Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
PERCHE’ CONTINUANO LE PEZZE D’APPOGGIO CHE DIMOSTRANO CHE QUESTO PAESE E’ FINITO E SENZA SPERANZA ALCUNA.
Il Fatto.it, oggi pubblica questa notizia.
Sondaggi, governo in calo
Per quattro italiani su 10
è “amico delle lobby”
Ma quale popolo di merli DOC, può pensare che La Qualunque non sia legato alle lobby????????????
NON E’ STATO ELETTO DA NESSUNO.
HA SCALZATO ENRICO LETTA CON UNA MODALITA’ SENZA PRECEDENTI NELLA STORIA DELLA REPUBBLICA.
E QUESTI CREDONO ANCORA ALLA BEFANA O CHE I BAMBINI NASCONO SOTTO I CAVOLI O LI PORTA LA CICOGNA????????
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Re: Diario della caduta di un regime.
PERCHE’ CONTINUANO LE PEZZE D’APPOGGIO CHE DIMOSTRANO CHE QUESTO PAESE E’ FINITO E SENZA SPERANZA ALCUNA.
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Re: Diario della caduta di un regime.
E "l'infiltrato", di allora, nel PCI ha data una bella mano.camillobenso ha scritto:PERCHE’ CONTINUANO LE PEZZE D’APPOGGIO CHE DIMOSTRANO CHE QUESTO PAESE E’ FINITO E SENZA SPERANZA ALCUNA.
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E QUESTI CREDONO ANCORA ALLA BEFANA O CHE I BAMBINI NASCONO SOTTO I CAVOLI O LI PORTA LA CICOGNA????????
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Diario della caduta di un regime.
pancho ha scritto:E "l'infiltrato", di allora, nel PCI ha data una bella mano.camillobenso ha scritto:PERCHE’ CONTINUANO LE PEZZE D’APPOGGIO CHE DIMOSTRANO CHE QUESTO PAESE E’ FINITO E SENZA SPERANZA ALCUNA.
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E QUESTI CREDONO ANCORA ALLA BEFANA O CHE I BAMBINI NASCONO SOTTO I CAVOLI O LI PORTA LA CICOGNA????????
un salutone
Caro pancho, tu non hai aperto una buca, ma una voragine di grandi dimensioni accennando all’ “Infiltrato” nel Pci.
Da queste parti esiste da tempo immemore una corrente di pensiero che sostiene che l’Infiltrato sia in realtà un agente anglo-americano già dal lontano 1943, arruolato in quel di Napoli.
Ed abbia lavorato sottocopertura per tutto questo tempo.
Per curiosità mi sono rivolto pocanzi al Grande Fratello per vedere se la rete se ne è occupata e mentre stavo digitando:
Napolitano agente anglo-americano, è bastato, digitare Napolitano ag, che subito sotto è comparsa la segnalazione: napolitano agente della cia.
E proseguendo, Google, forniva questa indicazione:
NAPOLITANO, LA CARRIERA DI UN TRADITORE - Facebook
https://it-it.facebook.com/notes/...le. ... 386256197/
1.
Napolitano accede al GUF nel 1941, ancora liceale dell' ultimo anno al TITO LIVIO ... Renato Mieli conclude, in pratica, la sua carriera di agente anglo-nazista ... 'Democratiche'....con cui la Bestia guerrafondaia anglo-americana assolda e ...
Ma la letteratura non finisce qui.
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Re: Diario della caduta di un regime.
ANCORA DALLA RETE SU NAPOLITANO AGENTE DELLA CIA
I segreti di Napolitano - micromega-online - micromega
temi.repubblica.it/micromega-online/i-segreti-di-napolitano/
04 dic 2013 - Napolitano è stato uno dei maggiori esponenti della «destra» del Pci ...... Clarridge lavorò a Roma come agente della Cia tra il 1979 e il 1981 e ...
I segreti di Napolitano - micromega-online - micromega
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04 dic 2013 - Napolitano è stato uno dei maggiori esponenti della «destra» del Pci ...... Clarridge lavorò a Roma come agente della Cia tra il 1979 e il 1981 e ...
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Re: Diario della caduta di un regime.
Un'altro veloce a capire la realtà. Eppure Peppino Caldarola(classe 1946) era stato anche direttore de L'Unità.
Cita Caldarola:
Tutto questo elenchetto per dire che Renzi, a cui avevamo augurato vita lunga come premier e vita breve come segretario del Partito democratico, potrebbe presto fare le valigie nella peggior condizione possibile.
a cui avevamo augurato vita lunga come premier
vita lunga sto C.
Giovanni Sartori sulle colonne del Corriere della Sera, scrisse, dopo aver letto la composizione del governo:
QUESTO E' UN GOVERNO DI INCOMPETENTI GUIDATO DA UN'INCOMPETENTE
Fatto presente a una tdc renziana, mi rispose:
Ma chi è SARTORI?????
Il Paese ora è allo sfascio totale senza rimedio.
MAMBO
Se continua così, Renzi farà presto le valigie
Fosse meno presuntuoso e bulletto, capirebbe che sta diventando impopolare.
di Peppino Caldarola | 08 Aprile 2016
Sul governo si sta scaricando la tempesta perfetta con la coincidenza dell’inchiesta giudiziaria di Potenza, l’avvicinarsi del referendum anti-trivelle, il voto amministrativo del 2016.
Se dovesse andare male, Matteo Renzi potrà prendersela solo con se stesso. Così come i suoi fanatici seguaci.
