Integrazione, razzismo e razzismo inverso
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
QUANDO IL VIRUS DELLA FOLLIA DIVENTA PREDA DEL GENERE UMANO
E' giò successo milioni di volte nella storia dell'umaninità. Ma anche il saperlo non cambia niente. La società umana ripete sempre gli stessi errori.
A Napoli direbbero: Caggià fà???
Ue, ultimatum alla Grecia: ha tre mesi per fermare i migranti
Atene ha novanta giorni per porre un freno agli sbarchi, poi scatteranno i controlli alla frontiera con il resto dell'Unione. È la fine dell'area Schengen per come la conosciamo
Giovanni Masini - Mar, 09/02/2016 - 18:53
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La Grecia ha le ore contate: o si adegua alle richieste dell'Unione Europea per la gestione dell'emergenza migranti e il controllo delle frontiere, oppure si vedrà tagliata di fatto fuori dall'area Schengen per due anni.
Atene ha appena tre mesi di tempo per mettersi in regola.
Fonti europee indicano infatti che gli ambasciatori dei ventotto riuniti nel Consiglio dei rappresentanti permanenti dovrebbero approvare domani le raccomandazioni al governo greco per le mancanze rilevate in base all'articolo 19 del Codice di Schengen.
Alla scadenza dei tre mesi, se la Grecia non si sarà adeguata, potrebbe scattare l'articolo 26 - quello che prevede l'estensione dei controlli alle frontiere interne di uno o più Paesi fino a due anni i controlli. La raccomandazione dovrebbe venire adottata formalmente alla prima data utile: venerdì 12 febbraio, in occasione del Consiglio Ecofin.
In questi mesi, la Ue cercherà di aiutare Atene perché sia organizzato un sistema di sorveglianza delle coste tra la Grecia e la Turchia, con l'ausilio di imbarcazioni, elicotteri e pattugliamenti di terra. Il governo greco, nelle scorse settimane, aveva già definito "non costruttivo" il tentativo europeo di isolare il Paese rispetto all'area Schengen.
La conformazione fisica degli arcipelagi ellenici non aiuta i controlli, ma è assodato che nel 2015 la polizia greca abbia chiuso più di un occhio sul rispetto del Trattato di Dublino, consentendo a quei profughi che volevano andare in Germania (cioè la totalità dei migranti o quasi) di proseguire senza passare dalla registrazione.
Nel frattempo le cose nel Mar Egeo non accennano a migliorare. Nella notte oltre novanta profughi sono stati salvati dalla Guarda Costiera italiana davanti all'isola greca di Samos, ma dall'inizio dell'anno in Grecia sono già arrivate quasi settantamila persone. E a gennaio il numero degli sbarchi sulle coste elleniche è di ben undici volte superiore allo stesso dato dell'anno precedente.
In una recente intervista con Der Spiegel, il capo di Frontex Fabrice Leggeri ha confermato le previsioni che stimano in un milione gli arrivi attraverso la Turchia per il 2016, aggiungendo che la stessa Grecia ha richiesto rinforzi per la guardia di frontiera al confine con la Macedonia. Skopje ieri ha avviato la costruzione di un secondo muro di confine, in quella che è stata proposta dalla Slovenia (ma accolta con favore nelle cancellerie d'Europa) come l'estrema barriera anti-migranti: una sorta di moderna cortina di ferro che isola l'Europa continentale dalle sue stesse coste, troppo estese e frastagliate per essere controllate efficacemente. Quelle greche come quelle italiane: se l'Europa delle frontiere a doppia permeabilità dovesse realizzarsi davvero, nella Schengen dei reietti rischiamo di finire anche noi.
@giovannimasini
http://www.ilgiornale.it/news/ue-ultima ... 22190.html
E' giò successo milioni di volte nella storia dell'umaninità. Ma anche il saperlo non cambia niente. La società umana ripete sempre gli stessi errori.
A Napoli direbbero: Caggià fà???
Ue, ultimatum alla Grecia: ha tre mesi per fermare i migranti
Atene ha novanta giorni per porre un freno agli sbarchi, poi scatteranno i controlli alla frontiera con il resto dell'Unione. È la fine dell'area Schengen per come la conosciamo
Giovanni Masini - Mar, 09/02/2016 - 18:53
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La Grecia ha le ore contate: o si adegua alle richieste dell'Unione Europea per la gestione dell'emergenza migranti e il controllo delle frontiere, oppure si vedrà tagliata di fatto fuori dall'area Schengen per due anni.
Atene ha appena tre mesi di tempo per mettersi in regola.
Fonti europee indicano infatti che gli ambasciatori dei ventotto riuniti nel Consiglio dei rappresentanti permanenti dovrebbero approvare domani le raccomandazioni al governo greco per le mancanze rilevate in base all'articolo 19 del Codice di Schengen.
Alla scadenza dei tre mesi, se la Grecia non si sarà adeguata, potrebbe scattare l'articolo 26 - quello che prevede l'estensione dei controlli alle frontiere interne di uno o più Paesi fino a due anni i controlli. La raccomandazione dovrebbe venire adottata formalmente alla prima data utile: venerdì 12 febbraio, in occasione del Consiglio Ecofin.
In questi mesi, la Ue cercherà di aiutare Atene perché sia organizzato un sistema di sorveglianza delle coste tra la Grecia e la Turchia, con l'ausilio di imbarcazioni, elicotteri e pattugliamenti di terra. Il governo greco, nelle scorse settimane, aveva già definito "non costruttivo" il tentativo europeo di isolare il Paese rispetto all'area Schengen.
La conformazione fisica degli arcipelagi ellenici non aiuta i controlli, ma è assodato che nel 2015 la polizia greca abbia chiuso più di un occhio sul rispetto del Trattato di Dublino, consentendo a quei profughi che volevano andare in Germania (cioè la totalità dei migranti o quasi) di proseguire senza passare dalla registrazione.
Nel frattempo le cose nel Mar Egeo non accennano a migliorare. Nella notte oltre novanta profughi sono stati salvati dalla Guarda Costiera italiana davanti all'isola greca di Samos, ma dall'inizio dell'anno in Grecia sono già arrivate quasi settantamila persone. E a gennaio il numero degli sbarchi sulle coste elleniche è di ben undici volte superiore allo stesso dato dell'anno precedente.
In una recente intervista con Der Spiegel, il capo di Frontex Fabrice Leggeri ha confermato le previsioni che stimano in un milione gli arrivi attraverso la Turchia per il 2016, aggiungendo che la stessa Grecia ha richiesto rinforzi per la guardia di frontiera al confine con la Macedonia. Skopje ieri ha avviato la costruzione di un secondo muro di confine, in quella che è stata proposta dalla Slovenia (ma accolta con favore nelle cancellerie d'Europa) come l'estrema barriera anti-migranti: una sorta di moderna cortina di ferro che isola l'Europa continentale dalle sue stesse coste, troppo estese e frastagliate per essere controllate efficacemente. Quelle greche come quelle italiane: se l'Europa delle frontiere a doppia permeabilità dovesse realizzarsi davvero, nella Schengen dei reietti rischiamo di finire anche noi.
