Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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SMS per pancho, continuando:



Chiudo qui aspettando che la discussione segua la strada nelle risposte sopra richieste .

Dalle fonti ufficiali come Wikipedia possiamo apprendere sul nostro passato che ricordiamo a stento:
Lega Lombarda (partito politico)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La Lega Lombarda è un partito politico regionalista e autonomista attivo in Lombardia, fondato il 10 marzo 1982 (ufficialmente il 12 aprile 1984), come Lega Autonomista Lombarda, da Umberto Bossi, dopo l'esperienza dell'Unione Nord-Occidentale Lombarda per l'Autonomia (UNOLPA), costituita nell'autunno del 1979. https://it.wikipedia.org/wiki/Lega_Lomb ... olitico%29

Il che ci fa dedurre che il noto fancazzista Umberto Bossi, già segretario della locale sezione del Partito Comunista di Cassano Magnago, sua città natale,

In quegli anni consegue il diploma di perito tecnico elettronico presso la scuola per corrispondenza Radio Elettra.[5] Sul profilo pubblicato tanto sul sito della Camera dei Deputati[6] (dove si dimentica di scrivere di essere stato segretario della sezione del Pci di Cassano Magnago, per evidenti ragioni-ndt)quanto sul sito ufficiale della Lega Nord Bossi dichiara di essere in possesso del Diploma di maturità scientifica. Questo è quanto scritto sul sito della Lega Nord: «Dopo aver conseguito la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Medicina di Pavia, ove esercita anche la professione di tecnico elettronico applicato alla medicina.»[7] Cambia mestiere più volte. È lo stesso Bossi a dichiarare: «Ho fatto l'operaio, il perito tecnico, ho lavorato nell'informatica, ho studiato medicina a Pavia, ho insegnato matematica e fisica».[8]
Gli inizi dell'impegno in politica
Esistono diverse testimonianze della militanza a sinistra di Umberto Bossi negli anni giovanili, anche se non fu un sessantottino. Nei primi anni settanta ha militato, in rapida successione, nel gruppo comunista de il manifesto, nel Partito di Unità Proletaria per il comunismo, di estrema sinistra, nell'Arci e nei movimenti ambientalisti.


Sulla murella di Via Milanese in prossimità del Centrosarca di proprietà della Coop, dove oggi sorge l’Hotel a 5 stelle “Villa Torretta”, gli operai della Pirelli, e non solo, potevano leggere la scritta a caratteri cubitali con la vernice bianca: “TERUN FO’RA DI BALL LEGA LOMBARDA”

L’avversione e il costruito odio contro i meridionali e’ stato per anni il giusto concime per la crescita della Lega Lombarda poi Lega Nord.

Poi, quando sono arrivati i primi immigrati, soprattutto con la pelle nera, all’Umbertino non sembrava vero il miracolo per grazia ricevuta per aver trovato la grotta di Alì Babà,

I terun erano diventati buoni e i nuovi cattivi, per la bisogna, erano diventati gli immigrati. Tanto che anche oggi il suo successore, il Matteo che faceva il Palo nella Banda dell’Ortica, dato che ha bisogno dei voti meridionali, ogni tanto scende al Sud a lisciargli il pelo. Solo che i vecchi “TERUN” non dimenticano cosa diceva l’Umbertino di loro. E la lingua lunga meneghina fa fatica a spuntare consensi.

CONTINUA
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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CONTINUA

Martedì scorso, come sempre, gli arditi del Leghistan erano in prima linea per esternare il loro malpancismo contro chi non è tricolore.

Al che un dinosauro over ’80 logorato da mesi da noiosissime cazzate salviniane, sottolineate con grande enfasi dalle avanguardie degli arditi, è sbottato sostenendo che questa è un giusta punizione contro chi per secoli li ha sfruttati in tutto e per tutto.

L’ardito di Polesella si è sentito offeso è ha ribadito: “Se in passato gli Occidentali li hanno sfruttati, tocca a noi pagare?????”

La razza superiore non vuole mai prendersi le proprie responsabilità.

Eppure anche nello Stivalone avvengono queste cose.


I giovani di oggi si ritrovano con questo regalino da ripianare:

Debito Pubblico: articoli e notizie - Soldionline.it
http://www.soldionline.it/tag/debito-pubblico/
La Banca d'Italia ha comunicato che a ottobre 2015 il debito pubblico italiano è risalito a quasi 2.212 miliardi di euro, rispetto ai 2.192 miliardi di fine settembre.


Un debito che loro non hanno mai contratto, ma che l’ardito del Leghistan come noi, ha permesso che crescesse senza battere ciglio, non andando oltre ai soliti borbottamenti senza mai chiedere alle classi politiche che si sono succedute di fare una politica di rientro graduale, per non far pesare sulle generazioni future i nostri errori di indifferenza palese.

Siamo fatti così e non ne verremo fuori.
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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Ha visto giusto Chantal Louis quando ha rilasciato al Corriere della Sera, l’intervista effettuata da Maria Serena Natale, pubblicata il 6.1.16 e riportata a pagina 1, nell’articolo titolato: «Un senso d’impunità con radici culturali L’integrazione qui ha fallito», riportando in sequenza questi concetti:

I fatti di Colonia segnano un punto di non ritorno nel dibattito sull’immigrazione, finora frenato «da pregiudizi al contrario, dalla paura di apparire razzisti e compromettere la pace sociale — dice al Corriere da Colonia Chantal Louis della storica rivista Emma , che dagli anni Settanta incarna la coscienza femminista tedesca………………

…………..All’apice della crisi dei rifugiati l’estrema destra avrà buon gioco a presentarla come la rappresentazione plastica di quel sistema di valori patriarcale che l’Occidente ancora fatica a lasciarsi alle spalle ma che conserva la sua presa nel mondo musulmano.

«Rischia di essere un assist per i movimenti xenofobi che non aspettano altro che equiparare gli immigrati ai criminali, ma il grande errore della sinistra fino ad oggi è stato proprio essersi voltata dall’altra parte, lasciando alla destra il monopolio dell’interpretazione e del racconto delle inquietudini della società.

I cittadini sono i primi a voler capire cosa sta accadendo in Germania, qualcosa che non ha precedenti.

E gli unici a parlare il loro linguaggio per spiegare la realtà sono i partiti anti-immigrati.

Questa è l’ultima occasione che abbiamo per cambiare la situazione»



Il caso del capodanno di Colonia, reso noto alla stampa tedesca ed europea solo dopo 5 giorni da quando il fatto è accaduto, sta devastando l’intera Europa, non solo la Germania.

Ha perfettamente ragione Chantal Louis a sottolineare che “ All’apice della crisi dei rifugiati l’estrema destra avrà buon gioco e rischia di essere un assist per i movimenti xenofobi”

La destra nostrana è partita in quarta a cavalcare la tigre per questo regalone allemanno di inizio d’anno.

I giornaloni del finto moderato Berlusconi, intenzionato a far risalire il Cd al 40 %, in questi giorni ci stanno sguazzando alla grande come le oche nello stagno.

