Renzi
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Re: Renzi
Qualcuno si è accorto del nuovo MIN CUL POP
Retroscena\Renzi si “nasconde” dietro l’Isis e inaugura il nuovo Minculpop
30/11/2015 di triskel182
A pensare male si fa peccato, a maggior ragione all’inizio dell’avvento. Però i. un fatto che Matteo Renzi, dedicandosi interamente a esternare sulle emergenze internazionali, tende a glissare sui guai intestini: la situazione economica, l’UE che storce il naso sulla legge di stabilità, il partito che traballa, le grane irrisolte delle candidature alle amministrative.
Riempirei discorsi — e di conseguenza i resoconti dei giornali — con l’impegno italiano in Medio Oriente, gli avvertimenti agli alleati, l’elogio della …risposta italiana vincente gli inviti a non chiudersi in casa, a non cedere alle risposte muscolari»: ecco la nuova politica renziana.
Tulle frasi a effetto che producono titoli da prima pagina e lasciano che la nebbia avvolga la gestione delle altre questioni.
Tanto più che nelle parole del presidente del Consiglio si cercano invano prese di posizione nette, perché la linea è quella della prudenza più prudente, della cautela più cauta.
Il premier non ha nessuna intenzione di schierare truppe o mezzi operativi, di mettere gli scarponi a terra, come s’usa dire.
Una scelta giusta quanto dettata non da una strategia, ma dal suo opposto: appunto l'assenza di una strategia.
Le cortine fumogene sono indubbiamente un cavallo di battaglia del repertorio mediatico renziano.
Alzare polveroni per sottrarre all’opinione pubblica altri temi.
La salute del partito, ad esempio: i sondaggi concordano nel dire che, se si votasse domani, il Pd sarebbe il primo partito ma poco sopra il 3o per cento, lontano anni luce dall’exploit delle europee 2014 e soprattutto dalle percentuali che garantirebbero la vittoria al primo turno, e rischierebbe grossissimo se andasse al ballottaggio con i grillini.
Vogliamo parlarne? Meglio di no.
E le situazioni locali, dove i cacicchi di periferia ostacolano in ogni modo le strategie del segretario-premier in vista delle elezioni amministrative?
Pochi hanno messo il naso su quello che succede nel Pd bolognese, in mano ai cuperliani che vogliono decidere in totale autonomia il nome del prossimo sindaco.
L’attuale, Virginio Merola, è inviso al partito, alle coup (ha bloccato vari progetti di espansione urbanistica) e agli industriali; l’incubo grillino incombe; il centro destra non è pervenuto.
Ma guai a mettere becco nella federazione bolognese.
A Milano sta esplodendo il conflitto tra il sindaco uscente, Giuliano Pisapia, e il candidato in pectore del Pd, l’ex commissario Expo Giuseppe Sala.
A Torino non si sa come affrontare l’insofferenza dell’ex ministro Piero Passino che sta chiudendo un quinquennio che non vuole ripetere.
A Napoli è clamoroso lo scontro con Antonio Bassolino, che intende ripresentarsi a ogni costo, saltando regole vecchie e nuove, per dare una lezione al quarantenne di Firenze.
E poi c’è il caso più intricato, quello della capitale, una crisi tutta interna al Pd che ha fatto dimettere uno dei suoi, Ignazio Marino, e non sa dove sbattere la testa per scegliere un nome che possa almeno giocarsela.
L’enfasi renziana che tenta di costruire un’immagine da statista su misura per il premier lascia in secondo piano questi nodi irrisolti del Pd.
Importanti scelte che danno la misura delle intenzioni di un leader vengono declassate a intrighi di corridoio, scaramucce di corte.
Ma purtroppo per Palazzo Chigi i guai non sono finiti.
La legge di stabilità, infatti, non è stata promossa dall’Ue ma congelata: vedremo a primavera, hanno sentenziato i contabili di Bruxelles preoccupati da una manovra espansiva priva di tagli e coperta sostanzialmente da un maggior deficit.
Anche in questo caso, meglio parlare d’altro. E per essere più sicuro di raggiungere l’obiettivo, il premier sta chiudendo un’operazione magistrale, gli va riconosciuto: l’arrivo a Repubblica di Mario Calabresi, uno dei direttori che più hanno scommesso sul Rottamatore, e la normalizzazione renziana delle principali testate giornalistiche fornirà un’impareggiabile cassa di risonanza per le imprese del presidente del Consiglio.
Da ilsussidiario.net
http://www.ilsussidiario.net/News/Polit ... op/659778/
Retroscena\Renzi si “nasconde” dietro l’Isis e inaugura il nuovo Minculpop
30/11/2015 di triskel182
A pensare male si fa peccato, a maggior ragione all’inizio dell’avvento. Però i. un fatto che Matteo Renzi, dedicandosi interamente a esternare sulle emergenze internazionali, tende a glissare sui guai intestini: la situazione economica, l’UE che storce il naso sulla legge di stabilità, il partito che traballa, le grane irrisolte delle candidature alle amministrative.
Riempirei discorsi — e di conseguenza i resoconti dei giornali — con l’impegno italiano in Medio Oriente, gli avvertimenti agli alleati, l’elogio della …risposta italiana vincente gli inviti a non chiudersi in casa, a non cedere alle risposte muscolari»: ecco la nuova politica renziana.
Tulle frasi a effetto che producono titoli da prima pagina e lasciano che la nebbia avvolga la gestione delle altre questioni.
