La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Tg7 – ore 20,00.
Le prime due notizie commentate da Mentana sono state:
1) 10 arresti in Brasile, pronti a colpire durante le prossime Olimpiadi.
Brasile, almeno 10 brasiliani arrestati«Terroristi pronti a colpire durantele Olimpiadi di Rio De Janeiro»
Corriere della Sera - 3 ore fa
Pochi giorni al via ai Giochi olimpici della capitale brasilianae l'allarme sale per possibili ...
2) Strage di Nizza preparata da mesi.
Strage di Nizza, le indagini confermano: Bouhlel aveva complici. "Attentato preparato per mesi"
La Repubblica - 9 min fa
"Premeditava da mesi il suo piano criminale" ha rivelato il procuratore antiterrorismo ..
Sono in molti a far finta che tutto stia procedendo come prima. Come se niente fudesse.
Siamo in guerra, ed è completamente inutile far finta di niente.
E le guerre devono essere combattute, se si vuole venirne fuori.
Solo che, con i tempi che corrono, sorge chiara e netta la prima domanda.
Morire per chi o per cosa?????
Morire per Mussoloni??????
Morire per Brunetta?????
Morire per Alfano & Romina?????
Morire per Berluscoponi????
Morire per Monti o Salvini????
Morire per Trump????
Morire per Ciaone e le sue poltrone?
Morire per Sgarbi????
Morire per Verdini????
Morire per Erdogan????
Ma semo matti??????
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
ANTICIPAZIONE
Benvenuti nel Grande Disordine mondiale
Il caos turco. Gli attacchi dello Stato islamico. L'ascesa di Trump e dei populisti. La Brexit. Tutte espressioni dello stesso tsunami. Che obbligano l'Occidente a ripensare la sua politica
21 luglio 2016
Il mondo è scosso da una catena di avvenimenti sconvolgenti e solo in apparenza slegati uno dall'altro. Ma che insieme sono connessi e contribuiscono a formare il Grande Disordine Globale. Una cultura, una civiltà può rispondere alla sfida che oggi le si presenta «solo con potenza riformatrice, imparando dagli errori commessi, rinnovando istituzioni e linguaggi», come suggerisce Massimo Cacciari nell'articolo che apre il dossier di copertina de “l'Espresso”, in edicola da venerdì 22 luglio. Dove si cerca di trovare il filo rosso che lega il caos turco agli attacchi dello Stato islamico, all'ascesa di Trump e dei populisti, alla stessa Brexit.
ESPRESSO+ L'ARTICOLO DI MASSIMO CACCIARI
L'occidente, nell'analisi di Cacciari, ha invece continuato a credere «che la sua cultura costituisse un'infrangibile rete gettata sull'intero pianeta». Ma in altre culture quel modello ha prodotto guerre e miseria. E alla proletarizzazione di massa dei Paesi islamici corrisponde «un processo analogo in Occidente». Dove le leadership europee e americane hanno assecondato, se non favorito una globalizzazione che moltiplica fenomeni di esclusione e disuguaglianza.
Ci sarebbe bisogno di leader capaci di pensare a prospettive di lungo respiro e non solo alle elezioni dell'indomani mattina. Leader capaci di avere un orizzonte largo che non si intravedono. E la loro pavidità contribuisce ad alimentare il fuoco che brucia il mondo.
L'antropologo francese Marc Augé fa risalire la frattura tra governanti e governati agli anni 70 quando iniziò il fenomeno della disoccupazione di massa. Che ha trasformato i luoghi del riscatto operaio in simboli di sconfitta. Soprattutto per i figli degli immigrati arabi che cercano la rivincita. Si riferisce soprattutto alla Francia, ancora colpita dal terribile attentato di Nizza, ma vale per il Continente tutto.
La guerra al terrorismo sarà impossibile da vincere se prima non si toglierà ai giovani sedotti dalla sirena del califfo, il sogno di una patria di riferimento. Quello Stato islamico che non sarà battuto senza il contributo importante della Turchia. Ma la Turchia è sconvolta, ora, dalla vendetta di Erdogan dopo il fallito colpo di Stato contro di lui. Le purghe nell'esercito, nella magistratura, nella polizia, nelle università si susseguono e imbarazzano gli alleati che avrebbero bisogno di avere, ad Ankara, un amico fidato.
Il dossier integrale in edicola da venerdì 22 luglio e online su Espresso+
© Riproduzione riservata
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
ANTICIPAZIONE
Benvenuti nel Grande Disordine mondiale
Il caos turco. Gli attacchi dello Stato islamico. L'ascesa di Trump e dei populisti. La Brexit. Tutte espressioni dello stesso tsunami. Che obbligano l'Occidente a ripensare la sua politica
21 luglio 2016
Il mondo è scosso da una catena di avvenimenti sconvolgenti e solo in apparenza slegati uno dall'altro. Ma che insieme sono connessi e contribuiscono a formare il Grande Disordine Globale. Una cultura, una civiltà può rispondere alla sfida che oggi le si presenta «solo con potenza riformatrice, imparando dagli errori commessi, rinnovando istituzioni e linguaggi», come suggerisce Massimo Cacciari nell'articolo che apre il dossier di copertina de “l'Espresso”, in edicola da venerdì 22 luglio. Dove si cerca di trovare il filo rosso che lega il caos turco agli attacchi dello Stato islamico, all'ascesa di Trump e dei populisti, alla stessa Brexit.
ESPRESSO+ L'ARTICOLO DI MASSIMO CACCIARI
L'occidente, nell'analisi di Cacciari, ha invece continuato a credere «che la sua cultura costituisse un'infrangibile rete gettata sull'intero pianeta». Ma in altre culture quel modello ha prodotto guerre e miseria. E alla proletarizzazione di massa dei Paesi islamici corrisponde «un processo analogo in Occidente». Dove le leadership europee e americane hanno assecondato, se non favorito una globalizzazione che moltiplica fenomeni di esclusione e disuguaglianza.
Ci sarebbe bisogno di leader capaci di pensare a prospettive di lungo respiro e non solo alle elezioni dell'indomani mattina. Leader capaci di avere un orizzonte largo che non si intravedono. E la loro pavidità contribuisce ad alimentare il fuoco che brucia il mondo.
L'antropologo francese Marc Augé fa risalire la frattura tra governanti e governati agli anni 70 quando iniziò il fenomeno della disoccupazione di massa. Che ha trasformato i luoghi del riscatto operaio in simboli di sconfitta. Soprattutto per i figli degli immigrati arabi che cercano la rivincita. Si riferisce soprattutto alla Francia, ancora colpita dal terribile attentato di Nizza, ma vale per il Continente tutto.
La guerra al terrorismo sarà impossibile da vincere se prima non si toglierà ai giovani sedotti dalla sirena del califfo, il sogno di una patria di riferimento. Quello Stato islamico che non sarà battuto senza il contributo importante della Turchia. Ma la Turchia è sconvolta, ora, dalla vendetta di Erdogan dopo il fallito colpo di Stato contro di lui. Le purghe nell'esercito, nella magistratura, nella polizia, nelle università si susseguono e imbarazzano gli alleati che avrebbero bisogno di avere, ad Ankara, un amico fidato.