Le schegge residuali della sinistra descrivono quanto sta accadendo, così:

il manifesto 9.1.16
La miscela dello scontro di civiltà
Colonia. Nei fatti accaduti a capodanno colpisce la dimensione del fenomeno. Ma l’obiettivo politico ora è l’accoglienza di Angela Merkel

di Alberto Burgio



La notte di Colonia comincia a schiarirsi, le denunce si moltiplicano e così gli arresti, mentre monta una polemica al calor bianco che scuote il governo federale (con le dimissioni del capo della polizia) e riecheggia in tutta Europa, dove alcuni paesi dell’Unione annunciano misure per fermare l’«invasione musulmana» e altri rivedono in senso restrittivo le clausole di Schengen.


Eppure di quella notte non sappiamo abbastanza per un’interpretazione univoca dei fatti e tanto meno per sposare letture precipitose o pregiudiziali.



Le ultime notizie parlano di 31 arresti, tra cui 18 profughi (oltre a due tedeschi e a un cittadino statunitense).


Le ipotesi di reato riguardano furti e lesioni personali, ma anche tre casi di violenza sessuale.


La presenza di rifugiati tra le persone fermate collega oggettivamente l’episodio alla politica di accoglienza della cancelliera Merkel la quale, dopo l’iniziale riserbo, si è sentita in dovere di affermare la necessità di «un segnale forte» e di chiarire che, per salvaguardare il diritto d’asilo, non dovrà esservi indulgenza («niente sconti né attenuanti») per i colpevoli delle aggressioni.


Il dato più macroscopico consiste nelle dimensioni dell’episodio. Violenze anche sessuali sono triste routine in occasione di appuntamenti festosi di massa. A Monaco, per l’Oktoberfest, e nella stessa Colonia, per il famoso carnevale. E del resto Colonia non è stata l’unico teatro di violenze nella notte di san Silvestro, né in Germania (episodi analoghi si sono registrati ad Amburgo, Stoccarda e Francoforte) né altrove (Zurigo, Helsinki e Salisburgo).


La peculiarità del caso di Colonia sta nel fatto che il grande branco era composto da un migliaio di persone, un assembramento tale da avere addirittura sopraffatto le forze di polizia presenti.


Con tutto ciò, il quadro rimane ancora alquanto oscuro, anche a causa della lentezza delle indagini e delle contraddittorie versioni fornite. Non si sa in quanti abbiano effettivamente preso parte alle violenze.


Sembra che la polizia tenesse d’occhio alcune bande dedite alla microcriminalità, che sono state tuttavia lasciate libere di scorrazzare.


Ed è difficile anche intendere la logica del branco, capire che cosa cercasse – se di sfogare pulsioni maciste in preda all’alcol o di rubare, o che cos’altro ancora – visto che alcuni erano armati di bottiglie molotov.


Quello che non è affatto oscuro è invece il contesto politico generale in cui l’episodio si colloca: un contesto molto significativo che va tenuto presente per evitare conclusioni affrettate.


Da mesi in Germania (e non solo) le politiche di accoglienza decise da Angela Merkel sono oggetto di polemiche furibonde.


La cancelliera è di continuo attaccata non soltanto dall’estrema destra xenofoba ma anche da cristiano-sociali e democristiani (la sua parte politica) che danno voce alle preoccupazioni di chi teme che una politica di accoglienza troppo generosa possa compromettere l’identità del paese.


La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state proprio quelle scene che hanno commosso il mondo quando, quest’estate, i profughi siriani in arrivo nelle stazioni ferroviarie tedesche sono stati salutati dagli applausi e dai canti dei cittadini accorsi ad accoglierli.


Una cosa mai vista, si è detto. E inaspettata. Ma anche una sorpresa allarmante per chi ha sempre fatto affidamento sulla spontanea ostilità della gente verso i migranti. Che cosa stava succedendo?


Stavano forse saltando anche i presidi naturali alle frontiere della nazione? E non si rischiava davvero un’invasione per colpa della sconsiderata svolta decisa dalla cancelliera?


Ora, se c’è una cosa di cui possiamo star certi è che lo shock provocato dai fatti di Colonia è piombato su questa delicata discussione con la violenza di un macigno.


La Merkel ha chiesto di non strumentalizzare l’accaduto ma è inevitabile che chi sostiene le ragioni dell’accoglienza e della solidarietà sia ora in grande difficoltà, mentre i critici – quanti invocano giri di vite, espulsioni e chiusura delle frontiere – hanno buon gioco.


Di meglio essi non potevano chiedere. E certo non sono dispiaciuti per il mistero che ancora avvolge tutta la vicenda e che fa lievitare ansie e risentimenti.


Di qui a dire che le aggressioni siano state organizzate dalla destra xenofoba tedesca ce ne corre, ma le prime reazioni, peraltro prevedibili, non confutano le congetture più sospettose.


Anzi. Un articolo come quello scritto da Pierluigi Battista sul Corriere della sera di giovedì 7 non fa che rafforzarle con l’accostare la notte di Colonia alla strage parigina nella redazione di Charlie Hebdo. È lo schema Fallaci, o Huntington. Il sempreverde modello dello «scontro tra civiltà».


Battista è andato subito a colpo sicuro, scrivendo di un attacco deliberato alle libertà occidentali, al nostro stile di vita, alla nostra cultura. Lui non ha dubbi: le bande di Colonia «volevano punire» la libertà delle donne; «hanno voluto manifestare» il loro odio verso lo spirito di libertà dell’Occidente cristiano.


Di fronte a tanta sicurezza, una certezza possiamo dire di averla anche noi, in attesa che le indagini in corso facciano piena luce.


Mentre i conflitti tendono a radicalizzarsi – in Europa sotto il peso di una gravissima crisi sociale; in Medio Oriente e in Asia centrale per effetto di dinamiche geopolitiche che hanno innescato guerre (scatenate proprio dall’Occidente cristiano), colpi di Stato, balcanizzazione dei territori e un’inedita escalation terroristica – c’è chi non rinuncia a soffiare sul fuoco augurandosi che l’incendio dilaghi e ripromettendosi di trarne profitto.


Dopo Colonia le destre europee brindano, siano o meno estranee all’organizzazione degli attacchi.


E con loro si compiacciono i teorici dello scontro di civiltà, che pure affettano collera e preoccupazione.

Tutti evidentemente hanno dimenticato quanto sia pericoloso giocare con la paura dei più deboli.


E come, una volta appiccato l’incendio, domare le fiamme sia molto difficile per chiunque.
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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germania
Doppio corteo, scontri a Colonia
Merkel: «Via i profughi colpevoli»