@giovannimasini
http://www.ilgiornale.it/news/ue-ultima ... 22190.html
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
Il MINCULPOP ha messo il silenziatore su questa notizia.
La Stampa 17.2.16
Bocciata la richiesta italiana
Non cambia il patto di Dublino
La Commissione Ue non riesce a trovare l’intesa sui migranti
di Marco Zatterin
La riforma del regolamento di Dublino si sta rapidamente impantanando. «Ci aspettiamo una "comunicazione" dalla Commissione prima del vertice di metà marzo», afferma una fonte diplomatica, segnalando un passo indietro rispetto alle intenzioni originali. Il Team Juncker aveva promesso una proposta legislativa per correggere la norma che impone allo Stato del primo sbarco di caricarsi la responsabilità di registrare e accogliere i rifugiati arrivati sulle sue coste. A più riprese, i leader dell’Ue hanno espresso la volontà di condividere l’onere, ma le cose sono cambiate. La redistribuzione dei migranti non avanza e Bruxelles registra un calo del desiderio di cambiare le regole. Così «si lavora a una comunicazione» per riaprire il dibattito fra le capitali. Vuol dire che, se va bene, ci vorranno mesi se non anni.
È il segno dei tempi. Difficili. Il regolamento di Dublino è stato smantellato dalla cronaca, dall’apertura totale di Berlino ai rifugiati siriani come dal fatto che, da oltre un anno, le navi europee che pescano i disperati nel Mediterraneo li scaricano in Italia e non li portano a casa. Il governo Renzi ne ha chiesto la riscrittura con vigore in più occasioni, legittimamente, visto che applicare l’intesa alla lettera contraddiceva l’idea delle quote di ricollocazione. Ora anche i francesi hanno bocciato l’idea di una redistribuzione automatica, unendosi al gruppo dei Paesi dell’Europa centro orientale che non vuole neanche un bambino di Aleppo. La solidarietà diventa merce rara in Europa spaventata dal populismo. E la Commissione ne prende atto.
«Molto dipende da cosa diranno al vertice europeo», assicura una fonte europea che rimanda al Summit che si apre domani a Bruxelles. Molto, in effetti, e non solo la questione di Dublino. Stasera sono a cena col presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, i leader di Croazia, Slovenia, Macedonia e Serbia. Da fine ottobre gli sherpa europei e quelli dei quattro balcanici dialogano settimanalmente in videoconferenza. «Serve a facilitare il coordinamento», spiega un addetto al dossier, denunciando la rapidità e la pericolosità dell’effetto domino: «In novembre un treno è stato bloccato dalla Slovenia e altri tre Paesi hanno chiuso le frontiere».
Adesso il problema è di maggiore portata. L’Austria ha annunciato l’imminente rinuncia a Schengen e il ritorno dei controlli anche ai valichi italiani, compresi Tarvisio, Brennero e Resia. Bruxelles vede i Paesi del gruppo di Visegrad - Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia - intenti a convincere la Macedonia a costruire un muro alla frontiera Sud, in modo da sbarrare la rotta balcanica alimentata «dall’inefficienza greca». Per la Commissione è fumo negli occhi, al massimo si può accettare una blindatura dall’altra parte, nella zona Ue, con gli uomini di Frontex. «Faremo di tutto per impedire che uno Stato terzo blocchi un Paese dell’Ue», spiega una fonte, preoccupata per le ripercussioni di una simile mossa. Tre, ne elenca. O la combinazione di tre: i trafficanti passeranno lo stesso; crescerà il numero degli spiaggiati in Grecia; si frammenteranno le rotte.
Quest’ultima possibilità rilancia uno scenario preoccupante per l’Italia. I migranti potrebbero tagliare dall’Albania e arrivare da noi, come negli anni Novanta. «Sono 50 miglia, no?», è la domanda retorica dell’alto funzionario. Per il quale, comunque, «non ci siamo ancora» e poi «riteniamo che le autorità italiane stia attentamente considerando l’ipotesi». Il caso macedone rischia pertanto di infiammare un vertice europeo che le fonti diplomatiche stanno cercando di ridurre a «ordinaria amministrazione» proprio perché si avanza su terreno minuto. Con l’aria che tira, sarà difficile evitare attriti vecchi e nuovi.
La Stampa 17.2.16
Bocciata la richiesta italiana
Non cambia il patto di Dublino
La Commissione Ue non riesce a trovare l’intesa sui migranti
di Marco Zatterin
La riforma del regolamento di Dublino si sta rapidamente impantanando. «Ci aspettiamo una "comunicazione" dalla Commissione prima del vertice di metà marzo», afferma una fonte diplomatica, segnalando un passo indietro rispetto alle intenzioni originali. Il Team Juncker aveva promesso una proposta legislativa per correggere la norma che impone allo Stato del primo sbarco di caricarsi la responsabilità di registrare e accogliere i rifugiati arrivati sulle sue coste. A più riprese, i leader dell’Ue hanno espresso la volontà di condividere l’onere, ma le cose sono cambiate. La redistribuzione dei migranti non avanza e Bruxelles registra un calo del desiderio di cambiare le regole. Così «si lavora a una comunicazione» per riaprire il dibattito fra le capitali. Vuol dire che, se va bene, ci vorranno mesi se non anni.
È il segno dei tempi. Difficili. Il regolamento di Dublino è stato smantellato dalla cronaca, dall’apertura totale di Berlino ai rifugiati siriani come dal fatto che, da oltre un anno, le navi europee che pescano i disperati nel Mediterraneo li scaricano in Italia e non li portano a casa. Il governo Renzi ne ha chiesto la riscrittura con vigore in più occasioni, legittimamente, visto che applicare l’intesa alla lettera contraddiceva l’idea delle quote di ricollocazione. Ora anche i francesi hanno bocciato l’idea di una redistribuzione automatica, unendosi al gruppo dei Paesi dell’Europa centro orientale che non vuole neanche un bambino di Aleppo. La solidarietà diventa merce rara in Europa spaventata dal populismo. E la Commissione ne prende atto.
«Molto dipende da cosa diranno al vertice europeo», assicura una fonte europea che rimanda al Summit che si apre domani a Bruxelles. Molto, in effetti, e non solo la questione di Dublino. Stasera sono a cena col presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, i leader di Croazia, Slovenia, Macedonia e Serbia. Da fine ottobre gli sherpa europei e quelli dei quattro balcanici dialogano settimanalmente in videoconferenza. «Serve a facilitare il coordinamento», spiega un addetto al dossier, denunciando la rapidità e la pericolosità dell’effetto domino: «In novembre un treno è stato bloccato dalla Slovenia e altri tre Paesi hanno chiuso le frontiere».
Adesso il problema è di maggiore portata. L’Austria ha annunciato l’imminente rinuncia a Schengen e il ritorno dei controlli anche ai valichi italiani, compresi Tarvisio, Brennero e Resia. Bruxelles vede i Paesi del gruppo di Visegrad - Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia - intenti a convincere la Macedonia a costruire un muro alla frontiera Sud, in modo da sbarrare la rotta balcanica alimentata «dall’inefficienza greca». Per la Commissione è fumo negli occhi, al massimo si può accettare una blindatura dall’altra parte, nella zona Ue, con gli uomini di Frontex. «Faremo di tutto per impedire che uno Stato terzo blocchi un Paese dell’Ue», spiega una fonte, preoccupata per le ripercussioni di una simile mossa. Tre, ne elenca. O la combinazione di tre: i trafficanti passeranno lo stesso; crescerà il numero degli spiaggiati in Grecia; si frammenteranno le rotte.
