La Terza Guerra Mondiale

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camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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I GIORNI DEL KAOS





Chi ci porta in guerra, e perché i giornali non lo rivelano

Scritto il 27/11/15 • nella Categoria: segnalazioni

Mille cisterne di petrolio dell’Isis, dirette in Turchia, distrutte in pochi giorni dai caccia russi. Poi l’abbattimento del Sukhoi-24, col mitragliamento di uno dei piloti mentre scendeva col paracadute. E il ministro degli esteri turco che dice al collega russo Lavrov che i militari di Ankara, quei pasticcioni, non avevano capito che l’aereo sul confine turco-siriano fosse russo. Una farsa pericolosa, su cui Obama si è limitato a dire che “la Turchia ha il diritto di difendersi”, come se il bombardiere Su-24 stesse minacciando la sicurezza turca. Conseguenze? Imprevedibili. Secondo Pepe Escobar, Mosca potrebbe chiudere i rubinetti del gas (da cui la Turchia dipende), armare segretamente i separatisti curdi dell’Anatolia e, intanto, spedire gli “Spetznaz” – i temibili reparti speciali – in missione punitiva tra le montagne dove si annidano i guerriglieri turcomanni, quelli che hanno mitragliato il paracadutista compiendo un crimine di guerra particolarmente odioso, sanzionato dalla Convenzione di Ginevra del 1977. Il “colpo alla schiena” sferrato a Putin ci spinge verso una guerra più vasta?

Inquietante la regia che sembra sovrintendere agli eventi: la Russia, intervenuta per sostenere il pericolante regime di Assad – l’unico che, nella regione, abbia resistito alle primavere arabe e ai golpe che hanno travolto i governi di Tunisia, Egitto, Libia Il Sukhoi Su-24 abbattuto tra Siria e Turchiae Yemen – ha messo a nudo il vero problema: l’Isis sta in piedi solo grazie a rifornimenti occidentali, garantiti attraverso paesi Nato come la Turchia e petromonarchie “alleate”. Il cacciabombadiere russo – un aereo progettato per colpire obiettivi a terra volando a bassa quota – non era scortato dai caccia, non immaginando di poter essere attaccato. E’ stato abbattuto, da fuoco teoricamente “amico”, a pochi giorni dalla strage di Parigi del 13 novembre, di cui svariati osservatori hanno indicato, al di là del paravento jihadista, l’inequivocabile cifra simbolica, riconducibile a un’ispirazione massonica. Gioele Magaldi (“Massoni, società a responsabilità illimitata”) ricorda che, per i massoni, il “venerdì 13” è quello dell’ottobre 1307, la data di inizio della persecuzione dei Templari ordinata giusto in Francia dal sovrano, Filippo il Bello. E un altro massone, Gianfranco Carpeoro, aggiunge che esattamente il 13 novembre di quell’anno alcuni “cavalieri del tempio” riuscirono a fuggire da Parigi riparando in Scozia, dove si unirono alle logge dei “liberi muratori”, costruttori di cattedrali, per poi fondare, in futuro, la massoneria moderna.

Si considerebbero dunque “moderni Templari” le ipotetiche menti del terrorismo progettato a Parigi? Una “firma”, quella affidata alla data fatidica, che servirebbe a siglare il messaggio, indirizzato alla fazione non-reazionaria del vertice mondiale? Una geografia che resta incerta, opaca e complicata: lo stesso Putin sarebbe stato iniziato alla superloggia “Golden Eurasia” insieme ad Angela Merkel, finora recalcitrante di fronte alla spirale bellica aperta con i focolai che si estendono dall’Ucraina alla Mezzaluna Araba. E lo stesso Hollande, dopo la campagna elettorale che l’ha portato all’Eliseo grazie alla promessa di metter fine al disastro sociale dell’austerity imposta dalla Ue a tradizione tedesca, sarebbe stato “ammorbidito” e minacciato, prima ancora che l’anteprima sanguinosa di “Charlie Hebdo” scuotesse Parigi. Sempre nel libro “Massoni”, che costringe a rileggere la storia recente alla luce di sconcertanti rivelazioni, Magaldi scrive che il leader turco Erdogan è parte integrante del network segreto “Hathor Pentalpha”, fondato dai Bush e cresciuto reclutando anche leader europei: da Blair, inventore delle Sarkozy“armi di distruzione di massa” di Saddam, al francese Sarkozy, protagonista dell’eliminazione di Gheddafi che ha trasformato la Libia in una palestra per jihadisti.