In piazza davanti alla stazione i militanti dell'estrema destra e gli anti razzisti. La polizia usa gli idranti e sospende la manifestazione anti immigrati. La polizia: arrivate più di 300 denunce, quasi tutte contro richiedenti asilo o persone entrate illegalmente
di Silvia Turin


http://www.corriere.it/esteri/16_gennai ... b203.shtml
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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Sono mesi che l'Europa sta andando a destra. I fatti di Colonia sono la ciliegina sulla torta



il manifesto 10.1.16
«La Polonia si orbanizza, attacco a migranti e media»
Intervista. Danuta Przywara (Helsinki Foundation for Human Rights). L’Ong dell’89: «Disattesa l’accoglienza. In pericolo ormai libertà d’espressione e autonomia della giustizia». Walesa: pericolo guerra civile

di Giuseppe Sedia



VARSAVIA Da Colonia a Varsavia il passo è breve. Il partito di estrema destra Giustizia e libertà (PiS) è riuscito a trionfare alle elezioni di novembre scorso anche grazie alla sua campagna contro i migranti «che portano rischi di malattie o epidemie». E in questi giorni nessun modo migliore per Jaroslaw Kaczynski quello di celebrare l’orbanizzazione forzata della Polonia in un summit privato con Orbán. Un incontro di cinque ore (con pranzo a base di trote e zuppa) in una modesta pensione della cittadina polacca di Niedzica, appartenuta un tempo al Regno d’Ungheria.
In attesa del dibattito in sede Ue sul processo di orbanizacja della Polonia, in programma la settimana prossima, abbiamo parlato con Danuta Przywara, presidente dell’Helsinki Foundation for Human Rights (Hfhr), Ong fondata nel 1989, attiva sui diritti umani in Polonia
Esiste un’agenda per l’integrazione degli immigrati a livello nazionale?
Alle stato attuale non esiste nessun piano per l’integrazione degli immigrati. Soltanto alle persone riconosciute come rifugiati viene garantita la partecipazione ad un percorso annuale che include insegnamento del polacco, formazione professionale e pagamento di un sussidio. Secondo noi è ancora troppo poco. Sono anni che gli appelli delle Ong e delle associazioni del territorio restano inascoltati. La mancanza di un’offerta adeguata è stata criticata anche a novembre scorso in un rapporto della Corte dei conti polacca.
Come le autorità locali si preparano ad accogliere i rifugiati e le loro famiglie?
Secondo quanto riportato dalla stampa, soltanto 66 gminy sulle circa 2500 presenti nel paese (gminy è la più piccola unità di divisione territoriale in Polonia ndr) si sono dichiarate disposte ad accogliere i rifugiati. Purtroppo non siamo in grado di monitorare en passant le iniziative delle autorità locali. Sappiamo ad esempio che l’amministrazione comunale di Varsavia sta preparando un’offerta coordinata a livello cittadino per agevolare l’integrazione dei rifugiati.
C’è allarme sugli effetti della riforma dei media firmata questa settimana dal presidente della repubblica Duda?
Siamo molto scettici nei confronti dei cambiamenti introdotti a Varsavia. Dobbiamo ricordare che il Consiglio d’Europa e le altre organizzazioni sui diritti civili postulano da sempre l’autonomia dei mezzi di informazione pubblica. Le soluzioni proposte dal governo vanno in senso opposto. Preoccupa ancora di più che la maggioranza ha più volte ribadito che la riforma è soltanto il primo passo verso un processo di trasformazione più ampio. A quel punto la stessa libertà d’espressione sarebbe a rischio.
Duda ha rifiutato la nomina di tre giudici della Corte costituzionale rifiutandosi di pubblicarne una sentenza sulla gazzetta ufficiale. Fino a quando gli organi di giustizia saranno capaci di auto-tutelarsi?
A dispetto dell’intenzioni del governo, la Corte costituzionale è riuscita a evitare una paralisi totale. I membri della corte hanno bocciato la riforma del proprio organo e hanno emesso una sentenza che mira all’integrazione dei giudici che non sono ancora riusciti a esercitare la propria funzione. La salvaguardia del potere giudiziario in Polonia dipenderà anche dalle pressioni che sapranno esercitare le organizzazioni internazionali e sovranazionali sul nostro paese.
Quando allora è cominciata nella società polacca la guerra “polsko-polska” (tra polacchi) che Lech Walesa ha definito «guerra civile»)?
Le divisioni tra oppositori e fautori della democrazia liberale è ormai in corso da almeno vent’anni. Purtroppo il fossato si è scavato ancora di più nell’ultimo decennio da quando è il dibattito è diventato dominio dei sostenitori dei due maggiori partiti polacchi (PiS e Piattaforma civica ndr). E importante ricordare che quasi la metà dei polacchi non è disposta a schierarsi da nessuna parte. Alle ultime elezioni la frequenza alle urne è stata appena del 50,59%.
Il governo ha davvero pagato il risarcimento a Abu Zubaydah e Al Nashiri detenuti a Guantanamo dopo la sentenza a Strasburgo?
Ci risulta che il governo abbiamo eseguito i pagamenti. Tuttavia, i punti più importanti della sentenza emessa dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo sono altri: l’obbligo di eseguire un’indagine adeguata sui black sites della CIA in Masuria (l’inchiesta cominciata nel 2008 non si è ancora conclusa ndr), e il tentativo di garantire incolumità diplomatica ad Al Nashiri. L’HFHR sta monitorando la situazione dal 2008. Secondo quanto riferito da portavoce del Ministero degli esteri polacco, il nostro governo ha inviate due note agli Stati Uniti nelle quali viene richiesto di ottenere garanzie diplomatiche su Al Nashiri. La parte americana avrebbe a sua volta trasmesso alle autorità competenti le richieste della Polonia.
Quanto è cambiata la situazione dopo la vittoria del PiS alle politiche di ottobre 2015?
I meccanismi di controllo di legittimità costituzionale rischiano di essere liquidati, e anche l’equilibrio tra i tre poteri dello stato è a rischio. Oltre alla riforma dei media, tra i cambiamenti «positivi» — approvati dal governo in tempi da record, e senza una più ampia consultazione -, non possiamo non citare l’abolizione del servizio civile. La maggioranza sta anche lavorando alla riforma della polizia nonché a un disegno di legge che mira a unificare le funzioni della Procura generale con quelle del Ministero della giustizia
camillobenso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

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Gli effetti collaterali di Colonia si riperquoteranno su tutta l'Europa.




Pakistano molesta una 14enne
Residenti assaltano il centro d’accoglienza dei rifugiati

Al rione Matierno di Salerno i residenti hanno tentato di linciare il giovane migrante
Nel corso del raid punitivo esplosi anche alcuni colpi di pistola

di Rosa Coppola

SALERNO - Un cittadino extracomunitario molesta una ragazzina di 14 anni a Salerno e nel rione collinare di Matierno scoppia la rivolta. I residenti della zona hanno dato vita ad un vero e proprio raid punitivo cercando di farsi giustizia da soli e prendendo d’assalto il centro di accoglienza dove era ospitato lo straniero. Il pakistano è giunto nei mesi scorsi in Campania dopo lo sbarco al porto con una nave di migranti.

Il racconto della ragazza e il «raid»

Tutto è cominciato con una presunta molestia subita dall’adolescente, avvicinata dal giovane migrante. Quando la ragazza ha raccontato prima a casa e poi nel quartiere quanto avvenuto, è scattata la rappresaglia. Un gruppo di persone, domenica sera, si è recato dinanzi al centro di accoglienza che si trova nello stesso rione, cercando di sfondare il portone d’ingresso per linciare il presunto molestatore.

Esplosi colpi di pistola

Gli extracomunitari si sono barricati all’interno, in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine che poco dopo sono giunte sul posto bloccando l’assalto. Oltre a numerose pietre, sarebbero stati esplosi anche alcuni colpi di pistola contro il palazzo che ospita il centro di accoglienza.
11 gennaio 2016 | 09:18
© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... be2e.shtml
paolo11
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da paolo11 »

Va a finire che ci pensa la mafia o la camorra far fuori un po di immigrati se succede una cosa del genere in Italia.Ribadisco accoglienza alle donne e figli di una certa età.Uomini prendano in mano le armi e vadano a combattere per il proprio paese.
Nessun politico che prenda in mano questa soluzione?
Ciao
Paolo11
erding
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da erding »


Un silenzio che va infranto. Non c'e' solo Colonia!


