Renzi
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Re: Renzi
Leggi, con Renzi le fa solo il governo: così trionfa il “premierato all’italiana”
Politica
Secondo i dati Openpolis, nella XVII legislatura prosegue, inesorabile, il rafforzamento dell’esecutivo: un provvedimento proposto da un parlamentare ha una "speranza di successo" 36 volte inferiore di quella del governo. Renzi pone la fiducia due volte al mese, più di Berlusconi che veniva bollato a sinistra come "autoritario"
di Thomas Mackinson | 5 gennaio 2016
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Italia esempio di repubblica parlamentare. Un tempo forse, oggi non più. Oggi è il tempo del “premierato all’italiana”, come titola in modo efficace e graffiante il rapporto di Openpolis (scarica) che mette sotto la lente di ingrandimento genesi, natura e tempi di approvazione delle leggi approvate nella XVII legislatura, quella iniziata tre anni fa con Letta e proseguita negli ultimi due con Renzi.
I numeri del rapporto dicono che è un tempo di dominio indiscusso dell’esecutivo su un Parlamento italiano ridotto a funzione gregaria, nonostante costituzionalmente (art. 70 Cost.) siano proprio Camera e Senato i titolari del potere legislativo. Nel corso degli anni i governi, detentori di quello esecutivo, hanno ampliato il proprio raggio d’azione, tanto che la percentuale di successo delle proposte avanzate da Palazzo Chigi è 36 volte più alta di quelle parlamentari. Nelle ultime due legislature sono state proposte 14mila leggi ma quelle approvate sono state 565 e in percentuale, tra quelle che sono poi riuscite a completare l’iter, otto su dieci sono state presentate dal governo e solo due del Parlamento italiano. E il governo in carica non ha invertito la tendenza, anzi.
Anche i tempi di approvazione sono molto diversi. Se potessimo fare un paragone, per il governo c’è il Frecciarossa, mentre il Parlamento viaggia su convogli locali lentissimi. In media, un provvedimento di iniziativa parlamentare, necessita del triplo del tempo di uno di iniziativa governativa. Esempi? In questa legislatura, per dire, sono bastati 13 giorni per la ratifica del “Trattato di risoluzione unica”, quello contestatissimo dai risparmiatori sul risanamento bancario e il salvataggio interno. Ma ce ne sono voluti ben 871 per licenziare il ddl sull’agricoltura sociale che ha impiegato la bellezza di due anni e mezzo a diventare legge. Idem per lo svuota carceri, i decreti sul lavoro, i fallimenti e la riforma della Pa che hanno visto la luce in poco più di un mese (in media 44 giorni). Dall’altra parte si ritrovano l’Italicum, il divorzio breve, gli ecoreati, l’anti-corruzione che hanno impiegato tra i 664 e i 764 giorni per ottenere il via libera finale. Ogni giudizio su urgenza e platea degli interessati è superfluo.
Il ruolo già subalterno di Camera e Senato viene acuito, se possibile, dalla corsa ai voti di fiducia da parte del governo che di fatto tronca la discussione in Parlamento e fa decadere qualunque proposta di modifica. Uso e abuso dei tempi moderni non trova argini, nonostante impegni e promesse dei capi governo ad ogni rintocco di campanella. Se con Letta il 27% delle leggi ha necessitato di un voto di fiducia, la percentuale è salita al 34% con Renzi: da inizio legislatura si è votato la fiducia mediamente due volte al mese. Numeri che fanno impallidire perfino chi, come Silvio Berlusconi, fu tacciato di autoritarismo dal centrosinistra per esservi ricorso in proporzione assai meno. Nell’ultimo ventennio, a eccezione di Mario Monti che dovette fronteggiare una situazione eccezionale di emergenza, nessun governo ha utilizzato la fiducia in misura così massiccia. Non proprio un segno di forza per chi sta al governo. Neppure di compattezza per chi lo esprime e sostiene.
In proposito il dossier ricostruisce il “chi-vota-cosa”, rilevando dinamiche e comportamento dei gruppi in aula rispetto all’esecutivo. “Se si prende il Pd come punto di riferimento in qualità di principale forza politica all’interno della coalizione di governo, si è ricostruita la distanza (o vicinanza) dall’esecutivo degli altri gruppi parlamentari“. Il primo dato che emerge è che su 435 votazioni finali, in 104 occasioni (23,01%), tutti i gruppi alla Camera e al Senato hanno votato con il Pd. “Se da un lato la XVII legislatura ha confermato lo squilibrio fra governo e parlamento nella produzione legislativa, dall’altro ha introdotto una forte instabilità nei rapporti fra maggioranza e opposizione”.