Tanto più che nelle parole del presidente del Consiglio si cercano invano prese di posizione nette, perché la linea è quella della prudenza più prudente, della cautela più cauta.
Il premier non ha nessuna intenzione di schierare truppe o mezzi operativi, di mettere gli scarponi a terra, come s’usa dire.
Una scelta giusta quanto dettata non da una strategia, ma dal suo opposto: appunto l'assenza di una strategia.
Le cortine fumogene sono indubbiamente un cavallo di battaglia del repertorio mediatico renziano.
Alzare polveroni per sottrarre all’opinione pubblica altri temi.
La salute del partito, ad esempio: i sondaggi concordano nel dire che, se si votasse domani, il Pd sarebbe il primo partito ma poco sopra il 3o per cento, lontano anni luce dall’exploit delle europee 2014 e soprattutto dalle percentuali che garantirebbero la vittoria al primo turno, e rischierebbe grossissimo se andasse al ballottaggio con i grillini.
Vogliamo parlarne? Meglio di no.
E le situazioni locali, dove i cacicchi di periferia ostacolano in ogni modo le strategie del segretario-premier in vista delle elezioni amministrative?
Pochi hanno messo il naso su quello che succede nel Pd bolognese, in mano ai cuperliani che vogliono decidere in totale autonomia il nome del prossimo sindaco.
L’attuale, Virginio Merola, è inviso al partito, alle coup (ha bloccato vari progetti di espansione urbanistica) e agli industriali; l’incubo grillino incombe; il centro destra non è pervenuto.
Ma guai a mettere becco nella federazione bolognese.
A Milano sta esplodendo il conflitto tra il sindaco uscente, Giuliano Pisapia, e il candidato in pectore del Pd, l’ex commissario Expo Giuseppe Sala.
A Torino non si sa come affrontare l’insofferenza dell’ex ministro Piero Passino che sta chiudendo un quinquennio che non vuole ripetere.
A Napoli è clamoroso lo scontro con Antonio Bassolino, che intende ripresentarsi a ogni costo, saltando regole vecchie e nuove, per dare una lezione al quarantenne di Firenze.
E poi c’è il caso più intricato, quello della capitale, una crisi tutta interna al Pd che ha fatto dimettere uno dei suoi, Ignazio Marino, e non sa dove sbattere la testa per scegliere un nome che possa almeno giocarsela.
L’enfasi renziana che tenta di costruire un’immagine da statista su misura per il premier lascia in secondo piano questi nodi irrisolti del Pd.
Importanti scelte che danno la misura delle intenzioni di un leader vengono declassate a intrighi di corridoio, scaramucce di corte.
Ma purtroppo per Palazzo Chigi i guai non sono finiti.
La legge di stabilità, infatti, non è stata promossa dall’Ue ma congelata: vedremo a primavera, hanno sentenziato i contabili di Bruxelles preoccupati da una manovra espansiva priva di tagli e coperta sostanzialmente da un maggior deficit.
Anche in questo caso, meglio parlare d’altro. E per essere più sicuro di raggiungere l’obiettivo, il premier sta chiudendo un’operazione magistrale, gli va riconosciuto: l’arrivo a Repubblica di Mario Calabresi, uno dei direttori che più hanno scommesso sul Rottamatore, e la normalizzazione renziana delle principali testate giornalistiche fornirà un’impareggiabile cassa di risonanza per le imprese del presidente del Consiglio.
Da ilsussidiario.net
http://www.ilsussidiario.net/News/Polit ... op/659778/
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Re: Renzi
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/2015/ ... -futuro-2/
Expo Dopo Expo. Tutti celebrano in maniera molto retorica e enfatica Expo come fosse stato un grandissimo successo. Dai nostri
calcoli si può prevedere che il buco di bilancio di Expo sarà dai 200 ai 400 milioni di euro. Un altro problema che potrà pesare
sui conti definitivi di Expo è quello degli extracosti e quello delle bonifiche. I veri problemi di Expo cominciano adesso.
Un saluto agli amici del blog di Beppe Grillo. È diventato obbligatorio celebrare, applaudire, glorificare il successo di Expo
perché Expo ci è stato presentato come l’icona dell’Italia che riparte. Vediamo, è stato davvero un successo? Guardiamo i fatti,
guardiamo le cifre e guardiamo la sorte del dopo Expo. Ci hanno detto che i biglietti venduti sono stati oltre 22 milioni, in
realtà secondo i calcoli e i dati che da dentro Expo sono filtrati e che il Fatto Quotidiano ha raccolto, i visitatori veri,
quelli paganti, sono stati attorno ai 18 milioni. Con lo stesso risultato, l’Expo di Hannover nel 2000 è stato qualificato come
il flop del millennio. Ormai le cifre, quelle da guardare, non sono più tanto quelle dei visitatori, ma quelle del bilancio, il
prezzo medio del biglietto è stato molto abbassato per ottenere gli ingressi degli ultimi 3 mesi, dopo che invece i primi 3 mesi
Expo era abbastanza vuoto, cosa è successo? Costo del biglietto medio molto abbassato, grandi sconti, proprio saldi di fine
stagione abbassamento delle entrate, certamente non un successo. Poi c’è chi dice però: non si può giudicare Expo soltanto dai
soldi, dalle cifre, bisogna anche vedere il lascito morale di Expo, benissimo qual è il lascito morale di Expo? La famosa Carta
di Milano che si è proposta addirittura di risolvere un problema globale come quello della fame nel mondo, ci è riuscita? No, la
Carta di Milano è un elenco di buone intenzioni senza vincoli per i paesi che l’hanno firmata, dunque probabilmente resterà sulla
carta. D’altra parte le organizzazioni, le Ong più qualificate che hanno anche partecipato alla stesura della Carta di Milano
alla fine non l’hanno firmata, perché? Vi leggo alcune risposte: Slow Food Italia dice: la Carta di Milano è solo un rassicurante
elenco di buone intenzioni, abbiamo deciso di non firmarla perché non tocca alcuni nodi a la proprietà dei semi, l’acqua come
bene comune, i cambiamenti climatici. Caritas internazionalis ha dichiarato: “è una carta scritta dai ricchi per i ricchi non
parla di speculazione finanziaria, accaparramento delle terre, diffusione degli Ogm, perdita della biodiversità, clima,
speculazioni finanziarie sul cibo, acqua, desertificazioni, biocombustibili”, insomma. non mi pare un giudizio molto lusinghiero.