Inchiesta
Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa
Il nuovo orrore delle schiave romene

Cinquemila donne lavorano nelle serre della provincia siciliana. Vivono segregate in campagna. Spesso con i figli piccoli.
Nel totale isolamento subiscono ogni genere di violenza sessuale. Una realtà fatta di aborti, “festini” e ipocrisia.
Dove tutti sanno e nessuno parla


di Antonello Mangano

Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa Il nuovo orrore delle schiave romene
VITTORIA (RG) - «Possono prendere il mio corpo. Possono farmi tutto. Ma l’anima no. Quella non possono toccarmela». Alina mi indica un locale in mezzo alla campagna. «Lì dentro succede tutte cose possibili». È uno dei pochi edifici che interrompe la serie infinita di serre. Il bianco dei teli di plastica va da Acate a Santa Croce Camerina. Siamo a Sud di Tunisi, terra rossa e mare azzurro che guarda l’Africa. Siamo nella “città delle primizie”, uno dei distretti ortofrutticoli più importanti d’Italia. Il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa annullando il tempo e le stagioni. Gli ortaggi che altrove maturano a giugno qui sono pronti a gennaio. Un miracolo chimico che ha ancora bisogno di braccia.

I tunisini arrivarono già negli anni ’80, a frontiere aperte. Le dune di sabbia, il clima rovente, le case cubiche più o meno incomplete ricordavano la nazione di provenienza. Hanno contribuito al miracolo economico della provincia – l’oro verde - e poi sono stati sostituiti senza un grazie. Dal 2007 arrivano nuovi migranti che lavorano per metà salario. I rumeni. E soprattutto le rumene. Nell’isolamento della campagna sono una presenza gradita. Così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale.

FESTINI
Una cascina in aperta campagna. Ragazze rumene sui vent’anni. Un padrone che offre carne fresca ai parenti, agli amici. Ai figli. Tutti sanno e tutti tacciono. Don Beniamino Sacco è il sacerdote che per primo ha denunciato i “festini agricoli”. «Sono diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare», denuncia il parroco. Tre anni fa ha mandato in carcere un padrone sfruttatore. Ha subito minacce e risposto con una battuta: «Non muoio neanche se mi ammazzano».

La solidarietà è scarsa, anche tra rumeni. Come è possibile che tutto questo succeda nel silenzio generale? Secondo Ausilia Cosentini, operatrice sociale dell’associazione “Proxima”, «la mancanza di solidarietà tra i rumeni, e la loro mentalità omertosa, si incastra con quella altrettanto omertosa del territorio. In più, da qualche mese noto un aumento dell’intolleranza».

«Se non ci fossero i migranti, la nostra agricoltura si bloccherebbe», dice all’Espresso Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria. «C’è una buona integrazione, ma la violenza sulle donne è un peso sulla coscienza di tutti. Un fenomeno disgustoso, anche se in regressione». Giuseppe Scifo della Flai Cgil spiega che allo sfruttamento lavorativo si aggiunge la segregazione. Per questo è stato avviato il progetto “Solidal Transfert”, un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni. «Ho conosciuto rumeni che non erano mai stati in paese», dice.

Uno squillo
«Se sei abituato dalla Romania, qui non è tanto più pesante», spiega Adriana con un sorriso. Non è facile crederci ascoltando la storia di Luana, quaranta anni. I due figli l’hanno raggiunta dopo il suicidio del marito in Romania. Lavora in una serra sperduta nelle campagne di Vittoria, vive in un casolare fatiscente nei pressi. La scuola è difficile da raggiungere a piedi. Il tragitto è lungo e pericoloso per due bambini soli. Il padrone è un signore di Vittoria. Si offre generosamente: «Li accompagno io». La sua non è una richiesta disinteressata.

In piena notte la chiama. Chiede se i bambini si sono addormentati. Le dice di raggiungerlo sotto un albero. Anche il padrone vive lì, a due passi. Con la moglie e un figlio. Luana teme soprattutto le minacce dell’uomo, ha paura per i bambini. A volte si nega. Lui subito minaccia. «Non li porto più a scuola. Niente acqua da bere. Neanche a te. Qui c’è caldo e l’acqua che diamo alle serre è avvelenata. Vuoi andare al supermercato? È molto lontano».

Luana sopporta tutto. Persino quando lui perde la testa e la minaccia con la pistola. Ma quando dice che non porterà più i bambini a scuola, condannandoli all’isolamento più assoluto, pensa che può bastare. Decide di fuggire. Di notte prepara la valigia, prende i bambini per mano. Luana è stata accolta e protetta nel centro di accoglienza dell’associazione “Proxima”. È inserita nei programmi destinati alle vittima di tratta. Come se fosse una storia di prostituzione. Si tratta invece di lavoratrici che producono ortaggi. Quelli che tutti compriamo al supermercato. Dopo un mese ha deciso di andare via. Ora lavora nuovamente nelle serre. Sfruttamento estremo significa anche mancanza di alternative.

Lontano da Seva
La storia di Luana è stata raccolta da Alessandra Sciurba, ricercatrice dell’Università di Palermo . Perché le donne accettano queste condizioni? «In genere sono consapevoli di quello che le aspetta. Ma lo fanno per tenere unita la famiglia». Nelle serre puoi vivere coi bambini. A casa di un anziano no. Meglio quindi fare la contadina che la badante. Per questo ci sono nelle serre tante mamme rumene coi bambini. «Possiamo parlare di un estremo esercizio del diritto all’unità familiare».

Le rumene vengono da Botosani, una delle zone più povere del paese. Anche lì lavoravano in campagna. «Non potevo stare lontana da Seva, sono troppo attaccata», dice Adriana. Sciurba spiega che le rumene possono essere definite bread winner. Sono le prime a partire. I mariti, se arrivano, arrivano dopo. Intanto gli italiani diventano padroni della loro vita e della loro morte. Sono padroni in tutti i sensi. Le rumene hanno una “considerazione inferiorizzata” di tutti gli uomini: tunisini, rumeni, italiani. «Qualunque cosa possono farci, loro sono niente», conferma Adriana.

Un’altra storia raccolta da Sciurba è quella di Cornelia e Marco. Cercavano una situazione tranquilla. Una serra dove portare la bambina e un padrone che tiene le mani a posto. Hanno trovato un lavoro vicino Gela. Dieci ore al giorno, pochi soldi e in nero. La “casa” è una stanza spoglia nel magazzino. «Ma non devi guardare mia moglie», ha chiarito Mario al padrone. Va bene, ha risposto lui. Anche perché c’è un’altra rumena, sposata, che assecondava le sue voglie. Il marito fa finta di niente per non perdere il lavoro.

Nella serra ci sono cani da guardia molto aggressivi. Sono addestrati per sorvegliare e controllare i lavoratori. Un giorno un dobermann azzanna Cornelia e la bimba, ferendo gravemente alla coscia la piccola. «Ci sono voluti quasi 100 punti», dice mostrando la gambetta della bimba. «Io la tenevo in braccio e ho cercato di proteggerla ma è stato impossibile fermare il cane». Arrivano i carabinieri, il padrone dice che l’animale passava per caso. Intanto il dobermann viene nascosto. La rumena che ha una relazione col padrone conferma. Cornelia e Marco devono ricevere ancora 5000 euro. Denunciano l’uomo. La bambina dovrà essere sottoposta a intervento chirurgico per fare in modo che il muscolo possa svilupparsi correttamente.

