Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Renzi

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A ROMA SI LAMENTANO PER I TOPI, MA EVITANO DI IMPIEGARE IL MIGLIOR PIFFERAIO MAGICO SU PIAZZA.




L'Fmi gela Renzi e taglia le stime del Pil: "Sarà inferiore all'1%"
Ma il premier snobba i dati: "Dopo la Brexit hanno rallentato tutti, ma per noi il peggioramento sarà dello zero virgola"


Chiara Sarra - Mar, 12/07/2016 - 10:00
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Altro che crescita: sul pil si abbatterà la mannaia Brexit, che si aggiunge al caos di banche e debito pubblico.


Lo sentenzia il Fondo monetario internazionale che taglia le stime sul pil italiano a meno dell'1% nel 2016 (contro il precedente 1,1%) e intorno all'1% nel 2017 (rispetto al precedente 1,25%).

Stando al documento, insomma, l'Italia se la passa tutt'altro che bene: pesano le banche "soggette a rischi" a causa delle alte sofferenze e un debito pubblico che svetta verso il 133% del pil limitando "il margine di manovra contro gli choc". "L'economia italiana si sta gradualmente riprendendo da una recessione profonda e protratta", spiegano dal Fmi, aggiungendo che la ripresa è "modesta" e "potrebbe essere prolungata e soggetta a rischi". Se va avanti così "un ritorno della produzione ai livelli pre-crisi (2007)" arriverà solo "entro il 2025" e l'Italia registrerà "un ampliamento del gap sul reddito rispetto alla media dell'euro zona".

E le riforme di cui si vanta il governo? Vanno bene, ma "è imperativo che questi sforzi siano pienamente attuati e approfonditi", soprtattutto sul fronte banche dove sono indispensabili "passi decisi"come "una supervisione più severa, una riduzione più rapida delle sofferenze nei prossimi anni e sostenere le emergenze dei gruppi bancari sani, affrontare le preoccupazioni sulla cornice di risoluzione".

"Dopo la Brexit hanno ridotto tutti le stime ed è una brutta cosa che questo referendum abbia dato il risultato che ha dato. Nel senso che l'aver votato per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, in realtà, è derivato probabilmente da motivi diversi rispetto all'argomento del referendum. Tuttavia credo che i danni li sentiranno soprattutto gli inglesi, mentre noi, i francesi, i tedeschi, tutti, potremo avere un piccolo rallentamento dell'economia di qualche 'zero virgolà". Lo ha detto Matteo Renzi a Radio Rtl102.5. "L'impressione -insiste Renzi- è che per loro sarà un bel problema. Se qualcuno ha degli amici a Londra, magari per lavoro, sono terrorizzati, impauriti. È chiaro che il dato di fatto della Brexit porta a un rallentamento dell'economia europea, ma sul medio periodo farà molto più male a loro che a noi. Anzi, stiamo studiando delle soluzioni per portare i giovani ragazzi inglesi a prendere il passaporto italiano se vogliono, se vengono a studiare alla Bocconi, o al Politecnico, o all'Università di Milano, mi piace l'idea che possano avere, dopo due o tre anni, la possibilità di rimanere europei". "Stiamo studiando soluzioni anche di questo genere -assicura il premier- ne parleremo con Beppe Sala che vedrò oggi, anche perché Milano ha delle carte straordinarie da giocare"
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Re: Renzi

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ALTRIMENTI NON SAREBBE MUSSOLONI


Momento amarcord di Renzi: “Expo? Un
successo”. Ma tace su infiltrazioni mafiose

Di Luigi Franco

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/07/ ... ia/543140/
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Re: Renzi

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il manifesto 13.7.16
I tre boomerang pronti a colpire Renzi
di Franco Monaco
deputato Pd


