Diario della caduta di un regime.

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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lucfig
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da lucfig »

Morto un papa se ne fa un'altro ...

Enrico Rossi: "Mi candido a fare il segretario del Pd per riportare il partito a sinistra"
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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soloo42001
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da soloo42001 »

Seeee. E' arrivato lui.

Quello che non hanno capito è che ormai il PD per la sinistra è bello che morto.
Non è più un soggetto politico affidabile, se mai lo è stato.
Il fango che è emerso, vedi mafia capitale, lo rende un'organizzazione politica corrotta, non
più votabile in tempi in cui si ruba ai poveri per regalare a ricchi e/o corrotti.

Infine, il livello politico culturale del "nuovo" che milita nel PD lo abbiamo visto all'opera.
Nel bene, una miserevole "opposizione interna mindem" senza senso ne' costrutto.
E nel male, Renzi, la cricca amorale toscana, il tradimento di ogni valore, l'uso di ogni mezzo
pur di consolidare il proprio potere.

Inoltre se il PD virasse oggi a sx perderebbe il proprio bacino di consenso centrista ex-FI.
E scenderebbe subito al 15%.

Però per la "carriera" di Rossi "cercare di salvare il PD riportandolo a sx" sarebbe
una bella missione. Un bel titolone sui giornali. Un ottimo slogan in vista del congresso.
Che finisca male o meno non conta, lo sa benissimo anche lui che è impossibile che finisca bene.
Per lui personalmente sarebbe un palcoscenico e darebbe l'occasione di consolidare un potere.
E tanto basta.


soloo42001
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

• Dopo la sconfitta è guerra nel Pd...
REAZIONI
Dopo la sconfitta è guerra nel Pd romano: "Tutta colpa di Orfini", "No, colpa dei notabili"
La sconfitta di Roberto Giachetti e il trionfo di Virginia Raggi costringono il partito a una riflessione. E scatta la caccia al colpevole in attesa del congresso convocato a ottobre
DI SARA DELLABELLA
20 giugno 2016


Matteo Orfin il risveglio è complicato. Lo si capisce dalla poca voglia di parlare e dai commenti affidati a caldo sui social network. I telefoni dei parlamentari romani del Pd squillano a vuoto, solo qualche dirigente di partito lascia un commento il giorno dopo la sconfitta.

Così dopo vari tentativi rispondePatrizia Prestipino membro della Direzione nazionale del PD e segretaria del circolo dell'Eur, uno di quelli annullati dal commissario Orfini.

"Era tutto già previsto" commenta così il 32,8 per cento di Giachetti, "ma se su Roma potevamo aspettarcelo, il dato di Torino ci impone una riflessione ulteriore sul modello di partito. - Ma di fronte ad una sconfitta così, non si può che essere ottimisti per ricominciare".

Meno delicato è stato Stefano Pedica che nella nottata appena trascorsa è stato tra i primi a chiedere il congresso romano anticipato.

La sua è un'accusa netta ed un invito ad "allontanare dal partito chi si faceva fotografare a cena con i Buzzi di turno.

Allo stesso tempo, bisogna far capire ad alcune persone che non basta solo presentarsi come renziani o turbo renziani della prima, seconda o terza ora per avere posizioni di potere, bisogna sentirsi del Pd e del centrosinistra.

Adesso, bisogna ricreare un partito e cancellare le aree di potere che hanno rovinato il Pd romano".



Il dito oggi è puntato controMatteo Orfini e i sub commissari che avrebbero dovuto traghettare il Pd dai giorni funesti dell'inchiesta Mafia Capitale fino alle amministrative, cercando di limitare i danni.

Eppure c'è chi sul territorio da mesi accusa un sistema che ha badato più a fustigare che a ricucire quel che rimaneva dopo lo tsunami dell'inchiesta giudiziaria.

