La Terza Guerra Mondiale

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camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

I GIORNI DEL KAOS

I segni che lasciano il segno


Per ricordarci come è nata la guerra in Europa.






E così compriamo dall’Isis i capolavori distrutti per finta

Scritto il 17/11/15 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni



Poche settimane fa Paolo Gentiloni e Dario Franceschini, rispettivamente ministri degli Esteri e dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, celebravano il “successo” per il “sì” del Consiglio esecutivo dell’Unesco alla proposta italiana di istituire meccanismi per l’uso dei “caschi blu della cultura”. Una task force internazionale dunque che dovrà intervenire laddove il patrimonio dell’umanità viene messo a rischio da catastrofi naturali o da attacchi terroristici. La decisione è infatti arrivata dopo i video pubblicati dallo Stato Islamico sulla distruzione dei siti archeologici (Nimrud, Hatra, Khorsabad, Palmira) in Iraq e in Siria da parte dei suoi miliziani. Peccato però che gli indignati non fanno altro che rinsaldare la strategia mediatica e le casse del Califfato invece che impedire questo scempio. In realtà dietro alla furia iconoclasta si nasconde un business da milioni di dollari. A rivelarlo è stata l’archeologa francolibanese Joanne Farchakh, intervistata dal giornalista Robert Fisk per l’“Independent”.
«L’Isis prima vende le statue, i reperti, qualunque cosa richiesta dai compratori sul mercato internazionale», racconta al quotidiano inglese: «Prende il denaro e poi fa saltare in aria il tempio da cui queste cose provenivano così da distruggere tutte le prove». Da un lato dunque le riprese possono essere vere e proprie messe in scena per nascondere questo commercio di statue, ceramiche, mosaici, bassorilievi, monete, frontoni di pietra e affreschi; dall’altro può accadere che la demolizione avviene solo parzialmente così da non far sapere quali pezzi sono stati venduti dopo il saccheggio. La scoperta di questo traffico occulto che coinvolge Stato Islamico, compratori privati delle capitali del mondo dell’arte e gruppi organizzati della criminalità turca, i quali permetterebbero il transito verso l’Europa e gli Stati Uniti, è stato ampiamente documentato da diversi esperti. Tra questi Mark Altaweel, archeologo americano di origini irachene nonché docente all’Università College di Londra, il quale in un’intervista rilasciata all’emittente televisiva “Russia Today” ha mostrato i siti di antiquariato inglesi che vendono a prezzi stratosferici resti artistici provenienti da Siria e Iraq.
Altaweel è una figura molto autorevole, tanto che il quotidiano “The Guardian” si era fatto portare quest’estate a spasso nella regione per svolgere un’inchiesta volta a scoprire il luogo di provenienza di molti oggetti sparsi nel mercato occidentale dell’antiquariato. Le sue conclusioni vanno nella stessa direzione di quelle di Joanne Farchakh che nell’intervista ha spiegato come «l’Isis ha saputo imparare dai suoi errori, quando iniziò a distruggere i siti in Siria e in Iraq, arrivarono con i martelli, gli autocarri, distrussero ogni cosa più velocemente possibile e ne fecero un filmato brevissimo. Nimrud venne fatta saltare in aria in un giorno, ma il filmato che ne uscì fu di soli 20 secondi. Non so quanta sia l’attenzione che si può catturare con un video così breve». Ora però che ci sono i compratori è cambiata la strategia. L’arte è un business raffinato quanto quello del petrolio e delle armi.
Adesso infatti – spiega l’archeologia francolibanese – «l’evento viene annunciato da una grande esplosione, poi arrivano, frammentate, le sequenze dettagliate di quello che è avvenuto». Come con la distruzione di Palmira, dove sono state documentate prima le esecuzioni dei soldati siriani nel tempio romano, poi sono stati mostrati gli esplosivi legati attorno alle antiche colonne, ancora la decapitazione del coraggioso custode in pensione del tempio e soltanto alla fine la distruzione del sito. Un evento costruito ad arte sia per i media, che ormai si erano rifiutati di mandare in onda altro sangue, sia per i mercanti d’arte, perché “più a lungo dura la devastazione, più salgono i prezzi dei reperti rubati”. Insomma i “caschi blu della cultura” più che recarsi nelle aree minacciate dallo Stato Islamico dovrebbero seguire il traffico occulto che conduce nelle principali capitali occidentali.
(Sebastiano Caputo, “Dietro alla furia iconoclasta dell’Isis un business da milioni di dollari”, da “Il Giornale” del 9 novembre 2015).
Maucat
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da Maucat »

camillobenso ha scritto:
Maucat ha scritto:Chi meglio del "mandante" può saperlo.... 8-)

Se sa qualcosa di preciso, avrebbe il dovere di comunicarlo ufficialmente all'opinione pubblica.