Sono sempre stato critico con il corso renziano, ma mi infastidisce assai il soprassalto critico della legione di opportunisti che, saliti sul suo carro, ora si smarcano da lui o si riposizionano traguardando al dopo di lui. Una folta comitiva sulla cui affidabilità ora sembra interrogarsi lo stesso Renzi. Pensano di cavarsela così, come se non vi fosse un principio di responsabilità. Chi ha sposato l’arrembante renzismo deve caricarsi la sua logica interna e le conseguenze: chi sbaglia paga e passa la mano.
Il renzismo è fenomeno complesso. Difficile ma utile provare a fissare una chiave di lettura sintetica di esso. Una cifra critica, dal mio punto di vista. Quella dello sguardo corto, del deficit di visione. Solo qualche esempio.
Cominciamo dalla rottamazione. Necessaria a fronte di una classe dirigente oggettivamente estenuata e di una dirompente domanda di cambiamento. Ma che, dopo un paio d’anni, assurto egli ai vertici di un potere esercitato con ostentata baldanza e concentrato come non mai, ne fa il bersaglio privilegiato di quell’onda travolgente. Una brutta bestia difficile da domare, quella dell’antipolitica e del populismo (compreso quello di governo). Un boomerang nel medio periodo. Siamo quasi alla montante voglia di rottamare il rottamatore.
Stesso limite (lo sguardo corto) nella riforma costituzionale. Doppio limite: di merito e di comunicazione. Di merito: una riforma ispirata a una centratura del sistema istituzionale su premier e governo. Quasi la razionalizzazione/istituzionalizzazione della esperienza renziana. Da sindaco e da premier. Più che un ridisegno organico ed equilibrato dell’architettura costituzionale. Di comunicazione: la personalizzazione/drammatizzazione del referendum costituzionale quale ordalia, giudizio di dio, dalla quale solo ora, tardivamente e goffamente, Renzi e Boschi sembrano recedere, nasce al tempo nel quale Renzi godeva di un largo consenso, nell’establishment (da Marchionne a De Benedetti, ora decisamente più tiepido) e nell’opinione pubblica. Un consenso che, per di più, per istinto, egli inclina a sopravvalutare. Ora non è più così. Semmai il contrario: la personalizzazione aggrega e rafforza il fronte antagonista del no. Con un po’ di umiltà e lungimiranza lo si poteva prevedere. D’improvviso si invoca di attenersi al merito della riforma. Alla buon ora. Salvo declinare le riforme in modo francamente demagogico, intellettualmente umiliante: le indennità, la casta, il Cnel. Come se fossero questi gli argomenti che autorizzerebbero la riscrittura di cinquanta articoli della Costituzione. Del resto, come si può tenere fuori dalla contesa il governo, dopo che l’intera riforma costituzionale è stata scritta, proposta, gestita, votata dalla sola maggioranza di governo? Che è il suo più grande limite, il suo vizio di origine e di metodo, che ne fa una riforma divisiva. Un prezzo troppo alto, quello della spaccatura del paese, per una grande riforma del patto costituzionale, che per definizione dovrebbe unire.
Ancora: l’Italicum. Palesemente concepito in un quadro bipolare alle nostre spalle e sul presupposto (di nuovo miope e illusorio) della stabilizzazione del 41 per cento del Pd delle europee. Preistoria. Di nuovo (dopo Veltroni) la fallace presunzione di autosufficienza. Tanto che ora si manifestano mezze aperture, ammiccamenti, divisioni dentro la stessa maggioranza Pd circa l’Italicum, ma si esita a confessare più semplicemente che si erano sbagliati i conti, che ci si era montati la testa. Ora che si fa strada la concreta possibilità di consegnare il governo ai 5 stelle. Una «macchina da ballottaggi» capace di raccogliere consensi da ogni dove, in un certo senso il vero «partito della nazione».
Ancora, la questione morale. Come non ricordare il Renzi risoluto e persino giacobino nel chiedere la testa della ministra Severino e dello stesso Alfano – che ora invece è costretto a difendere per un mero problema di numeri al Senato – quando si trattava di logorare il governo Letta? Anche qui: un di più di strumentalità e di occasionalismo, un miope calcolo della congiunturale convenienza, anziché una matura visione di un codice d’onore per chi fa politica.
Non sarebbe difficile mostrare lo sguardo corto anche nel decisivo campo della politica economica. A cominciare dalla trovata degli 80 euro alla vigilia delle europee. 10 miliardi che potevano essere spesi meglio ai fini della crescita e dell’occupazione, ma certo decisivi sotto il profilo elettorale. Per tacere dell’abolizione indiscriminata dell’Imu sulla prima casa, al modo di Berlusconi.
Deficit di visione, dunque, cui ha contribuito un vistoso difetto di qualità del gruppo dirigente. Francamente improvvisato, reclutato su base di fedeltà localistica (troppo potere in pochi chilometri, si è osservato). Un’allegra comitiva nella quale si fatica a rinvenire qualcuno che sappia aiutare Renzi a correggere i suoi errori. Finalmente lo si può dire senza incappare nell’accusa di passatismo ostile a giovani e donne: un gruppo dirigente incomparabilmente al di sotto della squadra di governo dell’Ulivo. Quella dei Prodi, Ciampi, Andreatta, Napolitano, Elia, Flick, Padoa Schioppa, Amato, Parisi, Bersani, Treu …Tutti inscritti sotto la voce «governi dormienti» secondo la sbrigativa e presuntuosa narrazione renziana.
Renzi comincia a pagare i suoi errori e la sua presunzione. Ma a lui, combattente, va il mio rispetto. Provo meno simpatia per politici e opinionisti che, acriticamente e talvolta con servilismo, gli hanno fatto da supporter e ora si accingono a mollarlo.
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Re: Renzi

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Corriere 13.7.16
Per Renzi è troppo rischioso rinunciare alla guida del Pd
di Gianfranco Pasquino


