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camillobenso
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IlFattoQuotidiano.it / Giustizia & Impunità

Anm vs Renzi: “Parole inopportune nei tempi e inconsistenti nei fatti”. Premier: “Io contro sistema che non funziona”
Giustizia & Impunità
Ieri la smentita dei fatti, con le condanne per il Totalgate. Oggi la replica della sezione lucana dell'Associazione nazionale magistrati. Che ha criticato aspramente la presa di posizione del premier Matteo Renzi, secondo cui le indagini dei pm di Potenza non arrivano mai a sentenza e arrivano ogni quattro anni, come le olimpiadi
di F. Q. | 5 aprile 2016
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Ieri la smentita dei fatti, con le condanne per il Totalgate. Oggi la replica della sezione lucana dell’Associazione nazionale magistrati. Che ha criticato aspramente la presa di posizione del premier Matteo Renzi, secondo cui le indagini dei pm di Potenza non arrivano mai a sentenza e arrivano ogni quattro anni, come le olimpiadi. “Dichiarazioni inopportune nei tempi ed inconsistenti nei fatti” ha detto Salvatore Colella presidente della sezione della Basilicata della Anm.

Accuse e repliche che ricordano il periodo in cui il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, che non perdeva occasione per denunciare l’attacco continuo delle toghe rosse nei suoi confronti. Parole, quelle dell’ex Cavaliere, che ogni volta provocavano la reazione – con toni simili a quelli dell’accusa – dell’Associazione magistrati. Oggi la storia sembra ripetersi, con tempi e modi assai simili. Per il numero uno dell’Anm lucana, infatti, le parole del presidente del Consiglio sono “inopportune – ha spiegato – perché arrivano in un momento molto delicato dell’inchiesta, con un intervento ‘a gamba tesa’ e le sue insinuazioni sono quantomeno viziate da un interesse di parte, inconsistenti perché smentite, solo poche ore dopo, da un pesante verdetto di condanna contro i vertici della Total nel processo ‘Totalgatè”. Per i magistrati della Basilicata, “se è vero che in un paese civile, come dice il Presidente Renzi, ‘i processi arrivano a sentenza’, e noi abbiamo dimostrato di saperlo fare – ha continuato – è anche vero che in un Paese civile ‘il governo rispetta i lavoro dei magistrati’, sempre, anche quando toccano la propria parte politica. Ci saremmo aspettati – ha concluso – la stessa intransigenza e fermezza di condanna annunciata dal Presidente in occasione di altre inchieste di rilievo nazionale“.


Non si è fatta attendere la controreplica del presidente del Consiglio, che rispondendo alla domande degli utenti di Facebook ha fatto parzialmetne marcia indietro specie rispetto ai toni utilizzati ieri in direzione. Come spesso accade, il punto da cui è partito il premier per precisare il suo punto di vista sono i titoli di siti e quotidiani. “Oggi leggo sui giornali ‘Renzi accusa i magistrati’ – ha detto il segretario democratico – Ma dove? Quello che accusava i magistrati qui ci stava qualche anno fa. Noi i magistrati li incoraggiamo a fare il più veloce possibile – ha aggiunto – e a parlare con le loro sentenze. Più vanno a sentenza più siamo contenti. Poi per la legge italiana è condannato chi abbia avuto una sentenza definitiva“. A sentire Renzi, quindi, le sue accuse erano rivolte a un sistema che non funziona. Accuse in generale, quindi. Non c’è dubbio, però, sul fatto che in direzione Pd il segretario ha parlato testualmente di pm di Potenza, ergo di un caso specifico. Non solo: nel passaggio sulla cadenza olimpica delle indagini potentine in tema petrolio e sulla mancanza di sentenze, il premier non ha mai parlato di condanne definitive, bensì di condanne in senso lato. La precisazione, anche in questo caso, è arrivata durante l’intervento in direzione di Michele Emiliano.

