Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Cetto La qualunque in: Matteo Renzi - IL DISCORSO ELETTORALE
https://www.youtube.com/watch?v=850nHin3PZA
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Re: Diario della caduta di un regime.
Petrolio in Basilicata, 850mila tonnellate di sostanze pericolose nei pozzi. “Eni beneficiaria dell’ingiusto risparmio”
Ambiente & Veleni
Le dimissioni del ministro Guidi hanno messo in secondo piano le pesantissime accuse per reati ambientali della Procura di Potenza. Secondo i pm, grazie all'alterazione dei codici rifiuto, l'azienda ha risparmiato fino a 100 milioni sui costi di smaltimento. Anche le emissioni in atmosfera, sistematicamente in eccesso, venivano taroccate. La produzione, per ora, è sospesa. Intanto prosegue l'indagine dei carabinieri del Noe e non si esclude l'ipotesi di disastro ambientale
di Thomas Mackinson | 2 aprile 2016
COMMENTI (192)
Sei numeri su un foglio. Bastava cambiarne due per far splendere il sole nella valle del petrolio. Il rifiuto da pericoloso diventava innocuo, pronto per esser smaltito nei pozzi e nelle terre agricole della Val D’Agri, a un costo di 33 euro a tonnellata anziché 90 o 160. Un cambio dei “codici Cer” operato sistematicamente dai manager dell’Eni di Viggiano, con la complicità delle ditte incaricate dello smaltimento, che avrebbero reiniettato in un solo anno qualcosa come 854mila tonnellate di liquidi inquinanti, permettendo – secondo i pm – alla società del cane a sei zampe di risparmiare fino a 100 milioni di euro.
E’ solo un frammento della vicenda che ha sconvolto la Basilicata. Una storia che rischiava di finire in ombra per via delle più clamorose dimissioni del ministro Guidi, costretto a lasciare a causa delle intercettazioni con il compagno sullo sblocco del progetto Tempa Rossa, sul quale l’imprenditore aveva messo gli occhi. Invece l’indagine dei carabinieri del Noe sul fronte ambientale prosegue, e la procura di Potenza non esclude l’ipotesi di disastro ambientale. In ballo c’è il destino delle terre inquinate e il futuro dello stabilimento coi relativi guai occupazionali che già si profilano. Fino a segnare, forse, il definitivo tramonto della grande illusione del petrolio pulito in Val D’Agri
Eni, il “principale beneficiario” – Sullo sfondo, resta anche il tema delle emissioni in eccesso, a completare l’opera di chi – per un qualche profitto e tornaconto ancora da chiarire – ha inteso nascondere per anni la reale capacità inquinante dell’impianto petrolifero, avvelenando l’ambiente. Sul punto Eni, come si conviene, ostenta sicurezza. Precisa che i sei dipendenti arrestati sono stati subito sospesi e che è in corso un’indagine interna. Sulle motivazioni che li avrebbero indotti a taroccare rifiuti pericolosi ed emissioni in eccesso trapela un malcelato stupore. I pm non contestano loro il peculato, Eni smentisce che possano aver ricevuto premi per i risparmi conseguiti illecitamente. E dunque le utilità di quelle condotte non avrebbero altro agente che l’azienda stessa che i pm indicano espressamente come “il principale beneficiario dell’ingiusto risparmio conseguito”. E tuttavia Eni non risulta tra i soggetti indagati. D’altra parte quello stesso risparmio appare risibile sia per un’azienda che fattura 200 miliardi l’anno e rispetto al rischio di finire nella bufera e vedersi sigillare gli impianti. Al momento, a quanto si apprende, la società presieduta da Emma Marcegaglia è impegnata proprio nel tentativo di scongiurare il sequestro del centro oli, contestando il nesso causale tra il suo funzionamento e la reiterazione del reato, come all’Ilva di Taranto. E anche in Basilicata si farà leva sul fattore occupazionale che non riguarda solo i 196 occupati diretti al Cova ma molti di più: gli ultimi dati pubblicati nel LR 2014 mostrano che hanno lavorato per le attività di Eni Distretto Meridionale 3.530 persone di cui 409 occupati diretti e 3.121 occupati indiretti nell’indotto oil&gas. I dipendenti da giorni stanno facendo manutenzione alle macchine ferme, la certezza è che “viste le perdite, se l’attività non riprende a breve non potremo garantirgli un lavoro”. E il ricatto è servito.
Scambio di codici. E le sostanze nocive finiscono nel pozzo – Poi c’è l’ambiente, poi. E’ l’ordinanza del Noe dei carabinieri il fulcro di questa storia che porta all’emissione di una cinquantina di provvedimenti cautelari e al sequestro preventivo dell’impianto Cova di Viggiano. Per l’alterazione dei codici rifiuto sono indagati vari manager e responsabili del centro, imprenditori dello smaltimento. L’elenco comprende funzionari della regione, otto manager dell’Eni nonché imprenditori affidatari di contratti di smaltimento. Tutti, secondo le accuse, contribuivano in vario modo a praticare e gestire il “traffico illecito di rifiuti”. Di queste condotte, al di là delle posizioni giudiziarie, resta il lascito di centinaia di migliaia di tonnellate di liquidi contenenti metidieanolammina (MDEA) e glicole trietilenico, sostanze tossiche che venivano comunemente smaltite come acque di produzione e reiniettate nel pozzo Costa Molina2, ubicato in agro di Montemurro (PZ), benché in realtà fossero “rifiuti speciali pericolosi” da trattare anziché nascondere sotto terra. Le cronache lucane sono piene di studi, rilevazioni e dossier che attestano da anni il riemergere degli inquinanti e degli scarti di estrazione/lavorazione degli idrocarburi. Dati che venivano smentiti dall’Eni e dalle autorità pubbliche, sulla scorta di certificazioni che l’inchiesta definisce senza fronzoli “false”.
Sforamenti e allarmi ignorati. Il sistema per nasconderli – False anche le attestazioni sulla capacità inquinante dei camini del centro Oli che, insieme ai residui di produzione, sono l’altro fattore di maggior impatto ambientale. Qui gli inquirenti hanno fatto un lavoro certosino tra intercettazioni e documenti, rilevando come gli allarmi per gli sforamenti dei limiti alle emissioni in atmosfera fossero sistematicamente falsati, per ricondurli ai valori delle prescrizioni e nasconderli alle autorità competenti, sempre allo scopo di non incorrere nel blocco delle attività del centro. A consentirlo era il sistema automatizzato di monitoraggio degli allarmi, che prevedeva l’invio di un sms a una lista di funzionari dell’Eni-Cova, con anche l’indicazione del punto di emissione (camino). Solo tra dicembre 2013 e luglio 2014 ne arrivano 208, tutti a indicare l’avvenuto superamento dei limiti di emissione di Nox e So2.
Il Noe di Potenza accerta però che per molti avvisi scattava da parte dei vertici del Centro Oli una “condotta fraudolenta volta a nascondere agli enti di controllo le reali cause del problema e celare le inefficienze dell’impianto”. Nelle intercettazioni, ad esempio, i vertici della gestione ambientale del SIME di Eni, Vincenzo Lisandrelli e Roberta Angelini, si accordano su come giustificare gli sforamenti per farli apparire transitori, al fine di non palesare i persistenti problemi dell’impianto che possono causare problemi di carattere prescrittivo. Un trucco per abbattere il numero di sforamenti segnalati era quello di tenere aperta la comunicazione oltre le 24 ore previste, così da far rientrare più eventi in una sola. “Appare chiaro”, scrivono i magistrati “che i problemi impiantistici che causano gli sforamenti delle emissioni in atmosfera del Cova hanno ripercussioni anche sulla qualità dei rifiuti liquidi che escono dal Cova e vanno a smaltimento presso i vari depuratori finali”. E’ il perfetto (quanto illecito) ciclo dei rifiuti: dove a un dato alterato ne segue un altro, lungo tutta la filiera che porterà l’ombra nera del petrolio più sporco sulla Val D’Agri.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2601163/
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Le dimissioni del ministro Guidi hanno messo in secondo piano le pesantissime accuse per reati ambientali della Procura di Potenza. Secondo i pm, grazie all'alterazione dei codici rifiuto, l'azienda ha risparmiato fino a 100 milioni sui costi di smaltimento. Anche le emissioni in atmosfera, sistematicamente in eccesso, venivano taroccate. La produzione, per ora, è sospesa. Intanto prosegue l'indagine dei carabinieri del Noe e non si esclude l'ipotesi di disastro ambientale
di Thomas Mackinson | 2 aprile 2016
COMMENTI (192)
Sei numeri su un foglio. Bastava cambiarne due per far splendere il sole nella valle del petrolio. Il rifiuto da pericoloso diventava innocuo, pronto per esser smaltito nei pozzi e nelle terre agricole della Val D’Agri, a un costo di 33 euro a tonnellata anziché 90 o 160. Un cambio dei “codici Cer” operato sistematicamente dai manager dell’Eni di Viggiano, con la complicità delle ditte incaricate dello smaltimento, che avrebbero reiniettato in un solo anno qualcosa come 854mila tonnellate di liquidi inquinanti, permettendo – secondo i pm – alla società del cane a sei zampe di risparmiare fino a 100 milioni di euro.
E’ solo un frammento della vicenda che ha sconvolto la Basilicata. Una storia che rischiava di finire in ombra per via delle più clamorose dimissioni del ministro Guidi, costretto a lasciare a causa delle intercettazioni con il compagno sullo sblocco del progetto Tempa Rossa, sul quale l’imprenditore aveva messo gli occhi. Invece l’indagine dei carabinieri del Noe sul fronte ambientale prosegue, e la procura di Potenza non esclude l’ipotesi di disastro ambientale. In ballo c’è il destino delle terre inquinate e il futuro dello stabilimento coi relativi guai occupazionali che già si profilano. Fino a segnare, forse, il definitivo tramonto della grande illusione del petrolio pulito in Val D’Agri
Eni, il “principale beneficiario” – Sullo sfondo, resta anche il tema delle emissioni in eccesso, a completare l’opera di chi – per un qualche profitto e tornaconto ancora da chiarire – ha inteso nascondere per anni la reale capacità inquinante dell’impianto petrolifero, avvelenando l’ambiente. Sul punto Eni, come si conviene, ostenta sicurezza. Precisa che i sei dipendenti arrestati sono stati subito sospesi e che è in corso un’indagine interna. Sulle motivazioni che li avrebbero indotti a taroccare rifiuti pericolosi ed emissioni in eccesso trapela un malcelato stupore. I pm non contestano loro il peculato, Eni smentisce che possano aver ricevuto premi per i risparmi conseguiti illecitamente. E dunque le utilità di quelle condotte non avrebbero altro agente che l’azienda stessa che i pm indicano espressamente come “il principale beneficiario dell’ingiusto risparmio conseguito”. E tuttavia Eni non risulta tra i soggetti indagati. D’altra parte quello stesso risparmio appare risibile sia per un’azienda che fattura 200 miliardi l’anno e rispetto al rischio di finire nella bufera e vedersi sigillare gli impianti. Al momento, a quanto si apprende, la società presieduta da Emma Marcegaglia è impegnata proprio nel tentativo di scongiurare il sequestro del centro oli, contestando il nesso causale tra il suo funzionamento e la reiterazione del reato, come all’Ilva di Taranto. E anche in Basilicata si farà leva sul fattore occupazionale che non riguarda solo i 196 occupati diretti al Cova ma molti di più: gli ultimi dati pubblicati nel LR 2014 mostrano che hanno lavorato per le attività di Eni Distretto Meridionale 3.530 persone di cui 409 occupati diretti e 3.121 occupati indiretti nell’indotto oil&gas. I dipendenti da giorni stanno facendo manutenzione alle macchine ferme, la certezza è che “viste le perdite, se l’attività non riprende a breve non potremo garantirgli un lavoro”. E il ricatto è servito.
Scambio di codici. E le sostanze nocive finiscono nel pozzo – Poi c’è l’ambiente, poi. E’ l’ordinanza del Noe dei carabinieri il fulcro di questa storia che porta all’emissione di una cinquantina di provvedimenti cautelari e al sequestro preventivo dell’impianto Cova di Viggiano. Per l’alterazione dei codici rifiuto sono indagati vari manager e responsabili del centro, imprenditori dello smaltimento. L’elenco comprende funzionari della regione, otto manager dell’Eni nonché imprenditori affidatari di contratti di smaltimento. Tutti, secondo le accuse, contribuivano in vario modo a praticare e gestire il “traffico illecito di rifiuti”. Di queste condotte, al di là delle posizioni giudiziarie, resta il lascito di centinaia di migliaia di tonnellate di liquidi contenenti metidieanolammina (MDEA) e glicole trietilenico, sostanze tossiche che venivano comunemente smaltite come acque di produzione e reiniettate nel pozzo Costa Molina2, ubicato in agro di Montemurro (PZ), benché in realtà fossero “rifiuti speciali pericolosi” da trattare anziché nascondere sotto terra. Le cronache lucane sono piene di studi, rilevazioni e dossier che attestano da anni il riemergere degli inquinanti e degli scarti di estrazione/lavorazione degli idrocarburi. Dati che venivano smentiti dall’Eni e dalle autorità pubbliche, sulla scorta di certificazioni che l’inchiesta definisce senza fronzoli “false”.
Sforamenti e allarmi ignorati. Il sistema per nasconderli – False anche le attestazioni sulla capacità inquinante dei camini del centro Oli che, insieme ai residui di produzione, sono l’altro fattore di maggior impatto ambientale. Qui gli inquirenti hanno fatto un lavoro certosino tra intercettazioni e documenti, rilevando come gli allarmi per gli sforamenti dei limiti alle emissioni in atmosfera fossero sistematicamente falsati, per ricondurli ai valori delle prescrizioni e nasconderli alle autorità competenti, sempre allo scopo di non incorrere nel blocco delle attività del centro. A consentirlo era il sistema automatizzato di monitoraggio degli allarmi, che prevedeva l’invio di un sms a una lista di funzionari dell’Eni-Cova, con anche l’indicazione del punto di emissione (camino). Solo tra dicembre 2013 e luglio 2014 ne arrivano 208, tutti a indicare l’avvenuto superamento dei limiti di emissione di Nox e So2.