Quest’ultima possibilità rilancia uno scenario preoccupante per l’Italia. I migranti potrebbero tagliare dall’Albania e arrivare da noi, come negli anni Novanta. «Sono 50 miglia, no?», è la domanda retorica dell’alto funzionario. Per il quale, comunque, «non ci siamo ancora» e poi «riteniamo che le autorità italiane stia attentamente considerando l’ipotesi». Il caso macedone rischia pertanto di infiammare un vertice europeo che le fonti diplomatiche stanno cercando di ridurre a «ordinaria amministrazione» proprio perché si avanza su terreno minuto. Con l’aria che tira, sarà difficile evitare attriti vecchi e nuovi.
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
Vogliamo metterci in testa che arriva di tutto con immigrazione.
Specialmente delinquenti che erano nelle carceri.Ora aperte per vari motivi.
Come si vede in diverse trasmissioni molti Italiani sono stanchi di essere derubati e a volte pestati.
Ciao
Paolo11
Specialmente delinquenti che erano nelle carceri.Ora aperte per vari motivi.
Come si vede in diverse trasmissioni molti Italiani sono stanchi di essere derubati e a volte pestati.
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
L'Europa sta andando in pezzi.
Migranti, via al Consiglio Ue. Bruxelles contro Austria: “Tetto giornaliero illegale”. Vienna: “Limite rimane”
Il Commissario Ue per le Migrazioni, Dimitris Avramopoulos, ha scritto al governo austriaco per avvertire che il suo piano di porre un limite giornaliero al numero di ingressi di migranti va contro il diritto dell’Unione. Intanto, dopo la Slovenia anche la Servbia annuncia: "Faremo come l'Austria"
di F. Q. | 18 febbraio 2016
Il Consiglio Europeo di Bruxelles sui migranti si apre con un braccio di ferro tra Bruxelles e Vienna. Il Commissario Ue per le Migrazioni, Dimitris Avramopoulos, ha scritto al governo austriaco per avvertire che il suo piano di porre un limite giornaliero al numero di ingressi di migranti va contro il diritto dell’Unione. “La decisione presa dagli austriaci non rispetta le leggi europee”, ha dichiarato Avramopoulos che ha aggiunto: “Ho inviato una lettera a Vienna spiegando che la mossa del governo non è compatibile con la legislazione europea. Gli austriaci sono obbligati ad accettare le domande di asilo senza mettere un tappo”. L’Austria ieri ha fatto sapere che a partire da venerdì accetterà solo 80 richieste di asilo al giorno e consentirà il passaggio di non più di 3.200 persone che intendono chiedere rifugio in Germania o in altri paesi dell’Ue.
Vienna non retrocede e si prepara alla battaglia: “Dal punto di vista politico, è impensabile che l’Austria accolga tutti i richiedenti asilo dell’Europa”, ha detto il cancelliere Werner Faymann a margine del vertice, sottolineando che la questione di diritto dovrà essere affrontata dai giuristi.
La questione migranti è al centro della due giorni di Bruxelles che vede riuniti i leader del Paesi Ue, durante il quale si discuterà anche della cosiddetta Brexit, cioè la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Prima del vertice la cancelliera tedesca Angela Merkel avrà un incontro trilaterale con il presidente francese François Hollande e con il premier dell’Olanda Mark Rutte, il cui Paese ricopre attualmente la presidenza di turno del Consiglio europeo.
“La cosa più importante è che nelle prossime settimane si riduca ulteriormente il flusso dalla Turchia – ha detto Rutte – Paesi come l’Austria e la Slovenia prendono misure che capisco ma che devono essere integrate in una quadro europeo” aggiunge Rutte, sottolineando che la conseguenza di tali misure è che “si ammassano grandi quantità di gente, in circostanze difficili, nel nord della Grecia”. I flussi dalla Turchia specifica che “sono ancora troppo alti“, aggiungendo che “Ankara sta passando all’azione sulla costa occidentale, in certi giorni i numeri sono significativamente più bassi e non per le condizioni meteo, ma sono ancora troppi, bisogna fare meglio”. A chi chiede come possano essere ridotti i flussi migratori, l’olandese replica: “Per cominciare, aiuterebbe se avessimo presa sulla guerra in Siria“. Per questo la Nato “farà pattugliamento” e “se tutto funziona la missione comincerà entro una settimana“.
Un richiamo a Vienna era arrivato in mattinata anche da Jean-Claude Juncker: “Non mi piacciono queste misure – ha detto il presidente della Commissione Ue – queste sono sotto esame” in quanto “la questione è vedere se sono in linea” con le regole Ue. Il tema verrà affrontato direttamente da Juncker con il cancelliere austriaco Werner Faymann “questo pomeriggio” prima del vertice Ue. “A noi della Commissione Ue non piacciono questi controlli alle frontiere, io non seguo questo trend”.
Nel frattempo si allunga la lista dei paesi balcanici che vogliono seguire l’esempio di Vienna per arginare il flusso migratorio. Da Belgrado il ministro del Lavoro e affari sociali incaricato per l’emergenza profughi, Aleksandar Vulin, ha detto che “la Serbia farà come fa l’Austria”. “Non vogliamo riversare su altri i nostri problemi, ma non possiamo consentire che i problemi di altri si risolvano sul territorio serbo”, ha detto Vulin ai giornalisti. “Se l’Austria o un qualsiasi altro paese introduce nuove regole per aumentare o diminuire il flusso di migranti, la Serbia deve attuare la stessa regola“, ha aggiunto il ministro, spiegando che la decisione è in linea con un accordo tra i paesi presenti sulla rotta migratoria.
Mercoledì era già stata la Slovenia ad annunciare ulteriori provvedimenti inseguito al nuovo giro di vite di Vienna. Il ministero dell’Interno di Lubiana ha infatti annunciato l’impiego di militari ai confini, con la stessa autorità della polizia di frontiera. La mozione sarà votata dal Parlamento la prossima settimana, ma nel frattempo l’esercito ha inviato 100 soldati per aiutare gli agenti di polizia a fermare i migranti che entrano abusivamente dalla Croazia.
Tra i Paesi più spaventati dalla prospettiva del ripristino dei controlli c’è l’Italia. “Mi rendo conto che la situazione in Austria è comprensibilmente molto difficile – ha commentato Matteo Renzi – ma non possiamo pensare di chiudere il Brennero che è uno dei passaggi simbolici dell’Europa”. Quindi il premier torna su uno dei suoi cavalli di battaglia: “Il 2015 ha sancito che il trattato di Dublino è fallito, ha fallito. Capisco che ci siano alcuni Paesi che dicano il contrario. Per anni l’Europa ha messo la polvere sotto il tappeto. Ora ne dovremo parlare, in questo e nei prossimi Consigli”.
