Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
ROMANZO CRIMINALEe
Meno male che DAVIGO C'E'.
Giustizia, Davigo: “Classe dirigente che delinque fa più danni dei delinquenti di strada”
Giustizia & Impunità
Legnini, vicepresidente del Csm: "Parole che rischiano di alimentare un conflitto di cui il Paese non ha bisogno". Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati durante la lectio magistralis al master in prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e corruzione dell’ Università di Pisa: "Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti"
di F. Q. | 22 aprile 2016
COMMENTI
5
Piercamillo Davigo torna a puntare il dito contro i fenomeni di corruzione nella politica. E l’affondo è durissimo: “La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi”, ha detto il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati durante la lectio magistralis al master in prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e corruzione dell’ Università di Pisa. “In Italia – ha detto – la vulgata comune è dire che rubano tutti. No, mi fa arrabbiare questa cosa, rubano molti. Non tutti. Altrimenti non avrebbe senso fare i processi”.
“Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti”, attacca ancora il numero uno dell’Anm, in evidente riferimento alle parole di Matteo Renzi che il 5 aprile, nella diretta Facebook #Matteorisponde, diceva: “”Oggi leggo sui giornali: Renzi accusa i magistrati. Ma dove? Noi incoraggiamo i magistrati a fare veloci, che parlino con le sentenze, noi più sentenze ci sono e più siamo felici”. Parlando poi del presunto protagonismo dei magistrati, Davigo ironizza: “Le avete mai lette le sentenze? E’ come quando sui giornali di provincia qualche volta c’è il pescatore che ha pescato un luccio enorme. Io dico: è il pescatore affetto da protagonismo o è il luccio che è enorme?”.
Parlando di indagini che “si ripetono nei decenni”, Davigo ha fatto l’esempio di “un funzionario pubblico che nel ’92 spiegava il sistema della distribuzione delle tangenti che andava avanti da 20 anni” e ha concluso: “Oggi inchieste recenti dimostrano che questo sistema è proseguito ininterrotto”. “E a noi – ha aggiunto – ci dicono che abusiamo della custodia cautelare: sono senza vergogna”.
Le parole dell’ex membro del pool di Mani Pulite suscitano la reazione del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini: “Le dichiarazioni del presidente Davigo rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno – afferma Legnini – tanto più nella difficile fase che viviamo nella quale si sta tentando di ottenere, con il dialogo ed il confronto a volte anche critico riforme, personale e mezzi per vincere la battaglia di una giustizia efficiente e rigorosa, a partire dalla lotta alla corruzione e al malaffare”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... a/2663980/
Meno male che DAVIGO C'E'.
Giustizia, Davigo: “Classe dirigente che delinque fa più danni dei delinquenti di strada”
Giustizia & Impunità
Legnini, vicepresidente del Csm: "Parole che rischiano di alimentare un conflitto di cui il Paese non ha bisogno". Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati durante la lectio magistralis al master in prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e corruzione dell’ Università di Pisa: "Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti"
di F. Q. | 22 aprile 2016
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Piercamillo Davigo torna a puntare il dito contro i fenomeni di corruzione nella politica. E l’affondo è durissimo: “La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi”, ha detto il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati durante la lectio magistralis al master in prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e corruzione dell’ Università di Pisa. “In Italia – ha detto – la vulgata comune è dire che rubano tutti. No, mi fa arrabbiare questa cosa, rubano molti. Non tutti. Altrimenti non avrebbe senso fare i processi”.
“Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti”, attacca ancora il numero uno dell’Anm, in evidente riferimento alle parole di Matteo Renzi che il 5 aprile, nella diretta Facebook #Matteorisponde, diceva: “”Oggi leggo sui giornali: Renzi accusa i magistrati. Ma dove? Noi incoraggiamo i magistrati a fare veloci, che parlino con le sentenze, noi più sentenze ci sono e più siamo felici”. Parlando poi del presunto protagonismo dei magistrati, Davigo ironizza: “Le avete mai lette le sentenze? E’ come quando sui giornali di provincia qualche volta c’è il pescatore che ha pescato un luccio enorme. Io dico: è il pescatore affetto da protagonismo o è il luccio che è enorme?”.
Parlando di indagini che “si ripetono nei decenni”, Davigo ha fatto l’esempio di “un funzionario pubblico che nel ’92 spiegava il sistema della distribuzione delle tangenti che andava avanti da 20 anni” e ha concluso: “Oggi inchieste recenti dimostrano che questo sistema è proseguito ininterrotto”. “E a noi – ha aggiunto – ci dicono che abusiamo della custodia cautelare: sono senza vergogna”.
Le parole dell’ex membro del pool di Mani Pulite suscitano la reazione del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini: “Le dichiarazioni del presidente Davigo rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno – afferma Legnini – tanto più nella difficile fase che viviamo nella quale si sta tentando di ottenere, con il dialogo ed il confronto a volte anche critico riforme, personale e mezzi per vincere la battaglia di una giustizia efficiente e rigorosa, a partire dalla lotta alla corruzione e al malaffare”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
ROMANZO CRIMINALE
Davigo: "I politici rubano di più. E non si vergognano"
Il presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, tuona contro la corruzione
Luca Romano - Ven, 22/04/2016 - 19:05
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I politici "non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: "Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare". Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti".
Lo afferma al Corriere della Sera, Piercamillo Davigo, presidente dell'Anm, spiegando che "prendere i corrotti è difficilissimo. Nessuno li denuncia, perché tutti hanno interesse al silenzio: per questo sarei favorevole alla non punibilità del primo che parla. Il punto non è aumentare le pene; è scoprire i reati. Anche con operazioni sotto copertura".
Alla domanda se quindi si ruba più di prima, Davigo spiega: "Si ruba in modo meno organizzato. Tutto è lasciato all'iniziativa individuale o a gruppi temporanei. La corruzione è un reato seriale e diffusivo: chi lo commette, tende a ripeterlo, e a coinvolgere altri. Questo dà vita a un mercato illegale, che tende ad autoregolamentarsi: se il corruttore non paga, nessuno si fiderà più di lui. Ma se l'autoregolamentazione non funziona più, allora interviene un soggetto esterno a regolare il mercato: la criminalità organizzata". Dopo Mani Pulite, prosegue Davigo, "hanno vinto i corrotti, abbiamo migliorato la specie predata: abbiamo preso le zebre lente, le altre sono diventate più veloci". A fermare quel pool "cominciò Berlusconi, con il decreto Biondi; ma nell'alternanza tra i due schieramenti, l'unica differenza fu che la destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato. Non dico che ci abbiano messi in ginocchio; ma un pò genuflessi sì". Il governo Renzi? "Fa le stesse cose - dice Davigo -. Aumenta le soglie di rilevanza penale. Aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito".
Sulla responsabilità civile dei magistrati, il presidente dell'Anm parla di norme ridicole: "L'unica conseguenza è che ora pago 30 euro l'anno in più per la mia polizza: questo la dice lunga sulla ridicolaggine delle norme. Tutti abbiamo un'assicurazione. Non siamo preoccupati per la responsabilità civile, ma per la mancanza di un filtro. Se contro un magistrato viene intentata una causa, anche manifestamente infondata, gli verrà la tentazione di difendersi; ma così non farà più il processo, e potrà essere ricusato. È il modo sbagliato per affrontare un problema serio: perché anche i magistrati sbagliano". Sul rapporto tra toghe e Palazzo, Davigo osserva: "I magistrati avendo guarentigie non sono abituati al criterio di rappresentanza: per questo sovente sono pessimi politici". Poi nel pomeriggio, intervenendo a Pisa, Davigo ha rincarato la dose: "Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti. Le avete mai lette le sentenze? - ha ironizzato Davigo parlando del presunto protagonismo dei magistrati - è come quando sui giornali di provincia qualche volta c’è il pescatore che ha pescato un luccio enorme. Io dico: è il pescatore affetto da protagonismo o è il luccio che è enorme?". E ancora: "La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi". E alle parole di Davigo ha risposto il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini: "Le dichiarazioni del presidente Davigo rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno tanto più nella difficile fase che viviamo nella quale si sta tentando di ottenere, con il dialogo ed il confronto a volte anche critico riforme, personale e mezzi per vincere la battaglia di una giustizia efficiente e rigorosa, a partire dalla lotta alla corruzione e al malaffare". E sullo scontro tra Davigo e il governo sono arrivate diverse reazioni dalla politica.
"Conosco e stimo il presidente Anm. Lo incontrerei volentieri e lo incontrerò. Mi piacerebbe che da parte sua ci fossero considerazioni più circonstanziate. Io sono un politico, mi sono candidato la prima volta nel '93 e in 23 anni non ho mai rubato una lira né sono mai stato processato o indagato per aver rubato una lira". Così il leader della Lega Matteo Salvini, inaugurando la sede romana del partito, risponde a chi gli chiede un commento all'accusa di Pier Camillo Davigo . "Colui che rappresenta i magistrati non può permettersi di dire 'i politici, i tassisti rubano e le maestre picchiano i bambini. Ci sono politici che rubano e maestre che picchiano i bambini, ma altri no. Ci sono tantissimi giudici che fanno il loro lavoro e altri che non fanno una mazza dalla mattina alla sera. Lo incontrerò, potremo fare delle battaglie comuni". Poi nel pomeriggio Davigo ha rincarato la dose intervenendo a Pisa: "Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti. Le avete mai lette le sentenze? - ha ironizzato Davigo parlando del presunto protagonismo dei magistrati - è come quando sui giornali di provincia qualche volta c’è il pescatore che ha pescato un luccio enorme. Io dico: è il pescatore affetto da protagonismo o è il luccio che è enorme?". E ancora: "La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi". Le sue parole hanno scatenato le reazioni della politica.
"Quello di Davigo è un maldestro tentativo di alimentare un inedito e violento scontro tra istituzioni. Non mi sembra ci siano altre parole per commentare le prime sortite del fresco leader dell'Anm, prima sul Fatto e oggi sul Corriere della sera. Le sue dichiarazioni sono eufemisticamente poco responsabili e gli effetti potrebbero essere devastanti qualora ci si lasciasse trascinare in quella direzione". Lo ha detto Antonio Leone, componente laico del Csm in quota Ncd. "Additare indiscriminatamente tutti i politici come ladri - ha precisato Leone - può sicuramente innescare reazioni a catena. Ad esempio i politici potrebbero dire 'come mai l'auspicio di Davigo sul fatto che sia la stessa classe politica a cacciare i corrotti prima ancora che venga celebrato un processo, non lo si usa anche per i magistratì? I politici potrebbero ancora chiedersi perché "ci sono magistrati che, pur condannati e che scontano la pena in galera, continuano a percepire lo stipendio a spese degli italianì? Giacobinismo per giacobinismo vale per tutti. Ma tant'è. La struttura democratica di questo Paese - ha concluso Leone - mi sembra più matura di molti rappresentanti, magistrati e non, e ci auguriamo che le parole di Davigo restino il solito e banale metodo per raggiungere il massimo della visibilità. Questo non significa derubricare la gravità di certe affermazioni".