Il Noe di Potenza accerta però che per molti avvisi scattava da parte dei vertici del Centro Oli una “condotta fraudolenta volta a nascondere agli enti di controllo le reali cause del problema e celare le inefficienze dell’impianto”. Nelle intercettazioni, ad esempio, i vertici della gestione ambientale del SIME di Eni, Vincenzo Lisandrelli e Roberta Angelini, si accordano su come giustificare gli sforamenti per farli apparire transitori, al fine di non palesare i persistenti problemi dell’impianto che possono causare problemi di carattere prescrittivo. Un trucco per abbattere il numero di sforamenti segnalati era quello di tenere aperta la comunicazione oltre le 24 ore previste, così da far rientrare più eventi in una sola. “Appare chiaro”, scrivono i magistrati “che i problemi impiantistici che causano gli sforamenti delle emissioni in atmosfera del Cova hanno ripercussioni anche sulla qualità dei rifiuti liquidi che escono dal Cova e vanno a smaltimento presso i vari depuratori finali”. E’ il perfetto (quanto illecito) ciclo dei rifiuti: dove a un dato alterato ne segue un altro, lungo tutta la filiera che porterà l’ombra nera del petrolio più sporco sulla Val D’Agri.
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Re: Diario della caduta di un regime.
DI FRONTE AD UN'AZIONE CRIMINALE DI QUESTO LIVELLO IL GOVERNO LA QUALUNQUE DEVE RASSEGNARE LE DIMISSIONI IMMEDIATAMENTE
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA PROTERVIA DI UN'ASPIRANTE DITTATORE
Corriere della Sera
/ POLITICA
AFFARI E POLITICA
Inchiesta petrolio di Potenza
I pm vogliono sentire Boschi e Guidi
Sfiducia dal centrodestra al governo
Renzi: «Nessuno ci manda a casa»
I magistrati di Potenza fanno ricorso: «Arrestare Gemelli» (compagno della ministra Guidi) vogliono sentire il ministro delle Riforme e la collega dimissionaria. Nella Enews il premier Renzi va all’attacco di Grillo
di Cesare Zapperi
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di Cesare Zapperi
http://www.corriere.it/politica/16_apri ... 6065.shtml
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Re: Diario della caduta di un regime.
ATTENZIONE! ULTIMISSIMA, POCHI MINUTI FA È STATO SEQUESTRATO UN ALTRO POZZO DOVE…
31 marzo 2016
È appena giunta la notizia che è stato sequestrato in maniera preventiva anche il Pozzo Costa Molina 2 a Montemurro (perchè per i Carabinieri il pozzo è un corpo del reato) .
Il pozzo sequestrato è il luogo in cui ogni giorno l’ENI re-inietta sotto terra quello che non si smaltisce presso Tecnoparco.
Ecco di seguito “l’urlo di rabbia” scritto in una nota da Giorgio Santoriello, appartenente all’Associazione Cova Contro :
“Adesso vogliamo sapere cosa c’è dentro il corpo del reato e cosa ha inquinato.
Le royalties dovevamo spenderle in prevenzione e monitoraggi (seri e liberi), invece le dovremo usare per pagarci i funerali.
Avevamo denunciato quasi un anno fa Regione e relative determine firmate da Lambiase, abbiamo fatto analisi chimiche a nostre spese, le abbiamo portate in procure ed in UE, abbiamo portato al NOE i dati nascosti sulle contaminazioni alimentari in Val d’Agri, e soprattutto abbiamo sempre difeso, sostenuto ed avvalorato le tesi della Prof.ssa Albina Colella che prima di ministeri e regione è andata a studiare le polle di Contrada La Rossa beccandosi anche una richiesta di danni, richiesta che per coerenza ENI dovrebbe estendere a questo punto anche ai magistrati.
Ma poco fa oltre all’azione giudiziaria partita su scala nazionale, da Montemurro il consigliere Antonio Santomartino (da sempre nostro punto di riferimento nella battaglia contro Costa Molina 2 ) ci invia la foto del provvedimento di sequestro preventivo del pozzo Costa Molina 2.
Ci sono oggi sequestri ed arresti ma il Sindaco di Montemurro Senatro Di Leo, nell’Aprile 2015, diceva che era tutto a posto e che bisognava fidarsi della Regione; Ruggero Gheller diceva ad Antonio Crispino che era tutto un circuito chiuso ed approvato, sicuro; per Lambiase invece l’ultima volta che andai nel suo ufficio per avanzare domande mi disse che io ero “irrituale e maleducato”.
Filomena Pesce, ex-collega di quest’ultimo, ci rideva in faccia quando a Montemurro durante il consiglio comunale aperto dell’aprile 2015 sottolineavamo in molti – io, la Prof.ssa Colella e Maurizio Bolognetti, le varie irregolarità insite nelle autorizzazioni regionali e relative omissioni.
Berlinguer invece faceva finta di non sentire e diceva che erano solo problemi di comunicazione.
Pittella invece aspettava le prove dell’inquinamento per bloccare tutto e Schiassi andava all’expo a parlare di come “nutrire il pianeta” ed oggi Iannicelli invece vuol farci pagare l’accesso anche agli indizi, quei pochi dati, di cui l’Arpab ci approvvigiona.
Adesso una discarica sotterranea di rifiuti speciali, industriali, quale è il pozzo Costa Molina 2, è sotto sequestro: parliamo di oltre 9 milioni circa di deiezioni chimiche e fossili sparate a pressione nel sottosuolo, dal 2006, a ridosso del Pertusillo, dell’Agri e di zone agricole”.
http://www.potenzanews.net/attenzione-u ... ozzo-dove/
VIDEO DI ANDREA SCANZI:
https://www.facebook.com/22610520407248 ... nref=story
31 marzo 2016
È appena giunta la notizia che è stato sequestrato in maniera preventiva anche il Pozzo Costa Molina 2 a Montemurro (perchè per i Carabinieri il pozzo è un corpo del reato) .
Il pozzo sequestrato è il luogo in cui ogni giorno l’ENI re-inietta sotto terra quello che non si smaltisce presso Tecnoparco.
Ecco di seguito “l’urlo di rabbia” scritto in una nota da Giorgio Santoriello, appartenente all’Associazione Cova Contro :
“Adesso vogliamo sapere cosa c’è dentro il corpo del reato e cosa ha inquinato.
Le royalties dovevamo spenderle in prevenzione e monitoraggi (seri e liberi), invece le dovremo usare per pagarci i funerali.
Avevamo denunciato quasi un anno fa Regione e relative determine firmate da Lambiase, abbiamo fatto analisi chimiche a nostre spese, le abbiamo portate in procure ed in UE, abbiamo portato al NOE i dati nascosti sulle contaminazioni alimentari in Val d’Agri, e soprattutto abbiamo sempre difeso, sostenuto ed avvalorato le tesi della Prof.ssa Albina Colella che prima di ministeri e regione è andata a studiare le polle di Contrada La Rossa beccandosi anche una richiesta di danni, richiesta che per coerenza ENI dovrebbe estendere a questo punto anche ai magistrati.
Ma poco fa oltre all’azione giudiziaria partita su scala nazionale, da Montemurro il consigliere Antonio Santomartino (da sempre nostro punto di riferimento nella battaglia contro Costa Molina 2 ) ci invia la foto del provvedimento di sequestro preventivo del pozzo Costa Molina 2.
Ci sono oggi sequestri ed arresti ma il Sindaco di Montemurro Senatro Di Leo, nell’Aprile 2015, diceva che era tutto a posto e che bisognava fidarsi della Regione; Ruggero Gheller diceva ad Antonio Crispino che era tutto un circuito chiuso ed approvato, sicuro; per Lambiase invece l’ultima volta che andai nel suo ufficio per avanzare domande mi disse che io ero “irrituale e maleducato”.
Filomena Pesce, ex-collega di quest’ultimo, ci rideva in faccia quando a Montemurro durante il consiglio comunale aperto dell’aprile 2015 sottolineavamo in molti – io, la Prof.ssa Colella e Maurizio Bolognetti, le varie irregolarità insite nelle autorizzazioni regionali e relative omissioni.
Berlinguer invece faceva finta di non sentire e diceva che erano solo problemi di comunicazione.
Pittella invece aspettava le prove dell’inquinamento per bloccare tutto e Schiassi andava all’expo a parlare di come “nutrire il pianeta” ed oggi Iannicelli invece vuol farci pagare l’accesso anche agli indizi, quei pochi dati, di cui l’Arpab ci approvvigiona.
Adesso una discarica sotterranea di rifiuti speciali, industriali, quale è il pozzo Costa Molina 2, è sotto sequestro: parliamo di oltre 9 milioni circa di deiezioni chimiche e fossili sparate a pressione nel sottosuolo, dal 2006, a ridosso del Pertusillo, dell’Agri e di zone agricole”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Stefano Rodotà: "Il referendum? Riporta il potere nelle mani dei cittadini"
Parla il giurista dei beni comuni sulla consultazione del 17 aprile: "Renzi dice che sono inutili, perché sa che quando sono promossi dal basso producono ricomposizione sociale"
DI LUCA SAPPINO
24 marzo 2016
Stefano Rodotà: Il referendum? Riporta il potere nelle mani dei cittadini
Qui siamo oltre l’esibito fastidio per qualche gufo o professorone». Stefano Rodotà parla con un tono tra il dispiaciuto e il preoccupato: «Quello era folclore, se vogliamo, mentre oggi assistiamo a qualcosa di molto più grave. Il fastidio di Matteo Renzi questa volta non è per qualche singolo oppositore ma è direttamente per uno strumento costituzionale. Renzi ce l’ha con i referendum, e dice che sono inutili, perché sa che oltre agli effetti concreti sulle norme, quando sono promossi dal basso verso l’alto, dai cittadini o dalle regioni, e non sono plebiscitari come quello che avremo sulla riforma costituzionale, i referendum producono ricomposizione sociale.
Ed è invece sulla disgregazione della società che il presidente del Consiglio ha impostato la sua strategia di governo, come dimostra la politica dei bonus, che dà qualcosa a ognuno - il bonus ai giovani, il bonus ai poliziotti, il bonus ai professori - e non a tutti». E «con l’attacco frontale ai referendum, cercando ogni modo per non attuarli, come nel caso dell’acqua pubblica, o dicendo che non bisogna andare a votare, come sulle trivellazioni, Renzi prosegue sulla strada della passivizzazione dei cittadini. Che è una strada che percorriamo da anni. Si diceva che i cittadini sono ormai carne da sondaggio, ma è un’espressione vecchia. Ora sono carne da tweet o da slide».
Professore però, effettivamente, a vedere cosa ne è dell’esito del referendum del 2011, potrebbero sembrare parole di verità quelle di Serracchiani, di Guerini o appunto di Renzi. I referendum possono essere inutili, si aggirano, si ignorano...
«Ma non è certo colpa dei cittadini. È il governo, e il Parlamento, che dovrebbero lavorare per dare attuazione a quanto indicato dalle consultazioni».
Ma non succede. Con quali effetti sullo strumento?
«Con effetti pericolosi e non solo per lo strumento referendario. Perché il ridursi degli spazi di partecipazione istituzionale produce reazioni extra istituzionali: quando si demonizza il referendum, che sia proposto da una raccolta firme o dalle regioni non cambia, si sta dicendo ai cittadini che è inutile rivolgersi alle istituzioni e alla politica. E i cittadini, per come possono, si rivolgono altrove».
La minoranza dem attacca la segreteria del partito sostenendo che mai è successo che il Pci-Pds-Ds-Pd si dichiarasse ostile alla consultazione referendaria. In realtà c’è il precedente del 2003: «Astenersi è un diritto, parola dei Ds», era lo slogan. Fu un errore anche in quel caso?
«È sempre un errore. E richiamare un cattivo precedente per giustificare una mossa politica, vuol dire perseverare».
Quello sull’acqua pubblica è un referendum tradito?
«È un referendum che ha bloccato un processo di privatizzazione ma che si sta cercando di tradire. Senza peraltro preoccuparsi di farlo in maniera smaccata. Scandaloso, ad esempio, è l’articolo 25 del decreto Madia sui servizi pubblici che prevede “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, usando esattamente le parole cancellate dal voto sul secondo quesito referendario. È palese l’illegalità costituzionale. Nel 2012 la Corte costituzionale aveva già dichiarato illegittime le norme che riproducono norme abrogate con il referendum».
VEDI ANCHE:
trivelle
Referendum Trivelle, 10 cose da sapere per votare informati
L’inquinamento e gli incidenti, gli affari e i rischi per l’occupazione, le tasse e le rinnovabili. In vista del voto del 17 aprile sulle estrazioni in mare, sono circolate tante tesi e pochi fatti. Ecco quelli più importanti
Ma quel referendum obbliga a una gestione pubblica dell’acqua o ne stabilisce la proprietà pubblica, consentendo anche una gestione privata?
«Oggi si dice con superficialità: il voto non ha escluso la via di una gestione privata. Ma quello che il voto ha stabilito è però che quella privata non può essere la via preferenziale, come stabiliva il decreto Ronchi, con Berlusconi, e come vuole stabilire nuovamente il governo Renzi, sempre con il decreto Madia e con l’emendamento che ha riscritto la legge in discussione in parlamento, che originariamente riprendeva quella di iniziativa popolare. L’indicazione che si fa finta di non vedere è che la gestione dell’acqua deve essere in via prioritaria pubblica, pur nelle forme variamente partecipate, e slegata da logiche di mercato».
L’argomento del governo è che il pubblico produce inefficienza e non ha le risorse per i necessari investimenti sulla rete.
