Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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iospero
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da iospero »

Non si tratta di essere entusiasti, ottimisti, si tratta di vedere le cose per quello che realmente sono.
C'è stato qualche giorno fa a 8 1/2 un confronto tra Severgnini e la Guzzanti dove la Guzzanti giustamente metteva in luce tutti i lati negativi dell'Italia di oggi guidata da Renzi, e Severgnini pur riconoscendoli e quindi che vanno combattuti per migliorarli tuttavia ribadisce che nonostante tutto in Italia e in Europa tanti vogliono venire perché si vive bene
Certo c'è molto da fare per migliorarci e giustamente dobbiamo impegnarci per riuscirci perché una buona democrazia non arriva da sola e allora combattiamo giornalmente le nostre lotte, ma dobbiamo riconoscere che possiamo scrivere , muoverci, confrontarci con una certa libertà.
Una cosa credo resti fondamentale contrastare la corruzione, la criminalità, i politici disonesti ,guerrafondai , yesmen.
aaaa42
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da aaaa42 »

l assemblea di rinascimento socilista il 28 novembre a Roma segna una pagina epica del socialismo e della sinistra italiana

http://www.risorgimentosocialista.it/in ... ocialista/
Ultima modifica di aaaa42 il 16/11/2015, 13:28, modificato 1 volta in totale.
camillobenso
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

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La Sinistra dell’ultimo valzer
(SALVATORE CANNAVÒ)

16/11/2015 di triskel182


In cerca di unità Stavolta servirà una cosa del tutto diversa da quanto fatto dalla Bolognina in poi. Basta con l’autoreferenzialità e con le vecchie bandiere. Il Novecento è finito.

Incrociano tutti le dita.Nessuno si sbilancia a garantire il successo dell’operazione. Troppi errori, troppi fallimenti,troppi litigi che ancora adesso fanno capolino e minano il percorso. La sinistra italiana è all’ultimo giro, l’ultima occasione di battere un colpo offerta dallo spostamento netto e violento di Matteo Renzi al centro dello scacchiere politico. Nello slittamento semantico e politico prodotto dal partito della Nazione, la sinistra si è trovata in mezzo a una prateria desertificata, libera di operare e scegliere.

IL 7 NOVEMBRE , curiosamente anniversario della rivoluzione d’Ottobre, è nata Sinistra italiana, fusione di gruppi parlamentari di Sinistra, ecologia e libertà (Nichi Vendola) con i fuoriusciti dal Pd, segnatamente Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre. Una “prima” ben riuscita a giudicare dalla quantità di persone che affollava il teatro Quirino di Roma (circa un migliaio) manata comunque a livello parlamentare e senza l’apporto di altre sigle: Possibile, di Pippo Civati, Rifondazione comunista e l’Altra Europa con Tsipras sono rimaste in attesa dell’assemblea unitaria di metà gennaio che dovrebbe riunificare tutti. Non è detto che ci riescano. A Milano, in particolare, Sel vuole correre con il Pd, Civati non ci starà mai, Fassina si barcamena. C’è poi l’atteggiamento da assumere nei confrontidell’euro,irapportiasinistra, i rapporti con il sindacato. Insomma, lo spazio è grande ma la strada è lastricata dalla tentazione di farsi male. Gli esempi del passato, del resto, autorizzano a pensare al peggio. In principio fu la Sinistra arcobaleno, esperimento del 2008,che per la prima volta nella storia repubblicana lasciò fuori dal Parlamento esponenti di una sinistra dalla tradizione classista se non comunista. Fu uno choc. Alla vigilia delle elezioni, i sondaggi peggiori davano quel mix parlamentare di Rifondazione, Pdci (Cossutta e Diliberto),VerdieSinistrademocratica (Fabio Mussi) tra il 6 e il 10 per cento. Ottenne il 3,08%. Da quella vicenda i partiti della sinistra ruzzolano verso divisioni e rancori. Il Pdci inizia a liquefarsi e così i Verdi. Rifondazione celebra la sua ennesima scissione – erano già usciti nel corso della sua storia i cossuttiani, poi i trotzkysti e altre frange più o meno rilevanti – quella più distruttiva. NICHI VENDOLA lascia il partito per fondare, insieme a Sinistra democrtica e a una parte dei Verdi, la nuova Sel che garantirà una zattera politica parlamentare negli anni a venire . I rapporti con Paolo Ferrero, divenuto segretario del Prc, sono così tesi che alle Europee del 2009 i due partiti, pur di non fare alcun accordo, ottengono rispettivamente il 3,4 e il 3,6 per cento rimanendo al di sotto dello sbarramento del 4.Restano fuori dal Parlamento e continuano a litigare . Nel frattempo Veltroni lascia la segreteria del Pd e si arriva poco dopo alla direzione di Pierluigi Bersani che vince le primarie del 2009. Inizia una nuova fase che vedrà il riavvicinamento tra Pd e Sel e che darà vita, nel 2013, alla coalizione Italia Bene Comune con il ritorno in Parlamento di Vendola e compagni. In realtà, le acque si erano smosse qualche tempo prima,con“l’onda arancione” nei comuni e le vittorie alle amministrative del 2011 di Giuliano Pisapia a Milano e Luigi De Magistris a Napoli. Vendola appare un leader credibile del centrosinistra ma partiti e movimenti in crisi – Rifondazione, l’Idv di Antonio D i P i e t r o a mm a c c a t a d a g l i scandali e dagli Scilipoti, ancora u n a p a r t e d e i Verdi – nasce Rivoluzione civile, una lista per le elezioni politiche del 2013. I segretari di partito si dividono le testenon riesce a capitalizzare quella fase.