Davigo: "I politici rubano di più. E non si vergognano"
Il presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, tuona contro la corruzione
Luca Romano - Ven, 22/04/2016 - 19:05
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I politici "non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: "Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare". Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti".
Lo afferma al Corriere della Sera, Piercamillo Davigo, presidente dell'Anm, spiegando che "prendere i corrotti è difficilissimo. Nessuno li denuncia, perché tutti hanno interesse al silenzio: per questo sarei favorevole alla non punibilità del primo che parla. Il punto non è aumentare le pene; è scoprire i reati. Anche con operazioni sotto copertura".
Alla domanda se quindi si ruba più di prima, Davigo spiega: "Si ruba in modo meno organizzato. Tutto è lasciato all'iniziativa individuale o a gruppi temporanei. La corruzione è un reato seriale e diffusivo: chi lo commette, tende a ripeterlo, e a coinvolgere altri. Questo dà vita a un mercato illegale, che tende ad autoregolamentarsi: se il corruttore non paga, nessuno si fiderà più di lui. Ma se l'autoregolamentazione non funziona più, allora interviene un soggetto esterno a regolare il mercato: la criminalità organizzata". Dopo Mani Pulite, prosegue Davigo, "hanno vinto i corrotti, abbiamo migliorato la specie predata: abbiamo preso le zebre lente, le altre sono diventate più veloci". A fermare quel pool "cominciò Berlusconi, con il decreto Biondi; ma nell'alternanza tra i due schieramenti, l'unica differenza fu che la destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato. Non dico che ci abbiano messi in ginocchio; ma un pò genuflessi sì". Il governo Renzi? "Fa le stesse cose - dice Davigo -. Aumenta le soglie di rilevanza penale. Aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito".
Sulla responsabilità civile dei magistrati, il presidente dell'Anm parla di norme ridicole: "L'unica conseguenza è che ora pago 30 euro l'anno in più per la mia polizza: questo la dice lunga sulla ridicolaggine delle norme. Tutti abbiamo un'assicurazione. Non siamo preoccupati per la responsabilità civile, ma per la mancanza di un filtro. Se contro un magistrato viene intentata una causa, anche manifestamente infondata, gli verrà la tentazione di difendersi; ma così non farà più il processo, e potrà essere ricusato. È il modo sbagliato per affrontare un problema serio: perché anche i magistrati sbagliano". Sul rapporto tra toghe e Palazzo, Davigo osserva: "I magistrati avendo guarentigie non sono abituati al criterio di rappresentanza: per questo sovente sono pessimi politici". Poi nel pomeriggio, intervenendo a Pisa, Davigo ha rincarato la dose: "Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti. Le avete mai lette le sentenze? - ha ironizzato Davigo parlando del presunto protagonismo dei magistrati - è come quando sui giornali di provincia qualche volta c’è il pescatore che ha pescato un luccio enorme. Io dico: è il pescatore affetto da protagonismo o è il luccio che è enorme?". E ancora: "La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi". E alle parole di Davigo ha risposto il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini: "Le dichiarazioni del presidente Davigo rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno tanto più nella difficile fase che viviamo nella quale si sta tentando di ottenere, con il dialogo ed il confronto a volte anche critico riforme, personale e mezzi per vincere la battaglia di una giustizia efficiente e rigorosa, a partire dalla lotta alla corruzione e al malaffare". E sullo scontro tra Davigo e il governo sono arrivate diverse reazioni dalla politica.
"Conosco e stimo il presidente Anm. Lo incontrerei volentieri e lo incontrerò. Mi piacerebbe che da parte sua ci fossero considerazioni più circonstanziate. Io sono un politico, mi sono candidato la prima volta nel '93 e in 23 anni non ho mai rubato una lira né sono mai stato processato o indagato per aver rubato una lira". Così il leader della Lega Matteo Salvini, inaugurando la sede romana del partito, risponde a chi gli chiede un commento all'accusa di Pier Camillo Davigo . "Colui che rappresenta i magistrati non può permettersi di dire 'i politici, i tassisti rubano e le maestre picchiano i bambini. Ci sono politici che rubano e maestre che picchiano i bambini, ma altri no. Ci sono tantissimi giudici che fanno il loro lavoro e altri che non fanno una mazza dalla mattina alla sera. Lo incontrerò, potremo fare delle battaglie comuni". Poi nel pomeriggio Davigo ha rincarato la dose intervenendo a Pisa: "Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti. Le avete mai lette le sentenze? - ha ironizzato Davigo parlando del presunto protagonismo dei magistrati - è come quando sui giornali di provincia qualche volta c’è il pescatore che ha pescato un luccio enorme. Io dico: è il pescatore affetto da protagonismo o è il luccio che è enorme?". E ancora: "La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi". Le sue parole hanno scatenato le reazioni della politica.
"Quello di Davigo è un maldestro tentativo di alimentare un inedito e violento scontro tra istituzioni. Non mi sembra ci siano altre parole per commentare le prime sortite del fresco leader dell'Anm, prima sul Fatto e oggi sul Corriere della sera. Le sue dichiarazioni sono eufemisticamente poco responsabili e gli effetti potrebbero essere devastanti qualora ci si lasciasse trascinare in quella direzione". Lo ha detto Antonio Leone, componente laico del Csm in quota Ncd. "Additare indiscriminatamente tutti i politici come ladri - ha precisato Leone - può sicuramente innescare reazioni a catena. Ad esempio i politici potrebbero dire 'come mai l'auspicio di Davigo sul fatto che sia la stessa classe politica a cacciare i corrotti prima ancora che venga celebrato un processo, non lo si usa anche per i magistratì? I politici potrebbero ancora chiedersi perché "ci sono magistrati che, pur condannati e che scontano la pena in galera, continuano a percepire lo stipendio a spese degli italianì? Giacobinismo per giacobinismo vale per tutti. Ma tant'è. La struttura democratica di questo Paese - ha concluso Leone - mi sembra più matura di molti rappresentanti, magistrati e non, e ci auguriamo che le parole di Davigo restino il solito e banale metodo per raggiungere il massimo della visibilità. Questo non significa derubricare la gravità di certe affermazioni".
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Re: Diario della caduta di un regime.
ROMANZO CRIMINALE
Quelle intercettazioni che imbarazzano Renzi
Il leader dell'Anm prima non fa sconti al governo poi innesca la retromarcia. Ma Palazzo Chigi trema. I rumors: arriveranno conversazioni choc sul premier
Anna Maria Greco - Sab, 23/04/2016 - 08:06
commenta
In un crescendo rossiniano, l'alterco tra magistrati e politici alza i toni fino a far tremare i vetri di Palazzo Chigi.
Perché quando Piercamillo Davigo denuncia l'Italia in cui «hanno vinto i corrotti», che «rubano più di prima ma non si vergognano», accusa i partiti di complicità, mette destra e sinistra sullo stesso piano e nega che il governo Renzi sia diverso: «Fa le stesse cose».
Il presidente dell'Anm è stato appena eletto e deve farsi sentire, vuol dire chiaro al premier che ha tagliato le ferie alle toghe, riformato la responsabilità civile e continua ad attaccare le toghe minacciando di mettere un freno all'abuso di intercettazioni, che l'aria è cambiata dalla giunta Sabelli.
Ma il premier perché ha scelto lo scontro frontale, soprattutto dopo l'inchiesta di Potenza, provocando reazioni così dure? Giorni fa una risposta l'aveva data Paolo Mieli, ora è Giuliano Cazzola a parlare di voci «sempre più insistenti secondo le quali su Renzi si scatenerà una massiccia offensiva mediatico-giudiziaria con relativa pubblicazione di conversazioni telefoniche di contenuto imbarazzante». Sembra alludere, più che a fatti penalmente rilevanti, a espressioni «fuori dalle righe» che, come ai tempi della conversazione con il generale Adinolfi su Letta «incapace», possono far saltare gli equilibri politici. L'economista cita l'inchiesta di Potenza e ricorda anche che «Renzi non è un parlamentare e quindi per poterlo sottoporre a intercettazione valgono le medesime regole del caso Guidi».
Per ora, il premier deve buttar giù le accuse circostanziate di Davigo. Il falco del pool di Mani pulite afferma, in un'intervista sul Corriere della Sera, che la situazione «è peggio di allora», «si ruba in modo meno organizzato e tutto è lasciato all'iniziativa individuale o a gruppi temporanei», ma quelli sopravvissuti alla stagione di Tangentopoli e alla dura selezione della specie sono «i predatori» più forti ed evoluti, che hanno fatto diventare il reato «seriale e diffusivo». Questo grazie alla politica, per Davigo, che ha voluto fermare l'opera di pulizia delle toghe. La politica senza distinzioni, anche se in serata il pm con una nota ammorbidisce appena i toni: «Mai pensato che tutti i politici rubino, mi riferivo ai fatti di cui mi sono occupato e a quelli appresi successivamente».
Ma resta il j'accuse: «La destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato». La prima «abolì il falso in bilancio, attirandosi la condanna della comunità internazionale», la seconda stabilì «che i reati tributari erano tali solo se si riverberavano sulla dichiarazione dei redditi, introdusse la modica quantità di fondi neri per uso personale». Senza distinzione tra Berlusconi e Renzi. L'attuale governo, dice Davigo, «aumenta le soglie di rilevanza penale, aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito».
Critica le norme premiali anticorruzione, spiega che il premier butta fumo negli occhi, rendendo sì più pesanti le pene e più lunga la prescrizione, ma tralasciando ciò che davvero è importante, «scoprire i reati, anche con operazioni sotto copertura». Il numero uno dell'Anm cita il capo dell'Anticorruzione, ma con una stoccata. «Lo diceva anche Cantone; anche se ora ha smesso di dirlo». Perché? «Lo capisco. E non aggiungo altro», risponde Davigo, facendo capire che se si lavora con Renzi certi limiti bisogna autoimporseli.
Il peso delle sue parole si misura sull'entità delle reazioni che provoca, soprattutto da un Pd che ora ricorda alle toghe di parlare solo con le sentenze, ma anche dalla stessa magistratura, Csm in testa. Mentre le polemiche infuriano Davigo aggiunge un altro affondo: «C'è stato un decadimento della classe politica, quella che c'era allora non ha pensato alla successione».
Tutti parlano come se sapessero che c'è dell'altro dietro. Stavolta, avverte Cazzola, gli avversari di Renzi «non saranno tigri di carta come gli esponenti della sinistra dem». E l'alfiere di Renzi Fabrizio Rondolino replica in questi termini: «Caro Davigo, la democrazia è più forte della barbarie. E questa volta la difenderemo con ogni mezzo». Con ogni mezzo, sottolinea il giornalista.
Quelle intercettazioni che imbarazzano Renzi
Il leader dell'Anm prima non fa sconti al governo poi innesca la retromarcia. Ma Palazzo Chigi trema. I rumors: arriveranno conversazioni choc sul premier
Anna Maria Greco - Sab, 23/04/2016 - 08:06
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In un crescendo rossiniano, l'alterco tra magistrati e politici alza i toni fino a far tremare i vetri di Palazzo Chigi.