La specialità di questa Ur-Lodge, definita «loggia del sangue e della vendetta», sarebbe la strategia della tensione, incluso l’11 Settembre: il terrorismo di Stato come pratica eversiva sistematica, da Bin Laden all’Isis, per rovesciare equilibri. Tanti gli obiettivi. Innanzitutto, scatenare il lucroso business della guerra: le spese folli per gli armamenti e poi la ricostruzione, in Iraq affidata alla Halliburton fondata dal “confratello” Dick Cheney. E poi, revocare diritti democratici (Patriot Act) grazie all’alibi dell’emergenza. Un copione sempre uguale: fabbricare il nemico, pilotare stragi, scatenare guerra e repressione allo scopo di consegnare le leve del potere in pochissime mani. Col passare dei giorni, tra rituali indagini di polizia ed escalation militare, la stampa mainstream non mette a fuoco che frammenti, senza mai una visione d’insieme. Proibito fare analisi approfondite: gli editori sono tutti prudentemente “embedded”, in un sistema dominato dai manovratori. Per questo, al massimo, giornali e televisioni (invasi da speculazioni fumogene come quella sull’Islam), provano ad aggiornare una mappa provvisoria degli “interessi in campo” attorno al teatro geopolitico siriano: la crisi dell’egemonia Usa e il ritorno della Russia si incuneano nella faglia inter-islamica che oppone sciiti e sunniti, Iran e Arabia Saudita, col contorno di soggetti come Israele e Turchia che, come s’è visto, non stanno certo a guardare.

Tutto, ancora e sempre, rimanda a una regia dietro le quinte. Lo dimostrano i dettagli che coronano l’abbattimento del jet russo: «Tanto bene era stato preparato l’agguato – scrive Roberto Quaglia su “Megachip” – che tra le montagne di Latakia c’erano già appostati i giornalisti per fotografare e riprendere l’abbattimento: l’operatore Erdal Turkoğlu ed il fotoreporter Fatih Aktas del canale turco “Anadolu”». Durante la missione di salvataggio del pilota superstite, un marine russo è stato ucciso a bordo del suo elicottero, centrato da un missile Tow di fabbricazione Nato: episodio puntualmente filmato dai “ribelli”. «L’attacco – ricorda Quaglia – è avvenuto poco dopo che la Russia aveva finalmente interrotto il traffico di petrolio che l’Isis da anni vendeva indisturbata in Turchia, distruggendo 1.000 (diconsi mille) autobotti che chissà perché i satelliti americani erano per anni riusciti a non vedere. La televisione americana “Pbs” è poi riuscita a mostrare al proprio pubblico i video della distruzione di queste autobotti dell’Isis sostenendo con incredibile faccia di tolla che il merito fosse di un Erdoganbombardamento americano. Peccato solo per le scritte in cirillico a margine delle immagini, ma pazienza, si sa che l’americano medio non legge comunque».

C’è chi sostiene che uno dei figli di Erdogan fosse personalmente implicato nella gestione del traffico di petrolio, per lucrare sul finanziamento dell’Isis: Quaglia si domanda se siamo di fronte a un caso di “megalomania neo-ottomana”, ma è impossibile non ricordare l’appartenenza del presidente turco alla “loggia del sangue e della vendetta”, creata nel 1980 da Bush padre, sconfitto da Reagan nella corsa alla Casa Bianca. Oggi, quello che emerge è soprattutto lo spaventoso caos innescato da violenze a catena, in una selva di trame visibili e occulte. Conseguenze solo in parte prevedibili, dietro le mosse giocate da poteri che restano nell’ombra. «Non c’è governo al mondo, né Washington né il Cremlino, che non sia condizionato da quei poteri», ammonisce Fausto Carotenuto, già analista militare dei servizi segreti, intervenendo a “Border Nights”, trasmissione radio su web. Lo stesso Carpeoro ribadisce: non esiste un unico “super-vertice del male”, «se ci fosse l’avremmo già colpito». La caccia all’Uomo Nero – Isis, Bin Laden – è esattamente quello che vuole il super-potere: l’illusione che tutto si possa risolvere eliminando un pugno di terroristi, o di golpisti. «Il dramma – chiosa Carpeoro – è che non siamo di fronte al Nuovo Ordine Mondiale, ma al Nuovo Caos Mondiale, scatenato da nient’altro che una smisurata sete di denaro». Un gioco rischioso, la cui pericosità stiamo toccando con mano giorno per giorno, tra funerali e missili.
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I GIORNI DEL KAOS


Punti di vista




Sperando che regga l’accordo segreto tra Obama e Putin

Scritto il 28/11/15 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni


Obama liquiderebbe volentieri Erdogan, ma intanto gongola per l’abbattimento del jet russo: non è una contraddizione, scrive “Megachip”, perché «quel che gli fa piacere e quel che gli serve sono due cose diverse».