A SINISTRA, INTANTO, si ritentano le alchimie. Antonio Ingroia decide di consegnare la propria carriera di brillante magistrato a una politica di cui sa poco e nulla. In una sommatoria schematica di di lista, quel po’ di movimentismo che pure aveva animato l’esperienza viene messo da parte,gli elettori non ci credono e Rc si ferma molto al di sotto dello sbarramento con il 2,7 per cento dei voti. La legislatura del 2013 spariglia tutto. Bersani esce di scena, nascono le larghe intese e poi arriva Matteo Renzi. Sel viene di nuovo sospinta lontano dal Pd e torna a riavvicinarsi ai vecchi compagni. Su iniziativa di un pugno di intellettuali (Barbara Spinelli, Paolo Flores d’Arcais, Andrea Camilleri, lo scomparso Luciano Gallino, Guido Viale, Marco Revelli, Curzio Maltese) prende forma la lista Un Altra Europa con Tsipras ispirata al successo della greca Syriza.Il rapporto con i partiti si fa spinoso. Al momento di fare le liste, la loro invadenza fa fuggire figure come Camilleri o Flores d’Arcais. Resiste Barbara Spinelli che, però, contraddicendo quanto annunciato, una volta eletta non si dimette e mantiene il seggio parlamentare.

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 16/11/2015.
iospero
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

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Sta rinascendo la sinistra nel Sud Europa?

di Vittoria Patanè @Vittoria_patane 16.11.2015 9:16

Sono le Nazioni che hanno sofferto di più la crisi finanziaria abbattutasi sull’Europa quattro anni fa, quelle che hanno perso e sofferto di più, quelle che hanno sperimentato sulla propria pelle quanto la celeberrima “cura” chiamata austerità potesse creare più dolore della malattia stessa, quelle che hanno pagato il prezzo più alto. Finché un giorno alcuni non hanno deciso di reagire, di cambiare, di provare a trovare una soluzione diversa ai problemi che la panacea proposta da Bruxelles non era in grado di risolvere. Quei Paesi per i quali la suddetta cura si è trasformata essa stessa in un male che rischiava di diventare incurabile per la popolazione.

Non serve scomodare i principi della dinamica per comprendere quanto sta accadendo oggi nei Paesi del Mediterraneo. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria e, semmai ci fosse bisogno di una conferma all’assioma newtoniano, la rinascita dei partiti di sinistra nel Sud Europa rappresenta l’ennesima prova che il fisico britannico aveva ragione da vendere.

Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, la rivolta contro il Governo conservatore in Portogallo guidata da socialisti, comunisti e da Bloco de Esquerda (un partito di estrema sinistra legato alla forza politica che governa oggi Atene)

Tra il 2014 e il 2015 la sinistra più dura e alternativa, da anni considerata morta e sepolta sotto metri di liquame politico, è riuscita a ritornare in auge conquistando prima Atene, poi Madrid e infine Lisbona. Roma invece sembra essere tutta un’altra storia, ma basta mettere per un momento a confronto la storia dei quattro Paesi per capire quanto questa differenza non stupisca. “Non moriremo democristiani” titolava Luigi Pintor nel 1983. Democristiani no, ma moderati di sicuro.