Almeno i due non pagavano l’affitto. C’è anche chi chiede fino a 300 euro al mese per un rudere. «Ci sono abitazioni piccole e senza infissi», rivela una ricerca condotta dall’“Associazione per i diritti umani”. «I buchi nel soffitto fanno passare l’acqua piovana. Le mura sono erose dall’umidità. Proliferano i miceti, con conseguenti patologie come l’asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario». Nella zona sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere. Come fosse una zona di guerra e non un distretto produttivo. Spesso gli operatori affermano che certe cose (letti di cartoni, cucine col fornelletto a gas, magazzini adattati ad abitazione) non le hanno viste nemmeno in Africa.

L’anima non me la toccano
È il più spaventoso dei metodi contraccettivi. Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti. Va avanti così da anni. Spesso le rumene sono giovanissime. Arrivano in ambulatorio accompagnate da uomini, in genere italiani ma a volte anche tunisini e albanesi. «Restano sedute con lo sguardo fisso a terra e gli uomini parlano al posto loro», racconta un’operatrice dell’Asl. «Anni fa un tunisino mi ha portato tre ragazze rumene, tutte incinta, per farle abortire. Parlavano poco. Quando sono rimasta sola con loro mi hanno detto di lavorare nelle serre di cui lui era proprietario».
«Nel caso specifico di Vittoria le donne si trovano impossibilitate ad interrompere la gravidanza poiché tutti i medici sono obiettori di coscienza», spiega la ricerca dell’“Associazione Diritti Umani”. Solo all’ospedale di Modica sono presenti medici non obiettori, ma la crescita esponenziale di richieste di aborto porta un allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile l’aborto entro i tre mesi previsti dalla legge. Alcune donne sono costrette a ritornare nei loro paesi d’origine per abortire. Altre, invece, si affidano a strutture abusive e a persone che, sotto cospicuo pagamento, praticano l’aborto senza averne competenza».

L’uomo cacciatore
Per le vittoriesi la colpa è delle rumene. Sono loro a tentare il maschio siciliano, per sua natura focoso. C’è una fortissima rivalità tra donne. L’“uomo cacciatore”, ovviamente, è orgoglioso delle “conquiste”. Vantarsi di queste cose dentro le serre è normale. Molto complessa la figura del marito rumeno, a volte presente anche lui in serra. Sa e non sa, vede e non vede. Se non accetta la situa

Emailzione, è il primo a essere cacciato.
Di fronte a certi orrori lo sfruttamento sul lavoro passa quasi in secondo piano. Anche se significa salari da dieci euro al giorno, temperature di fuoco sotto i teloni, veleno che può rovinare i polmoni, la pelle, gli occhi. Per non parlare delle “fumarole”. Quando di notte bruciano piante secche e fili di nylon, di mattina si soffoca.
Così si produce l’ortofrutta che troviamo in tutti i supermercati. «Abbiamo circa 3000 aziende agricole di piccola e media dimensione», spiega il sindaco Nicosia. «È la più grossa espressione dell’ortofrutta meridionale, oltre che il mercato è il più importante d’Italia di prodotto con confezionato». Nel 2011 risultavano regolarmente registrati 11845 migranti, una stima di quelli che lavorano nelle serre oscilla tra 15mila e 20mila. Migliaia di schiavi che ci permettono di mangiare ortaggi fuori stagione.
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da camillobenso »

erding ha scritto:
Un silenzio che va infranto. Non c'e' solo Colonia!


Inchiesta
Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa
Il nuovo orrore delle schiave romene

Cinquemila donne lavorano nelle serre della provincia siciliana. Vivono segregate in campagna. Spesso con i figli piccoli.
Nel totale isolamento subiscono ogni genere di violenza sessuale. Una realtà fatta di aborti, “festini” e ipocrisia.
Dove tutti sanno e nessuno parla


di Antonello Mangano

Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa Il nuovo orrore delle schiave romene
VITTORIA (RG) - «Possono prendere il mio corpo. Possono farmi tutto. Ma l’anima no. Quella non possono toccarmela». Alina mi indica un locale in mezzo alla campagna. «Lì dentro succede tutte cose possibili». È uno dei pochi edifici che interrompe la serie infinita di serre. Il bianco dei teli di plastica va da Acate a Santa Croce Camerina. Siamo a Sud di Tunisi, terra rossa e mare azzurro che guarda l’Africa. Siamo nella “città delle primizie”, uno dei distretti ortofrutticoli più importanti d’Italia. Il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa annullando il tempo e le stagioni. Gli ortaggi che altrove maturano a giugno qui sono pronti a gennaio. Un miracolo chimico che ha ancora bisogno di braccia.

I tunisini arrivarono già negli anni ’80, a frontiere aperte. Le dune di sabbia, il clima rovente, le case cubiche più o meno incomplete ricordavano la nazione di provenienza. Hanno contribuito al miracolo economico della provincia – l’oro verde - e poi sono stati sostituiti senza un grazie. Dal 2007 arrivano nuovi migranti che lavorano per metà salario. I rumeni. E soprattutto le rumene. Nell’isolamento della campagna sono una presenza gradita. Così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale.

FESTINI
Una cascina in aperta campagna. Ragazze rumene sui vent’anni. Un padrone che offre carne fresca ai parenti, agli amici. Ai figli. Tutti sanno e tutti tacciono. Don Beniamino Sacco è il sacerdote che per primo ha denunciato i “festini agricoli”. «Sono diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare», denuncia il parroco. Tre anni fa ha mandato in carcere un padrone sfruttatore. Ha subito minacce e risposto con una battuta: «Non muoio neanche se mi ammazzano».

La solidarietà è scarsa, anche tra rumeni. Come è possibile che tutto questo succeda nel silenzio generale? Secondo Ausilia Cosentini, operatrice sociale dell’associazione “Proxima”, «la mancanza di solidarietà tra i rumeni, e la loro mentalità omertosa, si incastra con quella altrettanto omertosa del territorio. In più, da qualche mese noto un aumento dell’intolleranza».

«Se non ci fossero i migranti, la nostra agricoltura si bloccherebbe», dice all’Espresso Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria. «C’è una buona integrazione, ma la violenza sulle donne è un peso sulla coscienza di tutti. Un fenomeno disgustoso, anche se in regressione». Giuseppe Scifo della Flai Cgil spiega che allo sfruttamento lavorativo si aggiunge la segregazione. Per questo è stato avviato il progetto “Solidal Transfert”, un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni. «Ho conosciuto rumeni che non erano mai stati in paese», dice.

Uno squillo
«Se sei abituato dalla Romania, qui non è tanto più pesante», spiega Adriana con un sorriso. Non è facile crederci ascoltando la storia di Luana, quaranta anni. I due figli l’hanno raggiunta dopo il suicidio del marito in Romania. Lavora in una serra sperduta nelle campagne di Vittoria, vive in un casolare fatiscente nei pressi. La scuola è difficile da raggiungere a piedi. Il tragitto è lungo e pericoloso per due bambini soli. Il padrone è un signore di Vittoria. Si offre generosamente: «Li accompagno io». La sua non è una richiesta disinteressata.