Non lesina critiche neppure Marco Miccoli , battagliero deputato del Pd ed ex segretario del partito cittadino che ravvisa nella cacciata di Marino l'origine del malcontento.

"Lo abbiamo deciso noi di andare al voto. Quelli come me, ed altri come i militanti di Donna Olimpia, che avevano consigliato di non farlo sono stati attaccati e isolati.

E, dopo aver chiuso il circolo 'ribelle', ci e' stato impedito anche di essere seggio alle primarie.

Ora c'è da ricostruire il partito partendo da quella classe dirigente che nei municipi e' stata attaccata.

Nel Pd romano e nel Pd laziale il 'lanciafiamme' e' poco.

Orfini e' responsabile della disfatta ma non e' il solo: chi lo ha sostenuto non provi a salire sul carro dei ripulitori".


Di avviso contrario è il diretto interessato. Matteo Orfini in un'intervista rilasciata a La Stampa ha negato che la cacciata di Marino abbia avuto ripercussioni sulla sfiducia che i romani hanno dimostrato verso il Pd.

Tuttavia il Commissario non fa autocritica neppure oggi additando tra le cause della disfatta l'avere affidato i rapporti con i quartieri popolari (dove il Pd sparisce nel segreto dell'urna) al "notabilato più deteriore".

In un lungo post su Facebook lo stesso Orfini ha poi annunciato il congresso del Pd romano entro ottobre e provato ad abbozzare un'analisi sui motivi della disfatta: "Chiunque abbia girato la città in questa campagna elettorale sa che i romani in periferia non ci criticavano per aver dimesso Ignazio Marino, ma per averlo eletto."

Ma se Roma piange, Cartagine non ride, verrebbe da dire.

E la sconfitta di Piero Fassino a Torino impone al Pd una riflessione in più sul perchè quello di Renzi non sia più il partito a vocazione popolare.

E' Roberto Morassut, assessore all'Urbanistica durante la giunta Veltroni, ad allargare il ragionamento anticipando probabilmente quelle che saranno le riflessioni della Direzione nazionale di venerdì.

"Il tema di fondo è il funzionamento di questo partito dove non c'è più una libera circolazione delle idee, c'è un pluralismo finto di mille correnti che non esprimono un'idea e non hanno collegamento con la società – analizza il deputato - Non possiamo pensare di andare avanti solo con la figura trainante di Renzi.

A Roma bisogna trovare le forme giuste per riportare la politica in mezzo alla gente e su come organizzare l'opposizione sulle cose".


Oggi, inizia un giorno nuovo per il Movimento 5 stelle, ma inevitabilmente anche per il Pd.

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camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

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AMMINISTRATIVE 2016
Ballottaggi, la resa dei conti del Pd inizia sui social network
Il giorno dopo la pesante sconfitta, molti esponenti dem esprimono perplessità sulla gestione del partito. «Ora una discussione seria», scrive Enrico Rossi su Facebook. «Necessaria una riflessione», gli fa eco Francesco Boccia. E la direzione di venerdì si annuncia bollente
DI CARMELA ADINOLFI
20 giugno 2016


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Re: Diario della caduta di un regime.

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Ballottaggi 2016, i sindaci danno la colpa a Renzi: “Ora basta scelte dall’alto”. Giachetti: “Pd? Una tragica zavorra”

Elezioni Amministrative 2016
A chiedere un'autocritica ai vertici del partito, in vista della direzione di venerdì, non sono solo le correnti interne, ma anche gli amministratori. Merola: "Il partito fai da te non funziona". Chiamparino: "Serve una riflessione seria". Esposito: "Dirigenti Pd in preda a individualismo sfrenato". Il candidato sconfitto a Roma: "Mi dicevano: senti, nun è nà cosa personale. E’ che tu rappresenti il Pd"
di F. Q. | 20 giugno 2016