Il dossier integrale in edicola da venerdì 22 luglio e online su Espresso+
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LIBRE news
Magaldi: da Nizza ad Ankara, nessuno vi racconta la verità
Scritto il 21/7/16 • nella Categoria: idee Condividi
Toglietevi dalla testa l’idea che un pazzo solitario abbia compiuto la strage sul lungomare di Nizza, non casualmente programmata il 14 luglio, data simbolo della principale rivoluzione europea attuata dalla massoneria progressista. Di qui l’automatismo che collega il massacro francese alla “risposta” andata in scena poche ore dopo in Turchia, paese amministrato dall’oligarca Erdogan, esponente del vertice internazionale della super-massoneria di destra. E’ la lettura fornita da Gioele Magaldi, massone a sua volta, già gran maestro della loggia romana Monte Sion, poi fondatore del Grande Oriente Democratico e transitato nella superloggia Thomas Paine. A fine 2014, col dirompente saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” edito da Chiarelettere, Magaldi ha svelato inquietanti retroscena del massimo potere mondiale, spiegando il ruolo di 36 Ur-Lodges (logge madri, a carattere cosmopolita) nella genesi delle principali decisioni politiche, militari, economiche e finanziarie dell’ultimo mezzo secolo: rivoluzioni e colpi di Stato, terrorismo e strategia della tensione, welfare democratico e involuzioni autoritarie, fino all’avvento della globalizzazione a mano armata e della “guerra infinita” inaugurata dalla tragedia dell’11 Settembre.Primo capitolo, la Francia: il paese è chiaramente sotto attacco a partire dalla strage della redazione di Charlie Hebdo, le cui indagini sono state fermate dal governo Hollande con l’apposizione del segreto militare dopo la scoperta, da parte della magistratura parigina, della triangolazione che ha coinvolto la Dgse, cioè i servizi segreti francesi, nella fornitura di armi al commando-killer (armi slovacche, acquistate in Belgio sotto la copertura dell’intelligence). Il grande spauracchio dell’ultimo scorcio si chiama Isis? Si tratta di un paravento, sostiene Magaldi, nonché di una “firma”: Isis è anche il nome della dea egizia Iside, chiamata anche Hathor, e Hathor Pentalpha è il nome della “loggia del sangue e della vendetta” fondata nel 1980 da Bush padre quando fu battuto da Reagan alle primarie repubblicane. A quella cupola di potere, sempre secondo Magaldi, è ascrivibile la regia dell’11 Settembre, con annessa “fabbricazione del nemico”, da Al-Qaeda a Saddam Hussein: della Hathor Pentalpha, scrive Magaldi, hanno fatte parte sia Tony Blair, “l’inventore” delle armi di distruzione di massa irachene, sia Nicolas Sarkozy, il demolitore del regime di Gheddafi. E inoltre lo stesso Erdogan, il massimo padrino dell’Isis.«Da fonti riservate – racconta Magaldi a “Colors Radio” – sapevo con certezza che in Turchia si stesse preparando un golpe: non il maldestro tentativo cui abbiamo appena assistito, facilmente controllato da Erdogan, ma un golpe autentico, programmato per l’autunno». Niente di più facile che il “sultano” l’abbia semplicemente anticipato, in modo farsesco, provando a disinnescare la minaccia. Ma attenzione: «Erdogan sa benissimo che i suoi veri, potenti nemici non sono toccabili: la sua repressione, feroce e molto rumorosa, non li sfiorerà neppure. Nel caso di un golpe a tutti gli effetti, quindi con il coinvolgimento dei massimi vertici dell’esercito, della marina e dell’aviazione, oltre che con la partecipazione degli Usa e di Israele, Erdogan verrebbe liquidato in poche ore, arrestato o ucciso». Cosa manca, al puzzle? Il piatto forte: le elezioni Usa. Solo allora, cioè dopo novembre, è plausibile che il quadro geopolitico possa chiarirsi. A cominciare da Ankara: al di là del chiasso organizzato in queste ore da Erdogan, dice Magaldi, la Turchia non ha ancora deciso “cosa fare da grande”. E soprattutto: come chiudere la pratica Isis, di cui resta la principale azionista.Quanto alla strage di Nizza, si tratta della «ripetizione ormai stanca» di un copione già invecchiato, quello dei tagliatori di teste che hanno seminato il terrore – con sapiente regia hollywoodiana – tra Iraq e Siria. La dominante, oggi, si chiama caos. E nessuno – tantomeno Erdogan – sa esattamente cosa accadrà domani, ovvero: su quale configurazione di forze si baseranno i poteri forti, anche super-massonici, che finora hanno assegnato precisi spazi agli attori sul terreno, da Obama a Putin, dalla Merkel a Erdogan. Sempre secondo Magaldi, il network trasversale della super-massoneria progressista si è impegnato con successo nelle primarie Usa, da un lato lanciando Bernie Sanders per spostare a sinistra la politica della Clinton, e dall’altro utilizzando Donald Trump come cavallo di Troia per eliminare dalla corsa il pericolo numero uno, Jeb Bush, ultimo esemplare della filiera Hathor Pentalpha. Comunque vada a novembre, conclude Magaldi, gli “architetti del terrore” dovrebbero finalmente perdere terreno: la stessa Clinton si starebbe smarcando da certi legami pericolosi con i settori più opachi del potere di Washington, e Trump non sarebbe certo disponibile a coprire azioni di macelleria internazionale come quelle a cui stiamo assistendo.Una grande retromarcia, dopo 15 anni di orrori? Qualche segnale lo stiamo già avendo, dice un altro analista dal solido retroterra massonica come Gianfranco Carpeoro: a inquietare i gestori del massimo potere è proprio la recente “diserzione” di una parte del vertice planetario, non più disposto ad avallare la strategia della tensione (da Bin Laden al Califfato) promossa dall’élite neo-aristocratica, quella che ha cinicamente ideato e gestito l’austerity europea incarnata da Draghi e Merkel. Se cresce il bilancio di sangue, anche in Europa – questa la tesi – è perché il potere oligarchico si sta indebolendo e teme di perdere la sua presa. E’ di ieri lo strappo del Brexit, e la Francia resta sotto tiro anche per via del suo ruolo-cardine in una struttura antidemocratica come l’attuale Unione Europea. I tempi stanno per cambiare? Se sì, a quanto pare, non sarà una passeggiata: è saggio aspettarsi di tutto, in questa fase di incertissima transizione. Certo, dice ancora Magaldi, bisogna tenere gli occhi aperti: è impensabile che la sicurezza francese abbia potuto “dimenticarsi” di quel camion-killer, parcheggiato da giorni sul lungomare di Nizza. E forse il primo a cadere sarà proprio il capo della “democratura” turca: «Erdogan sembra forte, ma in realtà è fragilissimo». Un consiglio? Allacciare le cinture, in attesa delle elezioni Usa.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LIBRE news
Magaldi: da Nizza ad Ankara, nessuno vi racconta la verità
Scritto il 21/7/16 • nella Categoria: idee Condividi
Toglietevi dalla testa l’idea che un pazzo solitario abbia compiuto la strage sul lungomare di Nizza, non casualmente programmata il 14 luglio, data simbolo della principale rivoluzione europea attuata dalla massoneria progressista. Di qui l’automatismo che collega il massacro francese alla “risposta” andata in scena poche ore dopo in Turchia, paese amministrato dall’oligarca Erdogan, esponente del vertice internazionale della super-massoneria di destra. E’ la lettura fornita da Gioele Magaldi, massone a sua volta, già gran maestro della loggia romana Monte Sion, poi fondatore del Grande Oriente Democratico e transitato nella superloggia Thomas Paine. A fine 2014, col dirompente saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” edito da Chiarelettere, Magaldi ha svelato inquietanti retroscena del massimo potere mondiale, spiegando il ruolo di 36 Ur-Lodges (logge madri, a carattere cosmopolita) nella genesi delle principali decisioni politiche, militari, economiche e finanziarie dell’ultimo mezzo secolo: rivoluzioni e colpi di Stato, terrorismo e strategia della tensione, welfare democratico e involuzioni autoritarie, fino all’avvento della globalizzazione a mano armata e della “guerra infinita” inaugurata dalla tragedia dell’11 Settembre.Primo capitolo, la Francia: il paese è chiaramente sotto attacco a partire dalla strage della redazione di Charlie Hebdo, le cui indagini sono state fermate dal governo Hollande con l’apposizione del segreto militare dopo la scoperta, da parte della magistratura parigina, della triangolazione che ha coinvolto la Dgse, cioè i servizi segreti francesi, nella fornitura di armi al commando-killer (armi slovacche, acquistate in Belgio sotto la copertura dell’intelligence). Il grande spauracchio dell’ultimo scorcio si chiama Isis? Si tratta di un paravento, sostiene Magaldi, nonché di una “firma”: Isis è anche il nome della dea egizia Iside, chiamata anche Hathor, e Hathor Pentalpha è il nome della “loggia del sangue e della vendetta” fondata nel 1980 da Bush padre quando fu battuto da Reagan alle primarie repubblicane. A quella cupola di potere, sempre secondo Magaldi, è ascrivibile la regia dell’11 Settembre, con annessa “fabbricazione del nemico”, da Al-Qaeda a Saddam Hussein: della Hathor Pentalpha, scrive Magaldi, hanno fatte parte sia Tony Blair, “l’inventore” delle armi di distruzione di massa irachene, sia Nicolas Sarkozy, il demolitore del regime di Gheddafi. E inoltre lo stesso Erdogan, il massimo padrino dell’Isis.