Il grande problema a questo punto è il dopo. Lì abbiamo un’area immensa di oltre 1 milione di metri quadrati che dovrà trovare un
suo utilizzo perché su quell’area sono stati impiegati due miliardi e 400 milioni di denaro pubblico, di soldi nostri, cosa
succederà di quell’area? Intanto non abbiamo quell’effetto che ci avevano promesso, ci promettevano 200 mila posti di lavoro
nuovi? Non ce ne è traccia, in Lombardia l’occupazione è ancora in calo, ci promettevano aumenti del Pil di 1, 2, 3, 4 punti? Non
ci pare l’aumento del Pil è di 0, ed è dato da altri fattori non certo da Expo. Cosa succederà almeno dopo di quell’area? Le idee
non potevano essere più confuse di così: intanto c’è il peccato originale di Expo quell’area è stata comprata per la prima volta
nella storia degli Expo di tutto il mondo, con i soldi pubblici perché l’Expo per la prima volta è stato realizzato su aree
private, così sostanzialmente il Comune di Milano e la Regione Lombardia hanno dovuto indebitarsi con le banche, per circa 200
milioni, chi restituirà quei soldi al Comune di Milano e a Regione Lombardia? Ancora non lo sappiamo, è stata fatta un’asta per
rivendere quelle aree nel novembre 2014 nessuno si è presentato.
C’è questo peccato originale e poi c’è il cosa farci, il cosa fare dopo. Le idee che sono uscite finora sono di trasportare sul
sito di Expo le facoltà scientifiche dell’università statale è un’idea del Rettore della statale Gianluca Vago, ottima idea ma
con quali soldi? Con quale regia? Con quali tempi? Assolombarda ha detto: accanto alle facoltà scientifiche dell’università
statale, possiamo metterci una zona di imprese, le imprese tecnologiche che possono trasportarsi lì, trasferirsi lì, sì ma anche
lì con quale sicurezza, certezza, tempi regia non lo sappiamo, l’idea del governo per risolvere ogni problema è stata annunciata
in grande pompa dicendo: faremo un centro di ricerca, un grande centro di ricerca che farà di quell’area la Silicon Valley
dell’Italia, porteremo lì l’istituzione italiano di tecnologie che ora ha sede a Genova e due altri piccoli di ricerca uno che ha
sede a Trento e l’altro che ha sede a Torino e faremo di quell’area un posto prezioso per la ricerca genomica, per i big date
etc., bellissimo anche questo ma andiamo a vedere le cifre, questi centri di ricerca occupano nel progetto originale 30 mila
metri quadrati nel progetto annunciato con grande pompa 70 mila metri quadrati è meno di 1/10 dell’area e tutto il resto?
Come si fa a riempire questa area che altrimenti rischia di restare il più grande squat d’Europa? Questo è tutto da vedere e lo
dovremo vedere nei prossimi 10/20 anni. I veri problemi di Expo cominciano adesso, passate parola!
------------
Ciao
Paolo11
Expo Dopo Expo. Tutti celebrano in maniera molto retorica e enfatica Expo come fosse stato un grandissimo successo. Dai nostri
calcoli si può prevedere che il buco di bilancio di Expo sarà dai 200 ai 400 milioni di euro. Un altro problema che potrà pesare
sui conti definitivi di Expo è quello degli extracosti e quello delle bonifiche. I veri problemi di Expo cominciano adesso.