«Ancora una volta è la dimostrazione che si vuole ignorare l’esito referendario: l’argomentazione usata è la stessa di cinque anni fa, come se non ci fosse stato il dibattito. E, esattamente come quando si discusse all’epoca, si dice che la gestione pubblica è giocoforza pessima rimuovendo che i luoghi dove la gestione dell’acqua è migliore sono invece Milano e Napoli, dove è completamente pubblica».
L’indicazione del Pd su quel referendum fu per il sì, anche se - se non per iniziativa dei singoli circoli - non raccolse le firme. Cinque anni dopo, su “l’Unità”, il direttore, rispondendo a un suo articolo su “Repubblica”, scrive: «Non ha più senso la demagogia del bene comune che non fa i conti con la realtà concreta».
«Capisco che leggere i libri è un’attività che si sta perdendo e che il dialogo è ritenuto pericoloso. Ma il discorso sui beni comuni si sta svolgendo in tutto il mondo ed è un percorso opposto a quello che si vorrebbe imporre in Italia, dove le multiutility vogliono impedire che si avvii. Se si leggessero i libri, se ne troverebbero di scritti con particolare attenzione alle modalità di gestione, senza inconsapevolezza né ideologia».
Anche l’uso plebiscitario del prossimo referendum costituzionale sembra indicare una crisi dello strumento.
«Indica invece l’uso congiunturale che si è ormai soliti fare delle istituzioni. Il referendum viene usato quando fa comodo, quando può essere utilizzato per misurare il consenso del leader, mentre nelle altre occasioni se ne parla male. Invece il referendum - così come lo ha voluto il costituente, che ha escluso i plebisciti perché consapevole dei rischi - è proprio quello dal basso, promosso dai cittadini o da almeno cinque regioni. Ed è quello che rivitalizza la democrazia e la politica. Politica che peraltro, in questa fase, è stata fortemente sequestrata da una logica accentratrice. Intorno ai referendum si determina una ricomposizione sociale, di cui c’è molto bisogno, visto che ultimamente è stata favorita invece la frammentazione sociale, considerando superflui, ad esempio, i corpi intermedi».
La scelta di invitare a disertare le urne referendarie fa il paio con le riforme costituzionali ed elettorali volute da Matteo Renzi?
«Mi pare evidente. Anche se a voler legger bene la riforma Boschi c’è persino una contraddizione rispetto a quello che è l’atteggiamento di Renzi, che invita all’astensione scommettendo sul mancato raggiungimento del quorum, con una furbizia che prima di lui hanno usato in tanti, dalla Chiesa a Craxi. La riforma invece modifica i requisiti per la validità dei referendum proprio per scoraggiare il gioco dell’astensione».
Il referendum è l’antidoto alla deriva autoritaria che avete più volte evocato?
«C’è più modernità nei referendum, in questo sulle trivelle e in quelli che avremo nel prossimo anno, per cui si stanno raccogliendo le firme, dal Jobs Act alla scuola, che in tutta la riforma Boschi. Che è anzi una riforma conservatrice, che accentra il potere. Innumerevoli politologi hanno studiato il progressivo accrescimento del potere esecutivo e si sono chiesti come ricostruire gli equilibri costituzionali, come organizzare la politica e le istituzioni nell’era della sfiducia, per citare uno solo di questi scienziati politici, il francese Pier Rosanvallon. Una delle principali risposte è quella dei referendum, che riportano il potere nelle mani del cittadino, fosse anche come legislatore negativo».
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... i-1.255596
Parla il giurista dei beni comuni sulla consultazione del 17 aprile: "Renzi dice che sono inutili, perché sa che quando sono promossi dal basso producono ricomposizione sociale"
DI LUCA SAPPINO
24 marzo 2016
Stefano Rodotà: Il referendum? Riporta il potere nelle mani dei cittadini
Qui siamo oltre l’esibito fastidio per qualche gufo o professorone». Stefano Rodotà parla con un tono tra il dispiaciuto e il preoccupato: «Quello era folclore, se vogliamo, mentre oggi assistiamo a qualcosa di molto più grave. Il fastidio di Matteo Renzi questa volta non è per qualche singolo oppositore ma è direttamente per uno strumento costituzionale. Renzi ce l’ha con i referendum, e dice che sono inutili, perché sa che oltre agli effetti concreti sulle norme, quando sono promossi dal basso verso l’alto, dai cittadini o dalle regioni, e non sono plebiscitari come quello che avremo sulla riforma costituzionale, i referendum producono ricomposizione sociale.
Ed è invece sulla disgregazione della società che il presidente del Consiglio ha impostato la sua strategia di governo, come dimostra la politica dei bonus, che dà qualcosa a ognuno - il bonus ai giovani, il bonus ai poliziotti, il bonus ai professori - e non a tutti». E «con l’attacco frontale ai referendum, cercando ogni modo per non attuarli, come nel caso dell’acqua pubblica, o dicendo che non bisogna andare a votare, come sulle trivellazioni, Renzi prosegue sulla strada della passivizzazione dei cittadini. Che è una strada che percorriamo da anni. Si diceva che i cittadini sono ormai carne da sondaggio, ma è un’espressione vecchia. Ora sono carne da tweet o da slide».
Professore però, effettivamente, a vedere cosa ne è dell’esito del referendum del 2011, potrebbero sembrare parole di verità quelle di Serracchiani, di Guerini o appunto di Renzi. I referendum possono essere inutili, si aggirano, si ignorano...
«Ma non è certo colpa dei cittadini. È il governo, e il Parlamento, che dovrebbero lavorare per dare attuazione a quanto indicato dalle consultazioni».
Ma non succede. Con quali effetti sullo strumento?
«Con effetti pericolosi e non solo per lo strumento referendario. Perché il ridursi degli spazi di partecipazione istituzionale produce reazioni extra istituzionali: quando si demonizza il referendum, che sia proposto da una raccolta firme o dalle regioni non cambia, si sta dicendo ai cittadini che è inutile rivolgersi alle istituzioni e alla politica. E i cittadini, per come possono, si rivolgono altrove».
La minoranza dem attacca la segreteria del partito sostenendo che mai è successo che il Pci-Pds-Ds-Pd si dichiarasse ostile alla consultazione referendaria. In realtà c’è il precedente del 2003: «Astenersi è un diritto, parola dei Ds», era lo slogan. Fu un errore anche in quel caso?
«È sempre un errore. E richiamare un cattivo precedente per giustificare una mossa politica, vuol dire perseverare».
Quello sull’acqua pubblica è un referendum tradito?
«È un referendum che ha bloccato un processo di privatizzazione ma che si sta cercando di tradire. Senza peraltro preoccuparsi di farlo in maniera smaccata. Scandaloso, ad esempio, è l’articolo 25 del decreto Madia sui servizi pubblici che prevede “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, usando esattamente le parole cancellate dal voto sul secondo quesito referendario. È palese l’illegalità costituzionale. Nel 2012 la Corte costituzionale aveva già dichiarato illegittime le norme che riproducono norme abrogate con il referendum».
VEDI ANCHE:
trivelle
Referendum Trivelle, 10 cose da sapere per votare informati
L’inquinamento e gli incidenti, gli affari e i rischi per l’occupazione, le tasse e le rinnovabili. In vista del voto del 17 aprile sulle estrazioni in mare, sono circolate tante tesi e pochi fatti. Ecco quelli più importanti
Ma quel referendum obbliga a una gestione pubblica dell’acqua o ne stabilisce la proprietà pubblica, consentendo anche una gestione privata?
«Oggi si dice con superficialità: il voto non ha escluso la via di una gestione privata. Ma quello che il voto ha stabilito è però che quella privata non può essere la via preferenziale, come stabiliva il decreto Ronchi, con Berlusconi, e come vuole stabilire nuovamente il governo Renzi, sempre con il decreto Madia e con l’emendamento che ha riscritto la legge in discussione in parlamento, che originariamente riprendeva quella di iniziativa popolare. L’indicazione che si fa finta di non vedere è che la gestione dell’acqua deve essere in via prioritaria pubblica, pur nelle forme variamente partecipate, e slegata da logiche di mercato».
L’argomento del governo è che il pubblico produce inefficienza e non ha le risorse per i necessari investimenti sulla rete.
«Ancora una volta è la dimostrazione che si vuole ignorare l’esito referendario: l’argomentazione usata è la stessa di cinque anni fa, come se non ci fosse stato il dibattito. E, esattamente come quando si discusse all’epoca, si dice che la gestione pubblica è giocoforza pessima rimuovendo che i luoghi dove la gestione dell’acqua è migliore sono invece Milano e Napoli, dove è completamente pubblica».
L’indicazione del Pd su quel referendum fu per il sì, anche se - se non per iniziativa dei singoli circoli - non raccolse le firme. Cinque anni dopo, su “l’Unità”, il direttore, rispondendo a un suo articolo su “Repubblica”, scrive: «Non ha più senso la demagogia del bene comune che non fa i conti con la realtà concreta».
«Capisco che leggere i libri è un’attività che si sta perdendo e che il dialogo è ritenuto pericoloso. Ma il discorso sui beni comuni si sta svolgendo in tutto il mondo ed è un percorso opposto a quello che si vorrebbe imporre in Italia, dove le multiutility vogliono impedire che si avvii. Se si leggessero i libri, se ne troverebbero di scritti con particolare attenzione alle modalità di gestione, senza inconsapevolezza né ideologia».
Anche l’uso plebiscitario del prossimo referendum costituzionale sembra indicare una crisi dello strumento.
«Indica invece l’uso congiunturale che si è ormai soliti fare delle istituzioni. Il referendum viene usato quando fa comodo, quando può essere utilizzato per misurare il consenso del leader, mentre nelle altre occasioni se ne parla male. Invece il referendum - così come lo ha voluto il costituente, che ha escluso i plebisciti perché consapevole dei rischi - è proprio quello dal basso, promosso dai cittadini o da almeno cinque regioni. Ed è quello che rivitalizza la democrazia e la politica. Politica che peraltro, in questa fase, è stata fortemente sequestrata da una logica accentratrice. Intorno ai referendum si determina una ricomposizione sociale, di cui c’è molto bisogno, visto che ultimamente è stata favorita invece la frammentazione sociale, considerando superflui, ad esempio, i corpi intermedi».
La scelta di invitare a disertare le urne referendarie fa il paio con le riforme costituzionali ed elettorali volute da Matteo Renzi?
«Mi pare evidente. Anche se a voler legger bene la riforma Boschi c’è persino una contraddizione rispetto a quello che è l’atteggiamento di Renzi, che invita all’astensione scommettendo sul mancato raggiungimento del quorum, con una furbizia che prima di lui hanno usato in tanti, dalla Chiesa a Craxi. La riforma invece modifica i requisiti per la validità dei referendum proprio per scoraggiare il gioco dell’astensione».
Il referendum è l’antidoto alla deriva autoritaria che avete più volte evocato?
«C’è più modernità nei referendum, in questo sulle trivelle e in quelli che avremo nel prossimo anno, per cui si stanno raccogliendo le firme, dal Jobs Act alla scuola, che in tutta la riforma Boschi. Che è anzi una riforma conservatrice, che accentra il potere. Innumerevoli politologi hanno studiato il progressivo accrescimento del potere esecutivo e si sono chiesti come ricostruire gli equilibri costituzionali, come organizzare la politica e le istituzioni nell’era della sfiducia, per citare uno solo di questi scienziati politici, il francese Pier Rosanvallon. Una delle principali risposte è quella dei referendum, che riportano il potere nelle mani del cittadino, fosse anche come legislatore negativo».
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Re: Diario della caduta di un regime.
Stefano Rodotà: "Il referendum? Riporta il potere nelle mani dei cittadini"
Parla il giurista dei beni comuni sulla consultazione del 17 aprile: "Renzi dice che sono inutili, perché sa che quando sono promossi dal basso producono ricomposizione sociale"
DI LUCA SAPPINO
24 marzo 2016
Stefano Rodotà: Il referendum? Riporta il potere nelle mani dei cittadini
Qui siamo oltre l’esibito fastidio per qualche gufo o professorone». Stefano Rodotà parla con un tono tra il dispiaciuto e il preoccupato: «Quello era folclore, se vogliamo, mentre oggi assistiamo a qualcosa di molto più grave. Il fastidio di Matteo Renzi questa volta non è per qualche singolo oppositore ma è direttamente per uno strumento costituzionale. Renzi ce l’ha con i referendum, e dice che sono inutili, perché sa che oltre agli effetti concreti sulle norme, quando sono promossi dal basso verso l’alto, dai cittadini o dalle regioni, e non sono plebiscitari come quello che avremo sulla riforma costituzionale, i referendum producono ricomposizione sociale.
Ed è invece sulla disgregazione della società che il presidente del Consiglio ha impostato la sua strategia di governo, come dimostra la politica dei bonus, che dà qualcosa a ognuno - il bonus ai giovani, il bonus ai poliziotti, il bonus ai professori - e non a tutti». E «con l’attacco frontale ai referendum, cercando ogni modo per non attuarli, come nel caso dell’acqua pubblica, o dicendo che non bisogna andare a votare, come sulle trivellazioni, Renzi prosegue sulla strada della passivizzazione dei cittadini. Che è una strada che percorriamo da anni. Si diceva che i cittadini sono ormai carne da sondaggio, ma è un’espressione vecchia. Ora sono carne da tweet o da slide».
Professore però, effettivamente, a vedere cosa ne è dell’esito del referendum del 2011, potrebbero sembrare parole di verità quelle di Serracchiani, di Guerini o appunto di Renzi. I referendum possono essere inutili, si aggirano, si ignorano...
«Ma non è certo colpa dei cittadini. È il governo, e il Parlamento, che dovrebbero lavorare per dare attuazione a quanto indicato dalle consultazioni».
Ma non succede. Con quali effetti sullo strumento?
«Con effetti pericolosi e non solo per lo strumento referendario. Perché il ridursi degli spazi di partecipazione istituzionale produce reazioni extra istituzionali: quando si demonizza il referendum, che sia proposto da una raccolta firme o dalle regioni non cambia, si sta dicendo ai cittadini che è inutile rivolgersi alle istituzioni e alla politica. E i cittadini, per come possono, si rivolgono altrove».