Con il suo appoggio formale alla Turchia, il presidente Usa spera di prendere diversi piccioni con una fava: «Fa il muso duro con Putin davanti a tutto il mondo, tiene agganciata la polveriera Turchia sperando che non salti in aria, non scarica brutalmente un alleato chiave nella regione (cosa che darebbe un pessimo segnale) e infine tiene a bada, o spera di tenere a bada, i neocon guerrafondai», che probabilmente hanno ispirato «l’atto di guerra irresponsabile turco».




Morale: come dice Papa Francesco, la Terza Guerra Mondiale (a rate) è già iniziata.


Ci stiamo scivolando dentro.





E sul ponte di comando ci sono troppe mezze figure.





E’ peggio che nella “crisi dei missili” di Cuba del 1962: all’epoca, Kennedy aveva il pieno controllo del suo esercito, e non era previsto nessun “first strike”, cioè il lancio non provocato di un attacco nucleare, ma solo la ritorsione nucleare.






E soprattutto, «la crisi sistemica non era nemmeno iniziata», mentre oggi «sta dirigendosi velocemente verso lo showdown».



Ormai, scrive “Piotr” sul newsmagazine fondato da Giulietto Chiesa, è evidente a tutti che «la cosiddetta guerra civile siriana» è in realtà «un attacco sponsorizzato dagli ex partner dell’accordo Sykes-Picot contratto durante la I Guerra Mondiale, cioè Gran Bretagna e Francia, poi istigato ideologicamente, finanziato e armato dall’Arabia Saudita, dal Qatar, dalla Turchia, col concorso attivo di Israele, e condotto da mercenari e volontari jihadisti provenienti da 83 paesi differenti».



Altro che “guerra civile”. «Questo attacco – ricorda “Megachip” – fu deciso nel 2007 dall’allora vicepresidente statunitense Dick Cheney, su insistenza dei suoi consiglieri neocon, ed è stato preparato da quella vasta operazione di regime change chiamata “primavera araba”, che ha illuso la sinistra fino a farla vaneggiare, come successe a Rossana Rossanda».


Un’operazione che «doveva portare uniformemente i Fratelli Musulmani al governo in Tunisia, Libia, Egitto e Siria, come già era avvenuto per vie democratiche in Turchia (anche se poi il primo ministro Erdogan ha molto poco democraticamente epurato magistratura ed esercito, per obbligo e tradizione repubblicana custodi della laicità dello Stato)».



Come testimoniato a più riprese dal generale Wesley Clark, già a capo della Nato in Europa, la Siria – come la Libia e altri paesi dell’area – era già nel mirino del Pentagono fin dal 2001.


All’epoca alla Casa Bianca c’era George W. Bush, ma il vero capo era il suo vice, Cheney, esponente di quei neocon che «avevano occupato stabilmente varie importanti funzioni di potere, dopo che il democratico Bill Clinton aveva aperto loro le porte».



Se qualcuno non lo avesse ancora capito, continua “Piotr”, il destino della Siria, come quello della Libia, e dei suoi innocenti abitanti, era stato deciso sui ponti di comando degli Stati Uniti un decennio prima della “primavera araba”, che è stata una parte dell’implementazione del piano, preceduta dal famoso discorso di Obama all’Università del Cairo, «osannato anch’esso dalla sinistra in un crescente fervore di servilismo, consapevole o idiota, per l’impero».





E chi avvertiva che si stava puntando al caos (tribalizzazione, al-qaidizzazione, flusso incontrollabile di rifugiati) verso uno stato conclamato di guerra mondiale, «veniva sbeffeggiato dagli intellettuali progressisti con un’arroganza che ora illumina impietosamente la loro cialtronaggine».