Aveva detto: “Noi non siamo tra quelli che dicono che abbiamo vinto”. Ora fa mettere in un comunicato la parola “sconfitta”. Matteo Renzi non si presenta ai giornalisti al largo del Nazareno, la vicesegretaria Debora Serracchiani non si vede, l’altro vice Lorenzo Guerini va a Milano per festeggiare Beppe Sala (almeno lui) e riserva al disastro del resto d’Italia solo poche parole. Nel Partito democratico è già cominciata la resa dei conti, il presidente-segretario ha anticipato apposta la direzione che dovrà discutere dei risultati delle Comunali. Sarà un bagno di sangue, quelli della sinistra Pd caricano come i tori. “La sconfitta ha caratteri enormi per il numero di città e per la qualità della sconfitta” dice Davide Zoggia, bersaniano. “Sembriamo sempre più un partito dell’establishment – aggiunge Miguel Gotor – mentre la sinistra riformista deve essere più popolare. Appariamo quelli della democrazia dell’autoscatto e del narcisismo”. Per Roberto Speranza è “un segnale politico chiaro al governo, a Renzi e all’azione che il Pd sta portando avanti” perché “c’è una difficoltà profonda: un pezzo della società trova una contraddizione tra il racconto del Pd e la vita quotidiana”.


E ora a chiedere una riflessione non sono solo gli “antirenziani per forza”. Non sono le correnti interne in Parlamento, quelle sempre pronti a obiettare su ogni testo di legge. Ora è il turno dei sindaci, dei presidenti di Regione, degli amministratori, cioè il mondo che fino a qualche tempo fa è stato celebrato da Renzi come il modello, l’humus in cui è nato la macchina del potere renziana, il team degli ex sindaci (Delrio, Guerini, Reggi eccetera). “Il Pd ha avuto il migliore risultato perché è stato unito e perché ha saputo interpretare una linea del centrosinistra unita e non del partito fai da te” punge Virginio Merola, l’unico – con Sala – che ce l’ha fatta. “Cosa dirò a Renzi? Gli dirò che ci sono questioni nazionali che vanno affrontate”.

Lo aveva detto Piero Fassino tre ore dopo la chiusura delle urne del primo turno (prima ancora del crollo del ballottaggio), lo ribadisce ora Merola dopo la riconferma come primo cittadino di Bologna. Nonostante il capo del governo abbia in tutti i modi allontanato le amministrative dalle sorti – e dalle responsabilità – del governo nazionale, non si può non vedere il peso della politica nazionale sulle Comunali. “Si deve convincere che fare le cose solo dall’alto non porta ai risultati che vogliamo ottenere – aggiunge il sindaco di Bologna – Bisogna ricostruire questo partito. Il fatto che il Pd, un partito di sinistra, abbia più difficoltà nei ceti popolari dei quartieri delle grandi città è un segnale che va accolto con prudenza”.

“Il Pd ha perso la connessione con una parte importante del suo popolo” spiega il presidente della Toscana Enrico Rossi, ufficialmente candidato alla segreteria nazionale, che sente da vicino l’odore della sconfitta (nella sua Regione il Pd ne ha perse 5 su 6). E torna anche Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, che aveva percepito un’atmosfera poco confortevole nei giorni scorsi, quando aveva chiesto a Renzi – in sostanza – di smettere di dire che “va tutto bene, madama la marchesa”. Oggi ribadisce che quella di Fassino è una “sconfitta immeritata di un ottimo amministratore” e che “quando si perde in una città come Torino, e in altri importanti centri come Novara (dove ha vinto il centrodestra, ndr) si impone per tutti una riflessione seria e approfondita, a cominciare dal sottoscritto”.