La minoranza dem attacca la segreteria del partito sostenendo che mai è successo che il Pci-Pds-Ds-Pd si dichiarasse ostile alla consultazione referendaria. In realtà c’è il precedente del 2003: «Astenersi è un diritto, parola dei Ds», era lo slogan. Fu un errore anche in quel caso?
«È sempre un errore. E richiamare un cattivo precedente per giustificare una mossa politica, vuol dire perseverare».
Quello sull’acqua pubblica è un referendum tradito?
«È un referendum che ha bloccato un processo di privatizzazione ma che si sta cercando di tradire. Senza peraltro preoccuparsi di farlo in maniera smaccata. Scandaloso, ad esempio, è l’articolo 25 del decreto Madia sui servizi pubblici che prevede “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, usando esattamente le parole cancellate dal voto sul secondo quesito referendario. È palese l’illegalità costituzionale. Nel 2012 la Corte costituzionale aveva già dichiarato illegittime le norme che riproducono norme abrogate con il referendum».
VEDI ANCHE:
trivelle
Referendum Trivelle, 10 cose da sapere per votare informati
L’inquinamento e gli incidenti, gli affari e i rischi per l’occupazione, le tasse e le rinnovabili. In vista del voto del 17 aprile sulle estrazioni in mare, sono circolate tante tesi e pochi fatti. Ecco quelli più importanti
Ma quel referendum obbliga a una gestione pubblica dell’acqua o ne stabilisce la proprietà pubblica, consentendo anche una gestione privata?
«Oggi si dice con superficialità: il voto non ha escluso la via di una gestione privata. Ma quello che il voto ha stabilito è però che quella privata non può essere la via preferenziale, come stabiliva il decreto Ronchi, con Berlusconi, e come vuole stabilire nuovamente il governo Renzi, sempre con il decreto Madia e con l’emendamento che ha riscritto la legge in discussione in parlamento, che originariamente riprendeva quella di iniziativa popolare. L’indicazione che si fa finta di non vedere è che la gestione dell’acqua deve essere in via prioritaria pubblica, pur nelle forme variamente partecipate, e slegata da logiche di mercato».
L’argomento del governo è che il pubblico produce inefficienza e non ha le risorse per i necessari investimenti sulla rete.
«Ancora una volta è la dimostrazione che si vuole ignorare l’esito referendario: l’argomentazione usata è la stessa di cinque anni fa, come se non ci fosse stato il dibattito. E, esattamente come quando si discusse all’epoca, si dice che la gestione pubblica è giocoforza pessima rimuovendo che i luoghi dove la gestione dell’acqua è migliore sono invece Milano e Napoli, dove è completamente pubblica».
L’indicazione del Pd su quel referendum fu per il sì, anche se - se non per iniziativa dei singoli circoli - non raccolse le firme. Cinque anni dopo, su “l’Unità”, il direttore, rispondendo a un suo articolo su “Repubblica”, scrive: «Non ha più senso la demagogia del bene comune che non fa i conti con la realtà concreta».
«Capisco che leggere i libri è un’attività che si sta perdendo e che il dialogo è ritenuto pericoloso. Ma il discorso sui beni comuni si sta svolgendo in tutto il mondo ed è un percorso opposto a quello che si vorrebbe imporre in Italia, dove le multiutility vogliono impedire che si avvii. Se si leggessero i libri, se ne troverebbero di scritti con particolare attenzione alle modalità di gestione, senza inconsapevolezza né ideologia».
Anche l’uso plebiscitario del prossimo referendum costituzionale sembra indicare una crisi dello strumento.
«Indica invece l’uso congiunturale che si è ormai soliti fare delle istituzioni. Il referendum viene usato quando fa comodo, quando può essere utilizzato per misurare il consenso del leader, mentre nelle altre occasioni se ne parla male. Invece il referendum - così come lo ha voluto il costituente, che ha escluso i plebisciti perché consapevole dei rischi - è proprio quello dal basso, promosso dai cittadini o da almeno cinque regioni. Ed è quello che rivitalizza la democrazia e la politica. Politica che peraltro, in questa fase, è stata fortemente sequestrata da una logica accentratrice. Intorno ai referendum si determina una ricomposizione sociale, di cui c’è molto bisogno, visto che ultimamente è stata favorita invece la frammentazione sociale, considerando superflui, ad esempio, i corpi intermedi».
La scelta di invitare a disertare le urne referendarie fa il paio con le riforme costituzionali ed elettorali volute da Matteo Renzi?
«Mi pare evidente. Anche se a voler legger bene la riforma Boschi c’è persino una contraddizione rispetto a quello che è l’atteggiamento di Renzi, che invita all’astensione scommettendo sul mancato raggiungimento del quorum, con una furbizia che prima di lui hanno usato in tanti, dalla Chiesa a Craxi. La riforma invece modifica i requisiti per la validità dei referendum proprio per scoraggiare il gioco dell’astensione».
Il referendum è l’antidoto alla deriva autoritaria che avete più volte evocato?
«C’è più modernità nei referendum, in questo sulle trivelle e in quelli che avremo nel prossimo anno, per cui si stanno raccogliendo le firme, dal Jobs Act alla scuola, che in tutta la riforma Boschi. Che è anzi una riforma conservatrice, che accentra il potere. Innumerevoli politologi hanno studiato il progressivo accrescimento del potere esecutivo e si sono chiesti come ricostruire gli equilibri costituzionali, come organizzare la politica e le istituzioni nell’era della sfiducia, per citare uno solo di questi scienziati politici, il francese Pier Rosanvallon. Una delle principali risposte è quella dei referendum, che riportano il potere nelle mani del cittadino, fosse anche come legislatore negativo».
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Parla il giurista dei beni comuni sulla consultazione del 17 aprile: "Renzi dice che sono inutili, perché sa che quando sono promossi dal basso producono ricomposizione sociale"
DI LUCA SAPPINO
24 marzo 2016
Stefano Rodotà: Il referendum? Riporta il potere nelle mani dei cittadini
Qui siamo oltre l’esibito fastidio per qualche gufo o professorone». Stefano Rodotà parla con un tono tra il dispiaciuto e il preoccupato: «Quello era folclore, se vogliamo, mentre oggi assistiamo a qualcosa di molto più grave. Il fastidio di Matteo Renzi questa volta non è per qualche singolo oppositore ma è direttamente per uno strumento costituzionale. Renzi ce l’ha con i referendum, e dice che sono inutili, perché sa che oltre agli effetti concreti sulle norme, quando sono promossi dal basso verso l’alto, dai cittadini o dalle regioni, e non sono plebiscitari come quello che avremo sulla riforma costituzionale, i referendum producono ricomposizione sociale.
Ed è invece sulla disgregazione della società che il presidente del Consiglio ha impostato la sua strategia di governo, come dimostra la politica dei bonus, che dà qualcosa a ognuno - il bonus ai giovani, il bonus ai poliziotti, il bonus ai professori - e non a tutti». E «con l’attacco frontale ai referendum, cercando ogni modo per non attuarli, come nel caso dell’acqua pubblica, o dicendo che non bisogna andare a votare, come sulle trivellazioni, Renzi prosegue sulla strada della passivizzazione dei cittadini. Che è una strada che percorriamo da anni. Si diceva che i cittadini sono ormai carne da sondaggio, ma è un’espressione vecchia. Ora sono carne da tweet o da slide».
Professore però, effettivamente, a vedere cosa ne è dell’esito del referendum del 2011, potrebbero sembrare parole di verità quelle di Serracchiani, di Guerini o appunto di Renzi. I referendum possono essere inutili, si aggirano, si ignorano...
«Ma non è certo colpa dei cittadini. È il governo, e il Parlamento, che dovrebbero lavorare per dare attuazione a quanto indicato dalle consultazioni».
Ma non succede. Con quali effetti sullo strumento?
«Con effetti pericolosi e non solo per lo strumento referendario. Perché il ridursi degli spazi di partecipazione istituzionale produce reazioni extra istituzionali: quando si demonizza il referendum, che sia proposto da una raccolta firme o dalle regioni non cambia, si sta dicendo ai cittadini che è inutile rivolgersi alle istituzioni e alla politica. E i cittadini, per come possono, si rivolgono altrove».
La minoranza dem attacca la segreteria del partito sostenendo che mai è successo che il Pci-Pds-Ds-Pd si dichiarasse ostile alla consultazione referendaria. In realtà c’è il precedente del 2003: «Astenersi è un diritto, parola dei Ds», era lo slogan. Fu un errore anche in quel caso?
«È sempre un errore. E richiamare un cattivo precedente per giustificare una mossa politica, vuol dire perseverare».
Quello sull’acqua pubblica è un referendum tradito?
«È un referendum che ha bloccato un processo di privatizzazione ma che si sta cercando di tradire. Senza peraltro preoccuparsi di farlo in maniera smaccata. Scandaloso, ad esempio, è l’articolo 25 del decreto Madia sui servizi pubblici che prevede “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, usando esattamente le parole cancellate dal voto sul secondo quesito referendario. È palese l’illegalità costituzionale. Nel 2012 la Corte costituzionale aveva già dichiarato illegittime le norme che riproducono norme abrogate con il referendum».
VEDI ANCHE:
trivelle
Referendum Trivelle, 10 cose da sapere per votare informati
L’inquinamento e gli incidenti, gli affari e i rischi per l’occupazione, le tasse e le rinnovabili. In vista del voto del 17 aprile sulle estrazioni in mare, sono circolate tante tesi e pochi fatti. Ecco quelli più importanti
Ma quel referendum obbliga a una gestione pubblica dell’acqua o ne stabilisce la proprietà pubblica, consentendo anche una gestione privata?
«Oggi si dice con superficialità: il voto non ha escluso la via di una gestione privata. Ma quello che il voto ha stabilito è però che quella privata non può essere la via preferenziale, come stabiliva il decreto Ronchi, con Berlusconi, e come vuole stabilire nuovamente il governo Renzi, sempre con il decreto Madia e con l’emendamento che ha riscritto la legge in discussione in parlamento, che originariamente riprendeva quella di iniziativa popolare. L’indicazione che si fa finta di non vedere è che la gestione dell’acqua deve essere in via prioritaria pubblica, pur nelle forme variamente partecipate, e slegata da logiche di mercato».
L’argomento del governo è che il pubblico produce inefficienza e non ha le risorse per i necessari investimenti sulla rete.
«Ancora una volta è la dimostrazione che si vuole ignorare l’esito referendario: l’argomentazione usata è la stessa di cinque anni fa, come se non ci fosse stato il dibattito. E, esattamente come quando si discusse all’epoca, si dice che la gestione pubblica è giocoforza pessima rimuovendo che i luoghi dove la gestione dell’acqua è migliore sono invece Milano e Napoli, dove è completamente pubblica».
L’indicazione del Pd su quel referendum fu per il sì, anche se - se non per iniziativa dei singoli circoli - non raccolse le firme. Cinque anni dopo, su “l’Unità”, il direttore, rispondendo a un suo articolo su “Repubblica”, scrive: «Non ha più senso la demagogia del bene comune che non fa i conti con la realtà concreta».
«Capisco che leggere i libri è un’attività che si sta perdendo e che il dialogo è ritenuto pericoloso. Ma il discorso sui beni comuni si sta svolgendo in tutto il mondo ed è un percorso opposto a quello che si vorrebbe imporre in Italia, dove le multiutility vogliono impedire che si avvii. Se si leggessero i libri, se ne troverebbero di scritti con particolare attenzione alle modalità di gestione, senza inconsapevolezza né ideologia».
Anche l’uso plebiscitario del prossimo referendum costituzionale sembra indicare una crisi dello strumento.
«Indica invece l’uso congiunturale che si è ormai soliti fare delle istituzioni. Il referendum viene usato quando fa comodo, quando può essere utilizzato per misurare il consenso del leader, mentre nelle altre occasioni se ne parla male. Invece il referendum - così come lo ha voluto il costituente, che ha escluso i plebisciti perché consapevole dei rischi - è proprio quello dal basso, promosso dai cittadini o da almeno cinque regioni. Ed è quello che rivitalizza la democrazia e la politica. Politica che peraltro, in questa fase, è stata fortemente sequestrata da una logica accentratrice. Intorno ai referendum si determina una ricomposizione sociale, di cui c’è molto bisogno, visto che ultimamente è stata favorita invece la frammentazione sociale, considerando superflui, ad esempio, i corpi intermedi».
La scelta di invitare a disertare le urne referendarie fa il paio con le riforme costituzionali ed elettorali volute da Matteo Renzi?
«Mi pare evidente. Anche se a voler legger bene la riforma Boschi c’è persino una contraddizione rispetto a quello che è l’atteggiamento di Renzi, che invita all’astensione scommettendo sul mancato raggiungimento del quorum, con una furbizia che prima di lui hanno usato in tanti, dalla Chiesa a Craxi. La riforma invece modifica i requisiti per la validità dei referendum proprio per scoraggiare il gioco dell’astensione».
Il referendum è l’antidoto alla deriva autoritaria che avete più volte evocato?
«C’è più modernità nei referendum, in questo sulle trivelle e in quelli che avremo nel prossimo anno, per cui si stanno raccogliendo le firme, dal Jobs Act alla scuola, che in tutta la riforma Boschi. Che è anzi una riforma conservatrice, che accentra il potere. Innumerevoli politologi hanno studiato il progressivo accrescimento del potere esecutivo e si sono chiesti come ricostruire gli equilibri costituzionali, come organizzare la politica e le istituzioni nell’era della sfiducia, per citare uno solo di questi scienziati politici, il francese Pier Rosanvallon. Una delle principali risposte è quella dei referendum, che riportano il potere nelle mani del cittadino, fosse anche come legislatore negativo».
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Re: Diario della caduta di un regime.
