’Isis è stato finanziato da Turchia e Arabia Saudita, ed equipaggiato dagli Usa. Il vicepresidente Joe Biden riconobbe, tempo fa, che le armi inviate ai “ribelli” anti-Assad erano “finite” tutte alle milizie jihadiste del “califfo” Abu Bakr Al-Baghdadi, l’uomo fotografato in Siria in compagnia del senatore John McCain.
«La Russia, con il suo intervento in Siria, ha cambiato il quadro politico mondiale», osserva Giulietto Chiesa su “Megachip”. «Il piano di ridisegnare la mappa medio-orientale è fallito. Daesh è, di fatto, sconfitta là dov’è nata. Dunque i suoi manovratori spostano l’offensiva in Europa». Obiettivo chiarissimo: terrorizzare il vechio continente e costringerlo sotto l’ombrello americano. «A mettere a posto la Russia penserà Washington. Del resto l’Airbus abbattuto nel Sinai, in termini di sangue russo innocente, è equivalso al massacro parigino. E non ce ne eravamo accolti». Merkel e Hollande, i due leader che «stavano cambiando rotta per uscire dal cappio americano», sono avvertiti. E mentre i Renzi di tutta Europa non osano affrontare le telecamere non sapendo cosa dire, ci si domanda inevitabilmente chi siano i manovratori del potente e vastissimo gruppo di fuoco che ha potuto fare quello che voleva, nel pieno centro di Parigi. «L’Isis è creatura di una Spectre composta da pezzi di Occidente e petromonarchie del Golfo», annota Chiesa. «Qualcuno la guida, ed è molto potente, carico di denaro e di armi. Il fanatismo è la sua facciata. Ma non spiega la sua “intelligence”». Una traccia l’ha fornita un anno fa Gioele Magaldi col suo libro “Massoni”, edito da Chiarelettere: una delle 36 Ur-Lodges, vertice massonico del potere mondiale, avrebbe un debole per le stragi e la strategia della tensione. Si chiama “Hathor Pentalpha” e, secondo Magaldi, annovera tra i suoi leader il capo del centrodestra francese, Nicolas Sarkozy. Obiettivo strategico: annullare la democrazia, anche a colpi di attentati, per riconsegnare il potere all’élite più reazionaria, neo-feudale, neo-aristocratica.
Sorta nel 1980 quando George Bush fu sconfitto da Reagan nella corsa alla Casa Bianca, la “loggia del sangue e della vendetta” avrebbe promosso l’apocalisse dell’11 Settembre, punto di partenza della “guerra infinita” che da allora sta destabilizzando il pianeta. Oltre ai Bush, dal vecchio George Herbert al figlio George Walker fino al fratello, Jeb Bush, tra gli alfieri della “Hathor” figurerebbero anche Tony Blair, l’uomo da cui nacque l’invenzione delle “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein, nonché un leader autoritario come il turco Ergogan, appena rieletto con un plebiscito da una Turchia abbondantemente terrorizzata con un’ondata di paurosi attentati molto simili a quello di Parigi. Nel nome “Hathor”, spiega Magaldi, c’è il richiamo diretto all’Isis: Hathor è l’altro nome della dea Iside, molto popolare nel milieu massonico, compreso quello dei “controiniziati” che userebbero a scopo di potere – e con sanguinario cinismo – la propria conoscenza esoterica, fatta anche di precisi riferimenti simbolici. Sempre su “Megachip”, Roberto Quaglia ricorda la passione di Christine Lagarde (Fmi) per la numerologia, e osserva che la strage parigina è avvenuta un venerdì 13, nell’11esimo mese dell’anno e nell’11esimo “arrondissement” di Parigi.
La maggior parte delle vittime, quelle del teatro Bataclan, erano spettatori di un concerto di heavy metal, sul palco c’erano gli “Eagles of Death Metal”. «Due settimane prima, a Bucarest (nota una volta come “la piccola Parigi”), in una strage su scala minore oltre 50 ragazzi perivano nel rogo sviluppatosi durante un concerto heavy metal, evento che ha rapidamente portato alla caduta del governo rumeno e l’instaurazione di un governo “tecnico” più eurocratico che mai», aggiunge Quaglia. Frequentare concerti heavy metal sta iniziando a farsi pericoloso? «Ciò detto, buona Terza Guerra Mondiale a tutti». Secondo Quaglia, all’Isis «non bastava venire bombardata dalla Russia con bombe vere», tenendo conto che quelle sganciate dagli Usa erano, di fatto, rifornimenti. «L’Isis vuole che anche la Francia ora si faccia avanti per bombardarli e, possibilmente, che invii anche truppe di terra per combatterli meglio. Cosa c’è di strano? Ha già annunciato simili attentati pure a Roma, Londra e Washington». Evidente la strategia: coinvolgere l’Europa nell’opzione-guerra, quella su cui scommettono dal 2001, ininterrottamente, le “menti” dell’11 Settembre, capaci di “inventarsi” come nemico pubblico prima l’ex uomo Cia in Afghanistan, Osama Bin Laden, e ora il bieco “califfo”, capo di un’orda di tagliatori di teste, completamente indisturbati fino all’entrata in azione, in Siria, dei bombardieri di Putin.