Da qualche tempo, la/le minoranza/e del Partito democratico (neanche al plurale sembrano essere consistenti) battono su un tasto politico-istituzionale che considerano molto importante: la separazione fra la carica di presidente del Consiglio e quella di segretario del Partito democratico. La coincidenza delle due cariche sta nello Statuto del Partito democratico, sostenuta da alcune buone ragioni.
La prima è che questa coincidenza è la norma in moltissime democrazie parlamentari alle quali, per una volta, si è guardato apprezzabilmente.
La seconda è che molti ricordano che il segretario della Democrazia cristiana era il primo sfidante del presidente del Consiglio democristiano, sfida molto spesso coronata da successo.
Terzo, che la sfida nascesse dai fatti e non dalla natura della Dc e dalle diffuse capacità manovriere di quelle mobili correnti, apparve chiaro quando, completata la cavalcata iniziata al Lingotto, Veltroni divenne il primo segretario del Partito democratico nell’ottobre 2007. Avendo reso pubblico il suo programma di governo, non un progetto di partito, Walter Veltroni divenne lo sfidante di Romano Prodi che cadde quasi subito.
Quanto a Matteo Renzi, prima, dicembre 2013, ha vinto la carica di segretario del Partito democratico. Poi, febbraio 2014, proprio in quanto segretario del Pd fu nominato dal presidente Napolitano a capo di un governo molto più «politico» di quello guidato da Enrico Letta.
Sono fragili le motivazioni in base alle quali le minoranze vorrebbero che Renzi rendesse disponibile la carica di segretario. Lamentano che Renzi dispone di un potere eccessivo, rispetto a che cosa: alla sua abilità di svolgere entrambi i compiti? Renzi si occupa del governo, ma non ha trovato né il tempo né il modo di occuparsi del partito. Essendoci due vicesegretari, è anzitutto a loro che bisognerebbe chiedere conto dello stato del partito. Forse apprenderemmo che neppure loro hanno fatto granché, ma che la latitanza dipende dalla visione che Renzi ha del partito.
Non è interessato alla presenza sul territorio, all’elaborazione politica, alle strutture, alle donne e agli uomini iscritti perché vogliono partecipare attivamente a un’impresa collettiva.
Renzi scommette che il suo modo di governare si rifletterà positivamente sul partito, quantomeno sul «partito nell’elettorato».
Renzi non crede, al contrario di molti dirigenti per lo più rottamati, ma anche di molti studiosi, che la presenza organizzata di un partito, il buon funzionamento delle sue strutture, la vivacità (contrapposta al conformismo) del suo gruppo dirigente produrrebbero conseguenze apprezzabili sulla percezione e sull’azione del governo.
Temendo la sfida di un eventuale segretario successore, Renzi non intende affatto rinunciare al doppio ruolo. Cercando di fare breccia nei dirigenti del Pd che nutrono qualche preoccupazione, le minoranze hanno fatto circolare l’idea del loro ticket con un candidato alla presidenza del Consiglio post Renzi e un candidato alla segreteria del partito. La mossa tattica è interessante, però, nulla lascia pensare che quel segretario seguirà il «suo» presidente del Consiglio senza sentirsi già incanalato nella carriera che conduce a Palazzo Chigi.
Quello che riguarda non solo la parrocchia del Partito democratico, ma il Paese, è che la soluzione non danneggi l’azione del governo.
Messi da parte gli strumenti, vale a dire le promesse di carriera nel partito e nelle istituzioni, che producono ossequio e conformismo, magari riconoscendo esclusivamente agli iscritti il potere di eleggere il loro segretario, il Partito democratico riuscirà a diventare più dinamico e più democratico, di una democrazia che non si misura con il numero e la frequenza delle riunioni né con la lunghezza dei dibattiti .
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Re: Renzi

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17 LUG 2016 12:39
BISI E RISI

- CRESCE LA FRONDA ANCHE DENTRO IL GOVERNO RENZI. A CAPEGGIARLA CARLO CALENDA MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO CHE SI È CIRCONDATO DI BERSANIANI E SI CANDIDA A PALAZZO CHIGI. CONTRO IL PREMIER CAZZARO ANCHE FRANCESCHINI E DELRIO CON GRANDI APPOGGI AL QUIRINALE


Renzi per fare lobby ha fatto un'OPA su 'Vedro'' il pensatoio di Enrico Letta diventato un piccolo Minculpop. Dopo i decreti per le banche gli italiani si sono disamorati del Premier voluto da Giorgio Napolitano che tiferebbe invece per l'arrivo della Troika europea per mettere ordine sui conti…

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Luigi Bisignani per Il Tempo(L'UOMO CHE SUSSURRAVA AI POTENTI)

Grecia, Belgio, Francia, Gran Bretagna e ora anche Turchia: un pezzo di Europa è sotto attacco politico, economico, terroristico. E l'Italia?

Negli ultimi mesi l'incantesimo tra Renzi e il Paese sta svanendo. Questo trend in vista del referendum può travolgere il governo, con il rischio dell'arrivo della Troika che ad un grande vecchio filo-tedesco come Giorgio Napolitano non dispiacerebbe.

Nell'immaginario collettivo, dopo l'entusiasmo, i primi dubbi sul Premier sono nati con l’improvvisazione sui provvedimenti bancari, approvati senza che i ministri li approfondissero e sul famigerato Bail-in, presentato come un atto dovuto.


A tutto ciò si aggiunga la personalizzazione mediatica, accentuata con il ridimensionamento di Maria Elena Boschi, l'umiliazione per i corpi intermedi e l'annientamento delle figure più rappresentative del Pd . Qualche ministro è gia' movimento.