Se la riattivazione delle frontiere interne dell’Ue ex articolo 26 del codice del trattato di Schengen creasse una sorta di mini-Schengen, con controlli rigidi verso l’esterno e laschi verso l’interno, “sarebbe la fine dell’Europa”, ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano, a margine di un incontro organizzato dal Ppe prima del Consiglio. “Un Paese o due Paesi – continua Alfano – non possono pagare il conto di un intero movimento globale di profughi che scappano da guerre e persecuzioni”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... e/2476561/
Migranti, via al Consiglio Ue. Bruxelles contro Austria: “Tetto giornaliero illegale”. Vienna: “Limite rimane”
Il Commissario Ue per le Migrazioni, Dimitris Avramopoulos, ha scritto al governo austriaco per avvertire che il suo piano di porre un limite giornaliero al numero di ingressi di migranti va contro il diritto dell’Unione. Intanto, dopo la Slovenia anche la Servbia annuncia: "Faremo come l'Austria"
di F. Q. | 18 febbraio 2016
Il Consiglio Europeo di Bruxelles sui migranti si apre con un braccio di ferro tra Bruxelles e Vienna. Il Commissario Ue per le Migrazioni, Dimitris Avramopoulos, ha scritto al governo austriaco per avvertire che il suo piano di porre un limite giornaliero al numero di ingressi di migranti va contro il diritto dell’Unione. “La decisione presa dagli austriaci non rispetta le leggi europee”, ha dichiarato Avramopoulos che ha aggiunto: “Ho inviato una lettera a Vienna spiegando che la mossa del governo non è compatibile con la legislazione europea. Gli austriaci sono obbligati ad accettare le domande di asilo senza mettere un tappo”. L’Austria ieri ha fatto sapere che a partire da venerdì accetterà solo 80 richieste di asilo al giorno e consentirà il passaggio di non più di 3.200 persone che intendono chiedere rifugio in Germania o in altri paesi dell’Ue.
Vienna non retrocede e si prepara alla battaglia: “Dal punto di vista politico, è impensabile che l’Austria accolga tutti i richiedenti asilo dell’Europa”, ha detto il cancelliere Werner Faymann a margine del vertice, sottolineando che la questione di diritto dovrà essere affrontata dai giuristi.
La questione migranti è al centro della due giorni di Bruxelles che vede riuniti i leader del Paesi Ue, durante il quale si discuterà anche della cosiddetta Brexit, cioè la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Prima del vertice la cancelliera tedesca Angela Merkel avrà un incontro trilaterale con il presidente francese François Hollande e con il premier dell’Olanda Mark Rutte, il cui Paese ricopre attualmente la presidenza di turno del Consiglio europeo.
“La cosa più importante è che nelle prossime settimane si riduca ulteriormente il flusso dalla Turchia – ha detto Rutte – Paesi come l’Austria e la Slovenia prendono misure che capisco ma che devono essere integrate in una quadro europeo” aggiunge Rutte, sottolineando che la conseguenza di tali misure è che “si ammassano grandi quantità di gente, in circostanze difficili, nel nord della Grecia”. I flussi dalla Turchia specifica che “sono ancora troppo alti“, aggiungendo che “Ankara sta passando all’azione sulla costa occidentale, in certi giorni i numeri sono significativamente più bassi e non per le condizioni meteo, ma sono ancora troppi, bisogna fare meglio”. A chi chiede come possano essere ridotti i flussi migratori, l’olandese replica: “Per cominciare, aiuterebbe se avessimo presa sulla guerra in Siria“. Per questo la Nato “farà pattugliamento” e “se tutto funziona la missione comincerà entro una settimana“.
Un richiamo a Vienna era arrivato in mattinata anche da Jean-Claude Juncker: “Non mi piacciono queste misure – ha detto il presidente della Commissione Ue – queste sono sotto esame” in quanto “la questione è vedere se sono in linea” con le regole Ue. Il tema verrà affrontato direttamente da Juncker con il cancelliere austriaco Werner Faymann “questo pomeriggio” prima del vertice Ue. “A noi della Commissione Ue non piacciono questi controlli alle frontiere, io non seguo questo trend”.
Nel frattempo si allunga la lista dei paesi balcanici che vogliono seguire l’esempio di Vienna per arginare il flusso migratorio. Da Belgrado il ministro del Lavoro e affari sociali incaricato per l’emergenza profughi, Aleksandar Vulin, ha detto che “la Serbia farà come fa l’Austria”. “Non vogliamo riversare su altri i nostri problemi, ma non possiamo consentire che i problemi di altri si risolvano sul territorio serbo”, ha detto Vulin ai giornalisti. “Se l’Austria o un qualsiasi altro paese introduce nuove regole per aumentare o diminuire il flusso di migranti, la Serbia deve attuare la stessa regola“, ha aggiunto il ministro, spiegando che la decisione è in linea con un accordo tra i paesi presenti sulla rotta migratoria.
Mercoledì era già stata la Slovenia ad annunciare ulteriori provvedimenti inseguito al nuovo giro di vite di Vienna. Il ministero dell’Interno di Lubiana ha infatti annunciato l’impiego di militari ai confini, con la stessa autorità della polizia di frontiera. La mozione sarà votata dal Parlamento la prossima settimana, ma nel frattempo l’esercito ha inviato 100 soldati per aiutare gli agenti di polizia a fermare i migranti che entrano abusivamente dalla Croazia.
Tra i Paesi più spaventati dalla prospettiva del ripristino dei controlli c’è l’Italia. “Mi rendo conto che la situazione in Austria è comprensibilmente molto difficile – ha commentato Matteo Renzi – ma non possiamo pensare di chiudere il Brennero che è uno dei passaggi simbolici dell’Europa”. Quindi il premier torna su uno dei suoi cavalli di battaglia: “Il 2015 ha sancito che il trattato di Dublino è fallito, ha fallito. Capisco che ci siano alcuni Paesi che dicano il contrario. Per anni l’Europa ha messo la polvere sotto il tappeto. Ora ne dovremo parlare, in questo e nei prossimi Consigli”.