La vicenda di Potenza, sul cui profilo giudiziario è troppo presto per esprimersi, rivela, grazie alle intercettazioni - alcune inopportune («mi tratti come una sguattera del Guatemala»), altre utili a capire il clima del palazzo - uno scontro nel governo la cui violenza si spiega solo con il fatto che questo governo è esclusivamente stanza dei bottoni.
Ci sono quasi tutti dentro in questo verminaio di insulti e di allusioni mefitiche.
GOVERNO DI NOMINE E AFFARI? C’è soprattutto l’idea che al governo ci sono andate persone interessate solo a nomine e affari.
Non sarà sicuramente così, ma il familismo clientelare, di cui il caso di Marco Carrai alla cyber security è lo scandalo più indecente, conferma che la rottamazione è servita contro le persone, ma non contro la cattiva politica che invece trionfa più di prima.
Il referendum anti-trivelle continua non avere molte possibilità di superare il quorum per la stanchezza che i cittadini hanno verso i referendum, perché per metà d’Italia il tema non esiste, perché le opposizioni stanno facendo poco.
Tuttavia Renzi corre il rischio, da sé cercato, di chiamare al voto contro di lui.
ELEZIONI DELL'AUTOLESIONISMO. Le Amministrative sono il simbolo dell’autolesionismo. In verità in tutti gli schieramenti.
A Napoli quel genio di Luigi de Magistris si è messo a capo dei moti di piazza contro Renzi, a Roma la destra è degna di uno spettacolo del Bagaglino.
I cinque stelle sembrano sulla cresta dell’onda anche se sia Beppe Grillo sia Gianroberto Casaleggio sono un po’ “stanchini” (Dio c’è!) e le prime uscite televisive di Virginia Raggi fanno abbastanza pena.
A contrastarla c’è il troppo mite Roberto Giachetti che il sindaco, a differenza di quel che pensa D’Alema, potrebbe farlo bene, ma deve guidare una coalizione in pezzi.
TAFAZZISMO DI SINISTRA A MILANO. A Milano siamo al capolavoro del tafazzismo a sinistra. Di fronte a un minacciosissimo Stefano Parisi (politicamente, perché l’uomo è mite), l’ineffabile Giuseppe Sala si fa beccare per una casa in montagna di cui si è dimenticato di rivendicare la proprietà. C’è una sola definizione per lui: Scajola.
Tutto questo elenchetto per dire che Renzi, a cui avevamo augurato vita lunga come premier e vita breve come segretario del Partito democratico, potrebbe presto fare le valigie nella peggior condizione possibile. Se il fanciullo di Rignano fosse meno presuntuoso saprebbe vedere e sentire la straordinaria impopolarità che lo circonda soprattutto per l’eccezionale aspettativa con cui era stato accolto.
Se vuole smentire Gianni Cuperlo, che giustamente pensa che lui non sia uno statista, non si limiti a fare il bulletto con i magistrati («L’emendamento l’ho voluto io». E perché l’ha fatto votare di notte?), ma dia una ramazzata al suo governo.
Troppi faccendieri lo circondano, troppi personaggi inadeguati sono accanto a lui.
NON SI CAPISCE COSA FACCIA LOTTI. Ancora non abbiamo capito che cosa sappia fare questo Luca Lotti abilissimo nel costruire cordate di potere. Dall’Evangelisti di «a Fra' che te serve», di gente come Lotti è piena la politica italiana.
Maria Elena Boschi è purtroppo sotto un tiro volgare e maschilista, ma è anch’essa poca cosa.
E sono questi i pivot del renzismo. Al Pd Renzi ha messo solo anime morte incapaci di far funzionare il partito, incapaci come i funzionari statali russi negli ultimi anni dello zar.
Sarò noioso (e ne vado fiero), ma è tutta qui la rottamazione? Ovvero tutto questo casino per ascoltare le cose che si dicono l’uno contro l’altro i ministri?
Per sentir riparlare di dossier fratricidi? Per fare gli spacconi contro Susanna Camusso e gli adulatori con Sergio Marchionne? Suvvia!
RENZI SI FA MALE E CI FA MALE. Renzi si deve dare una mossa, la classica mossa. Quale possa essere non lo so e se lo sapessi mi sparerei sul piede piuttosto che dirglielo. L’unica cosa chiara è che se continua così si fa male e ci fa male.
Gli oppositori interni al Pd stanno avendo un atteggiamento signorile nei suoi confronti e nei confronti delle disgrazie del governo.
È una moratoria pre-elettorale che fa onore. Purchè qualcuno stia pensando a quel che bisogna fare dopo o durante la tempesta perfetta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cita Caldarola:
Tutto questo elenchetto per dire che Renzi, a cui avevamo augurato vita lunga come premier e vita breve come segretario del Partito democratico, potrebbe presto fare le valigie nella peggior condizione possibile.
a cui avevamo augurato vita lunga come premier
vita lunga sto C.
Giovanni Sartori sulle colonne del Corriere della Sera, scrisse, dopo aver letto la composizione del governo:
QUESTO E' UN GOVERNO DI INCOMPETENTI GUIDATO DA UN'INCOMPETENTE
Fatto presente a una tdc renziana, mi rispose:
Ma chi è SARTORI?????
Il Paese ora è allo sfascio totale senza rimedio.
MAMBO
Se continua così, Renzi farà presto le valigie
Fosse meno presuntuoso e bulletto, capirebbe che sta diventando impopolare.
di Peppino Caldarola | 08 Aprile 2016
Sul governo si sta scaricando la tempesta perfetta con la coincidenza dell’inchiesta giudiziaria di Potenza, l’avvicinarsi del referendum anti-trivelle, il voto amministrativo del 2016.