Perché quando Piercamillo Davigo denuncia l'Italia in cui «hanno vinto i corrotti», che «rubano più di prima ma non si vergognano», accusa i partiti di complicità, mette destra e sinistra sullo stesso piano e nega che il governo Renzi sia diverso: «Fa le stesse cose».
Il presidente dell'Anm è stato appena eletto e deve farsi sentire, vuol dire chiaro al premier che ha tagliato le ferie alle toghe, riformato la responsabilità civile e continua ad attaccare le toghe minacciando di mettere un freno all'abuso di intercettazioni, che l'aria è cambiata dalla giunta Sabelli.
Ma il premier perché ha scelto lo scontro frontale, soprattutto dopo l'inchiesta di Potenza, provocando reazioni così dure? Giorni fa una risposta l'aveva data Paolo Mieli, ora è Giuliano Cazzola a parlare di voci «sempre più insistenti secondo le quali su Renzi si scatenerà una massiccia offensiva mediatico-giudiziaria con relativa pubblicazione di conversazioni telefoniche di contenuto imbarazzante». Sembra alludere, più che a fatti penalmente rilevanti, a espressioni «fuori dalle righe» che, come ai tempi della conversazione con il generale Adinolfi su Letta «incapace», possono far saltare gli equilibri politici. L'economista cita l'inchiesta di Potenza e ricorda anche che «Renzi non è un parlamentare e quindi per poterlo sottoporre a intercettazione valgono le medesime regole del caso Guidi».
Per ora, il premier deve buttar giù le accuse circostanziate di Davigo. Il falco del pool di Mani pulite afferma, in un'intervista sul Corriere della Sera, che la situazione «è peggio di allora», «si ruba in modo meno organizzato e tutto è lasciato all'iniziativa individuale o a gruppi temporanei», ma quelli sopravvissuti alla stagione di Tangentopoli e alla dura selezione della specie sono «i predatori» più forti ed evoluti, che hanno fatto diventare il reato «seriale e diffusivo». Questo grazie alla politica, per Davigo, che ha voluto fermare l'opera di pulizia delle toghe. La politica senza distinzioni, anche se in serata il pm con una nota ammorbidisce appena i toni: «Mai pensato che tutti i politici rubino, mi riferivo ai fatti di cui mi sono occupato e a quelli appresi successivamente».
Ma resta il j'accuse: «La destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato». La prima «abolì il falso in bilancio, attirandosi la condanna della comunità internazionale», la seconda stabilì «che i reati tributari erano tali solo se si riverberavano sulla dichiarazione dei redditi, introdusse la modica quantità di fondi neri per uso personale». Senza distinzione tra Berlusconi e Renzi. L'attuale governo, dice Davigo, «aumenta le soglie di rilevanza penale, aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito».
Critica le norme premiali anticorruzione, spiega che il premier butta fumo negli occhi, rendendo sì più pesanti le pene e più lunga la prescrizione, ma tralasciando ciò che davvero è importante, «scoprire i reati, anche con operazioni sotto copertura». Il numero uno dell'Anm cita il capo dell'Anticorruzione, ma con una stoccata. «Lo diceva anche Cantone; anche se ora ha smesso di dirlo». Perché? «Lo capisco. E non aggiungo altro», risponde Davigo, facendo capire che se si lavora con Renzi certi limiti bisogna autoimporseli.
Il peso delle sue parole si misura sull'entità delle reazioni che provoca, soprattutto da un Pd che ora ricorda alle toghe di parlare solo con le sentenze, ma anche dalla stessa magistratura, Csm in testa. Mentre le polemiche infuriano Davigo aggiunge un altro affondo: «C'è stato un decadimento della classe politica, quella che c'era allora non ha pensato alla successione».
Tutti parlano come se sapessero che c'è dell'altro dietro. Stavolta, avverte Cazzola, gli avversari di Renzi «non saranno tigri di carta come gli esponenti della sinistra dem». E l'alfiere di Renzi Fabrizio Rondolino replica in questi termini: «Caro Davigo, la democrazia è più forte della barbarie. E questa volta la difenderemo con ogni mezzo». Con ogni mezzo, sottolinea il giornalista.
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Diario della caduta di un regime.
ROMANZO CRIMINALE
Quelle intercettazioni che imbarazzano Renzi
Il leader dell'Anm prima non fa sconti al governo poi innesca la retromarcia. Ma Palazzo Chigi trema. I rumors: arriveranno conversazioni choc sul premier
Anna Maria Greco - Sab, 23/04/2016 - 08:06
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In un crescendo rossiniano, l'alterco tra magistrati e politici alza i toni fino a far tremare i vetri di Palazzo Chigi.
Perché quando Piercamillo Davigo denuncia l'Italia in cui «hanno vinto i corrotti», che «rubano più di prima ma non si vergognano», accusa i partiti di complicità, mette destra e sinistra sullo stesso piano e nega che il governo Renzi sia diverso: «Fa le stesse cose».
Il presidente dell'Anm è stato appena eletto e deve farsi sentire, vuol dire chiaro al premier che ha tagliato le ferie alle toghe, riformato la responsabilità civile e continua ad attaccare le toghe minacciando di mettere un freno all'abuso di intercettazioni, che l'aria è cambiata dalla giunta Sabelli.
Ma il premier perché ha scelto lo scontro frontale, soprattutto dopo l'inchiesta di Potenza, provocando reazioni così dure? Giorni fa una risposta l'aveva data Paolo Mieli, ora è Giuliano Cazzola a parlare di voci «sempre più insistenti secondo le quali su Renzi si scatenerà una massiccia offensiva mediatico-giudiziaria con relativa pubblicazione di conversazioni telefoniche di contenuto imbarazzante». Sembra alludere, più che a fatti penalmente rilevanti, a espressioni «fuori dalle righe» che, come ai tempi della conversazione con il generale Adinolfi su Letta «incapace», possono far saltare gli equilibri politici. L'economista cita l'inchiesta di Potenza e ricorda anche che «Renzi non è un parlamentare e quindi per poterlo sottoporre a intercettazione valgono le medesime regole del caso Guidi».
Per ora, il premier deve buttar giù le accuse circostanziate di Davigo. Il falco del pool di Mani pulite afferma, in un'intervista sul Corriere della Sera, che la situazione «è peggio di allora», «si ruba in modo meno organizzato e tutto è lasciato all'iniziativa individuale o a gruppi temporanei», ma quelli sopravvissuti alla stagione di Tangentopoli e alla dura selezione della specie sono «i predatori» più forti ed evoluti, che hanno fatto diventare il reato «seriale e diffusivo». Questo grazie alla politica, per Davigo, che ha voluto fermare l'opera di pulizia delle toghe. La politica senza distinzioni, anche se in serata il pm con una nota ammorbidisce appena i toni: «Mai pensato che tutti i politici rubino, mi riferivo ai fatti di cui mi sono occupato e a quelli appresi successivamente».
Ma resta il j'accuse: «La destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato». La prima «abolì il falso in bilancio, attirandosi la condanna della comunità internazionale», la seconda stabilì «che i reati tributari erano tali solo se si riverberavano sulla dichiarazione dei redditi, introdusse la modica quantità di fondi neri per uso personale». Senza distinzione tra Berlusconi e Renzi. L'attuale governo, dice Davigo, «aumenta le soglie di rilevanza penale, aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito».
Critica le norme premiali anticorruzione, spiega che il premier butta fumo negli occhi, rendendo sì più pesanti le pene e più lunga la prescrizione, ma tralasciando ciò che davvero è importante, «scoprire i reati, anche con operazioni sotto copertura». Il numero uno dell'Anm cita il capo dell'Anticorruzione, ma con una stoccata. «Lo diceva anche Cantone; anche se ora ha smesso di dirlo». Perché? «Lo capisco. E non aggiungo altro», risponde Davigo, facendo capire che se si lavora con Renzi certi limiti bisogna autoimporseli.
Il peso delle sue parole si misura sull'entità delle reazioni che provoca, soprattutto da un Pd che ora ricorda alle toghe di parlare solo con le sentenze, ma anche dalla stessa magistratura, Csm in testa. Mentre le polemiche infuriano Davigo aggiunge un altro affondo: «C'è stato un decadimento della classe politica, quella che c'era allora non ha pensato alla successione».
Tutti parlano come se sapessero che c'è dell'altro dietro. Stavolta, avverte Cazzola, gli avversari di Renzi «non saranno tigri di carta come gli esponenti della sinistra dem». E l'alfiere di Renzi Fabrizio Rondolino replica in questi termini: «Caro Davigo, la democrazia è più forte della barbarie. E questa volta la difenderemo con ogni mezzo». Con ogni mezzo, sottolinea il giornalista.
Quelle intercettazioni che imbarazzano Renzi
Il leader dell'Anm prima non fa sconti al governo poi innesca la retromarcia. Ma Palazzo Chigi trema. I rumors: arriveranno conversazioni choc sul premier
Anna Maria Greco - Sab, 23/04/2016 - 08:06
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In un crescendo rossiniano, l'alterco tra magistrati e politici alza i toni fino a far tremare i vetri di Palazzo Chigi.
Perché quando Piercamillo Davigo denuncia l'Italia in cui «hanno vinto i corrotti», che «rubano più di prima ma non si vergognano», accusa i partiti di complicità, mette destra e sinistra sullo stesso piano e nega che il governo Renzi sia diverso: «Fa le stesse cose».
Il presidente dell'Anm è stato appena eletto e deve farsi sentire, vuol dire chiaro al premier che ha tagliato le ferie alle toghe, riformato la responsabilità civile e continua ad attaccare le toghe minacciando di mettere un freno all'abuso di intercettazioni, che l'aria è cambiata dalla giunta Sabelli.
Ma il premier perché ha scelto lo scontro frontale, soprattutto dopo l'inchiesta di Potenza, provocando reazioni così dure? Giorni fa una risposta l'aveva data Paolo Mieli, ora è Giuliano Cazzola a parlare di voci «sempre più insistenti secondo le quali su Renzi si scatenerà una massiccia offensiva mediatico-giudiziaria con relativa pubblicazione di conversazioni telefoniche di contenuto imbarazzante». Sembra alludere, più che a fatti penalmente rilevanti, a espressioni «fuori dalle righe» che, come ai tempi della conversazione con il generale Adinolfi su Letta «incapace», possono far saltare gli equilibri politici. L'economista cita l'inchiesta di Potenza e ricorda anche che «Renzi non è un parlamentare e quindi per poterlo sottoporre a intercettazione valgono le medesime regole del caso Guidi».
Per ora, il premier deve buttar giù le accuse circostanziate di Davigo. Il falco del pool di Mani pulite afferma, in un'intervista sul Corriere della Sera, che la situazione «è peggio di allora», «si ruba in modo meno organizzato e tutto è lasciato all'iniziativa individuale o a gruppi temporanei», ma quelli sopravvissuti alla stagione di Tangentopoli e alla dura selezione della specie sono «i predatori» più forti ed evoluti, che hanno fatto diventare il reato «seriale e diffusivo». Questo grazie alla politica, per Davigo, che ha voluto fermare l'opera di pulizia delle toghe. La politica senza distinzioni, anche se in serata il pm con una nota ammorbidisce appena i toni: «Mai pensato che tutti i politici rubino, mi riferivo ai fatti di cui mi sono occupato e a quelli appresi successivamente».