Nel caos ormai è immerso tutto il Mediterraneo, a Nord come a Sud, e l’abbattimento del bombardiere russo da parte della Turchia ha portato concretamente il mondo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale, o meglio della sua “fase conclamata”, «perché che questa guerra sia già in corso lo ha affermato anche Papa Francesco, giustamente e non a caso».






Guerra che, per “Megachip”, ha una precisa data d’inizio: 11 settembre 2001. «Finora essa si è svolta come avevano “previsto” gli strateghi della Rand Corporation negli anni Novanta del secolo scorso, ovverosia mischiando supertecnologie militari con guerre di carattere tribale e premoderno».





Oggi invece la Terza Guerra Mondiale è «sul punto di conclamarsi, così come si conclama una malattia infettiva dopo un periodo d’incubazione».






Forse, «all’ultimo momento verranno trovati degli anticorpi», per scongiurare il peggio.







Ma è impossibile evitare di vedere la realtà sotto i nostri occhi: «Mai il mondo è stato così vicino al baratro», dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.







“Megachip” si sofferma sull’improvvisa visibilità del protagonismo turco, fino a ieri rimasto sottotraccia, sostenendo che l’atto di forza di Ankara – la sfida rivolta a Putin con un’operazione di pirateria aerea – è in realtà un gesto di debolezza, che rivela paura e forse disperazione.






«Perché la Turchia ha osato tanto? Sa benissimo che in caso di conflitto nucleare l’Anatolia sarebbe ridotta a un posacenere».







Non potendo entrare «nella testa criminale di Erdogan», è possibile avanzare soltanto ipotesi.



La prima: «L’Isis tiene in ostaggio gli ex sponsor».

Uno di questi è la Francia, «che tentenna e si comporta in modo incoerente (aiuta da una parte e bombarda dall’altra)», e poi ovviamente c’è la Turchia, tramortita dall’intervento militare russo in Siria e preoccupata che l’alleato americano la abbandoni, lasciandole in eredità «l’inaccettabile Kurdistan alle frontiere».



Deduzioni verosimili: «Non è impossibile che i capi dell’Isis abbiano fatto capire a Erdogan che, se non reagisce alla Russia, a Istanbul ci potrebbe essere un attacco terroristico come una Parigi al quadrato», considerato che da almeno un anno la città «pullula di jihadisti», con «chissà quante cellule pronte» tra le due rive del Bosforo.





Seconda ipotesi: Erdogan è «disperato», perché «da una parte c’è il martello del suo mostro di Frankenstein (in condominio conflittuale coi campioni delle crocifissioni, delle decapitazioni, delle frustate e delle lapidazioni che sono a capo dell’Arabia Saudita, che di fatto, protetti da un accordo ormai cinquantennale con gli Usa, formano un Isis con seggio all’Onu)», e dall’altra c’è «l’incudine degli accordi tra Putin e Obama».




Non è un caso, scrive “Megachip”, che Erdoğan abbia deciso di abbattere un aereo russo pochissimi giorni dopo il G20 di Antalya, «dove è evidente che c’è stato un ulteriore accordo tra Obama e la Russia» (non tra l’America e la Russia, «perché la Russia è compatta dietro a Putin, ma gli Usa non lo sono affatto dietro a Obama dato che altri perseguono propri piani, addirittura peggiori e più spaventosi»).



È stata dunque questa “disperazione” a suggerire a Erdogan un atto di tale gravità?





Formalmente, Obama ha preso le parti della Turchia.



Ovvio: se l’avesse scaricata, «come avrebbe reagito il già disperato Fratello Musulmano, che sa benissimo che si è messo una polveriera sotto il culo da solo?».






Così, Obama può ancora pensare di controllare la Turchia, almeno un po’, magari con l’aiuto dei militari non epurati da Ergogan, in attesa di capire come sbarazzarsi del leader di Ankara.



Schierandosi (solo a parole) contro Putin, Obama spera di tener buoni i “falchi” neocon, evitando peraltro di sacrificare l’avamposto della Nato in Medio Oriente.



Ma, se anche quello di Obama è solo teatro, la situazione resta pericolosissima.





Molto peggio dello scenario da incubo della crisi di Cuba, quando Usa e Urss arrivarono a un millimetro dalla guerra nucleare.





Diversamente da allora, ricorda “Megachip”, oggi c’è il rischio concreto del “first strike”, l’attacco missilistico preventivo, progettato dal Pentagono su mandato di George W. Bush.