IO, TIM COOK (Crozza)
Eni ed Enel sponsor di squadre e sagre di paese
Così le multinazionali ottengono il consenso
Non solo lobby e non solo petrolio. Da Civitavecchia ad Agrigento, i grandi gruppi non lesinano contributi a pioggia pur di accaparrarsi le simpatie dei territori in cui si concentrano gli affari. Tutto legale
enel brindisi 990
Economia & Lobby
Fiere, sagre, squadre di basket e calcio, festival, feste di parrocchia allietate da musicisti nazionali e intere processioni religiose con tanto di logo sui manifesti. Da Enel a Eni, da Shell a Total fino a Nestlé, c’è un po’ di tutto nella ricchissima lista delle sponsorizzazioni gentilmente offerte ogni anno dalle principali multinazionali nei più disparati centri italiani. Denaro che arriva a rallegrare la vita culturale e sportiva di piccole e grandi città, spesso accomunate da un unico comune denominatore: ospitano centrali elettriche, geotermiche e a carbone, rigassificatori, pozzi e stabilimenti di raffinazione del petrolio, persino ricche sorgenti di acqua minerale di Giuseppe Pipitone
^^^^^^
Eni, Enel, Shell, Total e le sponsorizzazioni a squadre, feste e sagre di paese: ecco come i colossi si assicurano il consenso
Lobby
Da Brindisi ad Agrigento, passando per La Spezia e Civitavecchia: i grandi gruppi non lesinano contributi a pioggia pur di accaparrarsi le simpatie dei territori in cui si concentrano i loro affari. Tutto legale, tutto alla luce del sole
di Giuseppe Pipitone | 3 aprile 2016
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Più informazioni su: Agrigento, Basilicata, Brindisi, Enel, Eni, Shell, Total
Fiere, sagre, squadre di basket e calcio, costosi festival medievali, piccole feste di parrocchia allietate da musicisti nazionali e addirittura intere processioni religiose con tanto di logo sui manifesti. Dall’Enel all’Eni, dalla Shell alla Total fino alla Nestlé, c’è un po’ di tutto nella ricchissima lista delle sponsorizzazioni gentilmente offerte ogni anno dalle principali multinazionali nei più disparati centri italiani.
Rivoli di denaro che arrivano a rallegrare la vita culturale e sportiva di piccole e grandi città italiane, spesso accomunate da un unico comune denominatore: ospitano centrali elettriche, geotermiche e a carbone, rigassificatori, pozzi e stabilimenti di raffinazione del petrolio, persino ricche sorgenti di acqua minerale. Spesso sono impianti a forte impatto socio ambientale, qualche volta sono stati protagonisti dalle indagini della magistratura (come in Basilicata con il caso Tempa Rossa che ha provocato le dimissioni del ministro Guidi), ma in ogni caso hanno sempre animato lunghe battaglie ambientaliste combattute sul territorio da parte dei cittadini. Sarà una coincidenza, una ciclica casualità, ma è proprio in quelle zone che da qualche anno i colossi dell’energia (e non solo) hanno deciso di varare una massiccia operazione simpatia con un unico obiettivo: aprire il portafogli per migliorare il rapporto con le comunità locali. Da Agrigento e La Spezia, da Brindisi a Civitavecchia passando per Gela e Galatina, ilfattoquotidiano.it ha messo in fila i casi principali in cui le zone ritenute interessanti dalle principali multinazionali hanno ricevuto contributi a pioggia per le attività più disparate: quello che ne emerge è una carta geografica alternativa del nostro Paese, una mappa fatta da piccole mance, loghi luccicanti e affari milionari. Tutto legale, tutto alla luce del sole. Nessun reato: solo un modus operandi che la dice assai lunga sulla creazione del consenso da parte dei colossi impegnati nei territori.
Dallo sport alla cultura: Brindisi, città dell’Enel
Una delle città che ha maggiormente beneficiato di questa mega operazione simpatia è probabilmente Brindisi. Qui l’Enel gestisce dal 1991 una grossa centrale termoelettrica a carbone, che si estende per 260 ettari, considerata la prima in Italia per emissioni di anidride carbonica secondo un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente. Dal 2012 tredici dirigenti della centrale sono sotto processo, accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento delle colture e insudiciamento delle abitazioni. E mentre i suoi funzionari sono in attesa di giudizio, da anni il logo di Enel è proiettato in ogni settore della vita sportiva e culturale brindisina. Dal 2008 l’azienda energetica è main sponsor della squadra di basket locale: un ricco contributo, secondo solo a quello versato da Armani all’Olimpia Milano, che ha influito sulla promozione nella massima serie nazionale della squadra pugliese. A Brindisi Enel sponsorizza anche la società Ginnastica La Rosa, la squadra di calcio a 5 e in passato sosteneva tutte le formazioni giovanili del Brindisi calcio, oggi fallito. Ad aprile del 2015, poi, il colosso dell’energia è stato tra i partner della tappa pugliese della Fed Cup, il principale torneo di tennis per squadre nazionali femminili che aveva scelto proprio Brindisi per il match tra Italia e Stati Uniti. Ma in terra brindisina non c’è solo lo sport che beneficia delle generose elargizioni targate Enel. Grazie ai buoni offici della multinazionale, infatti, è arrivato addirittura il rapper Moreno ad esibirsi per la piccola festa patronale della chiesa San Giustino de Jacobis. Negli anni, poi, sono state concesse sponsorizzazioni anche al Teatro Verdi e al Medieval fest, importante rappresentazione storica in costume, incentrata sulla figura di Federico II, interpretato in un’occasione da Michele Placido: proprio al sovrano svevo è dedicata la centrale termoelettrica. Parecchie polemiche ha poi suscitato la storica partnership che lega Enel al Negroamaro Wine Festival, una delle principali rassegne enologiche d’Italia: il processo in corso nasce infatti proprio dalle polveri di carbone che finiscono sui vigneti brindisini, e cioè i protagonisti diretti della kermesse enologica finanziata con i fondi dell’azienda energetica.
Dalla festa della zucca alla cucina geotermica, tutte le mance di Enel in Italia
L’azienda guidata da Francesco Starace ha puntato sullo sport anche ad Agrigento, dove la ricca sponsorizzazione concessa all’Akragas, la squadra di calcio cittadina, ha portato alla storica promozione in Lega Pro della squadra siciliana. Ed è proprio nei pressi della città dei Templi, a Porto Empedocle, che la società coltiva da anni il progetto di un maxi rigassificatore da 800 milioni di euro. “Con lo zuccherino della squadra di calcio, l’Enel, su consiglio di Angelino Alfano, vuole addolcire la pillola amara e velenosa del rigassificatore”, dice l’ex ambientalista Giuseppe Arnone, dato che secondo rumors cittadini sarebbe stato il ministro dell’Interno a portare il logo della società energetica sulle maglie dell’Akragas. Tra ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, referendum popolari vinti con il 94% e voti negativi ratificati dal consiglio comunale, il rigassificatore, che doveva vedere la luce nel 2011, è ad oggi bloccato, mentre i calciofili agrigentini sono tornati dopo più di trent’anni a calcare i campi della vecchia serie C. È stata riconvertita nel 2013, invece, la centrale termoelettrica di Torrevaldaliga nord, nella zona di Civitavecchia: dagli oli combustibili è passata ad essere alimentata dal carbone, tra le dure proteste della popolazione, arrivata anche a proclamare uno sciopero della fame collettivo lungo tre settimane. Poco dopo, per una curiosa coincidenza, ecco che il logo dell’Enel è comparso sulle maglie delle squadre di volley e calcio di Civitavecchia, e sulle canotte del basket Santa Marinella. Un altro comune della zona, e cioè quello di Tarquinia, ha beneficiato invece di un contributo totale da 100mila euro per finanziare, tra le altre cose, la festa dell’anguria. A La Spezia, dove sorge una centrale termoelettrica a carbone, Enel ha invece preferito puntare sulla cultura, sponsorizzando la manifestazione Libriamoci e facendo da partner storico al premio intitolato a Eugenio Montale. Dalla Liguria alla Toscana, la società energetica ha quindi puntato sulla cucina locale dell’Amiata, dove sorgono ben cinque centrali geotermiche. La geotermia è considerata ovunque un’energia rinnovabile e pulita, ma secondo gli ambientalisti della zona non è quello che avviene sul monte Amiata, che essendo un ex vulcano custodisce nel sottosuolo sostanze inquinanti e cancerogene. Per i sindaci della zona, però, le centrali sono un toccasana per le casse comunali, che ricevono ogni anno sei milioni da Enel, mentre la multinazionale energetica si è impegnata negli ultimi tempi nel promuovere i prodotti culinari lanciando addirittura un inedito Menù geotermico. “Da oggi avremmo la festa della castagna geotermica, poi ci sarà la sagra della patata geotermica, quella dell’olio geotermico, del pecorino geotermico, del fungo geotermico: bel salto di qualità rispetto ai vari dop, doc e igp”, ironizzano in rete gli abitanti della zona.
Basilicata: oro nero in cambio di gite premio
La musica non cambia se da energia e carbone si passa al petrolio. Ne sanno qualcosa in Basilicata, probabilmente una delle Regioni più povere d’Italia, e allo stesso tempo quella con la più alta percentuale di tumori di tutta la nazione. Il sottosuolo lucano, però nasconde un vero tesoro: la regione infatti è ricchissima di giacimenti di petrolio. Basti pensare che i 40 pozzi presenti in Val d’Agri (una zona abitata da poche migliaia persone) garantiscono l’80 percento dell’intera produzione nazionale di petrolio. Ed è per questo che la Lucania è diventata da anni terra di conquista per i principali cercatori di oro nero: lasciano il 10 per cento di royaties alla Regione e portano via il resto, non dimenticando di finanziare una serie di feste di paese, per migliorare l’umore della popolazione, che nonostante i ricchi giacimenti continua a soffrire una disoccupazione superiore alle medie nazionali. L’Eni, per esempio, è stata tra i main sponsor dell’iniziativa culturale ribattezzata “I Tesori delle Valli”, una rassegna di una settimana dedicata proprio alla Val d’Agri pubblicizzata persino a Roma. “Che le valli della Lucania siano un tesoro per l’Eni e per la fondazione Mattei è una certezza. Presto, molto presto, le compagnie petrolifere sponsorizzeranno anche il secolare culto mariano della Madonna nera di Viggiano. La scena mi pare già di intravederla: i fedeli che ascendono al sacro monte porteranno in spalla la statua della Vergine e sul baldacchino la scritta Riparti con Eni”, commentava ironico il leader dei radicali lucani Maurizio Bolognetti. E mentre l’azienda del cane a sei zampe legava il suo nome anche un portale turistico locale, la Shell offriva buffet e spettacoli musicali a Potenza e Matera e viaggi premio ad Amsterdam, seguita a ruota dalla Total che invece organizzava una vacanza in terra di Francia per i giornalisti lucani, portati in gita negli stabilimenti casalinghi della multinazionale d’Oltralpe. Più leggeri i cadeaux lasciati in Sicilia dagli altri big petroliferi: ad Augusta la Erg ha sponsorizzato le nuove maglie della squadra di calcio a 5, mentre la Esso ha contribuito a lanciare un corso di vela per bambini disabili. La città in provincia di Siracusa ospita 18 stabilimenti tra centrali elettriche e impianti di raffinazione, ed è uno dei vertici del più grande polo industriale d’Europa: insieme a Priolo e Melilli costituisce il cosiddetto “triangolo della morte”. “Qui è in atto un genocidio”, è la denuncia di don Palmiro Prisutto, il sacerdote che ogni mese legge in chiesa i nomi di tutti i morti di tumore della città. Esilarante invece il destino dell’omaggio lasciato dall’Eni a Gela: una gigantesca fontana con giochi d’acqua e luci piazzata all’entrata della città. Nel 2013, però, la città del petrolchimico ha deciso di spegnere l’enorme installazione. Il motivo? Le bollette erano diventate troppo costose, dato che i giochi d’acqua consumavano un’enorme quantità di energia elettrica.
La processione? La sponsorizza la multinazionale del gasdotto
Curiosa anche la scena andata in onda a Scorrano, nel Salento, in Puglia, nel luglio del 2014: durante la festa di santa Domenica, patrona della cittadina, sono apparse luminarie più uniche che rare. Non rappresentavano, infatti, preghiere e invocazioni alla santa, ma al contrario la scritta Tap, acronimo di Trans Adriatic Pipeline, e cioè il consorzio industriale che vorrebbe costruire un mega gasdotto tra il mar Caspio e la Puglia. La Tap non era nuova a sponsorizzazioni simili: due settimane prima aveva pensato bene di finanziare la festa dei santi Pietro e Paolo a Galatina. Il logo della multinazionale stampato in bella mostra sui manifesti della festa religiosa ha fatto scatenare la polemica. “Cosa ne sanno le signore che vanno in chiesa di Tap? Loro in quei giorni capiscono solo che c’è una messa e che forse bisogna ringraziare Tap senza sapere neanche cosa sia. Ci meravigliamo invece del vescovo, ci meravigliamo del comitato feste e ci meravigliamo di chi accetta di parlare e farsi dare soldi da personaggi senza scrupoli, incapaci di presentare un progetto decente”, tuonavano in quei giorni i manifestanti del comitato No Tap. A nulla sono valse invece le proteste degli abitanti di Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento. Mentre l’intera Sicilia soffre una crisi idrica senza precedenti, sui Monti Sicani sgorgano ogni giorno migliaia di litri di acqua oligominerale purissima. Solo che sono quasi totalmente appannaggio della Nestlé, titolare di una concessione con la Regione Siciliana per prelevare almeno dieci litri d’acqua al secondo. Un affare che permette alla multinazionale svizzera di vendere la pregiata acqua siciliana ad appena 33 centesimi a bottiglia. Il bello è che l’acqua dei rubinetti della provincia di Agrigento non viene dalla stessa fonte della Nestlé ma invece dal dissalatore di Porto Empedocle, gestito dalla Girgenti Acque di Marco Campione, che pratica costi altissimi ed è considerata dai cittadini di scarsissima qualità. Morale della favola? Anche per cucinare gli agrigentini sono spesso costretti a comprare l’acqua in bottiglia che la Nestlé preleva nel loro stesso territorio. Pochi giorni fa però è arrivata la lieta notizia: acqua gratis per gli agrigentini? Ovviamente no. Piuttosto la Nestlé ha deciso di sponsorizzare la Usd Quisquinese, squadra di calcio dilettantistica di Santo Stefano. Un accordo triennale da trentamila euro che ha fatto felici i tifosi della piccola squadra sicana. Che magari, andando allo stadio la domenica, dimenticheranno per qualche ora l’annoso problema dell’acqua corrente. Sport, religione, feste di paese, folclore: tutto pur di smorzare le proteste delle popolazioni che ospitano impianti energetici, petroliferi o magari solo una fonte d’acqua. Una strategia che in fondo non è poi tanto nuova. A ben pensarci, il primo a teorizzarla fu il latino Giovenale con il celebre “panem et circenses”: pane e giochi, al popolo interessa solo quello. Duemila anni dopo non è poi cambiato molto.