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La diagnosi definitiva è quella di Roberto Giachetti, schiantato dalla Raggi al ballottaggio. “Da subito, ho capito che c’era una montagna da scalare – racconta al Corriere della Sera – E dovevo riuscirci da solo. Il partito, purtroppo, più che un risorsa, s’è rivelato una tragica zavorra“. Mafia Capitale, prosegue, “l’ho incontrata ovunque sono andato. L’ho respirata. Una cappa. E, sotto la cappa, sempre gli stessi discorsi della gente: pure voi, Giache’, ce stavate in mezzo pure voi del Pd. E io a dire, a spiegare che abbiamo fatto pulizia, che siamo stati gli unici a farla e, soprattutto, che la mia storia sarebbe stata una garanzia. Anni e anni di lavoro in Campidoglio e mai, dico mai mezzo sospetto, un refolo perfido, niente, mai niente. Mi ascoltavano. Poi mi dicevano: senti, nun è nà cosa personale. È che tu rappresenti il Pd. Ce dispiace, ma nun te votamo“. Di Pd come un “peso” parla invece il vice sindaco uscente di Savona Livio Di Tullo, che ha annunciato con un post su Facebook la sua decisione di lasciare il Partito Democratico. “Una settimana fa ho comunicato al segretario Cittadino del Pd e a quello provinciale le mie dimissioni dal partito. Se devo dirla tutta, l’essere nel Pd è un freno e non una opportunità”, scrive Di Tullo.

E il resto del partito? Al netto del comunicato del Nazareno, si gioca in difesa. “Si tratta di un voto amministrativo”, sottolinea in tv il capogruppo alla Camera Ettore Rosato. “Alle amministrative si vince e si perde, è la democrazia bellezza”, minimizza via Twitter il senatore Andrea Marcucci. “Vinciamo in maniera netta contro la destra, ma paghiamo dazio contro i 5 stelle perché la destra li vota”, spiega il vicesegretario Lorenzo Guerini, una dinamica che potrebbe trasformarsi in un incubo in vista del referendum costituzionale di ottobre. Per il momento, tuttavia, non trapela alcun pentimento sull’Italicum, che in molto vedono uscire con le ossa rotte da questo voto. A partire dalla minoranza Pd pronta a battere sul tasto. Del resto l’interpretazione di Renzi (lo ha ribadito ancora pochi giorni fa) è sempre stata quella che il primo “competitor” resta sempre il centrodestra e contro i candidati “delle destre” il Pd ai ballottaggi ha fatto segnare “una vittoria chiara e forte”. Il presidente Matteo Orfini dice che quello delle Comunali e quello del referendum sono voti diversi. Ma ammette: “Il segno è inequivocabilmente negativo”. Per lui, però, a questo punto sono i Cinquestelle – che sommano “i loro voti con quelli di tutta la destra, da Casapound, alla Lega e Forza Italia” – ad aver fondato “il vero partito della nazione”.

Stefano Esposito, senatore, renzianissimo, uomo forte del partito a Torino e ex assessore a Roma, ripete da ore quello che il partito avrebbe dovuto capire da mesi. Fassino “ha fatto bene il sindaco – dice al Corriere della Sera – Ma si è dimenticato del fatto che il Pd è al potere da 23 anni. Il suo limite principale è stato proprio il mancato ricambio”. Insomma, il caso Livorno ripetuto nel capoluogo piemontese, con le dovute differenze e proporzioni. “Lo sanno tutti che il vero potere è nelle fondazioni, nelle società partecipate, in alcuni enti culturali. I nomi sono sempre gli stessi da 20 anni. Scommettere sul nuovo è un’altra cosa”. Dal canto suo il Pd “ha fatto blocco, non ha costruito una nuova classe dirigente, anche per mancanza di coraggio delle giovani generazioni. Si sono accontentati“. Appendino e il suo entourage erano “affamati, felici di lavorare insieme, si abbracciavano. Noi invece siamo in preda a un individualismo sfrenato. I nostri dirigenti erano agli eventi pubblici con lo spirito di chi entra in un cinema d’essai per guardare un film russo. Non abbiamo più cura della casa comune. E purtroppo i risultati si vedono”. “Questa è la fine di un periodo storico – conclude – Urge riflessione, meglio se autocritica”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... a/2844525/
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