Se dovesse andare male, Matteo Renzi potrà prendersela solo con se stesso. Così come i suoi fanatici seguaci.
La vicenda di Potenza, sul cui profilo giudiziario è troppo presto per esprimersi, rivela, grazie alle intercettazioni - alcune inopportune («mi tratti come una sguattera del Guatemala»), altre utili a capire il clima del palazzo - uno scontro nel governo la cui violenza si spiega solo con il fatto che questo governo è esclusivamente stanza dei bottoni.
Ci sono quasi tutti dentro in questo verminaio di insulti e di allusioni mefitiche.
GOVERNO DI NOMINE E AFFARI? C’è soprattutto l’idea che al governo ci sono andate persone interessate solo a nomine e affari.
Non sarà sicuramente così, ma il familismo clientelare, di cui il caso di Marco Carrai alla cyber security è lo scandalo più indecente, conferma che la rottamazione è servita contro le persone, ma non contro la cattiva politica che invece trionfa più di prima.
Il referendum anti-trivelle continua non avere molte possibilità di superare il quorum per la stanchezza che i cittadini hanno verso i referendum, perché per metà d’Italia il tema non esiste, perché le opposizioni stanno facendo poco.
Tuttavia Renzi corre il rischio, da sé cercato, di chiamare al voto contro di lui.
ELEZIONI DELL'AUTOLESIONISMO. Le Amministrative sono il simbolo dell’autolesionismo. In verità in tutti gli schieramenti.
A Napoli quel genio di Luigi de Magistris si è messo a capo dei moti di piazza contro Renzi, a Roma la destra è degna di uno spettacolo del Bagaglino.
I cinque stelle sembrano sulla cresta dell’onda anche se sia Beppe Grillo sia Gianroberto Casaleggio sono un po’ “stanchini” (Dio c’è!) e le prime uscite televisive di Virginia Raggi fanno abbastanza pena.
A contrastarla c’è il troppo mite Roberto Giachetti che il sindaco, a differenza di quel che pensa D’Alema, potrebbe farlo bene, ma deve guidare una coalizione in pezzi.
TAFAZZISMO DI SINISTRA A MILANO. A Milano siamo al capolavoro del tafazzismo a sinistra. Di fronte a un minacciosissimo Stefano Parisi (politicamente, perché l’uomo è mite), l’ineffabile Giuseppe Sala si fa beccare per una casa in montagna di cui si è dimenticato di rivendicare la proprietà. C’è una sola definizione per lui: Scajola.
Tutto questo elenchetto per dire che Renzi, a cui avevamo augurato vita lunga come premier e vita breve come segretario del Partito democratico, potrebbe presto fare le valigie nella peggior condizione possibile. Se il fanciullo di Rignano fosse meno presuntuoso saprebbe vedere e sentire la straordinaria impopolarità che lo circonda soprattutto per l’eccezionale aspettativa con cui era stato accolto.
Se vuole smentire Gianni Cuperlo, che giustamente pensa che lui non sia uno statista, non si limiti a fare il bulletto con i magistrati («L’emendamento l’ho voluto io». E perché l’ha fatto votare di notte?), ma dia una ramazzata al suo governo.
Troppi faccendieri lo circondano, troppi personaggi inadeguati sono accanto a lui.
NON SI CAPISCE COSA FACCIA LOTTI. Ancora non abbiamo capito che cosa sappia fare questo Luca Lotti abilissimo nel costruire cordate di potere. Dall’Evangelisti di «a Fra' che te serve», di gente come Lotti è piena la politica italiana.
Maria Elena Boschi è purtroppo sotto un tiro volgare e maschilista, ma è anch’essa poca cosa.
E sono questi i pivot del renzismo. Al Pd Renzi ha messo solo anime morte incapaci di far funzionare il partito, incapaci come i funzionari statali russi negli ultimi anni dello zar.
Sarò noioso (e ne vado fiero), ma è tutta qui la rottamazione? Ovvero tutto questo casino per ascoltare le cose che si dicono l’uno contro l’altro i ministri?
Per sentir riparlare di dossier fratricidi? Per fare gli spacconi contro Susanna Camusso e gli adulatori con Sergio Marchionne? Suvvia!
RENZI SI FA MALE E CI FA MALE. Renzi si deve dare una mossa, la classica mossa. Quale possa essere non lo so e se lo sapessi mi sparerei sul piede piuttosto che dirglielo. L’unica cosa chiara è che se continua così si fa male e ci fa male.
Gli oppositori interni al Pd stanno avendo un atteggiamento signorile nei suoi confronti e nei confronti delle disgrazie del governo.
È una moratoria pre-elettorale che fa onore. Purchè qualcuno stia pensando a quel che bisogna fare dopo o durante la tempesta perfetta.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Petrolio, urne e referendum La fronda Pd si rianima: così vuol far cadere Renzi
Da Bersani e Cuperlo messaggi in codice al premier: scontro finale sulle riforme costituzionali. L'M5S scrive al Quirinale Amministrative, si voterà il 5 giugno
Laura Cesaretti - Sab, 09/04/2016 - 11:07
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Con il governo sotto schiaffo per l'inchiesta di Potenza e i suoi risvolti, poco giudiziari ma molto politici, la minoranza Pd annusa il sangue e prova a rialzare la testa e a cavalcare l'onda.