In piena notte la chiama. Chiede se i bambini si sono addormentati. Le dice di raggiungerlo sotto un albero. Anche il padrone vive lì, a due passi. Con la moglie e un figlio. Luana teme soprattutto le minacce dell’uomo, ha paura per i bambini. A volte si nega. Lui subito minaccia. «Non li porto più a scuola. Niente acqua da bere. Neanche a te. Qui c’è caldo e l’acqua che diamo alle serre è avvelenata. Vuoi andare al supermercato? È molto lontano».

Luana sopporta tutto. Persino quando lui perde la testa e la minaccia con la pistola. Ma quando dice che non porterà più i bambini a scuola, condannandoli all’isolamento più assoluto, pensa che può bastare. Decide di fuggire. Di notte prepara la valigia, prende i bambini per mano. Luana è stata accolta e protetta nel centro di accoglienza dell’associazione “Proxima”. È inserita nei programmi destinati alle vittima di tratta. Come se fosse una storia di prostituzione. Si tratta invece di lavoratrici che producono ortaggi. Quelli che tutti compriamo al supermercato. Dopo un mese ha deciso di andare via. Ora lavora nuovamente nelle serre. Sfruttamento estremo significa anche mancanza di alternative.

Lontano da Seva
La storia di Luana è stata raccolta da Alessandra Sciurba, ricercatrice dell’Università di Palermo . Perché le donne accettano queste condizioni? «In genere sono consapevoli di quello che le aspetta. Ma lo fanno per tenere unita la famiglia». Nelle serre puoi vivere coi bambini. A casa di un anziano no. Meglio quindi fare la contadina che la badante. Per questo ci sono nelle serre tante mamme rumene coi bambini. «Possiamo parlare di un estremo esercizio del diritto all’unità familiare».

Le rumene vengono da Botosani, una delle zone più povere del paese. Anche lì lavoravano in campagna. «Non potevo stare lontana da Seva, sono troppo attaccata», dice Adriana. Sciurba spiega che le rumene possono essere definite bread winner. Sono le prime a partire. I mariti, se arrivano, arrivano dopo. Intanto gli italiani diventano padroni della loro vita e della loro morte. Sono padroni in tutti i sensi. Le rumene hanno una “considerazione inferiorizzata” di tutti gli uomini: tunisini, rumeni, italiani. «Qualunque cosa possono farci, loro sono niente», conferma Adriana.

Un’altra storia raccolta da Sciurba è quella di Cornelia e Marco. Cercavano una situazione tranquilla. Una serra dove portare la bambina e un padrone che tiene le mani a posto. Hanno trovato un lavoro vicino Gela. Dieci ore al giorno, pochi soldi e in nero. La “casa” è una stanza spoglia nel magazzino. «Ma non devi guardare mia moglie», ha chiarito Mario al padrone. Va bene, ha risposto lui. Anche perché c’è un’altra rumena, sposata, che assecondava le sue voglie. Il marito fa finta di niente per non perdere il lavoro.

Nella serra ci sono cani da guardia molto aggressivi. Sono addestrati per sorvegliare e controllare i lavoratori. Un giorno un dobermann azzanna Cornelia e la bimba, ferendo gravemente alla coscia la piccola. «Ci sono voluti quasi 100 punti», dice mostrando la gambetta della bimba. «Io la tenevo in braccio e ho cercato di proteggerla ma è stato impossibile fermare il cane». Arrivano i carabinieri, il padrone dice che l’animale passava per caso. Intanto il dobermann viene nascosto. La rumena che ha una relazione col padrone conferma. Cornelia e Marco devono ricevere ancora 5000 euro. Denunciano l’uomo. La bambina dovrà essere sottoposta a intervento chirurgico per fare in modo che il muscolo possa svilupparsi correttamente.

Almeno i due non pagavano l’affitto. C’è anche chi chiede fino a 300 euro al mese per un rudere. «Ci sono abitazioni piccole e senza infissi», rivela una ricerca condotta dall’“Associazione per i diritti umani”. «I buchi nel soffitto fanno passare l’acqua piovana. Le mura sono erose dall’umidità. Proliferano i miceti, con conseguenti patologie come l’asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario». Nella zona sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere. Come fosse una zona di guerra e non un distretto produttivo. Spesso gli operatori affermano che certe cose (letti di cartoni, cucine col fornelletto a gas, magazzini adattati ad abitazione) non le hanno viste nemmeno in Africa.

L’anima non me la toccano
È il più spaventoso dei metodi contraccettivi. Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti. Va avanti così da anni. Spesso le rumene sono giovanissime. Arrivano in ambulatorio accompagnate da uomini, in genere italiani ma a volte anche tunisini e albanesi. «Restano sedute con lo sguardo fisso a terra e gli uomini parlano al posto loro», racconta un’operatrice dell’Asl. «Anni fa un tunisino mi ha portato tre ragazze rumene, tutte incinta, per farle abortire. Parlavano poco. Quando sono rimasta sola con loro mi hanno detto di lavorare nelle serre di cui lui era proprietario».
«Nel caso specifico di Vittoria le donne si trovano impossibilitate ad interrompere la gravidanza poiché tutti i medici sono obiettori di coscienza», spiega la ricerca dell’“Associazione Diritti Umani”. Solo all’ospedale di Modica sono presenti medici non obiettori, ma la crescita esponenziale di richieste di aborto porta un allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile l’aborto entro i tre mesi previsti dalla legge. Alcune donne sono costrette a ritornare nei loro paesi d’origine per abortire. Altre, invece, si affidano a strutture abusive e a persone che, sotto cospicuo pagamento, praticano l’aborto senza averne competenza».

L’uomo cacciatore
Per le vittoriesi la colpa è delle rumene. Sono loro a tentare il maschio siciliano, per sua natura focoso. C’è una fortissima rivalità tra donne. L’“uomo cacciatore”, ovviamente, è orgoglioso delle “conquiste”. Vantarsi di queste cose dentro le serre è normale. Molto complessa la figura del marito rumeno, a volte presente anche lui in serra. Sa e non sa, vede e non vede. Se non accetta la situa

Emailzione, è il primo a essere cacciato.
Di fronte a certi orrori lo sfruttamento sul lavoro passa quasi in secondo piano. Anche se significa salari da dieci euro al giorno, temperature di fuoco sotto i teloni, veleno che può rovinare i polmoni, la pelle, gli occhi. Per non parlare delle “fumarole”. Quando di notte bruciano piante secche e fili di nylon, di mattina si soffoca.
Così si produce l’ortofrutta che troviamo in tutti i supermercati. «Abbiamo circa 3000 aziende agricole di piccola e media dimensione», spiega il sindaco Nicosia. «È la più grossa espressione dell’ortofrutta meridionale, oltre che il mercato è il più importante d’Italia di prodotto con confezionato». Nel 2011 risultavano regolarmente registrati 11845 migranti, una stima di quelli che lavorano nelle serre oscilla tra 15mila e 20mila. Migliaia di schiavi che ci permettono di mangiare ortaggi fuori stagione.

I have a dream che questo caso obblighi La Qualunque a metterci la faccia.