Non era già Bin Laden, continua Quaglia, a sperare che – 14 anni fa – l’Afghanistan venisse bombardato e l’Iraq invaso? «Dopotutto fu proprio questo che egli ottenne». La solite malelingue sostengono che Isis è stato creato dagli Stati Uniti? E pazienza «se fra le malelingue c’è il generale francese Vincent Desportes, cosa volete che ne sappia uno come lui?». E le foto di Al-Baghdadi con McCain? «A chi non capita, dopotutto, di trovarsi per sbaglio assieme a personaggi sgradevoli che passavano di lì per caso?», scrive Quaglia, con sarcasmo: «Potrebbe accadere ad ognuno di noi». Alla vigilia dell’attentato di Parigi il capo della Cia si sarebbe incontrato col responsabile dei servizi segreti francesi? «Probabilmente questa gente va insieme a bersi una birra più spesso di quanto pensiamo – e cosa c’è di male?». Come spesso accade in questi casi, aggiunge Quaglia, le informazioni della strage su Wikipedia sono apparse a velocità da record: «Pare che alcuni fatti (una dichiarazione di Hollande) siano stati riportati addirittura prima che accadessero. Ma a questi piccoli miracoli siamo ormai abituati: i più smaliziati ricorderanno la Bbc annunciare l’11 settembre 2001 il crollo del Wtc7 con 20 minuti di anticipo rispetto al fatto».
E siamo anche abituati ad altre puntuali “coincidenze”: tutte le volte che i terroristi colpiscono, qualche esercitazione antiterrorismo è sempre in corso. Accadde a New York l’11 Settembre, a Londra il 7 luglio 2005. Stavolta, a Parigi, la polizia era accorsa in forze alla Gare de Lyon per un allarme bomba. «E sempre per un “allarme bomba” lo stesso giorno è stato fatto sgomberare anche l’albergo dove si trovava la squadra nazionale tedesca di calcio, in città per l’incontro serale con la Francia. Dite che è poco?». Quel giorno, infine, era in corso «anche un’esercitazione completa proprio per il caso di un multi-attacco, che coinvolgeva polizia e pompieri, esattamente come in tutti i casi più eclatanti di terrorismo che ci hanno propinato». Secondo Quaglia, è impossibile non leggere una precisa regia dietro tutti questi eventi. Tanto più vero oggi, dopo la recente decisione del governo Hollande di apporre il segreto di Stato alle indagini sulla strage di “Charlie Hebdo”: i magistrati avevano scoperto che le armi provenivano da una strana triangolazione tra Slovacchia, Belgio e servizi segreti francesi. Realtà occulta, spaventosa e “inaccettabile”, come quella disegnata da Gioele Magaldi? «E’ previsto che ve ne rendiate conto a puntate, così da non farci troppo caso», conclude Quaglia. «Avete mai sentito la ricetta di come vanno bollite le rane così che non saltino fuori dalla pentola?».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Ieri Sgarbi ha detto una cosa vera.Da oggi in poi viviamo la situazione Israeliana.In poche parole la popolazione vive sempre in ansia che succeda qualcosa.
Questa situazione creata da USA e Europa.Abbiamo esporta la democrazia in Iraq.Afganistan, Libia.Chi semina vento raccoglie tempesta.Alla fine a pagare sono i cittadini normali.