Se la riattivazione delle frontiere interne dell’Ue ex articolo 26 del codice del trattato di Schengen creasse una sorta di mini-Schengen, con controlli rigidi verso l’esterno e laschi verso l’interno, “sarebbe la fine dell’Europa”, ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano, a margine di un incontro organizzato dal Ppe prima del Consiglio. “Un Paese o due Paesi – continua Alfano – non possono pagare il conto di un intero movimento globale di profughi che scappano da guerre e persecuzioni”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... e/2476561/
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
TU PASSERAI PER IL CAMINO,....................E TU ANNEGHERAI IN MARE
Migranti, naufragio al largo di Agrigento: due corpi in mare, in 30 sbarcati a terra
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... a/2478379/
Migranti, naufragio al largo di Agrigento: due corpi in mare, in 30 sbarcati a terra
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02 ... a/2478379/
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
NON SI SA MAI SE RIDERE O SE PIANGERE
19 feb 2016 18:34
ANGELINO CUSTODE DEL BUSINESS
- ALFANO AFFIDA A ERNST&YOUNG UNA SUPERCONSULENZA DA 8,7 MILIONI PER LA GESTIONE DEL NUOVO FONDO UE PER I FLUSSI MIGRATORI: UNA CUCCAGNA PER LA MULTINAZIONALE
- LO STANZIAMENTO TOTALE DEL FONDO E’ DI 630 MILIONI…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 118976.htm
19 feb 2016 18:34
ANGELINO CUSTODE DEL BUSINESS
- ALFANO AFFIDA A ERNST&YOUNG UNA SUPERCONSULENZA DA 8,7 MILIONI PER LA GESTIONE DEL NUOVO FONDO UE PER I FLUSSI MIGRATORI: UNA CUCCAGNA PER LA MULTINAZIONALE
- LO STANZIAMENTO TOTALE DEL FONDO E’ DI 630 MILIONI…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 118976.htm
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
Il caso
'Noi, ragazzi dello zoo di Roma': le reazioni della politica all'inchiesta dell'Espresso
La denuncia del nostro giornale sui minori che vivono accampati vicino a Termini, finiti anche preda dei pedofili, e le dichiarazioni del mondo politico. Da Sandra Zampa, Pd, vicepresidente della commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza, secondo la quale "nessun paese civile può accettare cose simili" a Giuseppe Brescia (M5S) secondo il quale "si perde tempo prezioso"
di Luca Sappino
19 febbraio 2016
'Noi, ragazzi dello zoo di Roma': le reazioni della politica all'inchiesta dell'Espresso
La deputata Sandra Zampa, Pd
Cosa dice la politica dell' inchiesta di copertina dell’Espresso in edicola , che racconta la vita di decine di immigrati minorenni, bambini o poco più, che vivono accampati nelle aree attorno alla stazione Termini, la stazione principale di Roma, dedicata a Giovanni Paolo II, e che per sopravvivere finiscono nelle maglie della criminalità e della prostituzione? Sono ragazzi soli, minori arrivati in Italia non accompagnati e poi scomparsi, quelli di Termini, e sono un caso non raro in Italia.
E infatti, se il prefetto di Roma Franco Gabrielli promette «sorveglianza continua», «sono quasi seimila ad esser spariti nell’ultimo anno», conferma all’Espresso Sandra Zampa, vicepresidente della commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza.
Zampa è indignata: «La documentata e drammatica denuncia delle condizioni di vita dei minori stranieri non accompagnati che oggi L'Espresso consegna alle istituzioni e all'opinione pubblica», dice la deputata Pd, «non può essere accolta dall'indifferenza e dal silenzio. Nessun paese civile, nessuno, mai, può accettare che sul proprio territorio accadano cose come quelle descritte nel servizio sulla stazione Termini».
Zampa conosce bene il tema che l’inchiesta restituisce in una storia scioccante. E' infatti autrice del disegno di legge che vorrebbe riorganizzare il sistema di accoglienza in Italia. E si dice ovviamente convinta che lo sblocco della sua legge, «che ha ottenuto sostegno di pressoché tutte le forze politiche del parlamento», «porrebbe certamente un argine al dramma di bambini e ragazzi che per lo stato di povertà e di abbandono in cui sono nati e cresciuti possono davvero essere annoverati tra gli ultimi».
vedi anche:
termini2-jpg
Noi, i ragazzi dello zoo di Roma
Alla stazione Termini si aggirano pedofili a caccia di minorenni. Piccoli immigrati senza famiglia, costretti a vivere nei cunicoli sottoterra e a prostituirsi per mangiare. Reportage dalle viscere della capitale
Zampa si chiede però cosa si attende per «riprendere in mano il testo della legge che, già approvato dalle commissioni competenti, si era arenato alla commissione bilancio a causa della relazione tecnica del Mef». «Se non c'è un segnale chiaro», continua con l’Espresso, «non usciremo da quello che sembra proprio un gioco dell’oca: ogni volta risolviamo un problema, troviamo una copertura, esce sempre un’altra ragione per ricominciare da capo».
Ecco perché la deputata chiama in causa l’esecutivo: «Se non si vuole approvare quella legge», si chiede, «quale altra soluzione il governo sta cercando per questo drammatico problema che riguarda troppe giovani vite?».
Da risolvere sarebbe in particolare il sistema dei tutori, che oggi sono spesso gli stessi sindaci, gli assessori al sociale o qualche funzionario comunale che si ritrova con centinaia di minori di cui sarebbe in teoria responsabile, «solo che», continua Zampa, «in Italia non è mai stato avviato un procedimento contro chi ha la responsabilità della sicurezza di questi minori, procedimento che avrebbe dimostrato - se non bastassero le migliaia di bambini scomparsi - che il sistema non funziona».
Proprio dal governo arriva però la voce di Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia e già presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e identificazione, la commissione sui Cie. «C’è l’impegno del governo ed è anzi avviato», assicura all’Espresso, «anche sulla proposta di Zampa, a partire dal tema del tutore legale, norma evidentemente non utile in caso di un fenome vaso come quello dei minori migranti».
«Renzi nei suoi recenti interventi», dice Migliore, «non a caso oltre al profilo internazionale ha sottolineato quelli interni: se continuiamo con i centri di accoglienza straordinari gestiti dalle prefetture senza la collaborazione con gli enti locali, o se continuiamo a contare sull’importante impegno di attività volontarie che però hanno ovviamente una minor capacità di controllo, è ovvio che a farne le spese sono per primi i migranti più vulnerabili, i minori come ne caso che raccontate voi, o le donne che si prostituiscono nei pressi dei centri, come nel caso di Mineo».
Torna però soprattutto sul lavoro della Commissione, Migliore: «Di casi come quello raccontato dall’Espresso», dice, «nella relazione finale che verrà redatta nelle prossime settimane se ne troveranno, purtroppo, molte. Tra cui il caso del centro di Giarre, chiuso, che era proprio un centro per minori, che avrebbe dovuto accoglierne solo dieci ma dove invece succedeva di tutto».
Ovviamente più polemico è invece Giuseppe Brescia del Movimento 5 stelle, anche lui nella commissione sui Cie e i Cara «che tanto per cominciare», dice, «proprio perché Migliore è stato nominato sottosegretario è per ora senza presidente, proprio sul più bello, quando ci mancava solo di produrre la relazione dopo le molte ispezioni fatte. E stiamo così perdendo tempo prezioso».
«Il modello che si dovrebbe estendere», continua però Brescia che quindi concorda con Migliore, «è quello degli Sprar, dei piccoli centri capaci di seguire anche i minori». «Pensasse a questo Alfano», conclude però il 5 stelle, «invece di vantarsi delle poche centinaia di ricollocamenti ottenuti in Europa».
'Noi, ragazzi dello zoo di Roma': le reazioni della politica all'inchiesta dell'Espresso
La denuncia del nostro giornale sui minori che vivono accampati vicino a Termini, finiti anche preda dei pedofili, e le dichiarazioni del mondo politico. Da Sandra Zampa, Pd, vicepresidente della commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza, secondo la quale "nessun paese civile può accettare cose simili" a Giuseppe Brescia (M5S) secondo il quale "si perde tempo prezioso"
di Luca Sappino
19 febbraio 2016
'Noi, ragazzi dello zoo di Roma': le reazioni della politica all'inchiesta dell'Espresso
La deputata Sandra Zampa, Pd
Cosa dice la politica dell' inchiesta di copertina dell’Espresso in edicola , che racconta la vita di decine di immigrati minorenni, bambini o poco più, che vivono accampati nelle aree attorno alla stazione Termini, la stazione principale di Roma, dedicata a Giovanni Paolo II, e che per sopravvivere finiscono nelle maglie della criminalità e della prostituzione? Sono ragazzi soli, minori arrivati in Italia non accompagnati e poi scomparsi, quelli di Termini, e sono un caso non raro in Italia.