Il più miracolato di tutti, Carlo Calenda si è circondato di dirigenti bersaniani e neanche nasconde più di voler soffiare il posto a Renzi. Più garbati nelle loro aspirazioni due vecchi Dc come Franceschini e Delrio, che contano su tanti amici al Quirinale.

Ingombrante è divenuta anche l'immagine pubblica del Premier.

Gli italiani lo hanno apprezzato vedendolo girare in bicicletta ma ora sono infastiditi da un'arroganza che traspare dalla sua stessa fisiognomica.

Non ha uno staff affiatato né un pensatoio, e quando ci ha provato si è impossessato di 'Vedrò' creato con lungimiranza da Enrico Letta, snaturandolo in un piccolo Minculpop.

Renzi deve reinventarsi, anche perché con le amministrative è caduto un ultimo tabù: quello che non esiste alternativa.

Ora c'è il Movimento 5 Stelle che vince i ballottaggi ovunque e li rivincerebbe se la legge elettorale non cambiasse.

Ma forse la Raggi, dopo aver fatto il miracolo di diventare Sindaco, può farci il miracolo di dimostrare, l'incapacità dei 5 Stelle di governare.

Ma per Renzi puntare solo sul fallimento dei grillini e' davvero troppo rischioso.
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Re: Renzi

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Matteo Renzi, “ecco come i soldi dell’Unicef sono finiti alla società della famiglia del premier”
L’inchiesta - I pm che indagano sul presunto riciclaggio di Conticini ipotizzano che parte di quel denaro sia andato alla Eventi 6 srl
Protagonisti – Renzi con il padre TizianoConticini con la moglie e il verbale di assemblea della Chil Promozioni srl – AnsaProtagonisti – Renzi con il padre TizianoConticini con la moglie e il verbale di assemblea della Chil Promozioni srl – AnsaProtagonisti – Renzi con il padre TizianoConticini con la moglie e il verbale di assemblea della Chil Promozioni srl – Ansa
di Marco Lillo | 17 luglio 2016
| Commenti (137)


La Procura di Firenze sospetta che i soldi dell’Unicef e di Operation Usa destinati alle campagne per i bambini affamati in Africa siano stati usati nel 2011 dal cognato di Matteo Renzi – Andrea Conticini – per iniettare capitali in tre società. La prima è quella dei Renzi, Eventi 6, che allora si chiamava ancora Chil Promozioni e le altre due società sono dei coniugi Patrizio Donnini e Lilian Mammoliti, renziani della prima ora. I Conticini giurano che i soldi sono stati usati per far sorridere i bambini africani con la Play Therapy e l’avvocato Federico Bagattini ha fatto ricorso al Tribunale del riesame. Però l’accusa, con tutti i se del garantismo, resta enorme. I pm Luca Turco e Giuseppina Mione nel decreto di perquisizione non hanno inserito il nome delle società. Basta una visura per scoprire l’approdo del flusso finanziario da Londra a Firenze, segnalato dalla Banca d’Italia perché sospetto e al centro dell’inchiesta svelata da La Nazione venerdì. Cosa dice lo stringato decreto che pubblichiamo qui sopra?

Alessandro Conticini (40 anni ex dirigente dell’Unicef poi socio e direttore della londinese Play Therapy Africa Ltd con la moglie francese Valerie Quere, 42 anni) è accusato insieme a Luca Conticini (35 anni, gemello del terzo fratello Andrea, cognato di Renzi) di appropriazione indebita in concorso con il padre Alfonso, poi deceduto, “dal 2011 e fino al gennaio 2015 in Castenaso (Bologna) in relazione a somme di denaro corrisposte da Operation Usa e Unicef a Play Therapy Africa Limited (Pta Ltd) e da questa stornate, in assenza di idonea causale, in favore di Conticini Alessandro”.

La difesa dei Conticini è che la Play Therapy Africa era una società privata dei due coniugi. In realtà fino al 7 marzo 2013, pochi mesi prima della sua chiusura, apparteneva solo per due terzi ai coniugi Conticini ma per il terzo restante era della Play Therapy International, che ha sciolto l’affiliazione con la Pta Ltd. La rappresentante di Pti nella Pta Ltd, Monika Jephcott, si è dimessa da ‘secretary’ di Pta sempre il 7 marzo 2013. Secondo i pm di Firenze Alessandro Conticini avrebbe preso per sé i soldi destinati alle terapie per i bambini africani da Unicef e Operation Usa. Mentre il fratello, cognato di Renzi, è accusato di reimpiego dei capitali (art. 648 ter, che prevede nei primi due commi il riciclaggio) “commesso in Firenze nel corso del 2011 in relazione a somme di denaro provento del reato sopra indicato impiegate per l’acquisto di partecipazioni societarie in nome e per conto di Alessandro Conticini”. Il punto è che Andrea Conticini ha comprato in nome e per conto del fratello Alessandro quote solo di tre società in Firenze. La più famosa è la Chil promozioni Srl (poi denominata Eventi 6) dei Renzi.

