Diario della caduta di un regime.

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camillobenso
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IL PRESUNTUOSO (IO)



Sergio Mattarella si sarà offeso per quello che ho scritto in altro 3D?????

Ieri, Mattarella è uscito dal congelatore e ha parlato……….

Ieri sul Fatto Quotidiano si poteva leggere:

Mattarella stile Re Giorgio:
“La riforma ci serve”


Nuova Costituzione. Il Quirinale scrive sulla rivista Italiani Europei:
“La Repubblica deve saper rinnovarsi servono strumenti più efficaci”

Sergio Mattarella mente sapendo di mentire.




E quindi ha reagito??????

Mattarella: “Corruzione politica è la più grave”
Il presidente della Repubblica: “Nell’impegno politico si assume dovere di onestà per sé e per i cittadini

che si rappresentano”. Sui tempi dei processi: “Non collegata solo a leggi ma anche a gestione razionale”

Giustizia & Impunità
“La corruzione dei politici è la più grave”. “I tempi dei processi sono determinanti per la tutela dei diritti dei cittadini, ma la riduzione non è collegata solo a nuove leggi”. Mentre la politica discute tra le polemiche di riforma del processo penale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affrontato il tema nel suo intervento alla Scuola superiore della magistratura. Ad aprire il dibattito nei giorni scorsi era stato il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo: “La classe dirigente che delinque fa più danni dei criminali di strada”. Parole simili a quelle di oggi del Capo dello Stato: “Nell’impegno politico si assume un duplice dovere di onestà per sé e per i cittadini che si rappresentano. Combattere la corruzione è un impegno di sistema”

^^^^^^^

Articolo:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... a/2678692/
camillobenso
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A MILANO C'E' IL PIRELLONE. A ROMA C'E' IL PIRLONE CACCIABALLE DEL MINCULPOP.



L'Italia non si fida più di Renzi
E il Pd perde ancora consensi

Sergio Rame
41 minuti fa

Disoccupazione giù all'11,4%
Ma la Cei: "Non si vede il calo"

Sergio Rame


http://www.ilgiornale.it/news/economia/ ... 52453.html
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Politica
25 aprile: a 71 anni dalla liberazione il fascismo va ancora combattuto
di Fabio Marcelli | 29 aprile 2016
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Fabio Marcelli
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Settantuno anni fa, la Liberazione dell’Italia e dell’Europa. Per la prima volta nella sua storia il nostro Paese aveva la possibilità di darsi un ordinamento democratico rispondente ai voleri e alle esigenze del suo popolo, da sempre abituato a faticare ed obbedire in silenzio. Si trattava di un risultato enorme, pagato con molto sangue. Come ci ricorda, nella sua conclusione, questo bel video, sono stati 69.774 i caduti, 62.354 i dispersi e 36.610 i mutilati fra i partigiani (rispettivamente 35.149, 16.922, 11.411 nel corpo italiano di liberazione). In totale oltre 200mila italiani hanno pagato con la vita o con gravi menomazioni permanenti la nostra libertà. Ma che uso ne abbiamo fatto?

25 aprile oggi “So che c’è una festa, non so di chi”

Non ottimo a quanto pare. A settantuno anni fa vecchie e nuove forme di fascismo continuano ad affacciarsi sul palcoscenico della storia. Vediamone alcuni aspetti più evidenti.In primo luogo, il fascismo contemporaneo assume le forme dell’odio e dell’esclusione nei confronti dei migranti. Povera gente, che fugge da guerre, devastazioni ambientali e miseria. Si tratta di una percentuale davvero minima della popolazione europea. Una popolazione e degli stati che fossero un minimo solidali potrebbero e dovrebbero dare loro asilo, contribuendo al tempo stesso a creare le condizioni per un loro reinsediamento nei paesi di origine, che nessuno abbandona mai allegramente. Avviene esattamente il contrario. Con le loro politiche dissennate i Paesi occidentali e i potentati economici che di essi formano la parte più importante continuano ad alimentare la fuga dei migranti e per respingerli costruiscono muri. In questo contesto malsano si inseriscono personaggi che predicano la purezza razziale dell’Italia, spingendosi, come Daniela Santanché, ad invocare l’affondamento dei barconi. O praticando la violenza contro i migranti come le squadracce di razzisti bulgari, appartenenti o meno alla polizia.
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Fascisti o fascistizzanti sono poi molti dei governi che si affacciano sulle sponde orientali e meridionali del Mediterraneo. In primo luogo quello turco, che, oltre a compiere massicce violazioni dei diritti umani della popolazione kurda, reprime spietatamente chiunque osi criticare l’aspirante sultano Erdogan. Poi quello egiziano, che pratica tortura e sparizioni di massa, fenomeni dei quali ci siamo accorti solo perché tra le vittime c’è stato un nostro cittadino. Governo a fianco del quale, sembrerebbe, il governo Renzi si prepara ad intervenire militarmente in Libia. Quindi quello israeliano di Netanyahu, che porta avanti la colonizzazione dei territori occupati e l’apartheid in stile sudafricano, contro il quale proprio qualche mese fa israeliani e palestinesi hanno manifestato insieme a Gerusalemme. Per non parlare dei terroristi fascioislamici dell’Isis, appoggiati dal governo turco e da quello saudita.