Le dichiarazioni di Renzi e quelle di Salvatore Colella, del resto, sono arrivate a qualche ora di distanza dal pensiero del segretario nazionale dell’Anm Maurizio Carbone. “Da troppi anni ogni volta che un’attività d’indagine coinvolge soggetti politici assistiamo a un tentativo di banalizzare le inchieste, quasi ridicolizzandole – ha detto Carbone in un’intervista a Repubblica – così da delegittimare i pm che le stanno portando avanti. Questo succede ancora più spesso quando le indagini vengono fatte da procure minori, come può essere quella di Potenza”. Criticando l’intervento di Renzi nella direzione nazionale del Pd e l’accenno alle indagini potentine che non arrivano a sentenza, Carbone ha sottolineato: “Non so di cosa Renzi stia parlando e comunque ogni indagine ha una propria storia che non può essere confrontata con vicende passate. In questo caso, senza entrare nel merito, siamo di fronte a un’inchiesta che ha già portato all’adozione di misure cautelari nei confronti di alcuni indagati”. “Non c’è dubbio – ha concluso il segretario dell’Anm – che in casi come questo, ma noi magistrati lo sappiamo bene, c’è un’esigenza di particolare celerità, ma allo stesso tempo di massima attenzione e completezza. Fermo restando che le indagini accertano dei fatti, mentre è la politica che ne trae le conseguenze in modo ovviamente autonomo”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... i/2610016/
camillobenso
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LA TRISTE COMMEDIA ALL'ITALIANA. INTRISA DELLA SOLITA, IMMANCABILE, IPOCRISIA.

SE LE NUOVE GENERAZIONI SONO QUESTE, QUESTO PAESE E' FINITO. MORTO E SEPOLTO SENZA UN MINIMO DI SPERANZA.




Etruria e scandalo petrolio: la Boschi fugge dalle accuse
Il ministro snobba la sfiducia: "È letteratura". E spiega: "Sull'emendamento nessun segreto". E rigetta le accuse sul fallimento di Banca Etruria


Sergio Rame - Mar, 05/04/2016 - 20:08
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Della sfiducia presentata dalle opposizioni Maria Elena Boschi non si cura.


"È un genere letterario ormai: ce n'è una alla settimana, individuale o collettiva. Possiamo mettere degli appuntamenti fissi: il mercoledì c'è la Champions, il giovedì la mozione di sfiducia". Intervistata da Bruno Vespa a Porta a Porta, il ministro per le Riforme respinge ogni accusa sia sul recente scandalo che ha portato le dimissioni di Federica Guidi sia sul fallimento della Banca Etruria che ha coinvolto suo padre Pier Luigi Boschi. Riesce a scamparla sempre. E, mentre altri ministri si dimettono, lei riesce a rimanere al suo posto.

Giusto ieri è stata ascoltata dai magistrati come persona informata sui fatti. In merito all'inchiesta su Tempa Rossa i pm di Potenza hanno voluto vederci chiaro sul suo reale coinvolgimento con quell'emendamento che ha favorito il compagno della Guidi, Gianluca Gemelli, e i suoi amici della Total. Oggi si è presentata da Vespa per spiegare agli italiani che lei non c'entra niente con il Totalgate. "Quando ho letto sui giornali, sono stata io a chiamare i magistrati e ho chiesto di essere ascoltata il prima possibile - assicura - sono a disposizione e ieri è stato il primo giorno utile". E cala l'asso: "Se per caso dovessero avere bisogno di altre informazioni da chiedermi sanno dove trovarmi". Eppure il suo ruolo è stato fondamentale per "infilare" l'emedamento incriminato nella passata legge di Stabilità. Tanto che il suo nome figura agli atti dell'inchiesta. È la stessa Guidi a tirare in ballo Mariaele. "Non c'è nulla di segreto - dice a Porta a Porta - quello che mi spiace è che una parte delle opposizioni cerchi di far passare l'idea che c'è stato un blitz notturno, una furbata, ma non è così...". A sentire la ricostruzione del ministro, il governo avrebbe agito "alla luce del sole". "E poi - assicura - quell'emendamento è stato presentato in parlamento ed è stato discusso e votato dal parlamento, c'è stato un lavoro che è durato nel tempo".