Il 21 febbraio del 2011 davanti al notaio Claudio Barnini di Firenze ci sono le due sorelle e la mamma del premier più il cognato. Benedetta e Matilde Renzi con Laura Bovoli sono già azioniste mentre Andrea Conticini, in nome e per conto di Alessandro, partecipa all’aumento di capitale da 10 mila a 12 mila e 500, con sovraprezzo di 47 mila e 500. In pratica Alessandro Conticini prende una quota del 20 per cento (che poi cederà nel 2013) e mette 50 mila euro nel capitale della Eventi 6.

Matteo Renzi è stato socio e collaboratore di Chil Srl fino al 2003 e poi dirigente in aspettativa di Eventi 6 fino al 2014. Undici giorni prima, il 10 febbraio del 2011, Andrea (in nome e per conto di Alessandro) Conticini compra anche le quote di altre due società del giro renziano: il 20 per cento di Dot Media da Patrizio Donnini (uomo comunicazione di Matteo Renzi e di altri esponenti Pd) per 2 mila euro e il 30 per cento della Quality Press (in liquidazione dal 2013) dalla moglie di Donnini, Lilian Mammoliti, per 30 mila euro. La storia più imbarazzante però resta quella della Eventi 6. La società destinataria dei 50 mila euro dei Conticini non è una srl qualsiasi. Renzi, come raccontato dal Fatto, è stato assunto poco prima di essere candidato nel 2003 alla Provincia e da allora, grazie a questo trucchetto, i suoi lauti contributi pensionistici sono stati versati dalla Provincia e poi dal Comune di Firenze per 10 anni. Il premier si è licenziato dopo i nostri articoli percependo un Tfr che dovrebbe essere pari a circa 48 mila euro. Se l’ipotesi della Procura è giusta, da un lato la società delle sorelle e della mamma incassava dal cognato nel 2011 il capitale di Alessandro Conticini, frutto di appropriazione indebita, e dall’altro lato poi pagava nel 2014 il Tfr per il premier-dirigente in aspettativa. Davvero una brutta storia.

di Marco Lillo | 17 luglio 2016
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Re: Renzi

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Il silenzio del premier
Matteo Renzi non si lascia scappare più neppure un sospiro, muto, distante, distaccato, assente, come se la sua azione politica avesse bisogno di una pausa, di una pagina bianca, di un giro a folle
Salvatore Tramontano - Sab, 23/07/2016 - 18:59


È l'estate del lungo silenzio.

Matteo Renzi non si lascia scappare più neppure un sospiro, muto, distante, distaccato, assente, come se la sua azione politica avesse bisogno di una pausa, di una pagina bianca, di un giro a folle.

Non è però soltanto una vacanza.

Il suo non esserci sembra avere un peso, un significato.

Non è distrazione, ma un modo per far decantare il renzismo.

Chi lo frequenta racconta che quella del silenzio è una strategia politica non improvvisata.

È il frutto di una riflessione.

Sarà, ma di fronte a tutto quello che sta accadendo nel mondo il silenzio di Renzi sa tanto di vuoto.

E il vuoto in politica viene sempre riempito.

A cominciare dalle chiacchiere. Spesso velenose.

Così c'è chi racconta che Renzi sia stanco.

Qualcun altro ipotizza che non sappia cosa dire.

Altri parlano di un premier particolarmente preoccupato per imprecisate vicende giudiziarie.

Di fatto Renzi da un po' di giorni è scomparso.

Come la sua stella, che in questo ultimo anno si è via via appannata.

Il premier ha perso consensi.

Non è più da tempo la rampante promessa che aveva spiazzato i vecchi del Pd e attratto simpatie elettorali a destra.

Non è più il cinico ma vincente leader dal passo veloce.

Non vende più simpatia.

È diventato lento, poco efficace, come uno che pedala nel vuoto e soprattutto uno spacciatore di promesse.

Renzi da quel 40 per cento alle europee ha chiacchierato troppo.

Troppo presente e troppa presenza non solo stanca ma sa di vecchio.


Questa pausa serve anche a creare un pizzico di effetto nostalgia.

Se non lo si sente magari recupera qualche simpatia.

Se non c'è gli italiani sentono il chiacchiericcio, pigolante, degli altri: la spacchettatura degli ex montiani, le diatribe di Alfano, il monotono pianto della minoranza Pd.

Renzi che scompare fa sentire in modo più netto il rumore di fondo.

E nel confronto ci guadagna.

Poi c'è la questione referendum sulle riforme.

È slittato a novembre, la volata è sempre più lunga e rimbalza su tv, quotidiani e social network da troppo tempo.

È così noiosa che sulla scheda d'istinto viene da mettere la croce sul no.

È come spegnere una radio sintonizzata male.

Senza dimenticare che aver personalizzato troppo la partita referendaria ha già danneggiato il premier.

Lo dicono i sondaggi e il buon senso.


Non c'è però solo questo.

Quella di Renzi è anche una ritirata strategica.

È sparire dal centro della scena per evitare colpi bassi e tempeste improvvise.