Ciao
Paolo11
Questa situazione creata da USA e Europa.Abbiamo esporta la democrazia in Iraq.Afganistan, Libia.Chi semina vento raccoglie tempesta.Alla fine a pagare sono i cittadini normali.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
15 nov 2015 17:24
1. ARRIVA LA PRIMA, ALLUCINANTE, FOTO DALL’INTERNO DEL BATACLAN E CI RESTITUISCE LA PERFETTA DESCRIZIONE DELL’ORRORE DI VENERDÌ SERA. SI VEDONO MACCHIE DI SANGUE DAPPERTUTTO E CADAVERI STESI A TERRA, TRA I CALCINACCI DELLA MATTANZA CHE HA CONDANNATO A MORTE ALMENO 89 PERSONE E NE HA FERITE DIVERSE CENTINAIA
2. UN NUOVO VIDEO DOCUMENTA ANCHE L’ESATTO MOMENTO IN CUI I TRE KAMIKAZE ENTRANO IN AZIONE. LA BAND SI FERMA UN ATTIMO, LE LUCI SUL PALCO VENGONO SPENTE, E IL BATTERISTA SI NASCONDE DIETRO LA BATTERIA MENTRE TUTTO INTORNO SI SCATENA L’INFERNO (VIDEO)
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... 112924.htm
1. ARRIVA LA PRIMA, ALLUCINANTE, FOTO DALL’INTERNO DEL BATACLAN E CI RESTITUISCE LA PERFETTA DESCRIZIONE DELL’ORRORE DI VENERDÌ SERA. SI VEDONO MACCHIE DI SANGUE DAPPERTUTTO E CADAVERI STESI A TERRA, TRA I CALCINACCI DELLA MATTANZA CHE HA CONDANNATO A MORTE ALMENO 89 PERSONE E NE HA FERITE DIVERSE CENTINAIA
2. UN NUOVO VIDEO DOCUMENTA ANCHE L’ESATTO MOMENTO IN CUI I TRE KAMIKAZE ENTRANO IN AZIONE. LA BAND SI FERMA UN ATTIMO, LE LUCI SUL PALCO VENGONO SPENTE, E IL BATTERISTA SI NASCONDE DIETRO LA BATTERIA MENTRE TUTTO INTORNO SI SCATENA L’INFERNO (VIDEO)
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... 112924.htm
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Re: La Terza Guerra Mondiale
14 nov 2015 18:40
L’11 SETTEMBRE DELLA FRANCIA
– IL FILOSOFO FRANCESE MAREK HALTER: “SIAMO IN UNA GUERRA GLOBALE E ORA LA DEMOCRAZIA RISCHIA”
– “ALLE PROSSIME ELEZIONI VINCERÀ MARTINE LE PEN. E IN REALTÀ BISOGNA DARLE RAGIONE QUANDO DICE CHE GLI ISLAMICI NON SONO PRONTI A MORIRE PER LA DEMOCRAZIA. MA PER ALLAH, SI'”
“Prima si mandavano aerei e carri armati, oggi ci sono persone pronte a morire pur di uccidere in nome di Dio. E opporvisi è difficilissimo. Non possiamo certo schierare cento poliziotti per ogni stazione della metropolitana. E una risposta politica non c' è, Ed è molto difficile proteggersi contro il vicino che parla la tua lingua e conosce la tua città”....
Giampaolo Cadalanu per “la Repubblica”
Marek Halter ha vissuto gli orrori del nazismo, è fuggito dal ghetto di Varsavia, è scampato alla repressione sovietica. Ma al telefono dalla sua casa di Parigi, a pochi passi dal Bataclan, sembra far fatica ad afferrare quello che sta succedendo nella sua stessa città.
Riesce a capire che cosa sta succedendo?
«È una nuova guerra, l' ho scritto appena due settimane fa sul Journal de Dimanche. Il mondo sta cambiando. E cambia la forma della guerra. Nel '39 si mandavano aerei e carri armati, oggi ci sono persone pronte a morire pur di uccidere in nome di Dio. E opporvisi è difficilissimo».
Che succederà adesso?
«Ho una paura, che è quasi una certezza: quello che sta succedendo aiuterà la destra estrema, alle prossime elezioni guadagnerà milioni di voti. La chiamano già la guerra con l' islam. E stanno lanciando la guerra contro i rifugiati, perché i figli di quelli che scappano da Iraq e Siria vengono in Francia per uccidere. È la democrazia a essere in pericolo.
La gente ha paura, e apre agli estremismi. Non è impossibile che domani ci siano attacchi contro i musulmani in Francia, o attentati alle moschee».
Come si può evitare che questa profezia di sventura si realizzi?
«Per la gente semplice siamo già in una guerra di religione. Ed è difficile trovare una via d' uscita. Già tempo fa ho chiesto ai musulmani di Francia di mobilitarsi per dire che sono solidali con le vittime degli attentati e prendere le distanze dai jihadisti, altrimenti la popolazione francese penserà che sono complici o conniventi. Il pericolo è una guerra di religione. Non possiamo spiegare alla maggioranza della gente che reagire è sbagliato. I nostri vicini sono musulmani, in Francia sono sette milioni, io mi raccomando con loro, perché si muovano a protestare contro questi assassini.E la gran parte della comunità è d' accordo»
Secondo lei ci sono collegamenti con la politica estera del governo di François Hollande, che ha proseguito sulla linea interventista di Nicolas Sarkozy?
«Sicuramente ci sono collegamenti con la politica estera di Hollande e l' intervento in Iraq. I jihadisti stanno colpendo le nazioni che stanno opponendosi allo Stato Islamico.
Hanno colpito in Russia, hanno colpito in Egitto, hanno colpito i libanesi di Hezbollah perché stanno aiutando il regime di Damasco, oggi hanno colpito la Francia e domani potrebbe toccare a tutti i Paesi coinvolti nelle operazioni».
Come si può reagire?
«È difficile fare qualsiasi cosa. Se ci fosse stato da affrontare un esercito regolare, in una guerra tradizionale, un paese da sessanta milioni di abitanti avrebbe reagito adeguatamente. Ma così? Non possiamo certo schierare cento poliziotti per ogni stazione della metropolitana. E una risposta politica non c' è».
Si è fatto un' idea di chi possano essere questi attentatori?