Dopo aver difeso l'operato del governo, la Boschi è subito pronta a scaricare la Guidi. E così, assicurando di non aver "mai incontrato" rappresentanti della Total, dice di non ricordare alcun "interesse particolare" a quell'emendamento "da parte del ministro Guidi". "Ho ritenuto normale che il ministro, essendo lei un ministro, si interessasse a quell'argomento per competenza ma non ricordo nessun suo interesse particolare". Quindi, come già fatto da Matteo Renzi, invita la magistratura a fare il suo dovere e a "farlo velocemente". "Ma - avverte - non può essere un alibi per continuare a non fare niente, ci sono troppe opere bloccate il governo deve andare avanti".

Con la stessa facilità con cui si chiama fuori dalla scandalo petrolio, la Boschi assicura di non aver nulla a che fare con il fallimento della Banca Etruria. "Do per scontato che ci sarà una evoluzione nella vicenda giudiziaria di mio padre - dice - immagino un'azione di responsabilità, lo do quasi per scontato. Ma - si affretta a precisare - questo non riguarda il mio lavoro". Rivendicando di avere "lavorato bene", ci tiene quindi a sottolineare che risponde solo di quanto fa lei, nel suo lavoro, e chiede di "essere giudicata per il lavoro fatto in parlamento".

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 42699.html
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POLITICA
Matteo Renzi, la sfida ai poteri forti è solo una fiaba
di Luisella Costamagna | 5 aprile 2016
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Più informazioni su: Banca Etruria, Matteo Renzi, Patto del Nazareno, Sergio Marchionne
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Luisella Costamagna
Giornalista e autrice

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Cari elettori,

voglio raccontarvi una storia. C’era una volta Matteo Renzi, giovane energico e ambizioso che aveva sfidato i vecchi poteri del suo partito e dell’Italia. Al grido di “Adesso tocca a noi, vi rottamiamo!” era diventato, nel giro di pochi mesi, da sindaco di Firenze segretario del Pd e poi, senza essere eletto, Presidente del Consiglio. Quanto è credibile in un paese come il nostro – che certo non premia il merito, l’ambizione, la sfida ai poteri forti – questa storia? Quanti di voi ci hanno creduto e l’hanno votato alle Europee? Molti, dicono i numeri. Oggi non è chiaro che questa è solo una fiaba, elaborata e pompata dallo storytelling renziano, e nulla ha a che vedere con la realtà? La vera storia del premier Renzi – cominciata con una cena “galeotta” ad Arcore da sindaco con Berlusconi, antipasto del futuro Patto del Nazareno – la raccontò Sergio Marchionne il 2 ottobre 2014: al salone dell’auto di Parigi disse che nel mercato del lavoro occorreva “togliere i rottami dai binari e far ripartire il treno” e Renzi ‘l’abbiamo messo là per quella ragione’. Capito? Marchionne disse chiaro e tondo ‘L’abbiamo messo là’.

renzi 675

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Ripercorriamo alla luce di questa rivelazione alcuni capitoli cruciali di questi due anni di governo. Uno dei primi atti fu la nomina di Federica Guidi Ministro dello Sviluppo Economico: “omaggio” ai poteri imprenditoriali (Ducati Energia e Confindustria) e al Patto del Nazareno (B. le aveva offerto un seggio alle Europee). Politica industriale e occupazionale: omaggi costanti al Marchionne che ‘Ha fatto più per l’Italia di certi sindacalisti’ (certo, portando la Fiat all’estero – sede legale FCA in Olanda, fiscale in Gran Bretagna – mentre lui paga meno tasse in Svizzera); circa 12 miliardi di decontribuzioni per gli imprenditori; meno diritti (abolizione art. 18) per i lavoratori. Finiti gli incentivi, la disoccupazione torna a salire.

Rapporti con i poteri finanziari: dalla cena di finanziamento con i Davide Serra al salvataggio di Banca Etruria del papà e parenti vari del min. Boschi. I decreti per rimborsare i risparmiatori truffati che hanno perso tutto, ancora di là da venire. Politica fiscale: alleggerimento del già leggerissimo falso in bilancio, innalzamento delle soglie di non punibilità penale per dichiarazioni infedeli e omesso pagamento IVA, triplicazione della soglia per l’uso del contante, voluntary disclosure per chi ha portato illecitamente soldi all’estero. Gli evasori ringraziano, gli onesti maledicono una pressione fiscale al 43,5%. Politica energetica: allungamento a vita delle concessioni per le trivellazioni in mare, emendamento ad hoc per le multinazionali petrolifere, che possono scavalcare autorità locali, portarsi a casa il nostro petrolio e lasciarci poche royalties, pochi posti di lavoro, molti danni ambientali.