Nonostante il vento rivoluzionario del mezzogiorno europeo oggi sembri essersi placato, ignorare la tendenza politica verso cui si stanno spingendo gli Stati Membri del Sud potrebbe essere un errore. L’Unione Europea non può chiudere gli occhi di fronte a quello che questi partiti rappresentano, non può fare finta che nulla sia successo e che le sue politiche rigide e austere abbiano ottenuto il successo previsto. Non senza il rischio di diventare un entità autoritaria e accentrata che prescinde dalla volontà politica dei singoli Paesi e dei loro cittadini.

Austerità comunitaria

Il termine austerità si riferisce ad una politica di bilancio improntata sul rigore che ha come scopi quelli di perseguire il pareggio di bilancio, ridurre il deficit pubblico e il debito pubblico di uno Stato entro i confini stabiliti dal patto di bilancio europeo, meglio noto come Fiscal Compact, vale a dire un rapporto deficit/PIL inferiore al 3% e un debito pubblico inferiore al 60%. Secondo Bruxelles, l’unico modo di ottenere questi risultati è quello di attuare delle riforme strutturali volte a risanare i conti: spending review, aumento della pressione fiscale sui contribuenti, stretta sulle pensioni, ecc.

Attuando una politica di rigore alla fine si riuscirà a recuperare una credibilità del sistema Paese, favorendo così la ripresa economica.

La Grecia

Il vento è partito da qui. Era il 2012 quando, con lo stupore di tutti, un partito di estrema sinistra con un programma politico tutt’altro che conforme alle richieste europee riuscì a diventare il secondo partito della Grecia conquistando il 16,9% dei voti, poco più del 2% in meno rispetto alla Nuova Democrazia di Antonio Samaras. A causa dell’impossibilità di formare un Governo, Atene tornò alle elezioni un mese dopo. Le urne sancirono la vittoria di ND, mentre Syriza riuscì a confermarsi come secondo partito rimanendo all’opposizione. Nel settembre dello stesso anno, il giovane leader del partito di sinistra radicale chiarì a tutti quale fosse il suo pensiero: “Bisogna dire la verità non solo ai cittadini greci ma tutti gli europei: le misure d’austerità non funzionano. La popolazione greca ha sopportato delle prove durissime senza che in due anni e mezzo la crisi sia stata risolta e questo è servito solo a salvare le banche greche, il cui fallimento avrebbe conseguenze in tutto il sistema bancario europeo.”

Dopo due anni di lotte politiche contro l’austerità e le misure imposte ad Atene dalla Troika (celeberrima diventa la lotta contro la chiusura di ERT, la televisione pubblica ellenica) Syriza è riuscita nell’impresa in cui molti altri hanno fallito: ottenere la guida di un Governo dopo la vittoria schiacciante conquistata alle elezioni politiche del 25 gennaio 2015. La differenza rispetto alla tornata elettorale di tre anni prima è che in questo caso non c’è stato l’effetto sorpresa. Le Europee del 2014 e i sondaggi politici avevano già preannunciato quale sarebbe stato il destino degli ellenici. Ciò che è accaduto nel corso degli ultimi 10 mesi è cosa nota: dopo mesi e mesi di contrasti con l’UE e il FMI internazionale e un referendum storico che decretò il No dei cittadini alle proposte della Troika, Alexis Tsipras è stato costretto a soccombere, firmando un patto con i creditori che gli è costato buona parte del suo elettorato.

L’ascesa di Syriza ad oggi sembra essersi ridimensionata, l’austerità è tornata prepotentemente a guidare l’economia greca e dopo la vittoria delle elezioni di settembre. Il Governo ha sperimentato il primo sciopero nazionale di protesta contro le sue politiche di austerità. Tutto ciò mentre l’Esecutivo sta negoziando con i creditori l’ennesima tranches di aiuti da 2 miliardi di euro per le casse dello Stato più altri 10 per la ricapitalizzazione delle banche .

La sinistra Spagnola

Diversa la storia di Podemos, il partito di sinistra radicale attivo in Spagna e guidato da Pablo Iglesias. Dopo l’exploit di inizio anno, culminata con la vittoria di due donne alle elezioni amministrative di Barcellona e Madrid, la sua ascesa sembra ormai alla fine.

Nato dal movimento di protesta degli Indignados, Podemos si configura come una forza anti-capitalista, anti-liberista e anti-austerity. I suoi rappresentanti si d efiniscono socialdemocratici e appartengono al filone dell'«altro-europeismo» e non a quello antieuropeismo.