«Di sicuro c' è che erano ben organizzati. Sono certo che molti di loro abbiano la cittadinanza francese. Non vengono dall' Iraq, ma sono nati in Francia e uccidono invocando Allah. Ed è molto difficile proteggersi contro il vicino che parla la tua lingua e conosce la tua città».
E adesso, le possibili conseguenze politiche sono inquietanti.
«Vincerà Martine Le Pen. E in realtà bisogna darle ragione, quando dice che gli islamici non sono buoni francesi: non sono pronti a morire per la democrazia, ma per Allah sì».
Crede che questi avvenimenti possano spingere l' Occidente a far pressione su Israele per raggiungere finalmente una soluzione al problema palestinese?
«No, per i jihadisti il problema non c' è, non parlano nemmeno più dei palestinesi. Alla soluzione dei due Stati pensano le persone per bene. Ma sempre di più in Occidente si sentiranno vicini a Netanyahu, perché adesso comprendono i sentimenti degli israeliani davanti al terrorismo».
L’11 SETTEMBRE DELLA FRANCIA
– IL FILOSOFO FRANCESE MAREK HALTER: “SIAMO IN UNA GUERRA GLOBALE E ORA LA DEMOCRAZIA RISCHIA”
– “ALLE PROSSIME ELEZIONI VINCERÀ MARTINE LE PEN. E IN REALTÀ BISOGNA DARLE RAGIONE QUANDO DICE CHE GLI ISLAMICI NON SONO PRONTI A MORIRE PER LA DEMOCRAZIA. MA PER ALLAH, SI'”
“Prima si mandavano aerei e carri armati, oggi ci sono persone pronte a morire pur di uccidere in nome di Dio. E opporvisi è difficilissimo. Non possiamo certo schierare cento poliziotti per ogni stazione della metropolitana. E una risposta politica non c' è, Ed è molto difficile proteggersi contro il vicino che parla la tua lingua e conosce la tua città”....
Giampaolo Cadalanu per “la Repubblica”
Marek Halter ha vissuto gli orrori del nazismo, è fuggito dal ghetto di Varsavia, è scampato alla repressione sovietica. Ma al telefono dalla sua casa di Parigi, a pochi passi dal Bataclan, sembra far fatica ad afferrare quello che sta succedendo nella sua stessa città.
Riesce a capire che cosa sta succedendo?
«È una nuova guerra, l' ho scritto appena due settimane fa sul Journal de Dimanche. Il mondo sta cambiando. E cambia la forma della guerra. Nel '39 si mandavano aerei e carri armati, oggi ci sono persone pronte a morire pur di uccidere in nome di Dio. E opporvisi è difficilissimo».
Che succederà adesso?
«Ho una paura, che è quasi una certezza: quello che sta succedendo aiuterà la destra estrema, alle prossime elezioni guadagnerà milioni di voti. La chiamano già la guerra con l' islam. E stanno lanciando la guerra contro i rifugiati, perché i figli di quelli che scappano da Iraq e Siria vengono in Francia per uccidere. È la democrazia a essere in pericolo.
La gente ha paura, e apre agli estremismi. Non è impossibile che domani ci siano attacchi contro i musulmani in Francia, o attentati alle moschee».
Come si può evitare che questa profezia di sventura si realizzi?
«Per la gente semplice siamo già in una guerra di religione. Ed è difficile trovare una via d' uscita. Già tempo fa ho chiesto ai musulmani di Francia di mobilitarsi per dire che sono solidali con le vittime degli attentati e prendere le distanze dai jihadisti, altrimenti la popolazione francese penserà che sono complici o conniventi. Il pericolo è una guerra di religione. Non possiamo spiegare alla maggioranza della gente che reagire è sbagliato. I nostri vicini sono musulmani, in Francia sono sette milioni, io mi raccomando con loro, perché si muovano a protestare contro questi assassini.E la gran parte della comunità è d' accordo»
Secondo lei ci sono collegamenti con la politica estera del governo di François Hollande, che ha proseguito sulla linea interventista di Nicolas Sarkozy?
«Sicuramente ci sono collegamenti con la politica estera di Hollande e l' intervento in Iraq. I jihadisti stanno colpendo le nazioni che stanno opponendosi allo Stato Islamico.
Hanno colpito in Russia, hanno colpito in Egitto, hanno colpito i libanesi di Hezbollah perché stanno aiutando il regime di Damasco, oggi hanno colpito la Francia e domani potrebbe toccare a tutti i Paesi coinvolti nelle operazioni».
Come si può reagire?
«È difficile fare qualsiasi cosa. Se ci fosse stato da affrontare un esercito regolare, in una guerra tradizionale, un paese da sessanta milioni di abitanti avrebbe reagito adeguatamente. Ma così? Non possiamo certo schierare cento poliziotti per ogni stazione della metropolitana. E una risposta politica non c' è».
Si è fatto un' idea di chi possano essere questi attentatori?
«Di sicuro c' è che erano ben organizzati. Sono certo che molti di loro abbiano la cittadinanza francese. Non vengono dall' Iraq, ma sono nati in Francia e uccidono invocando Allah. Ed è molto difficile proteggersi contro il vicino che parla la tua lingua e conosce la tua città».