E con un mare meraviglioso pieno di piattaforme e petroliere, perdiamo il nostro vero petrolio – il turismo – passando dal settimo all’ottavo posto al mondo per contributo al Pil, dietro Germania, GB, Francia, pur avendo più siti Unesco di qualunque altro paese sulla terra. E l’elenco potrebbe continuare, con le ‘manine’ salva B., Mediaset… Marchionne, Guidi, Serra, Total, Shell, Farinetti, banchieri, “stantio odore di massoneria”… Cari elettori, credete davvero – e ancora – alla favola del ragazzotto molto ambizioso che sfida i poteri forti e improvvisamente arriva a Palazzo Chigi? O quel giovane molto ambizioso è diventato Premier proprio grazie ai poteri forti che “l’hanno messo lì” e poi, ovviamente, battono cassa?
Un cordiale saluti

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... a/2610193/
camillobenso
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Corriere 5.4.16
Quei 13 no pesanti al «capo»
Cuperlo: arrogante, non leader
L’agguato spiazza il premier

di Monica Guerzoni

ROMA Nella sala che si va svuotando rimbalzano ancora gli echi dello scontro tra Renzi e la minoranza, quando le mani dei contrari scattano verso l’alto. Speranza, Cuperlo, Bersani, Epifani, Stumpo, Zoggia, Agostini, Emiliano... Tredici no alla relazione di Renzi, dopo l’ordine del giorno con cui 24 esponenti dell’opposizione interna avevano messo a verbale la loro divergenza. «Coltivi l’arroganza del capo, ma ti manca la statura del leader», lo aveva punto nell’orgoglio Gianni Cuperlo. E Roberto Speranza aveva bollato come «del tutto insufficiente» la segreteria di Renzi.
Giornata lacerante, per i dem. Una direzione che ha scavato ancor più il solco, proprio quando il leader sperava di ricompattare il partito per respingere «l’assalto esterno». E invece l’attacco al capo arriva dalla «ditta» ed è così duro che, raccontano, Renzi proprio non se lo aspettava. «Ha subìto il colpo, abbiamo menato forte e abbiamo vinto noi» esultano le voci della minoranza, «siamo stati durissimi e Renzi, invece di asfaltarci, ha replicato balbettante...».
A conferma che «l’agguato», organizzato alla Camera in una riunione riservata all’ora di pranzo, ha spiazzato il premier ci sono gli interventi degli uomini a lui più vicini. C’è Gentiloni che addebita a Cuperlo e Speranza «la sindrome dell’usurpatore», che sta portando il Pd «al limite della possibilità di convivere». E c’è il sottosegretario De Vincenti, che non è in direzione eppure chiede la parola per rivendicare come «sacrosanto» l’emendamento di Tempa Rossa, che ha costretto alle dimissioni la Guidi e messo in difficoltà la Boschi. E poi, a Cuperlo e Speranza: «Non c’è stata nessuna notte degli imbrogli».
Offeso per le parole di Renzi sulle correnti ridotte «a spifferi» e per l’accusa alla sinistra di aver distrutto l’Ulivo, il solitamente dialogante Cuperlo si è spinto fino a evocare la scissione: «Mi colpisce il tono e il luogo che hai scelto per dire queste cose, la scuola di formazione del Pd... Hai chiesto il voto per fare il segretario, ma non lo fai e spingi qualcuno a uscire. E io sento il peso di stare in un partito che sembra aver perso le proprie ragioni». Speranza non è stato più tenero quando ha detto «avevamo un partito senza primarie, ora rischiamo di restare con le primarie senza più il partito». Tanta veemenza si spiega anche con gli umori scatenati dall’inchiesta su affari e petrolio. «Nella mia regione su questa roba c’è la rivoluzione francese», ha detto ai suoi Speranza, che è nato in Basilicata e deve scacciare i sospetti che qualcuno al governo lavori per gli «affari di famiglia».
Renzi, nella replica, è stato attento a non soffiare su un incendio ormai divampato, tanto da stupire tutti con un grazie ai predecessori, «Walter, Pier Luigi, Dario, Guglielmo». Ma Emiliano ha menato fendenti fino a sera. Il leader lo ha spronato a studiare? E il presidente della Puglia lo ha accusato di parlare «come i petrolieri».
Alla fine, quando è toccato a lui respingere le «critiche cattive» sul giglio magico come «una enclave che decide per i fatti propri», Renzi si è rimboccato stancamente le maniche e, pur apprezzando «la franchezza di Gianni», ha definito «profondamente ingiusto questo spararsi addosso». E poi, con un mix esplosivo di rabbia e affetto, si è rivolto a Emiliano: «Io un venditore di pentole? Michele, non hai bisogno di frasi tanto volgari... Tu sei meglio di così».
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