Il loro programma politico, chiaramente ispirato a Syriza, prevede la ristrutturazione ordinata del debito pubblico spagnolo, la reintroduzione della tassa patrimoniale, la creazione di una banca pubblica, una riforma fiscale volta a ridurre le diseguaglianze sociali. Un’Europa diversa fondata su un modello economico più equo e solidale.

Sulla scia delle conquiste di Syriza in Grecia Podemos era riuscito a superare il 28% delle preferenze, diventando presto un’alternativa al Partito Socialista e a quello Popolare di Mariano Rajoy. Ad oggi però, anche a Madrid il vento sembra essere cambiato e il partito guidato da Iglesias è fermo (secondo l’ultimo sondaggio realizzato da El Pais) al 15% dei voti. Gli spagnoli hanno infatti trovato un’altra alternativa: Ciudadanos, forza politica più conservatrice che mira a modificare lo status quo rimanendo entro il perimetro liberal-liberista.

Il caso portoghese

Quanto avvenuto nel corso dell’ultima settimana in Portogallo è ormai cosa nota. Grazie ad un accordo firmato dai tre principali partiti di sinistra, socialisti, comunisti e Bloco de Esquerda, il neonato Governo conservato guidato da Passos Coelho è stato sfiduciato dal Parlamento. Il presidente della Repubblica, che due settimane fa si era rifiutato di conferire l’incarico di formare un nuovo Governo ad Antonio Costa, leader del partito socialista, per evitare di dare il Paese in mano a forze contrarie all’Europa, alla Nato e ovviamente all’austerità, che il popolo lusitano ha sperimentato negli ultimi quattro anni. Ad oggi, la soluzione potrebbe essere quella di formare un Governo socialista, con le sinistre estreme a fornire un appoggio esterno, in alternativa il Portogallo potrebbe essere guidato da un governo tecnico fino alle elezioni di giugno.

Nonostante dunque la sinistra alternativa ad oggi sembri essere stata ridimensionata in Spagna, viva delle profonde difficoltà in Grecia e potrebbe rimanere fuori dall’Esecutivo in Portogallo a causa dell’opposizione del Capo dello Stato, la sua rinascita non può essere messa in discussione. Coloro che ne temono l’ascesa, non possono fare altro che ringraziare le politiche di austerity promosse dall’Europa nel corso degli ultimi cinque anni. Perché è proprio ad essa che si devono i natali del nuovo vento radicale che imperversa nel sud Europa. Ad ogni azione corrisponde una reazione.

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Il problema fondamentale che proporrei ai cittadini d'Europa di tutte le ideologie dovrebbe essere :
E' ancora possibile in questa Europa un'alternativa democratica , e ancora possibile che governi di sinistra democraticamente eletti possano governare nei loro paesi ?
Mi sembra che alla fine questo si evidenzia dopo quanto abbiamo visto ultimamente sulla vicenda della Grecia e adesso del Portogallo .
Se questa possibilità non esiste credo che tutti i cittadini d'Europa di qls ideologia debbano prenderne coscienza fin che siamo ancora in tempo, se una volta eravamo critici nei confronti dell'Unione Sovietica e giustamente si diceva che là non esiste la democrazia, oggi dobbiamo essere critici nei confronti di questa Europa.
Ogni paese, ogni stato deve poter scegliere la politica economica che i propri cittadini ritengano più idonea per rimediare a gravi situazioni del passato e per questo si deve avere il diritto di trattare a livello internazionale per ottenere tempi lunghi e adeguati sostegni per migliorarsi.
iospero
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

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Roma, 27 novembre: “Riprendiamoci la sovranità!” dibattito con Di Battista, Rodotà e Flores d'Arcais

RIPRENDIAMOCI LA SOVRANITÀ!
La rivolta del cittadino contro il partito unico del privilegio e del conformismo

Alessandro Di Battista, Stefano Rodotà, Paolo Flores d’Arcais

Roma, 27 novembre, ore 17,15
Teatro Sala Umberto (via della Mercede 50)

In occasione dell’uscita del numero di MicroMega “L’Europa in debito di sinistra”

È compatibile la democrazia con quest’Europa? E se fosse in crisi perché da decenni manca un partito dell’eguaglianza? Un confronto su quest’Europa senza bussola, ma anche sull’opposizione al renzismo e la necessità di ripartire dal giustizialismo e la difesa del welfare per una redistribuzione delle ricchezze e una rivoluzione all’insegna della legalità.