E infatti, se il prefetto di Roma Franco Gabrielli promette «sorveglianza continua», «sono quasi seimila ad esser spariti nell’ultimo anno», conferma all’Espresso Sandra Zampa, vicepresidente della commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza.
Zampa è indignata: «La documentata e drammatica denuncia delle condizioni di vita dei minori stranieri non accompagnati che oggi L'Espresso consegna alle istituzioni e all'opinione pubblica», dice la deputata Pd, «non può essere accolta dall'indifferenza e dal silenzio. Nessun paese civile, nessuno, mai, può accettare che sul proprio territorio accadano cose come quelle descritte nel servizio sulla stazione Termini».
Zampa conosce bene il tema che l’inchiesta restituisce in una storia scioccante. E' infatti autrice del disegno di legge che vorrebbe riorganizzare il sistema di accoglienza in Italia. E si dice ovviamente convinta che lo sblocco della sua legge, «che ha ottenuto sostegno di pressoché tutte le forze politiche del parlamento», «porrebbe certamente un argine al dramma di bambini e ragazzi che per lo stato di povertà e di abbandono in cui sono nati e cresciuti possono davvero essere annoverati tra gli ultimi».
vedi anche:
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Noi, i ragazzi dello zoo di Roma
Alla stazione Termini si aggirano pedofili a caccia di minorenni. Piccoli immigrati senza famiglia, costretti a vivere nei cunicoli sottoterra e a prostituirsi per mangiare. Reportage dalle viscere della capitale
Zampa si chiede però cosa si attende per «riprendere in mano il testo della legge che, già approvato dalle commissioni competenti, si era arenato alla commissione bilancio a causa della relazione tecnica del Mef». «Se non c'è un segnale chiaro», continua con l’Espresso, «non usciremo da quello che sembra proprio un gioco dell’oca: ogni volta risolviamo un problema, troviamo una copertura, esce sempre un’altra ragione per ricominciare da capo».
Ecco perché la deputata chiama in causa l’esecutivo: «Se non si vuole approvare quella legge», si chiede, «quale altra soluzione il governo sta cercando per questo drammatico problema che riguarda troppe giovani vite?».
Da risolvere sarebbe in particolare il sistema dei tutori, che oggi sono spesso gli stessi sindaci, gli assessori al sociale o qualche funzionario comunale che si ritrova con centinaia di minori di cui sarebbe in teoria responsabile, «solo che», continua Zampa, «in Italia non è mai stato avviato un procedimento contro chi ha la responsabilità della sicurezza di questi minori, procedimento che avrebbe dimostrato - se non bastassero le migliaia di bambini scomparsi - che il sistema non funziona».
Proprio dal governo arriva però la voce di Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia e già presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e identificazione, la commissione sui Cie. «C’è l’impegno del governo ed è anzi avviato», assicura all’Espresso, «anche sulla proposta di Zampa, a partire dal tema del tutore legale, norma evidentemente non utile in caso di un fenome vaso come quello dei minori migranti».
«Renzi nei suoi recenti interventi», dice Migliore, «non a caso oltre al profilo internazionale ha sottolineato quelli interni: se continuiamo con i centri di accoglienza straordinari gestiti dalle prefetture senza la collaborazione con gli enti locali, o se continuiamo a contare sull’importante impegno di attività volontarie che però hanno ovviamente una minor capacità di controllo, è ovvio che a farne le spese sono per primi i migranti più vulnerabili, i minori come ne caso che raccontate voi, o le donne che si prostituiscono nei pressi dei centri, come nel caso di Mineo».
Torna però soprattutto sul lavoro della Commissione, Migliore: «Di casi come quello raccontato dall’Espresso», dice, «nella relazione finale che verrà redatta nelle prossime settimane se ne troveranno, purtroppo, molte. Tra cui il caso del centro di Giarre, chiuso, che era proprio un centro per minori, che avrebbe dovuto accoglierne solo dieci ma dove invece succedeva di tutto».
Ovviamente più polemico è invece Giuseppe Brescia del Movimento 5 stelle, anche lui nella commissione sui Cie e i Cara «che tanto per cominciare», dice, «proprio perché Migliore è stato nominato sottosegretario è per ora senza presidente, proprio sul più bello, quando ci mancava solo di produrre la relazione dopo le molte ispezioni fatte. E stiamo così perdendo tempo prezioso».
«Il modello che si dovrebbe estendere», continua però Brescia che quindi concorda con Migliore, «è quello degli Sprar, dei piccoli centri capaci di seguire anche i minori». «Pensasse a questo Alfano», conclude però il 5 stelle, «invece di vantarsi delle poche centinaia di ricollocamenti ottenuti in Europa».
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
Lungo la rotta balcanica con mamme e bambini che sognano l’Europa
Donne e minori in fuga dalle crisi per riunirsi alla famiglia
davide lessi
inviato a Preševo (serbia)
C’è Samar, incinta e con una bimba di 6 anni, che vuole raggiungere il marito ad Amburgo. Fatma che scappa con cinque figli dalla Siria e dalle bombe russe. Poi Wafaa, e tante altre. Sono le nuove facce della rotta balcanica. Giovani donne e bambini sono ormai la maggioranza di chi sbarca in Grecia. Rischiano la vita, in un viaggio che è una lotteria. E l’Europa intanto, anziché favorire i ricongiungimenti famigliari, si chiude.
Samar stringe con una mano Sami, la figlia di sei anni, l’altra la tiene appoggiata al pancione. Ha attraversato il mar Egeo così: incinta. «Era notte. Il gommone si è fermato in mezzo al mare, c’erano delle onde altissime. Ma lei non ha mai pianto: è una roccia, la mia bambina».
Tira un vento gelido a Preševo, il centro d’accoglienza al confine con la Macedonia dove vengono registrati i migranti prima di ripartire, in bus o in treno, verso la Croazia. Samar e la figlia arrivano da Baghdad, capitale dell’Iraq. Viaggiano da giorni lungo la rotta balcanica per raggiungere Amburgo.
«In Germania ci aspetta mio marito che sei mesi fa ha fatto questo stesso viaggio. Non avevamo alternative».
Treni speciali, notti in tenda e metal detector: tre giorni nei Balcani lungo la rotta dei migranti
A piedi nel gelo o stipati in vagoni fatiscenti. Una maratona piena di attese e controlli. Dove un documento sbagliato può cambiarti il destino. 72 ore tra Macedonia e Serbia
http://www.lastampa.it/2016/02/15/ester ... agina.html
http://www.lastampa.it/2016/02/21/ester ... agina.html
Donne e minori in fuga dalle crisi per riunirsi alla famiglia
davide lessi
inviato a Preševo (serbia)
C’è Samar, incinta e con una bimba di 6 anni, che vuole raggiungere il marito ad Amburgo. Fatma che scappa con cinque figli dalla Siria e dalle bombe russe. Poi Wafaa, e tante altre. Sono le nuove facce della rotta balcanica. Giovani donne e bambini sono ormai la maggioranza di chi sbarca in Grecia. Rischiano la vita, in un viaggio che è una lotteria. E l’Europa intanto, anziché favorire i ricongiungimenti famigliari, si chiude.