In questo modo, precisando il luogo, toglierebbe l'effetto sorpresa vanificando nei fatti i tentativi di nuove stragi.

Viceversa, una comunicazione generica serve solo ad aumentare la tensione già alta.
La seconda che hai detto...
Così l'effetto voluto dal "mandante" sarà raggiunto... 8-)
paolo11
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da paolo11 »

http://www.allnews24.eu/attentati-parig ... al-giorno/
Il presidente russo Putin ha mostrato durante il G20 di Antalya foto delle colonne di autocisterne usate dai miliziani per il trasporto del greggio. Secondo un’inchiesta del Financial Times, la produzione gestita dagli jihadisti si concentra nella provincia siriana orientale di Deyr az Zor, alla frontiera con l’Iraq

La maggior parte dei giacimenti petroliferi in Siria sono controllati dallo Stato Islamico e la vendita di greggio rappresenta la più importante fonte di finanziamento dal Califfato. A ribadirlo, nel giorno in cui l’aviazione militare statunitense ha attaccato per la prima volta più di un centinaio di camion cisterna nell’est della Siria, è stato Vladimir Putin. Nel corso del G20 di Antalya, in Turchia, il presidente della Federazione Russa ha mostrato ai colleghi dei venti Stati più industrializzati del mondo immagini scattate dai satelliti e dall’aviazione russa: colonne di autocisterne usate dai miliziani dell’Isis per il trasporto dell’oro nero.
Secondo una recente inchiesta del Financial Times, lo Stato islamico guadagna ogni giorno 1,5 milioni di dollari dalla vendita del petrolio estratto nei territori sotto la sua occupazione: oltre alla Siria ne fanno parte anche territori iracheni e della Libia. In particolare, la produzione del greggio gestita dagli jihadisti guidati da al-Baghdadi si concentra nella provincia siriana orientale di Deyr az Zor, alla frontiera con l’Iraq. Testimoni locali affermano che l’Isis controlla anche il giacimento di Qayyara, vicino alla città irachena di Mosul, da cui viene però estratto un tipo di greggio più “pesante” usato soprattutto per la produzione di asfalto.
Nella provincia centrale siriana di Homs, le forze leali al presidente Bashar al-Assad e quelle dell’autoproclamato Stato islamico combattono per il controllo del giacimento petrolifero di Jazal e per quello di gas di Shaer, più volte passati di mano e attualmente sotto il controllo dei soldati filo-governativi. Il petrolio viene preso in consegna nei giacimenti da intermediatori che lo caricano su autocisterne per rivenderlo su mercati locali – il più importante è quello di Al Qaim, al confine con l’Iraq – o alle raffinerie gestite direttamente dagli jihadisti o, per la maggior parte, da operatori locali che si spartiscono poi il ricavato con gli stessi miliziani Isis.
Si tratta in gran parte di impianti rudimentali costruiti da privati dopo che quelli nelle mani dell’Isis erano stati distrutti dai raid aerei della coalizione internazionale a guida americana. Ne viene ricavato carburante per autoveicoli o mazout, un tipo di gasolio utilizzato per alimentare i generatori di elettricità. Sempre secondo quanto riporta il Financial Times, la maggior parte del greggio prodotto viene venduto in Siria e Iraq, o nei territori limitrofi controllati da gruppi di ribelli nemici dell’Is. Risulta invece in forte diminuzione l’esportazione in Turchia, soprattutto dopo il crollo del prezzo del petrolio sui mercati mondiali che l’ha resa meno conveniente. In Iraq la maggior parte del contrabbando, che avveniva attraverso la regione curda, è stato bloccato, ma secondo fonti locali una parte del prodotto viene rivenduto alla Giordania.
Questa mattina, l’aviazione militare statunitense ha attaccato 116 camion cisterna nella zona vicino Dei al-Zour, nell’est della Siria, che i militanti dello Stato Islamico utilizzavano per il trasporto del greggio. Secondo il quotidiano New York Times centosedici autocarri sono stati distrutti negli attacchi lungo il confine siriano con l’Iraq. Obiettivo, secondo il giornale, era proprio quello di limitare una delle principali fonti di finanziamento dell’Isis.
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Tutti quei pick up toyota.Cominciamo a capire il percorso che fanno per arrivare a Lisis.
Ciao
Paolo11
paolo11
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da paolo11 »

camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

I GIORNI DEL KAOS

I segni che lasciano il segno


Per ricordarci come è nata la guerra in Europa.