Come scrive nell’editoriale del nuovo numero di MicroMega Paolo Flores d’Arcais, “la vera antipolitica sono gli espropriatori di democrazia della gilda dei politici di professione ormai inestricabilmente impastati con i privilegiati della finanza, del management, della corruzione, cornucopia di impunità anche per la criminalità organizzata. È necessario ripartire dal realismo dei valori contro il realismo degli apparati, della coerenza anti-Casta e anti-privilegio contro la sudditanza all’establishment, dell’intransigenza morale e programmatica contro le sirene della mediazione: senza contrapposizione frontale un nuovo partito dell’eguaglianza non capitalizza credibilità”.

L'evento su facebook

(17 novembre 2015)
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

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Roma, 27 novembre: “Riprendiamoci la sovranità!” dibattito con Di Battista, Rodotà e Flores d'Arcais

RIPRENDIAMOCI LA SOVRANITÀ!
La rivolta del cittadino contro il partito unico del privilegio e del conformismo

Alessandro Di Battista, Stefano Rodotà, Paolo Flores d’Arcais

Roma, 27 novembre, ore 17,15
Teatro Sala Umberto (via della Mercede 50)

In occasione dell’uscita del numero di MicroMega “L’Europa in debito di sinistra”

È compatibile la democrazia con quest’Europa? E se fosse in crisi perché da decenni manca un partito dell’eguaglianza? Un confronto su quest’Europa senza bussola, ma anche sull’opposizione al renzismo e la necessità di ripartire dal giustizialismo e la difesa del welfare per una redistribuzione delle ricchezze e una rivoluzione all’insegna della legalità.

Come scrive nell’editoriale del nuovo numero di MicroMega Paolo Flores d’Arcais, “la vera antipolitica sono gli espropriatori di democrazia della gilda dei politici di professione ormai inestricabilmente impastati con i privilegiati della finanza, del management, della corruzione, cornucopia di impunità anche per la criminalità organizzata. È necessario ripartire dal realismo dei valori contro il realismo degli apparati, della coerenza anti-Casta e anti-privilegio contro la sudditanza all’establishment, dell’intransigenza morale e programmatica contro le sirene della mediazione: senza contrapposizione frontale un nuovo partito dell’eguaglianza non capitalizza credibilità”.

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MicroMega 7/2015 - “L'Europa in debito di sinistra” - In edicola dal 22 ottobre

“L'Europa in debito di sinistra” è il titolo del nuovo numero di MicroMega, dal 22 ottobre in edicola, libreria, eBook e iPad.

Acquista l'eBook su: Amazon | Apple | Bookrepublic

Uno dei paesi in cui la sinistra è oggi più in fermento è certamente la Spagna. Dopo Syriza in Grecia, infatti, anche nella penisola iberica una formazione politica nuova, Podemos, si candida a rappresentare quella maggioranza invisibile che la sinistra ha da troppo tempo dimenticato. Del “laboratorio” spagnolo si parla nel dialogo fra il leader di Podemos, Pablo Iglesias, e il politologo Fernando Vallespín, in quello fra il filosofo Josep Ramoneda e lo scrittore Javier Cercas e in quello fra la nuova sindaca di Barcellona, Ada Colau, e il politologo Joan Subirats. Di come il movimento degli Indignados si sia evoluto e del suo rapporto con Podemos scrive Amador Fernandéz-Savater.

La democrazia è in crisi perché da decenni manca un ‘partito dell’eguaglianza’, cioè una sinistra degna del nome. Si moltiplicano per fortuna i sintomi di un suo possibile ritorno. I movimenti sociali che in questi anni hanno affollato le piazze di mezza Europa (ma anche di New York) hanno messo radicalmente in discussione il sistema neoliberista, che tutela l’1% a discapito del 99% della popolazione. Cresce l’ostilità verso gli establishment del privilegio, responsabili della devastante crisi economica. Ma questo potenziale diventa effettivo solo in presenza di un catalizzatore politico adeguato: è la tesi dell'intervento di Paolo Flores d'Arcais che apre il numero.

Che cosa è la sinistra e quali sono le sfide di fronte alle quali si trova oggi? Sono le domande a cui tentano di rispondere Alain Touraine, Pere Vilanova, Chantal Mouffe, G.M. Tamás, Alessandro Arrigoni ed Emanuele Ferragina.