Samar stringe con una mano Sami, la figlia di sei anni, l’altra la tiene appoggiata al pancione. Ha attraversato il mar Egeo così: incinta. «Era notte. Il gommone si è fermato in mezzo al mare, c’erano delle onde altissime. Ma lei non ha mai pianto: è una roccia, la mia bambina».
Tira un vento gelido a Preševo, il centro d’accoglienza al confine con la Macedonia dove vengono registrati i migranti prima di ripartire, in bus o in treno, verso la Croazia. Samar e la figlia arrivano da Baghdad, capitale dell’Iraq. Viaggiano da giorni lungo la rotta balcanica per raggiungere Amburgo.
«In Germania ci aspetta mio marito che sei mesi fa ha fatto questo stesso viaggio. Non avevamo alternative».
Treni speciali, notti in tenda e metal detector: tre giorni nei Balcani lungo la rotta dei migranti
A piedi nel gelo o stipati in vagoni fatiscenti. Una maratona piena di attese e controlli. Dove un documento sbagliato può cambiarti il destino. 72 ore tra Macedonia e Serbia
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
Ieri la notizia era stata data in altri termini. Era stata presentata come un'iniziativa del Prefetto di Treviso che non era in grado di risolvere il problema.
Prefetto di Treviso: farò requisire le case sfitte per darle ai profughi
NEWS, POLITICA sabato, 20, febbraio, 2016
TREVISO (gazzettino.it) – C’è bisogno di strutture da utilizzare per dare un tetto a centinaia di profughi. E se i Comuni continueranno a fare ostruzionismo il prefetto è pronto a usare le maniere forti: «Se si dovesse continuare a dire di no all’accoglienza non potremo fare altro che requisire le case sfitte». Il prefetto di Treviso, Laura Lega, lo ha detto ieri davanti a 50 sindaci su 95, platea dimezzata dal boicottaggio dei primi cittadini leghisti.
Ma nemmeno dal centrosinistra sono arrivati consensi. Piazza, sindaco di Silea, non usa mezzi termini: «Due ore di lezione con tono arrogante. Ho preferito andarmene».
^^^^
Oggi il Giornale frutta la situazione e la mette in questi termini.
Il solo titolo.
Vogliono dare le nostre case ai profughi
potrebbe subito ingannare gli sprovveduti lettori della destra
Vogliono dare le nostre case ai profughi
Il prefetto di Treviso avverte i sindaci: "Se non aiutate i migranti, pronti a requisire gli alloggi sfitti ai privati"
Lodovica Bulian - Dom, 21/02/2016 - 10:59
Era stata spedita lo scorso luglio nella Marca trevigiana dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano, per espugnare una volta per tutte la provincia più ribelle d'Italia ai piani di distribuzione dei profughi del Viminale.
E ora che il Ministero ha chiesto ai prefetti di reperire ulteriori 50mila posti per migranti nelle strutture di Comuni e Regioni, quello di Treviso, Laura Lega - cognome che bisticcia con l'ironia della sorte - passa alle maniere forti. «Se continuerete a dire di no, dovremo requisire le case sfitte di proprietà dei privati» fa sapere alla roccaforte leghista che amministra quasi la metà del territorio. La dissidenza dei sindaci finirà in capo alle «famiglie che si troveranno tolta d'imperio la proprietà. E allora sarà una sconfitta dei comuni, non della Prefettura, su un fenomeno che il resto d'Italia governa».
Minaccia, avvertimento o provocazione che sia, le parole del prefetto che arrivano nel corso di una riunione convocata con i primi cittadini per discutere di nuove collocazioni, ma disertata per dissenso da una quarantina di amministratori del Carroccio, innescano uno scontro frontale tra il partito di Salvini che governa nella Regione e il ministro dell'Interno, visto che Lega ne è diretta rappresentate territoriale, dice il presidente del Veneto, Luca Zaia. Che si indigna per «toni che ricordano quelli della guerra ai mafiosi, ai delinquenti, alla criminalità organizzata.
Non riesco a digerire l'idea che gli stessi toni una Istituzione li utilizzi nei confronti di cittadini onesti che pagano le tasse» commenta il governatore all'Ansa. E aggiunge: «Sia chiaro che se troverà conferma l'ipotesi di attentare alla proprietà privata noi ci frapporremo fra il Governo e i cittadini.
Lo faremo, costi quel che costi».
Il braccio di ferro con i disertori ormai è infuocato, ma il casus belli della riunione è solo il culmine di un anno di tensioni, rivolte e proteste tra profughi e residenti scoppiate nelle località dove sono transitate alte concentrazioni di migranti, da Quinto a Eraclea, alimentando il pugno duro del segretario della Liga veneta, Giovanni da Re. Che ora è furioso: «Nel caso la minaccia non sia una battuta - sottolinea - saremo pronti a raccogliere le provocazioni». E se il messaggio che il prefetto ha affidato alla platea di una cinquantina di fasce tricolore poco si presta a interpretazioni canzonatorie, lei assicura che non si tratta di minacce ma solo di «richieste di collaborazione».
«Non essere qui - ha detto al tavolo con i sindaci, come riportato ieri dal Corriere del Veneto - significa non prendersi le proprie responsabilità. Io non voglio arrivare a requisire edifici privati. Ma se a maggio chi non è qui continuerà a dire di no, faremo un elenco delle case provate sfitte e lì troveremo spazi per l'accoglienza.
Dovreste essere voi - ha ammonito i presenti - a organizzare iniziative contro chi non c'è all'incontro poiché la situazione diventerà sempre più grave e se non si troveranno luoghi adatti, i migranti resteranno per strada». Con conseguenti «problemi di ordine pubblico» scandisce ancora il prefetto. Gli stessi che secondo il sindaco di Fonte, Massimo Tondi, si creeranno invece quando nel suo comune da 6mila anime, i profughi lieviteranno da 40 a 228, dopo che due cooperative si sono aggiudicate il bando della prefettura per adibire un ex convento a centro di accoglienza.
E dove venerdì ci sarà una fiaccolata di protesta. L'ennesima.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 27555.html
Prefetto di Treviso: farò requisire le case sfitte per darle ai profughi
NEWS, POLITICA sabato, 20, febbraio, 2016
TREVISO (gazzettino.it) – C’è bisogno di strutture da utilizzare per dare un tetto a centinaia di profughi. E se i Comuni continueranno a fare ostruzionismo il prefetto è pronto a usare le maniere forti: «Se si dovesse continuare a dire di no all’accoglienza non potremo fare altro che requisire le case sfitte». Il prefetto di Treviso, Laura Lega, lo ha detto ieri davanti a 50 sindaci su 95, platea dimezzata dal boicottaggio dei primi cittadini leghisti.