Obama ha frenato: dal 2010 è tornato «al solo uso del nucleare come deterrente ad attacchi nucleari». Ma cosa accadrà domani?






In più, c’è da considerare che Obama – a differenza del Kennedy del 1962 – pare abbia un controllo non completo sulle sue forze armate, «vedi il generale John Allen che paracadutava le armi all’Isis invece di buttargli le bombe». Infine, negli anni ‘60 l’Occidente era in piena, travolgente espansione
.


Oggi è in crisi, ininterrottamente, dal 2007.


E non si vede via d’uscita, da una globalizzazione forsennata e irresponsabile, che ha finanziarizzato l’economia globale e gravemente indebolito Usa ed Europa con la catastrofe occupazionale delle delocalizzazioni, prima ancora che subentrasse il colpo di grazia dell’austerity Ue indotta dal regime monetario dell’euro.


C’è un rischio concreto di collasso, anche eventualmente pilotato, per sbarrare la strada all’ascesa storica della Cina.






Che fare, nel nostro piccolo?


«A parte sperare che i russi continuino a mantenere il sangue freddo che stanno dimostrando, non possiamo fare nulla se non rivendichiamo la neutralità dell’Italia», conclude “Piotr”.

«Questo è quanto dobbiamo fare, per noi, per i nostri figli, per il mondo».
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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Che fare, nel nostro piccolo?


«A parte sperare che i russi continuino a mantenere il sangue freddo che stanno dimostrando, non possiamo fare nulla se non rivendichiamo la neutralità dell’Italia», conclude “Piotr”.

«Questo è quanto dobbiamo fare, per noi, per i nostri figli, per il mondo».





QUESTO LO CHIEDO ANCHE A VOI SPERANDO CHE POSSIATE DARE DELLE RISPOSTE.
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DALLA TURCHIA ALLA SIRIA, DAL MALI ALLA LIBIA, PASSANDO PER LA TUNISIA,
LA FRANCIA E IL BELGIO.


NON DITEMI CHE FRANCESCO AVEVA TORTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!








Avvocato dei curdi ucciso, scontri a Istanbul

Proteste dopo gli spari in strada (video) a Diyarbarkir contro il legale che diceva: “Pkk? Non è terrorista”

JET RUSSO, ERDOGAN TENDE MANO A PUTIN: “NON DOVEVA SUCCEDERE, SPERO NON ACCADA PIU'”




Turchia, ucciso il capo degli avvocati curdi: scontri a Istanbul. Erdogan: “Giusta la nostra lotta contro il terrorismo”


Tahir Elci, 49 anni, è morto in una sparatoria tra i poliziotti e gli attentatori durante una conferenza stampa in strada a Diyarbakir, nel sud-est del Paese. Era in attesa di giudizio per aver dichiarato in tv di non ritenere il Pkk un'organizzazione terroristica. Ambasciatore Usa: "Scioccato"

di F. Q. | 28 novembre 2015


http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... o/2261101/
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ITALIA


La Qualunque non vede l'ora che accada, così potrà dominare 60 milioni di tricolori





29 nov 2015 14:06
IL TERRORE DELLA RETE
- RENZI PREPARA UN PIANO PER OSCURARE INTERNET IN CASO DI ATTENTATO. LA “CYBER-SECURITY” VUOL DIRE ENORMI POTERI IN MANO A GOVERNO E SERVIZI, CHE POTRANNO AGIRE SU WEB E CELLULARI

Palazzo Chigi prepara un decreto che concentrerà tutti i poteri d' emergenza alla Presidenza del Consiglio. Militari, servizi segreti, forze di polizia: il governo creerà un tavolo comune per coordinare la prevenzione e la risposta agli attentati. E poi si studia l’accesso ai dati sensibili, anche all’estero…

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 113964.htm
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ITALIA



"Evitare le gite scolastiche". Europa sconsigliata agli studenti

Renzi lancia l'appello: "Chiudersi in casa vorrebbe dire darla vinta ai professionisti del terrore". Ma cade nel vuoto. Israele stoppa le gite scolastiche in Europa. Ed è allarme crescita
Franco Grilli - Dom, 29/11/2015 - 21:26


Il terrorismo islamico e la paura scatenata dagli attacchi di Parigi minacciano la fiducia dei cittadini europei e potrebbero minare la ripresa, ancora esposta a rischi a livello internazionale e non abbastanza robusta da reggere a troppe scosse.