Altro che Colonia e i suoi fratelli!!!!!!!!!!

Non sarebbe male coinvolgere anche Francesco.

Come si può fare???????

Qualche ideuzza in proposito???????


PS1. In questo momento il quotidiano specializzato in certe notizie se viene coinvolta la razza ariana riporta:

Profughi molestarono bimbe
Svezia tacque per proteggerli
Sarebbero state nascoste le origini di decine di molestatori. La polizia smentisce l'insabbiamento ma non gli attacchi
di Giovanni Masini
49 minuti fa


^^^^

Dal web ordine agli immigrati
"Aggredite le donne bianche"
Mario Valenza

^^^^


Colonia, Pinotti "grazia" l'islam
"La Bibbia opprime la donna"

Ora il ministro riscrive San Paolo

Giuseppe De Lorenzo

^^^^

Marocchino molesta ragazzina:
raid punitivo al centro profughi
Angelo Scarano

^^^^

New York, ragazzini stuprano
una 18enne davanti al padre
Sergio Rame

^^^^

A Il Giornale sono molto informati su cosa accade in Europa e al di là dell’Atlantico, ma ignorano cosa accade in casa loro.


Libero si limita a questo:

Salerno, il raid punitivo
UNA 14ENNE MOLESTATA
Poi la rivolta degli italiani:
per il pakistano finisce male
Nigeriano stupra psicologa

^^^^

Un terrificante messaggio
Islam, l'ora del terrorismo sessuale
La chiamata alle armi (a casa nostra)
Il Corano ordina: "Stuprare le infedeli"

^^^^^^^^^

PS2. Caro erding da chi è stato pubblicato quell’articolo?
pancho
Messaggi: 1990
Iscritto il: 21/02/2012, 19:25

Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso

Messaggio da pancho »

camillobenso ha scritto:
erding ha scritto:
Un silenzio che va infranto. Non c'e' solo Colonia!


Inchiesta
Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa
Il nuovo orrore delle schiave romene

Cinquemila donne lavorano nelle serre della provincia siciliana. Vivono segregate in campagna. Spesso con i figli piccoli.
Nel totale isolamento subiscono ogni genere di violenza sessuale. Una realtà fatta di aborti, “festini” e ipocrisia.
Dove tutti sanno e nessuno parla


di Antonello Mangano

Violentate nel silenzio dei campi a Ragusa Il nuovo orrore delle schiave romene
VITTORIA (RG) - «Possono prendere il mio corpo. Possono farmi tutto. Ma l’anima no. Quella non possono toccarmela». Alina mi indica un locale in mezzo alla campagna. «Lì dentro succede tutte cose possibili». È uno dei pochi edifici che interrompe la serie infinita di serre. Il bianco dei teli di plastica va da Acate a Santa Croce Camerina. Siamo a Sud di Tunisi, terra rossa e mare azzurro che guarda l’Africa. Siamo nella “città delle primizie”, uno dei distretti ortofrutticoli più importanti d’Italia. Il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa annullando il tempo e le stagioni. Gli ortaggi che altrove maturano a giugno qui sono pronti a gennaio. Un miracolo chimico che ha ancora bisogno di braccia.

I tunisini arrivarono già negli anni ’80, a frontiere aperte. Le dune di sabbia, il clima rovente, le case cubiche più o meno incomplete ricordavano la nazione di provenienza. Hanno contribuito al miracolo economico della provincia – l’oro verde - e poi sono stati sostituiti senza un grazie. Dal 2007 arrivano nuovi migranti che lavorano per metà salario. I rumeni. E soprattutto le rumene. Nell’isolamento della campagna sono una presenza gradita. Così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale.

FESTINI
Una cascina in aperta campagna. Ragazze rumene sui vent’anni. Un padrone che offre carne fresca ai parenti, agli amici. Ai figli. Tutti sanno e tutti tacciono. Don Beniamino Sacco è il sacerdote che per primo ha denunciato i “festini agricoli”. «Sono diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare», denuncia il parroco. Tre anni fa ha mandato in carcere un padrone sfruttatore. Ha subito minacce e risposto con una battuta: «Non muoio neanche se mi ammazzano».

La solidarietà è scarsa, anche tra rumeni. Come è possibile che tutto questo succeda nel silenzio generale? Secondo Ausilia Cosentini, operatrice sociale dell’associazione “Proxima”, «la mancanza di solidarietà tra i rumeni, e la loro mentalità omertosa, si incastra con quella altrettanto omertosa del territorio. In più, da qualche mese noto un aumento dell’intolleranza».

«Se non ci fossero i migranti, la nostra agricoltura si bloccherebbe», dice all’Espresso Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria. «C’è una buona integrazione, ma la violenza sulle donne è un peso sulla coscienza di tutti. Un fenomeno disgustoso, anche se in regressione». Giuseppe Scifo della Flai Cgil spiega che allo sfruttamento lavorativo si aggiunge la segregazione. Per questo è stato avviato il progetto “Solidal Transfert”, un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni. «Ho conosciuto rumeni che non erano mai stati in paese», dice.

Uno squillo
«Se sei abituato dalla Romania, qui non è tanto più pesante», spiega Adriana con un sorriso. Non è facile crederci ascoltando la storia di Luana, quaranta anni. I due figli l’hanno raggiunta dopo il suicidio del marito in Romania. Lavora in una serra sperduta nelle campagne di Vittoria, vive in un casolare fatiscente nei pressi. La scuola è difficile da raggiungere a piedi. Il tragitto è lungo e pericoloso per due bambini soli. Il padrone è un signore di Vittoria. Si offre generosamente: «Li accompagno io». La sua non è una richiesta disinteressata.

In piena notte la chiama. Chiede se i bambini si sono addormentati. Le dice di raggiungerlo sotto un albero. Anche il padrone vive lì, a due passi. Con la moglie e un figlio. Luana teme soprattutto le minacce dell’uomo, ha paura per i bambini. A volte si nega. Lui subito minaccia. «Non li porto più a scuola. Niente acqua da bere. Neanche a te. Qui c’è caldo e l’acqua che diamo alle serre è avvelenata. Vuoi andare al supermercato? È molto lontano».

Luana sopporta tutto. Persino quando lui perde la testa e la minaccia con la pistola. Ma quando dice che non porterà più i bambini a scuola, condannandoli all’isolamento più assoluto, pensa che può bastare. Decide di fuggire. Di notte prepara la valigia, prende i bambini per mano. Luana è stata accolta e protetta nel centro di accoglienza dell’associazione “Proxima”. È inserita nei programmi destinati alle vittima di tratta. Come se fosse una storia di prostituzione. Si tratta invece di lavoratrici che producono ortaggi. Quelli che tutti compriamo al supermercato. Dopo un mese ha deciso di andare via. Ora lavora nuovamente nelle serre. Sfruttamento estremo significa anche mancanza di alternative.

Lontano da Seva
La storia di Luana è stata raccolta da Alessandra Sciurba, ricercatrice dell’Università di Palermo . Perché le donne accettano queste condizioni? «In genere sono consapevoli di quello che le aspetta. Ma lo fanno per tenere unita la famiglia». Nelle serre puoi vivere coi bambini. A casa di un anziano no. Meglio quindi fare la contadina che la badante. Per questo ci sono nelle serre tante mamme rumene coi bambini. «Possiamo parlare di un estremo esercizio del diritto all’unità familiare».