Lanciando un avvertimento ancora ambiguo ma potenzialmente dirompente: nel referendum costituzionale, la madre di tutte le battaglie prevista per il prossimo autunno, un pezzo del Pd potrebbe schierarsi (insieme a Grillo, Salvini, Berlusconi) per il no alla fine del bicameralismo.
È il succo politico di un'intervista nella quale l'ex leader Pier Luigi Bersani ne dice di tutti i colori: che Matteo Renzi ha «desertificato il Pd», chiudendosi in un «arrogante isolamento»; che Palazzo Chigi ha «espropriato i ministeri a livello politico e burocratico»; che il premier «non ha il fisico per sradicare dai nostri valori» gli ex Pci. Insinua che la Boschi dovrebbe dimettersi: «Io non reggerei quel genere di disagio», dice a proposito delle vicende che coinvolgono il padre. Sul referendum no-triv dice che andrà a votare no (anche perché altrimenti il partito emiliano, saldamente schierato contro il referendum, lo costringerebbe ad emigrare), ma su quello costituzionale lancia una velata minaccia: «Dovremo chiarirci: ci sono caveat insuperabili quando si parla di plebisciti o nuovi partiti». Frase che di per sé non vuol dire nulla, ma che la dice lunga sulle intenzioni di un pezzo di Pd. Che non può, ovviamente, schierarsi apertamente contro una riforma che è il manifesto del Pd e del governo di Renzi, e che peraltro la minoranza ha votato: equivarrebbe mettersi fuori dal partito, e a sancire la scissione. Cosa che Bersani e i suoi non vogliono, perché la speranza è semmai quella di indebolire e costringere alla resa il premier, puntando sia su una sconfitta alle elezioni amministrative - si vota il 5 giugno, la speranza della fronda Pd è che Napoli, Roma, Torino e possibilmente anche Milano vengano perse - che sul bailamme giudiziario, per togliergli di mano il partito e il governo, e svuotare a quel punto il referendum di ottobre di ogni valenza. Non a caso il dalemiano Gianni Cuperlo ieri ha chiesto, con linguaggio da Prima Repubblica, «una verifica di governo» e di «maggiore collegialità» contro la «eccessiva concentrazione di potere».
Il premier, alle prese con il Def, nella sua enews di ieri ha ribadito la linea sull'inchiesta: «Se ci sono problemi, si bloccano i colpevoli e non le opere». Annuncia che oggi sarà di nuovo a Napoli per iniziative di governo, nonostante le manifestazioni violente avallate dal Comune, con «assessori scesi in piazza» e lanci di «sassi e bottiglie». E poi attacca duramente i Cinque Stelle e le loro «incredibili e squallide accuse». Ieri infatti è partita una nuova querela verso il grillino Carlo Sibilia («Famoso per aver detto che l'uomo sulla luna era un'invenzione degli Usa», lo irride il premier), che ha bollato il governo come «camorrista». «Ne risponderà in tribunale, e son certo che rinuncerà al privilegio dell'immunità parlamentare», dice Renzi.
Tra insulti, querele e mozioni di sfiducia lo scontro tra Pd e grillini è a tutto campo, e i seguaci dell'ex comico cercano di tirarci dentro anche il Quirinale. Con una lunga lettera, che in un italiano incerto riprendere le invettive via blog di Grillo, i parlamentari Cinque Stelle chiedono infatti un incontro con il presidente della Repubblica, per spiegargli che siccome loro «intravvedono» quelli che ritengono essere «i primi segnali di una nuova Tangentopoli», vorrebbero «partecipare» a Mattarella «tutta la preoccupazione» in materia. Poi i grillini si lamentano che la discussione e il voto delle mozioni di sfiducia «in cui è racchiuso tutto il nostro sdegno» si votino il 19 aprile, e chiedono che vengano esaminate prima del voto sulla riforma costituzionale, all'esame della Camera: secondo loro, «un governo appeso a un filo non può fare riforme». Poi annunciano di essere pronti a votare «qualsiasi mozione», comprese quelle del centrodestra, per cercare di unire tutti i voti di opposizione. Prospettiva che non preoccupa granché il governo, che solo due giorni fa al Senato ha incassato ben 171 voti nella fiducia su un provvedimento delicato come il decreto banche.
Da Bersani e Cuperlo messaggi in codice al premier: scontro finale sulle riforme costituzionali. L'M5S scrive al Quirinale Amministrative, si voterà il 5 giugno
Laura Cesaretti - Sab, 09/04/2016 - 11:07
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Con il governo sotto schiaffo per l'inchiesta di Potenza e i suoi risvolti, poco giudiziari ma molto politici, la minoranza Pd annusa il sangue e prova a rialzare la testa e a cavalcare l'onda.
Lanciando un avvertimento ancora ambiguo ma potenzialmente dirompente: nel referendum costituzionale, la madre di tutte le battaglie prevista per il prossimo autunno, un pezzo del Pd potrebbe schierarsi (insieme a Grillo, Salvini, Berlusconi) per il no alla fine del bicameralismo.