Ma resta il j'accuse: «La destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato». La prima «abolì il falso in bilancio, attirandosi la condanna della comunità internazionale», la seconda stabilì «che i reati tributari erano tali solo se si riverberavano sulla dichiarazione dei redditi, introdusse la modica quantità di fondi neri per uso personale». Senza distinzione tra Berlusconi e Renzi. L'attuale governo, dice Davigo, «aumenta le soglie di rilevanza penale, aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito».
Critica le norme premiali anticorruzione, spiega che il premier butta fumo negli occhi, rendendo sì più pesanti le pene e più lunga la prescrizione, ma tralasciando ciò che davvero è importante, «scoprire i reati, anche con operazioni sotto copertura». Il numero uno dell'Anm cita il capo dell'Anticorruzione, ma con una stoccata. «Lo diceva anche Cantone; anche se ora ha smesso di dirlo». Perché? «Lo capisco. E non aggiungo altro», risponde Davigo, facendo capire che se si lavora con Renzi certi limiti bisogna autoimporseli.
Il peso delle sue parole si misura sull'entità delle reazioni che provoca, soprattutto da un Pd che ora ricorda alle toghe di parlare solo con le sentenze, ma anche dalla stessa magistratura, Csm in testa. Mentre le polemiche infuriano Davigo aggiunge un altro affondo: «C'è stato un decadimento della classe politica, quella che c'era allora non ha pensato alla successione».
Tutti parlano come se sapessero che c'è dell'altro dietro. Stavolta, avverte Cazzola, gli avversari di Renzi «non saranno tigri di carta come gli esponenti della sinistra dem». E l'alfiere di Renzi Fabrizio Rondolino replica in questi termini: «Caro Davigo, la democrazia è più forte della barbarie. E questa volta la difenderemo con ogni mezzo». Con ogni mezzo, sottolinea il giornalista.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Liguria, 700 tonnellate di petrolio verso il mare. Le prime chiazze a Pegli: allerta per i temporali
Ambiente & Veleni
La sera del referendum sulle trivelle, a urne aperte, scoppia un pezzo dell'oleodotto della Iplom lungo il Polcevera. L'olio nero scivola a mare ma gli interventi per fermarlo ritardano, si tenta di ridimensionare la portata dell'incidente, nessuno ne parla. La Procura sequestra l'impianto, la compagnia risponde con la cassa integrazione. La rabbia dei residenti: "Ci avvelenano da anni, siamo come in prigione". Ecco cosa succede quando esplode la bomba ecologica che doveva portare benessere e occupazione
di Thomas Mackinson | 22 aprile 2016
COMMENTI (285)
Un disastro ambientale passato sotto silenzio. I battelli disinquinanti scivolano sull’acqua facendo avanti indietro lungo le dighe sifonate piazzate alla foce del torrente, intorno silenzio. Silenzio anche tra i boschi della Valpolcevera, dove le rane la sera hanno smesso di gracidare e di questo si stupiscono i residenti, più delle esalazioni che pure trafiggono il naso e la gola. Frazione di Fegino, teatro dell’ultimo disastro ambientale annunciato d’Italia. E’ qui che il greggio in arrivo dal Porto Petroli di Multedo fa tappa, compulsato nei silos della Iplom prima di essere movimentato tramite oleodotto interrato all’impianto di trattamento di Busalla. Perché la nave, si sa, meno sosta e meno costa. L’oro nero scende e sale attraverso condotte di 70 cm e domenica sera una di queste, fatalmente, ha fatto il botto per un probabile eccesso di pressione. Erano le 19.33, le urne del referendum sulle trivelle erano ancora aperte. Sono dei ragazzi a sentire lo schianto, pensano al terremoto, chiamano il 118. Arrivano i vigili, avvertono la Iplom e fanno chiudere la mandata che comanda il pompaggio. Ma l’olio che era nella condotta ormai è fuoriuscito e quello non intercettato si scarica a valle. Una modesta quantità, al più 300 tonnellate, si sente ripetere mentre scatta il piano di emergenza con panne, autospurghi e briglia sifonata a cento metri dalla foce.
Solo lunedì si iniziano a comprendere le reali dimensioni dell’incidente. Le barche dei pescatori usciti in mare tornato all’alba imbrattate di nero, riferiscono di aver incontrato macchie oleose. Arrivano le prime foto degli uccelli imprigionati dall’olio nero, del torrente Polcevera che schiuma e del greggio che galleggia e penetra nel terreno dei rii in secca. Dopo 24 ore si parla di “disatro”, si scopre che la quantità di greggio fuoriuscita è doppia: 700 tonnellate, dice l’Arpal. Scatta la corsa a fermare la macchia nera che scende a valle, fino alla foce del torrente che si tuffa nel mare. E così la Liguria, alla vigilia dell’apertura della stagione balneare, scopre che le bombe prima o poi esplodono davvero, anche quelle ecologiche. E sta col fiato sospeso da giorni, perché il greggio fuori controllo è stato avvistato a Varazze e ha toccato anche la spiaggia di Pegli, inquinando 300 metri del lungomare. Non è finita. E’ allerta gialla dalle 22 di stasera e per tutto il fine settimana: i temporali in arrivo potrebbero aggravare la situazione su due fronti, alimentando le correnti potrebbero spargere la macchia a mare lungo 40 km e la pioggia potrebbe vanificare anche gli sforzi a monte, lungo il torrente, dove le dighe potrebbero non tenere trascinando giù altre sostanze oleose.
Poi arrivano le polemiche, un fiume di polemiche. La società, riferiscono i residenti, si appalesa sul luogo dell’incidente solo a distanza di ore. “Era quasi mezzanotte quando sono arrivati mentre i Vigili del Fuoco erano al lavoro da tre ore”, racconta al fattoquotidiano.it Angelo Spanò, che risiede sul cucuzzolo di Fegino, quartiere Caronata, e dà voce al comitato dei Verdi. Dovrebbe essere la Iplom ad occuparsi dei lavori di rimozione dell’olio e di messa in sicurezza del torrente. Ma lo sforzo profuso finora, a detta dell’assessore alla Protezione civile di Genova, Gianni Crivello, è insufficiente: “Deve accelerare moltiplicando le presenze, i materiali e i mezzi per mettere in sicurezza quest’area”. Se le azioni messe in campo finora non bastano, sarà la Regione a prendere in mano la situazione.
La Procura di Genova ha avviato un’inchiesta e disposto il sequestro della raffineria oggetto di innumerevoli incidenti dal 1979 ad oggi. Dovrà stabilire, tra l’altro, se lo smottamento visibile in prossimità della rottura è l’origine o la conseguenza della rottura della tubatura. Di tutto questo si occupa il pooll di esperti del pm Walter Cotugno, specializzato in reati ambientali. Non solo. L’intervento per arginare i danni causati dalla rottura della conduttura è stato condotto seguendo un Piano di Emergenza Esterno (PPE) non aggiornato dal 2012 e quindi, secondo le previsioni di legge, scaduto nel 2015. Ma scaduto è anche quello dello stabilimento Iplom di Busalla, dove l’ultimo risalirebbe al 2006. La responsabilità del documento è in capo alla Prefettura di Genova. E ora tocca capire se quel ritardo era lecito o meno rispetto al quadro normativo e se ha contribuito in qualche modo a favorire l’incidente e la lentezza dell’intervento per fermarla.
E già insorge un altro problema, a complicare il quadro: all’azione della procura è seguita la reazione dell’azienda. Al sequestro Iplom ha risposto calando la carta della cassa integrazione per i 250 dipendenti dello stabilimento. Come all’Ilva, come a Vado, come al Centro Oli di Viggiano. Sul punto è pronta la risposta del procuratore capo Francesco Cozzi: “Al momento la priorità è intervenire sul territorio coinvolto. Quanto all’inchiesta, il sequestro durerà il tempo necessario per consentire l’accertamento dei fatti”.
La rabbia dei residenti monta. La notte dell’incidente un bambino che soffre d’asma ed un’anziana sono stati portati in ospedale per malore mentre le scuole sono state chiuse. Due giorni fa gli abitanti di Fegino, esasperati dalle esalazioni, hanno bloccato il traffico nel quartiere “passeggiando” sino alla Iplom di via Borzoli. E la situazione non è cambiata.“Siamo obbligati a stare in casa con le finestre chiuse per l’odore che brucia la gola e fa lacrimare gli occhi”, racconta al fatto Antonella Marras che abita appena sopra il centro abitato. “La gente è sconvolta da questo cambiamento di vita improvviso e terribile. Oggi non sono andata giù perché abito poco sopra, ma l’aria è pesante. So che stanno facendo i lavori per aspirare il petrolio ma c’è tanta puzza, dicono che non faccia male. Se stai giù vicino al fiume dove ci sono i negozi non puoi respirare. E’ una prigione da cui non puoi scappare”. Il sindaco ha emesso un’ordinanza di chiusura della strada principale per procedere a una bonifica con mezzi pesanti dalle 21 alle 5 del mattino per procedere alla bonifica in sicurezza.
Gli ambientalisti da sempre denunciano i rischi, ora accusano: “E’ evidente che in una fase di deindustrializzazione molto spinta con impianti vecchi la probabilità di incidenti va aumentando in tutta la Liguria”, spiega Santo Grammatico di Legambiente. “Questo incidente petrolifero è avvenuto a urne aperte mentre si doveva decidere sulle trivelle. I nostri sforzi per far capire che puntare alle energie fossili è un rischio enorme non sono stati suffucienti rispetto agli interessi in campo. Speriamo solo che i riflettori non si abbassino. L’Italia deve ancora trovare una strada e quella che ha scelto porta a questi risultati”. Lo stesso concetto scandisce il sindaco di Genova, Marco Doria annunciando che in caso di procedimento penale il Comune si costituirà parte civile: “Il referendum sulle trivelle c’entra con l’incidente genovese, è qualcosa di più di una coincidenza, è la dimostrazione che il tema del controllo di impianti di attività a rischio è centrale nella nostra società, non possiamo metterlo nell’angolo”.
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La sera del referendum sulle trivelle, a urne aperte, scoppia un pezzo dell'oleodotto della Iplom lungo il Polcevera. L'olio nero scivola a mare ma gli interventi per fermarlo ritardano, si tenta di ridimensionare la portata dell'incidente, nessuno ne parla. La Procura sequestra l'impianto, la compagnia risponde con la cassa integrazione. La rabbia dei residenti: "Ci avvelenano da anni, siamo come in prigione". Ecco cosa succede quando esplode la bomba ecologica che doveva portare benessere e occupazione
di Thomas Mackinson | 22 aprile 2016
COMMENTI (285)
Un disastro ambientale passato sotto silenzio. I battelli disinquinanti scivolano sull’acqua facendo avanti indietro lungo le dighe sifonate piazzate alla foce del torrente, intorno silenzio. Silenzio anche tra i boschi della Valpolcevera, dove le rane la sera hanno smesso di gracidare e di questo si stupiscono i residenti, più delle esalazioni che pure trafiggono il naso e la gola. Frazione di Fegino, teatro dell’ultimo disastro ambientale annunciato d’Italia. E’ qui che il greggio in arrivo dal Porto Petroli di Multedo fa tappa, compulsato nei silos della Iplom prima di essere movimentato tramite oleodotto interrato all’impianto di trattamento di Busalla. Perché la nave, si sa, meno sosta e meno costa. L’oro nero scende e sale attraverso condotte di 70 cm e domenica sera una di queste, fatalmente, ha fatto il botto per un probabile eccesso di pressione. Erano le 19.33, le urne del referendum sulle trivelle erano ancora aperte. Sono dei ragazzi a sentire lo schianto, pensano al terremoto, chiamano il 118. Arrivano i vigili, avvertono la Iplom e fanno chiudere la mandata che comanda il pompaggio. Ma l’olio che era nella condotta ormai è fuoriuscito e quello non intercettato si scarica a valle. Una modesta quantità, al più 300 tonnellate, si sente ripetere mentre scatta il piano di emergenza con panne, autospurghi e briglia sifonata a cento metri dalla foce.