Un saluto agli amici del blog di Beppe Grillo. È diventato obbligatorio celebrare, applaudire, glorificare il successo di Expo
perché Expo ci è stato presentato come l’icona dell’Italia che riparte. Vediamo, è stato davvero un successo? Guardiamo i fatti,
guardiamo le cifre e guardiamo la sorte del dopo Expo. Ci hanno detto che i biglietti venduti sono stati oltre 22 milioni, in
realtà secondo i calcoli e i dati che da dentro Expo sono filtrati e che il Fatto Quotidiano ha raccolto, i visitatori veri,
quelli paganti, sono stati attorno ai 18 milioni. Con lo stesso risultato, l’Expo di Hannover nel 2000 è stato qualificato come
il flop del millennio. Ormai le cifre, quelle da guardare, non sono più tanto quelle dei visitatori, ma quelle del bilancio, il
prezzo medio del biglietto è stato molto abbassato per ottenere gli ingressi degli ultimi 3 mesi, dopo che invece i primi 3 mesi
Expo era abbastanza vuoto, cosa è successo? Costo del biglietto medio molto abbassato, grandi sconti, proprio saldi di fine
stagione abbassamento delle entrate, certamente non un successo. Poi c’è chi dice però: non si può giudicare Expo soltanto dai
soldi, dalle cifre, bisogna anche vedere il lascito morale di Expo, benissimo qual è il lascito morale di Expo? La famosa Carta
di Milano che si è proposta addirittura di risolvere un problema globale come quello della fame nel mondo, ci è riuscita? No, la
Carta di Milano è un elenco di buone intenzioni senza vincoli per i paesi che l’hanno firmata, dunque probabilmente resterà sulla
carta. D’altra parte le organizzazioni, le Ong più qualificate che hanno anche partecipato alla stesura della Carta di Milano
alla fine non l’hanno firmata, perché? Vi leggo alcune risposte: Slow Food Italia dice: la Carta di Milano è solo un rassicurante
elenco di buone intenzioni, abbiamo deciso di non firmarla perché non tocca alcuni nodi a la proprietà dei semi, l’acqua come
bene comune, i cambiamenti climatici. Caritas internazionalis ha dichiarato: “è una carta scritta dai ricchi per i ricchi non
parla di speculazione finanziaria, accaparramento delle terre, diffusione degli Ogm, perdita della biodiversità, clima,
speculazioni finanziarie sul cibo, acqua, desertificazioni, biocombustibili”, insomma. non mi pare un giudizio molto lusinghiero.
Il grande problema a questo punto è il dopo. Lì abbiamo un’area immensa di oltre 1 milione di metri quadrati che dovrà trovare un
suo utilizzo perché su quell’area sono stati impiegati due miliardi e 400 milioni di denaro pubblico, di soldi nostri, cosa
succederà di quell’area? Intanto non abbiamo quell’effetto che ci avevano promesso, ci promettevano 200 mila posti di lavoro
nuovi? Non ce ne è traccia, in Lombardia l’occupazione è ancora in calo, ci promettevano aumenti del Pil di 1, 2, 3, 4 punti? Non
ci pare l’aumento del Pil è di 0, ed è dato da altri fattori non certo da Expo. Cosa succederà almeno dopo di quell’area? Le idee
non potevano essere più confuse di così: intanto c’è il peccato originale di Expo quell’area è stata comprata per la prima volta
nella storia degli Expo di tutto il mondo, con i soldi pubblici perché l’Expo per la prima volta è stato realizzato su aree
private, così sostanzialmente il Comune di Milano e la Regione Lombardia hanno dovuto indebitarsi con le banche, per circa 200
milioni, chi restituirà quei soldi al Comune di Milano e a Regione Lombardia? Ancora non lo sappiamo, è stata fatta un’asta per
rivendere quelle aree nel novembre 2014 nessuno si è presentato.
C’è questo peccato originale e poi c’è il cosa farci, il cosa fare dopo. Le idee che sono uscite finora sono di trasportare sul
sito di Expo le facoltà scientifiche dell’università statale è un’idea del Rettore della statale Gianluca Vago, ottima idea ma
con quali soldi? Con quale regia? Con quali tempi? Assolombarda ha detto: accanto alle facoltà scientifiche dell’università
statale, possiamo metterci una zona di imprese, le imprese tecnologiche che possono trasportarsi lì, trasferirsi lì, sì ma anche
lì con quale sicurezza, certezza, tempi regia non lo sappiamo, l’idea del governo per risolvere ogni problema è stata annunciata
in grande pompa dicendo: faremo un centro di ricerca, un grande centro di ricerca che farà di quell’area la Silicon Valley
dell’Italia, porteremo lì l’istituzione italiano di tecnologie che ora ha sede a Genova e due altri piccoli di ricerca uno che ha
sede a Trento e l’altro che ha sede a Torino e faremo di quell’area un posto prezioso per la ricerca genomica, per i big date
etc., bellissimo anche questo ma andiamo a vedere le cifre, questi centri di ricerca occupano nel progetto originale 30 mila
metri quadrati nel progetto annunciato con grande pompa 70 mila metri quadrati è meno di 1/10 dell’area e tutto il resto?
Come si fa a riempire questa area che altrimenti rischia di restare il più grande squat d’Europa? Questo è tutto da vedere e lo
dovremo vedere nei prossimi 10/20 anni. I veri problemi di Expo cominciano adesso, passate parola!
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Paolo11
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Re: Renzi
Più danni della grandine
(Andrea Scanzi)
30/11/2015 di triskel182
“Taggare i terroristi”: se lo avessi messo nel mio romanzo, parlando del Premier Bacarozzi che domina il paese immaginario de “La vita è un ballo fuori tempo”, avrei temuto di esagerare con la satira. Ma è da un pezzo che in Italia la realtà ha ampiamente superato farsa e tragedia. “Taggare i terroristi” è un sciocchezza a cui non sarebbe arrivato neanche gasparri. E’ un po’ come dire “pedinare i fantasmi”, “mettere sotto copertura gli elfi”, “bombardare il matrix”. Non oso pensare a quanto stiano ridendo all’estero, pensando cose tipo: “Oh, gli italiani son proprio delle sagome.
Berlusconi pareva insuperabile, ma questo citrullino sbruffone è pure peggio, ah ah ah”. Ecco: ah ah ah. Ma neanche poi tanto, perché da ridere c’è poco. Pochissimo. Questo qua è così esile (concettualmente), paradossale e caricaturale che farà più danni della grandine. E infatti li sta già facendo.