Quello lanciato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non è un vero e proprio allarme quanto un invito, condiviso in pieno dal premier Matteo Renzi, a non farsi prendere dal panico, a non cambiare abitudini di vita (e di spesa) e, sopratutto, per quanto riguarda le istituzioni e il governo, a non farsi cogliere impreparati da eventuali ripercussioni, anche economiche, del clima negativo seguito alla strage dell'Isis. Eppure, nel timore di nuovi attentati il ministero israeliano dell'Istruzione sconsiglia adesso vivamente alle scolaresche di recarsi in visita nella maggiori capitali europee.

Renzi condivide la preoccupazione che questo clima pesante possa bloccare il percorso di ripresa già avviato in Italia dei consumi interni. Tuttavia, sottolinea che "il messaggio che l’Italia può dare è quello positivo di ripartenza, certo senza sottovalutare i rischi che ci sono". "Non sottovalutiamo niente. - si affretta a precisare - certamente c’è un clima diverso rispetto a quello di un mese fa, anche nelle attese dei consumatori. Ma la vera questione oggi - conclude parlando delle stime pil - non è certamente come finisce il dato dello zero virgola, su cui peraltro confermiamo al momento le previsioni, ma una grande scommessa identitaria e culturale. Cioè che se l’Italia, se l’Europa si chiude in casa, hanno vinto loro, ha vinto quelli che vogliono il terrore". Eppure, aldilà dei buoni propositi, la paura cresce. Dalla serata di venerdì 13 novembre qualcosa, però, è innegabilmente cambiato. Tanto che si moltiplicano le veline che invitano i turiti a non visitare le capitali europee. I primi a lanciare l'allarme erano stati gli americani. Adesso, a stretto giro, è la volta degli israeliani. "Gli istituti scolastici che malgrado l’avvertimento ufficiale intendessero egualmente inviare scolaresche in Europa - ha avvertito oggi il ministero dell'Istruzione - faranno bene ad evitare le città maggiori, a non ricorrere ai trasporti pubblici e a non consentire in alcun caso agli allievi di spostarsi da soli". Questi provvedimenti non riguardano esclusivamente la Polonia dove, invece, proseguono le consuete visite studio di scolaresche israeliane nelle località dove si è compiuto lo sterminio di ebrei nella Seconda Guerra Mondiale.

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/nie ... 99633.html
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Libia, fortezza del Califfato: il terrore è alle porte della Ue


Scoperto il piano di emergenza per sfuggire all’offensiva sempre più serrata dei raid aerei su Raqqa e sulle altre roccaforti in Siria e in Iraq. Il gruppo dirigente dell’Isis prepara la ritirata a Sirte. Così la Libia diventerebbe il nuovo fulcro dello Stato islamico

Sergio Rame - Dom, 29/11/2015 - 21:2
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lib ... 99624.html
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Guerra-Islam: stesso film da 25 anni, e ancora ci crediamo


Scritto il 30/11/15 • nella Categoria: idee


Dieci giorni dopo il sanguinoso raid di Parigi, è difficile trovare qualcosa da dire su questa guerra che non sia già stato detto.

E’ infatti già passato un quarto di secolo «e almeno mezza dozzina di crisi analoghe dall’operazione Desert Storm, ufficialmente organizzata per “liberare il Kuwait”, che oggi è fra i principali finanziatori dell’Isis», scrive Alessandra Daniele su “Carmilla Online”.

«E ancora una volta tutti i commenti sono identici.

Da una parte si continua a fomentare la paranoia xenofoba, e ad invocare il fuoco redentore dei bombardamenti, come se non si fosse già mille volte dimostrato prevedibilmente capace solo di diffondere l’incendio che dovrebbe estinguere, sterminando ben più civili degli attentati terroristici, e allargando sempre di più il campo di battaglia».

Dall’altra, si continua pazientemente a denunciare tutte le complicità economico-politiche fra presunti nemici, le strumentalizzazioni repressive e golpiste dello Stato d’Emergenza permanente, e si continua ad evidenziare le differenze nel mondo islamico fra minoranze bellicose e maggioranze pacifiche, «benché l’opinione pubblica occidentale abbia già mille volte dimostrato di fottersene totalmente di verità, giustizia, logica, ragionevolezza».


L’opinione pubblica occidentale sembra interessata «solo alle bufale sulle armi chimiche di Saddam, Bin Laden, Al Baghdadi, e sulle false suore kamikaze in agguato per il Giubileo, che già circolavano nel 2000».