C’è poi una terza forma di fascismo strisciante, che per comodità chiameremo prefascismo, anche perché, pur non essendo riconducibile in toto al fascismo nelle sue espressioni brutali e violente, prepara le condizioni per il suo sorgere e il suo sviluppo. Un esempio recente è costituito dal governo austriaco che, con le sue infami scelte sul Brennero, ha legittimato l’affermazione del partito anti-immigrati che rievoca i momenti peggiori della sua storia, compreso l’Anschluss e il nazismo. In Italia il governo Renzi protesta timidamente contro queste aperte violazioni dei trattati europei e propone il migration compact conferendo un ruolo determinante nel contenimento dei flussi migratori a paesi come la summenzionata Turchia, anziché predisporre un efficiente sistema di accoglienza e integrazione. Su di un piano più generale esiste una pericolosa vocazione antidemocratica dei governi, sempre meno propensi a sottoporsi al controllo dei cittadini. Così Renzi , anziché applicare la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, si prepara a indebolire le garanzie democratiche con la sua cosiddetta riforma, che mira a svuotare la partecipazione popolare e a promuovere un sistema autoritario e l’antipolitica nella sua accezione peggiore.

A conclusione di questa breve ma sconfortante panoramica diremo quindi che c’è molto lavoro da fare per rendere omaggio a quegli oltre duecentomila italiani morti per la nostra libertà. Costruendo legami di solidarietà con gli immigrati e con i movimenti che lottano contro il fascismo nei paesi menzionati, come i kurdi che ieri hanno manifestato a Milano per il 25 aprile. E costruendo il no del popolo italiano alla controriforma costituzionale di Renzi, in conformità del resto a quanto deliberato dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia, per motivi che avremo modo certamente di approfondire ulteriormente più volte su questo blog da qui ad ottobre.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2668249/
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LA SATIRA DI REGIME



"Con Comunali e referendum
manderemo a casa Renzi"
Il leader di Forza Italia: "Dobbiamo trasformare l'astensionismo in maggioranza politica per tornare al governo"
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LA SATIRA DI REGIME



"Con Comunali e referendum
manderemo a casa Renzi"
Il leader di Forza Italia: "Dobbiamo trasformare l'astensionismo in maggioranza politica per tornare al governo"
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LA SATIRA DI REGIME



sabato 30/04/2016
Renzi al viadotto Himera, il pilone non crolla quindi va inaugurato


di Pietrangelo Buttafuoco | 30 aprile 2016
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QUEL GHIAGGHIERONE DI MUSSOLONI COSA RISBONDE???????




Partiti e Mezzogiorno, al Sud continuano a comandare i ras di provincia: sconosciuti ai più, ma portatori di voti
Politica
Dalla Calabria, alla Basilicata, fino alla Puglia: piccoli e grandi capibastone, signori delle tessere e portatori di interessi personali. Sono i pilastri della politica meridionale, ignoti all'opinione pubblica nazionale, ma potentissimi a casa loro. Ecco chi sono
di Antonello Caporale | 1 maggio 2016
COMMENTI
Più informazioni su: Campania, Matteo Renzi, Sud, Vincenzo De Luca
Come piloni di cemento armato, tutto si tiene se reggono loro. Altrimenti, pouf, la casa va in rovina. Nessuno di voi conosce Raffaele Topo, detto Lello, da Villaricca? E per caso, vi è noto, Mario Casillo, nato a Boscoreale ma possidente in quel di Marigliano? Lello e Mario sono macchine di voti, facitori di tessere, raccoglitori di municipalizzate. Hanno cinto in un abbraccio vittorioso Vincenzo De Luca e lo hanno spinto sul trono di Campania. La catena gira, l’acqua scorre e arriva ai piedi di Matteo Renzi, l’ereditiere.