Su guerra, armi e terrorismo


17/11/2015 di triskel182

Siamo in guerra.
Bombardiamoli tutti.
La Fallaci aveva ragione.
Sono a rischio le nostre identità.
Non esiste un islam moderato: blocchiamo le frontiere.

Gli attentati di Parigi ci hanno ricordato ancora una volta (al costo di tutte quelle vittime innocenti) di come la minaccia del terrorismo (islamico?, dell’Isis?) sia concreta e tremendamente prossima.
Ma non è solo questo: gli attentati di Parigi hanno dimostrato l’assenza di una strategia comune, europea, sia di fronte al terrorismo, che di fronte alla risposta da dare per la situazione in Siria.
Ognuno per conto suo: la Francia a bombardare le postazioni dell’Isis a Raqqa.
L’Italia a vendere armi al Qatar e all’Arabia Saudita. E poco importa se un report del Dipartimento di Stato americano li consideri, assieme al Kuwait, tra i principali finanziatori dell’Isis.

In qualsiasi altro paese, il servizio di Report avrebbe causato una eco nel mondo politico per quello che ha raccontato: l’Isis lo abbiamo armato anche noi, indirettamente, per le milizie siriane poi passate coi terroristi.
Dice il ministro dell’Interno che non esiste rischio zero, ma abbiamo alzato il livello di rischio.
E le carenze di mezzi e personale denunciate dai sindacati di polizia?
Possiamo dormire sonni tranquilli?

Servirebbe un’unica intelligence europea, dove le informazioni vengano scambiate con la stessa velocità dei tweet dei politici.
Servirebbe un solo esercito coordinato dall’Unione che, in questi mesi, si è dimostrata unita solo per ricattare la Grecia.
Servirebbe un controllo stringente sulla vendita delle armi. Anche se fanno PIL, anche se costituiscono il nostro core business.
Servirebbe bloccare i finanziamenti all’Isis, sia dai paesi arabi, sia per la vendita del petrolio.

Tutto il resto, compresa l’ipocrisia di quelli che attaccano l’Islam (ma poi non dicono niente sugli arabi che si comprano Milano e Alitalia), non serve a niente.
Non si combatte chi nega le nostre libertà con meno democrazia, meno libertà, meno diritti.

Da unoenessuno.blogspot.it
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

17 nov 2015 16:00
ALLAH AMA LA POMPA DI BENZINA

- LORETTA NAPOLEONI: “L’ISIS HA CREATO UN’ECONOMIA DI GUERRA CON RICAVI CERTI E CONSENSO POPOLARE. IL COMMERCIO DEL PETROLIO VALE IL 20% DEL LORO PIL

- LA GUERRA LA STANNO VINCENDO LORO. E PRIMA O POI DOVREMO CERCARE UN NEGOZIATO”


“Se riusciranno a espandersi in Libia, in Iraq e in Siria, gli introiti del petrolio potrebbero moltiplicarsi. Anche il traffico dei reperti archeologici rende bene. Per quanto la risposta militare sia importante, solo quella non basterà. Se bombardassimo a tappeto i territori dell’Isis, in pochi anni tornerebbero più forti di prima…”


Antonio Galdo per www.ilmattino.it



«La conquista del territorio è fondamentale per capire come si finanzia l’Isis. Hanno creato una vera economia di guerra, con ricavi certi e solidi che riguardano tutti i settori, e con un grande consenso popolare….»: parte da qui Loretta Napoleoni , autrice di uno dei saggi più completi sullo stato islamico (Lo Stato del terrore, edizioni Feltrinelli), per spiegare la forza finanziaria delle milizie islamiche che hanno scatenato il conflitto con il mondo occidentale. Fino al cuore dell’Europa.