I media “embedded”, aggiunge la Daniele, continuano a spacciare ogni attacco terroristico «come una Pearl Harbor completamente inattesa, una “dichiarazione di guerra” improvvisa e unilaterale da parte d’una (eterogenea) fazione che l’Occidente sta in realtà direttamente bombardando da venticinque anni, dopo averla direttamente creata in funzione anti Urss», ai tempi dell’invasione sovietica dell’Afghanistan.

«Alcuni di noi – commenta l’analista, desolata – hanno scritto queste cose per la prima volta in un tema scolastico».

I più giovani «non erano ancora nati, e non hanno mai conosciuto un mondo senza Scontro di Civiltà».

Nel gennaio 1991, quello della prima Guerra del Golfo, «Schillaci giocava in Nazionale», e «il World Wide Web non esisteva, c’era il Televideo».


Il presidente del consiglio era Andreotti, il presidente degli Usa «era George Bush. Padre».


All’epoca, «Antonio Lubrano spiegava su Raitre come usare una maschera antigas, mentre su Canale 5 arrivava in Italia la prima originale serie di Twin Peaks».

Venticinque anni: «In quale Loggia Nera siamo prigionieri, condannati a rivivere in eterno il debutto del Tg4 di Emilio Fede che esulta “hanno attaccato”?», si domanda Alessandra Daniele.

«Quale degli inferni paralleli del Bardo Thodol ci siamo meritati, e c’è ancora qualcosa che possiamo fare per uscirne?».

È questo che dovremmo chiederci, conclude l’analista: «Non se rischiamo la vita, ma se non siamo in realtà già morti. Da almeno venticinque anni».
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Zonaeuro
Turchia, il silenzio dell’Europa: contro l’Isis va bene anche il governo autoritario di Erdogan
di Monica Frassoni | 28 novembre 2015
Commenti (37)



Immaginate se a freddo, per un articolo scritto mesi prima, il direttore del Fatto Quotidiano venisse arrestato e accusato di gravi reati. E quello che è successo giovedì a Can Dündar, caporedattore del quotidiano turco Cumhuriyet, arrestato insieme al responsabile della redazione di Ankara Erdem Gül. Sono accusati di spionaggio, divulgazione di segreti di Stato, di essere membri di un’organizzazione terroristica e di aver violato la sicurezza di Stato attraverso la divulgazione di materiale segreto. Accuse che possono portare a una condanna all’ergastolo. Ciò a causa di un articolo pubblicato lo scorso mese di maggio, su presunte forniture di armi ai ribelli siriani da parte dell’Organizzazione dell’Intelligence Nazionale Turca, che confermano l’ambiguità quando non la connivenza della Turchia o di parti importanti di quello che da quelle parti si chiama lo “Stato profondo” con l’Is. Il loro giornale aveva fornito prove fotografiche e video a sostegno dell’articolo. Ieri Erdogan ha affermato che quello che veniva denunciato da Cumhuriyet era totalmente indifferente rispetto alla gravità del fatto di avere divulgato materiale non pubblico.

Turchia, proteste arresto giornalisti quotidiano Cumhuriyet a Istanbul


Già questa dichiarazione la dice molto lunga sulla concezione del Presidente turco del ruolo della stampa. Se un giudice dovesse confermare la richiesta del procuratore, arriverebbe un gravissimo segnale sulla libertà di stampa in Turchia. Solo pochi giorni fa a Strasburgo Can Dündar ha ricevuto per il suo impegno il premio 2015 per la libertà di stampa istituito da Reporters Sans Frontières. E gli Usa si sono affrettati ad esprimere preoccupazione per l’arresto dei due giornalisti. Ho incontrato Can Dündar ad Istanbul solo un mese fa. Temeva l’arresto nel caso in cui Erdogan avesse vinto le elezioni, ed è andata esattamente così.

Stamattina, poi la notizia terribile dell’uccisione di Tahir Elci, il conosciutissimo capo degli avvocati curdi, che era stato arrestato e poi rilasciato qualche settimana fa, riporta al centro dell’attenzione l’estrema instabilità e violenza nella regione curda del paese, e la responsabilità del governo nella grave escalation del conflitto dopo due anni di processo di pace che parevano avviato a una soluzione positiva solo pochissimi mesi fa.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... n/2261242/
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