Il continuo valzer parlamentare dei cambi di gruppo, con la nascita di tanti nuovi schieramenti (molti dei quali di ‘trincea’ fra maggioranza e opposizione) ha fatto sì che l’opposizione reale, dati alla mano, fosse composta solamente da tre gruppi: Fratelli d’Italia, Lega Nord e Movimento 5 Stelle. Soltanto questi tre infatti, alla fine hanno votato nella maggior parte dei casi in contrasto con il Partito democratico. Perché se su carta alcuni schieramenti nel corso dei mesi si sono dichiarati in contrasto con gli esecutivi di Letta prima e Renzi poi, i dati raccontano altro. Nei voti finali alla Camera, ad esempio, Sel, gruppo di opposizione, ha votato il 52% delle volte in linea col Pd. Al Senato, ramo in cui i numeri a favore dell’esecutivo sono più risicati, solamente due gruppi (Lega Nord e Movimento 5 Stelle) hanno votato nelle maggior parte dei voti finali (più del 50%) diversamente dal Pd.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01 ... a/2351341/
Politica
Secondo i dati Openpolis, nella XVII legislatura prosegue, inesorabile, il rafforzamento dell’esecutivo: un provvedimento proposto da un parlamentare ha una "speranza di successo" 36 volte inferiore di quella del governo. Renzi pone la fiducia due volte al mese, più di Berlusconi che veniva bollato a sinistra come "autoritario"
di Thomas Mackinson | 5 gennaio 2016
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Italia esempio di repubblica parlamentare. Un tempo forse, oggi non più. Oggi è il tempo del “premierato all’italiana”, come titola in modo efficace e graffiante il rapporto di Openpolis (scarica) che mette sotto la lente di ingrandimento genesi, natura e tempi di approvazione delle leggi approvate nella XVII legislatura, quella iniziata tre anni fa con Letta e proseguita negli ultimi due con Renzi.
I numeri del rapporto dicono che è un tempo di dominio indiscusso dell’esecutivo su un Parlamento italiano ridotto a funzione gregaria, nonostante costituzionalmente (art. 70 Cost.) siano proprio Camera e Senato i titolari del potere legislativo. Nel corso degli anni i governi, detentori di quello esecutivo, hanno ampliato il proprio raggio d’azione, tanto che la percentuale di successo delle proposte avanzate da Palazzo Chigi è 36 volte più alta di quelle parlamentari. Nelle ultime due legislature sono state proposte 14mila leggi ma quelle approvate sono state 565 e in percentuale, tra quelle che sono poi riuscite a completare l’iter, otto su dieci sono state presentate dal governo e solo due del Parlamento italiano. E il governo in carica non ha invertito la tendenza, anzi.
Anche i tempi di approvazione sono molto diversi. Se potessimo fare un paragone, per il governo c’è il Frecciarossa, mentre il Parlamento viaggia su convogli locali lentissimi. In media, un provvedimento di iniziativa parlamentare, necessita del triplo del tempo di uno di iniziativa governativa. Esempi? In questa legislatura, per dire, sono bastati 13 giorni per la ratifica del “Trattato di risoluzione unica”, quello contestatissimo dai risparmiatori sul risanamento bancario e il salvataggio interno. Ma ce ne sono voluti ben 871 per licenziare il ddl sull’agricoltura sociale che ha impiegato la bellezza di due anni e mezzo a diventare legge. Idem per lo svuota carceri, i decreti sul lavoro, i fallimenti e la riforma della Pa che hanno visto la luce in poco più di un mese (in media 44 giorni). Dall’altra parte si ritrovano l’Italicum, il divorzio breve, gli ecoreati, l’anti-corruzione che hanno impiegato tra i 664 e i 764 giorni per ottenere il via libera finale. Ogni giudizio su urgenza e platea degli interessati è superfluo.
Il ruolo già subalterno di Camera e Senato viene acuito, se possibile, dalla corsa ai voti di fiducia da parte del governo che di fatto tronca la discussione in Parlamento e fa decadere qualunque proposta di modifica. Uso e abuso dei tempi moderni non trova argini, nonostante impegni e promesse dei capi governo ad ogni rintocco di campanella. Se con Letta il 27% delle leggi ha necessitato di un voto di fiducia, la percentuale è salita al 34% con Renzi: da inizio legislatura si è votato la fiducia mediamente due volte al mese. Numeri che fanno impallidire perfino chi, come Silvio Berlusconi, fu tacciato di autoritarismo dal centrosinistra per esservi ricorso in proporzione assai meno. Nell’ultimo ventennio, a eccezione di Mario Monti che dovette fronteggiare una situazione eccezionale di emergenza, nessun governo ha utilizzato la fiducia in misura così massiccia. Non proprio un segno di forza per chi sta al governo. Neppure di compattezza per chi lo esprime e sostiene.
In proposito il dossier ricostruisce il “chi-vota-cosa”, rilevando dinamiche e comportamento dei gruppi in aula rispetto all’esecutivo. “Se si prende il Pd come punto di riferimento in qualità di principale forza politica all’interno della coalizione di governo, si è ricostruita la distanza (o vicinanza) dall’esecutivo degli altri gruppi parlamentari“. Il primo dato che emerge è che su 435 votazioni finali, in 104 occasioni (23,01%), tutti i gruppi alla Camera e al Senato hanno votato con il Pd. “Se da un lato la XVII legislatura ha confermato lo squilibrio fra governo e parlamento nella produzione legislativa, dall’altro ha introdotto una forte instabilità nei rapporti fra maggioranza e opposizione”.