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QUESTO E' UN POPOLO ALLA FINE.

IN ISLANDA IL PREMIER SI DIMETTE DOPO IL PANAMA PAPERS. QUI LA MAFIA VA' NEL SALOTTO DI VESPASIANO.






Porta a Porta, intervista al figlio di Riina. Bindi: ‘Se va in onda, è il salotto della mafia’. Vespa: ‘Confermo, sarà trasmessa’
Media & Regime
La presidente della Commissione antimafia avverte: "Chiederò all’Ufficio di Presidenza di convocare in Commissione la Presidente e il Direttore generale della Rai". Maria Falcone: "Costernata". Fico (Vigilanza Rai): "Ci sono degli accordi tra la trasmissione di Vespa e la casa editrice del libro di Riina?"
di Giuseppe Pipitone | 6 aprile 2016
COMMENTI (201)

Dal Partito Democratico al Movimento 5 Stelle, dalla Commissione Antimafia alla Vigilanza Rai fino alla sorella di Giovanni Falcone: è un fuoco incrociato di polemiche quelle scatenate dalle anticipazioni della prossima puntata di Porta a Porta. Questa sera infatti il momento clou della trasmissione di Bruno Vespa sarà rappresentato da un’intervista a Giuseppe Salvatore Riina, il figlio terzogenito del capo dei capi di Cosa nostra. E anche se la scelta d’intervistare Riina Junior, autore di un libro dedicato alla sua famiglia, ha scatenato le reazioni dell’intero mondo politico, Vespa è sicuro: “Certo che andrà in onda”.

Eppure la presenza del figlio del capo dei capi sulla prima rete nazionale, è diventata in poche ore un vero e proprio caso, dato che persino la Commissione Antimafia ha chiesto esplicitamente la cancellazione dell’intervista. “Mi auguro che in Rai ci sia un ripensamento. Ma se questa sera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che Porta a Porta si presta ad essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò di convocare in commissione la presidente e il direttore generale della Rai”, annuncia Rosi Bindi, presidente di Palazzo San Macuto.



Da Palazzo Madama è arrivata invece una lettera a Roberto Fico, il presidente della Vigilanza Rai. A inviarla sono un gruppo di senatori del Pd, guidati da Lucrezia Ricchiuti, che definiscono l’intervista a Riina junior “un momento di indebita pubblicità a una famiglia che in nessun modo contribuisce all’elevazione civica e culturale del Paese”. I senatori dem chiedono a Fico di convocare una seduta della Vigilanza “per verificare presupposti e misura di sanzioni sulla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”, dato che episodi simili “rischiano di far sembrare la televisione pubblica il salotto in cui le associazioni criminali sono di casa: Vespa si è già reso responsabile di un’esecrabile trasmissione lo scorso agosto 2015”.

Il riferimento è per la puntata di Porta a Porta dell’estate scorsa che vedeva tra gli ospiti in studio Vera e Vittorino Casamonica, figlia e nipote di Vittorio Casamonica, il capostipite dell’omonimo clan al quale furono dedicati gli spettacolari funerali a colpi di petali di rosa lanciati da un elicottero. Lo stesso Fico, da parte sua, si chiede: “Il direttore generale della Rai Campo dall’Orto ha autorizzato la presentazione del libro del figlio di Riina? E’ stato autorizzato dal nuovo direttore di Rai 1 Andrea Fabiano? Ci sono degli accordi tra la trasmissione di Vespa e la casa editrice del libro di Riina? Tra poco affronteremo questo argomento in ufficio di Presidenza in commissione di Vigilanza Rai: esigo trasparenza massima. Non mi sembra così che il prodotto editoriale sia cambiato con la nuova dirigenza anzi peggiora”.