È il succo politico di un'intervista nella quale l'ex leader Pier Luigi Bersani ne dice di tutti i colori: che Matteo Renzi ha «desertificato il Pd», chiudendosi in un «arrogante isolamento»; che Palazzo Chigi ha «espropriato i ministeri a livello politico e burocratico»; che il premier «non ha il fisico per sradicare dai nostri valori» gli ex Pci. Insinua che la Boschi dovrebbe dimettersi: «Io non reggerei quel genere di disagio», dice a proposito delle vicende che coinvolgono il padre. Sul referendum no-triv dice che andrà a votare no (anche perché altrimenti il partito emiliano, saldamente schierato contro il referendum, lo costringerebbe ad emigrare), ma su quello costituzionale lancia una velata minaccia: «Dovremo chiarirci: ci sono caveat insuperabili quando si parla di plebisciti o nuovi partiti». Frase che di per sé non vuol dire nulla, ma che la dice lunga sulle intenzioni di un pezzo di Pd. Che non può, ovviamente, schierarsi apertamente contro una riforma che è il manifesto del Pd e del governo di Renzi, e che peraltro la minoranza ha votato: equivarrebbe mettersi fuori dal partito, e a sancire la scissione. Cosa che Bersani e i suoi non vogliono, perché la speranza è semmai quella di indebolire e costringere alla resa il premier, puntando sia su una sconfitta alle elezioni amministrative - si vota il 5 giugno, la speranza della fronda Pd è che Napoli, Roma, Torino e possibilmente anche Milano vengano perse - che sul bailamme giudiziario, per togliergli di mano il partito e il governo, e svuotare a quel punto il referendum di ottobre di ogni valenza. Non a caso il dalemiano Gianni Cuperlo ieri ha chiesto, con linguaggio da Prima Repubblica, «una verifica di governo» e di «maggiore collegialità» contro la «eccessiva concentrazione di potere».
Il premier, alle prese con il Def, nella sua enews di ieri ha ribadito la linea sull'inchiesta: «Se ci sono problemi, si bloccano i colpevoli e non le opere». Annuncia che oggi sarà di nuovo a Napoli per iniziative di governo, nonostante le manifestazioni violente avallate dal Comune, con «assessori scesi in piazza» e lanci di «sassi e bottiglie». E poi attacca duramente i Cinque Stelle e le loro «incredibili e squallide accuse». Ieri infatti è partita una nuova querela verso il grillino Carlo Sibilia («Famoso per aver detto che l'uomo sulla luna era un'invenzione degli Usa», lo irride il premier), che ha bollato il governo come «camorrista». «Ne risponderà in tribunale, e son certo che rinuncerà al privilegio dell'immunità parlamentare», dice Renzi.
Tra insulti, querele e mozioni di sfiducia lo scontro tra Pd e grillini è a tutto campo, e i seguaci dell'ex comico cercano di tirarci dentro anche il Quirinale. Con una lunga lettera, che in un italiano incerto riprendere le invettive via blog di Grillo, i parlamentari Cinque Stelle chiedono infatti un incontro con il presidente della Repubblica, per spiegargli che siccome loro «intravvedono» quelli che ritengono essere «i primi segnali di una nuova Tangentopoli», vorrebbero «partecipare» a Mattarella «tutta la preoccupazione» in materia. Poi i grillini si lamentano che la discussione e il voto delle mozioni di sfiducia «in cui è racchiuso tutto il nostro sdegno» si votino il 19 aprile, e chiedono che vengano esaminate prima del voto sulla riforma costituzionale, all'esame della Camera: secondo loro, «un governo appeso a un filo non può fare riforme». Poi annunciano di essere pronti a votare «qualsiasi mozione», comprese quelle del centrodestra, per cercare di unire tutti i voti di opposizione. Prospettiva che non preoccupa granché il governo, che solo due giorni fa al Senato ha incassato ben 171 voti nella fiducia su un provvedimento delicato come il decreto banche.
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Petrolio, urne e referendum La fronda Pd si rianima: così vuol far cadere Renzi
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Lanciando un avvertimento ancora ambiguo ma potenzialmente dirompente: nel referendum costituzionale, la madre di tutte le battaglie prevista per il prossimo autunno, un pezzo del Pd potrebbe schierarsi (insieme a Grillo, Salvini, Berlusconi) per il no alla fine del bicameralismo.
È il succo politico di un'intervista nella quale l'ex leader Pier Luigi Bersani ne dice di tutti i colori: che Matteo Renzi ha «desertificato il Pd», chiudendosi in un «arrogante isolamento»; che Palazzo Chigi ha «espropriato i ministeri a livello politico e burocratico»; che il premier «non ha il fisico per sradicare dai nostri valori» gli ex Pci. Insinua che la Boschi dovrebbe dimettersi: «Io non reggerei quel genere di disagio», dice a proposito delle vicende che coinvolgono il padre. Sul referendum no-triv dice che andrà a votare no (anche perché altrimenti il partito emiliano, saldamente schierato contro il referendum, lo costringerebbe ad emigrare), ma su quello costituzionale lancia una velata minaccia: «Dovremo chiarirci: ci sono caveat insuperabili quando si parla di plebisciti o nuovi partiti». Frase che di per sé non vuol dire nulla, ma che la dice lunga sulle intenzioni di un pezzo di Pd. Che non può, ovviamente, schierarsi apertamente contro una riforma che è il manifesto del Pd e del governo di Renzi, e che peraltro la minoranza ha votato: equivarrebbe mettersi fuori dal partito, e a sancire la scissione. Cosa che Bersani e i suoi non vogliono, perché la speranza è semmai quella di indebolire e costringere alla resa il premier, puntando sia su una sconfitta alle elezioni amministrative - si vota il 5 giugno, la speranza della fronda Pd è che Napoli, Roma, Torino e possibilmente anche Milano vengano perse - che sul bailamme giudiziario, per togliergli di mano il partito e il governo, e svuotare a quel punto il referendum di ottobre di ogni valenza. Non a caso il dalemiano Gianni Cuperlo ieri ha chiesto, con linguaggio da Prima Repubblica, «una verifica di governo» e di «maggiore collegialità» contro la «eccessiva concentrazione di potere».