Il continuo valzer parlamentare dei cambi di gruppo, con la nascita di tanti nuovi schieramenti (molti dei quali di ‘trincea’ fra maggioranza e opposizione) ha fatto sì che l’opposizione reale, dati alla mano, fosse composta solamente da tre gruppi: Fratelli d’Italia, Lega Nord e Movimento 5 Stelle. Soltanto questi tre infatti, alla fine hanno votato nella maggior parte dei casi in contrasto con il Partito democratico. Perché se su carta alcuni schieramenti nel corso dei mesi si sono dichiarati in contrasto con gli esecutivi di Letta prima e Renzi poi, i dati raccontano altro. Nei voti finali alla Camera, ad esempio, Sel, gruppo di opposizione, ha votato il 52% delle volte in linea col Pd. Al Senato, ramo in cui i numeri a favore dell’esecutivo sono più risicati, solamente due gruppi (Lega Nord e Movimento 5 Stelle) hanno votato nelle maggior parte dei voti finali (più del 50%) diversamente dal Pd.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01 ... a/2351341/
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Re: Renzi
Chi ha in mano le nostre sorti
Mario Giordano spietato, Renzi demolito: Ci vuole come lui, in mutande
http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... olito.html
Mario Giordano spietato, Renzi demolito: Ci vuole come lui, in mutande
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Re: Renzi
http://www.corriere.it/politica/16_genn ... resh_ce-cp
I principi sauditi e i Rolex in regalo che imbarazzano Palazzo Chigi
Polemiche su una presunta «rissa» per accaparrarsi i preziosi orologi, donati dalla dinastia saudita durante la visita dell’8 novembre scorso a Riad ROMA «I doni di rappresentanza ricevuti dalla delegazione istituzionale italiana sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio». È la risposta ufficiale che arriva dal governo, dopo il caso sollevato dal Fatto Quotidiano . Che ha raccontato di una «rissa» per accaparrarsi i regali pregiati, tra i quali alcuni Rolex, fatti dalla dinastia saudita durante la visita dell’8 novembre scorso a Riad.
Alla visita avrebbero partecipato, oltre alla delegazione italiana (politici e funzionari), anche alcuni rappresentanti di imprese statali (Finmeccanica) e private (Salini Impregilo). Alla fine, i sauditi regalano, secondo il resoconto di Carlo Tecce, alcuni orologi preziosi, oltre a un cassettone imballato destinato al premier. Al momento della distribuzione, sarebbe avvenuto un diverbio: qualcuno prova a prendersi un Rolex.
Una direttiva emanata dal governo Monti nel 2012 proibisce a tutti i dipendenti del ministero dell’Economia e di Palazzo Chigi di accettare regali del valore superiore a 150 euro. I Rolex e gli altri doni, chiaramente superano questa cifra. Stando a Palazzo Chigi, però, questi regali non sono stati accettati, ma «sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio. Come sempre avviene in questi casi, dello scambio di doni si occupa il personale della presidenza del Consiglio e non le cariche istituzionali».
Quanti siano i regali e di che valore, non è dato sapere. Secondo il Fatto «durante le feste, non c’erano nella stanza dei regali al terzo piano». La responsabile del Cerimoniale, Ilva Sapora, non è in ufficio, «malata» e non risponde al cellulare. I regali di valore, si spiega da Palazzo Chigi, vanno all’asta. Qualcuno, si fa capire, potrebbe essere stato invece accettato dagli imprenditori. Fatto sta che l’imbarazzo è palese. Emanuele Fiano, in tv, a Omnibus , definisce «ignominiosa» la scena della rissa, ma aggiunge: «Per me non c’è notizia». Su Twitter Roberto Formigoni incalza: «Per un Rolex del figlio si dimise Lupi. E mo’, per i Rolex dei funzionari di Palazzo Chigi?».
9 gennaio 2016 (modifica il 9 gennaio 2016 | 09:23)
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Ciao
Paolo11
I principi sauditi e i Rolex in regalo che imbarazzano Palazzo Chigi
Polemiche su una presunta «rissa» per accaparrarsi i preziosi orologi, donati dalla dinastia saudita durante la visita dell’8 novembre scorso a Riad ROMA «I doni di rappresentanza ricevuti dalla delegazione istituzionale italiana sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio». È la risposta ufficiale che arriva dal governo, dopo il caso sollevato dal Fatto Quotidiano . Che ha raccontato di una «rissa» per accaparrarsi i regali pregiati, tra i quali alcuni Rolex, fatti dalla dinastia saudita durante la visita dell’8 novembre scorso a Riad.
Alla visita avrebbero partecipato, oltre alla delegazione italiana (politici e funzionari), anche alcuni rappresentanti di imprese statali (Finmeccanica) e private (Salini Impregilo). Alla fine, i sauditi regalano, secondo il resoconto di Carlo Tecce, alcuni orologi preziosi, oltre a un cassettone imballato destinato al premier. Al momento della distribuzione, sarebbe avvenuto un diverbio: qualcuno prova a prendersi un Rolex.
Una direttiva emanata dal governo Monti nel 2012 proibisce a tutti i dipendenti del ministero dell’Economia e di Palazzo Chigi di accettare regali del valore superiore a 150 euro. I Rolex e gli altri doni, chiaramente superano questa cifra. Stando a Palazzo Chigi, però, questi regali non sono stati accettati, ma «sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio. Come sempre avviene in questi casi, dello scambio di doni si occupa il personale della presidenza del Consiglio e non le cariche istituzionali».
Quanti siano i regali e di che valore, non è dato sapere. Secondo il Fatto «durante le feste, non c’erano nella stanza dei regali al terzo piano». La responsabile del Cerimoniale, Ilva Sapora, non è in ufficio, «malata» e non risponde al cellulare. I regali di valore, si spiega da Palazzo Chigi, vanno all’asta. Qualcuno, si fa capire, potrebbe essere stato invece accettato dagli imprenditori. Fatto sta che l’imbarazzo è palese. Emanuele Fiano, in tv, a Omnibus , definisce «ignominiosa» la scena della rissa, ma aggiunge: «Per me non c’è notizia». Su Twitter Roberto Formigoni incalza: «Per un Rolex del figlio si dimise Lupi. E mo’, per i Rolex dei funzionari di Palazzo Chigi?».