«Da fonti riservate – racconta Magaldi a “Colors Radio” – sapevo con certezza che in Turchia si stesse preparando un golpe: non il maldestro tentativo cui abbiamo appena assistito, facilmente controllato da Erdogan, ma un golpe autentico, programmato per l’autunno». Niente di più facile che il “sultano” l’abbia semplicemente anticipato, in modo farsesco, provando a disinnescare la minaccia. Ma attenzione: «Erdogan sa benissimo che i suoi veri, potenti nemici non sono toccabili: la sua repressione, feroce e molto rumorosa, non li sfiorerà neppure. Nel caso di un golpe a tutti gli effetti, quindi con il coinvolgimento dei massimi vertici dell’esercito, della marina e dell’aviazione, oltre che con la partecipazione degli Usa e di Israele, Erdogan verrebbe liquidato in poche ore, arrestato o ucciso». Cosa manca, al puzzle? Il piatto forte: le elezioni Usa. Solo allora, cioè dopo novembre, è plausibile che il quadro geopolitico possa chiarirsi. A cominciare da Ankara: al di là del chiasso organizzato in queste ore da Erdogan, dice Magaldi, la Turchia non ha ancora deciso “cosa fare da grande”. E soprattutto: come chiudere la pratica Isis, di cui resta la principale azionista.Quanto alla strage di Nizza, si tratta della «ripetizione ormai stanca» di un copione già invecchiato, quello dei tagliatori di teste che hanno seminato il terrore – con sapiente regia hollywoodiana – tra Iraq e Siria. La dominante, oggi, si chiama caos. E nessuno – tantomeno Erdogan – sa esattamente cosa accadrà domani, ovvero: su quale configurazione di forze si baseranno i poteri forti, anche super-massonici, che finora hanno assegnato precisi spazi agli attori sul terreno, da Obama a Putin, dalla Merkel a Erdogan. Sempre secondo Magaldi, il network trasversale della super-massoneria progressista si è impegnato con successo nelle primarie Usa, da un lato lanciando Bernie Sanders per spostare a sinistra la politica della Clinton, e dall’altro utilizzando Donald Trump come cavallo di Troia per eliminare dalla corsa il pericolo numero uno, Jeb Bush, ultimo esemplare della filiera Hathor Pentalpha. Comunque vada a novembre, conclude Magaldi, gli “architetti del terrore” dovrebbero finalmente perdere terreno: la stessa Clinton si starebbe smarcando da certi legami pericolosi con i settori più opachi del potere di Washington, e Trump non sarebbe certo disponibile a coprire azioni di macelleria internazionale come quelle a cui stiamo assistendo.Una grande retromarcia, dopo 15 anni di orrori? Qualche segnale lo stiamo già avendo, dice un altro analista dal solido retroterra massonica come Gianfranco Carpeoro: a inquietare i gestori del massimo potere è proprio la recente “diserzione” di una parte del vertice planetario, non più disposto ad avallare la strategia della tensione (da Bin Laden al Califfato) promossa dall’élite neo-aristocratica, quella che ha cinicamente ideato e gestito l’austerity europea incarnata da Draghi e Merkel. Se cresce il bilancio di sangue, anche in Europa – questa la tesi – è perché il potere oligarchico si sta indebolendo e teme di perdere la sua presa. E’ di ieri lo strappo del Brexit, e la Francia resta sotto tiro anche per via del suo ruolo-cardine in una struttura antidemocratica come l’attuale Unione Europea. I tempi stanno per cambiare? Se sì, a quanto pare, non sarà una passeggiata: è saggio aspettarsi di tutto, in questa fase di incertissima transizione. Certo, dice ancora Magaldi, bisogna tenere gli occhi aperti: è impensabile che la sicurezza francese abbia potuto “dimenticarsi” di quel camion-killer, parcheggiato da giorni sul lungomare di Nizza. E forse il primo a cadere sarà proprio il capo della “democratura” turca: «Erdogan sembra forte, ma in realtà è fragilissimo». Un consiglio? Allacciare le cinture, in attesa delle elezioni Usa.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LA LIBERTA' HA UN PREZZO. LA LIBERTA' COSTA CARA.
SI FA PRESTO A PERDERLA, E BISOGNA PAGARE UN COSTO ALTO PER RIAVERLA.
OGGI TOCCA ALLA TURCHIA. DOMANI POTREBBE TOCCARE A NOI. GIRARE LA TESTA DALL'ALTRA PARTE NON CONVIENE A NESSUNO DI COLORO CHE AMANO LA LIBERTA'.
Turchia, governo punta ad allontanare definitivamente docenti sgraditi: “Legge per cacciarli senza passare per i tribunali”
Mondo
Dopo il golpe fallito le epurazioni proseguono senza sosta. La legge prevede che i docenti sollevati dall'incarico possono sperare in un reintegro da parte del tribunale, ma il ministro del Lavoro Suleyman Soylu sta lavorando alla modifica dello Statuto dei Lavoratori per rendere le sospensioni permanenti
di Lorenzo Bagnoli | 22 luglio 2016
COMMENTI
“La repressione contro i professori è destinata a peggiorare”. Non ha dubbi Cem Oyvat, economista dell’Università di Greenwich, in Inghilterra. È tra i primi firmatari della petizione Academics for Peace, un appello sottoscritto, solo in Turchia, da oltre 1300 professori. Dopo il golpe fallito le epurazioni proseguono senza sosta: il 19 luglio il Consiglio per l’Alta educazione, l’organismo di sorveglianza delle università turche, ha chiesto le dimissioni dei 1.577 rettori, il ministero dell’Istruzione ha sospeso 15.200 insegnanti, per poi annunciare poche ore dopo di aver revocato la licenza d’insegnamento a 21mila docenti che lavorano in scuole private. E sospendere il giorno seguente altri 6.500 dipendenti.
Per ora la sospensione è temporanea perché l’ordinamento turco prevede un passaggio in tribunale: “Per quanto è previsto dalla legge – continua Oyvat – la maggior parte dei dipendenti potrebbe rientrare al proprio posto di lavoro dopo una decisione favorevole delle aule giudiziarie”. Tuttavia il governo è al lavoro per rendere definitive le epurazioni: il ministro del Lavoro Suleyman Soylu – riportano Sabah e Akşam, giornali di centrodestra finora vicini al governo – sta lavorando alla modifica dell’articolo 657 dello Statuto dei Lavoratori, la normativa che regolamenta i licenziamenti, con l’obiettivo di rendere le sospensioni permanenti senza dover passare dai tribunali. A deciderle sarebbe il solo Consiglio per l’Alta educazione: “Così sarà possibile costruire delle liste di proscrizione di professori e dipendenti a cui è vietato lavorare nel mondo accademico”. L’ultima fase della pulizia nelle università.
Oyvat è l’unico che accetta di parlare, su dieci professori raggiunti. Una sua collega, ricercatrice in Turchia, non va oltre un breve commento: “L’epurazione colpirà tutti gli accademici – ragiona – specialmente perché quello che ci aspettiamo è che sostituiscano molti rettori con altri più fedeli al regime. Questo significherà un controllo politico persino maggiore e nuove restrizioni alle libertà accademiche. Questo colpirà le campagne per la democrazia in corso, visto che si sta fermando tutto nel Paese”. “Il senso generale è di terribile attesa per le prossime decisioni del governo – prosegue – gli eventi si succedono in modo così rapido che sono troppo confusa per espormi. Per questo preferisco rimanere anonima”.
I firmatari di Academics for Peace condividono una visione antimilitarista e una ferma condanna alla campagna di repressione contro i curdi, in corso da marzo. Le posizioni politiche del movimento sono vicine al partito curdo dell’Hdp, le organizzazioni di sinistra come ÖDP, EMEP, Halkevleri, oppure ai socialdemocratici del Chp. Tutti gruppi che condannano allo stesso modo sia il tentativo di golpe che la repressione di Erdogan. Ma l’avversario politico post tentato golpe è un altro: i conservatori.
“A seguito del colpo di Stato – racconta Cem Oyvat – tra le migliaia di impiegati pubblici arrestati, ci sono almeno 10 professori e il Consiglio per l’Istruzione Superiore ha ordinato a 1.577 presidi di facoltà di dimettersi”. L’università più colpita è quella di Istanbul, l’ateneo pubblico di dimensioni maggiori: 95 tra professori e dipendenti sono stati sospesi. Lo stesso Consiglio aveva già messo sotto tiro Academics for Peace: è probabile che sospenda 25 accademici dalle loro università. “Per l’occasione è prevista una manifestazione della nostra organizzazione contro le indagini sugli accademici”, dice Ovyat.
“Ho controllato la lista dei nomi dei professori arrestati – prosegue l’economista – nessuno appartiene ad Academics for Peace. Come strategia politica, il regime di Erdoğan di solito attacca differenti gruppi politici in differenti periodi”. Ed ora è il turno di chi è vicino a chi è stato accusato dal presidente di essere la mente dietro gli attentati: Fethullah Gülen e altri conservatori. Infatti, parte di 15 mila accademici sospesi fa parte del sindacato Aktif Eğitim Union, ispirato al movimento del predicatore trasferitosi negli Stati Uniti. Un movimento che, sul piano degli schieramenti politici, è avverso ad Academics for Peace. Ma ora tutti coloro che non gravitano nell’orbita dell’Akp è un nemico per Erdoğan. “Mi aspetto che siano i primi a finire in arresto in tempi rapidi”, commenta Ovyat.
di Lorenzo Bagnoli | 22 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... i/2921988/
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LA LIBERTA' HA UN PREZZO. LA LIBERTA' COSTA CARA.
SI FA PRESTO A PERDERLA, E BISOGNA PAGARE UN COSTO ALTO PER RIAVERLA.
OGGI TOCCA ALLA TURCHIA. DOMANI POTREBBE TOCCARE A NOI. GIRARE LA TESTA DALL'ALTRA PARTE NON CONVIENE A NESSUNO DI COLORO CHE AMANO LA LIBERTA'.