E adesso, le possibili conseguenze politiche sono inquietanti.
«Vincerà Martine Le Pen. E in realtà bisogna darle ragione, quando dice che gli islamici non sono buoni francesi: non sono pronti a morire per la democrazia, ma per Allah sì».
Crede che questi avvenimenti possano spingere l' Occidente a far pressione su Israele per raggiungere finalmente una soluzione al problema palestinese?
«No, per i jihadisti il problema non c' è, non parlano nemmeno più dei palestinesi. Alla soluzione dei due Stati pensano le persone per bene. Ma sempre di più in Occidente si sentiranno vicini a Netanyahu, perché adesso comprendono i sentimenti degli israeliani davanti al terrorismo».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Notizie passate anche al Tg7 delle 20,00
‘Califfo ordinò strage, Iraq avvisò Francia giovedì’
Parigi, l’uomo in fuga è il belga Abdeslam Salah
Diffusi nomi di 2 presunti attentatori: uno fermato e rilasciato. Panico e falsi allarmi in città – diretta tv
“Servizi segreti iracheni informarono Paesi della coalizione dell’imminente attacco voluto da Al Baghdadi”
L’ordine era arrivato da Al Baghdadi in persona: colpire i Paesi della coalizione che sta bombardando Iraq e Siria con “bombe, omicidi e presa d’ostaggi”. Gli stati nel mirino e in particolare la Francia, erano stati avvertiti dagli 007 iracheni il giorno prima degli attentati che venerdì sera hanno provocato 132 morti e 352 feriti a Parigi (la cronologia). Le indagini: 3 terroristi francesi identificati, arresti a Bruxelles, ritrovata la seconda auto dei killer (all’interno tre kalashnikov). L’ottavo attentatore in fuga è fratello di Ibrahim Abdeslam, il kamikaze di boulevard Voltaire. Si tratta di Salah Abdeslam, 26 anni, nato a Bruxelles: secondo Le Monde, è sfuggito a un controllo alla frontiera franco-belga alle 21 di venerdì, ma non è stato trattenuto
Attentati Parigi, “Al Baghdadi aveva dato l’ordine: l’Iraq avvisò Francia il giorno prima della strage”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... o/2219680/
‘Califfo ordinò strage, Iraq avvisò Francia giovedì’
Parigi, l’uomo in fuga è il belga Abdeslam Salah
Diffusi nomi di 2 presunti attentatori: uno fermato e rilasciato. Panico e falsi allarmi in città – diretta tv
“Servizi segreti iracheni informarono Paesi della coalizione dell’imminente attacco voluto da Al Baghdadi”
L’ordine era arrivato da Al Baghdadi in persona: colpire i Paesi della coalizione che sta bombardando Iraq e Siria con “bombe, omicidi e presa d’ostaggi”. Gli stati nel mirino e in particolare la Francia, erano stati avvertiti dagli 007 iracheni il giorno prima degli attentati che venerdì sera hanno provocato 132 morti e 352 feriti a Parigi (la cronologia). Le indagini: 3 terroristi francesi identificati, arresti a Bruxelles, ritrovata la seconda auto dei killer (all’interno tre kalashnikov). L’ottavo attentatore in fuga è fratello di Ibrahim Abdeslam, il kamikaze di boulevard Voltaire. Si tratta di Salah Abdeslam, 26 anni, nato a Bruxelles: secondo Le Monde, è sfuggito a un controllo alla frontiera franco-belga alle 21 di venerdì, ma non è stato trattenuto
Attentati Parigi, “Al Baghdadi aveva dato l’ordine: l’Iraq avvisò Francia il giorno prima della strage”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... o/2219680/
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Re: La Terza Guerra Mondiale
FAMIGLIA CRISTIANA : UN GIORNALE NEOMARXISTA.
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Francia: almeno smettiamola con le chiacchiere
15/11/2015 Da anni, ormai, si sa che cosa bisogna fare per fermare l'Isis e i suoi complici. Ma non abbiamo fatto nulla, e sono arrivate, oltre alle stragi in Siria e Iraq, anche quelle dell'aereo russo, del mercato di Beirut e di Parigi. La nostra specialità: pontificare sui giornali.
E’ inevitabile, ma non per questo meno insopportabile, che dopo tragedie come quella di Parigi si sollevi una nuvola di facili sentenze destinate, in genere, a essere smentite dopo pochi giorni, se non ore, e utili soprattutto a confondere le idee ai lettori. E’ la nebbia di cui approfittano i politicanti da quattro soldi, i loro fiancheggiatori nei giornali, gli sciocchi che intasano i social network. Con i corpi dei morti ancora caldi, tutti sanno già tutto: anche se gli stessi inquirenti francesi ancora non si pronunciano, visto che l’unico dei terroristi finora identificato, Omar Ismail Mostefai, 29 anni, francese, è stato “riconosciuto” dall’impronta presa da un dito, l’unica parte del corpo rimasta intatta dopo l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.