Il volume ospita poi un'intervista alla parlamentare europea Martina Anderson, 13 anni in carcere per “cospirazione armata” e oggi esponente di un partito, lo Sinn Féin, in grado di competere per il governo in Irlanda, un saggio di Pierfranco Pellizzetti sulla “crisi tedesca” e un colloquio con Bhaskar Sunkara, direttore di Jacobin Magazine, la rivista americana che sta riportando al centro del dibattito il marxismo.

http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... 2-ottobre/
iospero
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da iospero »

Vorrei partire riproponendo quanto sotto :
Il problema fondamentale che proporrei ai cittadini d'Europa di tutte le ideologie dovrebbe essere :
E' ancora possibile in questa Europa un'alternativa democratica , e ancora possibile che governi di sinistra democraticamente eletti possano governare nei loro paesi ?

Mi sembra che alla fine questo si evidenzia dopo quanto abbiamo visto ultimamente sulla vicenda della Grecia e adesso del Portogallo .
Se questa possibilità non esiste credo che tutti i cittadini d'Europa di qls ideologia debbano prenderne coscienza fin che siamo ancora in tempo, se una volta eravamo critici nei confronti dell'Unione Sovietica e giustamente si diceva che là non esiste la democrazia, oggi dobbiamo essere critici nei confronti di questa Europa.
Ogni paese, ogni stato deve poter scegliere la politica economica che i propri cittadini ritengano più idonea per rimediare a gravi situazioni del passato e per questo si deve avere il diritto di trattare a livello internazionale per ottenere tempi lunghi e adeguati sostegni per migliorarsi.

Dove sta il problema ?
sembra nella fiducia da parte di chi deve concedere i prestiti nei confronti di chi li deve ricevere.
Se la questione fosse in questi termini non ci dovrebbero esserci problemi perché è dimostrato che uno stato che dà la priorità al pubblico rispetto al privato in certi settori strategici alla fine e nel lungo periodo
ottiene risultati anche migliori rispetto a chi lascia tutto all'economia di mercato, se poi questo stato è in grado di distribuire meglio la ricchezza prodotta e di offrire ai suoi cittadini un welfare migliore ciò è a tutto vantaggio del benessere collettivo , di una vita più serena e con meno rischi di micro e macrocriminalità.
E allora se il problema non è la fiducia quale risposta dobbiamo dare al problema ?
camillobenso
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da camillobenso »