Turchia, governo punta ad allontanare definitivamente docenti sgraditi: “Legge per cacciarli senza passare per i tribunali”
Mondo
Dopo il golpe fallito le epurazioni proseguono senza sosta. La legge prevede che i docenti sollevati dall'incarico possono sperare in un reintegro da parte del tribunale, ma il ministro del Lavoro Suleyman Soylu sta lavorando alla modifica dello Statuto dei Lavoratori per rendere le sospensioni permanenti
di Lorenzo Bagnoli | 22 luglio 2016
COMMENTI
“La repressione contro i professori è destinata a peggiorare”. Non ha dubbi Cem Oyvat, economista dell’Università di Greenwich, in Inghilterra. È tra i primi firmatari della petizione Academics for Peace, un appello sottoscritto, solo in Turchia, da oltre 1300 professori. Dopo il golpe fallito le epurazioni proseguono senza sosta: il 19 luglio il Consiglio per l’Alta educazione, l’organismo di sorveglianza delle università turche, ha chiesto le dimissioni dei 1.577 rettori, il ministero dell’Istruzione ha sospeso 15.200 insegnanti, per poi annunciare poche ore dopo di aver revocato la licenza d’insegnamento a 21mila docenti che lavorano in scuole private. E sospendere il giorno seguente altri 6.500 dipendenti.
Per ora la sospensione è temporanea perché l’ordinamento turco prevede un passaggio in tribunale: “Per quanto è previsto dalla legge – continua Oyvat – la maggior parte dei dipendenti potrebbe rientrare al proprio posto di lavoro dopo una decisione favorevole delle aule giudiziarie”. Tuttavia il governo è al lavoro per rendere definitive le epurazioni: il ministro del Lavoro Suleyman Soylu – riportano Sabah e Akşam, giornali di centrodestra finora vicini al governo – sta lavorando alla modifica dell’articolo 657 dello Statuto dei Lavoratori, la normativa che regolamenta i licenziamenti, con l’obiettivo di rendere le sospensioni permanenti senza dover passare dai tribunali. A deciderle sarebbe il solo Consiglio per l’Alta educazione: “Così sarà possibile costruire delle liste di proscrizione di professori e dipendenti a cui è vietato lavorare nel mondo accademico”. L’ultima fase della pulizia nelle università.
Oyvat è l’unico che accetta di parlare, su dieci professori raggiunti. Una sua collega, ricercatrice in Turchia, non va oltre un breve commento: “L’epurazione colpirà tutti gli accademici – ragiona – specialmente perché quello che ci aspettiamo è che sostituiscano molti rettori con altri più fedeli al regime. Questo significherà un controllo politico persino maggiore e nuove restrizioni alle libertà accademiche. Questo colpirà le campagne per la democrazia in corso, visto che si sta fermando tutto nel Paese”. “Il senso generale è di terribile attesa per le prossime decisioni del governo – prosegue – gli eventi si succedono in modo così rapido che sono troppo confusa per espormi. Per questo preferisco rimanere anonima”.
I firmatari di Academics for Peace condividono una visione antimilitarista e una ferma condanna alla campagna di repressione contro i curdi, in corso da marzo. Le posizioni politiche del movimento sono vicine al partito curdo dell’Hdp, le organizzazioni di sinistra come ÖDP, EMEP, Halkevleri, oppure ai socialdemocratici del Chp. Tutti gruppi che condannano allo stesso modo sia il tentativo di golpe che la repressione di Erdogan. Ma l’avversario politico post tentato golpe è un altro: i conservatori.
“A seguito del colpo di Stato – racconta Cem Oyvat – tra le migliaia di impiegati pubblici arrestati, ci sono almeno 10 professori e il Consiglio per l’Istruzione Superiore ha ordinato a 1.577 presidi di facoltà di dimettersi”. L’università più colpita è quella di Istanbul, l’ateneo pubblico di dimensioni maggiori: 95 tra professori e dipendenti sono stati sospesi. Lo stesso Consiglio aveva già messo sotto tiro Academics for Peace: è probabile che sospenda 25 accademici dalle loro università. “Per l’occasione è prevista una manifestazione della nostra organizzazione contro le indagini sugli accademici”, dice Ovyat.
“Ho controllato la lista dei nomi dei professori arrestati – prosegue l’economista – nessuno appartiene ad Academics for Peace. Come strategia politica, il regime di Erdoğan di solito attacca differenti gruppi politici in differenti periodi”. Ed ora è il turno di chi è vicino a chi è stato accusato dal presidente di essere la mente dietro gli attentati: Fethullah Gülen e altri conservatori. Infatti, parte di 15 mila accademici sospesi fa parte del sindacato Aktif Eğitim Union, ispirato al movimento del predicatore trasferitosi negli Stati Uniti. Un movimento che, sul piano degli schieramenti politici, è avverso ad Academics for Peace. Ma ora tutti coloro che non gravitano nell’orbita dell’Akp è un nemico per Erdoğan. “Mi aspetto che siano i primi a finire in arresto in tempi rapidi”, commenta Ovyat.
di Lorenzo Bagnoli | 22 luglio 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... i/2921988/
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Re: La Terza Guerra Mondiale
"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare".
Non si sa se l'abbia detto prima il pastore Martin Niemöller o lo scrittore Bertolt Brecht ma è sempre vera e minacciosa... l'accettazione supina della perdita dei diritti di qualcuno è un colpo mortale alla libertà!
Non si sa se l'abbia detto prima il pastore Martin Niemöller o lo scrittore Bertolt Brecht ma è sempre vera e minacciosa... l'accettazione supina della perdita dei diritti di qualcuno è un colpo mortale alla libertà!
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Monaco, attacco al centro commerciale (video)
“Ci sono 3 morti”. Polizia: “3 uomini in fuga”
Secondo alcuni media le vittime sono almeno il doppio. Le autorità: “A sparare 3 killer. Uno è scappato
in metro”. Smentita voce di un’altra sparatoria in una piazza (ora per ora). Attentatore sul tetto (video)
Mondo
Un uomo è entrato nel centro commerciale Olympia-Einkaufszentrum a Monaco, nella zona del villaggio olimpico, e ha iniziato a sparare. Media tedeschi, tra cui il sito dell’emittente N-Tv, riferiscono di un “grande dispiegamento di forze” di polizia. Diversi feriti sono distesi a terra e alcuni giornali online parlano di 15 morti. La polizia non conferma il numero ma dice: “Ci sono diverse vittime”
^^^^^^^
Germania, spari in centro commerciale a Monaco. Polizia: “Attacco terroristico. Diversi morti. Tre sparatori in fuga” – CRONACA ORA PER ORA (foto e video)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... o/2926708/
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Monaco, attacco al centro commerciale (video)
“Ci sono 3 morti”. Polizia: “3 uomini in fuga”
Secondo alcuni media le vittime sono almeno il doppio. Le autorità: “A sparare 3 killer. Uno è scappato
in metro”. Smentita voce di un’altra sparatoria in una piazza (ora per ora). Attentatore sul tetto (video)
Mondo
Un uomo è entrato nel centro commerciale Olympia-Einkaufszentrum a Monaco, nella zona del villaggio olimpico, e ha iniziato a sparare. Media tedeschi, tra cui il sito dell’emittente N-Tv, riferiscono di un “grande dispiegamento di forze” di polizia. Diversi feriti sono distesi a terra e alcuni giornali online parlano di 15 morti. La polizia non conferma il numero ma dice: “Ci sono diverse vittime”
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Germania, spari in centro commerciale a Monaco. Polizia: “Attacco terroristico. Diversi morti. Tre sparatori in fuga” – CRONACA ORA PER ORA (foto e video)
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Re: La Terza Guerra Mondiale
22 LUG 2016 21:17
1. DOPO NIZZA, MONACO DI BAVIERA SOTTO ATTACCO TERRORISTICO. CITTÀ SOTTO ASSEDIO
2. SAREBBERO PIÙ DI SEI I MORTI AL CENTRO COMMERCIALE ‘OLYMPIA’. TRE KILLER. EVACUATA LA STAZIONE CENTRALE. “GLI ASSALITORI SONO ANCORA IN FUGA. EVITATE I LUOGHI PUBBLICI”
3. DICHIARATO ‘LO STATO D’EMERGENZA’ IN TUTTA LA CITTÀ, DOVE SONO INTERVENUTI I GSG9, IL CORPO D’ÉLITE ANTI-TERRORISMO DELLA POLIZIA FEDERALE TEDESCA - 11 VIDEO AMATORIALI
4. SECONDO 'BILD', UNO DEI KILLER SI E' SPARATO ALLA TESTA NEL CENTRO COMMERCIALE
Salvatore Frequente per Corriere.it
Sarebbero più di sei i morti al centro commerciale «Olympia» nel quartiere Moosach, di Monaco di Baviera, in Germania dove, nel pomeriggio, si è verificata una sparatoria. In precedenza il ministero dell'Interno bavarese aveva parlato di 3 morti accertati.