Da facebook.com/Andrea-Scanzi
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Re: Renzi
Il Sole 1.12.15
I rischi sulla ripresa obbligano Renzi a separare il test comunali da un voto su di sé
di Lina Palmerini
«Non abbiamo nessun timore sul Pil italiano», diceva Matteo Renzi da Parigi. Lui non crede a una frenata dell’economia ma il rischio esiste. E se la crescita doveva essere il vento nelle vele della campagna elettorale per le comunali, ora che il quadro internazionale non garantisce esiti certi, il premier dovrà proteggersi contro scenari in peggioramento. Per questa ragione, ieri, Luca Lotti diceva che il voto di primavera non sarà un test sul Governo proprio perchè potrebbe essere negativo.
Ma l’unica via per separare le elezioni da un giudizio sul premier è puntare tutto sui candidati delle città. Scegliere nomi forti e soprattutto autonomi per distinguere i due piani, quello dell’Esecutivo da quello dei Comuni. Per la prima volta Renzi deve delegare e fare un passo indietro, disinvestire su se stesso e investire sugli aspiranti sindaci. Solo così ha un paracadute nel caso in cui la ripresa si raffreddi.
Del resto, perfino prima degli attentati di Parigi del 13 novembre erano emerse correzioni di rotta e riflessioni nuove sugli scenari globali. Ne aveva parlato in un’intervista al Sole 24 Ore del 30 ottobre Mario Draghi: «Le condizioni delle economie nel resto del mondo si sono rivelate più deboli rispetto a pochi mesi fa, in particolare nei mercati emergenti, con l’eccezione dell’India. Le previsioni di crescita mondiale sono state riviste al ribasso. Probabilmente il rallentamento non è transitorio». A questo quadro già poco rassicurante si è aggiunta la nuova crisi legata al terrorismo e al conflitto siriano e dunque le rassicurazioni lasciano un po’ il tempo che trovano.
Ieri ha provato a schiarire l’orizzonte prima il ministro Padoan che però ha confermato la previsione di crescita del 2015 – 0,9% - senza dire nulla sul 2016. Matteo Renzi si è invece inoltrato nel prossimo anno, ha usato il futuro e si è detto certo che il «Pil andrà a crescere non a diminuire». Una certezza che ha senso come affermazione politica fatta da un premier che deve infondere fiducia ma che si scontra con una realtà che offre ben pochi esiti scontati. Esiti di cui si discute tra Palazzo Chigi e l’Economia anche se le riflessioni non sono consegnate all’ufficialità. Tant’è che si aspetta con ansia la decisione della Bce di giovedì sull’ampliamento e rafforzamento del quantitative easing. Tanto più attesa per l’Italia oggi che l’Istat certifica una frenata dell’inflazione a novembre mentre il Centro studi di Confindustria segnala che il rallentamento della domanda estera continua a influenzare le prospettive di crescita.
E quindi se prima di questo scenario Renzi poteva scommettere sulla crescita economica come carta vincente per le comunali della prossima primavera, adesso dovrà pensare anche di giocare un’altra carta. E tutelarsi rispetto a un quadro economico che diventa mosso e che potrebbe anche complicare la campagna elettorale e non facilitarla. L’unica via per il premier è quella di non sbagliare le candidature dei prossimi sindaci. Se, insomma, la crescita poteva diventare un’arma di propaganda e il premier la “faccia” da affiancare alle candidature, adesso la partita dovrà essere più affidata ai candidati che ai risultati del Governo.
Per la prima volta, insomma, Renzi dovrà dare una delega forte, importante agli aspiranti sindaci che rappresenteranno il Pd a Milano, Roma, Napoli, Bologna. Per la prima volta non conterà solo la sua immagine e i suoi slogan ma dovrà costruire candidature più autonome possibile per rendere la vittoria alla portata. Insomma, la crisi e i rischi connessi impongono di cambiare gioco e non solo con le parole di Lotti ma nei fatti. E far sì che le urne non siano un test sul premier ma più sul segretario del Pd.
I rischi sulla ripresa obbligano Renzi a separare il test comunali da un voto su di sé
di Lina Palmerini
«Non abbiamo nessun timore sul Pil italiano», diceva Matteo Renzi da Parigi. Lui non crede a una frenata dell’economia ma il rischio esiste. E se la crescita doveva essere il vento nelle vele della campagna elettorale per le comunali, ora che il quadro internazionale non garantisce esiti certi, il premier dovrà proteggersi contro scenari in peggioramento. Per questa ragione, ieri, Luca Lotti diceva che il voto di primavera non sarà un test sul Governo proprio perchè potrebbe essere negativo.
Ma l’unica via per separare le elezioni da un giudizio sul premier è puntare tutto sui candidati delle città. Scegliere nomi forti e soprattutto autonomi per distinguere i due piani, quello dell’Esecutivo da quello dei Comuni. Per la prima volta Renzi deve delegare e fare un passo indietro, disinvestire su se stesso e investire sugli aspiranti sindaci. Solo così ha un paracadute nel caso in cui la ripresa si raffreddi.