Le rumene vengono da Botosani, una delle zone più povere del paese. Anche lì lavoravano in campagna. «Non potevo stare lontana da Seva, sono troppo attaccata», dice Adriana. Sciurba spiega che le rumene possono essere definite bread winner. Sono le prime a partire. I mariti, se arrivano, arrivano dopo. Intanto gli italiani diventano padroni della loro vita e della loro morte. Sono padroni in tutti i sensi. Le rumene hanno una “considerazione inferiorizzata” di tutti gli uomini: tunisini, rumeni, italiani. «Qualunque cosa possono farci, loro sono niente», conferma Adriana.

Un’altra storia raccolta da Sciurba è quella di Cornelia e Marco. Cercavano una situazione tranquilla. Una serra dove portare la bambina e un padrone che tiene le mani a posto. Hanno trovato un lavoro vicino Gela. Dieci ore al giorno, pochi soldi e in nero. La “casa” è una stanza spoglia nel magazzino. «Ma non devi guardare mia moglie», ha chiarito Mario al padrone. Va bene, ha risposto lui. Anche perché c’è un’altra rumena, sposata, che assecondava le sue voglie. Il marito fa finta di niente per non perdere il lavoro.

Nella serra ci sono cani da guardia molto aggressivi. Sono addestrati per sorvegliare e controllare i lavoratori. Un giorno un dobermann azzanna Cornelia e la bimba, ferendo gravemente alla coscia la piccola. «Ci sono voluti quasi 100 punti», dice mostrando la gambetta della bimba. «Io la tenevo in braccio e ho cercato di proteggerla ma è stato impossibile fermare il cane». Arrivano i carabinieri, il padrone dice che l’animale passava per caso. Intanto il dobermann viene nascosto. La rumena che ha una relazione col padrone conferma. Cornelia e Marco devono ricevere ancora 5000 euro. Denunciano l’uomo. La bambina dovrà essere sottoposta a intervento chirurgico per fare in modo che il muscolo possa svilupparsi correttamente.

Almeno i due non pagavano l’affitto. C’è anche chi chiede fino a 300 euro al mese per un rudere. «Ci sono abitazioni piccole e senza infissi», rivela una ricerca condotta dall’“Associazione per i diritti umani”. «I buchi nel soffitto fanno passare l’acqua piovana. Le mura sono erose dall’umidità. Proliferano i miceti, con conseguenti patologie come l’asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario». Nella zona sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere. Come fosse una zona di guerra e non un distretto produttivo. Spesso gli operatori affermano che certe cose (letti di cartoni, cucine col fornelletto a gas, magazzini adattati ad abitazione) non le hanno viste nemmeno in Africa.

L’anima non me la toccano
È il più spaventoso dei metodi contraccettivi. Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti. Va avanti così da anni. Spesso le rumene sono giovanissime. Arrivano in ambulatorio accompagnate da uomini, in genere italiani ma a volte anche tunisini e albanesi. «Restano sedute con lo sguardo fisso a terra e gli uomini parlano al posto loro», racconta un’operatrice dell’Asl. «Anni fa un tunisino mi ha portato tre ragazze rumene, tutte incinta, per farle abortire. Parlavano poco. Quando sono rimasta sola con loro mi hanno detto di lavorare nelle serre di cui lui era proprietario».
«Nel caso specifico di Vittoria le donne si trovano impossibilitate ad interrompere la gravidanza poiché tutti i medici sono obiettori di coscienza», spiega la ricerca dell’“Associazione Diritti Umani”. Solo all’ospedale di Modica sono presenti medici non obiettori, ma la crescita esponenziale di richieste di aborto porta un allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile l’aborto entro i tre mesi previsti dalla legge. Alcune donne sono costrette a ritornare nei loro paesi d’origine per abortire. Altre, invece, si affidano a strutture abusive e a persone che, sotto cospicuo pagamento, praticano l’aborto senza averne competenza».

L’uomo cacciatore
Per le vittoriesi la colpa è delle rumene. Sono loro a tentare il maschio siciliano, per sua natura focoso. C’è una fortissima rivalità tra donne. L’“uomo cacciatore”, ovviamente, è orgoglioso delle “conquiste”. Vantarsi di queste cose dentro le serre è normale. Molto complessa la figura del marito rumeno, a volte presente anche lui in serra. Sa e non sa, vede e non vede. Se non accetta la situa

Emailzione, è il primo a essere cacciato.
Di fronte a certi orrori lo sfruttamento sul lavoro passa quasi in secondo piano. Anche se significa salari da dieci euro al giorno, temperature di fuoco sotto i teloni, veleno che può rovinare i polmoni, la pelle, gli occhi. Per non parlare delle “fumarole”. Quando di notte bruciano piante secche e fili di nylon, di mattina si soffoca.
Così si produce l’ortofrutta che troviamo in tutti i supermercati. «Abbiamo circa 3000 aziende agricole di piccola e media dimensione», spiega il sindaco Nicosia. «È la più grossa espressione dell’ortofrutta meridionale, oltre che il mercato è il più importante d’Italia di prodotto con confezionato». Nel 2011 risultavano regolarmente registrati 11845 migranti, una stima di quelli che lavorano nelle serre oscilla tra 15mila e 20mila. Migliaia di schiavi che ci permettono di mangiare ortaggi fuori stagione.

I have a dream che questo caso obblighi La Qualunque a metterci la faccia.

Altro che Colonia e i suoi fratelli!!!!!!!!!!

Non sarebbe male coinvolgere anche Francesco.

Come si può fare???????

Qualche ideuzza in proposito???????


PS1. In questo momento il quotidiano specializzato in certe notizie se viene coinvolta la razza ariana riporta:

Profughi molestarono bimbe
Svezia tacque per proteggerli
Sarebbero state nascoste le origini di decine di molestatori. La polizia smentisce l'insabbiamento ma non gli attacchi
di Giovanni Masini
49 minuti fa


^^^^

Dal web ordine agli immigrati
"Aggredite le donne bianche"
Mario Valenza

^^^^


Colonia, Pinotti "grazia" l'islam
"La Bibbia opprime la donna"

Ora il ministro riscrive San Paolo

Giuseppe De Lorenzo

^^^^

Marocchino molesta ragazzina:
raid punitivo al centro profughi
Angelo Scarano

^^^^

New York, ragazzini stuprano
una 18enne davanti al padre
Sergio Rame

^^^^

A Il Giornale sono molto informati su cosa accade in Europa e al di là dell’Atlantico, ma ignorano cosa accade in casa loro.


Libero si limita a questo:

Salerno, il raid punitivo
UNA 14ENNE MOLESTATA
Poi la rivolta degli italiani:
per il pakistano finisce male
Nigeriano stupra psicologa

^^^^

Un terrificante messaggio
Islam, l'ora del terrorismo sessuale
La chiamata alle armi (a casa nostra)
Il Corano ordina: "Stuprare le infedeli"

^^^^^^^^^

PS2. Caro erding da chi è stato pubblicato quell’articolo?
PS2. Caro erding da chi è stato pubblicato quell’articolo?
Camillobenso e se questo fosse un nuovo modo di far terrorismo? Non lo possiamo mettere anche questo nbl conto?
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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