«Gli assalitori sono ancora in fuga. Evitate i luoghi pubblici», scrive su Twitter la polizia di Monaco. È in corso, infatti, una grossa operazione in un’altra zona della città: Monaco di Baviera è sotto assedio. Le autorità hanno dichiarato «lo stato d’emergenza» in tutta la città , dove sono intervenuti i GSG 9, il corpo d’élite anti-terrorismo e operazioni speciali appartenente alla polizia federale tedesca.
Fonti dei servizi di sicurezza tedeschi citati dalla Dpa per la prima volta non escludono che quello avvenuto a Monaco possa essere un atto terroristico. Secondo il giornale tedesco Bild, uno degli assalitori di Monaco si sarebbe sparato alla testa nel centro commerciale.
1. DOPO NIZZA, MONACO DI BAVIERA SOTTO ATTACCO TERRORISTICO. CITTÀ SOTTO ASSEDIO
2. SAREBBERO PIÙ DI SEI I MORTI AL CENTRO COMMERCIALE ‘OLYMPIA’. TRE KILLER. EVACUATA LA STAZIONE CENTRALE. “GLI ASSALITORI SONO ANCORA IN FUGA. EVITATE I LUOGHI PUBBLICI”
3. DICHIARATO ‘LO STATO D’EMERGENZA’ IN TUTTA LA CITTÀ, DOVE SONO INTERVENUTI I GSG9, IL CORPO D’ÉLITE ANTI-TERRORISMO DELLA POLIZIA FEDERALE TEDESCA - 11 VIDEO AMATORIALI
4. SECONDO 'BILD', UNO DEI KILLER SI E' SPARATO ALLA TESTA NEL CENTRO COMMERCIALE
Salvatore Frequente per Corriere.it
Sarebbero più di sei i morti al centro commerciale «Olympia» nel quartiere Moosach, di Monaco di Baviera, in Germania dove, nel pomeriggio, si è verificata una sparatoria. In precedenza il ministero dell'Interno bavarese aveva parlato di 3 morti accertati.
«Gli assalitori sono ancora in fuga. Evitate i luoghi pubblici», scrive su Twitter la polizia di Monaco. È in corso, infatti, una grossa operazione in un’altra zona della città: Monaco di Baviera è sotto assedio. Le autorità hanno dichiarato «lo stato d’emergenza» in tutta la città , dove sono intervenuti i GSG 9, il corpo d’élite anti-terrorismo e operazioni speciali appartenente alla polizia federale tedesca.
Fonti dei servizi di sicurezza tedeschi citati dalla Dpa per la prima volta non escludono che quello avvenuto a Monaco possa essere un atto terroristico. Secondo il giornale tedesco Bild, uno degli assalitori di Monaco si sarebbe sparato alla testa nel centro commerciale.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Germania, panico a Monaco. Spari in centro commerciale
Sparatoria in un centro commerciale della città bavarese. Almeno 6 morti e diversi feriti. Tre gli attentatori, suicida uno di loro. La polizia: "Non sappiamo dove sono, è un attacco terroristico". Dichiarato lo stato d'emergenza
Luca Romano - Ven, 22/07/2016 - 20:59
commenta
Colpi d'arma da fuoco sono stati avvertiti in un centro commerciale di Monaco di Baviera dove la polizia tedesca è intervenuta in forza.
video
Monaco, il video della sparatoria
video
Monaco, la gente scappa dal centro...
gallery
Monaco, spari nel centro...
video
Monaco, un elicottero sorvola la...
Teatro della sparatoria, la cui natura non è stata ancora accertata, il quartiere di Moosach che è stato isolato. Pare che a sparare siano state tre persone. La polizia di Monaco di Baviera, riferisce la Sueddeutsche Zeitung, parla di "diversi morti e feriti" nella sparatoria al centro commerciale Olympia-Einkaufszentrum nel quartiere Mossach, la zona che ospitò il villaggio delle Olimpiadi del 1972. La sparatoria, scrive la Bild, sarebbe avvenuta vicino a un fast food a pochi passi dal centro commerciale.
Una portavoce della polizia alla domanda se risultino feriti o morti ha dichiarato di non poter parlare, aggiungendo però che "si tratta di probabilmente di qualcosa di grande". Sul posto si trovano diversi elicotteri ed è in corso una vasta operazione di polizia. (Clicca qui per vedere il video della sparatoria). Alcune testimonianze riportate dalla polizia di Monaco riferiscono di tre persone armate oggi pomeriggio nella zona del centro commerciale Olympia Einkaufszentrum nella città bavarese, che sarebbero ancora in fuga. "Intorno alle 17.50 testimoni hanno avvertito la polizia di una sparatoria nella zona di Hanauer Straße, che poi si è spostata su Riesstraße e nell'Olympia Einkaufszentrum. I testimoni riferiscono di tre diverse persone con armi da fuoco", riferisce la polizia di Monaco, aggiungendo di non avere ancora trovato gli assalitori. "Al momento non abbiamo arrestato nessun assalitore. La ricerca procede a ritmo incalzante", dice ancora la polizia.
Monaco, il video della sparatoria
Pubblica sul tuo sito
"Attenzione: evitate la zona del centro commerciale dell'Olympia Park. Restate nelle vostre case. Lasciate la strada". È l'avvertimento diffuso su Twitter dalla polizia di Monaco. Una vasta operazione di polizia è in corso.
Ci sarebbe una seconda sparatoria nel centro di Monaco di Baviera, precisamente a Karl Platz, la piazza più nota dopo Marienplatz. Lo riporta il quotidiano locale Abendzeitung-Muenchen. Ma la polizia non conferma. Secondo testimoni oculari citati dalla rete britannica Sky News un'altra sparatoria sarebbe avvenuta alla stazione della metro della centralissima Marienplatz nel cuore di Monaco di Baviera. La polizia non ha confermato mentre ha ufficialmente smentito la notizia di altri spari a Karlspatz.
Dopo la sparatoria nel centro commerciale è scattato il cosiddetto "amokalarm", l'allarme anti-terrorismo che si lancia in caso di attacchi di massa o su vasta scala: in forza di tale provvedimento, secondo fonti ospedaliere citate dall'agenzia di stampa tedesca Dpa, sono stati immediatamente richiamati tutti i medici e gli infermieri non in servizio.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ger ... 88230.html
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Germania, panico a Monaco. Spari in centro commerciale
Sparatoria in un centro commerciale della città bavarese. Almeno 6 morti e diversi feriti. Tre gli attentatori, suicida uno di loro. La polizia: "Non sappiamo dove sono, è un attacco terroristico". Dichiarato lo stato d'emergenza
Luca Romano - Ven, 22/07/2016 - 20:59
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Colpi d'arma da fuoco sono stati avvertiti in un centro commerciale di Monaco di Baviera dove la polizia tedesca è intervenuta in forza.
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Monaco, il video della sparatoria
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Monaco, la gente scappa dal centro...
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Monaco, spari nel centro...
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Monaco, un elicottero sorvola la...
Teatro della sparatoria, la cui natura non è stata ancora accertata, il quartiere di Moosach che è stato isolato. Pare che a sparare siano state tre persone. La polizia di Monaco di Baviera, riferisce la Sueddeutsche Zeitung, parla di "diversi morti e feriti" nella sparatoria al centro commerciale Olympia-Einkaufszentrum nel quartiere Mossach, la zona che ospitò il villaggio delle Olimpiadi del 1972. La sparatoria, scrive la Bild, sarebbe avvenuta vicino a un fast food a pochi passi dal centro commerciale.
Una portavoce della polizia alla domanda se risultino feriti o morti ha dichiarato di non poter parlare, aggiungendo però che "si tratta di probabilmente di qualcosa di grande". Sul posto si trovano diversi elicotteri ed è in corso una vasta operazione di polizia. (Clicca qui per vedere il video della sparatoria). Alcune testimonianze riportate dalla polizia di Monaco riferiscono di tre persone armate oggi pomeriggio nella zona del centro commerciale Olympia Einkaufszentrum nella città bavarese, che sarebbero ancora in fuga. "Intorno alle 17.50 testimoni hanno avvertito la polizia di una sparatoria nella zona di Hanauer Straße, che poi si è spostata su Riesstraße e nell'Olympia Einkaufszentrum. I testimoni riferiscono di tre diverse persone con armi da fuoco", riferisce la polizia di Monaco, aggiungendo di non avere ancora trovato gli assalitori. "Al momento non abbiamo arrestato nessun assalitore. La ricerca procede a ritmo incalzante", dice ancora la polizia.
Monaco, il video della sparatoria
Pubblica sul tuo sito
"Attenzione: evitate la zona del centro commerciale dell'Olympia Park. Restate nelle vostre case. Lasciate la strada". È l'avvertimento diffuso su Twitter dalla polizia di Monaco. Una vasta operazione di polizia è in corso.