Del resto, perfino prima degli attentati di Parigi del 13 novembre erano emerse correzioni di rotta e riflessioni nuove sugli scenari globali. Ne aveva parlato in un’intervista al Sole 24 Ore del 30 ottobre Mario Draghi: «Le condizioni delle economie nel resto del mondo si sono rivelate più deboli rispetto a pochi mesi fa, in particolare nei mercati emergenti, con l’eccezione dell’India. Le previsioni di crescita mondiale sono state riviste al ribasso. Probabilmente il rallentamento non è transitorio». A questo quadro già poco rassicurante si è aggiunta la nuova crisi legata al terrorismo e al conflitto siriano e dunque le rassicurazioni lasciano un po’ il tempo che trovano.
Ieri ha provato a schiarire l’orizzonte prima il ministro Padoan che però ha confermato la previsione di crescita del 2015 – 0,9% - senza dire nulla sul 2016. Matteo Renzi si è invece inoltrato nel prossimo anno, ha usato il futuro e si è detto certo che il «Pil andrà a crescere non a diminuire». Una certezza che ha senso come affermazione politica fatta da un premier che deve infondere fiducia ma che si scontra con una realtà che offre ben pochi esiti scontati. Esiti di cui si discute tra Palazzo Chigi e l’Economia anche se le riflessioni non sono consegnate all’ufficialità. Tant’è che si aspetta con ansia la decisione della Bce di giovedì sull’ampliamento e rafforzamento del quantitative easing. Tanto più attesa per l’Italia oggi che l’Istat certifica una frenata dell’inflazione a novembre mentre il Centro studi di Confindustria segnala che il rallentamento della domanda estera continua a influenzare le prospettive di crescita.
E quindi se prima di questo scenario Renzi poteva scommettere sulla crescita economica come carta vincente per le comunali della prossima primavera, adesso dovrà pensare anche di giocare un’altra carta. E tutelarsi rispetto a un quadro economico che diventa mosso e che potrebbe anche complicare la campagna elettorale e non facilitarla. L’unica via per il premier è quella di non sbagliare le candidature dei prossimi sindaci. Se, insomma, la crescita poteva diventare un’arma di propaganda e il premier la “faccia” da affiancare alle candidature, adesso la partita dovrà essere più affidata ai candidati che ai risultati del Governo.
Per la prima volta, insomma, Renzi dovrà dare una delega forte, importante agli aspiranti sindaci che rappresenteranno il Pd a Milano, Roma, Napoli, Bologna. Per la prima volta non conterà solo la sua immagine e i suoi slogan ma dovrà costruire candidature più autonome possibile per rendere la vittoria alla portata. Insomma, la crisi e i rischi connessi impongono di cambiare gioco e non solo con le parole di Lotti ma nei fatti. E far sì che le urne non siano un test sul premier ma più sul segretario del Pd.
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Re: Renzi
Corriere 1.12.15
il premier rischia di subire un ritorno di sfiducia
Gli scenari L’incertezza sull’economia accentuata dal terrorismo costringe Renzi sulla difensiva tra voci di manovra e Pd diviso
di Massimo Franco
Per un governo che investe molto sulla fiducia, la franchezza del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non è stata una sorpresa felice.
Per questo Matteo Renzi ieri da Parigi, dove è in corso il summit sul clima, si è affrettato a rassicurare; o almeno ci ha provato. Palazzo Chigi si è ritrovato a dover rintuzzare non le previsioni catastrofiche e spesso strumentali delle opposizioni, ma le inquietudini espresse da Padoan nella sua intervista al Corriere . Le sue parole in chiaroscuro hanno prodotto un effetto maggiore degli attacchi di M5S, Lega o FI.
Ora si tenta di correggere un’interpretazione distorta della crisi, che rischia di alimentare incertezza e dunque sfiducia, armando gli avversari. Anche perché la tesi secondo la quale sono state le stragi del 13 novembre nella capitale francese a complicare l’inizio di ripresa, viene contestata aspramente. Uno dei nemici pregiudiziali del governo Renzi, il capogruppo di FI alla Camera, Renato Brunetta, dice di non crederci. E accusa il premier di usare quegli attentati come alibi per coprire una situazione precaria da tempo.
Il Pil italiano «continuerà a crescere, non a diminuire», ha detto ieri Renzi. «Non abbiamo nessun timore». E ha spostato il baricentro delle preoccupazioni sui cambiamenti climatici, annunciando che destinerà 4 miliardi di euro entro il 2020: tempi un po’ biblici. Ma la preoccupazione c’è. Si intuisce dallo sforzo di diffondere ottimismo, ribadendo previsioni di crescita dello 0,9 per cento nel 2015 e dell’1,6 l’anno prossimo. Si tratta di un’operazione di rammendo non facile.
«Padoan comincia, seppure tardivamente, a dire la verità sui conti pubblici», martella Brunetta. E accusa l’Esecutivo di essere al corrente di una «situazione drammatica già prima di Parigi. Vergogna!». Il ministro dell’Economia e Palazzo Chigi sono accusati di mettere le mani avanti perché stanno preparando una manovra correttiva a primavera. Sono timori che l’opposizione vuole instillare nell’opinione pubblica, anche in vista del voto amministrativo di primavera.
L’operazione è spregiudicata, ma i contraccolpi dell’eversione sono oggettivamente di aiuto. Quanto «vale» in negativo un attentato per un governo è un argomento attualissimo: lo dimostra la Francia. Deprime l’economia, e fa decollare i partiti populisti. Se Renzi potesse disporre di un Pd unito, forse riuscirebbe a contrastare la marea montante. Ma le divisioni interne profonde e la voglia di rivincita di chi, a torto o a ragione, si sente tagliato fuori, raddoppiano le incognite
il premier rischia di subire un ritorno di sfiducia
Gli scenari L’incertezza sull’economia accentuata dal terrorismo costringe Renzi sulla difensiva tra voci di manovra e Pd diviso
di Massimo Franco
Per un governo che investe molto sulla fiducia, la franchezza del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non è stata una sorpresa felice.