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Paolo11
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Re: Renzi
paolo11 ha scritto:http://www.corriere.it/politica/16_genn ... resh_ce-cp
I principi sauditi e i Rolex in regalo che imbarazzano Palazzo Chigi
Polemiche su una presunta «rissa» per accaparrarsi i preziosi orologi, donati dalla dinastia saudita durante la visita dell’8 novembre scorso a Riad ROMA «I doni di rappresentanza ricevuti dalla delegazione istituzionale italiana sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio». È la risposta ufficiale che arriva dal governo, dopo il caso sollevato dal Fatto Quotidiano . Che ha raccontato di una «rissa» per accaparrarsi i regali pregiati, tra i quali alcuni Rolex, fatti dalla dinastia saudita durante la visita dell’8 novembre scorso a Riad.
Alla visita avrebbero partecipato, oltre alla delegazione italiana (politici e funzionari), anche alcuni rappresentanti di imprese statali (Finmeccanica) e private (Salini Impregilo). Alla fine, i sauditi regalano, secondo il resoconto di Carlo Tecce, alcuni orologi preziosi, oltre a un cassettone imballato destinato al premier. Al momento della distribuzione, sarebbe avvenuto un diverbio: qualcuno prova a prendersi un Rolex.
Una direttiva emanata dal governo Monti nel 2012 proibisce a tutti i dipendenti del ministero dell’Economia e di Palazzo Chigi di accettare regali del valore superiore a 150 euro. I Rolex e gli altri doni, chiaramente superano questa cifra. Stando a Palazzo Chigi, però, questi regali non sono stati accettati, ma «sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio. Come sempre avviene in questi casi, dello scambio di doni si occupa il personale della presidenza del Consiglio e non le cariche istituzionali».
Quanti siano i regali e di che valore, non è dato sapere. Secondo il Fatto «durante le feste, non c’erano nella stanza dei regali al terzo piano». La responsabile del Cerimoniale, Ilva Sapora, non è in ufficio, «malata» e non risponde al cellulare. I regali di valore, si spiega da Palazzo Chigi, vanno all’asta. Qualcuno, si fa capire, potrebbe essere stato invece accettato dagli imprenditori. Fatto sta che l’imbarazzo è palese. Emanuele Fiano, in tv, a Omnibus , definisce «ignominiosa» la scena della rissa, ma aggiunge: «Per me non c’è notizia». Su Twitter Roberto Formigoni incalza: «Per un Rolex del figlio si dimise Lupi. E mo’, per i Rolex dei funzionari di Palazzo Chigi?».
9 gennaio 2016 (modifica il 9 gennaio 2016 | 09:23)
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Paolo11
L'ANNO DEL GUFO
A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
Giulio Andreotti
Io non ho problemi in questo senso come Giulio, anche se la sua vita politica è stata tutta un peccato, secondo i canoni cattolici ma anche civili, perché la realtà della vita mi ha piegato a pensar male sempre e comunque. Sarebbe bello pensare diversamente, ma la realtà di questo pianeta è questa. Mica possiamo raccontarci le favole.
Su Twitter Roberto Formigoni incalza: «Per un Rolex del figlio si dimise Lupi. E mo’, per i Rolex dei funzionari di Palazzo Chigi?»
Quindi?
Formigoni spinge per le dimissioni del governo o cosa????
Oppure solleva un polverone per arrivare ad altro???
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Re: Renzi
LA QUALUNQUE D'ARABIA
La Stampa 9.1.16
Rolex regalati in Arabia e Airbus 340
Il danno d’immagine preoccupa il premier
I timori del leader Pd per le accuse degli “anticasta”
di Fabio Martini
Un venerdì di palpabile nervosismo a palazzo Chigi, con lo staff del Presidente più inavvicinabile del solito, concentrato sul compito di mettere a fuoco e fugare illazioni su due vicende di piccolo cabotaggio ma potenzialmente capaci di intaccare il bene al quale Matteo Renzi tiene di più: la sua estraneità alla “Casta”.
Nulla di personale nelle due storie che si sono affollate nelle ultime 48 ore. Anzitutto c’è il piccolo mistero che circonda il destino dell’Airbus 340 (più grande di quello del Papa) che avrebbe dovuto sostituire il vecchio aereo della Presidenza del Consiglio: diventato un caso alcuni mesi fa, è stato «rimosso» dalla circolazione.
E ieri è affiorata anche una storia di Rolex distribuiti a suo tempo in Arabia Saudita dai padroni di casa alla delegazione italiana e che potrebbero essere stati incamerati da dirigenti e funzionari del governo in barba alla direttiva del governo Monti, che impedisce di accettare doni per un valore superiore ai 150 euro.
In entrambi i casi, palazzo Chigi ha replicato con comunicati precisi ma stringati, che non hanno consentito di chiudere in modo definitivo i due casi.
In particolare quello dei Rolex, sollevato da un documentato articolo del «Fatto quotidiano».
Per Renzi si tratta di questioni sensibili, più di quanto non potessero esserlo per politici di lungo corso della Prima e della Seconda Repubblica.