Ci sarebbe una seconda sparatoria nel centro di Monaco di Baviera, precisamente a Karl Platz, la piazza più nota dopo Marienplatz. Lo riporta il quotidiano locale Abendzeitung-Muenchen. Ma la polizia non conferma. Secondo testimoni oculari citati dalla rete britannica Sky News un'altra sparatoria sarebbe avvenuta alla stazione della metro della centralissima Marienplatz nel cuore di Monaco di Baviera. La polizia non ha confermato mentre ha ufficialmente smentito la notizia di altri spari a Karlspatz.
Dopo la sparatoria nel centro commerciale è scattato il cosiddetto "amokalarm", l'allarme anti-terrorismo che si lancia in caso di attacchi di massa o su vasta scala: in forza di tale provvedimento, secondo fonti ospedaliere citate dall'agenzia di stampa tedesca Dpa, sono stati immediatamente richiamati tutti i medici e gli infermieri non in servizio.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ger ... 88230.html
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Dal tormentato mondo della sinistra odierna, LIBRE News ha scelto oggi questo articolo di Fulvio Grimaldi
L’auto-golpe del boia Erdogan, ladrone e super-terrorista
Scritto il 23/7/16 • nella Categoria: idee Condividi
“La mente è come un paracadute, non funziona se non si apre” (Frank Zappa). “Siamo gli strumenti e i servi di uomini ricchi dietro le quinte. Siamo le marionette; loro tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre capacità e le nostre vite sono tutti la proprietà di altri. Siamo prostitute intellettuali” (John Swinton, direttore del “New York Tribune”, 1880). Partiamo dall’ultima bufala False Flag, quella dell’autogolpe del tiranno turco, destinata a completare, con l’ennesima carneficina di propri sudditi, la serie di autoattentati con cui è riuscito a governare uno Stato di Polizia quasi perfetto. Gli mancava la liquidazione di qualche residuo di esercito, magistratura, informazione, politica (il gruppo Fethullah Gulen) e una dimostrazione ad alleati vagamente perplessi che senza di lui non si va da nessuna parte. E così ha allestito il suo incendio del Reichstag, quello che nel 1933 servì a Hitler per rimuovere comunisti, socialisti e cattolici antifascisti e, nel 2011, con l’11 settembre, alla cupola militar-finanziaria-industriale USraeliana a lanciare la guerra per la loro dittatura mondiale.Lo sibila tra i denti anche lo stesso Gulen che, ovviamente, rintanato negli Usa sotto tutela e controllo di Washington, non c’entra niente. Anche perché quando mai lui, islamista integralista quanto Erdogan, avrebbe potuto/voluto lanciare contro il sultanato una forza militare che, a dispetto delle epurazioni islamizzanti subite negli anni, mantiene una robusta base secolare e nazionalista. Anche perché per una roba del genere i suoi sorveglianti americani non gli avrebbero mai allentato le briglia. Ci possono essere dissapori, tra il maniaco criminale di Ankara e quelli di Washington. Che so, sui curdi, sulla gestione del califfo, su pace o guerra con Mosca o Iran, ma mettere in discussione un pilastro Nato piantato in mezzo a Medioriente e Asia, ai confini della Russia che delenda est, una forza militare che è la seconda dell’Occidente dopo gli Usa, un regime che tiene appesa al gancio del collasso da migrazioni l’Unione Europea, ecchè, vogliamo metterlo in discussione?E allora tutti, da Obama al “Manifesto”, lungo l’intero arco atlantico da destra a sinistra, a inneggiare alla preservazione delle istituzioni, dei diritti civili e del governo democraticamente (sic!) eletto, con qualcuno dal sottofondo che flauteggia l’auspicio che Erdogan si ravveda e non ne combini più delle sue. Non se ne preoccupa più di tanto Tommaso De Francesco, del quotidiano cripto-Nato, ma con etichetta comunista, il quale non fa che inanellare scemenze e insipienze da quando attribuì a Milosevic despotismo e pulizie etniche e in questo caso, con una Turchia chiaramente spaccata a metà tra affascinati dalla Sharìa e resistenti umani, individua un “Erdogan ferito”, ma anche un “popolo turco”, tutto intero, sdraiatosi davanti ai carri armati come a Tien An Men, in difesa del suo presidente, “democraticamente eletto”. Già gli erano svaporati dalle malferme sinapsi i milioni che negli anni si sono ritrovati nelle piazze, da Dyiarbakir a Istanbul, per farsi sparare addosso dagli sgherri del democraticamente eletto.Divertente poi la linea a balzelloni del giornaletto restituito a malavita (lo ha annunciato l’altro giorno) e alla sua cooperativa più che da lettori fedeli, dai paginoni dei compagni di Eni, Enrel, Telecom, Enav, Coop. Come quando con il suo responsabile esteri sentenzia un Erdogan fragile e indebolito dall’emergere di un elemento di contrasto capace di tenerlo sulla corda per ben tre ore di golpe, nientemeno, mentre l’altro redattore si piega alla realtà di un presidente tornato in grande spolvero e ora in grado spazzare via ogni residuo di opposizione. Ma che riunioni di redazione fanno? Torniamo al “golpe”, auto. Quello sul cui fallimento il “Manifesto” e tanta stampa (un po’ meno lo scaltro “Il Fatto”) si azzarda a ricostruire la «centralità del Parlamento e del ruolo fondamentale dei partiti politici nel gioco democratico» (sic!): esattamente, ed è naturale, i termini in cui hanno salutato il salvataggio della democrazia da parte del più turpe energumeno nazista dell’area gli zii della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e del Pentagono e, scendendo molto in basso per li rami, pure Matteo Renzi e – qui ci scappelliamo – l’eurodama Mogherini.Ebbene qualcuno si ricorda dei colpi di Stato effettuati dai militari turchi ogni qualvolta sospettavano che l’eredità nazionale e laica di Ataturk fosse posta a repentaglio da destra o sinistra? E qualcuno gli ha messo a confronto quiell’aborto di colpetto di Stato della notte tra il 15 e il 16 luglio 2016? Hanno occupato la tv di Stato, ma non le tv private, tutte infeudate a Erdogan, non la Cnn turca (braccio mediatico Nato e Usa) dalla quale è difatti ripartito il controgolpe, cioè il colpo di Stato vero, con la trasmissione da smartphone dell’appello di Erdogan al pogrom antimilitare. Non hanno fatto nessuna delle cose che potevano assicurare il successo di una liberazione militare del popolo turco dalla Vergine di Norimberga in cui progressivamente lo ha rinchiuso il suo Torquemada. Non hanno spento i ripetitori delle telecomunicazioni, i cellulari, internet, non hanno ordinato il coprifuoco e proclamato la legge marziale, non hanno occupato i ministeri, appena qualche tank sui ponti sul Bosforo, di grande visibilità e dove sarebbero potuti arrivare in poco tempo e in tanti a “difendere la democrazia”.Non hanno occupato alcuna via di comunicazione strategica nel paese e tra il paese e i vicini, non hanno occupato le prefetture, presidiato i nodi ferroviari, bloccato gli aeroporti (solo per finta quello di Istanbul dove Erdogan è potuto subito arrivare dal suo luogo di vacanze, a Marmaris, che nessuno si è sognato di bombardare o occupare). Nel tempo delle immagini e dei leaderismi che ne scaturiscono non hanno saputo produrre un nome e una figura carismatica di riferimento, non hanno usato i social network. Dilettantismo di quattro sprovveduti, per quanto bene intenzionati, che non hanno neanche ricordato che i colpi di Stato si fanno a notte fonda, prima dell’alba, quando non si corre l’inconveniente di gente sveglia e per strada. E così le Cnn e le tv associate al disegno del despota hanno potuto riprendere strade e piazze con qualche centinaio di persone, emerse da discoteche e trattorie e poi moltiplicati dagli accorsi agli appelli di Erdogan liberamente trasmessi, simulando una rivolta di massa contro i carri.Poi è finito tutto. Salvo per i 300 morti, per ora, i 6000 arrestati, per ora, i 3000 magistrati dimessi e poi incarcerati, la campagna di linciaggi lanciata contro i soldati “traviati”, piazza pulita di tutti i critici e irriverenti, l’immaginabilissima ulteriore stretta sui diritti politici, civili, operai, la continuità del doppio forno antisiriano (alleanza con Isis, finto guerra all’Isis), lo sprofondare del paese in un abisso di regressione politica e culturale. Una Turchia degna dell’ingresso nell’Ue,vero modello avanzato di quanto si ha in mente a Bruxelles, Washington e tra coloro che brandiscono Nato e Ttip, tanto per assicurarci sulla «centralità del Parlamento turco e dei partiti come attori fondamentali del gioco democratico», come titola il foglio cripto-Nato su un pezzo davvero turco di tale Mariano Giustino. Cosa può essere successo?Che gli attentati finalizzati, come