Che cosa significa, nel caso dell’Isis, un’economia di guerra?

Tassare tutte le attività economiche nelle zone dove hanno il controllo del territorio: e con questi soldi, che sanno spendere, diventare sempre più attrezzati sul piano militare, organizzativo e tecnologico. Una crescita che, vista con i nostri occhi, fa venire i brividi.


Innanzitutto ci sono i ricavi per il commercio del petrolio. . .


Vale almeno il 20 per cento del loro pil, e riescono a venderle il greggio al mercato nero, sfuggendo a qualsiasi forma di controllo internazionale. Se riusciranno a espandersi in Libia, in Iraq e in Siria, nelle zone dove ci sono i pozzi, questa voce di ricavi potrebbe moltiplicarsi.


Oltre al greggio, quali sono le voci di entrate più rilevanti?


L’Isis è uno stato decentrato, molto diverso dai talebani e dall’Olp. La popolazione locale paga tributi alti per finanziare la guerra, ma in cambio riceve mani libere nelle attività economiche. Non è oppressa, fanno molti soldi utilizzando qualsiasi risorsa da vendere, e sostengono con convinzione lo stato islamico.


Si parla di soldi anche dal traffico dei reperti archeologici.

Certo, è una delle attività protette e tassate dall’Isis. Nulla sfugge a un sorta di dazio da economia di guerra, e quando parlo di attività a 360 gradi mi riferisco anche agli aiuti internazionali che arrivano nelle zone occupate dai soldati dell’Isis.


I nostri soldi usati per attaccarci in Europa.


Purtroppo questa è la realtà. L’Isis ha creato diverse organizzazioni fittizie che si sono infiltrate nella rete degli aiuti umanitari e riescono a prelevarne una buona quota.


Altro denaro arriva anche dai paesi arabi che, per loro interessi geopolitici, proteggono l’Isis?


Questo flusso di denaro, per nostra fortuna, si è molto allentato. Agli inizi almeno tre paesi, Qatar, Arabia Saudita e Kuwait, hanno finanziato le milizie islamiche per motive di lotte all’interno dell’area. Ma quando l’Isis è cresciuto e ha fatto il salto di qualità questi rubinetti si sono chiusi: adesso lo stato islamico fa paura a tutti. E sono rimasti soltanto alcuni singoli simpatizzanti nel ruolo di finanziatori esterni.


Dalle moschee in giro per il mondo, comprese quelle in Italia, arrivano fondi all’Isis?

Pochi, e in casi eccezionali. In generale nelle mosche in Europa e negli Stati Uniti si predica un islam che non è quello dell’Isis . Inoltre nel mondo occidentale c’è la paura di perdere la libertà, che gli islamici hanno ormai conquistato, del culto religioso.


Lei sostiene che l’Isis oltre a raccogliere molti soldi dall’economia di guerra, sa anche spenderli bene. Si ruba meno rispetto ad altri paesi arabi?

Non solo: c’è una partecipazione corale che ha il suo peso anche nella qualità della spesa. Lei pensi che l’Isis da 16 mesi è sotto attacco militare da parte di una grande coalizione militare, eppure in questo periodo la quota di territorio della regione sotto il suo controllo è aumentata. La guerra la stanno vincendo loro, e adesso, grazie anche ai soldi di cui dispongono, la stanno trasferendo nelle nostre case. Portano l’orrore nelle nostre vite quotidiane.


Con una potenza militare che fa piuttosto impressione.


Con un’organizzazione che fa davvero paura. I soldi, come le ho detto, li hanno, sanno spenderli, e poi le spese militari non sono enormi. Un kalashnikov costa 500 dollari, la paga mensile di un soldato 41 dollari: cifre basse rispetto alla tassazione imposta con l’economia di guerra.



Vedo che anche lei parla apertamente di guerra.


Chi nega questa definizione, e si trincea dietro la favola delle schegge di terroristi, o è in malafede o è un ignorante.
Da un lato sappiamo ancora poco del loro stato e della loro economia sommersa, che solo adesso stiamo ben valutando; dall'altro l’Europa è come se volesse rimuovere il problema.
L’Isis non è uno stato ideologico, ma il frutto di una lotta patriottica che grazie alla sua popolarità non fa fatica a trovare i soldi necessari.


Una guerra di liberazione.