Si respira una brutta aria per lui in giro, mezze voci, sussurri, consigli di antichi sostenitori che assomigliano a velate minacce, troppi personaggi di peso che si affrettano a prendere le distanze.

È quel clima che circonda i leader quando chi era salito sul carro del vincitore comincia a sentire puzza di sconfitta.

Renzi per salvarsi ricorre a una sorta di illusionismo, che purtroppo per lui potrebbe non funzionare.

È come se il presidente del Consiglio avesse indossato la maschera senza parole di Mattarella, come se si fosse mattarellizzato.

Funzionerà? Non è facile indossare i panni di un altro.

Renzi resta Renzi e un Renzi che non parla, si pavoneggia e non twitta è contronatura.

La voglia di renzizzare è tanta.

Se riuscisse davvero ad arrivare muto alle prime piogge d'autunno sbancherebbe i bookmakers.

Il silenzio, per gli scommettitori arditi, è d'oro.
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Re: Renzi

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SUL "SILENZIO DEL PREMIER", DOPO TRAMONTANO SI CIMENTA TRAVAGLIO


“Renzy Dick”

di Marco Travaglio
Pubblicato su 24 luglio 2016 da INFOSANNIO


In questi giorni di tregenda, non bastando le stragi dei jihadisti veri, di quelli presunti (tipo il franco-tunisino di Nizza, sfuggito alla temibile polizia francese perché “radicalizzato velocemente”, cioè messo in lavatrice, centrifugato per due ore senza appretto e uscito già in uniforme dell’Isis) o di quelli inventati last minute (tipo il matto di Monaco), un interrogativo inquieta e rende insonne il popolo dei vacanzieri: dove sarà Renzi? – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 24 luglio 2016, dal titolo “Renzy Dick” –. Dalle spiagge dell’Adriatico alle vette dolomitiche, è tutto un domandarsi: “Ragioniere, ma Renzi?”. “Non mi dica, commendatore, son due giorni che fa mancare sue notizie”. “Eh, signora mia, io non ci dormo la notte: quel Matteo pareva un ragazzone così in salute, invece mi sa che sta poco bene. Che il Signore ce lo conservi”. (ma anche no. ndr)

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano in edicola oggi.



In questi giorni di tregenda, non bastando le stragi dei jihadisti veri, di quelli presunti (tipo il franco-tunisino di Nizza, sfuggito alla temibile polizia francese perché “radicalizzato velocemente”, cioè messo in lavatrice, centrifugato per due ore senza appretto e uscito già in uniforme dell’Isis) o di quelli inventati last minute (tipo il matto di Monaco), un interrogativo inquieta e rende insonne il popolo dei vacanzieri: dove sarà Renzi? Dalle spiagge dell’Adriatico alle vette dolomitiche, è tutto un domandarsi: “Ragioniere, ma Renzi?”. “Non mi dica, commendatore, son due giorni che fa mancare sue notizie”. “Eh, signora mia, io non ci dormo la notte: quel Matteo pareva un ragazzone così in salute, invece mi sa che sta poco bene. Che il Signore ce lo conservi”. (ma anche no. ndr)

Per fortuna ieri, in esclusiva per il Corriere della Sera, è giunto alla Nazione un suo messaggio rassicurante tramite Maria Teresa Meli, che ne è un po’ la badante e l’infermiera tuttofare: Renzi sta bene, ma per “difendere la riforma” ha scelto “la strategia del sommergibile”. In un summit top secret al ministero della Marina, la Volpe di Rignano ha vagliato con gli ammiragli e gli strateghi le varie ipotesi sul tappeto – cacciatorpediniere? motosilurante? portaerei? gommone? pedalò? – poi ha optato per il più efficace sommergibile.

Il varo si è svolto in gran segreto al molo di Ostia, con la madrina Maria Elena Boschi nei panni della contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare, che l’ha colpito in fronte con la tradizionale boccia di champagne. “Capo-varo, vado?”, “Vadi ministressa!”. A quel punto il premier col bernoccolo si è inabissato sul fondale, dov’è intenzionato a restare, se i polmoni lo sorreggono, almeno fino al referendum costituzionale che dovrebbe tenersi in novembre. Quattro mesi in apnea, salvo complicazioni. “Io non ci sarò”, sono state le ultime parole del premier in ammollo prima di indossare la maschera, le pinne e gli occhialini, tradotte dalla Meli con un perentorio “Lui non ci sarà”. Ecco. Chi lo cercasse potrà riconoscerlo da una boa gialla a pelo d’acqua con su scritto #BastaunSì. Ma, si badi bene, la decisione di disertare la campagna referendaria non è un segno di debolezza, come potrebbe trasparire di primo acchito: bensì di forza. Lungi dal farsi influenzare dai sondaggisti, che suggerivano a lui e alla Boschi di sparire per lasciare qualche speranza al Sì sempre più in picchiata nei sondaggi, è stato lui a “decidere la linea di condotta”. I sondaggi, checché ne dicano i gufi, “vanno sempre meglio”. “Almeno nelle rilevazioni del Pd” (le fa direttamente la centralinista Maria Elena), anzi “l’onda favorevole alla riforma costituzionale avanza. E non si ferma”. Così si ferma lui. “