Solo lunedì si iniziano a comprendere le reali dimensioni dell’incidente. Le barche dei pescatori usciti in mare tornato all’alba imbrattate di nero, riferiscono di aver incontrato macchie oleose. Arrivano le prime foto degli uccelli imprigionati dall’olio nero, del torrente Polcevera che schiuma e del greggio che galleggia e penetra nel terreno dei rii in secca. Dopo 24 ore si parla di “disatro”, si scopre che la quantità di greggio fuoriuscita è doppia: 700 tonnellate, dice l’Arpal. Scatta la corsa a fermare la macchia nera che scende a valle, fino alla foce del torrente che si tuffa nel mare. E così la Liguria, alla vigilia dell’apertura della stagione balneare, scopre che le bombe prima o poi esplodono davvero, anche quelle ecologiche. E sta col fiato sospeso da giorni, perché il greggio fuori controllo è stato avvistato a Varazze e ha toccato anche la spiaggia di Pegli, inquinando 300 metri del lungomare. Non è finita. E’ allerta gialla dalle 22 di stasera e per tutto il fine settimana: i temporali in arrivo potrebbero aggravare la situazione su due fronti, alimentando le correnti potrebbero spargere la macchia a mare lungo 40 km e la pioggia potrebbe vanificare anche gli sforzi a monte, lungo il torrente, dove le dighe potrebbero non tenere trascinando giù altre sostanze oleose.
Poi arrivano le polemiche, un fiume di polemiche. La società, riferiscono i residenti, si appalesa sul luogo dell’incidente solo a distanza di ore. “Era quasi mezzanotte quando sono arrivati mentre i Vigili del Fuoco erano al lavoro da tre ore”, racconta al fattoquotidiano.it Angelo Spanò, che risiede sul cucuzzolo di Fegino, quartiere Caronata, e dà voce al comitato dei Verdi. Dovrebbe essere la Iplom ad occuparsi dei lavori di rimozione dell’olio e di messa in sicurezza del torrente. Ma lo sforzo profuso finora, a detta dell’assessore alla Protezione civile di Genova, Gianni Crivello, è insufficiente: “Deve accelerare moltiplicando le presenze, i materiali e i mezzi per mettere in sicurezza quest’area”. Se le azioni messe in campo finora non bastano, sarà la Regione a prendere in mano la situazione.
La Procura di Genova ha avviato un’inchiesta e disposto il sequestro della raffineria oggetto di innumerevoli incidenti dal 1979 ad oggi. Dovrà stabilire, tra l’altro, se lo smottamento visibile in prossimità della rottura è l’origine o la conseguenza della rottura della tubatura. Di tutto questo si occupa il pooll di esperti del pm Walter Cotugno, specializzato in reati ambientali. Non solo. L’intervento per arginare i danni causati dalla rottura della conduttura è stato condotto seguendo un Piano di Emergenza Esterno (PPE) non aggiornato dal 2012 e quindi, secondo le previsioni di legge, scaduto nel 2015. Ma scaduto è anche quello dello stabilimento Iplom di Busalla, dove l’ultimo risalirebbe al 2006. La responsabilità del documento è in capo alla Prefettura di Genova. E ora tocca capire se quel ritardo era lecito o meno rispetto al quadro normativo e se ha contribuito in qualche modo a favorire l’incidente e la lentezza dell’intervento per fermarla.
E già insorge un altro problema, a complicare il quadro: all’azione della procura è seguita la reazione dell’azienda. Al sequestro Iplom ha risposto calando la carta della cassa integrazione per i 250 dipendenti dello stabilimento. Come all’Ilva, come a Vado, come al Centro Oli di Viggiano. Sul punto è pronta la risposta del procuratore capo Francesco Cozzi: “Al momento la priorità è intervenire sul territorio coinvolto. Quanto all’inchiesta, il sequestro durerà il tempo necessario per consentire l’accertamento dei fatti”.
La rabbia dei residenti monta. La notte dell’incidente un bambino che soffre d’asma ed un’anziana sono stati portati in ospedale per malore mentre le scuole sono state chiuse. Due giorni fa gli abitanti di Fegino, esasperati dalle esalazioni, hanno bloccato il traffico nel quartiere “passeggiando” sino alla Iplom di via Borzoli. E la situazione non è cambiata.“Siamo obbligati a stare in casa con le finestre chiuse per l’odore che brucia la gola e fa lacrimare gli occhi”, racconta al fatto Antonella Marras che abita appena sopra il centro abitato. “La gente è sconvolta da questo cambiamento di vita improvviso e terribile. Oggi non sono andata giù perché abito poco sopra, ma l’aria è pesante. So che stanno facendo i lavori per aspirare il petrolio ma c’è tanta puzza, dicono che non faccia male. Se stai giù vicino al fiume dove ci sono i negozi non puoi respirare. E’ una prigione da cui non puoi scappare”. Il sindaco ha emesso un’ordinanza di chiusura della strada principale per procedere a una bonifica con mezzi pesanti dalle 21 alle 5 del mattino per procedere alla bonifica in sicurezza.
Gli ambientalisti da sempre denunciano i rischi, ora accusano: “E’ evidente che in una fase di deindustrializzazione molto spinta con impianti vecchi la probabilità di incidenti va aumentando in tutta la Liguria”, spiega Santo Grammatico di Legambiente. “Questo incidente petrolifero è avvenuto a urne aperte mentre si doveva decidere sulle trivelle. I nostri sforzi per far capire che puntare alle energie fossili è un rischio enorme non sono stati suffucienti rispetto agli interessi in campo. Speriamo solo che i riflettori non si abbassino. L’Italia deve ancora trovare una strada e quella che ha scelto porta a questi risultati”. Lo stesso concetto scandisce il sindaco di Genova, Marco Doria annunciando che in caso di procedimento penale il Comune si costituirà parte civile: “Il referendum sulle trivelle c’entra con l’incidente genovese, è qualcosa di più di una coincidenza, è la dimostrazione che il tema del controllo di impianti di attività a rischio è centrale nella nostra società, non possiamo metterlo nell’angolo”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
ROMANZO CRIMINALE
Renzi sfida i magistrati: "Io aspetto le sentenze"
L'irritazione di Renzi sulle parole di Davigo: "Un film già visto per troppi anni". Poi chiede rispetto tra magistrati e politica
Sergio Rame - Sab, 23/04/2016 - 13:34
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"Tutti i giorni leggo polemiche tra politici e magistrati. Un film già visto per troppi anni". Nella sua enews il premier Matteo Renzi si ributta nella mischia.
"Il partito dei giudici fa e disfa le leggi da decenni"
I costituzionalisti fanno a pezzi la riforma di Renzi
L'irritazione del Csm arriva fino al Quirinale
Ira in casa Pd. Grillini e Lega saltano sul carro
Nelle ultime ore lo scontro tra magistrati e politici è arrivato a far tremare le mura di Palazzo Chigi. Il violentissimo botta e risposta ha chiamato in causa gli alti vertici della giustizia italiano scoperchiando problemi ed emergenze che esistono da sempre. Ma, dopo l'exploit del neo presidente dell'Anm Piercamillo Davigo, che accusando tutti i partiti di complicità con i corrotti taccia il governo di non essere da meno, il premier è intervenuto per chiedere "rispetto tra magistratura e politica".
Lo scontro è durissimo. Nell'intervista al Corriere della Sera prima e nella lectio magistralis a Pisa poi, Davigo non fa nomi ma riesce a fare infuriare tutti quanti schierando la "sua" Anm, di cui è appena diventato presidente, contro la politica in generale, e più in particolare contro il Pd e il governo. Una presa di posizione che, dopo le inchieste che hanno più volte chiamato in causa esponenti dell'esecutivo, ha urtato Renzi. Dopo giorni di silenzio, il capo del governo ha voluto affidare alla consueta enews la replica alle accuse di Davigo. "Personalmente ammiro i moltissimi magistrati che cercano di fare bene il loro dovere - ha sostenuto questa mattina il presidente del Consiglio - e anche i moltissimi politici che provano a fare altrettanto". Secondo Renzi, "il rapporto tra politici e magistrati deve essere molto semplice: il politico rispetta i magistrati e aspetta le sentenze. Il magistrato applica la legge e condanna i colpevoli - ha, quindi, concluso - io rispetto i magistrati e aspetto le sentenze".
Per una volta la magistratura non si è mostrata compatta attorno all'Anm. "Mani Pulite ha fallito perché le manette da sole non bastano - tuona Raffaele Cantone, presidente dell'autorità nazionale Anticorruzione, dalle colonne del Corriere della Sera - la fiaba della magistratura tutta buona e della politica tutta cattiva è falsa". Sulla stessa linea anche Edmondo Bruti Liberati, ex procuratore capo di Milano, che invita i giudici a non dare voti alla classe dirigente: "Non ci sono toghe buone contro l'Italia dei cattivi". Persino Luca Palamara, predecessore di Davigo alla guida dell'Anm, ha preso le distanze: "Le generalizzazioni a me non piacciono non dobbiamo cadere nella trappola del conflitto". Difficilmente Davigo tornerà sui propri passi. Gli attacchi di ieri sono solo l'inizio di una stagione caldissima.
Renzi sfida i magistrati: "Io aspetto le sentenze"
L'irritazione di Renzi sulle parole di Davigo: "Un film già visto per troppi anni". Poi chiede rispetto tra magistrati e politica
Sergio Rame - Sab, 23/04/2016 - 13:34
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"Tutti i giorni leggo polemiche tra politici e magistrati. Un film già visto per troppi anni". Nella sua enews il premier Matteo Renzi si ributta nella mischia.
"Il partito dei giudici fa e disfa le leggi da decenni"
I costituzionalisti fanno a pezzi la riforma di Renzi
L'irritazione del Csm arriva fino al Quirinale
Ira in casa Pd. Grillini e Lega saltano sul carro
Nelle ultime ore lo scontro tra magistrati e politici è arrivato a far tremare le mura di Palazzo Chigi. Il violentissimo botta e risposta ha chiamato in causa gli alti vertici della giustizia italiano scoperchiando problemi ed emergenze che esistono da sempre. Ma, dopo l'exploit del neo presidente dell'Anm Piercamillo Davigo, che accusando tutti i partiti di complicità con i corrotti taccia il governo di non essere da meno, il premier è intervenuto per chiedere "rispetto tra magistratura e politica".