Per questo Matteo Renzi ieri da Parigi, dove è in corso il summit sul clima, si è affrettato a rassicurare; o almeno ci ha provato. Palazzo Chigi si è ritrovato a dover rintuzzare non le previsioni catastrofiche e spesso strumentali delle opposizioni, ma le inquietudini espresse da Padoan nella sua intervista al Corriere . Le sue parole in chiaroscuro hanno prodotto un effetto maggiore degli attacchi di M5S, Lega o FI.
Ora si tenta di correggere un’interpretazione distorta della crisi, che rischia di alimentare incertezza e dunque sfiducia, armando gli avversari. Anche perché la tesi secondo la quale sono state le stragi del 13 novembre nella capitale francese a complicare l’inizio di ripresa, viene contestata aspramente. Uno dei nemici pregiudiziali del governo Renzi, il capogruppo di FI alla Camera, Renato Brunetta, dice di non crederci. E accusa il premier di usare quegli attentati come alibi per coprire una situazione precaria da tempo.
Il Pil italiano «continuerà a crescere, non a diminuire», ha detto ieri Renzi. «Non abbiamo nessun timore». E ha spostato il baricentro delle preoccupazioni sui cambiamenti climatici, annunciando che destinerà 4 miliardi di euro entro il 2020: tempi un po’ biblici. Ma la preoccupazione c’è. Si intuisce dallo sforzo di diffondere ottimismo, ribadendo previsioni di crescita dello 0,9 per cento nel 2015 e dell’1,6 l’anno prossimo. Si tratta di un’operazione di rammendo non facile.
«Padoan comincia, seppure tardivamente, a dire la verità sui conti pubblici», martella Brunetta. E accusa l’Esecutivo di essere al corrente di una «situazione drammatica già prima di Parigi. Vergogna!». Il ministro dell’Economia e Palazzo Chigi sono accusati di mettere le mani avanti perché stanno preparando una manovra correttiva a primavera. Sono timori che l’opposizione vuole instillare nell’opinione pubblica, anche in vista del voto amministrativo di primavera.
L’operazione è spregiudicata, ma i contraccolpi dell’eversione sono oggettivamente di aiuto. Quanto «vale» in negativo un attentato per un governo è un argomento attualissimo: lo dimostra la Francia. Deprime l’economia, e fa decollare i partiti populisti. Se Renzi potesse disporre di un Pd unito, forse riuscirebbe a contrastare la marea montante. Ma le divisioni interne profonde e la voglia di rivincita di chi, a torto o a ragione, si sente tagliato fuori, raddoppiano le incognite
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Re: Renzi
01/12/2015
La copertina di Maurizio Crozza sull'attualità.
Crozza-Bersani: "Oh, ragazzi, l'albero di Natale non lo addobbi mica con le palle che s'inventa Renzi!"
http://www.la7.it/dimartedi/video/crozz ... 015-169169
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Re: Renzi
UN TITOLO DA 110 E LODE
Se si inceppa la macchina del miele
03/12/2015 di triskel182
https://triskel182.wordpress.com/2015/1 ... more-83252
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Re: Renzi
cosa ci resta del fascismo nell’epoca di berlusconi, GRILLO e renzi
http://www.rizzoli.eu/libri/a-noi/?refresh_ce-cp
L'ultimo libro i Tommaso Cerno
PS. Perchè tra Grillo, Berlusconi e Renzi ho scelto il 3D a lui dedicato???????
Provate a guardare l'ottava fotografia in sequenza.
Spesso, La Qualunque, assume questo atteggiamento da "mascellone", come suo nonno(politico), la buonanima.
Atteggiamento che non appartiene a Silvietto e neppure a Beppe Mao.
http://www.corriere.it/foto-gallery/pol ... 87df.shtml
http://www.rizzoli.eu/libri/a-noi/?refresh_ce-cp
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PS. Perchè tra Grillo, Berlusconi e Renzi ho scelto il 3D a lui dedicato???????
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Re: Renzi
camillobenso ha scritto:cosa ci resta del fascismo nell’epoca di berlusconi, GRILLO e renzi
http://www.rizzoli.eu/libri/a-noi/?refresh_ce-cp
L'ultimo libro i Tommaso Cerno
PS. Perchè tra Grillo, Berlusconi e Renzi ho scelto il 3D a lui dedicato???????
Provate a guardare l'ottava fotografia in sequenza.
Spesso, La Qualunque, assume questo atteggiamento da "mascellone", come suo nonno(politico), la buonanima.
Atteggiamento che non appartiene a Silvietto e neppure a Beppe Mao.
http://www.corriere.it/foto-gallery/pol ... 87df.shtml
Meno male che qualcuno se ne è accorto che siamo sempre gli stessi di 90 anni fà.