Ad agosto il comitato referendario resterà silente. E anche lui tacerà”. Non solo: “Lui resta silente ”. E non basta: “E silente Renzi resta”. E resta Renzi silente. E silente resta Renzi. E sopra la panca la capra campa. Per non dire dei trentatré trentini. Però attenzione: resta silente, ma “non su tutto, è ovvio”. Ogni tanto risalirà dagli abissi per prender fiato, poi tornerà sul fondale. “Silenzio, quindi. E silenzio ancora”. Le ripetizioni possono apparire fastidiose, ma provate a mettervi nei panni della Meli che aveva chiesto 12 righe di spazio e dal Corriere le han risposto: “No, ce ne servono 120: allunga il brodo”. Dura riempirle tutte, tantopiù che Lui è lì sott’acqua e se parla annega. Fortuna che c’è il dizionario dei sinonimi. Ecco dunque Renzi che, non si sa bene come (forse tramite una cannuccia lunga lunga), dichiara: “Mi danno per morto troppo presto”. Ma anche: “Ci danno per morti troppo presto”.

Intanto il comitato del Sì cerca “persone che non fanno parte del Pd, che non siano costituzionalisti”. Dal che la Meli desume arditamente che “si cercano non i pd, non i costituzionalisti, e persino non i personaggi famosi, ma quelli che sono in grado di trasmettere ‘video virali’” . Tipo, che so, la Gegia, Jimmy il Fenomeno, gente così. Poi a settembre Renzy Dick tornerà su qualche ora per la Festa dell’Unità e lì “c’è chi dice che farà un’apertura alla riforma della legge elettorale. Vero? Falso? Vero a metà o falso a metà”. Praticamente una rubrica della Settimana Enigmistica. Anche perché lui, “in questa sua decisione di stare sott’acqua, tace pubblicamente”. E intanto che fa, oltre a nutrirsi di plancton? “Ascolta quello che si dice” e, non chiedeteci come, “sussurra soddisfatto” (non le vedete le bollicine tutt’intorno alla boa?). Ma, beninteso, “continuando a tacere pubblicamente” e soprattutto a “non parlare pubblicamente”, casomai non si fossero capite le sue intenzioni. Il che non gl’impedisce di “confidare ai collaboratori lontano da orecchi indiscreti”.

Sul fondale viene ogni tanto raggiunto da Guerini travestito da trota salmonata, da Lotti camuffato da calamaro e dalla Serracchiani in costume da alga. A gesti, domanda loro se i loro orecchi siano indiscreti: in caso di risposta affermativa, li tiene lontani; se invece la risposta è no, allora ”confida”. Il suo, infatti, è un “regime di semisilenzio”. Anzi no, di “silenzio e ancora silenzio”. “Poi verrà agosto”, intuisce la Meli, che certi eventi li anticipa al volo. “E sarà un’altra pausa”. Sempre lì sotto, con le dita tutte bollite, a contare i pesci. “E a settembre, chissà. Solo allora deciderà se andare avanti sott’acqua, come un sommergibile, o affiorare in superficie”. Dopodiché, azzardiamo, dovrebbe sopraggiungere ottobre e poi, si vocifera, addirittura novembre. E a quel punto Renzy Dick dovrà riemergere per forza, non foss’altro che per votare. In caso contrario, vorrà dire che si è astenuto. È andato al mare.
camillobenso
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Re: Renzi

Messaggio da camillobenso »

31 LUG 2016 11:10
NON TI SOPPORTO PIÙ! DUE ITALIANI SU TRE DANNO UN GIUDIZIO NEGATIVO SULL’OPERATO DEL GOVERNO E IL GRADIMENTO DI RENZI SCENDE AL 35% - STA SULLE BALLE ANCHE “MADONNINA” BOSCHI: SOLO IL 21% DI CONSENSI PER LEI - IL PIU’ AMATO TRA I MINISTRI E’ PADOAN (25%), CHE POTREBBE PRENDERE IL POSTO DI MATTEUCCIO IN CASO DI CRISI DI GOVERNO


Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”


Negli ultimi anni il sentiment degli italiani riguardo la situazione economica personale e del Paese ha rappresentato il parametro che più di altri ha influenzato opinioni, atteggiamenti e comportamenti dei cittadini. L'indice Istat di fiducia dei consumatori a luglio fa segnare una lieve ripresa, dopo tre mesi consecutivi di flessione, attestandosi a 111,3 (+1,1 punti da giugno). In realtà l' indicatore di clima economico (riferito alle prospettive del Paese) fa segnare un ulteriore calo, da 131,7 a 130,1, mentre il clima personale sale di due punti (da 103 a 105). Valori più elevati rispetto agli ultimi anni (la base 100 è rappresentata dal 2010) ma in calo rispetto a inizio 2016: il primo a gennaio era a 152,2, il secondo a 107,6.