Fa riferimento all’omicidio di Piersanti Mattarella, invece, il dem Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza. “In vent’ anni di Porta a Porta Vespa – dice il parlamentare – non si è mai occupato del delitto Mattarella e non ha mai invitato in studio il fratello, oggi presidente della Repubblica. Adesso invita il figlio del carnefice. E’ questo il nuovo servizio pubblico?”. Le parole di Anzaldi sono simili per una volta a quelle dei parlamentari del Movimento 5 Stelle che attaccano: “Di mafia si muore ogni giorno e non abbiamo bisogno del figlio di Riina in tv, non possiamo che constatare con amarezza che è questo il clima culturale e di lotta alle mafie che abbiamo raggiunto in questo momento in Italia, un livello basso e squallido”.


Contro l’intervista al figlio del boss corleonese sono arrivati anche i commenti delle famiglie di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Spererei che gli italiani questa sera spengano la televisione”, dice Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato in via d’Amelio, mentre Maria Falcone si dice “costernata” e definisce come “indegna” la scelta compiuta da Porta a Porta, perché va contro il senso del servizio pubblico ed è offensivo rispetto ai valori trasmessi e rappresentati da quanti hanno dato la loro vita nella lotta alla mafia”.

Chi è Giuseppe Salvatore Riina – Trentanove anni, mafioso pure lui con una condanna a 8 anni e 10 mesi completamente scontata, Riina junior vive a Padova, dove è stato inviato al soggiorno obbligato dopo la scarcerazione. Nell’intervista alla trasmissione di Vespa presenterà il suo libro, “Riina family life” (edizioni A nord est), dove racconta la vita quotidiana trascorsa a contatto con Riina senior, sanguinario boss stragista, ma allo stesso tempo dipinto come un affettuosissimo padre.

Dalle serate trascorse a guardare le regate di vela, alle gite al mare, fino al 23 maggio del 1992, quando il capo dei capi guarda in televisione le immagini della strage di Capaci. “La tv era accesa su Rai1, e il telegiornale in edizione straordinaria già andava avanti da un’ora. Non facemmo domande, ma ci limitammo a guardare nello schermo. Il viso di Giovanni Falcone veniva riproposto ogni minuto, alternato alle immagini rivoltanti di un’autostrada aperta in due. Un cratere fumante, pieno di rottami e di poliziotti indaffarati nelle ricerche. Pure mio padre Totò era a casa. Stava seduto nella sua poltrona davanti al televisore. Anche lui in silenzio. Non diceva una parola, ma non era agitato o particolarmente incuriosito da quelle immagini. Sul volto qualche ruga, appena accigliato, ascoltava pensando ad altro”, ha raccontato il giovane mafioso al Corriere della Sera. E quando il giornalista gli ha chiesto qualche parola per i familiari delle vittime, il figlio del capo dei capi ha risposto pronto: “Meglio il silenzio, nel rispetto del loro dolore e della loro sofferenza. Anche in questo caso la meglio parola è quella che non si dice”. Parole che non hanno bisogno di alcun commento.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... a/2612803/
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QUESTO E' UN POPOLO ALLA FINE.

IN ISLANDA IL PREMIER SI DIMETTE DOPO IL PANAMA PAPERS. QUI LA MAFIA VA' NEL SALOTTO DI VESPASIANO.