La sua ascesa politica è stata accompagnata da una campagna vincente contro la precedente classe dirigente, messa sotto accusa per il suo attaccamento alle “poltrone”, in parole povere per il suo essere “Casta”.
Ecco perché Renzi tiene a dimostrare la sua estraneità a quei vizi, ecco perché soffre (senza dare a vederlo) tutto quello che lo accosta a certe abitudini.
Ieri mattina il «Fatto quotidiano» ha pubblicato un articolo nel quale si raccontava una storia da film dei «cinepanettoni»: nella notte del 9 novembre nel palazzo reale di Ryad, dove è ospitata la delegazione italiana al seguito del premier, si scatena una rissa verbale tra dirigenti e funzionari per incamerare i regali più «appetitosi» messi a disposizione dai sauditi: dei Rolex d’oro.
Lo scontro imbarazzante: la scorta della Presidenza requisisce i doni.
Ma al ritorno in Italia resta il dubbio: che fine hanno fatto i Rolex?
Qualcuno se li è tenuti? Una direttiva emanata dal governo Monti impedisce ai funzionari (ma non al presidente del Consiglio e ai ministri) di trattenere regali con un valore superiore ai 150 euro, che vanno restituiti o devoluti al Mef.
Palazzo Chigi ha precisato che dei doni si occupa «il personale della Presidenza non le cariche istituzionali».
Resta un dubbio: quanti doni sono stati silenziosamente incassati a Ryad e soprattutto in altre occasioni?
Si deve invece a Renzi la decisione, nella primavera 2015, di affrancarsi dal vecchio A319 per prendere in leasing un jet super-accessoriato, più potente di quelli del Papa e di Hollande.
Una debolezza del premier per gli status symbol del potere?
Sta di fatto che appena il super-jet attira l’attenzione dei media, Renzi lo fa ritirare dalla circolazione.
Due giorni fa il sito Aviazionecivile.it annunciava l’arrivo a Fiumicino, ma palazzo Chigi ha sentito l’urgenza di smentire: «L’arrivo è rinviato a data da destinarsi».
La Stampa 9.1.16
Rolex regalati in Arabia e Airbus 340
Il danno d’immagine preoccupa il premier
I timori del leader Pd per le accuse degli “anticasta”
di Fabio Martini
Un venerdì di palpabile nervosismo a palazzo Chigi, con lo staff del Presidente più inavvicinabile del solito, concentrato sul compito di mettere a fuoco e fugare illazioni su due vicende di piccolo cabotaggio ma potenzialmente capaci di intaccare il bene al quale Matteo Renzi tiene di più: la sua estraneità alla “Casta”.
Nulla di personale nelle due storie che si sono affollate nelle ultime 48 ore. Anzitutto c’è il piccolo mistero che circonda il destino dell’Airbus 340 (più grande di quello del Papa) che avrebbe dovuto sostituire il vecchio aereo della Presidenza del Consiglio: diventato un caso alcuni mesi fa, è stato «rimosso» dalla circolazione.
E ieri è affiorata anche una storia di Rolex distribuiti a suo tempo in Arabia Saudita dai padroni di casa alla delegazione italiana e che potrebbero essere stati incamerati da dirigenti e funzionari del governo in barba alla direttiva del governo Monti, che impedisce di accettare doni per un valore superiore ai 150 euro.
In entrambi i casi, palazzo Chigi ha replicato con comunicati precisi ma stringati, che non hanno consentito di chiudere in modo definitivo i due casi.
In particolare quello dei Rolex, sollevato da un documentato articolo del «Fatto quotidiano».
Per Renzi si tratta di questioni sensibili, più di quanto non potessero esserlo per politici di lungo corso della Prima e della Seconda Repubblica.
La sua ascesa politica è stata accompagnata da una campagna vincente contro la precedente classe dirigente, messa sotto accusa per il suo attaccamento alle “poltrone”, in parole povere per il suo essere “Casta”.
Ecco perché Renzi tiene a dimostrare la sua estraneità a quei vizi, ecco perché soffre (senza dare a vederlo) tutto quello che lo accosta a certe abitudini.
Ieri mattina il «Fatto quotidiano» ha pubblicato un articolo nel quale si raccontava una storia da film dei «cinepanettoni»: nella notte del 9 novembre nel palazzo reale di Ryad, dove è ospitata la delegazione italiana al seguito del premier, si scatena una rissa verbale tra dirigenti e funzionari per incamerare i regali più «appetitosi» messi a disposizione dai sauditi: dei Rolex d’oro.
Lo scontro imbarazzante: la scorta della Presidenza requisisce i doni.
Ma al ritorno in Italia resta il dubbio: che fine hanno fatto i Rolex?
Qualcuno se li è tenuti? Una direttiva emanata dal governo Monti impedisce ai funzionari (ma non al presidente del Consiglio e ai ministri) di trattenere regali con un valore superiore ai 150 euro, che vanno restituiti o devoluti al Mef.
Palazzo Chigi ha precisato che dei doni si occupa «il personale della Presidenza non le cariche istituzionali».
Resta un dubbio: quanti doni sono stati silenziosamente incassati a Ryad e soprattutto in altre occasioni?
Si deve invece a Renzi la decisione, nella primavera 2015, di affrancarsi dal vecchio A319 per prendere in leasing un jet super-accessoriato, più potente di quelli del Papa e di Hollande.
Una debolezza del premier per gli status symbol del potere?