Ma nemmeno dal centrosinistra sono arrivati consensi. Piazza, sindaco di Silea, non usa mezzi termini: «Due ore di lezione con tono arrogante. Ho preferito andarmene».
^^^^
Oggi il Giornale frutta la situazione e la mette in questi termini.
Il solo titolo.
Vogliono dare le nostre case ai profughi
potrebbe subito ingannare gli sprovveduti lettori della destra
Vogliono dare le nostre case ai profughi
Il prefetto di Treviso avverte i sindaci: "Se non aiutate i migranti, pronti a requisire gli alloggi sfitti ai privati"
Lodovica Bulian - Dom, 21/02/2016 - 10:59
Era stata spedita lo scorso luglio nella Marca trevigiana dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano, per espugnare una volta per tutte la provincia più ribelle d'Italia ai piani di distribuzione dei profughi del Viminale.
E ora che il Ministero ha chiesto ai prefetti di reperire ulteriori 50mila posti per migranti nelle strutture di Comuni e Regioni, quello di Treviso, Laura Lega - cognome che bisticcia con l'ironia della sorte - passa alle maniere forti. «Se continuerete a dire di no, dovremo requisire le case sfitte di proprietà dei privati» fa sapere alla roccaforte leghista che amministra quasi la metà del territorio. La dissidenza dei sindaci finirà in capo alle «famiglie che si troveranno tolta d'imperio la proprietà. E allora sarà una sconfitta dei comuni, non della Prefettura, su un fenomeno che il resto d'Italia governa».
Minaccia, avvertimento o provocazione che sia, le parole del prefetto che arrivano nel corso di una riunione convocata con i primi cittadini per discutere di nuove collocazioni, ma disertata per dissenso da una quarantina di amministratori del Carroccio, innescano uno scontro frontale tra il partito di Salvini che governa nella Regione e il ministro dell'Interno, visto che Lega ne è diretta rappresentate territoriale, dice il presidente del Veneto, Luca Zaia. Che si indigna per «toni che ricordano quelli della guerra ai mafiosi, ai delinquenti, alla criminalità organizzata.
Non riesco a digerire l'idea che gli stessi toni una Istituzione li utilizzi nei confronti di cittadini onesti che pagano le tasse» commenta il governatore all'Ansa. E aggiunge: «Sia chiaro che se troverà conferma l'ipotesi di attentare alla proprietà privata noi ci frapporremo fra il Governo e i cittadini.
Lo faremo, costi quel che costi».
Il braccio di ferro con i disertori ormai è infuocato, ma il casus belli della riunione è solo il culmine di un anno di tensioni, rivolte e proteste tra profughi e residenti scoppiate nelle località dove sono transitate alte concentrazioni di migranti, da Quinto a Eraclea, alimentando il pugno duro del segretario della Liga veneta, Giovanni da Re. Che ora è furioso: «Nel caso la minaccia non sia una battuta - sottolinea - saremo pronti a raccogliere le provocazioni». E se il messaggio che il prefetto ha affidato alla platea di una cinquantina di fasce tricolore poco si presta a interpretazioni canzonatorie, lei assicura che non si tratta di minacce ma solo di «richieste di collaborazione».
«Non essere qui - ha detto al tavolo con i sindaci, come riportato ieri dal Corriere del Veneto - significa non prendersi le proprie responsabilità. Io non voglio arrivare a requisire edifici privati. Ma se a maggio chi non è qui continuerà a dire di no, faremo un elenco delle case provate sfitte e lì troveremo spazi per l'accoglienza.
Dovreste essere voi - ha ammonito i presenti - a organizzare iniziative contro chi non c'è all'incontro poiché la situazione diventerà sempre più grave e se non si troveranno luoghi adatti, i migranti resteranno per strada». Con conseguenti «problemi di ordine pubblico» scandisce ancora il prefetto. Gli stessi che secondo il sindaco di Fonte, Massimo Tondi, si creeranno invece quando nel suo comune da 6mila anime, i profughi lieviteranno da 40 a 228, dopo che due cooperative si sono aggiudicate il bando della prefettura per adibire un ex convento a centro di accoglienza.
E dove venerdì ci sarà una fiaccolata di protesta. L'ennesima.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 27555.html
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Re: Integrazione, razzismo e razzismo inverso
Ritorniamo indietro di due anni. Quando il politologo Giovanni Sartori, leggendo la composizione del governo La Qualunque, scrisse sul Corriere della Sera: “Questo è un governo di incapaci guidato da un incapace”.
Aveva visto giusto, anche se il fatto era evidente anche ai sassi.
La Qualunque la settimana scorsa quando era ancora in Argentina dichiarò che l’accoglienza è un dovere.
Qui sembra invece di essere nel caso classico dove una fa il gay con il lato B degli altri.
L’accoglienza impone che vengano previsti e calcolati i limiti dimensionali.
Occorre sapere quanti emigrati si possono ospitare in base alla volumetria dei luoghi di ricovero a disposizione dello Stato.
Occorre poi sapere a quanto ammonta la disponibilità economica che lo Stato può mettere a disposizione senza mettere in difficoltà i suoi cittadini.
L’ospitalità generica di La Qualunque crea più problemi che soluzioni adeguate.
Se è vero che il ministero ha chiesto di reperire ai prefetti veneti 50mila posti per i migranti e prima non ha provveduto al censimento e alla risistemazione dei volumi di proprietà dello Stato, minacciando di requisire i locali sfitti privati, lo Stato commette un grande abuso.
Ma non stupisce affatto che la coppia Angelino-La Qualunque si facciano grandi con il lato B. degli altri.
Ma è anche inconcepibile che in un anno il governatore del Veneto non abbia insistito sollecitando le istituzioni romane a trovare una soluzione politicamente adeguata.
Ci sta sempre di mezzo la politica del consenso e ai voti e alla poltrona nessuno vuol rinunciare.
Aveva visto giusto, anche se il fatto era evidente anche ai sassi.
La Qualunque la settimana scorsa quando era ancora in Argentina dichiarò che l’accoglienza è un dovere.
Qui sembra invece di essere nel caso classico dove una fa il gay con il lato B degli altri.
L’accoglienza impone che vengano previsti e calcolati i limiti dimensionali.
Occorre sapere quanti emigrati si possono ospitare in base alla volumetria dei luoghi di ricovero a disposizione dello Stato.
Occorre poi sapere a quanto ammonta la disponibilità economica che lo Stato può mettere a disposizione senza mettere in difficoltà i suoi cittadini.
L’ospitalità generica di La Qualunque crea più problemi che soluzioni adeguate.
Se è vero che il ministero ha chiesto di reperire ai prefetti veneti 50mila posti per i migranti e prima non ha provveduto al censimento e alla risistemazione dei volumi di proprietà dello Stato, minacciando di requisire i locali sfitti privati, lo Stato commette un grande abuso.
Ma non stupisce affatto che la coppia Angelino-La Qualunque si facciano grandi con il lato B. degli altri.
Ma è anche inconcepibile che in un anno il governatore del Veneto non abbia insistito sollecitando le istituzioni romane a trovare una soluzione politicamente adeguata.
Ci sta sempre di mezzo la politica del consenso e ai voti e alla poltrona nessuno vuol rinunciare.
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