Porta a Porta, intervista al figlio di Riina. Bindi: ‘Se va in onda, è il salotto della mafia’. Vespa: ‘Confermo, sarà trasmessa’
Media & Regime
La presidente della Commissione antimafia avverte: "Chiederò all’Ufficio di Presidenza di convocare in Commissione la Presidente e il Direttore generale della Rai". Maria Falcone: "Costernata". Fico (Vigilanza Rai): "Ci sono degli accordi tra la trasmissione di Vespa e la casa editrice del libro di Riina?"
di Giuseppe Pipitone | 6 aprile 2016
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Dal Partito Democratico al Movimento 5 Stelle, dalla Commissione Antimafia alla Vigilanza Rai fino alla sorella di Giovanni Falcone: è un fuoco incrociato di polemiche quelle scatenate dalle anticipazioni della prossima puntata di Porta a Porta. Questa sera infatti il momento clou della trasmissione di Bruno Vespa sarà rappresentato da un’intervista a Giuseppe Salvatore Riina, il figlio terzogenito del capo dei capi di Cosa nostra. E anche se la scelta d’intervistare Riina Junior, autore di un libro dedicato alla sua famiglia, ha scatenato le reazioni dell’intero mondo politico, Vespa è sicuro: “Certo che andrà in onda”.

Eppure la presenza del figlio del capo dei capi sulla prima rete nazionale, è diventata in poche ore un vero e proprio caso, dato che persino la Commissione Antimafia ha chiesto esplicitamente la cancellazione dell’intervista. “Mi auguro che in Rai ci sia un ripensamento. Ma se questa sera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che Porta a Porta si presta ad essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò di convocare in commissione la presidente e il direttore generale della Rai”, annuncia Rosi Bindi, presidente di Palazzo San Macuto.



Da Palazzo Madama è arrivata invece una lettera a Roberto Fico, il presidente della Vigilanza Rai. A inviarla sono un gruppo di senatori del Pd, guidati da Lucrezia Ricchiuti, che definiscono l’intervista a Riina junior “un momento di indebita pubblicità a una famiglia che in nessun modo contribuisce all’elevazione civica e culturale del Paese”. I senatori dem chiedono a Fico di convocare una seduta della Vigilanza “per verificare presupposti e misura di sanzioni sulla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”, dato che episodi simili “rischiano di far sembrare la televisione pubblica il salotto in cui le associazioni criminali sono di casa: Vespa si è già reso responsabile di un’esecrabile trasmissione lo scorso agosto 2015”.

Il riferimento è per la puntata di Porta a Porta dell’estate scorsa che vedeva tra gli ospiti in studio Vera e Vittorino Casamonica, figlia e nipote di Vittorio Casamonica, il capostipite dell’omonimo clan al quale furono dedicati gli spettacolari funerali a colpi di petali di rosa lanciati da un elicottero. Lo stesso Fico, da parte sua, si chiede: “Il direttore generale della Rai Campo dall’Orto ha autorizzato la presentazione del libro del figlio di Riina? E’ stato autorizzato dal nuovo direttore di Rai 1 Andrea Fabiano? Ci sono degli accordi tra la trasmissione di Vespa e la casa editrice del libro di Riina? Tra poco affronteremo questo argomento in ufficio di Presidenza in commissione di Vigilanza Rai: esigo trasparenza massima. Non mi sembra così che il prodotto editoriale sia cambiato con la nuova dirigenza anzi peggiora”.

Fa riferimento all’omicidio di Piersanti Mattarella, invece, il dem Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza. “In vent’ anni di Porta a Porta Vespa – dice il parlamentare – non si è mai occupato del delitto Mattarella e non ha mai invitato in studio il fratello, oggi presidente della Repubblica. Adesso invita il figlio del carnefice. E’ questo il nuovo servizio pubblico?”. Le parole di Anzaldi sono simili per una volta a quelle dei parlamentari del Movimento 5 Stelle che attaccano: “Di mafia si muore ogni giorno e non abbiamo bisogno del figlio di Riina in tv, non possiamo che constatare con amarezza che è questo il clima culturale e di lotta alle mafie che abbiamo raggiunto in questo momento in Italia, un livello basso e squallido”.


Contro l’intervista al figlio del boss corleonese sono arrivati anche i commenti delle famiglie di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Spererei che gli italiani questa sera spengano la televisione”, dice Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato in via d’Amelio, mentre Maria Falcone si dice “costernata” e definisce come “indegna” la scelta compiuta da Porta a Porta, perché va contro il senso del servizio pubblico ed è offensivo rispetto ai valori trasmessi e rappresentati da quanti hanno dato la loro vita nella lotta alla mafia”.