Una guerra rivoluzionaria, antimperialista e nazionalista. Una guerra con la quale dovremo a lungo fare i conti.



Nel suo libro lei dice che l’Isis, oggi grande come il Texas, potrebbe diventare per gli islamici l’equivalente dello stato d’Israele per gli ebrei. Vedremo qualcosa del genere?

Temo proprio di sì. E per quanto la risposta militare sia importante, solo quella non basterà. Se, per assurdo, bombardassimo a tappeto i territori dell’Isis, in pochi anni tornerebbero più forti di prima. Serve una soluzione per pacificare e stabilizzare l’area, andando a cercare i capi tribali, uno per uno, da utilizzare come mediatori per un eventuale negoziato. Che prima o poi, come in tutte le guerre, si dovrà aprire.
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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I GIORNI DEL KAOS

I segni che lasciano il segno


Per ricordarci come è nata la guerra in Europa.



Bombardamenti Siria, accordo Putin-Hollande
“Azioni militari coordinate e comuni contro Isis”

Renzi: “L’Italia mette in conto ogni intervento”. Pinotti: “Bombardare non è tabù, ma non in quell’area”
Mondo

Dopo una notte di intensi bombardamenti condotti in coordinamento tra Parigi e Mosca, Francia e Russia hanno ufficializzato la collaborazione bellica contro lo Stato Islamico in Siria. L’Eliseo ha annunciato che François Hollande ha parlato al telefono con Vladimir Putin, per parlare del “coordinamento degli sforzi” contro l’Isis. “E’ stato deciso in particolare di assicurare contatti più stretti e il coordinamento delle attività tra le agenzie militari e i servizi di sicurezza dei due Paesi nelle operazioni contro i terroristi”, ha spiegato sul versante moscovita il servizio di stampa del Cremlino

^^


Attentati Parigi, alleanza Francia-Russia: “Bombardamenti coordinati contro Isis”. Bruxelles a Parigi: “Sì ad aiuto militare”
Mondo
Telefonata Hollande-Putin: "Contatti più stretti e il coordinamento delle attività tra le agenzie militari e i servizi di sicurezza". Caccia Rafale e Mirage 2000 hanno distrutto un centro di comando e un campo di addestramento a Raqqa, Mosca raddoppia lo sforzo bellico. L'Eliseo ha invocato, per la prima volta nella storia dell'Ue, la clausola di difesa collettiva dall’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona. "Appoggio unanime". Renzi: "Non si vince solo con le armi"
di F. Q. | 17 novembre 2015


Dopo una notte di intensi bombardamenti condotti in coordinamento tra Parigi e Mosca, Francia e Russia hanno ufficializzato la collaborazione bellica contro lo Stato Islamico in Siria. L’Eliseo ha annunciato che François Hollande ha parlato al telefono con Vladimir Putin, per parlare del “coordinamento degli sforzi” contro l’Isis. “E’ stato deciso in particolare di assicurare contatti più stretti e il coordinamento delle attività tra le agenzie militari e i servizi di sicurezza dei due Paesi nelle operazioni contro i terroristi”, ha spiegato sul versante moscovita il servizio di stampa del Cremlino. I due leader hanno deciso di definire i dettagli nella prossima riunione del 26 novembre a Mosca.

La Duma russa ha inoltre chiesto ai Paesi europei, del Nord America e del Medio Oriente di formare una coalizione anti-terrorismo “come quella anti Hitler“, si legge in una dichiarazione adottata dalla camera bassa del parlamento. Il quadro normativo di riferimento dell’intervento russo sarebbe quello garantito dall”l’articolo 51 dello statuto dell’Onu, che prevede il diritto di uno Stato all’autodifesa”, ha fatto sapere il ministero degli Esteri di Mosca.

Il ministro della Difesa Serghiei Shoigu, riporta Interfax, ha riferito che l’aeronautica russa ha raddoppiato le incursioni aeree contro i jihadisti in Siria. I bombardieri strategici a lungo raggio Tu-160 e Tu-95 usati oggi per la prima volta da Mosca contro l’Isis hanno lanciato missili da crociera contro postazioni dei terroristi ad Aleppo e a Idlib. I Tu-22M3 hanno bombardato invece nelle province di Dayr Az-Zor e Raqqa.