Lo scontro è durissimo. Nell'intervista al Corriere della Sera prima e nella lectio magistralis a Pisa poi, Davigo non fa nomi ma riesce a fare infuriare tutti quanti schierando la "sua" Anm, di cui è appena diventato presidente, contro la politica in generale, e più in particolare contro il Pd e il governo. Una presa di posizione che, dopo le inchieste che hanno più volte chiamato in causa esponenti dell'esecutivo, ha urtato Renzi. Dopo giorni di silenzio, il capo del governo ha voluto affidare alla consueta enews la replica alle accuse di Davigo. "Personalmente ammiro i moltissimi magistrati che cercano di fare bene il loro dovere - ha sostenuto questa mattina il presidente del Consiglio - e anche i moltissimi politici che provano a fare altrettanto". Secondo Renzi, "il rapporto tra politici e magistrati deve essere molto semplice: il politico rispetta i magistrati e aspetta le sentenze. Il magistrato applica la legge e condanna i colpevoli - ha, quindi, concluso - io rispetto i magistrati e aspetto le sentenze".
Per una volta la magistratura non si è mostrata compatta attorno all'Anm. "Mani Pulite ha fallito perché le manette da sole non bastano - tuona Raffaele Cantone, presidente dell'autorità nazionale Anticorruzione, dalle colonne del Corriere della Sera - la fiaba della magistratura tutta buona e della politica tutta cattiva è falsa". Sulla stessa linea anche Edmondo Bruti Liberati, ex procuratore capo di Milano, che invita i giudici a non dare voti alla classe dirigente: "Non ci sono toghe buone contro l'Italia dei cattivi". Persino Luca Palamara, predecessore di Davigo alla guida dell'Anm, ha preso le distanze: "Le generalizzazioni a me non piacciono non dobbiamo cadere nella trappola del conflitto". Difficilmente Davigo tornerà sui propri passi. Gli attacchi di ieri sono solo l'inizio di una stagione caldissima.
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Re: Diario della caduta di un regime.
L’INTERVISTA PIER CAMILLO DAVIGO
Davigo: «I politici continuano a rubare, ma non si vergognano più»
Il presidente Anm: le riforme della sinistra hanno reso i giudici genuflessi
di Aldo Cazzullo
http://www.corriere.it/politica/16_apri ... 64e5.shtml
Davigo: «I politici continuano a rubare, ma non si vergognano più»
Il presidente Anm: le riforme della sinistra hanno reso i giudici genuflessi
di Aldo Cazzullo
http://www.corriere.it/politica/16_apri ... 64e5.shtml
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Re: Diario della caduta di un regime.
ROMANZO CRIMINALE
La giustizia secondo Renzi fa litigare il Pd: scontro nel partito dopo l’affondo del premier contro i magistrati
Governo
Affondo di Casson: “Le sue critiche fuori dalla storia”. Il bersaniano Gotor rincara: “Il premier sembra nervoso forse perché teme ulteriori azioni giudiziarie nei confronti di membri del governo e sceglie di giocare in attacco”. Ma i renziani fanno quadrato intorno al segretario. Ermini twitta: “I giudici parlino con le sentenze”. Romano accusa il giustizialismo: “Disastroso freno culturale e politico”. Mentre Morani ribadisce: “Stop alla pubblicazione delle conversazioni penalmente irrilevanti”
di Antonio Pitoni e Giorgio Velardi | 23 aprile 2016
COMMENTI (101)
Critiche “completamente fuori dalla storia”, le definisce il senatore autosospeso dal Pd Felice Casson. Un intervento “molto apprezzato dagli esponenti di Forza Italia”, ironizza il bersaniano Miguel Gotor. Nel mirino della sinistra dem finisce l’ultimo intervento in Aula a Palazzo Madama del premier e segretario del Partito democratico Matteo Renzi. E la sua invettiva contro le “pagine di autentica barbarie legate al giustizialismo” che il Paese “ha conosciuto negli ultimi 25 anni”. Quel “disastroso freno culturale e politico ad una giustizia più giusta ed efficiente”, per dirla con le parole sottoscritte dal renziano Andrea Romano per promuovere l’intervento dell’ex sindaco di Firenze. Che ha indicato una rotta precisa: “I magistrati vanno aiutati e sostenuti ad arrivare a sentenza – ha avvertito il presidente del Consiglio – ma quando non si arriva a sentenza e si immagina semplicemente di condannare le persone sulla base delle comunicazioni date ai giornali, in quel preciso momento mi ergo dalla parte della giustizia e non del giustizialismo che non aiuta i giornali”. Parole che hanno riacceso confronto e polemiche all’interno del Pd. E riaperto lo scontro sul delicato tema delle intercettazioni e della loro pubblicazione.
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SPATARO SALVACI TU – I renziani fanno quadrato intorno al premier. “L’intervento di Renzi non è il manifesto di una riforma della giustizia”, spiega a ilfattoquotidiano.it il renzianissimo Stefano Esposito. “Ma, se si tratta di un tentativo di ricondurre l’ordine delle cose nel rispettivo alveo, non può che trovarmi d’accordo – aggiunge –. Non sono favorevole al garantismo ad ogni costo di chi arriva a contestare perfino le sentenze di terzo grado. Al contrario, sostengo la necessità di quella giusta dose di garantismo che mi porta a ritenere che un avviso di garanzia, strumento a tutela dell’indagato, non possa e non debba trasformarsi in una sentenza anticipata”. L’ex assessore capitolino della giunta Marino cita anche esempi concreti. “I recenti casi De Luca, Why Not, per il quale cadde addirittura il secondo governo Prodi, e del presunto mostro di Livorno mi sembrano, per restare all’attualità, gli esempi più adatti a sintetizzare ciò che intendo”, taglia corto. “Quanto ai processi mediatici, dal momento che non penso si possa impedire ai giornali di fare il proprio lavoro e non vorrei che passasse l’idea che è in corso il tentativo di imporre un bavaglio alla stampa, credo che la circolare del procuratore di Torino, Armando Spataro, sia da considerare la soluzione della questione”, assicura il senatore dem. “Tanto più che si tratta dell’iniziativa di un magistrato dal curriculum specchiato e non della solita politica cattiva – tiene a precisare Esposito –. Per quanto mi riguarda basterebbe che tutte le procure d’Italia seguissero il suo esempio, che salvaguarda l’uso processuale dello strumento eliminando alla radice ogni possibile abuso relativo all’utilizzo di intercettazioni non penalmente rilevanti, per rendere superfluo ogni intervento legislativo sulla materia”. Con stoccata finale al neo presidente dell’Anm Piercamillo Davigo: “Tra un’intervista e l’altra, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa”.
FACCIAMO PACE – E’ la renziana Alessia Morani, invece, a rilanciare il tema della pacificazione tra poteri. “Abbiamo assistito dopo Tangentopoli ad uno scontro feroce tra politica e magistratura che si protrae da oltre vent’anni. Ora è arrivato il momento di recuperare, nel rispetto dell’autonomia e della distinzione dei ruoli, un rapporto di reciproca collaborazione”, assicura. “E ognuno deve fare la sua parte – spiega –. Noi proseguendo sulla strada delle riforme che hanno prodotto finora la legge anticorruzione, l’introduzione dei reati ambientali oltre a quello di autoriciclaggio, la reintroduzione del falso in bilancio e la nuova disciplina dello scambio politico-mafioso”. L’obiettivo è accelerare sulla riforma della giustizia e del relativo capitolo delle intercettazioni. “La nostra riforma della giustizia, sia penale che civile, ha ottenuto il via libera della Camera ed è ora al Senato dove, purtroppo, il Pd non è autonomo ma dipende dai numeri del Nuovo centrodestra – sottolinea la deputata dem –. Nella parte relativa al processo penale, inoltre, è incluso il tema delle intercettazioni. Rispetto alle quali, premesso che lo strumento processuale di ricerca della prova debba restare immodificato e nella piena disponibilità della magistratura, si pone un problema della loro pubblicabilità per quanto concerne quelle penalmente non rilevanti”. La soluzione? “Il nostro modello è quello indicato dalla circolare Pignatone-Spataro – conclude la Morani –: è il magistrato ad indicare cosa è rilevante e cosa non lo è ai fini delle indagini”.
TWEET E FILOSOFIA – Riassume nei 140 caratteri di un tweet, invece, il suo pensiero il responsabile Giustizia del Pd, David Ermini. “Le parole di Davigo fanno paura si magistrati – accusa il deputato dem –. Cerca la rissa ma non la troverà”. I giudici, aggiunge, parlino con le “sentenze”, incalza il deputato dem: “Noi rispettiamo il loro lavoro”. Mentre il renziano Andrea Romano rimandando il suo commento ad un articolo pubblicato giovedì dal quotidiano del partito L’Unità. “Le ragioni della giustizia sono sempre state in conflitto con le ragioni del giustizialismo – argomenta –. Un termine, giustizialismo, che nasce con il peronismo latinoamericano rappresentando originariamente un misto di populismo illiberale e antiparlamentarismo”. E che, prosegue la sua analisi, “nella recente storia italiana, attraversando sostanzialmente indenne il ventennio della sterile contrapposizione tra berlusconismo e antiberlusconismo, ha rappresentato un disastroso freno culturale e politico ad una giustizia più giusta ed efficiente”. Insomma, “se il giustizialismo è un male italiano”, conclude Romano, “la risposta più efficace è lavorare ancora di più per rafforzare gli strumenti con cui difendere legalità e onestà”.
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FUORI DALLA STORIA – Ma non manca neppure chi, come il senatore Felice Casson, boccia sonoramente l’intervento del presidente del Consiglio. “Le critiche rivolte da Renzi alla magistratura mi sembrano completamente fuori dalla storia e non le condivido”, dice il senatore iscritto al gruppo del Pd ma autosospeso dal partito. “In passato i magistrati possono aver commesso degli errori – aggiunge – ma tornare a dipingere il rapporto fra politica e toghe alla maniera di Craxi e Berlusconi mi pare sbagliato”. Quanto alla riforma delle intercettazioni e all’ipotesi di espungere dagli atti quelle penalmente irrilevanti l’ex pm, relatore a Palazzo Madama della riforma del processo penale, spiega: “La Corte europea di Strasburgo (Cedu), la quale ha ritenuto che i giornalisti hanno il diritto-dovere di scrivere di fatti pubblicamente rilevanti anche in violazione del segreto istruttorio, in passato ha condannato alcuni Paesi che a loro volta avevano condannato dei cronisti”. Il caso più eclatante “è quello della Francia – ricorda Casson – dove due giornalisti, violando il segreto istruttorio e venendo condannati, ai tempi di François Mitterand avevano pubblicato un libro riguardante una struttura dei servizi segreti che controllava politici e magistrati”. E la Cedu? “Ha detto che il diritto-dovere di cronaca dei giornalisti nonché il diritto dei cittadini ad essere informati è superiore anche a questo istituto”.