Twitter: @pipitone87
(ha collaborato Andrea Tundo)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2406934/
Eni ed Enel sponsor di squadre e sagre di paese
Così le multinazionali ottengono il consenso
Non solo lobby e non solo petrolio. Da Civitavecchia ad Agrigento, i grandi gruppi non lesinano contributi a pioggia pur di accaparrarsi le simpatie dei territori in cui si concentrano gli affari. Tutto legale
enel brindisi 990
Economia & Lobby
Fiere, sagre, squadre di basket e calcio, festival, feste di parrocchia allietate da musicisti nazionali e intere processioni religiose con tanto di logo sui manifesti. Da Enel a Eni, da Shell a Total fino a Nestlé, c’è un po’ di tutto nella ricchissima lista delle sponsorizzazioni gentilmente offerte ogni anno dalle principali multinazionali nei più disparati centri italiani. Denaro che arriva a rallegrare la vita culturale e sportiva di piccole e grandi città, spesso accomunate da un unico comune denominatore: ospitano centrali elettriche, geotermiche e a carbone, rigassificatori, pozzi e stabilimenti di raffinazione del petrolio, persino ricche sorgenti di acqua minerale di Giuseppe Pipitone
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Eni, Enel, Shell, Total e le sponsorizzazioni a squadre, feste e sagre di paese: ecco come i colossi si assicurano il consenso
Lobby
Da Brindisi ad Agrigento, passando per La Spezia e Civitavecchia: i grandi gruppi non lesinano contributi a pioggia pur di accaparrarsi le simpatie dei territori in cui si concentrano i loro affari. Tutto legale, tutto alla luce del sole
di Giuseppe Pipitone | 3 aprile 2016
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Più informazioni su: Agrigento, Basilicata, Brindisi, Enel, Eni, Shell, Total
Fiere, sagre, squadre di basket e calcio, costosi festival medievali, piccole feste di parrocchia allietate da musicisti nazionali e addirittura intere processioni religiose con tanto di logo sui manifesti. Dall’Enel all’Eni, dalla Shell alla Total fino alla Nestlé, c’è un po’ di tutto nella ricchissima lista delle sponsorizzazioni gentilmente offerte ogni anno dalle principali multinazionali nei più disparati centri italiani.
Rivoli di denaro che arrivano a rallegrare la vita culturale e sportiva di piccole e grandi città italiane, spesso accomunate da un unico comune denominatore: ospitano centrali elettriche, geotermiche e a carbone, rigassificatori, pozzi e stabilimenti di raffinazione del petrolio, persino ricche sorgenti di acqua minerale. Spesso sono impianti a forte impatto socio ambientale, qualche volta sono stati protagonisti dalle indagini della magistratura (come in Basilicata con il caso Tempa Rossa che ha provocato le dimissioni del ministro Guidi), ma in ogni caso hanno sempre animato lunghe battaglie ambientaliste combattute sul territorio da parte dei cittadini. Sarà una coincidenza, una ciclica casualità, ma è proprio in quelle zone che da qualche anno i colossi dell’energia (e non solo) hanno deciso di varare una massiccia operazione simpatia con un unico obiettivo: aprire il portafogli per migliorare il rapporto con le comunità locali. Da Agrigento e La Spezia, da Brindisi a Civitavecchia passando per Gela e Galatina, ilfattoquotidiano.it ha messo in fila i casi principali in cui le zone ritenute interessanti dalle principali multinazionali hanno ricevuto contributi a pioggia per le attività più disparate: quello che ne emerge è una carta geografica alternativa del nostro Paese, una mappa fatta da piccole mance, loghi luccicanti e affari milionari. Tutto legale, tutto alla luce del sole. Nessun reato: solo un modus operandi che la dice assai lunga sulla creazione del consenso da parte dei colossi impegnati nei territori.
Dallo sport alla cultura: Brindisi, città dell’Enel
Una delle città che ha maggiormente beneficiato di questa mega operazione simpatia è probabilmente Brindisi. Qui l’Enel gestisce dal 1991 una grossa centrale termoelettrica a carbone, che si estende per 260 ettari, considerata la prima in Italia per emissioni di anidride carbonica secondo un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente. Dal 2012 tredici dirigenti della centrale sono sotto processo, accusati di getto pericoloso di cose, danneggiamento delle colture e insudiciamento delle abitazioni. E mentre i suoi funzionari sono in attesa di giudizio, da anni il logo di Enel è proiettato in ogni settore della vita sportiva e culturale brindisina. Dal 2008 l’azienda energetica è main sponsor della squadra di basket locale: un ricco contributo, secondo solo a quello versato da Armani all’Olimpia Milano, che ha influito sulla promozione nella massima serie nazionale della squadra pugliese. A Brindisi Enel sponsorizza anche la società Ginnastica La Rosa, la squadra di calcio a 5 e in passato sosteneva tutte le formazioni giovanili del Brindisi calcio, oggi fallito. Ad aprile del 2015, poi, il colosso dell’energia è stato tra i partner della tappa pugliese della Fed Cup, il principale torneo di tennis per squadre nazionali femminili che aveva scelto proprio Brindisi per il match tra Italia e Stati Uniti. Ma in terra brindisina non c’è solo lo sport che beneficia delle generose elargizioni targate Enel. Grazie ai buoni offici della multinazionale, infatti, è arrivato addirittura il rapper Moreno ad esibirsi per la piccola festa patronale della chiesa San Giustino de Jacobis. Negli anni, poi, sono state concesse sponsorizzazioni anche al Teatro Verdi e al Medieval fest, importante rappresentazione storica in costume, incentrata sulla figura di Federico II, interpretato in un’occasione da Michele Placido: proprio al sovrano svevo è dedicata la centrale termoelettrica. Parecchie polemiche ha poi suscitato la storica partnership che lega Enel al Negroamaro Wine Festival, una delle principali rassegne enologiche d’Italia: il processo in corso nasce infatti proprio dalle polveri di carbone che finiscono sui vigneti brindisini, e cioè i protagonisti diretti della kermesse enologica finanziata con i fondi dell’azienda energetica.
Dalla festa della zucca alla cucina geotermica, tutte le mance di Enel in Italia
L’azienda guidata da Francesco Starace ha puntato sullo sport anche ad Agrigento, dove la ricca sponsorizzazione concessa all’Akragas, la squadra di calcio cittadina, ha portato alla storica promozione in Lega Pro della squadra siciliana. Ed è proprio nei pressi della città dei Templi, a Porto Empedocle, che la società coltiva da anni il progetto di un maxi rigassificatore da 800 milioni di euro. “Con lo zuccherino della squadra di calcio, l’Enel, su consiglio di Angelino Alfano, vuole addolcire la pillola amara e velenosa del rigassificatore”, dice l’ex ambientalista Giuseppe Arnone, dato che secondo rumors cittadini sarebbe stato il ministro dell’Interno a portare il logo della società energetica sulle maglie dell’Akragas. Tra ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, referendum popolari vinti con il 94% e voti negativi ratificati dal consiglio comunale, il rigassificatore, che doveva vedere la luce nel 2011, è ad oggi bloccato, mentre i calciofili agrigentini sono tornati dopo più di trent’anni a calcare i campi della vecchia serie C. È stata riconvertita nel 2013, invece, la centrale termoelettrica di Torrevaldaliga nord, nella zona di Civitavecchia: dagli oli combustibili è passata ad essere alimentata dal carbone, tra le dure proteste della popolazione, arrivata anche a proclamare uno sciopero della fame collettivo lungo tre settimane. Poco dopo, per una curiosa coincidenza, ecco che il logo dell’Enel è comparso sulle maglie delle squadre di volley e calcio di Civitavecchia, e sulle canotte del basket Santa Marinella. Un altro comune della zona, e cioè quello di Tarquinia, ha beneficiato invece di un contributo totale da 100mila euro per finanziare, tra le altre cose, la festa dell’anguria. A La Spezia, dove sorge una centrale termoelettrica a carbone, Enel ha invece preferito puntare sulla cultura, sponsorizzando la manifestazione Libriamoci e facendo da partner storico al premio intitolato a Eugenio Montale. Dalla Liguria alla Toscana, la società energetica ha quindi puntato sulla cucina locale dell’Amiata, dove sorgono ben cinque centrali geotermiche. La geotermia è considerata ovunque un’energia rinnovabile e pulita, ma secondo gli ambientalisti della zona non è quello che avviene sul monte Amiata, che essendo un ex vulcano custodisce nel sottosuolo sostanze inquinanti e cancerogene. Per i sindaci della zona, però, le centrali sono un toccasana per le casse comunali, che ricevono ogni anno sei milioni da Enel, mentre la multinazionale energetica si è impegnata negli ultimi tempi nel promuovere i prodotti culinari lanciando addirittura un inedito Menù geotermico. “Da oggi avremmo la festa della castagna geotermica, poi ci sarà la sagra della patata geotermica, quella dell’olio geotermico, del pecorino geotermico, del fungo geotermico: bel salto di qualità rispetto ai vari dop, doc e igp”, ironizzano in rete gli abitanti della zona.
Basilicata: oro nero in cambio di gite premio
La musica non cambia se da energia e carbone si passa al petrolio. Ne sanno qualcosa in Basilicata, probabilmente una delle Regioni più povere d’Italia, e allo stesso tempo quella con la più alta percentuale di tumori di tutta la nazione. Il sottosuolo lucano, però nasconde un vero tesoro: la regione infatti è ricchissima di giacimenti di petrolio. Basti pensare che i 40 pozzi presenti in Val d’Agri (una zona abitata da poche migliaia persone) garantiscono l’80 percento dell’intera produzione nazionale di petrolio. Ed è per questo che la Lucania è diventata da anni terra di conquista per i principali cercatori di oro nero: lasciano il 10 per cento di royaties alla Regione e portano via il resto, non dimenticando di finanziare una serie di feste di paese, per migliorare l’umore della popolazione, che nonostante i ricchi giacimenti continua a soffrire una disoccupazione superiore alle medie nazionali. L’Eni, per esempio, è stata tra i main sponsor dell’iniziativa culturale ribattezzata “I Tesori delle Valli”, una rassegna di una settimana dedicata proprio alla Val d’Agri pubblicizzata persino a Roma. “Che le valli della Lucania siano un tesoro per l’Eni e per la fondazione Mattei è una certezza. Presto, molto presto, le compagnie petrolifere sponsorizzeranno anche il secolare culto mariano della Madonna nera di Viggiano. La scena mi pare già di intravederla: i fedeli che ascendono al sacro monte porteranno in spalla la statua della Vergine e sul baldacchino la scritta Riparti con Eni”, commentava ironico il leader dei radicali lucani Maurizio Bolognetti. E mentre l’azienda del cane a sei zampe legava il suo nome anche un portale turistico locale, la Shell offriva buffet e spettacoli musicali a Potenza e Matera e viaggi premio ad Amsterdam, seguita a ruota dalla Total che invece organizzava una vacanza in terra di Francia per i giornalisti lucani, portati in gita negli stabilimenti casalinghi della multinazionale d’Oltralpe. Più leggeri i cadeaux lasciati in Sicilia dagli altri big petroliferi: ad Augusta la Erg ha sponsorizzato le nuove maglie della squadra di calcio a 5, mentre la Esso ha contribuito a lanciare un corso di vela per bambini disabili. La città in provincia di Siracusa ospita 18 stabilimenti tra centrali elettriche e impianti di raffinazione, ed è uno dei vertici del più grande polo industriale d’Europa: insieme a Priolo e Melilli costituisce il cosiddetto “triangolo della morte”. “Qui è in atto un genocidio”, è la denuncia di don Palmiro Prisutto, il sacerdote che ogni mese legge in chiesa i nomi di tutti i morti di tumore della città. Esilarante invece il destino dell’omaggio lasciato dall’Eni a Gela: una gigantesca fontana con giochi d’acqua e luci piazzata all’entrata della città. Nel 2013, però, la città del petrolchimico ha deciso di spegnere l’enorme installazione. Il motivo? Le bollette erano diventate troppo costose, dato che i giochi d’acqua consumavano un’enorme quantità di energia elettrica.