Sta di fatto che appena il super-jet attira l’attenzione dei media, Renzi lo fa ritirare dalla circolazione.
Due giorni fa il sito Aviazionecivile.it annunciava l’arrivo a Fiumicino, ma palazzo Chigi ha sentito l’urgenza di smentire: «L’arrivo è rinviato a data da destinarsi».
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Re: Renzi
Viale Renzini
(Marco Travaglio)
09/01/2016 di triskel182
Palinsesti RaiIn attesa delle nomine, fervono i preparativi dei nuovi palinsesti Rai, onde garantire al servizio pubblico il giusto grado di pluralismo senza più la minima traccia d’influenza politica, secondo i dettami del Caro Premier.
Rai1 sarà diretta da Simona Ercolani, regista della Leopolda dunque super partes, e il Tg1 dal marito Fabrizio Rondolino: un ricongiungimento familiare, anche in vista del Family Day. Don Matteo è confermato, anzi promosso: San Matteo. Porta a Porta diventa biquotidiano: edizione serale con Vespa e mattutina con Marco Carrai, dal titolo Porta Carraia. L’eredità passa da Conti a Tiziano Renzi; e Affari tuoi da Insinna a Pier Luigi Boschi. Ed ecco le novità: Gufomattina con Andrea Romano, per la conversione di scettici, disfattisti e pessimisti; Domenica Italicum, condotta dal vicesegretario Guerini; e Linea Verdini, sui temi dell’agricoltura e delle transumanze. Largo spazio ai giochi, con le Estrazioni del Lotti, a cura del sottosegretario omonimo, che sponsorizza la Lotteria Italia abbinata a un grande ritorno il sabato sera: Renzianissima.
Torto o ragione sarà presentato da Raffaele Cantone, che ha molto tempo libero. Il Segnale orario, affidato allo spiritoso Severgnini, sarà sempre anticipo di 15 minuti per diffondere un sano ottimismo, nel solco già tracciato dal Capodanno di Rai1. Rondolino, già autore di Un due tre stalla!, condurrà il nuovo reality Un due tre balla!. Ncd avrà un programma dell’accesso tutto suo e del Vaticano: Catto e mangiato. Sanremo sarà presentato da Renzi in persona, vallette la bionda Boschi e la bruna Ascani. Il premier si esibirà fuori concorso in alcuni brani da lui composti: Ah Sudamerica, Ma cos’è questa crisi e – in gruppo con la Boschi e le rispettive famiglie – Finché la banca va, E la banca tornò sòla e Vecchio crack.
Rai2 sarà diretta dal giovane Gianni Minoli, e il Tg2 dal piacente Gianni Riotta. I due Gianni sono già al lavoro per un palinsesto controcorrente e sbarazzino. Virus sarà condotto dalla Lorenzin, che illustrerà quant’è bello morire di parto nel 2015. La Domenica sportiva va a Cantone, che ha poco da fare. La nuova Isola dei famosi, completamente rivisitata da Davide Serra, è domiciliata alle Cayman. I fatti nostri è appaltato al sottosegretario Castiglione e al senatore Azzollini. Senza gara.
La nuova Rai3 sarà diretta da Aldo Cazzullo e il Tg3 da Maurizio Mannoni, che ha ben meritato a Linea notte e continuerà a condurla col nuovo titolo Lingua notte. Report passa dalla Gabanelli al direttore dell’Unità Erasmo D’Angelis (Riport).
Agorà cede il passo a Deborà, con la Serracchiani. A Chi l’ha visto? la Sciarelli fa posto a Cantone, che per ammazzare il tempo ha chiesto anche Storie maledette. Un giorno in Pretura con la Petrelluzzi diventa Un giorno in Etruria con la Boschi. Fabio Fazio e Littizzetto seguiranno le Comunali a Torino con Che tempo che Fassino. Da non perdere il sequel di Un posto al sole: titolo a scelta fra Un posto al Sala (ambientato non più a Napoli, ma a Rho-Pero) e Un posto al sòla (vita e opere del superprefetto Tronca). Niente più Ballarò: ora c’è Balla e basta, a cura dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi. Abolito anche Fuori orario, per via del titolo disfattista: nell’Era Renziana tutto arriva in anticipo.
RadioRai, nelle salde mani del neodirettore Filippo Sensi, ha in serbo nuovi programmi come L’Impero dei Sensi e vecchi successi aggiornati ai tempi: Un giorno da pecorina, condotto da Sandro Bondi; Ascolta si fa Sala, sul dogma dell’Immacolata Expo; e Tutto il calcio minuto per minuto con Cantone, che aveva un buco la domenica pomeriggio.