GARANTISTI PELOSI – Morde con l’ironia il bersaniano Miguel Gotor. “L’intervento di Renzi è stato molto apprezzato dagli esponenti di Forza Italia e rientra in una strategia di fondo che strizza l’occhio, fuori del Parlamento, a quell’elettorato”, osserva il senatore del Pd. “Il premier in questo periodo mi sembra nervoso forse perché teme ulteriori azioni giudiziarie dirette o indirette nei confronti di alcuni membri del governo e sceglie di giocare in attacco per preparare il terreno di una resistenza politica che, se sarà necessaria, assumerà inevitabilmente toni culturalmente ‘berlusconiani’, ossia di denuncia della politicizzazione dell’azione della magistratura – spiega a ilfattoquotidiano.it –. Va però ricordato che se esistono i ‘giustizialisti’, esistono anche i ‘garantisti pelosi’ e credo sia una caricatura riscrivere la storia di questi ultimi vent’anni in questi termini”. Secondo Gotor, “bisogna piuttosto partire dai problemi: il primo è quello di una giustizia civile e penale troppo lenta che spetta a chi governa rendere più efficiente con opportuni finanziamenti e ampliamenti di organico perché una giustizia tardiva finisce per trasformarsi in ingiustizia ed è la migliore forma di protezione per i malfattori”. Il secondo problema è “un tasso di corruzione della politica e della società italiana di molto superiore agli standard europei, che produce un danno economico ed etico-civile enormi”. Solo “se la politica e soprattutto quanti hanno responsabilità di governo saranno in grado di sciogliere questi due nodi”, conclude il senatore dell’ala bersaniana, “anche il dibattito ormai archeologico sul presunto giustizialismo italiano si sgonfierà come un palloncino”.
VENIAMOCI INCONTRO – Un invito alla cautela arriva da Federico Fornaro. “Considero un errore riaprire lo scontro fra politica e magistratura, anche perché più che il giustizialismo va combattuto il sentimento che nutre l’antipolitica: un avviso di garanzia non è una condanna”, dice il senatore bersaniano. “Va detto che Renzi non ha usato i toni duri a cui ci hanno abituato i suoi predecessori – aggiunge –. Ha chiesto una velocizzazione dei processi per combattere la lentezza a cui i cittadini sono purtroppo abituati: un principio sacrosanto ma, ad essere onesti, le colpe di questa tendenza non possono essere imputabili solo ai magistrati quanto alle innumerevoli e ataviche problematiche di funzionamento della giustizia italiana”. Le intercettazioni? “Non mi sembra ci sia l’ipotesi di mettere il ‘bavaglio’ a qualcuno. Personalmente, sono contrario a misure che limitino l’azione degli inquirenti, ma al tempo stesso l’inserimento negli atti e la pubblicazione da parte dei giornali di spezzoni di frasi su fatti penalmente irrilevanti rischiano di penalizzare un’inchiesta – conclude Fornaro –. In questo senso, ai magistrati potrebbe essere dato il compito di espungere quelle che non hanno alcun risvolto utile all’inchiesta”. Ne fa, invece, una questione di equilibrio Davide Zoggia. “Occorre tenere separate le funzioni: governo e Parlamento hanno il compito di migliorare l’efficienza della giustizia ma senza travalicare in un’azione di delegittimazione della magistratura – spiega –. E’ il presidente del Consiglio in primis che ha il dovere di evitare conflitti tra poteri dello Stato”. Ciò detto, aggiunge, “la magistratura ha avuto ed ha nel nostro Paese grandi meriti”. E sebbene “io stesso ritenga che a volte siano finite sulla stampa intercettazioni quanto meno discutibili”, conclude Zoggia, “ciò non vuol dire che il sistema debba essere messo in discussione”.
Twitter: @Antonio_Pitoni @GiorgioVelardi
La giustizia secondo Renzi fa litigare il Pd: scontro nel partito dopo l’affondo del premier contro i magistrati
Governo
Affondo di Casson: “Le sue critiche fuori dalla storia”. Il bersaniano Gotor rincara: “Il premier sembra nervoso forse perché teme ulteriori azioni giudiziarie nei confronti di membri del governo e sceglie di giocare in attacco”. Ma i renziani fanno quadrato intorno al segretario. Ermini twitta: “I giudici parlino con le sentenze”. Romano accusa il giustizialismo: “Disastroso freno culturale e politico”. Mentre Morani ribadisce: “Stop alla pubblicazione delle conversazioni penalmente irrilevanti”
di Antonio Pitoni e Giorgio Velardi | 23 aprile 2016
COMMENTI (101)
Critiche “completamente fuori dalla storia”, le definisce il senatore autosospeso dal Pd Felice Casson. Un intervento “molto apprezzato dagli esponenti di Forza Italia”, ironizza il bersaniano Miguel Gotor. Nel mirino della sinistra dem finisce l’ultimo intervento in Aula a Palazzo Madama del premier e segretario del Partito democratico Matteo Renzi. E la sua invettiva contro le “pagine di autentica barbarie legate al giustizialismo” che il Paese “ha conosciuto negli ultimi 25 anni”. Quel “disastroso freno culturale e politico ad una giustizia più giusta ed efficiente”, per dirla con le parole sottoscritte dal renziano Andrea Romano per promuovere l’intervento dell’ex sindaco di Firenze. Che ha indicato una rotta precisa: “I magistrati vanno aiutati e sostenuti ad arrivare a sentenza – ha avvertito il presidente del Consiglio – ma quando non si arriva a sentenza e si immagina semplicemente di condannare le persone sulla base delle comunicazioni date ai giornali, in quel preciso momento mi ergo dalla parte della giustizia e non del giustizialismo che non aiuta i giornali”. Parole che hanno riacceso confronto e polemiche all’interno del Pd. E riaperto lo scontro sul delicato tema delle intercettazioni e della loro pubblicazione.
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SPATARO SALVACI TU – I renziani fanno quadrato intorno al premier. “L’intervento di Renzi non è il manifesto di una riforma della giustizia”, spiega a ilfattoquotidiano.it il renzianissimo Stefano Esposito. “Ma, se si tratta di un tentativo di ricondurre l’ordine delle cose nel rispettivo alveo, non può che trovarmi d’accordo – aggiunge –. Non sono favorevole al garantismo ad ogni costo di chi arriva a contestare perfino le sentenze di terzo grado. Al contrario, sostengo la necessità di quella giusta dose di garantismo che mi porta a ritenere che un avviso di garanzia, strumento a tutela dell’indagato, non possa e non debba trasformarsi in una sentenza anticipata”. L’ex assessore capitolino della giunta Marino cita anche esempi concreti. “I recenti casi De Luca, Why Not, per il quale cadde addirittura il secondo governo Prodi, e del presunto mostro di Livorno mi sembrano, per restare all’attualità, gli esempi più adatti a sintetizzare ciò che intendo”, taglia corto. “Quanto ai processi mediatici, dal momento che non penso si possa impedire ai giornali di fare il proprio lavoro e non vorrei che passasse l’idea che è in corso il tentativo di imporre un bavaglio alla stampa, credo che la circolare del procuratore di Torino, Armando Spataro, sia da considerare la soluzione della questione”, assicura il senatore dem. “Tanto più che si tratta dell’iniziativa di un magistrato dal curriculum specchiato e non della solita politica cattiva – tiene a precisare Esposito –. Per quanto mi riguarda basterebbe che tutte le procure d’Italia seguissero il suo esempio, che salvaguarda l’uso processuale dello strumento eliminando alla radice ogni possibile abuso relativo all’utilizzo di intercettazioni non penalmente rilevanti, per rendere superfluo ogni intervento legislativo sulla materia”. Con stoccata finale al neo presidente dell’Anm Piercamillo Davigo: “Tra un’intervista e l’altra, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa”.
FACCIAMO PACE – E’ la renziana Alessia Morani, invece, a rilanciare il tema della pacificazione tra poteri. “Abbiamo assistito dopo Tangentopoli ad uno scontro feroce tra politica e magistratura che si protrae da oltre vent’anni. Ora è arrivato il momento di recuperare, nel rispetto dell’autonomia e della distinzione dei ruoli, un rapporto di reciproca collaborazione”, assicura. “E ognuno deve fare la sua parte – spiega –. Noi proseguendo sulla strada delle riforme che hanno prodotto finora la legge anticorruzione, l’introduzione dei reati ambientali oltre a quello di autoriciclaggio, la reintroduzione del falso in bilancio e la nuova disciplina dello scambio politico-mafioso”. L’obiettivo è accelerare sulla riforma della giustizia e del relativo capitolo delle intercettazioni. “La nostra riforma della giustizia, sia penale che civile, ha ottenuto il via libera della Camera ed è ora al Senato dove, purtroppo, il Pd non è autonomo ma dipende dai numeri del Nuovo centrodestra – sottolinea la deputata dem –. Nella parte relativa al processo penale, inoltre, è incluso il tema delle intercettazioni. Rispetto alle quali, premesso che lo strumento processuale di ricerca della prova debba restare immodificato e nella piena disponibilità della magistratura, si pone un problema della loro pubblicabilità per quanto concerne quelle penalmente non rilevanti”. La soluzione? “Il nostro modello è quello indicato dalla circolare Pignatone-Spataro – conclude la Morani –: è il magistrato ad indicare cosa è rilevante e cosa non lo è ai fini delle indagini”.
TWEET E FILOSOFIA – Riassume nei 140 caratteri di un tweet, invece, il suo pensiero il responsabile Giustizia del Pd, David Ermini. “Le parole di Davigo fanno paura si magistrati – accusa il deputato dem –. Cerca la rissa ma non la troverà”. I giudici, aggiunge, parlino con le “sentenze”, incalza il deputato dem: “Noi rispettiamo il loro lavoro”. Mentre il renziano Andrea Romano rimandando il suo commento ad un articolo pubblicato giovedì dal quotidiano del partito L’Unità. “Le ragioni della giustizia sono sempre state in conflitto con le ragioni del giustizialismo – argomenta –. Un termine, giustizialismo, che nasce con il peronismo latinoamericano rappresentando originariamente un misto di populismo illiberale e antiparlamentarismo”. E che, prosegue la sua analisi, “nella recente storia italiana, attraversando sostanzialmente indenne il ventennio della sterile contrapposizione tra berlusconismo e antiberlusconismo, ha rappresentato un disastroso freno culturale e politico ad una giustizia più giusta ed efficiente”. Insomma, “se il giustizialismo è un male italiano”, conclude Romano, “la risposta più efficace è lavorare ancora di più per rafforzare gli strumenti con cui difendere legalità e onestà”.