I voti si pesano e si contano, ma non hanno odore e sapore. E il Sud promette fortune a basso rischio. La vicenda di Stefano Graziano, il consigliere regionale casertano appena finito sotto inchiesta per aver favorito il clan dei casalesi, è il dazio da pagare all’imprevisto. L’indagine, il carcere, i guai giudiziari sono malattie professionali, rischi connessi all’attività. Chi non risica…

Torniamo al signor Topo e a Napoli. Lello Topo era il factotum di don Antonio Gava, il boss, il re della Democrazia Cristiana, il generatore di consensi e negoziati. Lello ha la sua scuola nel sangue e una capacità di mettere a profitto gli anni trascorsi insieme al caro leader che è servita quando ha dovuto scegliere con chi accasarsi. È l’uomo forte del Pd, uomo forte di Napoli e della Regione, quindicimila preferenze vista mare. È naturalmente presidente della commissione Sanità. A Napoli c’è Mario Casillo, un altro trasformer di grido, l’invisibile che registra i passi altrui e li decodifica, gestisce le acquisizioni politiche, assicura il governatore dai rischi delle urne. Diciottomila voti, ecco il risultato. Il consigliere Casillo è un’autorità.

Figlio d’arte, come tanti. Perché nel Mezzogiorno il potere si conserva e si tramanda per famiglie che a volte, come accade nel piccolo Molise, socializzano gli utili e producono economie di scala. A Campobasso il presidente si chiama Paolo Frattura, figlio di Fernando, ex deputato. Paolo era con Forza Italia, ma è stato eletto con il Pd. E ha trovato un gattone, così lo chiamano a Termoli, ad accompagnarlo nella sua corsa. Remo Di Giandomenico, già sindaco e già deputato del centrodestra, il gattone appunto, ha scelto l’amico del cuore quando ha dovuto votare per la Regione. E amico è anche Aldo Patriciello, imprenditore della salute e di altro, europarlamentare con Forza Italia. Tre famiglie un nome solo. Frattura incassa e provvede al bonifico: chi guadagna è sempre Matteo Renzi.

Se la politica dovesse far caso ai guai giudiziari e accogliere l’invito di Davigo a vergognarsi quando ne è coinvolta, in Puglia cosa resterebbe? Michele Mazzarano è stato coinvolto in due inchieste: la prima per aver ottenuto soldi da Giampaolo Tarantini, la seconda per avergli promesso favori in appalti alla Asl di Taranto. Si è dichiarato innocente e si è detto rattristato per dover continuare a patìre la gogna. Il partito ha compreso il disagio e in attesa della sentenza definitiva l’ha indicato come capogruppo del Pd in Regione. Un altro disagio stava occorrendo al barese Mario Loizzo che vedeva arrestata la sua carriera per aver già svolto i suoi due mandati da consigliere regionale. E tutti quei voti Loizzo dove li avrebbe portati? E la sua passione dove sarebbe finita? Hanno compreso e gli hanno concesso la deroga: ora è felice e presiede il consiglio regionale. In politica non esiste tempo e non esiste la fine. I voti sono come quei derivati: producono interessi su interessi a condizione che la catena non si spezzi. Figurarsi in Basilicata che è piccola di suo. I fratelli Pittella comandano. Il primo, Gianni, a Strasburgo è capogruppo, il secondo, Marcello, è governatore. Poi ci sono il terzo, il quarto, il quinto. Non sono fratelli, ma è come se lo fossero. Stagionato ma senza acciacchi, Vito Santarsiero, re di Potenza e già sindaco. La famiglia degli imprenditori Somma è lì che tifa, due sottosegretari (Vito De Filippo e Filippo Bubbico) definiscono il rettangolo di gioco.