Mediaset non è compresa nella riforma, ma farà come se lo fosse. Canale5 ha chiesto a Cantone di condurre Forum e pensa a Emanuele Boschi per Il Grande Fratello. Mattino5 e Pomeriggio5 si chiameranno Matteo 80 e Pomeriggio 80 in omaggio ai mitici 80 euro. Camera Cafè celebrerà la grande riforma del Senato. Il quiz Caduta libera sarà condotto dal duo Pina Picierno-Alessandra Moretti, che ancora non si sono rialzate. Ad Amici niente più la De Filippi, colpevolmente non fiorentina: sarà rimpiazzata dai compagnucci toscani del premier che hanno fatto carriera all’insegna della meritocrazia, infatti si chiamerà Compari, mentre Uomini e donne diventerà Toscani e toscane. Confermate le saghe Il peccato e la vergogna e Il coraggio e la passione, con Marianna Madia al posto di Emanuela Arcuri e Dario Nardella in luogo di Gabriel Garko. Rete4 prepara una nuova serie de La signora in giallo con la sceneggiatura di Cantone, sempre molto disponibile. Su Italia1 invece debutta Lotti e mangiati.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 08/01/2017
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Re: Renzi
Varese, imprenditore lascia ai dipendenti migliaia di euro di eredità
Prima della sua scomparsa, a luglio, Piero Macchi ha chiesto venisse elargito in busta paga un ricco premio a chi lavora nella sua azienda Un premio in busta paga da migliaia di euro, più o meno corposo a seconda dell'anzianità, a tutti i dipendenti. E' l'inaspettato regalo di Natale ricevuto dai lavoratori della Enoplastic di Bodio Lomnago, in provincia di Varese. Ultimo dono che il fondatore dell'azienda, Piero Macchi, scomparso a luglio, ha voluto fare a chi ha lavorato per e con lui. Insieme al denaro una commovente lettera scritta dalla moglie di Macchi, Carla.La storia di Piero Macchi, l'imprenditore buono
di Paola Miglio
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Ciao
Paolo11
Prima della sua scomparsa, a luglio, Piero Macchi ha chiesto venisse elargito in busta paga un ricco premio a chi lavora nella sua azienda Un premio in busta paga da migliaia di euro, più o meno corposo a seconda dell'anzianità, a tutti i dipendenti. E' l'inaspettato regalo di Natale ricevuto dai lavoratori della Enoplastic di Bodio Lomnago, in provincia di Varese. Ultimo dono che il fondatore dell'azienda, Piero Macchi, scomparso a luglio, ha voluto fare a chi ha lavorato per e con lui. Insieme al denaro una commovente lettera scritta dalla moglie di Macchi, Carla.La storia di Piero Macchi, l'imprenditore buono
di Paola Miglio
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Paolo11
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Re: Renzi
SALDI DI FINE STAGIONE (REPUBBLICANA)
Nostra signora l’ipocrisia, è il dominus incontrastato e dominante dello Stivalone.
Non risparmia nessuno.
Non risparmia la direzione de “Il Giornale”, che non rinuncia a fare propaganda per il suo padrone sfruttando la situazione. Che in questo momento ne ha tanto bisogno!!!!!!!. Ma non risparmia neppure il sacerdote per fare propaganda sulle unioni civili dal pulpito, che molto probabilmente je stanno sur la panza e non vanno né giù né giù.
Le cose vengono sempre presentate a metà cercando di tirare la coperta solo da una parte.
Che siamo governati da “cretini” è vero. Ma bisogna precisare che è dal 1994 che siamo governati da cretini.
Questo Il Giornale non lo dice e non lo dirà mai. Ma anche questo sacerdote, negli ultimi 22 anni si è mai distinto per accedere all’onore delle cronache per aver denunciato il cretinismo dei governanti che ci avrebbe portato alla situazione di crisi attuale??????????????
L'accusa del prete dal pulpito: "Siamo governati da cretini"
Don Emilio Lingiardi, parroco del Duomo di Crema, attacca il governo Renzi: "Abbiamo situazioni di sofferenza, gravi crisi umanitarie da affrontare, e il governo che fa? Pensa alle unioni civili"
Giuseppe De Lorenzo - Lun, 11/01/2016 - 12:15
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 12057.html
Nostra signora l’ipocrisia, è il dominus incontrastato e dominante dello Stivalone.
Non risparmia nessuno.
Non risparmia la direzione de “Il Giornale”, che non rinuncia a fare propaganda per il suo padrone sfruttando la situazione. Che in questo momento ne ha tanto bisogno!!!!!!!. Ma non risparmia neppure il sacerdote per fare propaganda sulle unioni civili dal pulpito, che molto probabilmente je stanno sur la panza e non vanno né giù né giù.
Le cose vengono sempre presentate a metà cercando di tirare la coperta solo da una parte.
Che siamo governati da “cretini” è vero. Ma bisogna precisare che è dal 1994 che siamo governati da cretini.
Questo Il Giornale non lo dice e non lo dirà mai. Ma anche questo sacerdote, negli ultimi 22 anni si è mai distinto per accedere all’onore delle cronache per aver denunciato il cretinismo dei governanti che ci avrebbe portato alla situazione di crisi attuale??????????????
L'accusa del prete dal pulpito: "Siamo governati da cretini"
Don Emilio Lingiardi, parroco del Duomo di Crema, attacca il governo Renzi: "Abbiamo situazioni di sofferenza, gravi crisi umanitarie da affrontare, e il governo che fa? Pensa alle unioni civili"
Giuseppe De Lorenzo - Lun, 11/01/2016 - 12:15
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 12057.html
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Re: Renzi
Ohibò, i media mettono a nudo che sotto la sua supergestione efficientista si stanno verificando casi evidenti di fancazzismo nella P.A.???????????????
Non è possibile. E’ un danno di immagine sensibile, e di questi tempi non è certo il caso di procurarsi altra pubblicità negativa gratuita.
Ergo, La Qualunque entra a piedi uniti per rimediare.
Se ne fotte altamente se esistono già regolamenti in proposito che non sono stati applicati dopo il caso Sanremo dove tutto è continuato come prima.