Il sondaggio odierno evidenzia il permanere della forte preoccupazione. Un italiano su due (48%) non esprime aspettative di cambiamento nel prossimo futuro riguardo la situazione personale, uno su quattro (26%) si attende un peggioramento e uno su cinque (20%) un miglioramento. Escludendo chi non si aspetta cambiamenti (la maggioranza tra tutti gli elettorati), gli ottimisti superano i pessimisti solo tra gli elettori del Pd (24% a 15%) mentre i pessimisti prevalgono tra tutti gli altri, in particolare Lega (33% a 22%), 5 Stelle (28% a 18%) e astensionisti (30% a 18%).


D'altra parte, otto anni dopo il conclamarsi della crisi economica più importante del Dopoguerra, il 37% degli italiani pensa che il peggio debba ancora arrivare, il 32% ritiene che siamo all' apice, il 20% è convinto che il peggio sia alle spalle. I più pessimisti si rivelano gli elettori di Lega e 5 Stelle e gli astensionisti, seguiti quelli di Forza Italia. Più positivi tra Pd e Area popolare.

Tutto ciò si riverbera sui giudizi sull' esecutivo e, più in generale, sullo scenario politico, come abbiamo riferito in questa rubrica a inizio luglio sottolineando il consolidamento dello scenario tripolare e il crescente consenso per il Movimento 5 Stelle. Oggi un italiano su tre (34%) esprime apprezzamento per l' operato del governo contro il 60% che dà un giudizio negativo. E critica è una parte non trascurabile (44%) degli elettori di Ap, che fa parte della maggioranza.


L' indice di gradimento (la quota di giudizi positivi sul totale di quelli espressi, escludendo quindi coloro che non si esprimono) si attesta a 36, facendo registrare un calo di 4 punti rispetto a marzo e collocandosi su valori in linea con quelli dell' estate 2015.
Il gradimento dell' operato del premier è in linea: il 34% esprime un giudizio positivo mentre il 62% si mostra critico.

L' indice di gradimento scende a 35 dal 40 della rilevazione precedente. Anche le valutazioni sui singoli ministri fanno segnare un calo, con l' eccezione di Gentiloni e Pinotti, stabili, e di Franceschini e Alfano, che diminuiscono solo di un punto.
Il ministro dell' Economia Padoan si conferma al primo posto, seppure in flessione di 4 punti, con il 25% di giudizi positivi. A seguire Franceschini (24%), Gentiloni (23%), Delrio e Lorenzin al 22% e Boschi (21%).

Va ricordato che i giudizi sui ministri sono influenzati dal livello di notorietà (oltre la metà degli intervistati non conosce Costa e Calenda), dalla visibilità mediatica e dall' importanza attribuita alle questioni di cui si occupano i dicasteri.

In conclusione, le valutazioni dei cittadini tengono conto non solo del clima economico ma anche di tre questioni di rilievo che hanno caratterizzato gli ultimi mesi: il risultato delle Amministrative, che agli occhi dei cittadini ha fatto segnare la vittoria del M5S e l' indebolimento del Pd, alimentando la prospettiva di un' alternativa politica; la Brexit e i suoi effetti; la serie di eventi tragici che hanno messo in primo piano il tema della sicurezza. E sullo sfondo c' è la preoccupazione per i flussi migratori che nell' agenda delle priorità dei cittadini sono saliti dal 3% del 2014 al 24% odierno.


Tuttavia l' economia mantiene una sua centralità nel clima sociale. Sebbene il Paese, dopo tre anni di recessione, abbia fatto segnare un' inversione di tendenza, la maggioranza dei cittadini fatica a cogliere le conseguenze positive in termini di miglioramento delle proprie condizioni economiche e di quelle occupazionali. È probabile che ci sia uno scarto significativo tra le aspettative elevate e i risultati ottenuti e talora l' enfasi posta sulla ripresa appare in contrasto con le valutazioni dei cittadini.

I dati sull' aumento della povertà pubblicati dall' Istat, che riguardano complessivamente oltre 2,7 milioni di famiglie e 8,3 milioni di individui, una volta di più evidenziano la frattura profonda che sta attraversando il Paese, tra garantiti e non garantiti (disoccupati, piccoli imprenditori, artigiani, commercianti), tra ceti abbienti e non abbienti (lavoratori esecutivi e pensioni minime).


Tutto ciò ha ripercussioni profonde sullo scenario politico. Per invertire il sentiment e uscire dalla fase di stallo appaiono necessari provvedimenti volti a ridurre le disuguaglianze sociali e una comunicazione che, pur non sottacendo i positivi risultati che il Paese sta conseguendo, mostri empatia nei confronti di chi vive situazioni di disagio, nella consapevolezza che dalla crisi si esce tutti insieme.


VEDI INTERPRETAZIONE DEI NUOVI RE MAGI, SECONDO DAGOSPIA

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 129744.htm
camillobenso
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Re: Renzi

Messaggio da camillobenso »

Titolava così, il Fatto, stamani sulla prima pagina:


BUGIE DA PREMIER Tutte le menzogne su Mps, Etruria, Jobs Act, referendum, Rai e guerra all’Isis

Renzi, il Signor Quindicipalle
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