Il premier, alle prese con il Def, nella sua enews di ieri ha ribadito la linea sull'inchiesta: «Se ci sono problemi, si bloccano i colpevoli e non le opere». Annuncia che oggi sarà di nuovo a Napoli per iniziative di governo, nonostante le manifestazioni violente avallate dal Comune, con «assessori scesi in piazza» e lanci di «sassi e bottiglie». E poi attacca duramente i Cinque Stelle e le loro «incredibili e squallide accuse». Ieri infatti è partita una nuova querela verso il grillino Carlo Sibilia («Famoso per aver detto che l'uomo sulla luna era un'invenzione degli Usa», lo irride il premier), che ha bollato il governo come «camorrista». «Ne risponderà in tribunale, e son certo che rinuncerà al privilegio dell'immunità parlamentare», dice Renzi.
Tra insulti, querele e mozioni di sfiducia lo scontro tra Pd e grillini è a tutto campo, e i seguaci dell'ex comico cercano di tirarci dentro anche il Quirinale. Con una lunga lettera, che in un italiano incerto riprendere le invettive via blog di Grillo, i parlamentari Cinque Stelle chiedono infatti un incontro con il presidente della Repubblica, per spiegargli che siccome loro «intravvedono» quelli che ritengono essere «i primi segnali di una nuova Tangentopoli», vorrebbero «partecipare» a Mattarella «tutta la preoccupazione» in materia. Poi i grillini si lamentano che la discussione e il voto delle mozioni di sfiducia «in cui è racchiuso tutto il nostro sdegno» si votino il 19 aprile, e chiedono che vengano esaminate prima del voto sulla riforma costituzionale, all'esame della Camera: secondo loro, «un governo appeso a un filo non può fare riforme». Poi annunciano di essere pronti a votare «qualsiasi mozione», comprese quelle del centrodestra, per cercare di unire tutti i voti di opposizione. Prospettiva che non preoccupa granché il governo, che solo due giorni fa al Senato ha incassato ben 171 voti nella fiducia su un provvedimento delicato come il decreto banche.
Da Bersani e Cuperlo messaggi in codice al premier: scontro finale sulle riforme costituzionali. L'M5S scrive al Quirinale Amministrative, si voterà il 5 giugno
Laura Cesaretti - Sab, 09/04/2016 - 11:07
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Con il governo sotto schiaffo per l'inchiesta di Potenza e i suoi risvolti, poco giudiziari ma molto politici, la minoranza Pd annusa il sangue e prova a rialzare la testa e a cavalcare l'onda.
Lanciando un avvertimento ancora ambiguo ma potenzialmente dirompente: nel referendum costituzionale, la madre di tutte le battaglie prevista per il prossimo autunno, un pezzo del Pd potrebbe schierarsi (insieme a Grillo, Salvini, Berlusconi) per il no alla fine del bicameralismo.
È il succo politico di un'intervista nella quale l'ex leader Pier Luigi Bersani ne dice di tutti i colori: che Matteo Renzi ha «desertificato il Pd», chiudendosi in un «arrogante isolamento»; che Palazzo Chigi ha «espropriato i ministeri a livello politico e burocratico»; che il premier «non ha il fisico per sradicare dai nostri valori» gli ex Pci. Insinua che la Boschi dovrebbe dimettersi: «Io non reggerei quel genere di disagio», dice a proposito delle vicende che coinvolgono il padre. Sul referendum no-triv dice che andrà a votare no (anche perché altrimenti il partito emiliano, saldamente schierato contro il referendum, lo costringerebbe ad emigrare), ma su quello costituzionale lancia una velata minaccia: «Dovremo chiarirci: ci sono caveat insuperabili quando si parla di plebisciti o nuovi partiti». Frase che di per sé non vuol dire nulla, ma che la dice lunga sulle intenzioni di un pezzo di Pd. Che non può, ovviamente, schierarsi apertamente contro una riforma che è il manifesto del Pd e del governo di Renzi, e che peraltro la minoranza ha votato: equivarrebbe mettersi fuori dal partito, e a sancire la scissione. Cosa che Bersani e i suoi non vogliono, perché la speranza è semmai quella di indebolire e costringere alla resa il premier, puntando sia su una sconfitta alle elezioni amministrative - si vota il 5 giugno, la speranza della fronda Pd è che Napoli, Roma, Torino e possibilmente anche Milano vengano perse - che sul bailamme giudiziario, per togliergli di mano il partito e il governo, e svuotare a quel punto il referendum di ottobre di ogni valenza. Non a caso il dalemiano Gianni Cuperlo ieri ha chiesto, con linguaggio da Prima Repubblica, «una verifica di governo» e di «maggiore collegialità» contro la «eccessiva concentrazione di potere».
Il premier, alle prese con il Def, nella sua enews di ieri ha ribadito la linea sull'inchiesta: «Se ci sono problemi, si bloccano i colpevoli e non le opere». Annuncia che oggi sarà di nuovo a Napoli per iniziative di governo, nonostante le manifestazioni violente avallate dal Comune, con «assessori scesi in piazza» e lanci di «sassi e bottiglie». E poi attacca duramente i Cinque Stelle e le loro «incredibili e squallide accuse». Ieri infatti è partita una nuova querela verso il grillino Carlo Sibilia («Famoso per aver detto che l'uomo sulla luna era un'invenzione degli Usa», lo irride il premier), che ha bollato il governo come «camorrista». «Ne risponderà in tribunale, e son certo che rinuncerà al privilegio dell'immunità parlamentare», dice Renzi.