Siamo alla categoria dei predestinati. E in Calabria tutto va come al solito. Comanda Nicola Adamo, da Cosenza. L’anima del Pd non ha guai rilevanti quindi è ancora titolato a sigillare i migliori affari politici. Per merito suo andò al governo della regione Agazio Lojero, ex mastelliano e ora neo renziano. Riuscì, con un talento imprevisto, a non fare nulla. Sembrava irraggiungibile e invece Mario Oliverio, l’attuale presidente, lo sta superando. Anch’egli del Pd, appartenente alla corrente gnè-gnè. Quando parla non si spiega, quando decide non sceglie, quando promette non garantisce. Gnè avanti, gnè indietro. Da segnalare nel gruppo dei vittoriosi la fantastica figura del cosentino Franco Covello, altro puledro mastelliano poi conquistato dal renzismo. I nemici di partito lo chiamano caciocovello per la sua disponibilità alla trattativa da tavola. Naturalmente beniamino delle folle, ha voluto che la sua figliola Stefania, dopo un breve stage in Forza Italia come consigliere comunale a Cosenza, fosse chiamata al Parlamento. È infatti deputata.

Figlie benedette come Daniela Cardinale, deputata e soprattutto cocca di babbo Salvatore, a sua volta cocco di Calogero Mannino. Oggi Totò Cardinale è lo speaker metarenziano sul territorio e perora la causa di Davide Faraone, il leopoldo di Palermo, a successore di Crocetta. Sul punto c’è una piccola contesa con Enzo Bianco, che i suoi quarant’anni di politica li ha spesi ben bene e ora vorrebbe lasciare Catania, dov’è tornato per la terza volta a fare il sindaco, per andare a guidare Regione Siciliana.

Articolo modificato da redazione alle ore 13 di domenica 1° maggio

di Antonello Caporale | 1 maggio 2016
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DA LOTTA CONTINUA A TRUFFA CONTINUA






Ricerca, governo: “Investiamo 2,5 miliardi”
Con il piano fatto da Letta e i soldi già stanziati


Renzi: “Riunione il 1° maggio per dare un segnale e sbloccare il Paese. Italia più forte di chi dice solo no”
Cultura: assegnato 1 miliardo a Pompei, Ercolano, Uffizi, Cittadella di Alessandria e Reggia di Caserta



Il piano 2015-2020 sbloccato oggi dal Cipe in una riunione straordinaria, risale al 2014. E i fondi per il triennio 2015-2017 erano in gran parte già nel bilancio del ministero. Non solo: Leopoldo Nascia, ricercatore Istat che insieme al professor Mario Pianta cura un rapporto sullo stato dell’arte della ricerca nel nostro Paese, spiega che il governo, visti i precedenti, è troppo ottimista nello stimare le risorse aggiuntive in arrivo dalla Ue

di Lorenzo Vendemiale
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05 ... i/2685586/
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Renzi va in tv a difendere l’alleato Verdini
“5 Stelle ce l’hanno con lui? E’ un loro problema”


“Quando Denis votava per il governo Letta nessuno si scandalizzava. Pd partito di delinquenti? M5S e Fi
hanno leader condannati. Corruzione e politica? Rispetto Davigo, ma io dico di non sparare nel mucchio”

Politica

“Francamente capisco poco” quando qualcuno dice che deve salire al Quirinale perché la maggioranza è cambiata: “C’è in Parlamento una maggioranza o no? Ora il M5s ce l’ha con Verdini. E’ un problema loro…”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervistato all’Arena di Rai1, rialimenta la battaglia continua con le opposizioni. E le polemiche sui processi del leader di Ala secondo lui sono incomprensibili. Ma le attribuisce solo agli avversari e non alla sinistra del suo partito

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05 ... i/2687419/
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Addio Primo Maggio, serve un Mandela dei lavoratori
Scritto il 02/5/16 • nella Categoria: idee