il manifesto 19.11.15
Una sinistra fuori le mura
di Marco Revelli

Ma anche perché la guerra è entrata nella testa dei nostri governanti, nell’agenda e nel lessico delle istituzioni europee, ne ha colonizzato l’immaginario e i protocolli, il linguaggio dei leader e gli ordini del giorno delle assemblee parlamentari.
Il socialista Francois Hollande — il presidente della Francia repubblicana, un tempo emblema delle libertà politiche e dei diritti dell’uomo — che parla con le parole di Marine Le Pen è il simbolo, tragico, di questa metamorfosi regressiva. Il governo “de gauche” francese, che si propone di modificare la Costituzione fino a intaccare le regole sacre dei diritti individuali e addirittura a ipotizzare il ritorno alla pratica primordiale della «proscrizione» — della cancellazione della cittadinanza per i reprobi che «non ne sono degni» trasformandoli in “eslege” -; e poi, appellandosi all’art. 42.7 dei Trattati, trascina l’Europa intera nella sua guerra — in un formale «stato di guerra» -, non rivela solo il compiuto fallimento del socialismo europeo, diventato col tempo non solo altro da sé ma l’opposto di se stesso. Mette in mostra anche uno «stato dell’Unione» ormai gravemente degenerato, incapace di tener fede nemmeno alla più elementare delle sue promesse originarie: tutelare la pace. Difendere i diritti. E intanto si rialzano muri e si chiudono confini contro le prime vittime di questa guerra di massa. Tutto questo la dice davvero lunga sul percorso a ritroso condotto in questi anni di crisi e di resa. E sull’urgenza che, a livello continentale, nasca e si consolidi una sinistra autorevole in grado di colmare quel vuoto. Una sinistra con le carte in regola — e senza scheletri negli armadi, bombe sulla coscienza e operazioni neo-coloniali nel curriculum — per parlare di pace, di giustizia sociale internazionale, di diritti (degli ultimi) e di doveri (dei primi).
I segni dell’emergere di una sinistra nuova, capace di emanciparsi dalla crisi delle socialdemocrazie novecentesche e di ritornare a contare nello scenario inedito attuale sono d’altra parte già visibili, soprattutto sull’asse mediterraneo, dalla Grecia, naturalmente — dove la riconferma del mandato a Tsipras con un voto plebiscitario fa di Syriza un punto fermo di contraddizione e di resistenza nel contesto europeo -, al Portogallo come alla Spagna. E anche in Italia, finalmente, le cose si sono messe in movimento. Il documento Noi ci siamo. Lanciamo la sfida, elaborato e condiviso da tutte le principali componenti di un’articolata area di sinistra — da Sel al Prc, da Futuro a sinistra a Possibile e ad Act, fino a Cofferati e Ranieri e, naturalmente a L’Altra Europa che per questa soluzione si è spesa senza risparmio -, indica finalmente una data, la metà di gennaio, per dare inizio al processo costituente con un appuntamento partecipato e di massa. E contemporaneamente offre una piattaforma politica di analisi e di prospettiva chiara e condivisa in una serie di punti qualificanti: la fine conclamata del centro-sinistra, la constatata natura degradata del Pd oggi incompatibile nel suo quadro dirigente con qualsiasi prospettiva di sinistra, la necessità di costruire, in fretta, un’alternativa autonoma, non minoritaria né testimoniale, competitiva e credibile.
Nello stesso tempo si lavora nelle città che andranno al voto nelle prossime amministrative: è di sabato scorso la formalizzazione, a Torino, di una candidatura forte, condivisa attivamente da tutte le realtà di sinistra, radicata nella storia sociale della città — parlo di Giorgio Airaudo -, in grado di contendere con credibilità il consenso sia a un centro-sinistra esausto, in debito di idee e di proposte, sia al Movimento 5 stelle, costituendo un possibile esempio virtuoso in campo nazionale. Va d’altra parte in questa direzione la formazione, alla Camera dei deputati, di una prima aggregazione, ancora parziale ma significativa, di deputati di Sel e di ex Pd sotto il nome di Sinistra italiana, che costituisce indubbiamente un fattore positivo, in grado di rendere più efficace l’opposizione in Parlamento alle controriforme renziane e di dare visibilità al processo aggregativo, a condizione di considerarla per quello che è: la nascita di un embrione di gruppo parlamentare (l’ha detto bene Cofferati: «Al Quirino è nato un gruppo parlamentare, non un partito»). E di non sovrapporla o identificarla tout court con il processo costituente del «soggetto politico unitario e unico della sinistra», che è — e deve essere — molto più ampio, necessariamente radicato nei territori e partecipato socialmente, caratterizzato da tratti di radicale innovazione di forme, contenuti, facce e linguaggi, se vuole reggere la sfida dei tempi (né considerazioni diverse si possono fare per il gruppo cui ha dato vita, sempre alla camera, Civati).
Dico questo perché il momento è delicatissimo: per il contesto drammatico in cui ci si muove, e per la fragilità dei processi al nostro interno. Ciò che avverrà nelle prossime settimane e mesi ha il carattere di un’ultima chiamata. Un ennesimo fallimento non sarebbe perdonato. La grande partecipazione alle occasioni pubbliche di questi giorni (a Roma al Quirino e a Torino per il lancio della candidatura di Airaudo) ci dice che esiste un’attesa ampia, per rispondere alla quale è indispensabile che la riuscita del processo unitario sia e resti l’ obbiettivo prioritario di tutti e di ognuno, senza piani di riserva, furbizie o espedienti di corto respiro, che non sarebbero compresi da nessuno. Ha perfettamente ragione Carlo Galli quando, su questo stesso giornale, chiede un minimo di pulizia del linguaggio (ci si astenga da espressioni gravide di disprezzo e di pigrizia nel capire come «cosa rossa»). E scrive che «la sinistra di cui c’è bisogno» ha da essere «rossa e realistica» — cioè capace di fare proprie, rinnovandole e rigenerandole nel contesto attuale, le sfide del movimento operaio in una chiave non testimoniale (esattamente l’opposto di una «cosa») -, «radicale e accorta, plurale e unitaria». E aggiunge che deve mostrarsi capace di realizzare un’«accumulazione originaria di pensiero e di energia politica» mettendo insieme molte eredità culturali.
Ma esattamente per questo non può chiudersi, proprio ora, in recinti ristretti. In ciò che sopravvive «dentro le mura». Non può pensarsi — sarebbe mortale — come semplice prolungamento di una parte di ciò che è stato, né come Federazione di frammenti di un’unità passata andata in frantumi, né tantomeno come somma di personalità – o personalismi – in competizione per un’egemonia esangue. L’accelerazione in corso chiede di uscire dalle mura, contaminarsi con ciò che c’è «fuori». Per riportare fra noi chi è uscito, e conquistare chi non c’è mai stato. Ogni altra via ci consegnerebbe a percentuali di consenso residuali, di cui non c’è spazio né bisogno.
Per questo l’incontro di gennaio dovrà essere davvero all’insegna di uno stile nuovo di ragionare e di agire, preparato da un percorso – decine di assemblee, poi una carovana dell’alternativa – nei territori, strutturato in modo tale da restituire la parola a chi in questi anni l’aveva perduta o se l’è vista sequestrare, con un orizzonte compiutamente europeo e trans-nazionale come appunto transnazionali sono le sfide politiche da affrontare. Soprattutto dovrà essere un esercizio di pensiero.
iospero
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