Tra insulti, querele e mozioni di sfiducia lo scontro tra Pd e grillini è a tutto campo, e i seguaci dell'ex comico cercano di tirarci dentro anche il Quirinale. Con una lunga lettera, che in un italiano incerto riprendere le invettive via blog di Grillo, i parlamentari Cinque Stelle chiedono infatti un incontro con il presidente della Repubblica, per spiegargli che siccome loro «intravvedono» quelli che ritengono essere «i primi segnali di una nuova Tangentopoli», vorrebbero «partecipare» a Mattarella «tutta la preoccupazione» in materia. Poi i grillini si lamentano che la discussione e il voto delle mozioni di sfiducia «in cui è racchiuso tutto il nostro sdegno» si votino il 19 aprile, e chiedono che vengano esaminate prima del voto sulla riforma costituzionale, all'esame della Camera: secondo loro, «un governo appeso a un filo non può fare riforme». Poi annunciano di essere pronti a votare «qualsiasi mozione», comprese quelle del centrodestra, per cercare di unire tutti i voti di opposizione. Prospettiva che non preoccupa granché il governo, che solo due giorni fa al Senato ha incassato ben 171 voti nella fiducia su un provvedimento delicato come il decreto banche.
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Re: Diario della caduta di un regime.
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Pier Camillo Davigo nuovo presidente Anm. Attacco a Renzi: “Quel ‘brr che paura’ non mi è piaciuto”
Giustizia & Impunità
Mentre l'inchiesta sul petrolio in Basilicata riaccende lo scontro politica-magistratura, l'ex pm di Mani pulite è eletto al vertice del sindacato delle toghe. E risponde al premier che aveva ironizzato sulle proteste dei giudici per il taglio delle ferie. L'intervento prima del voto: "Non esistono governi amici né governi nemici: dialogo con la politica ma rispetto per la nostra dignità"
di F. Q. | 9 aprile 2016
COMMENTI (301)
L’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo è il nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Lo ha eletto per acclamazione il Comitato direttivo centrale del sindacato delle toghe, dopo che il “dottor Sottile” che lavorò con Di Pietro e Colombo nel pool milanese di Tangentopoli era risultato il più votato, alle consultazioni di marzo, con la sua nuova corrente Autonomia e indipendenza. Davigo guiderà una giunta alla quale partecipano tutte le correnti della magistratura e resterà in carica per un anno.
La nomina di un magistrato di riconosciuta autorevolezza che non si è mai sottratto al confronto con il potere politico arriva fra l’altro proprio mentre torna a infiammarsi lo scontro politica-magistratura per le intercettazioni dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata. E nel suo intervento sul palco, prima dell’elezione, Davigo non ha risparmiato Matteo Renzi: “Quel ‘brr che paura’ è una cosa che non mi è piaciuta per niente”, riferimento a una battuta del presidente del Consiglio nel pieno delle polemiche sul taglio delle ferie ai magistrati. “Possibile che un datore di lavoro tagli le ferie senza neanche consultare la controparte? È una bugia che i magistrati italiani ne abbiano troppe. Faccio notare che i magistrati italiani sono quelli che lavorano di più in tutto il Consiglio europeo. Noi non difendiamo le ferie, difendiamo la nostra credibilità”. L’ex dottor Sottile del pool Mani pulite della Procura di Milano chiarisce: “Non esistono governi amici, così come non esistono governi nemici. Dobbiamo dialogare con la politica, ma con la pretesa del rispetto della nostra dignità”. Ma “credo che tutto possa essere superato con la forza del dialogo”.
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La successione di Davigo a Rodolfo Sabelli è stata sancita in seguito all’accordo che lo vede presidente per un anno, anziché per i quattro previsti finora. Poi il mandato sarà conferito secondo il criterio della turnazione. Lo scorso 18 marzo, il consigliere di Cassazione è stato il più votato tra le toghe con 1.041 preferenze, nella lista che lui stesso ha contribuito a fondare, staccandosi da Magistratura Indipendente, con il nome di Autonomia e Indipendenza. A seguire, il pm di Roma, Francesco Minisci (Unicost, 896 voti), il pm di Santa Maria Capua Vetere, Giuliano Caputo (Unicost, 797 voti), il giudice del tribunale di Roma, Corrado Cartoni (Magistratura Indipendente, 763 voti). Anche oggi, nel corso della discussione, gli interventi delle varie correnti hanno segnato pressoché un consenso unanime sulla sua figura. “Non ho un carisma particolare ma esperienza che spero di trasmettere anche ad altri per comunicare”, ha affermato il magistrato. “Sono poi abbastanza anziano ben venga la rotazione: credo fermamente nella turnazione perché l’unità si crea con la condivisione delle idee”.