in Francia, come ovunque, ad accelerare la marcia verso lo Stato con gli stivali chiodati e a passo dell’oca non erano riusciti a far ingranare la quarta. Che nell’esercito, per quanto epurato, sopravvivevano fermenti laici, nazionalisti, in disaccordo con le catastrofiche imprese esterne e interne di un regime che andava isolandosi da tutti. Che si è lasciato che i portatori di questi fermenti, nei gradi medio-alti, congiurassero, che magari con agenti provocatori li si incoraggiasse, che addirittura gli si facesse balenare un appoggio euro-atlantico, che poi li si inducesse a commettere le ingenuità, gli errori clamorosi che si sono visti, nell’illusione, loro, che si sarebbero tirati dietro popolo e armate.Tutti a sottolineare il silenzio delle cancellerie occidentali, Obama, Merkel, Juncker, May, Hollande e Renzi (per quel che conta), nelle tre ore del golpe, interpretato e biasimato come un barcamenarsi in attesa di sapere chi avrebbe vinto. Balle! Sapevano benissimo chi avrebbe vinto, ma, davanti all’immagine del golem turco insediatasi ormai nella percezione della gente pensante in tutta la sua orripilante identità di padrino del terrorismo jihadista, massacratore del suo e di altri popoli, corrotto ladrone e capo di un clan di malfattori senza scrupoli, conveniva mostrare qualche disponibilità a chi aveva proclamato nel suo comunicato il «ritorno alla democrazia e al rispetto dei dirtti umani e la pace e amicizia con tutti i popoli vicini». Ovviamente anatema per la Nato e per un’Europa che si muove, per ora con mocassini e tacchi a spillo, nella stessa direzione.Pensate se avesse vinto il colpo di Stato. Via i Fratelli Musulmani, quelli tanto cari al “Manifesto”, ormai nettamene minoritari nella regione (Tunisia, Qatar e Turchia). Cioè via la forza sociale, militare e culturale ideata e nutrita dai colonialismi vecchi e nuovi a garanzia dei propri modelli di sviluppo e di sfruttamento, del proprio ordine mondiale. Al suo posto una realtà imprevedibile e incalcolabile, con rigurgiti nazionalisti e statalisti suscettibili di guardare oltre il soffocante perimetro delle alleanze e dipendenze occidentali, sicuramente laica e, dunque, ostica ai processi di decerebramento religioso che servono a neutralizzare nostalgie di autodeterminazione popolare e nazionale. Quelle che hanno animato alla rivolta alcune decine di milioni di egiziani, dopo aver assaporato la medicina dei Fratelli Musulmani e dei loro surrogati terroristici, sotto un presidente eletto “democraticamente” dal 17% della popolazione in un voto boicottato dalla maggioranza, che aveva imposto la sharìa, sparato sui manifestanti, incarcerato gli oppositori, bruciato le chiese cristiane, trasferito tagliagole in Siria e i cui seguaci ora assassinano civili, funzionari e poliziotti in una guerra terroristica che tutti preferiscono nascondere sotto le presunte infamie di Abdelfatah Al Sisi.Avessero vinto in Turchia i militari, ontologicamente fascisti secondo un’aporia di sinistra, a dispetto di dimostrazioni storiche contrarie, ci saremmo giocati «la centralità del Parlamento turco e dei partiti nel loro ruolo di attori fondamentali del gioco democratico», come temeva il “Manifesto” e tutto il cucuzzaro destro-sinistro dell’atlantismo? Chi lo sa. Di sicuro c’è che, come Al Sisi è meglio di Morsi per gli egiziani, gli arabi, il Medioriente, il movimento delle cellule cerebrali dell’essere umano, difficilmente qualcuno di quelli che si sono agitati l’altra notte a Istanbul avrebbe potuto essere peggio di Erdogan, il padrino degli squartatori del popolo iracheno, libico e siriano. Certo che la Nato, John Negroponte, l’Mi6, la Cia, Oxford Analytica e il “manifesto”, a questo qualcuno non avrebbero esitato un attimo a spedigli un Giulio Regeni, poveretto.(Fulvio Grimaldi, “Turchia, fanno tutto da soli e sono capaci di tutto”, da “Mondocane” del 17 luglio 2016).
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Dal tormentato mondo della sinistra odierna, LIBRE News ha scelto oggi questo articolo di Fulvio Grimaldi
L’auto-golpe del boia Erdogan, ladrone e super-terrorista
Scritto il 23/7/16 • nella Categoria: idee Condividi
“La mente è come un paracadute, non funziona se non si apre” (Frank Zappa). “Siamo gli strumenti e i servi di uomini ricchi dietro le quinte. Siamo le marionette; loro tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre capacità e le nostre vite sono tutti la proprietà di altri. Siamo prostitute intellettuali” (John Swinton, direttore del “New York Tribune”, 1880). Partiamo dall’ultima bufala False Flag, quella dell’autogolpe del tiranno turco, destinata a completare, con l’ennesima carneficina di propri sudditi, la serie di autoattentati con cui è riuscito a governare uno Stato di Polizia quasi perfetto. Gli mancava la liquidazione di qualche residuo di esercito, magistratura, informazione, politica (il gruppo Fethullah Gulen) e una dimostrazione ad alleati vagamente perplessi che senza di lui non si va da nessuna parte. E così ha allestito il suo incendio del Reichstag, quello che nel 1933 servì a Hitler per rimuovere comunisti, socialisti e cattolici antifascisti e, nel 2011, con l’11 settembre, alla cupola militar-finanziaria-industriale USraeliana a lanciare la guerra per la loro dittatura mondiale.Lo sibila tra i denti anche lo stesso Gulen che, ovviamente, rintanato negli Usa sotto tutela e controllo di Washington, non c’entra niente. Anche perché quando mai lui, islamista integralista quanto Erdogan, avrebbe potuto/voluto lanciare contro il sultanato una forza militare che, a dispetto delle epurazioni islamizzanti subite negli anni, mantiene una robusta base secolare e nazionalista. Anche perché per una roba del genere i suoi sorveglianti americani non gli avrebbero mai allentato le briglia. Ci possono essere dissapori, tra il maniaco criminale di Ankara e quelli di Washington. Che so, sui curdi, sulla gestione del califfo, su pace o guerra con Mosca o Iran, ma mettere in discussione un pilastro Nato piantato in mezzo a Medioriente e Asia, ai confini della Russia che delenda est, una forza militare che è la seconda dell’Occidente dopo gli Usa, un regime che tiene appesa al gancio del collasso da migrazioni l’Unione Europea, ecchè, vogliamo metterlo in discussione?E allora tutti, da Obama al “Manifesto”, lungo l’intero arco atlantico da destra a sinistra, a inneggiare alla preservazione delle istituzioni, dei diritti civili e del governo democraticamente (sic!) eletto, con qualcuno dal sottofondo che flauteggia l’auspicio che Erdogan si ravveda e non ne combini più delle sue. Non se ne preoccupa più di tanto Tommaso De Francesco, del quotidiano cripto-Nato, ma con etichetta comunista, il quale non fa che inanellare scemenze e insipienze da quando attribuì a Milosevic despotismo e pulizie etniche e in questo caso, con una Turchia chiaramente spaccata a metà tra affascinati dalla Sharìa e resistenti umani, individua un “Erdogan ferito”, ma anche un “popolo turco”, tutto intero, sdraiatosi davanti ai carri armati come a Tien An Men, in difesa del suo presidente, “democraticamente eletto”. Già gli erano svaporati dalle malferme sinapsi i milioni che negli anni si sono ritrovati nelle piazze, da Dyiarbakir a Istanbul, per farsi sparare addosso dagli sgherri del democraticamente eletto.Divertente poi la linea a balzelloni del giornaletto restituito a malavita (lo ha annunciato l’altro giorno) e alla sua cooperativa più che da lettori fedeli, dai paginoni dei compagni di Eni, Enrel, Telecom, Enav, Coop. Come quando con il suo responsabile esteri sentenzia un Erdogan fragile e indebolito dall’emergere di un elemento di contrasto capace di tenerlo sulla corda per ben tre ore di golpe, nientemeno, mentre l’altro redattore si piega alla realtà di un presidente tornato in grande spolvero e ora in grado spazzare via ogni residuo di opposizione. Ma che riunioni di redazione fanno? Torniamo al “golpe”, auto. Quello sul cui fallimento il “Manifesto” e tanta stampa (un po’ meno lo scaltro “Il Fatto”) si azzarda a ricostruire la «centralità del Parlamento e del ruolo fondamentale dei partiti politici nel gioco democratico» (sic!): esattamente, ed è naturale, i termini in cui hanno salutato il salvataggio della democrazia da parte del più turpe energumeno nazista dell’area gli zii della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e del Pentagono e, scendendo molto in basso per li rami, pure Matteo Renzi e – qui ci scappelliamo – l’eurodama Mogherini.Ebbene qualcuno si ricorda dei colpi di Stato effettuati dai militari turchi