Mai come questa volta, devo essere sincero, ho trovato difficoltà nel riflettere sul senso di questa ricorrenza. Difficoltà che deriva non solo dall’aver contratto il morbo di una stanca rassegnazione, ma anche dall’amarezza di osservare il radicale mutamento genetico di quello che, un tempo, era un valore fondante della società democratica. Viene alla mente un tragico parallelismo, in questi giorni di rievocazione della tragedia di Chernobyl: l’espansione della nube radioattiva i cui effetti, anno dopo anno, stanno alterando i corpi dei viventi è analoga alla diffusione del neoliberismo le cui tossine, negli ultimi decenni, hanno radicalmente trasformato il corpo sociale. Chi guardasse al lavoro oggi, a distanza di trent’anni, non ne riconoscerebbe più l’aspetto, ormai totalmente deformato. L’“esplosione legislativa” prodotta dal pensiero unico dominante negli ultimi decenni, infatti, ne ha indelebilmente segnato i tratti. Non più diritto “ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa” (art. 36 Cost.) ma lavoro povero, insufficiente a garantire la fine del mese e sempre più spesso sinonimo di debito: costante compagna della retribuzione è la “cessione del quinto”, nuova forma di corvee ai signori delle finanziarie.Non più valore, espressione di realizzazione individuale e di collettiva partecipazione al “progresso materiale o spirituale della società” (art. 4 comma 2 Cost.) ma, al contrario, plasmabile materia nelle mani di un’iniziativa economica privata ormai priva di qualsiasi limite: ecco servito il “mutamento di mansioni”, ovvero il diritto al demansionamento. Non più fondamento di una società democratica ed egualitaria, ma motore primo di radicali e multiformi diseguaglianze tra occupati e disoccupati, tra precari e stabilizzati, tra “tutele obbligatorie”, “tutele reali” e “tutele crescenti”, tra italiani e immigrati, tra lavoratori in regola, in nero o in grigio, e via discorrendo in un elenco di disparità che non ha fine. Inquieta, del resto, osservare come l’unico baluardo normativo a questa esondazione produttivista sia oggi l’art. 2087 del codice civile con la sua particolare sensibilità verso “l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, ovvero una norma coniata nell’ “anno di grazia” 1942, sotto l’egida di un folle regime totalitario.Così come lascia francamente perplessi l’atteggiamento conformista di una parte sempre maggiore della magistratura del lavoro che, in numerose pronunce, quasi fosse una “clausola di stile”, cita l’art. 41 della Costituzione, secondo cui “l’iniziativa economica privata è libera”, per giustificare l’insindacabilità di numerose – e spesso discutibili – decisioni dei datori di lavoro. La libertà dell’ iniziativa economica privata, oggi, sta diventando il “grande paravento” dietro cui si nascondono, con la garanzia dell’insindacabilità giudiziaria, anche le operazioni imprenditoriali più dubbie e spericolate. Dinanzi a questo sconfortante panorama, dunque, cosa dovrebbero fare i Cipputi di tutto il mondo? Forse rinfrancarsi pensando alle gesta del Leicester dei miracoli vicino all’incredibile conquista della Premier League o al piccolo Lugano di Zdenek Zeman ad un passo dalla conquista della coppa Svizzera, allegorie post-moderne della classe operaia che cerca di raggiungere il paradiso, nonostante e contro i giganti dell’oligarchia calcistica?Forse è meglio scolorire i fulgidi sogni e riprendere le parole pronunciate dal capo Meligqili, figlio di Dalindyebo, nel giorno della solenne festa del passaggio all’età adulta: «Qui siedono i nostri figli: giovani, sani, belli, il fiore della tribù xhosa, l’orgoglio della nostra nazione. Da poco li abbiamo circoncisi, con un rito che promette di introdurli nel mondo degli uomini; io sono qui a dirvi che questa è una promessa vuota, vana, una promessa che non potrà mai essere mantenuta… Noi siamo schiavi nel nostro paese, siamo inquilini sul nostro suolo. Non abbiamo la forza, non abbiamo il potere, non abbiamo il controllo del nostro destino nella terra sulla quale siamo nati. Questi figli andranno nelle città, a vivere nelle baracche e a bere alcool di qualità scadente, perché noi non possiamo offrire loro una terra sulla quale vivere e prosperare…».«Le capacità, l’intelligenza, il potenziale di questi giovani andranno sperperati nello sforzo di guadagnarsi da vivere svolgendo i servizi più umili, più semplici… I doni che abbiamo offerto oggi non sono niente, se non possiamo offrire loro il dono più grande, che è l’indipendenza, la libertà». Queste dolenti parole, ascoltate da un giovane Nelson Mandela, furono il primo motore dell’indignazione e della lotta di liberazione dalla schiavitù dell’apartheid. Che in questo primo maggio, giorno di mesta riflessione e non di festa, risuonino analoghe parole: chissà mai che, nascosti tra la folla, i giovani Mandela del nuovo millennio prendano coscienza del lungo cammino che, oggi, ci separa dalla perduta libertà.(Domenico Tambasco, “Primo Maggio, un lungo cammino verso la perduta libertà”, da “Micromega” del 1° maggio 2016).
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