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«La campagna dei banchetti»
Domani a Napoli in occasione degli Stati generali di Possibile (all’Arenile, Bagnoli, a partire dalle ore 10) cercheremo di miscelare con sapienza tradizione e innovazione (che, come ripeto da tempo, non sono in contrasto tra loro), associando strumenti telematici per la partecipazione ad antichissimi strumenti per la mobilitazione e il coinvolgimento dei cittadini.

Proveremo a costruire un «partito di strada» (secondo un’espressione coniata da Beatrice Brignone), a tu per tu con i cittadini, attraverso strumenti inediti e cose a cui ci siamo disabituati da tempo immemorabile.

Per prendere la rincorsa bisogna tornare al 1848, alla «campagna dei banchetti».

Leggo che anche il premier lancia 1000 banchetti (formula da noi già sperimentata qualche settimana fa), in cui chiede al suo partito di tornare in piazza dopo tanto tempo: è in ogni caso una buona notizia, perché è sempre piacevole sapere che la politica esce dalle stanze (spesso segrete) del palazzo che frequenta e dagli studi televisivi.

Resta solo da capire se la minoranza del Pd farà gli stessi banchetti o se su lavoro ambiente e riforme saranno banchetti in dissenso (#sischerza). E anche se qualche elettore si presenterà ai loro banchetti con il programma elettorale del 2013, completamente travisato (#nonsischerza).

C’è però una notevole differenza: una cosa sono i banchetti per la propaganda, altro quelli per la partecipazione. Sarebbe stato interessante per esempio fare i banchetti per presentare le proposte sul lavoro o sulla Costituzione, prima che si definissero con i dirigenti della destra più che con gli elettori del centrosinistra.

Nelle prossime settimane dimostreremo con piacere (e con gioia) che, tra le due cose, c’è una bella differenza.

Il comitato Sandro Pertini di Parigi aprirà gli Stati generali di Possibile a Napoli
Ho proposto a chi li sta organizzando che il delegato di Parigi apra gli Stati generali di Possibile, che si terranno sabato 21 novembre a Napoli all’Arenile (Bagnoli).

Un’assemblea in cui si presenterà il testo-base dello Statuto, le proposte emendative ricevute dai comitati e si avvierà la fase democratica di votazione dello Statuto stesso e degli organi di Possibile, che si concluderà a gennaio.

Non credo che esista in Italia – esiste forse qualche analogo europeo – che discuta in questo modo. Che presenti i documenti in anticipo rispetto all’assemblea, che raccolga le proposte contrastanti e le pubblichi (succederà nelle prossime ore), che riporti le decisioni a tutti gli iscritti.

Ogni singola decisione, anche quelle in palese contrasto con l’impostazione originaria, sarà sottoposta al voto di ciascuno di noi. Per un confronto che sarà sottoscritto dai proponenti e posto in contrasto con chi non è d’accordo, in modo trasparente e leggibile, senza maggioranze e minoranze precostituite. Dibattito e consenso informati, insomma.

Una piramide rovesciata in cui i comitati nazionali siano esclusivamente al servizio dell’assemblea e non viceversa. Un’assemblea costituita in modo permanente attraverso la piattaforma democratica (a proposito, che nome le diamo?) e convocata periodicamente.

A Napoli faremo una cosa diversa dal passato e anche dal presente. Qualcuno forse non ne comprenderà il significato, ma sarà un passaggio per molti di noi decisivo.

Insieme alla democrazia, sarà in gioco la proposta politica, le campagne, le iniziative nelle duecentocinquanta comunità dove siamo già presenti. Perché «tutto si tiene».
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