La processione? La sponsorizza la multinazionale del gasdotto
Curiosa anche la scena andata in onda a Scorrano, nel Salento, in Puglia, nel luglio del 2014: durante la festa di santa Domenica, patrona della cittadina, sono apparse luminarie più uniche che rare. Non rappresentavano, infatti, preghiere e invocazioni alla santa, ma al contrario la scritta Tap, acronimo di Trans Adriatic Pipeline, e cioè il consorzio industriale che vorrebbe costruire un mega gasdotto tra il mar Caspio e la Puglia. La Tap non era nuova a sponsorizzazioni simili: due settimane prima aveva pensato bene di finanziare la festa dei santi Pietro e Paolo a Galatina. Il logo della multinazionale stampato in bella mostra sui manifesti della festa religiosa ha fatto scatenare la polemica. “Cosa ne sanno le signore che vanno in chiesa di Tap? Loro in quei giorni capiscono solo che c’è una messa e che forse bisogna ringraziare Tap senza sapere neanche cosa sia. Ci meravigliamo invece del vescovo, ci meravigliamo del comitato feste e ci meravigliamo di chi accetta di parlare e farsi dare soldi da personaggi senza scrupoli, incapaci di presentare un progetto decente”, tuonavano in quei giorni i manifestanti del comitato No Tap. A nulla sono valse invece le proteste degli abitanti di Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento. Mentre l’intera Sicilia soffre una crisi idrica senza precedenti, sui Monti Sicani sgorgano ogni giorno migliaia di litri di acqua oligominerale purissima. Solo che sono quasi totalmente appannaggio della Nestlé, titolare di una concessione con la Regione Siciliana per prelevare almeno dieci litri d’acqua al secondo. Un affare che permette alla multinazionale svizzera di vendere la pregiata acqua siciliana ad appena 33 centesimi a bottiglia. Il bello è che l’acqua dei rubinetti della provincia di Agrigento non viene dalla stessa fonte della Nestlé ma invece dal dissalatore di Porto Empedocle, gestito dalla Girgenti Acque di Marco Campione, che pratica costi altissimi ed è considerata dai cittadini di scarsissima qualità. Morale della favola? Anche per cucinare gli agrigentini sono spesso costretti a comprare l’acqua in bottiglia che la Nestlé preleva nel loro stesso territorio. Pochi giorni fa però è arrivata la lieta notizia: acqua gratis per gli agrigentini? Ovviamente no. Piuttosto la Nestlé ha deciso di sponsorizzare la Usd Quisquinese, squadra di calcio dilettantistica di Santo Stefano. Un accordo triennale da trentamila euro che ha fatto felici i tifosi della piccola squadra sicana. Che magari, andando allo stadio la domenica, dimenticheranno per qualche ora l’annoso problema dell’acqua corrente. Sport, religione, feste di paese, folclore: tutto pur di smorzare le proteste delle popolazioni che ospitano impianti energetici, petroliferi o magari solo una fonte d’acqua. Una strategia che in fondo non è poi tanto nuova. A ben pensarci, il primo a teorizzarla fu il latino Giovenale con il celebre “panem et circenses”: pane e giochi, al popolo interessa solo quello. Duemila anni dopo non è poi cambiato molto.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Tempo addietro sugli schermi imperversava “Terminator”. Oggi, sullo schermo della politica italiana da due anni imperversa, INDISTURBATO, “Incul@tor”.
Attore indiscusso della serie di film: “SODOMA E CAMORRA”.
Che si rifà alla storica serie di: SODOMA E GOMORRA.
Sodoma
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
https://it.wikipedia.org/wiki/Sodoma
Terminator (film)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
https://it.wikipedia.org/wiki/Terminator_(film)
Per il momento sembra che al 30% degli italiani votanti piaccia così.
Renzi: ‘Ho voluto l’emendamento e lo rivendico
Gli indagati sapevano? Io no, separazione poteri’
Il premier: “Noi con le lobby? Mi schianto dal ridere”. E difende la Boschi su petrolio e caso banche
Testimone: “E’ intervenuto per fare un favore a Total e Shell”. Che poi vendono all’estero (di A. Massari)
Politica
“C’è il presidente del Consiglio che è coinvolto se questo è il tema: ho scelto io di fare questo emendamento, lo rivendico per forza. Le opere pubbliche sono state bloccate per anni e l’idea di sbloccare le opere pubbliche l’abbiamo presa noi per Tempa Rossa, per Pompei, per Bagnoli e per altre opere”, quell’emendamento “è roba mia”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ospite a intervenendo a In Mezz’ora, il programma di Rai3 condotto da Lucia Annunziata, parla dell’emendamento Tempa Rossa inserito nella legge della stabilità e in relazione al quale nei giorni scorsi si è dimesso il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi
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Petrolio, Renzi: “L’emendamento lo rivendico. Indagati sapevano da tempo? Io no, c’è la separazione dei poteri”
Politica
Il premier: “Noi con le lobby? Mi schianto dal ridere”. E difende la Boschi su petrolio e caso banche: "E' sempre uscita dalle riunioni come nel caso di altri ministri". E conferma che Carrai sarà consulente a Palazzo Chigi
di F. Q. | 3 aprile 2016
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Il capo della Marina Militare e il compagno di un ministro sapevano di essere indagati da settembre, ma il presidente del Consiglio lo ha saputo dai giornali come tutti gli altri italiani. “Perché devo saperlo? – si chiede Matteo Renzi, intervistato a In mezz’ora, su Rai3 – Una cosa è l’indagine giudiziaria che io non devo sapere, io non devo essere messo a conoscenza, diverso se sapevo del provvedimento che rivendico. Non sapevamo perché in un Paese civile c’è la distinzione tra potere esecutivo e giudiziario. Dopo di che io spero che ci sia qualcosa di serio”. Insomma, “di fronte alla legge il premier è come gli altri, il premier non mette bocca sulle indagini”. Tanto più, sottolinea Renzi, che “l’indagine non riguarda il dovere di sbloccare le opere pubbliche: a noi i cittadini ci pagano per questo. Altro è se qualcuno ha pagato tangenti e in quel caso voglio che si scopra e chiedo ai magistrati di fare il massimo degli sforzi. Chi sbaglia paga”. L’intervista da una parte serve al presidente del Consiglio per rivendicare tutte le scelte politiche fatte per il progetto di Tempa Rossa, a partire dall’emendamento di cui parlavano al telefono il ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi e il compagno. Dall’altra il capo del governo difende il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi sia nel percorso sullo Sblocca Italia (in cui erano inserite le norme sul petrolio lucano) sia sui presunti conflitti d’interesse sulla questione Banca Etruria.
Il petrolio, innanzitutto. Il capo del governo spiega che quel provvedimento serve a sbloccare una grande opera ferma dal 1989: “Per adesso dopo 27 anni non è stato tirato fuori un goccio di petrolio perché le autorizzazionisono state rinviate come spesso succede in Italia”. Un esempio, rileva Renzi, simile ad altre opere contraddistinte da problemi annosi, come la Salerno-Reggio Calabri o Pompei. Ma da qui a parlare di “lobby del petrolio” ne passa: “Ci dicono a noi che siamo quelli delle lobby quando noi abbiamo fatto la legge su reati ambientali, le pene sull’anticorruzione, abbiamo fatto delle iniziative concrete e reali compresa l’approvazione in prima lettura alla Camera del conflitto d’interessi. Dire che noi siamo quelli delle lobby a me fa, tecnicamente parlando, schiattare dalla risate“.
Il presidente del Consiglio e segretario del Pd ribadisce che i tempi, con il nuovo corso renziano, sono cambiati. “Noi questo Paese lo stiamo talmente cambiando che se i magistrati vogliono mi interroghino non solo su Tempa Rossa ma su quello che vogliono”. Ribadisce la storia della differenza tra la Guidi – che ha dato le dimissioni praticamente in tre ore – e l’allora ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ai tempi del governo Letta sul caso Ligresti: “Io credo che su questa vicenda la Guidi ha sbagliato e in modo molto serio ha tratto le conseguenze. Quando venne fuori una telefonata inopportuna del ministro della giustizia Cancellieri che chiamava la famiglia di un indagato con cui aveva rapporti professionali il figlio, io trovai la telefonata inopportuna e lo dissi, ma lei no si dimise. La Guidi lo ha fatto perché è cambiato il clima nel Paese”.
Ma tutto quanto successo non è frutto di complotti, dice Renzi, dopo che il ministro Boschi in un’intervista aveva parlato di pressing dei poteri forti. “Io non credo ai complotti dai tempi diAldo Biscardi - ribatte il presidente con ironia – Credo che ci sia legittimamente e giustamente una battaglia politica contro di noi da parte di tante persone. Non definirei Grillo e Berlusconi poteri forti, piuttosto pensiero debole e loro cercano giustamente di bloccare questo tentativo di rimetter in piedi l’Italia”. Piuttosto quello che vede il presidente del Consiglio è un insieme di forze che resistono al lavoro del governo. “A me dà noia quando mettono in discussione la mia onestà, sono un ragazzo di Rignano sull’Arno. Possono dirmi che non sono capace ma non disonesto”. Da qui anche la querela presentata dal Pd nei confronti di Beppe Grilloche sulla questione petrolio aveva parlato di Pd colluso, complice e con le mani sporche di denaro.
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Qui si collega anche il ragionamento sul ministro Boschi. “Dall’inizio del mio mandato ho cercato di sbloccare il sistema partendo dalle banche popolari, il comportamento del governo è impeccabile especchiato. Chi ci accusa di conflitto interessi sappia con chiarezza: Etruria è statacommissariata dal governo, il cda è stato sanzionato due volte da Banca d’Italia, c’è un’azione di responsabilità in corso ad Arezzo, mi stupisco che non si faccia in altre banche”. Quanto alla presenza della Boschi ai consigli dei ministri in cui si discuteva di provvedimenti sulle banche, “se si riferisce ai cdm su cui si è deciso di banche, Boschi come altri ministri con i conti correnti in quelle banche non c’erano”.
Infine la conferma che Marco Carrai entrerà nel suo staff diPalazzo Chigi, ma non a capo della cybersecurity. “La proposta di uno staff che se ne occupi va avanti, ma la proposta secondo cui io avrei messo il mio amico alla guida dei Servizi non è mai esistita” dice Renzi. “Sarà nel mio team e lavorerà con me”, prosegue Renzi che poi “A capo dei servizi ci va gente che ha una lunga esperienza. Mi dicono che mettiamo gli amici degli amici ma ricordo che il capo dell’Eni l’ho conosciuto 10 giorni prima della nomina, quello Enel non lo conoscevo mentre il mio team e io mio staff potranno essere persone di cui mi fido oppure no?”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2604241/
Attore indiscusso della serie di film: “SODOMA E CAMORRA”.
Che si rifà alla storica serie di: SODOMA E GOMORRA.
Sodoma
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
https://it.wikipedia.org/wiki/Sodoma
Terminator (film)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
https://it.wikipedia.org/wiki/Terminator_(film)
Per il momento sembra che al 30% degli italiani votanti piaccia così.
Renzi: ‘Ho voluto l’emendamento e lo rivendico
Gli indagati sapevano? Io no, separazione poteri’
Il premier: “Noi con le lobby? Mi schianto dal ridere”. E difende la Boschi su petrolio e caso banche
Testimone: “E’ intervenuto per fare un favore a Total e Shell”. Che poi vendono all’estero (di A. Massari)
Politica
“C’è il presidente del Consiglio che è coinvolto se questo è il tema: ho scelto io di fare questo emendamento, lo rivendico per forza. Le opere pubbliche sono state bloccate per anni e l’idea di sbloccare le opere pubbliche l’abbiamo presa noi per Tempa Rossa, per Pompei, per Bagnoli e per altre opere”, quell’emendamento “è roba mia”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ospite a intervenendo a In Mezz’ora, il programma di Rai3 condotto da Lucia Annunziata, parla dell’emendamento Tempa Rossa inserito nella legge della stabilità e in relazione al quale nei giorni scorsi si è dimesso il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi
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Petrolio, Renzi: “L’emendamento lo rivendico. Indagati sapevano da tempo? Io no, c’è la separazione dei poteri”
Politica
Il premier: “Noi con le lobby? Mi schianto dal ridere”. E difende la Boschi su petrolio e caso banche: "E' sempre uscita dalle riunioni come nel caso di altri ministri". E conferma che Carrai sarà consulente a Palazzo Chigi
di F. Q. | 3 aprile 2016
COMMENTI (280)
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Il capo della Marina Militare e il compagno di un ministro sapevano di essere indagati da settembre, ma il presidente del Consiglio lo ha saputo dai giornali come tutti gli altri italiani. “Perché devo saperlo? – si chiede Matteo Renzi, intervistato a In mezz’ora, su Rai3 – Una cosa è l’indagine giudiziaria che io non devo sapere, io non devo essere messo a conoscenza, diverso se sapevo del provvedimento che rivendico. Non sapevamo perché in un Paese civile c’è la distinzione tra potere esecutivo e giudiziario. Dopo di che io spero che ci sia qualcosa di serio”. Insomma, “di fronte alla legge il premier è come gli altri, il premier non mette bocca sulle indagini”. Tanto più, sottolinea Renzi, che “l’indagine non riguarda il dovere di sbloccare le opere pubbliche: a noi i cittadini ci pagano per questo. Altro è se qualcuno ha pagato tangenti e in quel caso voglio che si scopra e chiedo ai magistrati di fare il massimo degli sforzi. Chi sbaglia paga”. L’intervista da una parte serve al presidente del Consiglio per rivendicare tutte le scelte politiche fatte per il progetto di Tempa Rossa, a partire dall’emendamento di cui parlavano al telefono il ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi e il compagno. Dall’altra il capo del governo difende il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi sia nel percorso sullo Sblocca Italia (in cui erano inserite le norme sul petrolio lucano) sia sui presunti conflitti d’interesse sulla questione Banca Etruria.
Il petrolio, innanzitutto. Il capo del governo spiega che quel provvedimento serve a sbloccare una grande opera ferma dal 1989: “Per adesso dopo 27 anni non è stato tirato fuori un goccio di petrolio perché le autorizzazionisono state rinviate come spesso succede in Italia”. Un esempio, rileva Renzi, simile ad altre opere contraddistinte da problemi annosi, come la Salerno-Reggio Calabri o Pompei. Ma da qui a parlare di “lobby del petrolio” ne passa: “Ci dicono a noi che siamo quelli delle lobby quando noi abbiamo fatto la legge su reati ambientali, le pene sull’anticorruzione, abbiamo fatto delle iniziative concrete e reali compresa l’approvazione in prima lettura alla Camera del conflitto d’interessi. Dire che noi siamo quelli delle lobby a me fa, tecnicamente parlando, schiattare dalla risate“.