Non solo. Da alcune navi russe dislocate nel Mediterraneo sono partiti missili da crociera, dopo che i servizi segreti russi hanno confermato che l’esplosione a bordo dell’aereo precipitato nel Sinai è stato un atto terroristico. Secondo una fonte vicina al ministero della Difesa citata da Rbk, i missili lanciati dal Mediterraneo contro Raqqa – razzi Kalibr, gli stessi lanciati un mese fa da navi russe nel Caspio – sarebbero stati lanciati da un sommergibile e questa sarebbe il primo attacco del genere contro un obiettivo reale nella storia della Russia.

Un’azione massiccia, la cui intensità è destinata ad aumentare. I raid aerei russi contro i jihadisti in Siria devono essere intensificati “affinché i criminali capiscano che il castigo è inevitabile”, ha dichiarato oggi Putin. Ma per ora il Cremlino non valuta l’ipotesi di un intervento di terra, ha ribadito il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. “Il presidente Putin – ha dichiarato Peskov – ha detto più volte che il coinvolgimento della Russia sarà limitato alla componente aerea e che un’operazione di terra non è sul tavolo. Inoltre – ha proseguito – vorrei ricordare che l’operazione dell’aeronautica russa viene condotta a sostegno dell’offensiva terrestre delle forze armate siriane”.


Da parte francese, 10 caccia Rafale e Mirage 2000 hanno sganciato in tutto 16 bombe che hanno distrutto un centro di comando e un campo di addestramento. I raid sono stati “coordinati” con le forze Usa, come ha reso noto il ministero della Difesa francese, e gli obiettivi sono stati “identificati durante missioni di ricognizione effettuate precedentemente dalla Francia”. Questo giovedì poi, riferisce l’emittente francese BfmTv, la portaerei francese Charles De Gaulle partirà da Tolone per dirigersi verso la Siria, e in questo modo “triplicherà la potenza di fuoco della Francia” nella regione.

Dopo gli attentati nel cuore di Parigi, che il presidente Francois Hollande ha definito un atto di guerra, la Francia continua a tessere la propria rete diplomatica per organizzare la controffensiva. Il presidente francese incontrerà il numero uno della Federazione russa giovedì a Mosca e Barack Obama due giorni prima a Washington. Nelle stesse ore Putin ha ordinato al presidente russo ha ordinato all’incrociatore ‘Moskvà, che si trova nel Mediterraneo, di cooperare con le forze navali francesi “come alleati”.

Parigi ha chiesto aiuto militare agli altri paesi Ue, invocando per la prima volta nella storia dell’Ue la clausola di difesa collettiva prevista dall’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona. “Perché la Francia da sola non può fare tutto”, ha detto il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian. Sulle modalità di tale aiuto, che sarà bilaterale ovvero con accordo diretto tra Parigi e le altre capitali Ue, il ministro dice che potrà avvenire “sia con una collaborazione di capacità negli interventi francesi in Siria e Iraq, sia con un alleggerimento o un sostegno alla Francia in altre operazioni”.

“Quello che ho detto ai miei colleghi – ha detto ancora il ministro della Difesa francese – è che la Francia non può fare tutto: essere in Sahel, essere nella Repubblica Centrafricana e in Libano, essere nell’intervento di risposta all’Isis ed assicurare con le sue forze la sicurezza nazionale. Adesso cominceremo le discussioni tecniche con i nostri partner e vedremo cosa possiamo fare insieme e cosa può fornire ciascuno”. Bruxelles ha risposto sì alla richiesta. “La Francia ha chiesto aiuto e l’Europa unita risponde sì”, ha fatto sapere l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri Federica Mogherini, assieme al ministro Le Drian, annunciando l’appoggio “unanime” del Consiglio di Difesa.

La diplomazia transalpina si muove poi su fronti esterni all’Unione. Il premier Manuel Valls ha annunciato a France Inter che François Hollande si recherà la settimana prossima a Washington e Mosca. Le date precise non sono ancora state decise. È probabile che, durante il suo viaggio in Usa, il capo dell’Eliseo faccia tappa a New York per partecipare alla riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che dovrà esaminare una risoluzione per intensificare le operazioni militari in Siria.