MAFIA CAPITALE
Superteste ritratta in aula
Il clan di Carminati mi uccide

I carabinieri del Ros chiedono al trafficante romano Roberto Grilli se si sente minacciato dagli uomini del Cecato. E lui risponde: «ll mio profilo basso mi ha garantito di stare in vita a Roma. Adesso, se dovessi testimoniare, durerò due settimane...»
di Lirio Abbate



Mafia Capitale, superteste ritratta in aula: senza protezione il clan di Carminati mi uccide
Teme di essere ucciso per le accuse che ha rivolto a Massimo Carminati perché nessuno lo protegge. E per questo vuole fare marcia indietro. Ritrattare tutto davanti ai giudici del tribunale che sta processando i componenti del clan del Cecato nell'aula bunker di Rebibbia. Lui è Roberto Grilli, un super testimone, lo skipper romano che ha contribuito a scoperchiare i retroscena di «mafia Capitale», arrestato sulla sua barca con 500 chili di cocaina a bordo, parla delle azioni criminali del Cecato che insieme al suo braccio destro, Riccardo Brugia, anche lui sotto processo, hanno sempre avuto «a portata di mano» pistole, mitragliatori e fucili.

I carabinieri del Ros chiedono a Grilli se ha ricevuto minacce direttamente o indirettamente da Carminati e lui risponde: «No. Ma non serve. Io so di chi stiamo parlando. Il mio profilo basso fino adesso mi ha garantito di stare in vita a Roma. Adesso, dopo questa cosa (la scelta di farlo testimoniare in aula ndr), non so' più garantito con nulla. Se dovessi testimoniare durerò due settimane...». Grilli, lei sente che c'è questo rischio per la sua vita? «Stiamo a parlà de Carminati, e questo rischio lo sento da un anno e mezzo. Non prendetemi in giro».

Roberto Grilli ha detto agli investigatori durante le indagini di essere stato contattato da un personaggio di estrema destra, che gli avrebbe chiesto una somma di denaro per andare a Napoli a procurarsi «una mitraglietta e due automatiche», come richiesto da Brugia. Perché il clan del Cecato ha tante armi ancora a disposizione. Grilli ha raccontato tanti risvolti dal chiaro sapore mafioso attribuito a Carminati. Ma il super testimone denuncia di non essere mai stato protetto, di non essere stato mai sottoposto al programma di protezione, quello che le procure richiedono e assegnano ai pentiti di mafia, ai testimoni di giustizia a chiunque collabori con gli investigatori e sono ritenuti attendibili e in pericolo di vita.

La svolta è arrivata oggi. Con la scoperta di quanto è avvenuto. E di come il clan di Carminati, Cecato compreso, fa ancora paura a Roma.

Grilli è stato chiamato a deporre in aula. L'ex skipper è arrivato, è salito sul pretorio e ha preso posto a viso aperto sulla sedia riservata ai testi. E qui ha iniziato a fare retromarcia. Ha sostenuto di aver amplificato le accuse nei confronti di Carminati perché indotto dal precedente difensore che gli sarebbe stato imposto da altri. Ha dunque inizialmente ritrattato i contenuti di un importante verbale di interrogatorio del 17 dicembre 2014 in cui accusa espressamente il Cecato di aver avuto un ruolo anche in traffici di droga.

Alla fine della prima parte dell'esame arriva il colpo di scena della procura. I pm Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini hanno chiesto e ottenuto, dopo un vivace scontro con la difesa Carminati, l'acquisizione di una annotazione di polizia giudiziaria che spiega l'atteggiamento di Grilli. I carabinieri del Ros di Roma hanno registrato una conversazione avuta nelle scorse settimane con il testimone, nel momento in cui gli hanno notificato la citazione a comparire davanti al tribunale, e qui hanno ricevuto le confidenze del trafficante, in cui spiega la paura a deporre e il timore di ritorsioni.