Il presidente del Consiglio e segretario del Pd ribadisce che i tempi, con il nuovo corso renziano, sono cambiati. “Noi questo Paese lo stiamo talmente cambiando che se i magistrati vogliono mi interroghino non solo su Tempa Rossa ma su quello che vogliono”. Ribadisce la storia della differenza tra la Guidi – che ha dato le dimissioni praticamente in tre ore – e l’allora ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ai tempi del governo Letta sul caso Ligresti: “Io credo che su questa vicenda la Guidi ha sbagliato e in modo molto serio ha tratto le conseguenze. Quando venne fuori una telefonata inopportuna del ministro della giustizia Cancellieri che chiamava la famiglia di un indagato con cui aveva rapporti professionali il figlio, io trovai la telefonata inopportuna e lo dissi, ma lei no si dimise. La Guidi lo ha fatto perché è cambiato il clima nel Paese”.
Ma tutto quanto successo non è frutto di complotti, dice Renzi, dopo che il ministro Boschi in un’intervista aveva parlato di pressing dei poteri forti. “Io non credo ai complotti dai tempi diAldo Biscardi - ribatte il presidente con ironia – Credo che ci sia legittimamente e giustamente una battaglia politica contro di noi da parte di tante persone. Non definirei Grillo e Berlusconi poteri forti, piuttosto pensiero debole e loro cercano giustamente di bloccare questo tentativo di rimetter in piedi l’Italia”. Piuttosto quello che vede il presidente del Consiglio è un insieme di forze che resistono al lavoro del governo. “A me dà noia quando mettono in discussione la mia onestà, sono un ragazzo di Rignano sull’Arno. Possono dirmi che non sono capace ma non disonesto”. Da qui anche la querela presentata dal Pd nei confronti di Beppe Grilloche sulla questione petrolio aveva parlato di Pd colluso, complice e con le mani sporche di denaro.
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Qui si collega anche il ragionamento sul ministro Boschi. “Dall’inizio del mio mandato ho cercato di sbloccare il sistema partendo dalle banche popolari, il comportamento del governo è impeccabile especchiato. Chi ci accusa di conflitto interessi sappia con chiarezza: Etruria è statacommissariata dal governo, il cda è stato sanzionato due volte da Banca d’Italia, c’è un’azione di responsabilità in corso ad Arezzo, mi stupisco che non si faccia in altre banche”. Quanto alla presenza della Boschi ai consigli dei ministri in cui si discuteva di provvedimenti sulle banche, “se si riferisce ai cdm su cui si è deciso di banche, Boschi come altri ministri con i conti correnti in quelle banche non c’erano”.
Infine la conferma che Marco Carrai entrerà nel suo staff diPalazzo Chigi, ma non a capo della cybersecurity. “La proposta di uno staff che se ne occupi va avanti, ma la proposta secondo cui io avrei messo il mio amico alla guida dei Servizi non è mai esistita” dice Renzi. “Sarà nel mio team e lavorerà con me”, prosegue Renzi che poi “A capo dei servizi ci va gente che ha una lunga esperienza. Mi dicono che mettiamo gli amici degli amici ma ricordo che il capo dell’Eni l’ho conosciuto 10 giorni prima della nomina, quello Enel non lo conoscevo mentre il mio team e io mio staff potranno essere persone di cui mi fido oppure no?”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2604241/
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA VOX POPULI
Re Artù • 5 minuti fa
Questo governo cade tra...
(1) Una settimana.
(2) Un mese.
(3) De più
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Badklaus • 8 minuti fa
Renzi, l'ennesimo colpito dalla sindrome del "alla mia insaputa"... Strano però perche questa sindrome colpiva quelli del centrodestra.
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Re Artù • 20 minuti fa
Matteo,
sei stato bravo. Sei riuscito a resistere all'orda pentastellata (che ricordo essere ancora lì sotto le mura del castello, sempre molto forte, operosa e arrabbiata) per più di due anni. In una occasione li hai anche asfaltati (Europee 2014): e questa è storia ufficiale. Ma credo proprio che oggi - e lo dico senza polemica - sia arrivato il momento di un passo indietro.
Cordialità.
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giovanni sibilio • 21 minuti fa
tante parole x un TOTAL di mille bugie.
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lucia_gue • 21 minuti fa
Questo pensa che tutti gli Italiani siano dei fessi.
Vedremo presto se ha ragione o torto.
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camillobenso lucia_gue • alcuni secondi fa
Tieni duro, questo commento deve ancora essere approvato da Il Fatto Quotidiano.
Sono due anni che agisce pensando che gli italiani siano dei fessi. SEMBRA PERO' CHE AL 30% DEI FESSI PIACCIA COSI'.
D'altra parte bisogna spiegare come è avvenuto l'avvento di MUSSOLINI ed HITLER nel secolo scorso se non ci fossero stati i fessi boccaloni.
Non dimentichiamo poi il BERLUSCONI del 1994, che ai suoi disse che dovevano parlare agli italiani come se fossero bambini della terza media.
E' DURATO UN VENTENNIO.
Questo ha abbassato la media.
Racconta le favole(balle), come se fossero bambini dell'ASILO MARIUCCIA.
L'INCREDIBILE E' CHE I TRICOLORI CI CREDONO.
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Giuseppe D'albero • 22 minuti fa
solo in italia...un amministratore non sa cosa fanno i suoi dipedenti,solo un presidente del consiglio non sa cosa fanno i suoi ministri,ed abbiamo il coraggio di criticare le altre nazioni!roba da quinto mondo,no da ET
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DOMI • 24 minuti fa
SENZ'ALTRO L' EMENDAMENTO LO HA VOLUTO LUI
Renzi ne era certamente al corrente, d' altronde questo è il Governo di Confindustria dove la Guidi la ha voluta Renzi, dove un' altro rappresentante delle Cooperative rosse a Ministro lo ha voluto Renzi, dove ancora non si sa se il Jobs Act lo ha scritto il Governo oppure
Squinzi (OK, lo avete scritto insieme). E dove allora non paiono strani i benefici del Jobs Act ossia di poter licenziare a volontà del datore di lavoro e i benefici in detassazioni agli imprenditori industriali con effetti minimi sui posti di lavoro e caricando una decina di miliardi di tasse o debito sul groppone dei cittadini. Dove l' imprenditoria privata bancaria, quella delle sofferenze e degli investimenti sbagliati in titoli ad alto rischio, ha avuto sei benefici consecutivi dal governo, e i cittadini si sono beccati invece il bail-in dove anche i correntisti possono salvare le Banche se il CDA delle Banche ha fatto investimenti sbagliati.
Renzi sapeva tutto. Invece Maria Elena non ne sapeva nulla, non solo delle Banche (e ci ha rimesso ben 1000 euro), ma neppure che questo emendamento serviva al fidanzato della Guidi. Che ci volete fare? C'è chi sa tutto e fa tutto lui (Renzi), e chi di quello che fa Renzi non ne sa niente. Povera Maria Elena, senza informazioni da Renzi, senza più i 1000 euro e pure candidato martire politico.
Quando i giornalisti le fanno una domanda, non sapendo nulla sul' argomento, non può che rispondere "Buona domenica".
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mario capella vigna • 25 minuti fa
"Noi con le lobby?" Si voi con le lobby, anzi , voi siete una lobby e come dice il proverbio : ogni simile ama il proprio simile . Di grazia niente fumo negli occhi.
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andrea1961 • 25 minuti fa
mezz'ora.....di balle.
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Alessandro • 25 minuti fa
Renzi, come ha ricordato in tv pure l'on. Maurizio Bianconi, da ragazzino lo chiamavano il bomba per quanto era bugiardo e le sparava grosse!!!
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Goccia Alessandro • 23 minuti fa
infatti... e lei provi ad immaginarsi in classe un bulletto megalomane di tal fatta
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Magister Obscurus Goccia • 20 minuti fa
Se fosse rimasto in classe, almeno.........
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andrea xxl • 26 minuti fa
noi con le lobby? mi schianto dal ridere,
purtroppo noi no, noi ci schiantiamo di avere un tegamaro di nome bomba, imposto dalle lobby e mai eletto da nessuno se non dal gabibbo,
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D'adduzio vincenzo • 26 minuti fa
tra lui e la boschi che dice che hanno contro i poteri forti,c'è da ridere da qui all'eternità.
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MASTRUCATO • 27 minuti fa
.......gli indagati sapevano , io no ..... mi schianto dal ridere ...
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Djmastrosimone Djmastrosimone • 29 minuti fa
Caro Presidente,in Inghilterra hanno bisogno di 10.000 muratori,ci vada,davvero ci vada,assaporare le brezza dei calli sulle mani e il gorgoglio dello stomaco vuoto a metà giornata,per lei potrei già trovarle un inserimento tramite un agenzia a Londra e le pago anche il biglietto,purchè accetti e ci vada.Se mai leggesse questo commento mi contatti,ma dubito che lei sappia pure leggere
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Re Artù • 5 minuti fa
Questo governo cade tra...
(1) Una settimana.
(2) Un mese.
(3) De più
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Badklaus • 8 minuti fa
Renzi, l'ennesimo colpito dalla sindrome del "alla mia insaputa"... Strano però perche questa sindrome colpiva quelli del centrodestra.
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Re Artù • 20 minuti fa
Matteo,
sei stato bravo. Sei riuscito a resistere all'orda pentastellata (che ricordo essere ancora lì sotto le mura del castello, sempre molto forte, operosa e arrabbiata) per più di due anni. In una occasione li hai anche asfaltati (Europee 2014): e questa è storia ufficiale. Ma credo proprio che oggi - e lo dico senza polemica - sia arrivato il momento di un passo indietro.
Cordialità.
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giovanni sibilio • 21 minuti fa
tante parole x un TOTAL di mille bugie.
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lucia_gue • 21 minuti fa
Questo pensa che tutti gli Italiani siano dei fessi.
Vedremo presto se ha ragione o torto.
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camillobenso lucia_gue • alcuni secondi fa
Tieni duro, questo commento deve ancora essere approvato da Il Fatto Quotidiano.
Sono due anni che agisce pensando che gli italiani siano dei fessi. SEMBRA PERO' CHE AL 30% DEI FESSI PIACCIA COSI'.
D'altra parte bisogna spiegare come è avvenuto l'avvento di MUSSOLINI ed HITLER nel secolo scorso se non ci fossero stati i fessi boccaloni.
Non dimentichiamo poi il BERLUSCONI del 1994, che ai suoi disse che dovevano parlare agli italiani come se fossero bambini della terza media.
E' DURATO UN VENTENNIO.
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Racconta le favole(balle), come se fossero bambini dell'ASILO MARIUCCIA.
L'INCREDIBILE E' CHE I TRICOLORI CI CREDONO.
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Giuseppe D'albero • 22 minuti fa
solo in italia...un amministratore non sa cosa fanno i suoi dipedenti,solo un presidente del consiglio non sa cosa fanno i suoi ministri,ed abbiamo il coraggio di criticare le altre nazioni!roba da quinto mondo,no da ET
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DOMI • 24 minuti fa
SENZ'ALTRO L' EMENDAMENTO LO HA VOLUTO LUI
Renzi ne era certamente al corrente, d' altronde questo è il Governo di Confindustria dove la Guidi la ha voluta Renzi, dove un' altro rappresentante delle Cooperative rosse a Ministro lo ha voluto Renzi, dove ancora non si sa se il Jobs Act lo ha scritto il Governo oppure
Squinzi (OK, lo avete scritto insieme). E dove allora non paiono strani i benefici del Jobs Act ossia di poter licenziare a volontà del datore di lavoro e i benefici in detassazioni agli imprenditori industriali con effetti minimi sui posti di lavoro e caricando una decina di miliardi di tasse o debito sul groppone dei cittadini. Dove l' imprenditoria privata bancaria, quella delle sofferenze e degli investimenti sbagliati in titoli ad alto rischio, ha avuto sei benefici consecutivi dal governo, e i cittadini si sono beccati invece il bail-in dove anche i correntisti possono salvare le Banche se il CDA delle Banche ha fatto investimenti sbagliati.
Renzi sapeva tutto. Invece Maria Elena non ne sapeva nulla, non solo delle Banche (e ci ha rimesso ben 1000 euro), ma neppure che questo emendamento serviva al fidanzato della Guidi. Che ci volete fare? C'è chi sa tutto e fa tutto lui (Renzi), e chi di quello che fa Renzi non ne sa niente. Povera Maria Elena, senza informazioni da Renzi, senza più i 1000 euro e pure candidato martire politico.
Quando i giornalisti le fanno una domanda, non sapendo nulla sul' argomento, non può che rispondere "Buona domenica".
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mario capella vigna • 25 minuti fa
"Noi con le lobby?" Si voi con le lobby, anzi , voi siete una lobby e come dice il proverbio : ogni simile ama il proprio simile . Di grazia niente fumo negli occhi.
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andrea1961 • 25 minuti fa
mezz'ora.....di balle.
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Alessandro • 25 minuti fa
Renzi, come ha ricordato in tv pure l'on. Maurizio Bianconi, da ragazzino lo chiamavano il bomba per quanto era bugiardo e le sparava grosse!!!
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Goccia Alessandro • 23 minuti fa
infatti... e lei provi ad immaginarsi in classe un bulletto megalomane di tal fatta
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Magister Obscurus Goccia • 20 minuti fa
Se fosse rimasto in classe, almeno.........
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andrea xxl • 26 minuti fa
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purtroppo noi no, noi ci schiantiamo di avere un tegamaro di nome bomba, imposto dalle lobby e mai eletto da nessuno se non dal gabibbo,
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D'adduzio vincenzo • 26 minuti fa
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MASTRUCATO • 27 minuti fa
.......gli indagati sapevano , io no ..... mi schianto dal ridere ...
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Djmastrosimone Djmastrosimone • 29 minuti fa
Caro Presidente,in Inghilterra hanno bisogno di 10.000 muratori,ci vada,davvero ci vada,assaporare le brezza dei calli sulle mani e il gorgoglio dello stomaco vuoto a metà giornata,per lei potrei già trovarle un inserimento tramite un agenzia a Londra e le pago anche il biglietto,purchè accetti e ci vada.Se mai leggesse questo commento mi contatti,ma dubito che lei sappia pure leggere
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