ogni qualvolta sospettavano che l’eredità nazionale e laica di Ataturk fosse posta a repentaglio da destra o sinistra? E qualcuno gli ha messo a confronto quiell’aborto di colpetto di Stato della notte tra il 15 e il 16 luglio 2016? Hanno occupato la tv di Stato, ma non le tv private, tutte infeudate a Erdogan, non la Cnn turca (braccio mediatico Nato e Usa) dalla quale è difatti ripartito il controgolpe, cioè il colpo di Stato vero, con la trasmissione da smartphone dell’appello di Erdogan al pogrom antimilitare. Non hanno fatto nessuna delle cose che potevano assicurare il successo di una liberazione militare del popolo turco dalla Vergine di Norimberga in cui progressivamente lo ha rinchiuso il suo Torquemada. Non hanno spento i ripetitori delle telecomunicazioni, i cellulari, internet, non hanno ordinato il coprifuoco e proclamato la legge marziale, non hanno occupato i ministeri, appena qualche tank sui ponti sul Bosforo, di grande visibilità e dove sarebbero potuti arrivare in poco tempo e in tanti a “difendere la democrazia”.Non hanno occupato alcuna via di comunicazione strategica nel paese e tra il paese e i vicini, non hanno occupato le prefetture, presidiato i nodi ferroviari, bloccato gli aeroporti (solo per finta quello di Istanbul dove Erdogan è potuto subito arrivare dal suo luogo di vacanze, a Marmaris, che nessuno si è sognato di bombardare o occupare). Nel tempo delle immagini e dei leaderismi che ne scaturiscono non hanno saputo produrre un nome e una figura carismatica di riferimento, non hanno usato i social network. Dilettantismo di quattro sprovveduti, per quanto bene intenzionati, che non hanno neanche ricordato che i colpi di Stato si fanno a notte fonda, prima dell’alba, quando non si corre l’inconveniente di gente sveglia e per strada. E così le Cnn e le tv associate al disegno del despota hanno potuto riprendere strade e piazze con qualche centinaio di persone, emerse da discoteche e trattorie e poi moltiplicati dagli accorsi agli appelli di Erdogan liberamente trasmessi, simulando una rivolta di massa contro i carri.Poi è finito tutto. Salvo per i 300 morti, per ora, i 6000 arrestati, per ora, i 3000 magistrati dimessi e poi incarcerati, la campagna di linciaggi lanciata contro i soldati “traviati”, piazza pulita di tutti i critici e irriverenti, l’immaginabilissima ulteriore stretta sui diritti politici, civili, operai, la continuità del doppio forno antisiriano (alleanza con Isis, finto guerra all’Isis), lo sprofondare del paese in un abisso di regressione politica e culturale. Una Turchia degna dell’ingresso nell’Ue,vero modello avanzato di quanto si ha in mente a Bruxelles, Washington e tra coloro che brandiscono Nato e Ttip, tanto per assicurarci sulla «centralità del Parlamento turco e dei partiti come attori fondamentali del gioco democratico», come titola il foglio cripto-Nato su un pezzo davvero turco di tale Mariano Giustino. Cosa può essere successo?Che gli attentati finalizzati, come in Francia, come ovunque, ad accelerare la marcia verso lo Stato con gli stivali chiodati e a passo dell’oca non erano riusciti a far ingranare la quarta. Che nell’esercito, per quanto epurato, sopravvivevano fermenti laici, nazionalisti, in disaccordo con le catastrofiche imprese esterne e interne di un regime che andava isolandosi da tutti. Che si è lasciato che i portatori di questi fermenti, nei gradi medio-alti, congiurassero, che magari con agenti provocatori li si incoraggiasse, che addirittura gli si facesse balenare un appoggio euro-atlantico, che poi li si inducesse a commettere le ingenuità, gli errori clamorosi che si sono visti, nell’illusione, loro, che si sarebbero tirati dietro popolo e armate.Tutti a sottolineare il silenzio delle cancellerie occidentali, Obama, Merkel, Juncker, May, Hollande e Renzi (per quel che conta), nelle tre ore del golpe, interpretato e biasimato come un barcamenarsi in attesa di sapere chi avrebbe vinto. Balle! Sapevano benissimo chi avrebbe vinto, ma, davanti all’immagine del golem turco insediatasi ormai nella percezione della gente pensante in tutta la sua orripilante identità di padrino del terrorismo jihadista, massacratore del suo e di altri popoli, corrotto ladrone e capo di un clan di malfattori senza scrupoli, conveniva mostrare qualche disponibilità a chi aveva proclamato nel suo comunicato il «ritorno alla democrazia e al rispetto dei dirtti umani e la pace e amicizia con tutti i popoli vicini». Ovviamente anatema per la Nato e per un’Europa che si muove, per ora con mocassini e tacchi a spillo, nella stessa direzione.Pensate se avesse vinto il colpo di Stato. Via i Fratelli Musulmani, quelli tanto cari al “Manifesto”, ormai nettamene minoritari nella regione (Tunisia, Qatar e Turchia). Cioè via la forza sociale, militare e culturale ideata e nutrita dai colonialismi vecchi e nuovi a garanzia dei propri modelli di sviluppo e di sfruttamento, del proprio ordine mondiale. Al suo posto una realtà imprevedibile e incalcolabile, con rigurgiti nazionalisti e statalisti suscettibili di guardare oltre il soffocante perimetro delle alleanze e dipendenze occidentali, sicuramente laica e, dunque, ostica ai processi di decerebramento religioso che servono a neutralizzare nostalgie di autodeterminazione popolare e nazionale. Quelle che hanno animato alla rivolta alcune decine di milioni di egiziani, dopo aver assaporato la medicina dei Fratelli Musulmani e dei loro surrogati terroristici, sotto un presidente eletto “democraticamente” dal 17% della popolazione in un voto boicottato dalla maggioranza, che aveva imposto la sharìa, sparato sui manifestanti, incarcerato gli oppositori, bruciato le chiese cristiane, trasferito tagliagole in Siria e i cui seguaci ora assassinano civili, funzionari e poliziotti in una guerra terroristica che tutti preferiscono nascondere sotto le presunte infamie di Abdelfatah Al Sisi.Avessero vinto in Turchia i militari, ontologicamente fascisti secondo un’aporia di sinistra, a dispetto di dimostrazioni storiche contrarie, ci saremmo giocati «la centralità del Parlamento turco e dei partiti nel loro ruolo di attori fondamentali del gioco democratico», come temeva il “Manifesto” e tutto il cucuzzaro destro-sinistro dell’atlantismo? Chi lo sa. Di sicuro c’è che, come Al Sisi è meglio di Morsi per gli egiziani, gli arabi, il Medioriente, il movimento delle cellule cerebrali dell’essere umano, difficilmente qualcuno di quelli che si sono agitati l’altra notte a Istanbul avrebbe potuto essere peggio di Erdogan, il padrino degli squartatori del popolo iracheno, libico e siriano. Certo che la Nato, John Negroponte, l’Mi6, la Cia, Oxford Analytica e il “manifesto”, a questo qualcuno non avrebbero esitato un attimo a spedigli un Giulio Regeni, poveretto.(Fulvio Grimaldi, “Turchia, fanno tutto da soli e sono capaci di tutto”, da “Mondocane” del 17 luglio 2016).
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Monaco, spari al centro commerciale: 10 morti
Suicida il killer: è un 18enne tedesco-iraniano
Attacco a centro commerciale (video). Attentatore : “Sono tedesco”. E insultava i turchi. Trovato morto
Inquirenti: “Si è ucciso. Ha agito solo”. Matrice non chiara. Testimone: “Sparava ai bimbi nel McDonald’s”
Mondo
E’ stato un 18enne tedesco di origini iraniane ad aprire il fuoco nel centro commerciale Olympia-Einkaufszentrum di Monaco, uccidendo 9 persone, tra cui una ragazza di 15 anni, e a tenere per ore sotto scacco la polizia tedesca: 16 i feriti, 3 in gravi condizioni. Al momento non ci sono indicazioni relative alla matrice dell’attentato. “Sono tedesco”, ha detto il giovane che, dopo essere fuggito, si è tolto la vita (leggi la cronaca). Secondo testimoni avrebbe gridato “stranieri di merda” e “fottuti turchi”. “Ha sparato ai bambini nel McDonalds”, ha raccontato una donna alla Cnn (leggi)
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
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E’ stato un 18enne tedesco di origini iraniane ad aprire il fuoco nel centro commerciale Olympia-Einkaufszentrum di Monaco, uccidendo 9 persone, tra cui una ragazza di 15 anni, e a tenere per ore sotto scacco la polizia tedesca: 16 i feriti, 3 in gravi condizioni. Al momento non ci sono indicazioni relative alla matrice dell’attentato. “Sono tedesco”, ha detto il giovane che, dopo essere fuggito, si è tolto la vita (leggi la cronaca). Secondo testimoni avrebbe gridato “stranieri di merda” e “fottuti turchi”. “Ha sparato ai bambini nel McDonalds”, ha raccontato una donna alla Cnn (leggi)
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