Ancor meno sopportabile è il balbettamento ideologico sui colpevoli, i provvedimenti da prendere, il dovere di reagire. Non a caso risuscitano in queste ore le pagliacciate ideologiche della Fallaci, grande sostenitrice (come tutti quelli che ora la recuperano) delle guerre di George W. Bush, ormai riconosciute anche dagli americani per quello che in realtà furono: un cumulo di menzogne e di inefficienze che servì da innesco a molti degli attuali orrori del Medio Oriente.
Mentre gli intellettuali balbettano sui giornali e in Tv, la realtà fa il suo corso. Dell’Isis e delle sue efferatezze sappiamo tutto da anni, non c’è nulla da scoprire. E’ un movimento terroristico che ha sfruttato le repressioni del dittatore siriano Bashar al Assad per presentarsi sulla scena: armato, finanziato e organizzato dalle monarchie del Golfo (prima fra tutte l’Arabia Saudita) con la compiacenza degli Stati Uniti e la colpevole indifferenza dell’Europa.
Quando l’Isis si è allargato troppo, i suoi mallevadori l’hanno richiamato all’ordine e hanno organizzato la coalizione americo-saudita che, con i bombardamenti, gli ha messo dei paletti: non più in là di tanto in Iraq, mano libera in Siria per far cadere Assad. Il tutto mentre da ogni parte, in Medio Oriente, si levava la richiesta di combatterlo seriamente, di eliminarlo, anche mandando truppe sul terreno. Innumerevoli in questo senso gli appelli dei vescovi e dei patriarchi cristiani, ormai chiamati a confrontarsi con la possibile estinzione delle loro comunità.
Abbiamo fatto qualcosa di tutto questo? No. La Nato, ovvero l’alleanza militare che rappresenta l’Occidente, si è mossa? Sì, ma al contrario. Ha assistito senza fiatare alle complicità con l’Isis della Turchia di Erdogan, ma si è indignata quando la Russia è intervenuta a bombardare i ribelli islamisti di Al Nusra e delle altre formazioni.
Nel frattempo l’Isis, grazie a Putin finalmente in difficoltà sul terreno, ha esportato il suo terrore. Ha abbattuto sul Sinai un aereo di turisti russi (224 morti, molti più di quelli di Parigi) ma a noi (che adesso diciamo che quelli di Parigi sono attacchi “conto l’umanità”) è importato poco. Ha rivendicato una strage in un mercato di Beirut, in Libano, e ce n’è importato ancor meno. E poi si è rivolto contro la Francia.
Abbiamo fatto qualcosa? No. Abbiamo provato a tagliare qualche canale tra l’Isis e i suoi padrini? No. Abbiamo provato a svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi? No, al contrario l’abbiamo riempito, con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ai primi posti nell’importazione di armi, vendute (a loro e ad altri) dai cinque Paei che siedono nel Consiglio di Sicurezza (sicurezza?) dell’Onu: Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia.
Solo l’altro giorno, il nostro premier Renzi (che come tutti ora parla di attacco all’umanità) era in Arabia Saudita a celebrare gli appalti raccolti presso il regime islamico più integralista, più legato all’Isis e più dedito al sostegno di tutte le forme di estremismo islamico del mondo. E nessuno, degli odierni balbettatori, ha speso una parola per ricordare (a Renzi come a tutti gli altri) che il denaro, a dispetto dei proverbi, qualche volta puzza.
Perché la verità è questa: se vogliamo eliminare l’Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi. Facciamoci piuttosto la domanda: vogliamo davvero eliminare l’Isis? E’ la nostra priorità? Poi guardiamoci intorno e diamoci una risposta. Ma che sia sincera, per favore. Di chiacchiere e bugie non se ne può più.
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Francia: almeno smettiamola con le chiacchiere
15/11/2015 Da anni, ormai, si sa che cosa bisogna fare per fermare l'Isis e i suoi complici. Ma non abbiamo fatto nulla, e sono arrivate, oltre alle stragi in Siria e Iraq, anche quelle dell'aereo russo, del mercato di Beirut e di Parigi. La nostra specialità: pontificare sui giornali.
E’ inevitabile, ma non per questo meno insopportabile, che dopo tragedie come quella di Parigi si sollevi una nuvola di facili sentenze destinate, in genere, a essere smentite dopo pochi giorni, se non ore, e utili soprattutto a confondere le idee ai lettori. E’ la nebbia di cui approfittano i politicanti da quattro soldi, i loro fiancheggiatori nei giornali, gli sciocchi che intasano i social network. Con i corpi dei morti ancora caldi, tutti sanno già tutto: anche se gli stessi inquirenti francesi ancora non si pronunciano, visto che l’unico dei terroristi finora identificato, Omar Ismail Mostefai, 29 anni, francese, è stato “riconosciuto” dall’impronta presa da un dito, l’unica parte del corpo rimasta intatta dopo l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.