Parigi dovrà rafforzare le misure di sicurezza interna e l’operazione avrà un costo molto alto. Valls ha avvertito l’Europa: la Francia “sarà costretta a non rispettare” gli impegni di bilancio europei. “Dobbiamo dare tutti gli strumenti alla polizia, alla gendarmeria e ai servizi di informazione. Dobbiamo assumercene la responsabilità e l’Europa deve capirlo”, ha detto il primo ministro.

Anche Matteo Renzi è tornato a parlare degli attentati di Parigi: “Certo che ci vuole una reazione – ha detto il presidente del Consiglio nel corso della presentazione del settimanale Origami -che devi prendere in considera qualsiasi tipo di intervento ma la sfida nn la vinci con azioni militari, serve la costruzione di un atteggiamento culturale”. “In questi giorni – ha detto ancora Renzi – c’è chi dice ‘dovrebbero tornare tutti a casa loro’, ‘chiudiamo le porte’, ma io credo che chi dice ‘chiudiamo le frontiere’ dovrebbe avere il coraggio di dire che lo fai per tenerli dentro, perché la maggior parte degli assassini sono nati e cresciuti in Europa. Hanno studiato in Europa hanno giocato a calcio con i nostri figli”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... i/2226709/
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

La migliore proposta di contrasto all'Isis è questa



Rambaldo • 21 minuti fa

"Certo che ci vuole una reazione – ha detto il presidente del Consiglio
nel corso della presentazione del settimanale Origami - che devi prendere
in considera qualsiasi tipo di intervento ma la sfida nn la vinci con
azioni militari, serve la costruzione di un atteggiamento culturale”

Sganciare sull'isis milioni di libriccini con il renzi-pensiero ? Magari non li convinci, ma può darsi che li addormenti


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camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

LA GUERRA AL TERRORE
Siria, Putin: «La Marina russa
operi insieme alla Francia»

Il presidente russo Putin ha confermato che ad abbattere l’aereo russo in Egitto è stata una bomba. Continua l’azione militare francese sulla Siria: in azione 10 caccia. L’Ue attiva la clausola di difesa. Renzi: «In conto ogni intervento ma servono equilibrio e unità»
di Redazione Online

http://www.corriere.it/esteri/15_novemb ... c7f9.shtml

^

Corriere della Sera - Iconografie

http://www.corriere.it/infografiche/inf ... 5&alt=1024
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

I GIORNI DEL KAOS
I segni che lasciano il segno
Per ricordarci come è nata la guerra in Europa.



Gli itaaliani e la guerra


17 nov 2015 18:23
1. SELVAGGIA LUCARELLI INFIOCINA I COMMENTI POST-STRAGE DEI SOLITI SOCIAL-MINCHIONI

2. “C’ERANO QUELLI CHE PENSAVANO CHE ‘LA RABBIA E L’ORGOGLIO’ FOSSE UNA FICTION CON GARKO E ORA CITANO LA FALLACI COME SE AVESSERO I POST-IT CON LE SUE FRASI SUL FRIGO”

3. “CI SONO QUELLI CHE CAMBIANO LA FOTO PROFILO A SECONDA DEL CASO DEL MOMENTO. C’È IL SALVINIANO CHE SCRIVE ‘BOMBARDIAMOLI, VANNO RASI AL SUOLO, AMMAZZIAMOLI TUTTI’”

4. “QUELLI CHE PER SENTIRSI PROTAGONISTI DELLA CRONACA, AZZARDANO L’ANEDDOTICA PIÙ IMPROBABILE. CHE SO ‘UNA CUGINA DI MIA ZIA FA LE PULIZIE IN UNO STABILE DELLA NONNA DELLA CASSIERA DEL BATACLAN’. E POI QUELLI CHE C’È SEMPRE UN MORTO PIÙ MORTO DEGLI ALTRI. AH, CERTO, I MORTI PARIGINI. E I BAMBINI SIRIANI? E I PALESTINESI? E I CURDI?"




Selvaggia Lucarelli per il “Fatto Quotidiano”



Se esiste qualcosa di più becero e spaventoso di un attacco terroristico, è forse la reazione dei social network a un attacco terroristico.
Per carità, qua e là si trovano anche delle belle riflessioni e condivisioni di articoli lucidi e ragionati, ma in linea di massima, dopo i fatti di Parigi, ho letto ed esaminato la mia home page di Facebook e mi sono chiesta se non sia il caso di vietare il pensiero libero come il fumo nei locali e i retweet alle cazzate di Gasparri.