Note Editore
Leggere la realtà di oggi mentre la si vive è difficile, ma Cerno ha trovato una chiave illuminante: paragonarla a momenti clou dell'epoca del Duce. Gli italiani, ci dimostra, non sono cambiati, e situazioni e comportamenti di ieri tornano molto simili nel presente. La caduta di Berlusconi pare avvolta nello stesso mistero in cui avvenne quella di Mussolini. E la famosa seduta del Gran Consiglio del Fascismo si consumò in estenuanti, grigie trattative come un'attuale riunione politica. Insomma, per scoprire chi siamo, come scegliamo chi ci governa, quanto rischiamo di essere traditi e di tradire, se siamo ipocriti o coraggiosi, basta ricordare momenti del Ventennio. E lasciarli interpretare a Cerno.
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Re: Renzi
Ho già avuto modo di scrivere sul forum che quando il politologo novantunenne (oggi) Giovanni Sartori, quando apprese la formazione del governo La Qualunque, prese “carta e penna” e scrisse sul Corriere che si trattava di un governo di incompetenti guidato da un incompetente, poi ripreso da Francesco Bonazzi per Dagospia:
Un governo di incompetenti guidato da un incompetente ...
http://www.lintellettualedissidente.it/ ... guidato-da...
26 feb 2014 - Un governo di incompetenti guidato da un incompetente, Giovanni Sartori. Conversazione con Giovanni Sartori di Francesco Bonazzi per Dagospia ''Un governo di ... Il difetto del governo Renzi è tutto qui, e non è poco: non è
Quasi due anni più tardi prendiamo atto che il vecchio politologo aveva più che ragione.
Un governo sorretto da una serie di supercazzole prodotte in quantità industriale, decisamente superiori per numero e qualità dal vecchio Caimano.
Quello che però il professore trascurò assieme ai 60 milioni di italiani, con in testa Napolitano, era che il quadro internazionale, soprattutto Mediorientale, si stava logorando alla velocità della luce e i venti di guerra tornavano soffiare alla grande.
Tanto che un anno dopo papa Francesco di ritorno da uno dei sui viaggi , anticipò, primo fra i grandi della Terra, senz’altro il più autorevole, che ci trovavamo all’interno della Terza Guerra Mondiale.
Ora non ci voleva tanto a capire che La Qualunque era la persona meno adatta per ricoprire quell’incarico in questa fase politica.
Ma tanto vale. Cosa si può fare se la stragrande maggioranza dei tricolori è sempre e costantemente irresponsabile?
Adesso ci siamo dentro in pieno mentre l’irresponsabilità tricolore è sempre al Top.
SI SALVI CHI PUO'.
^^^^^^
4 dic 2015 17:32
UN DISERTORE A PALAZZO CHIGI
– RENZI AVEVA PROMESSO A OBAMA DI BOMBARDARE L’ISIS IN IRAQ E INVECE SI È TIRATO INDIETRO
– “SE POI CI FACESSERO UN ATTENTATO IN ITALIA, DIREBBERO CHE È COLPA MIA”
– PER PUNIZIONE, USA E GB CI AFFIDANO IL CETRIOLO-LIBIA
- IL SILENZIO DI AL SISI -
L’Italia è seriamente minacciata dal terrorismo e Renzi non sa come uscirne. Si è sfilato dalla prima linea della Coalizione, ma ora Roma dovrà trovare una soluzione per la Libia e ospitare anche i negoziati…
Articolo di DAGOREPORT
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 114404.htm
Un governo di incompetenti guidato da un incompetente ...
http://www.lintellettualedissidente.it/ ... guidato-da...
26 feb 2014 - Un governo di incompetenti guidato da un incompetente, Giovanni Sartori. Conversazione con Giovanni Sartori di Francesco Bonazzi per Dagospia ''Un governo di ... Il difetto del governo Renzi è tutto qui, e non è poco: non è
Quasi due anni più tardi prendiamo atto che il vecchio politologo aveva più che ragione.
Un governo sorretto da una serie di supercazzole prodotte in quantità industriale, decisamente superiori per numero e qualità dal vecchio Caimano.
Quello che però il professore trascurò assieme ai 60 milioni di italiani, con in testa Napolitano, era che il quadro internazionale, soprattutto Mediorientale, si stava logorando alla velocità della luce e i venti di guerra tornavano soffiare alla grande.
Tanto che un anno dopo papa Francesco di ritorno da uno dei sui viaggi , anticipò, primo fra i grandi della Terra, senz’altro il più autorevole, che ci trovavamo all’interno della Terza Guerra Mondiale.
Ora non ci voleva tanto a capire che La Qualunque era la persona meno adatta per ricoprire quell’incarico in questa fase politica.
Ma tanto vale. Cosa si può fare se la stragrande maggioranza dei tricolori è sempre e costantemente irresponsabile?
Adesso ci siamo dentro in pieno mentre l’irresponsabilità tricolore è sempre al Top.
SI SALVI CHI PUO'.
^^^^^^
4 dic 2015 17:32
UN DISERTORE A PALAZZO CHIGI
– RENZI AVEVA PROMESSO A OBAMA DI BOMBARDARE L’ISIS IN IRAQ E INVECE SI È TIRATO INDIETRO
– “SE POI CI FACESSERO UN ATTENTATO IN ITALIA, DIREBBERO CHE È COLPA MIA”
– PER PUNIZIONE, USA E GB CI AFFIDANO IL CETRIOLO-LIBIA
- IL SILENZIO DI AL SISI -
L’Italia è seriamente minacciata dal terrorismo e Renzi non sa come uscirne. Si è sfilato dalla prima linea della Coalizione, ma ora Roma dovrà trovare una soluzione per la Libia e ospitare anche i negoziati…
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http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 114404.htm
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