Ma le polemiche sono anche tra le toghe. “Io credo che Davigo sia un ottimo magistrato. Credo che il miglior risultato è quando Davigo fa il magistrato”, ha detto il presidente dell’Anac Raffaele Cantone a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24, commentando l’eventuale scelta di Piercamillo Davigo come presidente dell’Anm. Nei mesi scorsi Cantone era stato protagonista di uno scontro con l’Anm, sulla questione delle correnti e delle carriere fuori ruolo dei magistrati, arrivando a minacciare di lasciare l’Associazione.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2622013/
Pier Camillo Davigo nuovo presidente Anm. Attacco a Renzi: “Quel ‘brr che paura’ non mi è piaciuto”
Giustizia & Impunità
Mentre l'inchiesta sul petrolio in Basilicata riaccende lo scontro politica-magistratura, l'ex pm di Mani pulite è eletto al vertice del sindacato delle toghe. E risponde al premier che aveva ironizzato sulle proteste dei giudici per il taglio delle ferie. L'intervento prima del voto: "Non esistono governi amici né governi nemici: dialogo con la politica ma rispetto per la nostra dignità"
di F. Q. | 9 aprile 2016
COMMENTI (301)
L’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo è il nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Lo ha eletto per acclamazione il Comitato direttivo centrale del sindacato delle toghe, dopo che il “dottor Sottile” che lavorò con Di Pietro e Colombo nel pool milanese di Tangentopoli era risultato il più votato, alle consultazioni di marzo, con la sua nuova corrente Autonomia e indipendenza. Davigo guiderà una giunta alla quale partecipano tutte le correnti della magistratura e resterà in carica per un anno.
La nomina di un magistrato di riconosciuta autorevolezza che non si è mai sottratto al confronto con il potere politico arriva fra l’altro proprio mentre torna a infiammarsi lo scontro politica-magistratura per le intercettazioni dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata. E nel suo intervento sul palco, prima dell’elezione, Davigo non ha risparmiato Matteo Renzi: “Quel ‘brr che paura’ è una cosa che non mi è piaciuta per niente”, riferimento a una battuta del presidente del Consiglio nel pieno delle polemiche sul taglio delle ferie ai magistrati. “Possibile che un datore di lavoro tagli le ferie senza neanche consultare la controparte? È una bugia che i magistrati italiani ne abbiano troppe. Faccio notare che i magistrati italiani sono quelli che lavorano di più in tutto il Consiglio europeo. Noi non difendiamo le ferie, difendiamo la nostra credibilità”. L’ex dottor Sottile del pool Mani pulite della Procura di Milano chiarisce: “Non esistono governi amici, così come non esistono governi nemici. Dobbiamo dialogare con la politica, ma con la pretesa del rispetto della nostra dignità”. Ma “credo che tutto possa essere superato con la forza del dialogo”.
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La successione di Davigo a Rodolfo Sabelli è stata sancita in seguito all’accordo che lo vede presidente per un anno, anziché per i quattro previsti finora. Poi il mandato sarà conferito secondo il criterio della turnazione. Lo scorso 18 marzo, il consigliere di Cassazione è stato il più votato tra le toghe con 1.041 preferenze, nella lista che lui stesso ha contribuito a fondare, staccandosi da Magistratura Indipendente, con il nome di Autonomia e Indipendenza. A seguire, il pm di Roma, Francesco Minisci (Unicost, 896 voti), il pm di Santa Maria Capua Vetere, Giuliano Caputo (Unicost, 797 voti), il giudice del tribunale di Roma, Corrado Cartoni (Magistratura Indipendente, 763 voti). Anche oggi, nel corso della discussione, gli interventi delle varie correnti hanno segnato pressoché un consenso unanime sulla sua figura. “Non ho un carisma particolare ma esperienza che spero di trasmettere anche ad altri per comunicare”, ha affermato il magistrato. “Sono poi abbastanza anziano ben venga la rotazione: credo fermamente nella turnazione perché l’unità si crea con la condivisione delle idee”.
Ma le polemiche sono anche tra le toghe. “Io credo che Davigo sia un ottimo magistrato. Credo che il miglior risultato è quando Davigo fa il magistrato”, ha detto il presidente dell’Anac Raffaele Cantone a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24, commentando l’eventuale scelta di Piercamillo Davigo come presidente dell’Anm. Nei mesi scorsi Cantone era stato protagonista di uno scontro con l’Anm, sulla questione delle correnti e delle carriere fuori ruolo dei magistrati, arrivando a minacciare di lasciare l’Associazione.
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Re: Diario della caduta di un regime.
9 APR 2016 15:18
DELUSO E MACALUSO: “STA EMERGENDO LA POCHEZZA DELLA CLASSE DIRIGENTE DI CUI SI E’ CIRCONDATO RENZI. TEMO CHE GIANLUCA GEMELLI NON SIA UN INCIDENTE DI PERCORSO, MA LA SPIA DI UN SISTEMA. UNA VERA SVOLTA NON C’È STATA MA A RENZI NON C’È ALTERNATIVA”
“Federica Guidi è stata nominata ministra solo per garantirsi il consenso della Confindustria, senza valutare bene se davvero aveva la personalità giusta per reggere l'incarico. L'assenza di un partito strutturato alla lunga favorisce la scalata degli arrampicatori”:.. -
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 122369.htm
DELUSO E MACALUSO: “STA EMERGENDO LA POCHEZZA DELLA CLASSE DIRIGENTE DI CUI SI E’ CIRCONDATO RENZI. TEMO CHE GIANLUCA GEMELLI NON SIA UN INCIDENTE DI PERCORSO, MA LA SPIA DI UN SISTEMA. UNA VERA SVOLTA NON C’È STATA MA A RENZI NON C’È ALTERNATIVA”
“Federica Guidi è stata nominata ministra solo per garantirsi il consenso della Confindustria, senza valutare bene se davvero aveva la personalità giusta per reggere l'incarico. L'assenza di un partito strutturato alla lunga favorisce la scalata degli arrampicatori”:.. -
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 122369.htm
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