Chi è Giuseppe Salvatore Riina – Trentanove anni, mafioso pure lui con una condanna a 8 anni e 10 mesi completamente scontata, Riina junior vive a Padova, dove è stato inviato al soggiorno obbligato dopo la scarcerazione. Nell’intervista alla trasmissione di Vespa presenterà il suo libro, “Riina family life” (edizioni A nord est), dove racconta la vita quotidiana trascorsa a contatto con Riina senior, sanguinario boss stragista, ma allo stesso tempo dipinto come un affettuosissimo padre.

Dalle serate trascorse a guardare le regate di vela, alle gite al mare, fino al 23 maggio del 1992, quando il capo dei capi guarda in televisione le immagini della strage di Capaci. “La tv era accesa su Rai1, e il telegiornale in edizione straordinaria già andava avanti da un’ora. Non facemmo domande, ma ci limitammo a guardare nello schermo. Il viso di Giovanni Falcone veniva riproposto ogni minuto, alternato alle immagini rivoltanti di un’autostrada aperta in due. Un cratere fumante, pieno di rottami e di poliziotti indaffarati nelle ricerche. Pure mio padre Totò era a casa. Stava seduto nella sua poltrona davanti al televisore. Anche lui in silenzio. Non diceva una parola, ma non era agitato o particolarmente incuriosito da quelle immagini. Sul volto qualche ruga, appena accigliato, ascoltava pensando ad altro”, ha raccontato il giovane mafioso al Corriere della Sera. E quando il giornalista gli ha chiesto qualche parola per i familiari delle vittime, il figlio del capo dei capi ha risposto pronto: “Meglio il silenzio, nel rispetto del loro dolore e della loro sofferenza. Anche in questo caso la meglio parola è quella che non si dice”. Parole che non hanno bisogno di alcun commento.


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Re: Diario della caduta di un regime.

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LA VOX POPULI



holz • 38 minuti fa
Non mi sembra molto pentito stando a wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/...

anzi mi sembra ancora in attività.
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Berto • 39 minuti fa
Ho scoperto con il tempo, mio malgrado, che il padrone dell'Italia è quella pesona a me non gradita che è Vespa. Egli non fa giornalismo ma servilismo a tempo e luogo. Forse proprio per questo nessuno lo manda a casa.
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holz • 39 minuti fa
da Wikipedia:

Giuseppe Salvatore è stato condannato per associazione mafiosa e scarcerato il 29 febbraio 2008 per decorrenza dei termini dopo essere stato detenuto per otto anni[78]. Il 2 ottobre 2011, dopo aver scontato completamente la pena di 8 anni e 10 mesi, viene nuovamente rilasciato sotto prevenzione con obbligo di dimora a Corleone[79] e comincia a trapelare la notizia di un suo piano per fare un attentato all'ex Ministro della Giustizia Angelino Alfano per via dell'inasprimento del regime di 41-bis[80].
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thomas köhler • 40 minuti fa
quest'anno non pago il canone
visto chi puo esibirsi a spese publiche in TV
semplice

Non penso che si e capito quello che succede in Rai
Si lascia presentare un libro ad il figlio di Riina !

che si facciano pagare il mio canone
dal conduttore piu pagato della storia della RAI !
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holz thomas köhler • 34 minuti fa
quest'anno è in bolletta
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camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

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6 aprile 2016 | di Fabio Capasso
Tensione a Napoli, corteo anti-Renzi per difendere Bagnoli: lancio sassi e lacrimogeni


“Napoli sfiducia il governo Renzi”: è con questo striscione che si è aperto questa mattina il corteo contro il premier Matteo Renzi, in città per partecipare alla cabina di regia su Bagnoli. A prostestare centri sociali, comitati e studenti che si stanno scontrando con le forze dell’ordine che, dopo avere tenetato di aprire un varco nel cordone della polizia in piazza Vittoria, sul lungomare, sono stati respinti con una carica e lancio di lacrimogeni dalle forze dell’ordine. Il corteo ha risposto con bombe carta e lacrimogeni, tanto che alcune auto e bus con turisti a bordo sono rimasti coinvolti. Nella calca che si è creata mentre il corteo indietreggiava, tra piazza della Vittoria e Posillipo, alcuni veicoli sono stati avvolti dal fumo, senza alcuna conseguenza per gli occupanti.

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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/04/ ... ni/504373/
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