«Sono stato trattato in maniera vergognosa» dice Grilli ai carabinieri del Ros, «dopo mafia capitale ho perso il lavoro, la salute. Avevo chiesto protezione per non correre rischi». E invece Grilli dice di essere stato lasciato solo. «Adesso devo confermare le mie dichiarazioni pe' famme sparà, se non confermo le mie dichiarazioni posso avere falsa testimonianza, mi faccio quattro anni...». Spiega agli investigatori il timore di essere ucciso dopo aver confermato in aula le accuse a Carminati: «Dopo questa botta data da me che magari è l'ultimo chiodo pe' attaccà Carminati perché fino adesso... robetta, io che faccio, poi torno sulle strade di Roma e gironzolo, in questo modo “duro 'na settimana...”».

Il verbale prodotto dai pm ha acceso la discussione fra alcuni difensori, in particolare dell'avvocato Bruno Naso, legale di Massimo Carminati. Il penalista ha contestato l'annotazione dei carabinieri, che è stata invece difesa dall'avvocato di parte civile Giulio Vasaturo. Per questo motivo Naso, davanti ai giudici, ha sbottato urlando contro il collega: «Stai zitto perché ti prendo a schiaffi».

http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

CLERO CONTRO


Ad Assisi il vescovo invita a votare PD.

A Genova Don Farinella ha insistito di non votare PD.
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

LA SECONDA GUERRA DI LIBERAZIONE.

Gli storici, nei prossimi anni, potrebbero titolare così questa fase storica italiana.

Il Fatto Quotidiano di stamani titola così in prima pagina.


ARMI IMPROPRIE
La sfida tra il premier e Grillo passa per i tagli alle città
Prima grana dei nuovi sindaci:
il governo che affama i Comuni




CONTINUA
camillobenso
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da camillobenso »

LA CRISI NON E' SOLO ECONOMICA, FINANZIARIA, OCCUPAZIONALE, MA ANCHE ETICA E MORALE.

QUESTO PROBLEMA SOCIALE COME LO RISOLVIAMO???

NON ASPETTATEVI CHE MUSSOLONI E LA SUA BANDA, SI ESIBISCANO ALMENO NELLA SOLITA SPARATA QUOTIDIANA.

MA TRA QUALCHE GIORNO ANDRA' TUTTO NEL DIMENTICATOIO, E QUELLE PICCOLE CONTINUERANNO A SUBIRE ABUSI DAGLI ADULTI.

IL PROBLEMA E' UN PROBLEMA DI DIRITTO.

"I FORTI" CHE SE APPROFFITANO DEI DEBOLI.

Sempre dalla prima pagina del Fatto Quotidiano:



IL GARANTE DELL’INFANZIA
In molte zone, abusare delle figlie “è la normalità”
“In Campania 200 casi d’incesto
contro bambine dai 6 ai 10 anni”
Maucat
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da Maucat »

LA CRISI NON E' SOLO ECONOMICA, FINANZIARIA, OCCUPAZIONALE, MA ANCHE ETICA E MORALE

Questo è il vero problema!
Non esiste più un'etica e una morale civile, stiamo regredendo a grandi passi verso i secoli bui cancellando tutti quei progressi civili che con tanta fatica si erano fatti negli ultimi 200 anni.
Abbiamo creato un mondo dove 7 mln di ultraricchi potentissimi dominano su 7 mld di più o meno poveracci facendoli litigare tra di loro per spartirsi le briciole, dove si azzera il rispetto del vivere civile e dove gli istinti più bestiali ritornano a galla e prendono il sopravvento.
Ogni giorno che passa mi rendo conto che non c'è modo "civile" di fermarli e che il 1789 e il 1917 sono destinati a ripetersi per l'egoismo smodato di pochi e la stupidità di tanti.
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