La Qualunque deve dare un segnale un segnale della sua super presenza, della sua super efficienza, in modo che i super merli doc si convincano di dargli il voto.
^^^^^^^
Il Fatto 19.1.16
Come stanno le cose
Uno statale può già esser licenziato in soli 4 mesi
di Ma. Pa.
Il dipendente pubblico che timbra il cartellino e poi invece di lavorare se ne va a farsi i fatti suoi sarà licenziato in 48 ore – o meglio, sarà sospeso dal lavoro e dalla retribuzione–tempo nel quale partirà pure la procedura di licenziamento e la denuncia alla Corte dei conti per l’eventuale danno erariale. Se il dirigente non caccia il collega subito sarà licenziato pure lui (l’omissione di licenziamento diventa reato). Matteo Renzi l’ha annunciato dopo i casi di Sanremo e Roma e le norme saranno contenute nei decreti attuativi della riforma Madia da approvare domani. Niente di meglio per fare un bel dibattito sul nulla (tipo il “quando licenziare è di sinistra” dell’Unità), litigare coi sindacati e mettersi in sintonia col dileggio dei “posto fisso” (già “fannulloni”) ricominciato col film di Checco Zalone. Ma questa nuova norma serve? Non pare proprio. Dal 2009 le regole sui dipendenti pubblici prevedono il licenziamento disciplinare, tra l’altro, per “falsa attestazione della presenza in servizio” e pure per “assenza priva di valida giustificazione” con procedura rapida. In 60 giorni le contestazioni disciplinari devono essere chiuse: possono arrivare a 120 giorni, 4 mesi, al massimo e solo per le procedure di licenziamento. Il dirigente che non avvia il licenziamento oggi viene sospeso dallo stipendio per tre mesi, il medico che gli firma un certificato falso radiato dall’albo. Insomma, mandare a casa uno statale è più facile che fare un’ecografia in un ospedale pubblico. Le norme Renzi-Madia, in sostanza, si limitano a comprimere il diritto di difesa del lavoratore. Spiegano i Cobas di Pisa: “I licenziamenti nella P. A. ci sono già: nel 2013 sono stati 220. Ma attenzione: i provvedimenti disciplinari sono migliaia e non colpiscono (solo) fannulloni, ma numerosi lavoratori e lavoratrici che hanno contestato i provvedimenti. Il messaggio è chiaro: chi si oppone o sarà insubordinato e riluttante allo smantellamento della Pubblica amministrazione sarà colpito rischiando anche il posto di lavoro”. In 48 ore, astenersi perditempo.
MA. PA.
Non è possibile. E’ un danno di immagine sensibile, e di questi tempi non è certo il caso di procurarsi altra pubblicità negativa gratuita.
Ergo, La Qualunque entra a piedi uniti per rimediare.
Se ne fotte altamente se esistono già regolamenti in proposito che non sono stati applicati dopo il caso Sanremo dove tutto è continuato come prima.
La Qualunque deve dare un segnale un segnale della sua super presenza, della sua super efficienza, in modo che i super merli doc si convincano di dargli il voto.
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Il Fatto 19.1.16
Come stanno le cose
Uno statale può già esser licenziato in soli 4 mesi
di Ma. Pa.
Il dipendente pubblico che timbra il cartellino e poi invece di lavorare se ne va a farsi i fatti suoi sarà licenziato in 48 ore – o meglio, sarà sospeso dal lavoro e dalla retribuzione–tempo nel quale partirà pure la procedura di licenziamento e la denuncia alla Corte dei conti per l’eventuale danno erariale. Se il dirigente non caccia il collega subito sarà licenziato pure lui (l’omissione di licenziamento diventa reato). Matteo Renzi l’ha annunciato dopo i casi di Sanremo e Roma e le norme saranno contenute nei decreti attuativi della riforma Madia da approvare domani. Niente di meglio per fare un bel dibattito sul nulla (tipo il “quando licenziare è di sinistra” dell’Unità), litigare coi sindacati e mettersi in sintonia col dileggio dei “posto fisso” (già “fannulloni”) ricominciato col film di Checco Zalone. Ma questa nuova norma serve? Non pare proprio. Dal 2009 le regole sui dipendenti pubblici prevedono il licenziamento disciplinare, tra l’altro, per “falsa attestazione della presenza in servizio” e pure per “assenza priva di valida giustificazione” con procedura rapida. In 60 giorni le contestazioni disciplinari devono essere chiuse: possono arrivare a 120 giorni, 4 mesi, al massimo e solo per le procedure di licenziamento. Il dirigente che non avvia il licenziamento oggi viene sospeso dallo stipendio per tre mesi, il medico che gli firma un certificato falso radiato dall’albo. Insomma, mandare a casa uno statale è più facile che fare un’ecografia in un ospedale pubblico. Le norme Renzi-Madia, in sostanza, si limitano a comprimere il diritto di difesa del lavoratore. Spiegano i Cobas di Pisa: “I licenziamenti nella P. A. ci sono già: nel 2013 sono stati 220. Ma attenzione: i provvedimenti disciplinari sono migliaia e non colpiscono (solo) fannulloni, ma numerosi lavoratori e lavoratrici che hanno contestato i provvedimenti. Il messaggio è chiaro: chi si oppone o sarà insubordinato e riluttante allo smantellamento della Pubblica amministrazione sarà colpito rischiando anche il posto di lavoro”. In 48 ore, astenersi perditempo.
MA. PA.
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