Ancor meno sopportabile è il balbettamento ideologico sui colpevoli, i provvedimenti da prendere, il dovere di reagire. Non a caso risuscitano in queste ore le pagliacciate ideologiche della Fallaci, grande sostenitrice (come tutti quelli che ora la recuperano) delle guerre di George W. Bush, ormai riconosciute anche dagli americani per quello che in realtà furono: un cumulo di menzogne e di inefficienze che servì da innesco a molti degli attuali orrori del Medio Oriente.
Mentre gli intellettuali balbettano sui giornali e in Tv, la realtà fa il suo corso. Dell’Isis e delle sue efferatezze sappiamo tutto da anni, non c’è nulla da scoprire. E’ un movimento terroristico che ha sfruttato le repressioni del dittatore siriano Bashar al Assad per presentarsi sulla scena: armato, finanziato e organizzato dalle monarchie del Golfo (prima fra tutte l’Arabia Saudita) con la compiacenza degli Stati Uniti e la colpevole indifferenza dell’Europa.
Quando l’Isis si è allargato troppo, i suoi mallevadori l’hanno richiamato all’ordine e hanno organizzato la coalizione americo-saudita che, con i bombardamenti, gli ha messo dei paletti: non più in là di tanto in Iraq, mano libera in Siria per far cadere Assad. Il tutto mentre da ogni parte, in Medio Oriente, si levava la richiesta di combatterlo seriamente, di eliminarlo, anche mandando truppe sul terreno. Innumerevoli in questo senso gli appelli dei vescovi e dei patriarchi cristiani, ormai chiamati a confrontarsi con la possibile estinzione delle loro comunità.
Abbiamo fatto qualcosa di tutto questo? No. La Nato, ovvero l’alleanza militare che rappresenta l’Occidente, si è mossa? Sì, ma al contrario. Ha assistito senza fiatare alle complicità con l’Isis della Turchia di Erdogan, ma si è indignata quando la Russia è intervenuta a bombardare i ribelli islamisti di Al Nusra e delle altre formazioni.
Nel frattempo l’Isis, grazie a Putin finalmente in difficoltà sul terreno, ha esportato il suo terrore. Ha abbattuto sul Sinai un aereo di turisti russi (224 morti, molti più di quelli di Parigi) ma a noi (che adesso diciamo che quelli di Parigi sono attacchi “conto l’umanità”) è importato poco. Ha rivendicato una strage in un mercato di Beirut, in Libano, e ce n’è importato ancor meno. E poi si è rivolto contro la Francia.
Abbiamo fatto qualcosa? No. Abbiamo provato a tagliare qualche canale tra l’Isis e i suoi padrini? No. Abbiamo provato a svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi? No, al contrario l’abbiamo riempito, con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ai primi posti nell’importazione di armi, vendute (a loro e ad altri) dai cinque Paei che siedono nel Consiglio di Sicurezza (sicurezza?) dell’Onu: Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia.
Solo l’altro giorno, il nostro premier Renzi (che come tutti ora parla di attacco all’umanità) era in Arabia Saudita a celebrare gli appalti raccolti presso il regime islamico più integralista, più legato all’Isis e più dedito al sostegno di tutte le forme di estremismo islamico del mondo. E nessuno, degli odierni balbettatori, ha speso una parola per ricordare (a Renzi come a tutti gli altri) che il denaro, a dispetto dei proverbi, qualche volta puzza.
Perché la verità è questa: se vogliamo eliminare l’Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi. Facciamoci piuttosto la domanda: vogliamo davvero eliminare l’Isis? E’ la nostra priorità? Poi guardiamoci intorno e diamoci una risposta. Ma che sia sincera, per favore. Di chiacchiere e bugie non se ne può più.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Condivido da sempre questa analisi anche se ora lo scrive anche famiglia cristiana.aaaa42 ha scritto:FAMIGLIA CRISTIANA : UN GIORNALE NEOMARXISTA.
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Francia: almeno smettiamola con le chiacchiere
15/11/2015 Da anni, ormai, si sa che cosa bisogna fare per fermare l'Isis e i suoi complici. Ma non abbiamo fatto nulla, e sono arrivate, oltre alle stragi in Siria e Iraq, anche quelle dell'aereo russo, del mercato di Beirut e di Parigi. La nostra specialità: pontificare sui giornali.
E’ inevitabile, ma non per questo meno insopportabile, che dopo tragedie come quella di Parigi si sollevi una nuvola di facili sentenze destinate, in genere, a essere smentite dopo pochi giorni, se non ore, e utili soprattutto a confondere le idee ai lettori. E’ la nebbia di cui approfittano i politicanti da quattro soldi, i loro fiancheggiatori nei giornali, gli sciocchi che intasano i social network. Con i corpi dei morti ancora caldi, tutti sanno già tutto: anche se gli stessi inquirenti francesi ancora non si pronunciano, visto che l’unico dei terroristi finora identificato, Omar Ismail Mostefai, 29 anni, francese, è stato “riconosciuto” dall’impronta presa da un dito, l’unica parte del corpo rimasta intatta dopo l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.