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FUORI DALLA STORIA – Ma non manca neppure chi, come il senatore Felice Casson, boccia sonoramente l’intervento del presidente del Consiglio. “Le critiche rivolte da Renzi alla magistratura mi sembrano completamente fuori dalla storia e non le condivido”, dice il senatore iscritto al gruppo del Pd ma autosospeso dal partito. “In passato i magistrati possono aver commesso degli errori – aggiunge – ma tornare a dipingere il rapporto fra politica e toghe alla maniera di Craxi e Berlusconi mi pare sbagliato”. Quanto alla riforma delle intercettazioni e all’ipotesi di espungere dagli atti quelle penalmente irrilevanti l’ex pm, relatore a Palazzo Madama della riforma del processo penale, spiega: “La Corte europea di Strasburgo (Cedu), la quale ha ritenuto che i giornalisti hanno il diritto-dovere di scrivere di fatti pubblicamente rilevanti anche in violazione del segreto istruttorio, in passato ha condannato alcuni Paesi che a loro volta avevano condannato dei cronisti”. Il caso più eclatante “è quello della Francia – ricorda Casson – dove due giornalisti, violando il segreto istruttorio e venendo condannati, ai tempi di François Mitterand avevano pubblicato un libro riguardante una struttura dei servizi segreti che controllava politici e magistrati”. E la Cedu? “Ha detto che il diritto-dovere di cronaca dei giornalisti nonché il diritto dei cittadini ad essere informati è superiore anche a questo istituto”.
GARANTISTI PELOSI – Morde con l’ironia il bersaniano Miguel Gotor. “L’intervento di Renzi è stato molto apprezzato dagli esponenti di Forza Italia e rientra in una strategia di fondo che strizza l’occhio, fuori del Parlamento, a quell’elettorato”, osserva il senatore del Pd. “Il premier in questo periodo mi sembra nervoso forse perché teme ulteriori azioni giudiziarie dirette o indirette nei confronti di alcuni membri del governo e sceglie di giocare in attacco per preparare il terreno di una resistenza politica che, se sarà necessaria, assumerà inevitabilmente toni culturalmente ‘berlusconiani’, ossia di denuncia della politicizzazione dell’azione della magistratura – spiega a ilfattoquotidiano.it –. Va però ricordato che se esistono i ‘giustizialisti’, esistono anche i ‘garantisti pelosi’ e credo sia una caricatura riscrivere la storia di questi ultimi vent’anni in questi termini”. Secondo Gotor, “bisogna piuttosto partire dai problemi: il primo è quello di una giustizia civile e penale troppo lenta che spetta a chi governa rendere più efficiente con opportuni finanziamenti e ampliamenti di organico perché una giustizia tardiva finisce per trasformarsi in ingiustizia ed è la migliore forma di protezione per i malfattori”. Il secondo problema è “un tasso di corruzione della politica e della società italiana di molto superiore agli standard europei, che produce un danno economico ed etico-civile enormi”. Solo “se la politica e soprattutto quanti hanno responsabilità di governo saranno in grado di sciogliere questi due nodi”, conclude il senatore dell’ala bersaniana, “anche il dibattito ormai archeologico sul presunto giustizialismo italiano si sgonfierà come un palloncino”.
VENIAMOCI INCONTRO – Un invito alla cautela arriva da Federico Fornaro. “Considero un errore riaprire lo scontro fra politica e magistratura, anche perché più che il giustizialismo va combattuto il sentimento che nutre l’antipolitica: un avviso di garanzia non è una condanna”, dice il senatore bersaniano. “Va detto che Renzi non ha usato i toni duri a cui ci hanno abituato i suoi predecessori – aggiunge –. Ha chiesto una velocizzazione dei processi per combattere la lentezza a cui i cittadini sono purtroppo abituati: un principio sacrosanto ma, ad essere onesti, le colpe di questa tendenza non possono essere imputabili solo ai magistrati quanto alle innumerevoli e ataviche problematiche di funzionamento della giustizia italiana”. Le intercettazioni? “Non mi sembra ci sia l’ipotesi di mettere il ‘bavaglio’ a qualcuno. Personalmente, sono contrario a misure che limitino l’azione degli inquirenti, ma al tempo stesso l’inserimento negli atti e la pubblicazione da parte dei giornali di spezzoni di frasi su fatti penalmente irrilevanti rischiano di penalizzare un’inchiesta – conclude Fornaro –. In questo senso, ai magistrati potrebbe essere dato il compito di espungere quelle che non hanno alcun risvolto utile all’inchiesta”. Ne fa, invece, una questione di equilibrio Davide Zoggia. “Occorre tenere separate le funzioni: governo e Parlamento hanno il compito di migliorare l’efficienza della giustizia ma senza travalicare in un’azione di delegittimazione della magistratura – spiega –. E’ il presidente del Consiglio in primis che ha il dovere di evitare conflitti tra poteri dello Stato”. Ciò detto, aggiunge, “la magistratura ha avuto ed ha nel nostro Paese grandi meriti”. E sebbene “io stesso ritenga che a volte siano finite sulla stampa intercettazioni quanto meno discutibili”, conclude Zoggia, “ciò non vuol dire che il sistema debba essere messo in discussione”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
DUE MONDI A CONFRONTO
Quello che è culminato nel 25 aprile 1945 e quello di oggi.
Pur comprendo le motivazioni che li hanno spinti a fare quello che hanno fatto, ritengo sproporzionata la loro azione con i risultati di oggi.
LA VITA UMANA HA UN VALORE IMMENSO CHE VA OLTRE A QUANTO GLI ATTRIBUISCONO LE RELIGIONI.
I sacrifici di allora sono stati mal ripagati.
A mio avviso non ne valeva la pena.
Ma non é solo un mio parere.
I partigiani di allora sopravvissuti con cui ho potuto parlare qualche anno fa prima di morire, mi hanno tutti confermato, dalla Lombardia al Piemonte, CHE SE AVESSERO SAPUTO COME ANDAVA A FINIRE NON AVREBBERO RISCHIATO QUELLO CHE HANNO RISCHIATO
25 aprile, Elsa l’ex staffetta bambina: “Lottai coi partigiani, ma nessuno ci credeva: mi guardavano come fossi una poco di buono”
di Annalisa Dall'Oca
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2663827/
Quello che è culminato nel 25 aprile 1945 e quello di oggi.
Pur comprendo le motivazioni che li hanno spinti a fare quello che hanno fatto, ritengo sproporzionata la loro azione con i risultati di oggi.
LA VITA UMANA HA UN VALORE IMMENSO CHE VA OLTRE A QUANTO GLI ATTRIBUISCONO LE RELIGIONI.
I sacrifici di allora sono stati mal ripagati.
A mio avviso non ne valeva la pena.
Ma non é solo un mio parere.
I partigiani di allora sopravvissuti con cui ho potuto parlare qualche anno fa prima di morire, mi hanno tutti confermato, dalla Lombardia al Piemonte, CHE SE AVESSERO SAPUTO COME ANDAVA A FINIRE NON AVREBBERO RISCHIATO QUELLO CHE HANNO RISCHIATO
25 aprile, Elsa l’ex staffetta bambina: “Lottai coi partigiani, ma nessuno ci credeva: mi guardavano come fossi una poco di buono”
di Annalisa Dall'Oca
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2663827/
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Re: Diario della caduta di un regime.
ULTIMO ATTO?????????
23 APR 2016 14:27
1. IL PRIMO A PREDIRE UN’ESTATE ROVENTE PER IL GOVERNO RENZI FU PAOLO MIELI, OSPITE DELLA GRUBER. ORA È L'ECONOMISTA GIULIANO CAZZOLA A PARLARE DI VOCI “SEMPRE PIÙ INSISTENTI SECONDO LE QUALI SU RENZI SI SCATENERÀ UNA MASSICCIA OFFENSIVA MEDIATICO-GIUDIZIARIA CON RELATIVA PUBBLICAZIONE DI IMBARAZZANTI CONVERSAZIONI TELEFONICHE"
2. RINCARA L'EX MINISTRO DI BETTINO CRAXI, RINO FORMICA: “I PROSSIMI MESI SARANNO TERRIBILI E ATTORNO A RENZI SI STA SPEGNENDO QUELLA STAGIONE DI PARLAMENTARI IMPAURITI E QUINDI IMPEDITI CHE LO SOSTIENE. ORMAI È CHIARO CHI SARÀ CONFERMATO E CHI NO…. CI SARÀ UN IMBARBARIMENTO DELLA LOTTA POLITICA A SUON DI DOSSIER, INFORMATIVE E INTERCETTAZIONI, QUESTO A PRESCINDERE DALLE PAROLE DI RENZI E ANCHE DA QUELLE ULTIME DI DAVIGO. QUI NON È PIÙ QUESTIONE DI GIUSTIZIALISMO O DI GARANTISMO, SIAMO OLTRE”
1. QUANTO DURA RENZI?
Rino Formica al Fatto: “I prossimi mesi saranno terribili e attorno a Renzi si sta spegnendo quella stagione di parlamentari impauriti e quindi impediti che lo sostiene. Ormai è chiaro chi sarà confermato e chi no…. Ci sarà un imbarbarimento della lotta politica a suon di dossier, informative e intercettazioni, questo a prescindere dalle parole di Renzi e anche da quelle ultime di Davigo. Qui non è più questione di giustizialismo o di garantismo, siamo oltre”
2.PALAZZO CHIGI TREMA. I RUMORS: ARRIVERANNO CONVERSAZIONI CHOC SUL PREMIER
Anna Maria Greco per Il Giornale
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 123360.htm
23 APR 2016 14:27
1. IL PRIMO A PREDIRE UN’ESTATE ROVENTE PER IL GOVERNO RENZI FU PAOLO MIELI, OSPITE DELLA GRUBER. ORA È L'ECONOMISTA GIULIANO CAZZOLA A PARLARE DI VOCI “SEMPRE PIÙ INSISTENTI SECONDO LE QUALI SU RENZI SI SCATENERÀ UNA MASSICCIA OFFENSIVA MEDIATICO-GIUDIZIARIA CON RELATIVA PUBBLICAZIONE DI IMBARAZZANTI CONVERSAZIONI TELEFONICHE"
2. RINCARA L'EX MINISTRO DI BETTINO CRAXI, RINO FORMICA: “I PROSSIMI MESI SARANNO TERRIBILI E ATTORNO A RENZI SI STA SPEGNENDO QUELLA STAGIONE DI PARLAMENTARI IMPAURITI E QUINDI IMPEDITI CHE LO SOSTIENE. ORMAI È CHIARO CHI SARÀ CONFERMATO E CHI NO…. CI SARÀ UN IMBARBARIMENTO DELLA LOTTA POLITICA A SUON DI DOSSIER, INFORMATIVE E INTERCETTAZIONI, QUESTO A PRESCINDERE DALLE PAROLE DI RENZI E ANCHE DA QUELLE ULTIME DI DAVIGO. QUI NON È PIÙ QUESTIONE DI GIUSTIZIALISMO O DI GARANTISMO, SIAMO OLTRE”
1. QUANTO DURA RENZI?
Rino Formica al Fatto: “I prossimi mesi saranno terribili e attorno a Renzi si sta spegnendo quella stagione di parlamentari impauriti e quindi impediti che lo sostiene. Ormai è chiaro chi sarà confermato e chi no…. Ci sarà un imbarbarimento della lotta politica a suon di dossier, informative e intercettazioni, questo a prescindere dalle parole di Renzi e anche da quelle ultime di Davigo. Qui non è più questione di giustizialismo o di garantismo, siamo oltre”
2.PALAZZO CHIGI TREMA. I RUMORS: ARRIVERANNO CONVERSAZIONI CHOC SUL PREMIER
Anna Maria Greco per Il Giornale
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 123360.htm
Chi c’è in linea
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