Non dico sempre, ma almeno nei primi due giorni dopo eventi particolarmente tragici, giusto per non permettere alla stupidità di cavalcare l’onda emotiva e correre al galoppo nelle praterie del populismo. A grandi linee, dopo le stragi a Parigi, i commentatori-tipo sui social sono i seguenti.


Quelli che fino a tre giorni fa pensavano che La rabbia e l’orgoglio fosse la nuova fiction con Garko e la Arcuri e ora citano la Fallaci come se avessero i post-it con le sue frasi sul frigorifero.

Quelli che se gli dici che la Fallaci aveva sancito “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, postano la frase in bacheca e commentano “La Fallaci l’aveva detto che saremmo diventati tutti foglie d’autunno”.

Quelli che, se gli mandi un testo tratto dalle migliori hit di Ambra Angiolini e gli dici che è della Fallaci, postano sulla bacheca “T’appartengo e io ci tengo e se prometto poi mantengo”, commentando “Era brava questa Fallacci” (con due C).

Quelli che la Fallaci aveva previsto tutto: l’Eurabia, gli attentati, Parigi, l’Isis, Barbara D’Urso, il caschetto della Satta e la spaccata di Lisa Fusco.

Quelli che, come frase a effetto sotto la loro biografia sui social in questi giorni, inseriscono una massima di Oriana e tolgono provvisoriamente la loro massima di vita che riassume con efficacia la loro riflessione sociopolitica costante e argomentata, e cioè “Escile”.


2) Quelli che si improvvisano moralizzatori delle bacheche altrui e vigilano sulla sensibilità comune col piglio della madre badessa in un collegio femminile irlandese.
Tanto per capirci: tu posti la foto del tuo gatto che si fa le unghie sul tiragraffi e il tuo collega d’ufficio commenta indignato: “Ma ti sembra il caso di postare questa roba con quello che succede nel mondo?”.
Tu replichi timidamente che il tuo gatto non si sente né Charlie né Paris, ma continua ostinatamente a sentirsi un gatto, allora lui insiste: “Si tratta di avere un po’ di sensibilità!”. Poi esce dall’ufficio e va a prostitute come sempre.


3) Quelli che cambiano la foto profilo a seconda del caso del momento e che, in caso di sovrapposizione di avvenimenti, vanno in crisi: per cui, tanto per andare sul sicuro, come avatar in questi giorni hanno piazzato un fotomontaggio in cui Moira Orfei sventola la bandiera della Francia con su dipinta la faccia dei Marò e la scritta “Je suis Valentino Rossi”.


4) Il salviniano che “Bombardiamoli, vanno rasi al suolo, è guerra, ammazziamoli tutti, ci vorrebbe la bomba atomica, partiamo e annientiamoli!”, poi se gli entra un pipistrello in casa si infilano nell’armadio quattro stagioni e non ne escono fino a che la moglie non gli consegna il cadavere del volatile abbattuto a colpi di Mocio Vileda.



5) Quelli che hanno la sindrome di Roberto Saviano e, per sentirsi protagonisti della cronaca, azzardano l’aneddotica più improbabile. Che so: “Conosco il teatro dove è accaduto il massacro, una cugina di mia zia fa le pulizie in uno stabile di proprietà della nonna della cassiera del Bataclan che vive a Dubai e una volta sono andata a trovarla negli Emirati per Pasqua, tra quei morti ci sarei potuto essere anch’io”. Tu gli dici: ma se sei andato a Dubai! E loro: eh, e se l’aereo faceva uno scalo d’emergenza a Parigi?


6) Quelli che credono a qualsiasi cosa vedano sulle bacheche altrui e postano la qualunque senza alcuna verifica: dal selfie del kamikaze con la barba che poi in realtà è la foto profilo Instagram di un hipster di Dresda, alle bombe francesi con la scritta “From Paris with love” che alla fine erano più finte degli allenamenti di Balotelli.



7) Quelli che c’è sempre un morto più morto degli altri. Ah, certo, i morti parigini. E i bambini siriani? E i palestinesi? E i curdi? E i ceceni? E i nigeriani? A quel punto tu cerchi di fargli gentilmente capire che non è mica una gara, allora replicano qualcosa di generico sulla necessità di una pace mondiale e poi ti mandano pacificamente a fanculo.
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