Ancor meno sopportabile è il balbettamento ideologico sui colpevoli, i provvedimenti da prendere, il dovere di reagire. Non a caso risuscitano in queste ore le pagliacciate ideologiche della Fallaci, grande sostenitrice (come tutti quelli che ora la recuperano) delle guerre di George W. Bush, ormai riconosciute anche dagli americani per quello che in realtà furono: un cumulo di menzogne e di inefficienze che servì da innesco a molti degli attuali orrori del Medio Oriente.
Mentre gli intellettuali balbettano sui giornali e in Tv, la realtà fa il suo corso. Dell’Isis e delle sue efferatezze sappiamo tutto da anni, non c’è nulla da scoprire. E’ un movimento terroristico che ha sfruttato le repressioni del dittatore siriano Bashar al Assad per presentarsi sulla scena: armato, finanziato e organizzato dalle monarchie del Golfo (prima fra tutte l’Arabia Saudita) con la compiacenza degli Stati Uniti e la colpevole indifferenza dell’Europa.
Quando l’Isis si è allargato troppo, i suoi mallevadori l’hanno richiamato all’ordine e hanno organizzato la coalizione americo-saudita che, con i bombardamenti, gli ha messo dei paletti: non più in là di tanto in Iraq, mano libera in Siria per far cadere Assad. Il tutto mentre da ogni parte, in Medio Oriente, si levava la richiesta di combatterlo seriamente, di eliminarlo, anche mandando truppe sul terreno. Innumerevoli in questo senso gli appelli dei vescovi e dei patriarchi cristiani, ormai chiamati a confrontarsi con la possibile estinzione delle loro comunità.
Abbiamo fatto qualcosa di tutto questo? No. La Nato, ovvero l’alleanza militare che rappresenta l’Occidente, si è mossa? Sì, ma al contrario. Ha assistito senza fiatare alle complicità con l’Isis della Turchia di Erdogan, ma si è indignata quando la Russia è intervenuta a bombardare i ribelli islamisti di Al Nusra e delle altre formazioni.
Nel frattempo l’Isis, grazie a Putin finalmente in difficoltà sul terreno, ha esportato il suo terrore. Ha abbattuto sul Sinai un aereo di turisti russi (224 morti, molti più di quelli di Parigi) ma a noi (che adesso diciamo che quelli di Parigi sono attacchi “conto l’umanità”) è importato poco. Ha rivendicato una strage in un mercato di Beirut, in Libano, e ce n’è importato ancor meno. E poi si è rivolto contro la Francia.
Abbiamo fatto qualcosa? No. Abbiamo provato a tagliare qualche canale tra l’Isis e i suoi padrini? No. Abbiamo provato a svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi? No, al contrario l’abbiamo riempito, con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ai primi posti nell’importazione di armi, vendute (a loro e ad altri) dai cinque Paei che siedono nel Consiglio di Sicurezza (sicurezza?) dell’Onu: Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia.
Solo l’altro giorno, il nostro premier Renzi (che come tutti ora parla di attacco all’umanità) era in Arabia Saudita a celebrare gli appalti raccolti presso il regime islamico più integralista, più legato all’Isis e più dedito al sostegno di tutte le forme di estremismo islamico del mondo. E nessuno, degli odierni balbettatori, ha speso una parola per ricordare (a Renzi come a tutti gli altri) che il denaro, a dispetto dei proverbi, qualche volta puzza.
Perché la verità è questa: se vogliamo eliminare l’Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi. Facciamoci piuttosto la domanda: vogliamo davvero eliminare l’Isis? E’ la nostra priorità? Poi guardiamoci intorno e diamoci una risposta. Ma che sia sincera, per favore. Di chiacchiere e bugie non se ne può più.
Le incongruenze dell'occidente mettono ancora in evidenza le cause di tutto questo e la mancanza di volonta a risolvere perché si andrebbe contro ad un sistema che si basa su queste incongruenze per sopravvivere.
Cmq non mi stupisce per niente questo articolo. Lo stesso Ambrogio Donini, https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q= ... ce3XxXQera solito a dire che la vera religione e quindi anche il cristianesimo lavoravano perl lo stesso fine del comunismo con la sola differenza che da questa piramide partivano da lati diversi per arrivare allo stesso obiettivo.
Purtroppo le deviazioni in entrambe le parti sono piu' che evidenti . L'egoismo continua ad essere la parte vincente per cui qualunque mezzo diventa lecito.
Ora , purtroppo, siamo in una fase pericolosa che potrebbe farci sprofondare definitivamente o risorgere. Sta a noi rimettere in campo sia la Buona Politica che ricostruire le basi su cui erano nate le religioni che ora non rispecchiano più le loro origini.
Lo sapremmo fare senza che l'uno polemizzi con l'altro? Sapremmo unire le due cose indipendentemente che uno creda o no ?
Tutto qui.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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